Indice
SANTA MARIA LA CARITA’ – Santa Maria del Carmine TEANO – San Paride LAMEZIA TERME – San Benedetto ÅLESUND – Hatlehol kirke GLASNEVIN – Saint Paul Chapel10038106166482114126138150160170182
Prefazione
– Santissimo Salvatore PAVONA – San Giuseppe sposo di Maria Vergine ROTTOFRENO – Santa Maria Mater Ecclesiae FIANO ROMANO – Cristo Nostra Pasqua FORLI’ – Beato Paolo VI
La chiesa e la città Pisana Posocco
Renato Bocchi
Contestualizzare l’azione
La forma del vuoto Filippo Lambertucci GENZANOProgetti
Filippo Lambertucci, Pisana Posocco
Spazi per il sacro
In Kenneth Frampton, Álvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano 2005, p. 54.
“La forma – scrive Lambertucci – assolve al difficile compito di esprimere la complessità irraggiungibile del simbolo e dare
«Volevo costruire una chiesa che sembrasse una chiesa, e non un edificio con dentro una croce.
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SpaziPrefazioneRenatoBocchiperilsacro
La chiesa e la città 6 • 7
Queste parole di Álvaro Siza, riferite al suo progetto per la chiesa a Marco de Canaveses1, mi sono tornate alla mente leggendo il libro di Pisana Posocco e Filippo Lambertucci. Progettare una chiesa oggi sembra imporre appunto un esercizio di mediazione che parta dalla rilettura di un archetipo derivato da una tradizione ancestrale non rinnegabile (“una chiesa che sembri una chiesa”), ma eviti una dimensione puramente iconico-simbolica (“un edificio con dentro una croce”), e consideri però anche l’aggiornamento di un rito (e della relativa liturgia) e quindi di un’esperienza collettiva, che i tempi nuovi reclamano per i fedeli del XXI secolo. Il rapporto dialettico tradizione/innovazione che permea tutta una stagione dell’architettura contemporanea, di cui Siza è un insigne rappresentante (ma nel libro ricorrono riferimenti altrettanto pregnanti a figure quali per esempio Alison e Peter Smithson), trova nell’architettura sacra un campo di applicazione di peculiare rilevanza e complessità. E non è infatti casuale che non siano molti gli esempi davvero riusciti di rifondazione dell’edificio di culto nella contemporaneità.
[...] Non mi interessava l’idea primitiva secondo la quale un simbolo può determinare il carattere di un edificio: un approccio troppo superficiale, che con me non poteva funzionare. Così cercai di arrivare a qualcosa che definirei il carattere della chiesa».
La chiesa e la città
Pisana Posocco
2› Commissione episcopale per la liturgia CEI (PNC), La progettazione di nuove chiese, Nota pastorale, 1993.
3› Ivi, paragrafo 6, pp. 54-55.
1› Voce enciclopedia“Profano”,Treccani.
La chiesa e la città 16 • 17
Per definizione il concetto di sacro richiama al tema della separatezza. Infatti, il termine deriva dal latino sacrum, il quale a sua volta fa riferimento alla radice indoeuropea sac- o sak- che indica una separazione, un recinto. Per continuare a indagare il significato profondo e radicato del sacro nella cultura occidentale, si può guardare al suo contrario, al profano. I termini latini che lo compongono sono pro-, “davanti” e fanum, “tempio, luogo sacro”; quindi profano è ciò «che sta fuori del sacro recinto»1. Nel 1993 la Nota pastorale2, redatta in occasione di una stagione di costruzione di nuove chiese, si esprime invece in modo differente proprio in relazione al rapporto tra sacro e profano, tra chiesa e città, tra chiesa e comunità. Se la chiesa era altro rispetto alla città, ora questo dialogo è cercato con forza. Nel paragrafo dedicato a La chiesa nel contesto urbano dà le seguenti raccomandazioni: «Lo spazio interno di una chiesa ha certamente un’importanza prioritaria […]. D’altra parte, una valida e concreta interpretazione dei rapporti interno –esterno ed edificio-contesto costituisce una delle acquisizioni più importanti della coscienza critica dell’architettura contemporanea. Il rapporto tra chiesa e quartiere ha valore qualificante rispetto ad un ambiente urbano non di rado anonimo, che acquista fisionomia (e spesso anche denominazione) tramite questa presenza, capace di orientare e organizzare gli spazi esterni circostanti ed essere segno dell’istanza divina in mezzo agli uomini. Ciò significa che il complesso parrocchiale deve essere messo in relazione ed entrare in dialogo con il resto del territorio, deve anzi arricchirlo»3.
Sacro e profano
La chiesa ed il complesso parrocchiale si affermarono storicamente come il fulcro degli insediamenti urbani. Questo è quanto la storia ci ha tramandato. Nella modernità, però, i nuovi complessi parrocchiali sorgono spesso in zone di frangia, in aree liminari, in cui più che essere un’emergenza, un elemento di riferimento attorno cui cresce il tessuto residenziale, sono gli ultimi fabbricati realizzati, al margine di un edificato spesso rado, al limitare della città. Sono dialoghi difficili quelli che le nuove chiese sono tenute a tessere con il contesto in cui si inseriscono. L’indicazione data dal documento è chiaramente quella di un’interazione tra chiesa e città, e così è stato per la
La delformavuotoFilippoLambertucci
La definizione del sacro porta a sua volta con sé la complessità di un nodo ermeneutico non definitivamente risolto e che ha anche alimentato una retorica simbolista e fenomenologica che ne ha appannato nel tempo la comprensione, sul piano fisico dell’architettura e dell’arte, con il rumore di superficiali scorciatoie espressive.
1› Rudolf Otto, Il sacro, SE, Milano, 2009, p. 30.
3› «Mi ricordo quell’annotazionedi che Le Corbusier ha fatto su di un suo schizzo del Canopo di Villa Adriana: “un trou de mystère” – “un buco di mistero”. Là lui trova la chiave. Il “mistero” – e l’indicibile – sono stati una grande conquista del Novecento, preparata cent’anni prima dal pensiero di Giacomo Leopardi, dalla sua estetica delle “menome cose”». Francesco Venezia in Conversazione tra A. Monestiroli e F. Venezia, in «Casabella» n. 800, 2011, p. 36.
Spazio sacro è espressione ambigua e in qualche modo ridondante se spogliata dell’apparenza della sua piana assertività e rinviata, piuttosto, alle intricate relazioni che intrecciano lo spazio e il sacro e alle controverse definizioni di quest’ultimo. È ridondante, infatti, alla luce di una riconosciuta interdipendenza dei termini, per la quale delimitare il sacro è delimitare un luogo, fare spazio, e separarlo dalla continuità della realtà circostante; ne deriverebbe, per estensione, che fare architettura è allora atto in sé di sacralizzazione o, almeno, di significazione, il che ne inquadra la responsabilità in modo ineludibile.
38 • 39La forma del vuoto
Un trou de mystère
Questa dimensione, elaborata da Mircea Eliade2 e accolta da un forse frettoloso favore citazionista, rinvia ad una realtà profana, la “ierofania”, attraverso cui si rivela un “tutt’altro” (il Ganz Andere di Otto), a cui si può attribuire tutta la retorica architettonica poi sviluppata sul registro dell’ineffabile. Una narrazione più affascinata da quel terribile nucleo “numinoso” che si compiace più di un’inafferrabile dimensione dell’indicibile e che troppo spesso ha fornito alibi a scolastiche rappresentazioni del mistero, di cui ha voluto raffigurare più la distanza che l’immanenza fondativa. A questo non è estraneo l’endorsement indubbiamente potente di un Le Corbusier che cerca proprio questa dimensione oscura e indefinibile nell’ultracitato schizzo del canopo di Villa Adriana, del 1910, in cui, tra notazioni sulla costruzione della luce in quegli spazi, definisce come “un trou de mystère” uno sfondato oscuro e inspiegabile, che si caricherà di un’invincibile e non ancora sopita fascinazione per generazioni di architetti3.
2› Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Bollati Boringhieri, Torino, 2006.
La fortuna dell’interpretazione fenomenologica, che muove dall’idea di Rudolf Otto del sacro come categoria a priori dello spirito umano, è sostenuta dalla celebre definizione di sacro quale “mysterium tremendum et fascinans”1 che, per rimanere sul piano strettamente disciplinare dell’architettura, accrediterà una declinazione atmosferica tanto evocativa quanto scivolosa ed equivocata.
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Anno: 2002-2012
Progetto: Incarico per progettazione e direzione lavori Committente: Diocesi di Albano Gruppo di progettazione: Filippo Lambertucci, Pisana Posocco con: Micaela Didomenicantonio, Leo Viola Opere d’arte non controllate dal progetto Liturgista: mons. Agostino Vallini Strutture: Umberto De Matteis, Emanuele Ciferri Impianti: Marco Musmeci, Massimo Mercuri
Luogo: Pavona, Albano, (RM), Italia
Complesso parrocchiale San SposoGiuseppediMaria Vergine
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Il terreno di proprietà della parrocchia si trova incastonato nel tessuto urbano della frazione di Pavona, cresciuto convulsamente e senza regole in seguito a consistenti flussi di immigrazione, perlopiù provenienti dall’Abruzzo nel secondo dopoguerra, e a insediamenti più recenti, con forte commistione di attività produttive e Neartigianali.risultaun panorama urbano denso di costruzioni prive di qualità e strutturato su un impianto stradale tipico dell’insediamento abusivo, con strade strette e prive di
In questo contesto di sostanziale assenza di identità urbana, si inserisce l’area di intervento, collocata all’estremità dell’unica fascia di servizi pubblici dell’intera zona, ortogonale alla via del Mare, su cui si attesta con l’unico spazio aperto di Pavona, una piazza di nome ma non di fatto, essendo priva di relazione con attività, servizi o almeno con edifici significativi.
manutenzione e, soprattutto, privo di adeguati spazi pubblici.
Alle spalle della piazza si trovano le scuole medie, dietro cui si trovano una piccola area
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la zona presbiteriale con la custodia eucaristica sulla sinistra dettaglio della facciata su strada, con la vetrata realizzata in listelli di vetrol’aulasovrappostiliturgicaverso il patio che la divide dalla sacrestia dettaglio dell’ingresso, con il portone in ottone
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Micaela Didomenicantonio, Samuel Quagliotto con: Edoardo Marchese, Francesco Petrone, Irene Romano
Progetto: Concorso di progettazione a inviti in 2 fasi
Anno: 2019
Luogo: Fiano Romano, (RM), Italia
Gruppo di progettazione: Filippo Lambertucci, Pisana Posocco
Artista: Thaddaeus Salcher.
Strutture: Umberto De Matteis, Emanuele Ciferri
Complesso parrocchiale Cristo Nostra Pasqua
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Liturgista: don Pierluigi Tosi
Committente: Diocesi di Civita Castellana
Essere collocato in adiacenza alla via Tiberina lo rende visibile, ma al tempo stesso questo posizionamento rischia di confonderlo con le tante attività commerciali che si susseguono, mentre la scarsità di spazi pubblici intorno, per lo più marginali e occasionali, reclama una
La marginalità rispetto all’abitato richiede che il complesso parrocchiale ritrovi in sé i caratteri di urbanità che il contesto non riesce ad offrire; da una parte, quindi, la piazza pubblica aperta verso l’esterno è organizzata in ambiti precisi in cui si riconoscono il sagrato e una piccola piazzetta civica che introduce alle opere parrocchiali; dall’altra, il complesso
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Rapporto con l’ambiente urbano È di centrale importanza per il complesso parrocchiale inserirsi nel contesto in cui interviene, assumendo un ruolo di attivatore e condensatore delle relazioni urbane e spaziali, soprattutto laddove queste siano carenti per qualità e significato.
Per questa ragione il complesso prende la forma di un piccolo borgo, in cui la chiesa assume un ruolo ordinatore, pur restando casa tra le case.
presa in carico in tal senso.
118 • da una parte, il sistema del sagrato e della piazzetta delle opere parrocchiali compone la faccia pubblica del progetto, dall’altra il sistema interno delle corti alimenta la vita della comunità, che si arricchisce di vere e proprie stanze all’aperto di varia dimensione e versatilità.
La nuova chiesa della Resurrezione di Fiano Romano favorisce una celebrazione attenta e partecipata, a partire dalla situazione culturale e pastorale della comunità. Il complesso dell’edificio viene realizzato come una “casa tra le case” offrendo così la sensazione di accoglienza, familiarità, semplicità. In questo modo l’aula liturgica coni suoi tre poli – altare, ambone e sede – è capace di comunicare la gioia di gustare e vivere il mistero che qui viene celebrato.
Impianto liturgico
un preciso carattere e ad un’adeguata dignità dove richiesto dall’altezza della funzione. L’organizzazione orizzontale su di un solo piano, l’impiego dei tetti a falda e il ricorso a materiali di consolidata tradizione come il mattone esprimono la volontà di mettere la comunità in grado di riconoscersi e godere appieno degli spazi in cui potrà raccogliersi. Il mattone a faccia vista e l’intonaco caratterizzano gli esterni; in facciata la tessitura in mattoni si arricchisce di un trattamento che ne sottolinea l’importanza grazie a una lavorazione più tridimensionale intarsiata di ricorsi in klinker vetrificato colorato; l’interno della chiesa, invece, presenta un basamento in mattoni e un rivestimento in legno per le navate, così da ottenere un effetto caldo e avvolgente. Grande importanza viene attribuita agli spazi aperti e alla interazione con il costruito:
la piazzetta con l’ingresso alla cappella feriale e alle opere parrocchialilacorteinterna delle attività comunitarie il profilo lungo la via Tiberina la piazzetta dominata dal gioco dei volumi dell’aula e della cappella
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Anno: 2014
Complesso parrocchiale San Paride
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Luogo: Teano Scalo, (CE), Italia
Progetto: Concorso di idee ad inviti in 2 fasi
Committente: Diocesi di Teano-Calvi
Gruppo di progettazione: Filippo Lambertucci Pisana Posocco, Amanzio Farris con Leonardo Loy, Samuel Quagliotto
La costruzione del complesso
un sistema di spazi aperti chiaro nelle funzioni e nella gerarchia: sopra il podio sta il sagrato, a cui si accede attraverso una ampia scalinata. Nella parte bassa, a diretto contatto con la strada, si sviluppa il parcheggio in modo da non turbare il rapporto tra paesaggio e chiesa. Gli altri corpi di fabbrica si organizzano configurando un piccolo nucleo disposto attorno ad una corte, quasi un chiostro conventuale, su cui affacciano la casa del parroco (per la sua parte più pubblica, cioè la zona del soggiorno), la sagrestia e la zona centrale del corpo delle opere parrocchiali.
La figura volutamente possente ed iconica della chiesa catalizza le visuali in un paesaggio vasto e bello, ma nascosto e privo di riferimenti urbani significativi.
La vista del campanile dalla strada d’accesso guida l’avvicinamento. La chiesa è posta sopra un alto podio a sottolineare ancor più il suo ruolo simbolico. Dall’alto sagrato il rapporto tra la chiesa ed il paesaggio si fa ampio e sereno, quasi a sollevare lo spirito al di sopra delle cose quotidiane.
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La disposizione degli elementi costruiti genera
Il sistema dei luoghi e il programma liturgico L’articolazione degli episodi spaziali e degli elementi liturgici organizza lo spazio interno in una geografia in cui le singole identità sono riconoscibili, pur formando un insieme di forte coerenza.
battesimale: un’alta ed ampia finestra posta a sud fa passare un generoso ed intenso fascio di luce, trasformando la zona del fonte in un grande volume luminoso, che diffonde a sua volta luce nell’aula.
Una forte luce dall’alto illumina la custodia eucaristica: trovandosi questa tra presbiterio e cappella feriale, il lucore che sta attorno al tabernacolo illumina di sé la cappella feriale. Un altro luogo in cui la luce entra in modo forte e concentrato è l’ambito del fonte
L’aula dell’assemblea L’aula dell’assemblea occupa il centro, mentre tutto intorno in stretta connessione spaziale e visiva, si dispongono gli spazi corrispondenti alle diverse funzioni liturgiche, ciascuno caratterizzato da una specifica identità morfologica.
La costruzione dello spazio interno
Il controllo della luce Il progetto della luce è il progetto degli spazi: ad un esterno compatto ma animato da un espressivo chiaroscuro delle masse, corrisponde un interno orchestrato su diversi registri di illuminazione naturale.
Lo spazio centrale dell’aula è invece caratterizzato da un’illuminazione diffusa, che le arriva indirettamente dal presbiterio e dall’area del fonte. Altra luce filtra attraverso la parete laterale, esposta a sud-ovest, passando da una serie di forature, che costituiscono lo sfondo luminoso della via crucis.
Nella zona presbiteriale la luce filtra lateralmente, mettendo in evidenza il chiaroscuro dei fondali e la presenza degli arredi sacri; tutta l’area si riempie di luce divenendo un volume luminoso.
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La facciata, posta a sud-est, è lavorata con una plasticità semplice e forte che grazie alla sua esposizione si anima di ombre e riempiendosi di luce che la modellano e la impreziosiscono. Il campanile si pone come punto d’arrivo sulla strada d’accesso e lascia trasparente la parte delle campane, che si stagliano così contro il cielo.
Lo spazio dell’assemblea si configura come
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i volumi arcaici delle opere proteggono il masso scolpito della chiesa e gli spazi della comunità l’approccio graduale dal basso della strada principale