what if?

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LetteraVentidue Edizioni Srl Via Luigi Spagna

SAGGI IUAV 13 Collana edita dall’Università Iuav di Venezia Comitato scientifico Fernanda De Maio (coordinatore) Silvana Annicchiarico Jean Lucien Bonillo Luca JosepOrtelliParcerisa Bundò Francesco Trovato ISBN È©©©Prima978-88-6242-764-7edizioneluglio2022AlessandraVaccariPaoloFranzoLetteraVentidueEdizionivietatalariproduzione,anche

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Impaginazione:

Progetto grafico: Giulia Martimucci Alberto Scalia 50 P 96100

Siracusa, www.letteraventidue.comItalia

Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai diritti delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa.

Alessandra Vaccari, Paolo Franzo IF?WHAT Prove di futuro della moda in Italia

INDICE

AllaIntroduzionericercadi una comunità 1.1 La scelta del consumatore 1.2 Progettare il cambiamento 1.3 Tempo artigianale 1.4 Essere una comunità Realtà multiple 2.1 Digital fashion 2.2 Il futuro dei fashion designer 2.3 Corpi digitali Iper locale, quasi globale 3.1 Moda italiana e sottocultura 3.2 Storie della provincia italiana 3.3 Sostenibilità della maglieria 3.4 Prove di futuro Corpi e cura 4.1 Abitare lo spazio 4.2 Corpi in migrazione 4.3 Relazionarsi con i corpi 4.4 Design della cura TrascrizioniAutoriRiferimentiConclusionibibliografici What If? 1, Giulia Bortoli, Guya Manzoni What If? 2, Gloria Maria Cappelletti, Giorgia Roversi What If? 3, Monica Albergoni, Giulia Bortoli, Mauro Simionato What If? 4, Denise Bonapace, Maria Paola Zedda 1551531431391138353197 2172071851551261231191159794888567625537342923

Campigotto, Sara Peretti, Teresa Tognazzi, A festa, 2018.

Veronica

Oltre il dualismo della moda come ipotesi di ricerca

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Con la sua propensione ad agire come una macchina del sogno che crea mondi idealizzati e tempi illusori, la moda è stata consi derata uno degli aspetti più contraddittori della cultura occiden tale in età contemporanea. La sua facciata luccicante nasconde spesso realtà di fabbriche soffocanti e sfruttamento del lavoro. La critica della moda espressa da Karl Marx nel XIX secolo arriva fino al recente dibattito su fast fashion, delocalizzazione e que stione ambientale. Questi fenomeni evidenziano la separazione degli immaginari della moda dai luoghi della sua produzione e dai lavoratori. Nel suo libro Adorned in Dreams, Elizabeth Wilson ha sottolineato le continue «confusioni tra il reale e il non-re ale» come elemento caratterizzante della moda postmoderna2. Rispetto agli anni Ottanta in cui Wilson scriveva, nel XXI secolo la moda come grande sogno collettivamente condiviso si è fram mentata in una moltitudine di immaginari, veicolati su scale diver se attraverso piattaforme, reti e social media. Tuttavia l’idea che la moda abbia un rapporto difficile con la realtà è ancora presente e continua a influenzare i discorsi sulla sostenibilità ambientale

Introduzione1

10 Alessandra Vaccari, Paolo Franzo Nonostante la piccola scala delle sue manifestazioni, la moda speculativa potrebbe fornire un contributo nel reindirizzare le attuali distopie della moda. Il contributo del design all’approccio speculativo I teorici del design hanno introdotto metodi speculativi che possono costituire un utile punto di riferimento anche per la moda, la cui teoria è ancora carente in questo senso. Come evi denzia James Auger, ricercatore al Royal College of Art di Londra, lo speculative design è un ambito che si intreccia con critical design, discoursive design, design probes e design fictions, sviluppan do progetti lontani dall’approccio commerciale, promuovendo ricerca attraverso modelli e prototipi, usando la finzione per presentare prodotti, sistemi o mondi alternativi8. Le pratiche speculative vivono dunque in stretta relazione con un futuro possibile. Partendo da un approccio di teoria critica al design, Anthony Dunne e Fiona Raby hanno considerato il design come uno strumento per creare idee, stimolare il «social dreaming» e immaginare futuri possibili. Nel loro A/B, A Manifesto del 2009 hanno opposto a un design «al servizio dell’industria» un design «al servizio della società»; a un design che ha «funzioni fittizie» un design che ha «finzioni funzionali»; a un design che «cam bia il mondo per soddisfare noi» un design che «cambia noi per soddisfare il mondo»9. Spostando il design dalla logica del pro fitto allo spazio della riflessione, hanno elaborato un pensiero sul futuro – sui futuri – a partire dalle teorie di Stuart Candy che identifica tre categorie concettuali: il futuro probabile, in cui opera la maggior parte di progettisti, e che solo un evento estre mo può impedire si verifichi; il futuro plausibile, che potrebbe effettivamente accadere; il futuro possibile, che deriva da una riflessione critica sul presente e dall’immaginazione di scenari

Introduzione alternativi10. Questi ultimi, i futuri possibili, sono al centro della ricerca e della domanda What If?; sono situazioni che non deri vano da un’evoluzione del presente, ma da un radicale cambio di prospettiva, da un pluralismo di idee e valori11. Interrogarsi sui futuri possibili genera riflessioni sulle alternative al presente, incentivando l’emergere di necessità più consapevoli e soste nibili. Queste domande non offrono soluzioni, ma mettono in discussione convinzioni consolidate e modalità condivise12. Riprendendo le riflessioni di Jonathan Lukens e Carl DiSalvo del Georgia Institute of Technology, un approccio speculativo consente di verificare i limiti attuali della moda e superarne i confini13. Analizzare queste pratiche speculative consente di in dagare il loro potenziale “reale latente”14, adattando l’espressio ne del filosofo francese Alain Badiou al contesto della moda, e di partecipare al dibattito sulla ridefinizione della moda stessa, tra nuove emergenze sociali, sanitarie e ambientali. La prospettiva What If? Il volume raccoglie e sviluppa la prospettiva “what if?” teo rizzata da Caroline Evans e Alessandra Vaccari come parte della loro riflessione sul tempo ucronico della moda15. Questo con cetto è inteso come storia alternativa, che permette di costruire scenari fantastici a partire da fatti e personaggi realmente esi stiti, e come tempo inventato, ma dotato di ricadute reali che possono essere revisioniste o sperimentali16. Il concetto di ucro nia è modellato sulla parola “u-topia” (non-luogo) inventata da Thomas More per denominare un’isola immaginaria abitata da una società ideale17. Ucronia (non-tempo) è un neologismo co niato nel XIX secolo dall’autore francese Charles Renouvier nel suo libro Uchronie. L’Utopie Dans L’Histoire, nel quale ha riscritto la storia europea partendo dall’ipotesi impossibile che la caduta

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Garbage Core, fotografia di Marta Marinotti, 2020.

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Alla ricerca di una comunità

Il ciclo di incontri What If? è stato pensato e organizzato du rante i mesi più critici della pandemia Covid-19, caratterizzati dall’emergere di interrogativi sul futuro della moda e critiche a un sistema che ha mostrato grandi fragilità, a cominciare dal ruolo culturale del designer, dai tempi del progetto e della pro duzione e dai luoghi in cui si manifesta. Questi temi per molti anni sono rimasti parzialmente sotto traccia e presidiati quasi esclusivamente da soggetti esterni al sistema, come nel caso di associazioni, collettivi e organizzazioni non governative, impe gnati a fronteggiare l'emergenza ambientale e le ingiustizie so ciali nella produzione della moda. I mesi di sospensione di ogni attività creativa e produttiva hanno spinto, forse per la prima volta, direttori creativi, amministratori delegati e imprendito ri della moda, a esprimere forti dubbi sul funzionamento della moda, la voglia di cambiamento e il desiderio di immaginare un nuovo modo di proporre la moda e tempi rallentati di produzio ne e consumo1. L’isolamento forzato causato dalla pandemia ha anche accentuato la consapevolezza che la moda si fa lavorando insieme e che ogni nuovo progetto, soprattutto nel campo della moda di ricerca, ha bisogno di una comunità che lo sostenga Capitolo 1

44 Alessandra Vaccari, Paolo Franzo Isabella Marsella, Nonna Maria, 2020.

45 Alla ricerca di una comunità Nicoletta Laneri, selezione da CSM graduate collection di Ryohei Kawanishi, 2011.

YooxMirror, 2018.

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In apertura di questo capitolo è l’immagine YooxMirror, progetto presentato nel dicembre 2018 dall’azienda italiana di vendita online Yoox Net-A-Porter (YNAP)1. Questa applicazio ne, supportata dall’intelligenza artificiale, è pensata come un camerino virtuale che offre agli utenti un’esperienza interat tiva in cui abbinare e indossare virtualmente abiti e accessori, condividerli sui social network ed eventualmente acquistarli; dimostra come i display di computer e telefoni stiano modifi cando le concezioni unidimensonali del tempo e della realtà, a favore di visioni espanse o multiple, qui prese in esame. L’av vento del digitale è al centro della comprensione della prospet tiva What If? nella moda e non solo limitatamente alle pratiche di editoria online ed e-commerce, ma con fondamentali impli cazioni anche sulla revisione dei processi di progettazione, della figura del fashion designer, del rapporto tra ideazione e consu mo e sull’insieme delle strutture simboliche della moda2. I fil tri offerti da applicazioni e social media come Snapchat stanno diventando la nuova frontiera dell’ornamento e la crescente offerta di abbigliamento virtuale apre a domande provocatorie sulla possibilità di sostituire l’atto di acquistare abiti “reali” con Realtà

multiple Capitolo 2

72 Alessandra Vaccari, Paolo Franzo Andrea Croce, Senza titolo, 2020.

73 Realtà multiple Enrica Marangio, Senza titolo, 2020.

Vitelli, Gioventù Cosmica, Primavera-Estate 2020. Progetto di scarpe riciclate, sviluppate in collaborazione con Heloise Bouteille.

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La comunicazione dei brand sostenibili è spesso costruita intorno a mondi sognanti di natura edenica e incontaminata, molto distanti dall’esperienza attuale di crisi ambientale dell'era antropocenica1.

Ciò a cui si assiste è un’antinomia tra gli obiet tivi etici dei brand che dichiaratamente si propongono, con le loro azioni, di migliorare il mondo in cui si vive e l’irrealtà delle rappresentazioni su cui basano la loro immagine. Tali visioni di natura “incontaminata” non si prestano a raccontare la nuova moda in Italia, paese dall’ambiente altamente costruito, anche a livello di paesaggio. In questo capitolo l’indagine sui possibili futuri della moda italiana si sofferma su brand che si propongono di rivoluzionare gli immaginari stereotipati collegati alla sostenibilità e alla moda italiana. In particolare Vitelli, brand di maglieria nato nel 2016 che individua i propri panorami di riferimento negli immaginari degli anni Settanta e Ottanta della cultura italiana, visti attraver so le sottoculture giovanili, la club culture e la dimensione della provincia. Si tratta di aspetti trascurati dalle narrative mainstre am della moda italiana, che in passato si sono soprattutto con centrate sui suoi aspetti aulici e collegati al lusso. Vitelli sposta Iper locale, quasi globale Capitolo 3

131 Corpi e cura A sinistra: Enrica Marangio, Collage, 2020. In alto: Alice Pini, Siamo tutti licheni, 2020. In basso: Filippo Maria Disperati, sospesoperturbantiOggettineltempo , 2020.

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