ErranteArchitetture
MD41
Messner Architects
Supervoid
OASI architects orizzontale
VG13 Architects
160
144 120
studio wok
169
ErranteArchitetture
MD41
Messner Architects
Supervoid
OASI architects orizzontale
VG13 Architects
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studio wok
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* “...’Viaggiare è come studiare’ scriveva e nella vita non ha fatto altro”, Livia e Silvia AymoninoLuglio 2021 a proposito del padre Carlo Aymonino. Dagli album dei viaggi della famiglia Aymonino, Triennale di Milano, Mostra “Carlo Aymonino. Fedeltà al tradimento”, 14 maggio - 22 agosto 2021
* “’Traveling is like studying,’” he wrote, “and that is what he did, all his life.” Livia and Silvia Aymonino, July 2021, on the subject of their father Carlo Aymonino. From “The Aymonino family’s travel albums,” Triennale Milano, exhibition “Carlo Aymonino: Loyalty to Betrayal,” 14 May - 22 August 2021.
«Non voglio parlare di un viaggio in particolare: forse un viaggio che ho compiuto nel passato e continua a vivermi nella memoria, un viaggio che sto facendo o forse un viaggio che farò nel futuro. Un viaggio di questo genere è forse una conditio sine qua non per il mio lavoro di architetto».
Alvar Aalto “Viaggio in Italia” (Casabella Continuità, n° 200, 1954).
Molti architetti della storia hanno viaggiato tanto e a lungo, al di là delle epoche e delle correnti architettoniche di appartenenza, e già di per sé questo è un aspetto profondamente significativo. Ognuno di loro ha avuto il suo Oriente, assumendo Le Corbusier come riferimento, e molti, come lui, anche secondi viaggi significativi, in età matura, sulla scia dell’evoluzione tecnologica legata ai trasporti che stava avvenendo nel secondo dopoguerra.
Nel numero 68 del 1991 di Lotus, dal titolo “L’occhio dell’architetto”, vengono accostati e analizzati architetti-viaggiatori attraverso la lettura dei loro schizzi. Ritroviamo Le Corbusier, ma anche Asplund, Aalto, Kahn, Siza e altri, a percorrere talvolta gli stessi itinerari, ad attraversare gli stessi luoghi, a dare vita ad impressioni di viaggio sia per iscritto sia sotto forma di schizzi o disegni. Le destinazioni e i percorsi tracciati da ognuno di questi architetti sono variabili, alcuni si ripetono, altri si rincorrono, in un quadro complessivo sicuramente interessante ai fini della comprensione del loro modo di fare architettura. In questo senso, gli itinerari percorsi dagli architetti, anche più volte, simili e allo stesso tempo differenti, costituiscono una narrazione significativa. L’Italia e il Mediterraneo sono state le sorgenti a cui tutti i più grandi viaggiatori si sono dissetati. Il primo grande appassionato dell’Italia è stato indubbiamente Johann Wolfgang Goethe che, attraverso i suoi viaggi, ha raccontato l’Italia in modo ineccepibile.
La tradizione del Grand Tour subisce un’accelerazione ed evoluzione nel XVIII secolo quando, ai giovani aristocratici che destinavano un viaggio premio a perfezionare il loro sapere, si aggiungono artisti, letterati, scrittori, giornalisti e architetti. Alle corti al seguito di nobili viaggiatori inglesi, francesi,
“I do not want to talk about one journey in particular: perhaps a trip I made in the past that continues to live in my memory, a journey I am making or maybe one I will take in the future. A journey of this sort is perhaps a conditio sine qua non for my work as an architect.”
Alvar Aalto, “Viaggio in Italia” (Casabella Continuita, n° 200, 1954).
Many architects in history have traveled far and wide, apart from their eras or pertinent architectural currents, and this is already a profoundly meaningful datum on its own. Each of them has had their Orient, taking Le Corbusier as a reference point, and many (like him) also made significant second journeys, at a later age, in the wake of the technological evolution of transports in the period after World War II.
In issue n. 68 of Lotus, in 1991, titled “The Eye of the Architect,” architect-travelers were juxtaposed and analyzed on the basis of their sketches. We again find Le Corbusier, but also Asplund, Aalto, Kahn, Siza and others, sometimes along the same itineraries, crossing the same places, gathering impressions in writing and in the form of sketches or drawings. The destinations and routes covered by each of these architects may vary; some repeat, others follow in pursuit, in an overall perspective that is definitely of interest for an understanding of their ways of making architecture. In this sense, the itineraries taken by the architects, also more than once, similar and at the same time different, constitute a significant narrative. Italy and the Mediterranean have been the wellsprings at which the great travelers quenched their thirst. The first great admirer of Italy was undoubtedly Johann Wolfgang von Goethe, who through his travels narrated the country in an impeccable way. The tradition of the Grand Tour underwent an acceleration and an evolution in the 18th century, when the young aristocrats sent on an educational journeys saw their ranks augmented by artists, literati, writers, journalists and architects. The courtly entourages of noble English, French and German travelers were joined by a new figure: the solitary intellectual traveler carrying a few shirts and a small number of books.
tedeschi si affianca una nuova figura: il viaggiatore solitario intellettuale che porta con sé solo qualche camicia e pochi libri. Parte con questa modalità, nel 1786, Johann Wolfgang Goethe, confermando l’allungamento degli itinerari verso Sud, che arrivano fino alla Sicilia. Con il diario di viaggio di Goethe il Mediterraneo si arricchisce di descrizioni antropologiche, di dettagli popolari, di colori: «Non si può né raccontare né descrivere la magnificenza di un chiaro di luna come quelli di cui abbiamo goduto col vagare qua e là nelle strade, nelle piazze, per la riviera di Chiaia, la grande straordinaria, passeggiata, e poi in riva al mare. Si è veramente presi dal senso di immensità dello spazio! Così vale la pena sognare!»1.
Volendo ripercorrere solo i nomi di quei personaggi, di primissimo piano, con i quali la storiografia ha fissato i capisaldi dell’architettura dell’Ottocento, possiamo annoverare tra gli architetti-viaggiatori in Sicilia: John Soane (1779), Karl Friedrich Schinkel (1804), Leo von Klenze (1823-24), Henri Labrouste (1828), Gottfried Semper (1831), Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1836), John Ruskin (1874). Non meno densa l’esperienza a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento alla ricerca di una modernità che può essere riscoperta anche nell’antico o nel passato: Hendrik Petrus Berlage (1881), Charles Rennie Mackintosh (1891), Erik Gunnar Asplund (1914), Alvar Aalto (1924, 1951, 1953, 1954), Luigi Figini (1961) sono solo alcuni dei nomi di architetti per i quali il viaggio verso Sud, fino alla Sicilia, è stato elemento non secondario per sperimentare nuovo modi di vedere l’architettura. E proprio Luigi Figini, nel 1964, scriverà: «Nessun artista è mai, del tutto, un “viaggiatore senza bagagli” (e nei bagagli suoi non c’è soltanto la preparazione, il substrato culturale ecc., ma anche gli influssi, il suo mondo privato di “simpatie”, le affinità consce ed inconsce)», per indicare che ogni sguardo scaturisce da personali orizzonti e mostra assai più delle cose viste2. «Come esiste un bagaglio, all’andata del viaggio, esiste un bagaglio al ritorno, invariabilmente più ricco del precedente, dove sono racchiusi pensieri che potranno lavorare nel tempo»3. Lo stesso Alvar Aalto, assiduo frequentatore dell’Italia, fa riferimento a cosa portare “in valigia” al ritorno dal viaggio e
This was the approach taken in 1786 by Goethe, confirming the extension of the itineraries southward to reach as far as Sicily. In his travel diary the Mediterranean is the subject of anthropological descriptions, details of folklore and colors: “It is impossible to narrate or describe the magnificence of the moonlight, as we enjoyed it while wandering here and there through the streets and squares of Chiaia, the extraordinary promenade and then the waterfront. One is truly captured by the sense of immensity of space! Such a dream is indeed worthwhile!”1.
To trace back only through the names of those personalities of great importance, with which history has indicated the milestones of architecture in the 19th century, we can include in the list of architect-travelers in Sicily: John Soane (1779), Karl Friedrich Schinkel (1804), Leo von Klenze (1823-24), Henri Labrouste (1828), Gottfried Semper (1831), Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1836), John Ruskin (1874). No lesser density is seen in the experiences of the late 1800s and early 1900s, in pursuit of a modernity that can also be rediscovered in antiquity or in the past: Hendrik Petrus Berlage (1881), Charles Rennie Mackintosh (1891), Erik Gunnar Asplund (1914), Alvar Aalto (1924, 1951, 1953, 1954), Luigi Figini (1961) are just a few of the names of the architects for whom the journey south, as far as Sicily, was a far from secondary factor in the experience of new ways to look at architecture. Precisely Luigi Figini, in 1964, would write: “No artist is ever a ‘traveler without luggage,’ (and in his baggage there is not only his education, the cultural substrate, etc., but also the influences, his private world of ‘sympathies’ and conscious or unconscious affinities),” to indicate that every gaze springs from personal horizons and shows much more than what is viewed.2 “Just as there is luggage on the outbound journey, so there is the luggage that returns home, invariably of greater riches than the first, and containing thoughts that can continue working over time.”3 Alvar Aalto, who repeatedly visited Italy, makes reference to what should be “packed” for the return trip, warning us:
ammonisce: «certamente cento volte più prezioso del riempirsi la valigia di un’infinità di dettagli, sarebbe studiare l’abilità di raggruppare gli edifici; la simbiosi tra natura ed arte»4. Immancabili, nella valigia di Aalto, gli strumenti per il disegno, il miglior passatempo per gli architetti intenti nel registrare le informazioni trasmesse dal territorio e dalle sue architetture.
L’esercizio del viaggio, oltre che seguire le rotte tracciate dai Maestri, può essere praticato attraverso itinerari di architettura contemporanea. Ne è un esempio il Viaggio in Italia presentato in questo volume, certamente non esaustivo per dipingere l’attuale stato dell’architettura italiana, ma che, indubbiamente, rappresenta uno spaccato del lavoro della nuova generazione di architetti: professionisti che conducono la loro ricerca attraverso l’accademia e il cantiere, passando per i concorsi di architettura come via preferenziale verso la qualità del progetto. Il fattore che accomuna gli studi selezionati, in sintesi, è rappresentato dalla ricerca della relazione tra spazio pubblico e spazio privato, tra spazio esterno e spazio interno, volta a costituire un metodo. In questo contesto chi vive l’architettura è necessariamente il protagonista, ma è soprattutto parte di un processo relazionale per la condivisione degli spazi.
“of much greater value than filling up the suitcase with an infinity of details, would be to study the ability to group buildings together; the symbiosis between nature and art.”4 Items never lacking in Aalto’s baggage were tools for drawing, the best pastime for architects bent on recording the information transmitted by the territory and its works of architecture.
The exercise of travel, apart from following the routes taken by the great masters, can be practiced by using itineraries of contemporary architecture. One example is the Italian Journey provided by this volume, which is certainly not exhaustive enough to depict the present state of Italian architecture, but does indubitably represent an overview of the new generation of architects: professionals who conduct their research through schools and worksites, taking part in architecture competitions as the preferred path to quality in architectural design. The factor held in common by the selected firms, in short, is the research on the relationship between public and private space, outdoor space and indoor space, with the purpose of establishing a method. In this context, those who experience architecture are necessarily the protagonists, but above all they are part of a relational process for the sharing of spaces.
1. Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia, A. Mondadori, 1983.
2. Luigi Figini, La chiesa di S. Giovanni Battista a Campi Bisenzio. Appunti e digressioni sulla chiesa dell’autostrada, in “Parametro”, n. 182, 1991, pp. 60-89.
3. Ornella Selvafolta, in Architetti in viaggio. La Sicilia nello sguardo degli altri, a cura di Paola Barbera e Maria Rosaria Vitale, 2017, p.14.
4. Alvar Aalto, Viaggio in Italia, in «Casabella Continuità», n. 200, 1954.
1. Johann Wolfgang von Goethe, Italian Journey, Penguin Classics, 1992 (reissue).
2. Luigi Figini, La chiesa di S. Giovanni Battista a Campi Bisenzio. Appunti e digressioni sulla chiesa dell’autostrada, in “Parametro,” n. 182, 1991, pp. 60-89.
3. Ornella Selvafolta, in Architetti in viaggio. La Sicilia nello sguardo degli altri, ed. Paola Barbera and Maria Rosaria Vitale, 2017, p. 14.
4. Alvar Aalto, Viaggio in Italia, in “Casabella Continuità,” n. 200, 1954.
Francesco Manzoni
Paolo Manzoni
Agricultural pavilion Bressanella www.a25architetti.it
Il Padiglione agricolo Bressanella sorge a Besana in Brianza, una delle aree più densamente abitate d’Italia e d’Europa, e dove il consumo di suolo vede per oltre la metà del suo territorio occupato da località abitate e produttive.
In questo contesto una piccola realtà agricola ha deciso di scommettere sul recupero dei valori etici e sostenibili, portando avanti il concetto di “filiera corta”, sostenendo il modello di vendita a km 0 e realizzando un punto d’incontro per gli abitanti, dove bambini, giovani, adulti e anziani possono incontrarsi e confrontarsi nelle diverse attività proposte sul campo. Tale sistema aziendale e la volontà di pensare a un’opera contemporanea e sostenibile sono i cardini del progetto. Il padiglione è un sistema formato da un’architettura semplice, due volumi leggermente ruotati fra di loro a seguire la conformazione naturale del terreno, sostenuti da un basamento seminterrato che agisce anche da bordo verso il pendio retrostante.
Il primo volume a pianta rettangolare accoglie lo spazio vendita con la cella frigorifera, a fianco uno spazio libero per un’ampia flessibilità d’uso, un ambiente con doppio affaccio; verso sud attraverso una grande vetrata vediamo i campi coltivati e verso nord le chiome degli alberi della parte in pendio a bosco. Il secondo volume ospita tutti gli spazi di servizio, i servizi igienici a diretto contatto con lo spazio polifunzionale, un piccolo ufficio, il locale trasformazione prodotti, e spogliatoi per gli addetti.
20172019
300 mq
Besana in Brianza (MB)
photo
year area client structure costruction
Marcello Mariana
Azienda agricola Bressanella ing. Marco Milani
F.C. costruzioni srl
Bressanella Agricultural Pavilion is located in Besana, in Brianza, which is one of the most densely populated areas in Italy and Europe, where land has been consumed to commercial and residential uses at sky-high rates. In this context, a small farm has yet decided to bet on sustainable and ethical values, against mainstream trends being part of the Short Food Supply Chain thus enabling a closer relationship between producers and consumers. Therefore the key concepts of the project are state-of-the-art technology, sustainability and a “short” productionconsumption configuration. The pavilion has a simple architectural shape, in which two volumes slightly rotated between them follow the natural configuration of the land, supported by a basement that also acts like an “edge” for the rear slope.
The first rectangular-shaped volume houses the shop with the cold storage room, alongside there’s a free space for a wide range of use, a double-facing room; through a large window, it is possible to perceive the cultivated fields southwards and the cherry and chestnut trees of the underlying wood northwards. The second volume houses all the service spaces, the toilets next to the multifunctional space, a small office, the processing room, and the changing rooms for the employees.
Alberto Lessan
Jacopo Bracco
Davide Minervini
Giorgio Salza
Alejandra Mora
Alp Arda
Giulia Barbero
Alessandro Stante
Nicolò Acquadro
www.blaarchitettura.it
Sofia Zuccato
Matteo Dossetto
Egle Tavolaro
Estefania Mujica
Eugenia Macchia
Francesca Rava
Ottavia Mangiafridda
Gaia Siddu
Il progetto è la riqualificazione (LEED Gold) di un edificio direzionale di 6.500mq a Milano, situato nel Quartiere Bicocca. Rispetto all’abbattimento del preesistente edificio di 4 piani fuori terra abbiamo preferito proporre la ristrutturazione generale sia degli interni che degli esterni mantenendo la struttura esistente.
L’obiettivo è stato quello di mantenere la memoria industriale dell’edificio. La struttura preesistente, di straordinaria precisione e bellezza è stata preservata ed è diventato l’elemento di principale di partenza. Focus del progetto è stato quindi aggiungere il meno possibile e lavorare sui flussi e sulle funzioni interne. Ogni elemento interno aggiunto è sempre indipendente dalla struttura esistente. Il fabbricato di circa 100 ml di lunghezza ospitava gli ex-uffici della storica Breda Siderurgica, nota fabbrica di metallurgia milanese; per questa sua lunghezza sta ricevendo ora il soprannome di “grattacielo orizzontale”.
Una particolarità è che la facciata è costituita da un prototipo di montanti esterni in gomma siliconica riciclabile trasparente sviluppata sperimentalmente per questo progetto. La trasparenza della gomma si materializza e smaterializza a seconda della posizione del sole e a seconda delle ore del giorno.
La nuova facciata si pone in allineamento più esterno rispetto all’esistente, riuscendo a oltrepassare i corpi scala, arretrandoli così alla vista, eliminando i tagli visivi che prima determinavano il prospetto.
Il coronamento è modificato, attraverso un rialzo di 4 mt, che fa crescere visivamente l’edificio di un piano fuori terra e permette di rendere la copertura un piano utilizzabile con aree di relazione e vegetazione.
year area
6500 mq
client Masini 011 srl
structures photos
2023 ing. Alessandro Ferro Filip Dujardin
The project involves the redevelopment (LEED Gold) of a 6,500 square meter office building in Milan, located in the Bicocca District. Instead of demolishing the existing 4-story building above ground, we preferred to propose a comprehensive renovation of both the interior and exterior, but retaining the existing structure. The goal was to preserve the building’s industrial memory. The existing structure, with its extraordinary precision and beauty, was preserved and became the primary starting point. The project’s focus was therefore to add as little as possible and work on internal flows and functions. Each added internal element remains independent of the existing structure. The approximately 100-meter-long building once housed the former offices of the historic Breda Siderurgica, a renowned Milanese metallurgy factory; due to its length, it is now receiving the nickname “horizontal skyscraper.” A unique feature is that the facade is made of a prototype of transparent recyclable silicone rubber external uprights developed experimentally for this project. The transparency of the rubber materializes and dematerializes depending on the position of the sun and the time of day. The new facade is positioned further outward than the existing one, managing to surpass the staircases, thus setting them back from view, eliminating visual cuts that previously defined the elevation. The top is modified through a 4-meter elevation increase, visually raising the building by one above-ground floor and allowing the roof to become a usable floor with social areas and vegetation.
Giacomo Beccari
Gaia Calamosca
Alessandro Miti
www. ciclostilearchitettura.me
Un fienile degli anni ’60 trasformato in un luogo di lavoro per l’artista, un ambiente di sperimentazione e di racconto in cui la luce e le colline circostanti modellano l’architettura.
Lo studio dell’artista Francesca Pasquali esprime il carattere della sua ricerca, nascendo quale atto di salvataggio e reinterpretazione di un fienile degli anni ’60. Il progetto ha fatto in modo di non cancellare la storia della struttura e il suo ruvido carattere rurale. Ma allo stesso tempo ha rinnovato l’edificio con elementi che, oltre a renderlo funzionale, lo attualizzano e lo trasformano in un ambiente di sperimentazione e racconto in cui la luce e le colline circostanti modellano l’architettura, in un costante rapporto di mitigazione e valorizzazione.
La distribuzione planimetrica vede tutti gli ambienti principali e quelli di servizio al piano terra, per liberare completamente il piano primo e dedicarlo ad un grande open space, immerso nel verde, che grazie alle altezze interne ed ai lucernari diviene spazio di lavoro luminoso e areato.
Anche la forte simmetria caratterizza il progetto, la cui distribuzione planimetrica al piano terra è data da una struttura intelaiata in cemento armato con due file di pilastri. Gli ambienti sono stati infatti proporzionati secondo questa maglia, tripartendo la pianta con due spazi più ampi che ospitano il laboratorio, lo studio ed una zona dedicata ai servizi che diviene filtro tra gli ambienti principali.
L’elemento forte del progetto sono le due ampie finestre al secondo livello, pensate come due cannocchiali sul paesaggio: da un lato la campagna con i suoi vigneti, dall’altro la città sullo sfondo.
20152017
250 mq Collina di Palesio (Bo)
structures
year area client costractors
Francesca Pasquali TER Costruzioni
construction supervision photos
Fabio Mantovani
ing. Alessio Giammarruto, EN7 srl
arch. Gaia Calamosca, Ciclostile Architettura
The studio of the artist Francesca Pasquali expresses the character of her research, born as an act of rescue and reinterpretation of a 1960s barn.
The project made sure not to erase the history of the structure and its rough rural character. But at the same time the project renovated the building with elements that, in addition to making it functional, update it and transform it into an environment of experimentation and storytelling in which the light and the surrounding hills shape the architecture, in a constant relationship of mitigation and valorization.
The planimetric distribution sees all the main and service rooms on the ground floor, to completely free up the first floor and dedicate it to a large open space, surrounded by greenery, which, thanks to the internal heights and skylights, becomes a bright and ventilated work space.
Strong symmetry also characterizes the project, whose planimetric distribution on the ground floor is given by a reinforced concrete framed structure with two rows of pillars. The rooms were in fact proportioned according to this grid, dividing the plan into two larger spaces which house the laboratory, the study and an area dedicated to services which becomes a filter between the main rooms.
The strong element of the project are the two large windows on the second level, designed as two telescopes over the landscape: on one side the countryside with its vineyards, on the other the city in the background.
18018_Experimental Hill
con Nicholas Compagnoni, Alberto Smaldone, Chiara Carraro, Gabriele Pagani, Dario Biscaro, Francesco Pusterla (BIM Manager)
“Experimental Hill” è un progetto di trasformazione territoriale finalizzato alla riqualificazione del patrimonio culturale e naturale del paesaggio rurale di Avola, Val di Noto, reso possibile attraverso la realizzazione di quattro case a servizio di un turismo rurale legato al rapporto tra agricoltura, tecnologia e architettura, intesa come acceleratore di innovazione. Quattro forme alternative dell’abitare intese come traduzioni dello studio approfondito dei principi del Barocco siciliano, tradotti nel progettare il limite tra artificio e territorio plasmando il vuoto prima che diventi edificio, di due pietre locali opposte nella loro prestazione riportandole ad essere elementi strutturali grazie a specifiche tecniche e tecnologie figlie di questo tempo, e della volontà di instaurare precisi dialoghi con la morfologia portando la forma ad essere il risultato di uno specifico Locus. Un unico organismo in cui spazio addomesticato e natura si fondono in un dialogo intimo e continuo sopravvivendo il tempo grazie alla loro simbiosi e alla forma data all’energia. RP02. Un sistema composto da diverse unità con logiche proprie generato dalla compenetrazione tra le stesse dando forma allo spazio interno ed esterno;
RP01. Un’infrastruttura di paesaggio ingloba al suo interno un frammento di territorio mediterraneo. Un sistema di gusci e vele definisce il grado di esposizione ai rigidi agenti esterni, così da proteggere o esporre;
FO. Una decomposizione tettonica che attorno ad elementi strutturali adatta la sua morfologia al sito diventando un tutt’uno con l’ambiente circostante;
SR. Un organismo nato dalla continua metamorfosi degli elementi architettonici che generano lo spazio in transizione. La deformazione dello spazio è qui ordinata dal programma che insieme agli agenti esterni definisce i parametri spaziali per la modellazione dello spazio.
year area
20192023 private DIMA
RP01 SLP 489 sqm, 1 Levels
FO SLP 190 sqm, 2 Levels
RP02 SLP 255 sqm, 3 Levels
SR SLP 1454 sqm, 11 Levels
client rendering
Contractor
photos
Mikael OlssonTomar group srl + Avola 21 S.C. arl (RGF Costruzioni + Tomar group)
“Experimental Hill” is a territorial transformation project aimed at the redevelopment of the cultural and natural heritage of the rural landscape in Avola, Val di Noto, made possible through the creation of four houses linked to the relationship between agriculture,technology and architecture, an accelerator of innovation. Four forms of living alternatives as translations of the indepth study of Sicilian Baroque’s principles, traduced into designing the limit between artifice and territory by molding the void before it becomes building, the research of two opposite in performance local stones bringing them back to be structural elements due to specific techniques and technologies daughters of this time, and the desire of establishing precise dialogues with the morphology turning form to be the result of a specific Locus. A single organism in which domesticated space and nature merge in a continuous intimate dialogue and survive over time thanks to their symbiosis and form given to energy.
RP02. A system composed of different units with own logics generated by the interpenetration between them shapes the internal and external space;
RP01. A landscape infrastructure incorporates within itself a fragment of mediterranean territory. A system of shells and sails define the degree of exposure to the stiff external agents, so to protect or expose;
FO. A tectonic decomposition around structural elements adapts its morphology to the site becoming a whole with the surrounding;
SR. A living organism born by the continuous metamorphosis of the architectural elements which generate the space in transition. The deformation of space is here ordered by the program which together with the external agents defines the spatial parameters.
Casa Funeraria Luce
L’architettura come strumento di conforto
studio wok
architetti associati
www.studiowok.com
180 mq
Luoghi e paesaggi costituiscono lo sfondo delle nostre esperienze di vita e possono influenzare le emozioni, i pensieri e i comportamenti. Progettare una casa funeraria è una grande responsabilità: il momento del commiato è ricco di emozioni e di dolore; trascorrerlo all’interno di un habitat positivo può essere strumento di conforto.
La casa funeraria è ricavata all’interno di un laboratorio artigianale degli anni ‘30 ai limiti del centro abitato di Trezzo sull’Adda. Il progetto di trasformazione si muove su due binari differenti: da un lato cerca di recuperare con piccoli interventi i fronti pubblici e, dall’altro, trasforma il cortile interno in un giardino segreto, uno spazio contemplativo che segna lo scorrere del tempo e delle stagioni. Il fronte verso il giardino viene ridisegnato da una nuova facciata: cinque telai in legno di larice bruciato si inseriscono nel passo regolare delle paraste e marcano la transizione tra i due mondi, regolando privacy e luce solare.
L’atmosfera all’interno è accogliente ed essenziale grazie all’uso di una palette sobria e neutra di materiali naturali; un’orizzonte alto 2,40 m rende lo spazio domestico e più vicino alla scala umana. All’interno delle due camere ardenti e del grande salone d’ingresso, pensato come un luogo di condivisione, il soffitto diventa tridimensionale con morbide volte accarezzate dalla luce naturale.
Le scelte materiche, così come la selezione delle essenze del giardino, aiutano il fruitore ad immergersi in uno stato puro e quasi ancestrale, nel quale l’accostamento di elementi naturali ed imperfetti dialoga in equilibrio con il rigore misurato delle forme.
Onoranze Funebri Bonfanti snc Trezzo sull’Adda (MI)client
Simone Bossi
year area structures photos 20202023 ing. Alessandro ColmanniOffstage
Places and landscapes create the background of our life experiences and can influence emotions, thoughts and behaviors. Designing a funeral home is a great responsibility: the moment of farewell is full of emotions and pain; spending this time in a positive habitat can be an instrument of comfort.
The funeral home is located in an old artisan workshop close to the centre of Trezzo sull’Adda. The transformation project moves on two different tracks: on the one hand it tries to recover the public fronts with small interventions and, on the other, it transforms the internal courtyard into a secret garden, a contemplative space that marks the passing of time and seasons. The front towards the garden is redesigned by a new facade: five burnt larch wood frames fit into the regular pitch of the pilasters and mark the transition between the two worlds regulating privacy and sunlight.
The atmosphere inside is warm and essential thanks to the use of a plain and neutral palette of natural materials; a 2.40 m high horizon makes the space domestic and closer to the human scale. Inside the two funeral chambers and the large entrance hall, designed as a place for sharing, the ceiling becomes threedimensional with soft vaults brushed by natural light.
The material choices, as well as the selection of the essences of the garden, help the user to immerse himself in a pure and almost ancestral state, in which the combination of natural and imperfect elements dialogues in balance with the measured rigor of the forms.