a cura di Lorenzo Pignatti
L’ADRIATICO COME SMART SEA
Narrazioni e interpretazioni per un mare condiviso
INDICE
06 PREFAZIONE - ADRIATICO WABI-SABI
Fabio Fiori
10 INTRODUZIONE
Lorenzo Pignatti
18 VISIONI ADRIATICHE. OSSERVARE OLTRE
L’IMMAGINARE
Andrea Di Cinzio, Lorenzo Morelli, Ilde Manuela Paolucci
34 L’ADRIATICO COME SMART SEA
Lorenzo Pignatti
44 SPAZIO SOCIALE PER L’IPER-CITTÀ ADRIATICA?
VERSO UNA MAPPATURA URBANA PLURILOCALE
Saša Bozić
52 VERSO LA CITTÀ CON IL MARE: SCENARI
SOSTENIBILI PER LE CITTÀ ADRIATICHE
Emilio Cocco, Emanuela Diodati
62 INQUIETUDINE DELL’ADRIATICO
Rosario Pavia
70 ADRIATICO DEGLI IMPERI E DEGLI USCOCCHI
Stevka Smitran
78
EAST-ADRIATIC ATLAS:
UNA GUIDA DEGLI SPAZI PUBBLICI
ADRIATICO-BALCANICI
Stefania Grosso
86 BENESSERE ADRIATICO
Andrea Di Cinzio
92 MARE ADRIATICO, MARE APERTO
Lorenzo Morelli
98 IL MARE ADRIATICO COME LIMEN EMOTIVO
Ilde Manuela Paolucci
106 BIBLIOGRAFIA
PREFAZIONE.
ADRIATICO WABI-SABI
Tutte le volte che guardo il mare da un finestrino del treno, in uno di quei meravigliosi viaggi ferroviari che vanno da Rimini a Brindisi, si fa in me più forte la convinzione che l’Adriatico sia wabi-sabi, cioè imperfetto, impermanente, incompiuto. Soprattutto quando i vetri sono screziati di salsedine e quando il treno si tuffa nel controluce acqueo del mattino, correndo al fianco della falesia morta del Monte Ardizio, a sud di Pesaro.
Non sono mai stato in Giappone e non parlo giapponese, ma tanti anni fa ho avuto la fortuna di leggere per la prima volta un haiku in riva all’Adriatico, in un tardo pomeriggio di primavera. Una foschia opalescente rendeva invisibile l’orizzonte. Le acque e il cielo erano un tutt’uno madreperlaceo. Le sabbie punteggiate di piccoli ciottoli e preziose conchiglie. In quel silenzioso giardino Zen, le parole di Matsuo Bashō, preziosamente cesellate in italiano da Elena Dal Pra, mi hanno rapito: È primavera! – / Sottili veli di nebbia / celano anche la montagna senza nome. Sulla pagina sostituii la parola montagna con mare e trasformai quell’haiku in un mantra. L’Adriatico era già il mio mare d’Oriente, perché così l’ho vissuto fin da quando bambino, per la prima volta, misi la prua della mia piccola barca a levante. Da quel giorno, da quel primo haiku letto sulla spiaggia e poi dai tanti altri che ho letto e riletto, divenne anche un mare wabi-sabi.
Perché l’Adriatico è imperfetto, nelle torbidità e nelle trasparenze, nelle nebbie e nelle luminosità. Un mare umorale come le correnti che lo attraversano, come i venti che lo battono. Correnti da cui mi piace farmi trascinare, diventando animale planctonico. Venti da cui mi piace farmi portare, facendomi uccello pelagico. Nuotare nel torbido ha per me lo stesso fascino di passeggiare nella nebbia. Non sempre la bellezza è luminosa, qualche volta ama nascondersi e la vista, il più ingannevole dei sensi, viene sostituita dall’olfatto, dall’udito, dal tatto, che regalano ancestrali emozioni.
Perché l’Adriatico è impermanente, nei suoi colori mutevoli, nelle sue atmosfere capricciose. L’Adriatico è una verde laguna a Occidente, da Grado a Lesina; è un blu pelagico a Oriente, da Duino a Dulcigno. Ma l’Adriatico occidentale, come ogni oggetto wabi-sabi, tutti i giorni mescola il verde con un’infinita gamma di grigi, marroni e qualche volta anche neri. Colori metallici: ossidati, bruniti o zincati.
Perché l’Adriatico è incompiuto, nella sua irrisolta dualità: sabbiosa e lineare a occidente, rocciosa e labirintica a oriente. Come altrettanto incompiuta è la sua meteorologia, che può oscillare nel volgere di pochi giorni, o addirittura poche ore, tra rigori siberiani e le rovenze sahariane. Acque sferzate da gelida Bora o da torrido Garbino. Un Adriatico incompiuto anche nella sua frammentarietà geopolitica e culturale. Una frammentarietà che è stata causa di aspre, tragiche contese; ma che è stata anche in passato e può rivelarsi in futuro feconda, a patto che ci si emancipi da pericolosi nazionalismi e da isteriche identità.
Se imperfezione, impermanenza e incompiutezza sono i tre canoni del wabi-sabi, allora l’Adriatico è il nostro mare d’Oriente, geografico, sentimentale e spirituale. L’Adriatico è un paesaggio educativo, anche nell’accezione erotica. Alzo lo sguardo
VISIONI ADRIATICHE
OSSERVARE OLTRE
L’IMMAGINARE
Andrea Di Cinzio, Lorenzo Morelli, Ilde Manuela PaolucciIl mare è, per significato intrinseco, costituito da moltitudini.
Se a riguardo sussistono ancora dubbi, basterà scorrere i successivi capitoli e si comprenderà quanto sia complesso parlare di Adriatico come unica entità.
Ogni contributo ha in sé un significato personale che permette di avere una visione caleidoscopica dello stesso soggetto – il differente punto di vista di ciascun autore rende possibile proiettare, sull’Adriatico, la fortuna di una così densa molteplicità. Leggere i racconti di chi il mare Adriatico lo ha studiato, esplorato, osservato per lavoro o per amore potrebbe, però, non bastare: avere un’immagine da poter memorizzare mentre si scorre un testo è utile nell’esercizio dell’immedesimazione.
Ciascun atlante, quindi, prende in prestito le parole degli autori per fornire, al lettore, gli strumenti utili a trasformare le parole in un viaggio sensoriale, una navigazione tra le sfumature delle interpretazioni, delle identità e delle geografie che appartengono all’Adriatico.
Le relazioni tratteggiate dagli autori si delineano nettamente, per poi sfumarsi e fondersi fino a divenire un tutt’uno, in un discorso corale in cui i singoli argomenti sono immersi in un contesto forte e deciso, di cui è pressoché impossibile fare a meno.
Come a delineare una moderna Carte du Tendre, ogni mappa porta con sé significati e significanti culturali, storici, geografici e poetici, in una visione policroma dell’anima adriatica.
CONTEMPORANEO
Lo stato dell’arte dell’architettura nella macroregione euroadriatica come indicatore del vivere contemporaneo.
WATERFRONT
1. Parco pubblico della Bassona, Cervia- Milano Marittima - Alpina SPA (2021)
2. Il Parco del Mare di Rimini, Rimini - Benedetta Tagliabue EMBT (2020)
3. Koper Central Park, Capodistria - Enota (2018)
4. Park Muzil, Pola - 3LHD (2011)
5. Crikvenica Center, Cirquenizza - Nfo-Public Space (2013)
6. Petar Zoranić Square and Šime Budinić Plaza , Zara - Kostrenčić-Krebel (2013)
7. Field of Crosses, Fallen Firemen Memorial, Kornati - Nikola Bašić (2010)
8. The Sea Organ, Zara - Nikola Bašić (2005)
9. Harbour Market, Vodizze - ARP / Dinko Peračić (2015)
10. Poljana Square, Sebenico - Atelier Minerva + Faculty of Architecture, University of Zagreb + Institute of Architecture (2020)
11. Riva Split, Spalato - 3LHD (2007)
12. Albanian Carpetm, Shiroka - Casanova + Hernandez Architects (2020)
13. Waterfront Promenade, Valona - Xaveer De Geyter Architects (2016)
14. Himara Waterfront, Himara - Bureau Bas Smets, SON-group (2016)
SPAZI PUBBLICI
1. Una piazza e un’area gioco sotto il castello, Škofja Loka - Ravnikar - Potokar (2017)
2. Risistemazione delle sponde del fiume Ljubljanica - Comune di Lubiana (2010)
3. Lungofiume Velenje e area pedonale, Velenje - Enota Architects (2012)
4. Skorba Village Center, Skorba - Enota Architects (2011)
5. Sava Installation, Zagabria - Openact Architecture + Sara Palomar Studio, (2019)
6. Nuove scale pubbliche, Pločama - Skorz (2021)
7. Stadio Luka Šokčević Šaljapin - GE+ARHITEKTI (2018)
8. Parco storico della Bosnia medievale, Zenica- FILTER Architecture (2011)
9. KM_Runwaypark, Tirana - Atenastudio (2012)
10. Piazza Skanderbeg, Tirana - 51N4E (2012)
UNITIVO
Lo spomenik che celebra e sottolinea la necessità di un’identità in cui trovare un senso di appartenenza, stimolo per la ricerca di nuovi simboli in grado di dare forma alla collettività.
Spomenik Scultoreo
Spomenik Mosaicale
SPAZIO SOCIALE PER
L’IPER-CITTÀ ADRIATICA?
VERSO UNA MAPPATURA
URBANA PLURILOCALE
Introduzione
Il termine Hyper City, Ipercittà o semplicemente ipercittà è emerso negli ultimi decenni catturando l’immaginazione di artisti, urbanisti, dirigenti aziendali, studiosi di scienze sociali e umanistiche. Mentre le prime nozioni di ipercittà seguivano semplicemente la logica dell’espansione fisica degli ambienti urbani con popolazioni in continua crescita e si aggiungevano alla nozione di “megacittà”, “megalopoli”, “supercittà”, ecc., lo sviluppo contemporaneo del concetto di Hyper City si concentra principalmente sull’interconnessione di persone, tecnologie, trasporti e consumi accrescendo il lato simbolico della città che può disconnettersi dalla realtà per formare nuovi tipi di iper-realtà.1
Inoltre, l’idea di città contemporanea ha superato l’idea di una semplice costruzione di percorsi fisici e nodi tridimensionali attraverso collegamenti di trasporto, quartieri e territori urbani, e si è spostata verso l’Hyper City che incarna la possibile imminente fase successiva della città – l’interazione tra tecnologia, simboli, corpo umano e orizzonti culturali in espansione.2
Non è una coincidenza che i termini e i concetti di megalopoli emersi nel corso del XX secolo si siano concentrati principalmente sulla dimensione fisica dello spazio, trascurando l’interazione delle diverse dimensioni dello spazio sociale, ovvero lo spazio assoluto, relativo e relazionale.3
La crescita delle città e delle aree urbane doveva essere accompagnata da concetti che riguardano principalmente la crescita fisica, l’organizzazione territoriale e la governance in contesti diversi. Ancora oggi molti autori sono giustamente preoccupati per la capacità delle metropoli e delle megalopoli contemporanee di affrontare l’interazione sempre più complessa delle trasformazioni spaziali neoliberiste guidate dal mercato, in particolare nell’emisfero meridionale.4
Tuttavia, lo sviluppo urbano contemporaneo non può essere affrontato né spiegato senza utilizzare concetti che includono vari approcci spaziali, principalmente quelli che comprendono i legami sociali pluri-locali, l’influenza tecnologica sul tempo sociale e la natura mutevole della realtà vissuta.
A partire dalle intuizioni di Lefebvre5 sulla “società urbana”, è chiaro che la transizione sociale dal rurale all’industriale e dall’industriale all’urbano ha prodotto una complessificazione multiforme dello spazio e del tempo.
Hyper City senza spazio sociale?
Gli approcci concettuali contemporanei all’ipercittà hanno cominciato a diffondersi tra gli scienziati sociali della regione Adriatica e questo libro mostra come si ricerchi l’idea di nuovi tipi di configurazioni spaziali e sociali nel contesto urbano. Lo sviluppo e l’interconnessione tra le città adriatiche, in particolare sulla costa adriatica italiana, hanno fatto sperare che la nuova crescita fisica, l’interdipendenza delle diverse regioni e le nuove modalità di governo si possano tradurre in un’ipercittà con nuove possibilità di migliorare la qualità della vita e l’innovazione sociale cercando di evitare i consueti problemi con la crescita fisica delle città in termini di spazio geografico assoluto. L’idea di nuove morfologie urbane e di innovazione sociale nell’ipercittà può fare molto affidamento sulle idee sviluppate da autori che si occupano
IL MARE ADRIATICO COME
LIMEN EMOTIVO
Persefone e Bach sulla soglia
«Un antico mito greco ci racconta che Persefone stava conducendo la sua vita normalmente, quando all’improvviso il terreno cedette e la inghiottì completamente. Una volta sottoterra esaminò la scena disorientante che le si presentava davanti agli occhi, ma non riuscì a riconoscere alcun punto di riferimento, niente di familiare, non aveva modo di applicare la logica e l’organizzazione esistenti a quello spazio. All’improvviso sembrò che la vita di Persefone fosse andata perduta, a causa di tale sconvolgimento: era in uno spazio liminale, un luogo oscuro situato tra dove una volta si trovava e dove doveva ancora andare, segnato da un’eccezionale interruzione del flusso familiare di vita. Naturalmente lei voleva indietro la propria vita, eppure si noti come il beneficio dell’essere improvvisamente trasportati in luoghi sconosciuti stia nell’urgente opportunità di riorientarci, imparare, risorgere e persino trasformarci.»
Inizia così l’intervento al TEDxLincoln della Dott.ssa Sarah Sawin Thomas, Assistant Professor di Practice in Secondary English Education presso l’Università del Nebraska di Lincoln.
Il vocabolario Treccani definisce:
«Liminale - agg. [dall’ingl. liminal (der. del lat. limen -minis “soglia”), attrav. il fr. liminal]. In psicologia e fisiologia, di fatto o fenomeno che è al livello della soglia della coscienza e della percezione (è, per certi aspetti, sinon. di liminare).»
Il tema del limen, della soglia, è stato ampiamente dibattuto e studiato in diversi campi, in primis nella psicologia e nell’antropologia. Kurt Lewin, pionere della psicologia sociale e sostenitore della psicologia della Gestalt, estese l’attenzione dei processi percettivi fino ai processi sociali e di gruppo attraverso la Teoria del Campo, sintetizzabile nella formula C=f(P,A): il comportamento (C) è comprensibile e prevedibile solo se la personalità (P) e l’ambiente (A) vengono considerati come un unico elemento. Lewin presentò un modello di gestione del cambiamento basato sulla sequenza “unfreeze, change, refreeze”, un processo che permette all’individuo di adattarsi a nuove condizioni e raggiungere un equilibrio organizzativo: nella fase iniziale avviene una destabilizzazione di norme, abitudini e strutture organizzative che danno modo di disporre al cambiamento; nella fase intermedia, dove avviene il cambiamento effettivo dell’organizzazione, vengono introdotte nuove idee, processi e comportamenti; nella terza e ultima fase, le nuove pratiche vengono consolidate e stabilizzate, cercando di dare al cambiamento una solidità tale da renderlo parte integrante della struttura organizzativa. Un altro modello tripartito volto al superamento di una soglia simbolica riguarda i riti di passaggio analizzati da Arnold Van Gennep, tra i più noti studiosi di antropologia del Novecento e padre dell’analisi processuale formale. Van Gennep divise il rituale in tre passaggi fondamentali: “separazione, margine o limen, riaggregazione o reincorporazione”. Nella fase iniziale il soggetto – un singolo o un gruppo – viene rimosso da uno “stato”, dovuto da un insieme di condizioni culturali e/o da un punto prestabilito della struttura sociale. Nella fase intermedia, liminale per eccellenza, il soggetto – o “passeggero” – si ritrova in uno stato di transizione,
Per noi che viviamo o lavoriamo a Pescara o per lo meno lungo la costa adriatica, il Mare Adriatico è sicuramente il protagonista di un grande contesto geografico rappresentato dalla Macro Regione Adriatico-Ionica-Balcanica, uno spazio fluido capace di integrare culture, storie e saperi che si sono sviluppati su entrambe le sponde del suo bacino. Attualmente, il carattere cosmopolita e culturalmente diversificato dell’intera regione necessita di un luogo identitario, un luogo di nuova centralità, che sia sicuramente esterno agli Stati limitrofi che hanno le loro storie e proprie identità. Uno spazio neutro che possa incentivare nuove ed inaspettate relazioni tra l’Europa e i Balcani, «uno spazio-movimento», ovvero un unico sistema connettivo composto da «pianure liquide comunicanti» (Braudel 1987).
All’interno di queste riflessioni e malgrado i conflitti che sono emersi in questi ultimi mesi nell’Est Europa e in Medio Oriente, emerge la possibilità di interpretare l’Adriatico come uno Smart Sea, ovvero uno spazio condiviso che si basi sulla demografia cosmopolita che popola le sue sponde, che possa considerare i confini come linee porose che permettano prolifiche contaminazioni e che possa incentivare nuove connessioni fisiche e virtuali tra le città e le loro istituzioni. Quindi uno spazio inclusivo, attrattivo e competitivo, uno spazio assolutamente smart.
L’Adriatico come Smart Sea.
ISBN 978-88-6242-939-9 € 18
www.letteraventidue.com