Housing is back in town

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Il ritorno della densità L’abitazione è probabilmente la questione che ha maggiormente caratterizzato l’architettura dell’ultimo secolo. Nella sua versione unifamiliare ha fornito ai protagonisti del moderno un terreno di sperimentazione estetica che si è popolato nel tempo delle villemanifesto riportate in tutte le storie dell’arte. Ma è la residenza collettiva, genere completamente reinventato nel Novecento, a costituirne il nucleo più originale e rappresentativo. Spinta all’interno della riflessione disciplinare dai drammatici fenomeni dell’incremento demografico e dell’inurbamento delle masse rurali, la soluzione quantitativa e concentrata dell’abitazione attrae enormi energie intellettuali, economiche e realizzative. Una impresa costellata da successi e fallimenti, parzialmente marginalizzata dall’inversione delle dinamiche di crescita delle popolazioni nelle città dei paesi affluenti (e dal riflusso privatista degli anni ottanta) e che i bisogni delle persone riportano oggi al centro delle esperienze progettuali più avanzate. La ricerca di sistemi abitativi più densi e condivisi rappresenta infatti una risposta ineludibile alla domanda pressante di alloggi a basso costo, di un uso più razionale dei suoli, di stili di vita sostenibili, di accoglienza e integrazione dei migranti (e di condizioni abitative decenti nei luoghi dai quali provengono). Domanda che la crisi economica sta ulteriormente alimentando.

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Si tratta di una questione tutt’altro che risolta e, in termini generali, intrinsecamente irrisolvibile. La coperta del progetto della residenza collettiva è infatti irrimediabilmente corta, tirata da una parte o dall’altra dai conflitti socioeconomici e dalla complessità delle problematiche coinvolte, tanto che né le utopie del controllo verticale di forme e comportamenti, a suo tempo portate avanti dalla cultura architettonica, né la presunta autoregolazione mercatista del laissez-faire hanno saputo dare risposte universalmente applicabili, limitando gli esiti positivi all’interpretazione di specifici contesti spazio-temporali e tra i più attivi negli ultimi anni di processi localmente determila rivista “A+T”, sia nei periodici: _“A+T”, n. 19, 2002, Density/Densidad nati, spesso al di là delle stesse I, a cura di Javier Mozas. intenzioni progettuali. Il carat_“A+T”, n. 20, 2002, Density/Densidad II, a cura di Atelier Kempe Thill. tere collettivo legato al progetto _“A+T”, n. 21, 2003, Density/Densidad dell’abitazione densa introduce III, a cura di Javier Mozas. una componente negoziale che _“A+T”, n. 22, 2003, Density/Densidad IV, a cura di Xavier González. mette ogni volta in discussione che nei volumi, impostati su dati le sicurezze disciplinari e le proquantitativi riguardanti densità: _Aurora Fernández Per, Javier Mozas, cedure consolidate, facendo delJavier Arpa, Dbook. Density, Data, la residenza uno dei campi speDiagrams, Dwellings, a+t, 2007. _ Aurora Fernández Per, Javier Mozas, rimentali per eccellenza del proJavier Arpa, HoCo. Density Housing getto di architettura e delle sue Construction & Costs, a+t, 2009. o costi: metodologie. Anche per questo, __Aurora Fernández Per, Javier Arpa, è difficile solo pensare a una teoNext. Collective Housing in Progress, a+t, 2010. ria generale dell’housing. I saggi che affrontano questa tematica possono ricostruire vicende storiche, seguire punti di vista ideologici e agire come manifesti che sostengono

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determinate direzioni di ricerca o, più diffusamente, affidarsi all’analisi comparata di esempi significativi, nel tentativo di cogliere la tensione fra le singole pressioni locali, le narrative progettuali che sviluppano e alcuni fondamentali parametri quantitativi. Un approccio, quest’ultimo, che ha assistito alla recente pubblicazione di numerosi contributi, grazie anche alla ripresa di iniziative in questo campo e al moltiplicarsi di progetti e realizzazioni interessanti. Questo piccolo libro intende fornire un dispositivo di orientamento, una sorta di guida per muoversi più agevolmente in questa materia così complessa e tra i numerosi apporti che provano a descriverla. Vengono così rapidamente affrontate le contraddizioni intrinseche alla questione abitativa, una rassegna delle vicende che hanno segnato il suo evolversi e i maggiori obiettivi sperimentali che si pongono al progetto della residenza oggi, il tutto accompagnato da alcuni suggerimenti bibliografici.

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Certosa del Galluzzo, Firenze, 1346; 43°43’53”N 11°13’17”E. Fuggerei, Augsburg, 1521; 48°22’08”N 10°54’15”E.

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Alcuni paradossi Costruire case è una delle attività maggiormente radicate nelle necessità e nella cultura dell’uomo, almeno da quando i nostri antenati si sono inventati l’agricoltura e sono diventati stanziali. Proprio per questo è uno dei temi più difficili per gli architetti. Il nostro sapere disciplinare è infatti nato per tutt’altri scopi: per realizzare spazi e oggetti legati all’esercizio e alla rappresentazione del potere (militare, politico, religioso...), per dare senso con la trasformazione ambientale a esperienze trascendenti (soprattutto alla morte e alla sua memoria), per organizzare specificamente legati al pensiero di nello spazio pubblico e privato Muratori in rapporto alla residenza la proiezione simbolica e iden- collettiva sono i volumi di: _Gianfranco Caniggia, Gian Luigi titaria della collettività o di po- Maffei, Composizione architettonica e chi, fortunati individui. Si può tipologia ediliza. 1. Lettura dell’edilizia Base, Marsilio, 1979. quindi affermare, usando la ter- di_Gianfranco Caniggia, Gian Luigi minologia introdotta da Save- Maffei, Composizione architettonica tipologia ediliza. 2. Il progetto rio Muratori e dalla sua scuola, enell’edilizia di Base, Marsilio, 1984. che fino a non molto tempo fa gli architetti si occupavano esclusivamente di “edilizia speciale”: tombe e templi, palazzi e fortezze, piazze e fontane, giardini e ville. Di queste opere eccezionali, anche molto antiche, conosciamo spesso gli artefici e, a volte, si sono conservati i disegni. L’“edilizia di base”, fatta delle abitazioni anonime (appunto) e delle piccole botteghe che costituivano i tessuti connettivi delle

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Michiel Brinkman, Spangen, Rotterdam, 1919-21; 51°54’57”N 4°25’51”E. Johannes Jacobus Pieter Oud, Kiefhoek, Rotterdam, 1924; 51°53’39”N 4°30’24”E.

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Un po’ di storia Fino alla rivoluzione industriale i casi in qualche modo assimilabili al tema della residenza collettiva sono sporadici e dedicati a categorie del tutto particolari: i conventi (come la certosa di Ema, 1341-95, che tanto ha affascinato Le Corbusier), gli “alberghi dei poveri” (ad esempio quello gigantesco di Ferdinando Fuga a Napoli, 1751) e altri interventi caritatevoli (tra i più noti le case costruite dai banchieri Fugger ad Augsburg, 1516-23, e le corti olandesi, delle quali il Begijnhof ad Amsterdam è uno dei primi esempi). L’autonomia e l’isolamento che contraddistingue queste esperienze continua a manifestarsi nelle prime proposte che nell’Ottocento rispondono ai fenomeni collegati allo sviluppo tecnologico e produttivo della rivoluzione industriale. Le company town realizzate da imprenditori illuminati per i propri lavoratori (Saltaire, 1853; Akroydon, 1859; Port Sunlight, 1888...) cominciano a estendere su scala più ampia l’idea dell’insieme resi- una carrellata, molto illustrata, che ripercorre gli elementi fondamentali del denziale di progettazione uni- fenomeno urbano dalle sue origini: taria. Si tratta spesso di villaggi _Leonardo Benevolo, Storia della città, Laterza, 1975. composti di case singole, dop- sulle condizioni abitative operaie a pie o a schiera, il cui modello metà dell’Ottocento vedi l’inchiesta di: _Friedrich Engels, Die Lage der abitativo a densità relativamen- arbeitenden Klasse in England. Nach te bassa troverà una sistematiz- eigner Anschauung und authentischen Quellen, Otto Wigand, 1845. zazione teorica nell’idea di cit-

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Bruno Taut, Martin Wagner, Hufeisen, Berlin, 1925-33; 52°26’51”N 13°26’55”O.

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tà giardino proposta a cavallo del secolo da Ebenezer Howard. Solo raramente, e dove al miglioramento delle condizioni abitative si aggiungono nuovi modelli di relazioni sociali derivati dalle idee dei socialisti utopisti (New Lanark, 1786; il Familisterio di Guisa, 1858...), si cerca una maggiore compattezza, concentrando persone e servizi in grandi edifici. La questione dell’abitazione collettiva dovrà tuttavia aspettare la fine della prima guerra mondiale per assumere sul movimento della città giardino, oltre al seminale: una vera centralità. La forte do- _Ebenezer Howard, Garden Cities of manda di alloggi a basso costo Tomorrow, London 1902 (1898). anche, per l’approccio spinge le città delle maggiori vedi architettonico che lo sosteneva: nazioni europee a intraprende- _Raymond Unwin, Town Planning in An Introduction to the Art of re vasti programmi di edilizia Practice. Designing Cities and Suburbs, popolare. L’Olanda, risparmiata T. Fisher Unwin, 1909. Paesi Bassi: dal conflitto, si propone come sui _Donald I. Grinberg, Housing in the terreno di sperimentazione, dap- Netherlands 1900-1940, University Press, 1977. prima con la “scuola di Amster- Delft _Maristella Casciato, La scuola di dam” (il cui approccio privilegia Amsterdam, Zanichelli, 1987. il decoro urbano e il disegno dei prospetti), poi con molte realizzazioni legate alla ricerca della densità attraverso differenti altezze e tipologie, portata avanti da progettisti come Brinkman, Duiker e soprattutto J.J.P. Oud. In Germania si realizzano quartieri in genere meno concentrati, con standard abitativi e di verde più generosi di quelli olandesi (la disponibilità di orti costituiva una risorsa fondamentale per integrare il reddito delle famiglie) e, a volte, di dimensioni particolarmente vaste. Oltre all’apporto teorico

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Frans Ottenhof con Inbo (A.C. Kromhout, J. Groet, K. Geerts), Bijlmermeer, Amsterdam, 1966-82; 52°19’10”N 4°57’57”E.

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Processi recenti Nazioni previdenti come l’Olanda - paese che si è dotato per primo di una legge urbanistica - hanno sempre prestato una forte attenzione al loro sviluppo abitativo, promuovendo da un secolo a questa parte una consistente politica residenziale pubblica. Anche nel momento attuale, caratterizzato da un generale rallentamento della crescita demografica, la tensione al continuo incremento del patrimonio abitativo non è venuta meno. Anzi, di fronte alla necessità di rispondere ai fenomeni in atto al piano Vinex: (immigrazione, nuove famiglie, riguardo _Jeroen Mensink, Jelte Boeijenga, nuclei familiari sempre più ri- Vinex Atlas, 010, 2008. un confronto tra Olanda e Gran stretti, anziani...) è stato varato per Bretagna nelle politiche abitative: un piano nazionale, identificato _Matthew Cousins, Design Quality New Housing. Learning from the dalla sigla Vinex, che ha inne- inNetherlands, Taylor & Francis, 2008. scato nel periodo 1995-2010 la realizzazione di 635.000 nuove abitazioni, in grado di ospitare una popolazione pari a circa il 10% dell’intero paese. Una operazione non priva di ombre: la compattezza del tessuto edilizio olandese è stata infatti intaccata dalla diffusione di più appetibili e meno efficienti tipologie a bassa densità; la massiccia partecipazione dei privati nello sviluppo dei nuovi interventi ha diminuito la quota di proprietà pubblica dello stock abitativo olandese a circa il 30%; e anche lo spazio collettivo ha subito un analogo processo di riduzione e

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