NUOVI PAESAGGI POSTINDUSTRIALI PER BAGNOLI TRA DIDATTICA, RICERCA, TERZA MISSIONE
INDICE
Michelangelo Russo PRESENTAZIONE
Un futuro possibile per Bagnoli
Nicola Flora PRESENTAZIONE
Paesaggio versus Natura
INTRODUZIONE
Bagnoli Jungle. Un progetto tra didattica, ricerca, terza missione
SUL PROGETTO DI PAESAGGIO NELL’ERA POSTINDUSTRIALE
ATLANTE FOTOGRAFICO
Il parco che già c’è!
BAGNOLI:
18 VISIONI PER L’EX-ITALSIDER A BAGNOLI
CONTRIBUTI
Daniela Colafranceschi
Bagnoli, corsi e percorsi di paesaggio
Antonio di Gennaro
Un piccolo grande libro
Giovanni Multari
Il Progetto di Paesaggio come “opera aperta”
Osservatorio Popolare Bagnoli
Parco, spiaggia, mare e clausole sociali: per una Bagnoli Popolare
INTRODUZIONE
Bagnoli Jungle. Un progetto tra didattica, ricerca, terza missione
L’Architettura del Paesaggio è una disciplina introdotta in Italia nei Corsi di Laurea in Architettura solo negli anni Novanta del Novecento ad integrazione di Arte dei Giardini, l’insegnamento che fin dall’esordio delle scuole di architettura perpetua la grande tradizione del giardino classico all’italiana. Così la figura dell’Architetto Paesaggista ha in Italia una storia recente, introdotta e definita nei suoi contenuti professionali e scientifici alla metà del Novecento, grazie anche e soprattutto al contributo culturale e progettuale di Pietro Porcinai1, grande paesaggista fiorentino di fama internazionale che, oltre a condurre una intensa e ricca attività progettuale e professionale, è tra i fondatori dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio2. Nel mondo anglosassone la figura del Landscape Architect è più che consolidata fin dalla fine del XIX secolo, grazie, tra l’altro, alla figura di Frederick Law Olmsted3 ed alla istituzione, fin dai primi anni del Novecento, del prestigioso Department of Landscape Architecture dell’Università di Harvard4.
Così anche il concetto di paesaggio, pur essendo considerato polisemico e aperto a plurimi significati5, in tempi recenti è stato oggetto di una radicale reinterpretazione. Superando una convenzionale definizione incentrata nel prevalente carattere estetico-percettivo dedicata esclusivamente ai luoghi di valenza eccezionale, oggi, paesaggio è inteso come categoria interpretativa/operativa in grado di decifrare i complessi territori della contemporaneità. Le più attuali ricerche teoriche e applicate nel campo dell’Architettura del Paesaggio, nel panorama internazionale, propongono un approccio alla trasformazione dell’habitat umano contemporaneo incentrato nel rinnovato rapporto tra le attività antropiche e gli elementi naturali (animali, vegetali, minerali, acqua, vento, luce, suolo); nello studio e nell’interpretazione di aspetti comportamentali e sociali delle comunità di abitanti (anche con
Disegno di Veronica Infante e Alfonsina Nardiello.
L’architettura del paesaggio più avanguardista si è trasformata in uno strumento terapeutico, ripara gli innumerevoli danni presenti in ambito urbano, i luoghi abbandonati e di utilizzo indefinito, inventando nuovi spazi più consoni alla vita all’insegna del declino industriale.
Michael Jakob, Il paesaggio.
All’esordio del nuovo millennio il concetto di paesaggio è stato oggetto di una radicale reinterpretazione; da categoria elitaria con un prevalente carattere estetico-percettivo dedicata esclusivamente alla descrizione o contemplazione di luoghi di straordinaria bellezza o valenza eccezionale da tutelare e proteggere, è oggi intesa come categoria interpretativa/operativa in grado di decifrare la complessa interrelazione tra caratteri eterogenei – naturali, sociali, produttivi, ecologici, ambientali – dei territori della contemporaneità.
Il campo di applicazione dell’Architettura del Paesaggio, oltre alla tradizionale progettazione di spazi con prevalenti caratteri naturali o rurali, oggi, è esteso anche e soprattutto a quella vasta gamma di luoghi della quotidianità degradati, dimenticati o abbandonati. Un contributo essenziale in questa evoluzione concettuale è stato dato dalla Convenzione europea del paesaggio, documento del Consiglio d’Europa presentato a Firenze nell’ottobre del 2000 e negli anni successivi ratificato da tutti i paesi membri della Comunità Europea. La Convenzione è l’esito di un lungo e approfondito processo di studio, condotto da un gruppo di esperti del Consiglio d’Europa, che ha avuto inizio nei primi anni Novanta del Novecento e, dopo un decennio di approfondimento, è approdata alla stesura finale che accoglie e sintetizza i contributi più originali e innovativi del dibattito internazionale sul significato di paesaggio in chiave contemporanea. Così come espresso dalla CEP paesaggio è una entità in continua evoluzione, comprende non solo i luoghi di straordinaria qualità, riconosciuti tali dalle interpretazioni convenzionali, ma anche i luoghi della quotidianità e, persino, quelli del degrado. Paesaggio può essere, quindi, oggetto di tutela e protezione nei casi in cui gli venga attribuito un evidente valore di eccezionalità; di governo e gestione, laddove ci siano forme consolidate di attività antropiche; di totale riscrittura, risignificazione e rigenerazione nelle condizioni di degrado o abbandono. In tutti i casi, la comunità di abitanti è chiamata a svolgere un ruolo centrale, sia nei processi interpretativi, sia in quelli trasformativi del paesaggio in cui vive.
A partire dai primi anni Duemila i contenuti innovativi della Convenzione hanno stimolato, anche in Italia, l’avvio di una sperimentazione teorica e applicata incentrata nelle diverse declinazioni del progetto di paesaggio. Fra i possibili nuovi campi di azione derivanti da una estensione della nozione di paesaggio, dai luoghi di eccellenza a quelli del degrado, l’attenzione si concentra, oggi, soprattutto su quella vasta gamma di paesaggi della contemporaneità considerati dello scarto, dell’abbandono, del rifiuto. Si tratta di “paesaggi latenti” in attesa di essere scoperti, interpretati e riavviati a nuovo ciclo di vita, paesaggi che costituiscono un patrimonio inespresso di risorse
Plastico di Simone Cappa, Samuela Giordano, Sara Pavlidi.
Imminente futuro
Gruppo 5
Martina Auricchio
Giulia Cavaliere
Giulia D’Avino
La previsione di tempi lunghi per la totale bonifica dei suoli dell’exItalsider ci suggerisce un approccio che ipotizzi la riapertura della zona nell’imminente futuro. Attraverso i nostri sopralluoghi abbiamo notato una grande affluenza di visitatori al Pontile Nord, anche di persone appartenenti ad altre municipalità, e abbiamo dunque pensato di estendere questo percorso all’interno dell’area di intervento ramificandolo e collegandolo alla Città della Scienza e alla Porta del Parco confermata come ingresso principale. Questa prima azione di accesso all’area va attuata in concomitanza alla piantumazione di vegetazione di sacrificio che innesca il processo di fitorisanamento del suolo dagli elementi inquinanti presenti.
La nostra idea è di disporre delle isole di vegetazione selezionata per bonificare il suolo. Abbiamo attuato un approccio che reinterpreta, in chiave contemporanea, lo stile pittoresco. Le isole e i percorsi a terra garantiscono una fruizione libera ma ben delineata per i visitatori del parco, in modo da restituire la piena appartenenza del sito ai cittadini. L’esplosione di colori non è casuale, ad ogni colore corrisponde un arbusto che agisce su uno specifico inquinante. Dal punto di vista figurativo, le forme delle isole fanno riferimento alle opere di Calder e Kielser. Dopo 5 anni con l’aiuto della vegetazione avremmo la possibilità di effettuare passeggiate anche su percorsi che
verranno realizzati direttamente sul suolo e non più sopraelevati nelle passerelle. Dopo 10-15 anni vedremo la realizzazione di diversi spazi per la comunità: spazi gioco per i bambini, spazi per lo studio, spazi per l’attività fisica e il relax in un’area che consente la permanenza per diverse ore anche se i suoli non sono del tutto bonificati, per poi arrivare ad una situazione in cui sarà concessa la permanenza per lunghi periodi di tempo senza controindicazioni. Abbiamo deciso di mantenere alcune delle architetture industriali ancora oggi presenti poiché hanno comunque una certa importanza storica che non va ignorata, tra l’altro la loro dismissione sarebbe dispendiosa e soprattutto potrebbe provocare nuovi danni ambientali. Nelle visioni di progetto che abbiamo realizzato è rappresentato un futuro che vede l’area completamente bonificata, alcune delle architetture conservate sono l’acciaieria e l’acquario che potrebbero essere riaperte proprio come attrazione per turisti e scolaresche ma soprattutto per curare le tartarughe che fanno parte della fauna marina. Nella nostra idea di progetto per Bagnoli c’è anche quella di ripristinare la linea di costa che c’era in passato prima della formazione della colmata. In questo caso riteniamo sia necessario un intervento incisivo di bonifica della colmata con la messa in sicurezza dell’intera area.
Nuovi paesaggi postindustriali per Bagnoli tra didattica, ricerca, terza missione
Paesaggi liquidi
Gruppo 14
Annachiara Rosanna Bagnato
Maria José Perez Martinez
Originariamente zona agricola e poi sede dell’Italsider, Bagnoli è oggi uno delle più discusse aree urbane libere, ma in attesa di bonifica, della Città Metropolitana di Napoli. Nonostante le sue enormi potenzialità, per l’ex-Italsider di Bagnoli ancora non è imminente la realizzazione di un grande parco pubblico urbano. Il nostro progetto è partito da quella che è l’analisi del territorio dell’intera area di Bagnoli, con un approfondimento particolare sui percorsi esistenti e sulla presenza dell’acqua nell’ex area industriale. Partendo, quindi, da una ridefinizione della viabilità, suggerita dai tracciati preesistenti, e dalla necessità di recuperare il rapporto con il mare, abbiamo definito dei nuovi ambiti di progetto che si concretizzino in nuove aree naturalistiche. Ci siamo soffermate soprattutto sul tema dell’acqua, presente ancora oggi nelle vasche artificiali utilizzate per il raffreddamento durante i processi industriali, e nella falda acquifera che in passato era utilizzata come acqua termale, e che ancora oggi si trova a poca profondità; inoltre abbiamo notato anche la presenza di un canale d’acqua proprio all’interno dell’area di studio. Bagnoli deve il suo nome proprio alla presenza dell’acqua, sia del mare sia delle sorgenti, che in passato erano utilizzate per, appunto, bagnarsi, attività oggi negata dalle trasformazioni del recente passato industriale. L’idea centrale della
nostra proposta progettuale è quindi quella di far “straripare” l’acqua dalle vasche preesistenti, creando un allagamento dell’intera area ex industriale. Dall’inondazione di acqua prevediamo che si definiranno delle isole naturali e vegetate, il cui disegno è dettato dai percorsi preesistenti all’interno dell’area, e dove abbiamo voluto mantenere alcune delle infrastrutture industriali ancora oggi non demolite. Tema importante nel nostro progetto è quindi lo specchio d’acqua che si viene a creare a partire da quella già esistente all’interno dell’area. Così i visitatori, nell’accedere dagli ingressi del parco, sono accolti da queste isole collegate tra loro tramite dei ponti. Il sistema di isole e di ponti favorisce la creazione di un luogo di condivisione, passaggio e incontro, per chi transita e per chi sceglie di fermarsi.
Nuovi paesaggi postindustriali per Bagnoli tra didattica, ricerca, terza missione
18 VISIONI PER L’EX-ITALSIDER A BAGNOLI
Boscaglia sempreverde
Gruppo 17
Federica Mazzarella
Maria Francesca Amodio
Un lungo muro perimetrale separa l’area dell’ex-Italsider dalla città. Prima il muro serviva per proteggere il lavoro della fabbrica, poi quel muro divenne il confine dell’area da bonificare per liberare terre e acque dai veleni dell’industria. Alla fine, quello stesso muro è diventato un sigillo per l’area, che è stata poi sottoposta a sequestro da parte della magistratura. Nel nostro progetto i percorsi all’interno della area d’intervento hanno un andamento irregolare, il collegamento con la città avviene da vari accessi lungo il muro. Un ingresso da via Diocleziano collega l’area al quartiere di Fuorigrotta, mentre da via Coroglio abbiamo un doppio collegamento sia con Bagnoli sia verso la collina di Posillipo; il collegamento con la spiaggia e il mare avviene tramite i pontili. Le diverse architetture industriali dismesse, volutamente mantenute come elementi di testimonianza storica, grazie a interventi di bonifica realizzati nel tempo, oggi possono essere considerate opere di Archeologia Industriale, queste sono: la Torre di spegnimento, L’Altoforno Ilva, la Ciminiera, l’Officina Meccanica, L’Acciaieria, La Centrale Termica, la Centralina Telex, l’Impianto di trattamento acqua-treno. All’interno dell’ex-Italsider e nelle aree circostanti vi è anche una vegetazione spontanea che definisce un complesso sistema di “boscaglia sempreverde” costituito da arbusti
come mirto, lentisco, corbezzolo, leccio, alloro e piante erbacee e lianose come la salsapariglia, il caprifoglio mediterraneo, il vilucchio, l’asparago spinoso, la poligala comune e l’euforbia. Le più diffuse specie arboree sono il pino marittimo, pino d’Aleppo, il carpino nero, l’ontano, la roverella e il leccio, questi ultimi spesso sono presenti anche in forma arbustiva. Nell’area di intervento vi è una presenza d’acqua sia a livello superficiale che profondo. Abbiamo individuato la presenza di alcuni bacini artificiali utilizzati durante il periodo industriale. Inoltre, è fondamentale ricordare che Bagnoli nasce come zona termale. Per quel che concerne l’analisi della fauna, abbiamo individuato diverse specie: in prossimità della spiaggia vi sono crostacei, in mare una ricca varietà di molluschi e pesci; all’interno dell’area, spesso con nido all’interno delle archeologie industriali, rapaci diurni come il falco pellegrino, gheppio, poiana e falco pecchiaiolo e rapaci notturni come civetta, allocco e barbagianni; ancora mammiferi: volpi, donnole, ricci, talpe, toporagni, ghiri, moscardini, topi selvatici. Il progetto cerca quindi di mantenere inalterate le qualità naturali con interventi minimi di ridefinizione dei percorsi e nuove piantumazioni con le stesse specie vegetali esistenti.
Nuovi paesaggi postindustriali per Bagnoli tra didattica, ricerca, terza missione
18 VISIONI PER L’EX-ITALSIDER
Giovanni Multari
Il Progetto di Paesaggio come “opera aperta”
Più di altri luoghi le aree industriali dismesse appaiono sospese in una condizione tra passato e presente, tra la perdita di valori e l’immenso potenziale che questi luoghi offrono alla città contemporanea. La storia della città è strettamente legata al tema della produzione e della deindustrializzazione che, negli ultimi decenni, ha portato alla dismissione o alla riduzione d’uso di interi comparti urbani e periurbani. La città della post-produzione è ora un elemento di progetto, non più un vuoto, quanto una tra quelle risorse di immediata disponibilità in grado di attivare non solo processi riorganizzativi-funzionali del territorio, ma anche sviluppo sociale ed economico delle nostre città. Si tratta di «[...] aree che più che testimoniare un passato, dicono di “un futuro che gli eventi hanno scartato”»1. In questa condizione di sospensione si cela un’opportunità significativa per i processi di rigenerazione.
Le aree industriali dismesse costituiscono, infatti, il contesto materiale predominante per i principali interventi di trasformazione urbana e territoriale. Questi luoghi, ancora oggi carichi di significato e ancorati nella memoria collettiva, mantengono un forte legame tra comunità e strutture fisiche, collocandosi tra il “non è più” e il “non è ancora”. Il rapporto tra progetto e tempo è una chiave interpretativa fondamentale per affrontare il tema del recupero della memoria produttiva e il progetto di rigenerazione di queste aree non può che partire dal riconoscimento dell’identità intrinseca di questi spazi considerando le loro caratteristiche storiche, culturali e sociali.
L’esperienza di ricerca e didattica condotta nell’ambito del Laboratorio di Paesaggio diretto da Vincenzo Gioffrè, descritta in questo volume, rappresenta un’importante opportunità per esplorare il significato del progetto nelle attuali condizioni urbane e per esaminare il ruolo che gli spazi pubblici possono giocare nella vita delle comunità che li abitano. L’approccio didattico pone la conoscenza come fondamentale punto di partenza, orientato verso la costruzione di una strategia progettuale che reinterpreta l’esistente e il suo paesaggio. La metodologia adottata esplora la possibilità di interpretare l’esistente
come materiale potenzialmente strutturante per il progetto di ri-significazione di queste aree, introducendo strategie replicabili in contesti simili. L’area ex-Italsider rappresenta un esempio significativo della cultura materiale e immateriale in quanto, essendo il punto d’incontro tra natura, economia, cultura e ambiente costruito, richiede un approccio basato su una comprensione profonda, essenziale per preservarne l’integrità sia dei valori tangibili che di quelli intangibili. In questo contesto, è cruciale non solo recuperare il valore storico e industriale dell’area, ma anche stabilire un equilibrio sostenibile con il patrimonio naturale. Per implementare questo approccio, è fondamentale adottare una visione di paesaggi in transizione. Questo implica non solo la rigenerazione delle aree preesistenti, ma anche il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali e la massimizzazione della fruibilità degli spazi nel corso del tempo. Nella ricerca qui presentata, il progetto per l’area ex-Italsider è concepito come un paesaggio in costante evoluzione. L’approccio non si limita a configurazioni definitive ma si apre a scenari mutevoli e transitori, progettati per accogliere nel tempo nuove integrazioni e adattamenti. Questa flessibilità è cruciale per rispondere alle esigenze future dell’area, mantenendo al contempo la sua identità e i suoi valori storici e culturali. Bagnoli, con il suo processo di trasformazione in corso e il naturale incremento di biodiversità attraverso la rinaturalizzazione spontanea, rappresenta un esempio eloquente di come le risorse naturali possano essere valorizzate e integrate nel contesto urbano contemporaneo. Questa visione non solo promuove la sostenibilità ambientale, ma contribuisce alla qualità della vita delle comunità locali e all’attrattività complessiva dell’area. Questo lavoro rappresenta anche una testimonianza concreta del rapporto indispensabile tra Università e Territorio. Integrando didattica, ricerca e terza missione, il progetto promuove un comune sviluppo in cui l’istruzione diventa centrale. Pertanto, l’obiettivo principale di un lavoro come quello del Laboratorio sull’Architettura del Paesaggio è senza dubbio la formulazione di “visioni possibili”, a partire da un “academic social responsability”, che ricerca soluzioni sinergiche ed inclusive. Gli studenti, attraverso una ricerca orientata per livelli tematici, ricompongono il carattere specifico del luogo, promuovendo una critica del pensiero che informa la strategia progettuale. Quest’ultima non solo mira a restituire riconoscibilità all’area, ma anche a ridefinire i ruoli delle sue parti, stimolando la tensione tra elementi esistenti e innovando le loro connessioni. I progetti elaborati esplicitano modalità differenti di trasformazione, configurandosi quali «opere aperte, che vengono portate a termine dall’interprete nello stesso momento in cui le fruisce»2. È un processo consapevole dell’ambiente costruito, dei suoi tempi e degli effetti della trasformazione.
Note
1 Secchi B., Un problema urbano: l’occasione dei vuoti , in “Casabella”, n. 503, giugno 1984, p. 20.
2 Eco U. (1962), Opera aperta: forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Bompiani, Milano, p. 33.
RIGENERARE
Nuovi paesaggi postindustriali per Bagnoli tra didattica, ricerca, terza missione
Le storie e le qualità di siti industriali abbandonati vengono rigenerate in “Nuovi Paesaggi”. Interpretando i principi di coevoluzione e coesistenza tra viventi, una inedita comunità di residenti e di visitatori riscopre le tracce di un trascorso passato e la rivelazione di un possibile futuro imminente.