L’ITINERARIO FUTURISTA DI UBERTO BONETTI
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GLI ANNI TRENTA IN ITALIA
11
Premessa
27 28
Il Palazzo della Civiltà Italiana e il quartiere E42 di Roma
30
L’edificio del Lingotto di Torino
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La Torre Littoria di Varese
34
La stazione ferroviaria di Reggio Emilia
36
La Torre Mussolini e la Piazza della Vittoria di Brescia
38
La colonia Fiat di Marina di Massa
40
Orbetello e le crociere transatlantiche di Italo Balbo
42
La Casa del Balilla di Piacenza
44
L’autostrada Firenze-Mare
46
Il Palazzo delle Poste dell’Abetone
48
Mussolinia e le città di fondazione in Sardegna
50
L’edificio della Gioventù Italiana del Littorio di Reggio Emilia
52
Il Ponte Mussolini e le opere di bonifica della Piana di Grosseto
54
La stazione ferroviaria di Bolzano
56
L’edificio della Gioventù Italiana del Littorio di Firenze
INDICE
L’ARCHITETTURA DEGLI ANNI TRENTA IN ITALIA
L’ESPERIENZA FUTURISTA DI UBERTO BONETTI
59 61
Aerovedute futuriste
97
Il futurismo e la pubblicità
103
Il manifesto tra arte e propaganda
117
Marinetti e i futuristi a Viareggio e in Versilia
NOTA BIOGRAFICA
128
BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA
130
UBERT BONETT A FELICITÀ
NTUSIASMO VIATORIO
L’ITINERARIO FUTURISTA DI
ELL’ESPRESSIONE EL VOLO
XX
EL VOLO
O A
Premessa
L’ITINERARIO FUTURISTA DI UBERTO BONETTI
L’ aspetto
sorprendente dal quale questa pubblicazione trae origine e ispirazione è l’esistenza di uno dei più vasti e sconosciuti programmi artistici realizzati in Italia nel corso del XX secolo. Un viaggio intrapreso dal giovane viareggino Uberto Bonetti, protagonista della seconda ondata futurista diffusasi nel nostro paese al principio degli anni Trenta che ripercorre, attraverso un itinerario sviluppato con la tecnica dell’aeropittura, molte città del Bel Paese, con le piazze, i monumenti, le architetture, ma anche i costumi di un’epoca, producendo quello che a tutti gli effetti può essere ritenuto un grande manifesto nazionale, che per mezzo delle rappresentazioni sintetiche delle città – da quelle minori alle più importanti – ancor oggi è oggetto di studio come parte del movimento futurista.
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ARCHITETTUR
ETTURA ‘30
DIFICI UNZIONALI
VIA L’ITALIANA
BERTO
0
L’ARCHITETTURA DEGLI ANNI TRENTA IN ITALIA
N
el periodo compreso tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, confronti e dibattiti tra i maggiori esponenti in campo architettonico, unitamente alle occasioni offerte dalle commesse pubbliche, fanno si che lo sviluppo delle ricerche e delle sperimentazioni architettoniche subiscano un’accelerazione senza precedenti. La convinzione di una possibile “via all’italiana” dell’architettura si sviluppa parallelamente alla consapevolezza che l’arte dovrà assumere una sempre più forte funzione sociale, tesa all’affermazione dei principi di modernizzazione e razionalizzazione del Paese e della società. Nascono nuove tipologie di edifici funzionali alle moderne attività sociali intraprese dal regime dichiaratamente promotore dello “svecchiamento” della cultura nazionale. Le rappresentazioni sintetiche delle città di Uberto Bonetti qui selezionate, costituiscono un nuovo punto di vista sullo straordinario periodo di sperimentazione architettonica che ha contraddistinto gli anni Trenta in Italia.
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IL PALAZZO DELLA CIVILTÀ ITALIANA E IL QUARTIERE E42 DI ROMA
Le cinque città nuove fondate nell’Agro Pontino non sono sufficienti ad esaurire il desiderio e l’ambizione del duce che, cavalcando lo sviluppo demografico incentivato dalla propaganda fascista, vuole fondare una nuova capitale imperiale, manifesto della moderna romanità promossa dal regime. “L’ambizioso progetto di creare una nuova Roma, integralmente fascista fin dalle fondamenta, nacque dall’euforia modernista dell’Italia imperiale, ed ebbe origine occasionale dalla proposta di candidare la capitale a ospitare un’esposizione universale nel 1942, per il ventennale della rivoluzione fascista. La parte italiana della mostra sarebbe stata composta da edifici monumentali permanenti, che sarebbero diventati il nucleo della nuova Roma fascista protesa verso il mare”.1 L’E42 costituisce la materializzazione della nuova modernità architettonica, l’impronta simbolica della grandiosità romana della civiltà fascista, il manifesto politico e sociale del regime celebrato dalla Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932. “Chi venendo da Roma o dal mare si affaccerà dalla via dell’Impero […] vedrà aprirsi, fra candidi marmi e travertini dorati, la città nuova, viva d’acque e di verde; una città degna di stare accanto all’antica, ma con questo in più: che essa nella sua cornice di severa e potente architettura sarà atta ad accogliere la multianime, dinamica vita d’oggi e di domani”.2 Al centro ideale dell’esposizione della città nuova è collocato uno degli edifici più rappresentativi dell'architettura italiana della fine degli anni Trenta: il Palazzo della Civiltà Italiana noto anche come “Colosseo Quadrato”, destinato ad ospitare la Mostra della Civiltà Italiana e realizzato secondo il progetto di Giovanni Guerrini, Ernesto La Padula e Mario Romano nel periodo compreso tra il 1937 e il 1940.
Bibliografia: • E. Gentile, Fascismo di pietra, Roma-Bari, Laterza, 2007. • M. Casciato, S. Poretti (a cura di), Il Palazzo della civiltà italiana. Architettura e costruzione del Colosseo quadrato, Milano, Federico Motta, 2002. • P. O. Rossi, I. Gatti, Roma. Guida all’architettura moderna 1909-1991, 2ª ed., RomaBari, Laterza, 1991.
1. E. Gentile, Fascismo di pietra, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 164. 2. V. Cini, Significato e aspetti dell’esposizione universale di Roma, in “Civiltà”, aprile 1940.
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ROMA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 32,8 x 23,6 cm Firma al centro a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 574
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L’EDIFICIO DEL LINGOTTO DI TORINO
Realizzato nell’immediato dopoguerra su progetto dell’ingegner Giacomo Mattè Trucco, il Lingotto viene inaugurato ufficialmente nel 1923 ma completato solamente due anni dopo con la costruzione delle rampe elicoidali. Bombardato a più riprese nel corso del secondo conflitto mondiale, il complesso deve il proprio nome alla zona in cui si colloca che, negli anni Venti era considerata ancora estrema periferia. Citato anche da Le Corbusier in Vers une architecture1, il fabbricato multipiano si presenta come una struttura monolitica di cemento e ferro costituita da due corpi longitudinali paralleli lunghi 507 metri e larghi, ognuno, 24 metri, collegati tra loro da cinque elementi trasversali che determinano all’interno quattro corti. Una pista automobilistica corona la sommità dell’edificio per una lunghezza complessiva di oltre mille metri, assumendo nelle curve un andamento parabolico. Le rampe elicoidali che collegano un piano all’altro, per poi sfociare nella pista sul tetto, costituiscono uno degli elementi più rappresentativi degli anni Venti in campo architettonico. In esse, la ricerca degli effetti plastici di chiara derivazione futurista, accompagna e completa la semplice tecnica costruttiva. Complesso e inedito è anche lo schema funzionale che, con il suo sviluppo verticale consente il raggruppamento in un unico edificio di tutte le fasi produttive. È con questo stabilimento, commissionato dal sen. Giovanni Agnelli, che la Fiat compie il balzo tecnologico che le consente la definitiva consacrazione da officina a fabbrica, secondo il modello inaugurato dalla catena di montaggio Ford. Originalità e razionalità strutturale, impostata come pianta libera su una maglia modulare definita dal telaio-tipo in cemento armato, illuminata da grandi vetrate, la fabbrica del Lingotto costituisce una tra le prime industrie italiane fondate sull’organizzazione scientifica del lavoro; la costruzione delle vetture, infatti, procede dal basso verso l’alto secondo un ciclo specializzato ed integrato. Bibliografia: • M. Pozzetto, La Fiat Lingotto: un’architettura torinese d’avanguardia, Torino, Centro studi piemontesi, 1975. • C. Olmo (a cura di), Il Lingotto, 1915-1939: l’architettura, l’immagine, il lavoro, Torino, Allemandi, 1994. • R. Tamborrino, M. A. Giusti, Guida all’architettura del Novecento in Piemonte (19022006), Torino, Allemandi, 2008. 1. Le Corbusier, Vers une architecture, Editions Crès, “Collection de l’Esprit Nouveau”, Paris 1923 (trad. it. Verso una architettura, Milano, Longanesi, 1973).
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TORINO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 26,5 x 36,2 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 376
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AEROVEDUTE FUTURISTE
Se
negli anni Venti il futurismo in campo artistico figurativo si può confinare essenzialmente all’elogio dell’estetica della macchina, forme pure che esaltano con contrasti cromatici e bagliori metallici il portato rivoluzionario della nuova era industriale, secondo quanto teorizzato da Ivo Pannaggi, Vinicio Paladini ed Enrico Prampolini nel manifesto L’arte meccanica (1922-1923); l’evoluzione del movimento, a partire dagli anni Trenta, converge nell’aeropittura. Il mito aviatorio e i successi dell’aeronautica italiana, ottenuti in particolare dalle trasvolate atlantiche organizzate e condotte da Italo Balbo, si traducono in un innovativo modo di esprimere la nuova dinamica realtà. Prende il via una nuova stagione futurista che conclude la fase meccanica e introduce nuove sperimentazioni frutto di un approccio simultaneo e avanguardistico capace di stravolgere le regole canoniche della prospettiva. Si è così arrivati all’aeropittura che rappresenta per i futuristi una realizzazione decisiva, una superiorità enorme su tutti gli avanguardismi del mondo, un inizio d’infinite ricerche. Possiamo sostenere con orgoglio che l’aeropittura rappresenta il principio della nuova storia dell’arte e che all’infuori di essa non è più possibile creare delle opere importanti. L’aeropittura non vuol soltanto dare sensazioni fisiche e prospettive dall’alto. Vuol dire espressione di una spiritualità originale, vuol dire altri misteri che allargano la sensibilità umana.1 L’ambito è talmente vasto che al proprio interno si vengono a delineare ben quattro tendenze, sintetizzate da Marinetti nella presentazione in catalogo alla mostra futurista di aeropittori e aeroscultori alla Quadriennale romana del 1939: 1) Un’aeropittura stratosferica cosmica biochimica. Ne è l’esponente maggiore Enrico Prampolini […] 2) Un’aeropittura essenziale mistica ascensionale simbolica. Ne fu l’esponente maggiore Fillia. […] 3) Un’aeropittura trasfiguratrice lirica spaziale. Ne sono esponenti maggiori Gerardo Dottori e Benedetta […] 4) Un’aeropittura sintetica documentaria dinamica di paesaggi e urbanismi visti dall’alto e in velocità. Ne sono esponenti maggiori Tato e Ambrosi.2 1. Fillia, Futurismo e aeropittura, in AA.VV., Aeropittura – Arte sacra – Pitture sculture futuriste, Livorno, Bottega d’Arte, 1933, pp. 3-4. 2. F.T. Marinetti, nel catalogo della III Quadriennale d’Arte, Roma, 1939.
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LUCCA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 20,0 x 30,6 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 780
SIENA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 20,4 x 30,6 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 264
PAVIA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 22,4 x 20,4 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 252
REGGIO EMILIA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 24,0 x 32,0 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 775
MANTOVA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 16,4 x 23,4 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 216 MANTOVA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 31,0 x 21,8 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 354-A
REGGIO EMILIA – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 20,4 x 29,5 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 357
TRENTO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 20,4 x 27,8 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 390
TRENTO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 30,4 x 20,0 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 387
IL FUTURISMO E LA PUBBLICITÀ
La
grafica pubblicitaria assume sin dal principio un ruolo fondamentale all’interno del movimento futurista. Seguendo l’esempio dell’ideologia industriale, Marinetti inaugura un modo nuovo di divulgare il proprio credo, orientato ad una società, quella delle macchine, che esige messaggi pubblicitari semplici, sintetici, immediati e facili da memorizzare. Marinetti aveva capito fino da allora il potere della pubblicità che doveva raggiungere fatti e persone a tutte le profondità e a tutte le altezze, nessuno escluso della compagine sociale, e riservata allora esclusivamente per le Pillole Pink, il cerotto Bertelli e la Chinina Migone, usarla per i problemi dello spirito era ritenuta dai benpensanti tale ignominia per cui nessun vocabolario possedeva una parola infamante per poterla degnamente qualificare.1 La pubblicità è un campo praticato a vari livelli dagli artisti futuristi, in primis Fortunato Depero, impegnato in numerose campagne pubblicitarie per Campari. Dalla fine degli anni Venti il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di artisti in questo settore si intensifica, divenendo un’attività costante del cosiddetto “secondo futurismo”. Nell’arco della storia futurista nel suo complesso, a una fase – che corrisponde agli anni Dieci – in cui il movimento lavora in sintonia con lo spirito della pubblicità e anche obiettivamente a favore del rinnovamento del gusto nell’ambito della grafica, segue una lunga fase – anni Venti e Trenta – in cui si sviluppa l’intervento futurista nel settore e prende corpo una riflessione interessantissima sulla pubblicità come terreno operativo dell’artista futurista.2
1. Palazzeschi, prefazione a F. T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori, 1968. 2. C. Salaris, Il futurismo e la pubblicità. Dalla pubblicità dell’arte all’arte della pubblicità, Milano, Lupetti, 1986, p. 16.
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BOZZETTO PUBBLICITARIO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 18,5 x 27,3 cm Firma in basso a sinistra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 377
BOZZETTO PUBBLICITARIO - ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 36,2 x 22,3 cm Sigla in basso a destra: U.B. Collezione privata Archivio n. 374
BOZZETTO PUBBLICITARIO Tecnica mista su carta 28,8 x 21,0 cm Firma in alto a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 346
BOZZETTO PUBBLICITARIO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 17,8 x 21,4 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 365
BOZZETTO PUBBLICITARIO Tecnica mista su carta 16,4 x 25,2 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 351
BOZZETTO PUBBLICITARIO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 20,8 x 30,6 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 349
IL MANIFESTO TRA ARTE E PROPAGANDA
Un
impegno specifico nel settore espressivo della grafica pubblicitaria è collegato al turismo e a iniziative atte a valorizzare manifestazioni nazionali o più spesso locali come, ad esempio, il Carnevale di Viareggio. Alla fine del XIX secolo il manifesto pubblicitario non gode di una propria dignità come prodotto artistico, il suo unico intento è informare il pubblico; dal punto di vista estetico, non è altro che il riflesso degli stili e del gusto che caratterizza il periodo. In seguito alle grandi esposizioni internazionali di Londra e di Parigi all’alba del XX secolo, la réclame inizia ad assumere valenze sempre più collegate alla produzione artistica. Vengono coinvolti grandi autori che, non senza notevoli difficoltà, iniziano a promuovere nuove soluzioni compositive, spesso scontrandosi con le resistenze del committente, in genere un Ente pubblico, impreparato all’utilizzo di un nuovo linguaggio per la propaganda. Il futurismo introduce una rivoluzione estetica che porta, nel corso dei primi decenni del XX secolo, alla formulazione di molteplici nuovi modelli espressivi e compositivi. La réclame si trasforma in un’espressione artistica diffusa. L’originalità, l’innovazione e la provocatorietà trovano massima espressione nella mescolanza degli elementi tipografici, grafici e fotografici. Niente può più essere comunicato nella tradizionale maniera, tutto diviene essenziale ed evocativo. Lo sappia o non lo sappia il pubblico, oggi c’è futurismo nelle stoffe, nelle fodere, negli ombrelli, nelle borsette, nelle sciarpe, nei tappeti, nelle cravatte, negli arazzi, nei cuscini, nei giocattoli, nelle carte da parati e negli abatjours; c’è futurismo nelle decorazioni luminose di Sale e di Grandi Alberghi, e nei placards, nelle réclames murali, nelle copertine delle riviste, nei mobili, nelle terrecotte (meravigliose quelle di Tullio Mazzotti d’Albisola!), nella scenografia e nei sipari.1
1. Giacomo Balla, Roma 6 aprile 1931 si veda E. Crispolti (a cura di), Ricostruzione futurista dell’Universo, Torino, Musei civici di Torino, 1980 (Catalogo mostra Torino, Mole Antonelliana, 1980).
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BOZZETTO PER MANIFESTO – ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 13,8 x 20,9 cm Firma al centro a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 1002
BOZZETTO PER MANIFESTO - ANNI ‘30 Tecnica mista su carta 19,0 x 29,4 cm Firma in alto a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 379
BOZZETTO PER MANIFESTO – ANNI ‘60 Tecnica mista su carta 50,0 x 64,0 cm Firma in basso a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 402
BOZZETTO PER MANIFESTO – ANNI ‘40 Tecnica mista su carta 19,4 x 26,0 cm Firma al centro a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 334
BOZZETTO PER MANIFESTO – ANNI ‘50 Tecnica mista su carta 44,0 x 54,0 cm Firma in alto a destra: Uberto Bonetti Collezione privata Archivio n. 614