Direzione e cura Mauro Marzo Comitato scientifico Bruno Messina Luca Ortelli Antonio Tejedor Cabrera
07. Collana Figure Brevi saggi di carattere monografico su architetti e artisti del passato e del presente. Gli autori sono architetti impegnati nel progetto e nell'insegnamento del progetto. I saggi intrecciano corrispondenze tra architetti e artisti lontani nello spazio e nel tempo, narrano quelle “affinitĂ di spirito in relazione alle formeâ€? su cui Henri Focillon ha scritto pagine memorabili.
Ringraziamenti dell’autore Ringrazio, per ragioni diverse, Luisa Giordano, Pisana e Filippo Lambertucci, Lucia Mainardi, Bruna Vielmi e Mauro Marzo. Anche loro è la responsabilità di non avermi scoraggiato in questo lavoro.
ISBN 978-88-6242-268-0 Prima edizione italiana dicembre 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Sandro Rossi Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L'editore si augura che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato Impaginazione: Martina Distefano Finito di stampare nel mese di dicembre 2017 LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni
Sandro Rossi
La cittĂ di
Bramante
Indice ***
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Frammenti di cittĂ 19
Vigevano, ducato di Milano 53
Colle Vaticano, Roma 81
La cittĂ di Bramante 91
Biografia 93
Riferimenti bibliografici: scritti citati nel testo
Frammenti di cittĂ ***
L’
acquisizione di consapevolezza critica o, in altri termini, l’apprendimento degli strumenti del proprio mestiere sono aspetti di un processo che si compie durante tutto l’arco dell’esperienza di un architetto. Ed è un processo fatto di esperienza, di osservazione, di conoscenza di architetture e luoghi. È comprensione di come sono, ma anche dei modi in cui sono stati. Di come sono diventati, a patto di quali esclusioni, di quali rinunce e quindi di come possono essere trasformati, di come possono ancora essere. A volte i luoghi di questo apprendimento si incontrano in modi casuali e solo successivamente diventano oggetto di attenzioni orientate. A volte sono luoghi in cui si continua a tornare per potersi mettere alla prova, per trovarli modificati anche in ragione del mutare del nostro sguardo, col tempo, con l’esperienza. Inevitabilmente si comincia dalla casa, dal quartiere, dalla città (la nozione di luogo è molto ampia) dove si abita. È questo il primo momento, la pietra di paragone di un processo conoscitivo che, seguendo l’imprevedibilità di percorsi occasionali, amplia orizzonti, precisa punti di vista, trova, tramite confronti, altri riferimenti stabili per il lavoro, altre pietre di paragone. Vivo in una piccola città in cui la memoria di Bramante sembra essere tanto più presente quanto più è vaga. Qui si parla di torre e di piazza di Bramante, di scuderie e di loggiati bramanteschi già dai tempi di 9
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Colle Vaticano, Roma ***
Quanto a […] la conformità dico […] che la nave de mezzo è el corpo mastro che guida tutto l’edificio. E perché questa nave de mezo fa tutte le sue volte vel crosere semiquadre, in niun loco non se imbatte a fare quadro perfecto, se non dove l’altra simile nave con sego si incrosta. In nessun altro loco se può mandare corpo de magiore alteza che lei medesma se non lì. Adonca questo è quel quadro, sopra il quale se potrà ponere il […] tiburio. Ma sì come voi rompete l’ordine dell’edificio per poterlo fare in octavo […] Bramante, Bramanti opinio super domicilium seu templum magnum, 1488.
L’
unico scritto rimasto di Bramante è un parere tecnico, una relazione sul problema costruttivo dell’edificazione del tiburio – la guglia più alta – del Duomo di Milano, allora incompiuto1. Uno scritto quindi che solo indirettamente lascia intendere un possibile punto di vista generale sull’architettura. Bramante riconosce la logica costruttiva, dimensionale, geometrica propria dell’edificio gotico realizzato e ritiene di poterla proseguire. Suggerisce quindi soprattutto un criterio di coerenza costruttiva con quanto è incompiuto, con le dimensioni della navata centrale, ecc.. Questa scelta ha riscontri con il modo in cui Bramante affronta generalmente le occasioni progettuali. Il rapporto con l’antico è 1. Nel 1488 vennero invitati diversi architetti, fra i quali Leonardo, Francesco di Giorgio, Amadeo e Bramante, a proporre progetti per l’edificazione del tiburio del Duomo di Milano.
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Progetto generale per la ricostruzione della Basilica e per il cortile del Belvedere. Da P. Letarouilly, Le Vatican et la Basilique de Saint Pierre de Rome.
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Projects divers pour la basilique de Saint-Pierre, Pl. 1, A. Morel et C. Editeurs, Paris 1882.
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In alto: Perin del Vaga, Naumachia nel cortile inferiore del Belvedere, affresco staccato, Roma Castel Sant’Angelo, appartamento del Castellano. In basso: L. Bufalini, Pianta di Roma, Xilografia, 1551. Particolare con l’area del Vaticano.
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enfatica della città antica denuncia certamente intenzioni antiquarie, ma è anche esito di evidenti schematizzazioni. All’interno delle mura aureliane, in seguito al calo demografico protrattosi per tutto il medioevo, la città comprende ampie zone inedificate e abbandonate. È la città dei grandi resti monumentali romani, è la città sepolta e affiorante in cui Bramante o Raffaello avevano conosciuto la domus Aurea calandosi in una buca aperta nel terreno coltivato. Nel disegno di Bufalini la campagna che aveva sostituito la città imperiale viene rappresentata unicamente nella altimetria del suolo resa evidente dall’abbandono urbano; nei rilievi, negli avvallamenti, nei luoghi collinari si riscoprono i grandi resti di edifici isolati. La struttura e il disegno del suolo coltivato sono totalmente omessi nell’incisione cinquecentesca. I monumenti della “città antica” sono reinterpretati e semplificati nel loro assetto, completati o, se ancora sepolti, vengono riportati in luce sullo sfondo dell’orografia dei colli romani. La carta vuole confrontare la “città abitata” a una diversa condizione comunque compiuta: la rappresentazione sfuma in una visione, per così dire, di maniera. Malgrado questo è possibile riconoscere in quel disegno – che confronta la città reale e quella sorta di doppio dell’esperienza costituito dalla città antica – la stessa città di metà ‘400, la Roma di cui Filarete, con le sue trasposizioni, aveva mostrato l’adeguatezza. Bramante, anni dopo Filarete, in resti che disegnavano una città divenuta anche campagna, aveva cercato oltre a insegnamenti costruttivi, anche le ragioni pratiche 61
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