This book was made possible thanks to the patronage of the Association of Architects of Caserta. The main topic is the “cavity and limit”. The theme is an extract from the PhD thesis entitled “The Architecture and the hollow”, PhD thesis developed at the Second University of Naples, Department of Architecture, from 2010 to 2012. PhD in Architecture and Urban Design and Restoration, XXV cycle, coordinated by prof. Arch. Giovanni Di Domenico, tutor of the research, and prof. arch. Massimiliano Rendina, co-tutor. The following people are thanked for their fundamental contributions, without which this research wouldn’t have been possible: Giovanni Di Domenico, Full Professor of Architecture and Urban Design at the Second University of Naples, Faculty of Architecture, tutor of the PhD thesis, with whom I collaborated on the research and the teaching activity from 2008 to 2012; Massimiliano Rendina, Associate Professor of Architecture and Urban Design at the Second University of Naples, Faculty of Architecture, co-tutor of the PhD thesis, with whom I collaborate on the research and the teaching since 2011; Alberto Campo Baeza, Professor at the Escuela Técnica Superior de Arquitectura of Madrid. He has taught at several schools of architecture, including the ETH of Zurich, EPFL of Lausanne, Bauhaus of Weimar, Columbia University of New York, the University of Pennsylvania in Philadelphia, the Kansas State University and the University CUA in Washington and is the author of the preface to the book. Questo libro è stato reso possibile, anche grazie al Patrocinio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Caserta. Il tema trattato e quello della “Cavità e limite”. La tematica affrontata è un estratto della Tesi di Dottorato dal titolo “L’architettura e il cavo”. Tesi di Dottorato sviluppata all’interno della Seconda Università degli studi di Napoli, Facoltà di Architettura Dipartimento di Architettura, Ciclo XXV dal 2010 al 2012 Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana e Restauro dell’Architettura, coordinato dal Prof. Giovanni Di Domenico, che è stato anche il tutor della Ricerca, cotutor Prof. Massimiliano Rendina. Si ringraziano per i contributi fondamentali, senza i quali la stessa ricerca non avrebbe mai avuto seguito: Giovanni Di Domenico, professore ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana alla Seconda Università degli studi di Napoli, Facoltà di Architettura, con cui ho collaborato al lavoro di ricerca e di didattica dal 2008 al 2012 e tutor della Tesi di Dottorato; Massimiliano Rendina, professore associato di Progettazione Architettonica e Urbana alla Seconda Università degli studi di Napoli, Facoltà di Architettura, con cui collaboro al lavoro di ricerca e di didattica dal 2011 e cotutor della Tesi di Dottorato; Alberto Campo Baeza, professore alla Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Madrid. Ha insegnato in diverse altre scuole di Architettura, tra cui l’ETH di Zurigo, EPFL di Losanna, la Bauhaus di Weimar, la Columbia University di New York, l’Università della Pennsylvania a Philadelphia, la Kansas State University e la University CUA a Washington ed è autore della prefazione al libro.
CONTENTS / INDICE
In search of the lost thickness Alberto Campo Baeza Alla ricerca dello spessore perduto Alberto Campo Baeza
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Introduction Introduzione
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Tectonics and stereotomy Tettonica e stereotomia
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The ‘hollow’. The cave as an archetypal and symbolic element Il ‘cavo’. La caverna come elemento archetipico e simbolico
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Architecture of the limit. The limit as strong thickness, the limit as a thin layer (from meter to micron) L’architettura del limite. Il limite come forte spessore, il limite come strato sottile (dal metro al micron) Structures and hollow elements. Mass e cavity, cavity and limit Strutture ed elementi cavi. Massa e cavità, cavità e limite
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Conclusions Conclusioni
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Bibliography Bibliografia
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IN SEARCH OF THE LOST THICKNESS Alberto Campo Baeza ***
On my white table, a medium glass of Asprinio of Aversa, Marcus Aurelius Meditations, Amate l’Architettura by Gio Ponti, monograph iodicearchitetti 2000-2010, Libria publisher, a copy of Cavità e Limite and the picture of a sculpture by Henry Moore. This is a book where an Architect, Francesco Iodice, talks about Architecture and explains some of fundamentals of his works. I have always stated that Architecture, beyond the form it appears to us, is an idea expressed through form. It is an idea materialized with measurements that relates it with man. It is a constructed idea. Because the history of Architecture, far from being just history of forms, is basically history of constructed ideas. Over the passing of time the forms are destroyed, but the ideas remain, they are eternal. And here Iodice defends Architecture that we call stereotomic, that’s made in continuity with the ground. Henry Moore said: “The first hole made through a piece of stone is a revelation”. And he was right. An architect well knows that digging the stone, making a hole in the stone, it is the way to make visible the stone’s mass, its stereotomic nature. Moore, and Iodice with him, well knews that “the hollow” is an effective mechanism to reveal the stone’s gravity beauty through digging the mass with the shadow to let the light reach the bottom. Can a third millenium architect safeguard the thickness? Can a contemporary architect safeguard the stereotomic architecture against tectonic? Can an architect safeguard today the strength against the
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ALLA RICERCA DELLO SPESSORE PERDUTO Alberto Campo Baeza ***
Sul mio grande tavolo bianco, un bicchiere mezzo pieno di Asprinio di Aversa, Meditazioni dell’imperatore Marco Aurelio, Amate l’Architettura di Giò Ponti, la monografia di iodicearchitetti 20002010, Libria Editore, una copia stampata di Cavità e Limite e un’immagine di una scultura di Henry Moore. Questo libro “Cavità e limite” è un libro in cui l’architetto, Francesco Iodice, parla di architettura e spiega alcuni motivi che sono alla base delle sue opere. Ho sempre affermato che l’architettura, al di là della forma con cui appare, è idea che si esprime tramite forma. È idea che si materializza tramite misure rapportate all’uomo, centro dell’architettura. È idea costruita. Perché la storia dell’architettura, oltre ad essere solo storia delle forme, è essenzialmente una storia di idee costruite. Col passare del tempo le forme si distruggono, però le idee rimangono, sono eterne. Qui Iodice difende l’architettura così detta stereotomica, quella fatta in continuità con la terra. Henry Moore diceva: Il primo buco fatto in un pezzo di pietra è una rivelazione. E aveva ragione. Un architetto sa bene che scavare la pietra, fare un buco in una pietra, è un modo per rendere visibile la massa della pietra, il suo carattere stereotomico. Moore, e Iodice con lui, sapeva bene che “il cavo” è un meccanismo efficace per rivelare la bellezza della gravità della pietra, attraverso l’atto dello scavare la massa con l’ombra affinché la luce penetri nel fondo. Un architetto del terzo millennio può difendere lo spessore? Può
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TECTONICS AND STEREOTOMY ***
Examining in depth the issue concerning the cavity and the limit, is essential and very necessary to describe the concept of tectonic and stereotomic; architecture made of tectonic character and architecture made of stereotomic character. The distinction between tectonic and stereotomic refers essentially to two different design and construction approaches of architecture. The first, more dynamic, proceeds according to a principle of addition and juxtaposition of the elements; the second, more static, proceeds according to a principle of excavation and removal of parts. Aiming to identify two fundamental archetypes of the construction of the architecture we could state that the first manifests itself through the light frame, thin, linear, jointed at the nodes of connection and stressed mainly to tension; the second occurs through a wall structure made of ground, of stone, provided with mass and continuity of material and stressed mainly to compression. This distinction, made clear until now, find a substantial response even if we analyze the two terms from an etymological point of view. The term “tectonic” has Greek origins and derives from the word tékton that literally means woodworker, carpenter, builder. Stereotomic, also with Greek origin, comes from the words stereós, that means solid, and tomé, which means cutting. Over the centuries, both terms underwent evolution of interpretation, as Frampton state: “The verb corresponding to the word tékton is tektainomai, that corresponds to the sanskrit taksan, which indicates the craft of carpentry and the use of the axe. In the fifth century BC this meaning undergoes an evolution, moving from the designation of something specific
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TETTONICA E STEREOTOMIA ***
Nell’analizzare la tematica riguardante la cavità e il limite, nell’intenzione di approfondire le opere architettoniche e gli elementi ricavati per sottrazione di materia, risulta indispensabile un passaggio obbligato riguardo il concetto di tettonico e di stereotomico, di architettura di carattere tettonico e di architettura di carattere stereotomico. La distinzione fra tettonico e sterotomico rimanda sostanzialmente a due differenti approcci progettuali e di costruzione dell’architettura. Il primo, decisamente più dinamico, procede secondo un principio di addizione e giustapposizione degli elementi. Il secondo, più statico, procede secondo un principio di scavo e sottrazione delle parti. Volendo individuare due archetipi fondamentali della costruzione dell’architettura potremmo affermare che la prima si manifesta attraverso l’intelaiatura leggera, sottile, lineare, giuntata nei nodi di connessione e sollecitata principalmente a tensione; la seconda si manifesta attraverso una struttura muraria fatta di terra, di pietra, dotata di massa e di continuità materica e sollecitata prevalentemente a sforzi di compressione. Questa distinzione esplicitata fino ad ora trova un sostanziale riscontro anche se analizziamo i due termini da un punto di vista etimologico. Di origine greca il termine “tettonico” deriva dalla parola tékton e significa letteralmente falegname, carpentiere, costruttore. Anch’esso di origine greca, il termine “stereotomico” deriva dalla parola stereós, che significa solido, e tomé, taglio. Entrambi i termini, dal loro significato originario, hanno subito nel corso dei secoli delle evoluzioni interpretative, come afferma lo stesso Frampton: “Il verbo
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Alberto Campo Baeza, De Blas House, Madrid, 2000.
tettonica e stereotomia
architettonica della casa Farnsworth, si trasforma in materia necessaria dello spazio. Il vetro collocato nella Farnsworth ci parla di trasparenza e di origine pietrosa, silicea”7. La piramide egizia, ottenuta attraverso una sorta di “ammucchiamento di materiale” è uno spazio praticamente costruito, ma metaforicamente ricavato per sottrazione dalla materia originaria. L’architettura che si manifesta attraverso il suo compito di conformare spazi, lo fa attraverso due strade principali. In forma leggera e puntuale proprio del sistema tettonico o pesante e continua proprio del sistema stereotomico. Nel primo caso, gli elementi peculiari sono la discontinuità ed il processo di addizione degli elementi singoli, al fine di creare uno spazio aperto in contatto diretto con la natura. Gregotti parlando dei caratteri dell’architettura e riferendosi in particolare a quelli tettonici afferma che: “Il modo di presentarsi di un’opera è inseparabile dalle sue fondazioni nel terreno e dall’autorevolezza della sua struttura nell’interazione o dell’appoggio, della campata, del giunto e dello snodo, dal ritmo del suo rivestimento e dalla modulazione della sua finestratura. Collocato nel punto di intersezione di cultura e natura, il costruire riguarda tanto la terra quanto la forma costruita. Simile all’agricoltura, il suo compito è quello di modificare la superficie della terra in modo da averne cura, secondo la concezione di Heidegger della ”tranquillità”8. Nel secondo caso, quello stereotomico, gli elementi peculiari sono la continuità materica e la sottrazione da una massa data, al fine di creare uno spazio verticale, chiuso, in cui tra il suolo supporto e la struttura architettonica si instaura un rapporto che assoggetta la forma architettonica
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ARCHITECTURE OF THE LIMIT. THE LIMIT AS STRONG THICKNESS, THE LIMIT AS A THIN LAYER (FROM METER TO MICRON) ***
The concept of limit is certainly one of the foundations of the development of architectural thought. Space, regardless of its nature of being physical or metaphysical, material or immaterial, is always contained within boundaries, of limits, of wall thickness. The boundary establishes a difference, real or imaginary, between two different places, between inside and outside. At a symbolic level the limit, the wall in architecture, represents spiritual and material protection. It defines the corral, the closed space, and closes and protects, limits defending and creating space. A city was recognizable by the presence of the walls that surrounded and separated it from external space. The sacred corral, the tĂŠmenos, derives its name from the verb to cut, that is to separate the sacred from the profane. From its inception, the construction of the architecture has been intrinsically linked to the concept of limit, able to define and measure the amount of space of which man takes possession and lives and to give identity to the space delimited. Very often, the limit has acquired also a structural and structuring role for housing: without it, it could not even be imagined being in an interior; evokes intimacy, acquiring in this way a more complex meaning. The concept of limit in architecture is defined by the element interposed between the inside and the outside, between nature and the built area, and generally tends to emphasize the independent character of the two parties, the autonomy of the inside and of the outside. The architecture requires bounding, closing elements, without which is not distinct from outer space; on the other hand, to go into a space means to pass a threshold, a limit, whether physical
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L’ARCHITETTURA DEL LIMITE. IL LIMITE COME FORTE SPESSORE, IL LIMITE COME STRATO SOTTILE (DAL METRO AL MICRON) ***
Il concetto di limite costituisce sicuramente il fondamento dello sviluppo del pensiero architettonico. Lo spazio a prescindere dalla propria natura di essere fisico o metafisico, materiale o immateriale, è contenuto sempre all’interno di confini, di limiti, di spessori murari. Il confine stabilisce una differenza, vera o presunta, tra due luoghi distinti, tra un dentro ed un fuori. A livello simbolico il limite, il muro in architettura, rappresenta la protezione spirituale e materiale. Esso delimita il recinto, lo spazio chiuso, chiude e protegge, limita difendendo e creando spazio. Una città era riconoscibile dalla presenza delle mura che la circondavano e la separavano dallo spazio esterno. Il recinto sacro, il témenos, deriva il nome proprio dal verbo tagliare, ovvero separare il sacro dal profano. Fin dalle sue origini la costruzione dell’architettura è stata intrinsecamente legata al concetto di limite; esso è stato capace sia di definire e misurare la quantità di spazio di cui l’uomo prende possesso ed in cui vive, sia di conferire identità ad un determinato spazio da esso delimitato. Molto spesso, il limite ha assunto anche un ruolo strutturale e strutturante delle abitazioni, senza il quale nemmeno si immaginerebbe di trovarsi in un interno; evoca l’intimità, acquistando in questi termini un significato ancora più complesso. Il concetto di limite in architettura è definito dall’elemento che si interpone tra un dentro ed un fuori, tra natura e spazio costruito e, tende in genere a sottolineare il carattere autonomo delle due parti, l’autonomia del dentro e quella del fuori. L’architettura necessita di elementi di delimitazione, di chiusura, senza cui si confonderebbe con lo spazio esterno; d’altronde entrare in uno spazio
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Andrea Palladio, Villa “La Rotonda”, Vicenza, 1570.
Katsura Imperial Villa, Kyoto, about 1650.
l’architettura del limite. il limite come forte spessore, il limite come strato sottile (dal metro al micron)
significa appunto varcare una soglia, un limite, sia esso fisico o solo apparente. Il limite, così come è stato posto fino ad ora, potrebbe apparire come semplicemente un qualcosa che divide due ambienti, in realtà esso rappresenta un passaggio chiave, un filtro tra la natura e il costruito e, come vedremo nel corso dei secoli ha subito varie interpretazioni e risoluzioni, proprio in funzione del rapporto che si intendeva instaurare tra queste due entità, natura e costruito. Quindi, esso non rappresenta e non individua solamente esclusione, ma anche, molto spesso, inclusione tra le due entità. Come afferma Martin Heidegger nel suo saggio “Costruire abitare pensare”: “Il limite non è il punto in cui una cosa finisce, ma ciò da cui una cosa comincia, la sua essenza”12. Da un lato esso è stato inteso come elemento da esaltare e celebrare per la sua funzione fisica ed estetica, ma dall’altro come elemento da annullare, rendere il più possibile minimo, invisibile. Il pilastro, la colonna, le grandi aperture sono in un certo senso la liberazione dal peso e dall’esclusione del muro. Nella storia dell’architettura, a partire dalla cultura egizia, passando per quella greca e romana e man mano arrivando fino ai nostri giorni, la soglia, il limite è stato sempre un elemento fondante delle varie epoche, anche se nelle diverse interpretazioni e declinazioni. La cultura greca, ad esempio, fondava la logica del limite sul concetto di colonna, elementi puntuali che definivano spazialmente un determinato luogo, un vuoto, senza definirlo fisicamente in maniera netta. La cultura romana, invece, faceva dello spessore murario e della continuità materica una caratteristica peculiare di tale architettura. In altri particolari periodi
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architecture of the limit. the limit as strong thickness, the limit as a thin layer (from meter to micron)
or only apparent. The limit, as supposed until now, might look like just something that divides two environments, actually it represents a key step, a filter between nature and the built and, as we shall see in the course of the centuries has undergone several interpretations and resolutions, precisely in function of the relation that was intended to establish from time to time between these two entities, nature and built. Therefore, it not does not only identify and represent exclusion, but also, very often, inclusion between the two entities. As Martin Heidegger states in his essay Building Dwelling Thinking: “The limit is not the point where a thing ends, but that from which something begins, its essence�12. On the one hand it was intended as an element to enhance and celebrate for its physical and aesthetics function, but on the other hand as an element to cancel, to minimize at the most possible, to make invisible. The pillar, the column, large openings are in a sense the liberation from the weight and the exclusion of the wall. In the history of architecture, from the ancient Egyptian culture, through the Greek and Roman times and gradually coming down to our own days, the threshold, the limit is and has always been a fundamental element, although in different interpretations and variations. Greek culture, for example, based the logic of the limit on the concept of column, punctual elements that spatially defined a particular place, a void, without defining it physically. Roman culture, however, made the wall thickness and the material continuity a characteristic feature of its architecture. In other particular historical periods, physical cancellation of the wall has assumed the function
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Funerary complex of Zoser, Saqqara, 2650 b.C.
Temple of Selinunte, Trapani, VI c. b.C.