100 anni di Design italiano

Page 1


Indice 7

Premessa

15

Gli esordi

17 18 21 24

Una nazione in ritardo L’aggancio allo sviluppo La Prima guerra mondiale, un prepotente impulso industriale Un Futurismo dalle limitate conseguenze

29

Gli anni Venti e Trenta

31 37 41 42 49 53 59 61 65 69

Un dopoguerra difficile Il dirigismo economico dello Stato imprenditore 1928, Domus e La Casa Bella. La consapevolezza del progetto moderno Produzione industriale, alcune eccellenze La Mille Miglia Il Mobile Razionalista in Italia L’Amaca a dondolo e la Poltrona altalena di Franco Albini Le lampade di Pietro Chiesa Il progetto della radio Gio Ponti e Carlo Mollino

79

Minimalismo tecnico economico

81 82 91 92 95

Il dopoguerra della ricostruzione Veicoli minimi Un’auto manifesto Il Paese sta cambiando Ladri di biciclette, 1948

97

Gli anni Cinquanta e Sessanta

101 104 107 113 117 119 127 159 161

La Piccola e Media impresa L’Italian Line. La carrozzeria Italiana Binomi vincenti Viaggiare con il Settebello La Triennale Progetti di plastica I Maestri I professionisti del design industriale Le imprese design-driven


176 184

Gli anni del boom e l’esplosione del Pop Rocco e i suoi fratelli, 1960

187

L’Olivetti di Adriano Olivetti

189 196 197 203 213 219

La nascita della Olivetti Impresa, politica e cultura: l’uomo al centro La sfida informatica: il progetto Olivetti Elea 9003 Nizzoli, Sottsass, Bellini e De Lucchi Il design totale: prodotto, comunicazione, punti vendita, architettura La vita agra, 1964

221

Gli anni Settanta. Professionalità e contestazione

225 227 234 235 241 242 243 247

I torbidi e fertili anni Settanta Il Design Radicale Italy: The New Domestic Landscape Design as postulation Design as commentary Counterdesign as postulation / Il Controdesign L’analisi critica del design Zabriskie Point, 1970

249

La grande festa di Memphis

251

Contro il “greige” razionalista

267

Gli anni Ottanta e Novanta. Il pluristilismo della postmodernità

269 279 285 287 298 305 313 313

L’Italia dei distretti Eccellenze Ottanta Il Design primario: gli aspetti soft del progetto Il Design obliquo: Gaetano Pesce e Denis Santachiara Il Bel design italiano alla riscossa Dainese, Cinelli e il design dei settori specialistici Caro diario, episodio 1: In vespa, 1993 Verso la contemporaneità

317

Designer stranieri a Milano di Emanuele Soldini

323

Bibliografia



Premessa

L’

obiettivo di questo testo è raccontare in modo agile e diretto l’evoluzione del design italiano, per rendere consapevole il lettore di quali sono i valori che lo hanno reso importante. Il lavoro si collega e completa il precedente Design Tecnologia Arte, trattazione che per impostazione si sofferma su alcuni episodi del progetto italiano senza illustrarne organicamente protagonisti e caratteri. Il libro si apre con una riflessione sui dati costitutivi del design italiano e ne identifica i fattori che l’hanno reso celebre e imitato. L’obiettivo è quello di fornire un orizzonte interpretativo del sistema del design nazionale, dagli esordi a tutti gli anni Novanta del Novecento, mettendo in risalto i momenti salienti e le personalità dal carattere più netto. Non vi è alcuna pretesa di completezza ed esaustività1, ma la trama che ne esce è utile per procedere in un successivo approfondimento specifico. Va sottolineato che lo sviluppo del progetto di prodotto è inserito entro una sintetica presentazione del contesto storico-economico che ne ha segnato lo sviluppo, a volte favorendolo, altre volte condizionandolo pesantemente. Solo cogliendo alcune di queste importanti implicazioni si possono meglio comprendere i motivi e i modi dello sviluppo 1. Nel procedere con la stesura del testo mi sono reso conto che molte sono le vicende e i protagonisti a cui ho dovuto solo accennare, pertanto mi aspetto che qualcuno possa facilmente obiettare sulla mancata presenza di altri. Premessa

7


60

100 anni di Design italiano


il piano terra, e grazie a un albero che in modo inconsueto da terra si apriva al primo piano. Ne risultava uno spazio abitativo estremamente poetico, in cui i confini tra interno ed esterno si facevano rarefatti. In questo progetto di Albini si trova in nuce la concezione di saper ibridare diverse tipologie degli oggetti, saperle rinnovare facendo dialogare con coerenza razionalità-sperimentazione-leggerezza e ironia. Un‘operazione che potremmo definire di chiasmo visivo, un incrocio di categorie funzionali che rimandava solo in parte alle soluzioni ready made di Duchamp. La Poltrona altalena e l’Amaca a dondolo furono piuttosto frutto dell’innesto di una tipologia su di una struttura già organizzata e decodificata, processo che produsse un risultato vitale e inatteso. Franco Albini qui manifestò, con divertita e geniale coerenza, un processo creativo che costituirà il linguaggio visivo-concettuale, a volte una sorta di firma, di autori quali Bruno Munari, Pier Giacomo e Achille Castiglioni e più oltre, su di un versante tecnologico, Denis Santachiara e Alberto Meda. Soluzioni compositive che contribuiranno non poco alla fortuna del design italiano che, come sottolineato in precedenza, si caratterizza per un sapiente gioco tecnico-semiotico.

Le lampade di Pietro Chiesa Chiesa (1892-1948) iniziò come progettista del vetro e, dopo un periodo di apprendistato, aprì nel 1921 una propria bottega a Milano per la lavorazione del vetro e del cristallo. Nel 1932, forte di una specializzata esperienza – la sua perizia nel trattare vetro e cristallo era unica –, entrò in FontanaArte come direttore artistico responsabile del design dei prodotti, svolgendo una continua ricerca tipologica e tecnica, affiancando Gio Ponti. La Luigi Fontana, poi FontanaArte, fondata nel 1881 a Milano, era un’industria produttrice di lastre di vetro per usi edilizi che successivamente avviò una propria linea di oggetti d’arredo su ordinazione. Nel 1931 venne chiamato Gio Ponti come art director dell’azienda e a lui si devono modelli storici che ancora sono in produzione come la geometrica Bilia (1932) e le lampade da terra e sospensione denominate 0024 (1933). Pagina a fianco: Franco Albini, Stanza di soggiorno in una Villa, Triennale di Milano, 1940. Fondazione Franco Albini. Gli anni Venti e Trenta

61


Gino Colombini, battipanni KS 1575, Kartell, 1957. Courtesy Kartell Museo.

Gino 122 Colombini, posate da insalata, Kartell, 1958.

100 anni di Design italiano


Roberto Menghi, architetto e designer, va ricordato per alcuni pionieristici progetti di design in plastica realizzati per Pirelli come il Portasci brevetto (1950), i Canestri in polietilene per liquidi (1959) e la classica Borsa per l’acqua calda (1961), presente in tutte le case degli italiani. Un’annotazione a parte merita una tipologia speciale di lampada brevettata da Menghi nel 1947. Si tratta di un apparecchio a contrappeso che permette di posizionare l’oggetto praticamente su qualsiasi superficie di appoggio. Gino Colombini, che era stato collaboratore di Franco Albini, fu direttore tecnico di Kartell dal 1953 al 1960. In quel periodo il suo design contribuì a diffondere il “buon disegno” degli oggetti realizzati con il nuovo materiale. Kartell, fondata nel 1949 da Giulio Castelli, divenne ben presto una delle aziende di punta della produzione in plastica in Italia. All’inizio dedicò la sua produzione al settore degli accessori per auto mettendo in produzione proprio il portasci brevetto per Pirelli. Dai primi anni Cinquanta si aprì al settore dei casalinghi, area merceologica in cui troviamo numerosi progetti di Colombini, assoluti capolavori connotati da un “design semplice e onesto” – per usare categorie care agli ulmiani – che gli valsero riconoscimenti e numerosi Compasso d’Oro. Questi oggetti, domestici e al contempo fortemente iconici, diverranno parte del contesto casalingo di numerosissime famiglie italiane, conferendo il giusto ruolo agli oggetti di plastica, leggeri, pratici, comodi. Si ricordano la paletta 1067 (con manico integrato) del 1955, il battipanni KS 1575 del 1957, le posate per insalata del 1958, lo spremilimoni del 1959. È interessante soffermarci sulla valutazione della giuria della II edizione del Compasso d’Oro del 1955 che assegnò il premio al secchio in polietilene con coperchio disegnato da Colombini, per comprendere quali fossero allora le novità di un buon disegno in plastica. In giuria troviamo Aldo Borletti, Cesare Brustio, Ernesto N. Rogers, Alberto Rosselli e Marco Zanuso. La motivazione dice: «Fra la vasta produzione della Kartell, sempre eseguita con cura e rispetto del materiale, il secchio a cui viene attribuito il premio “La Rinascente Compasso d’Oro 1955” emerge per originalità dei particolari, quali il raccordo tra plastica e ferro, la sensibilità funzionale della presa del coperchio, l’essenzialità e robustezza delle sezioni. Nella produzione attuale delle materie plastiche, ove sovente ancora si riscontra un importante gusto decorativistico favorito dalla pressoché illimitata libertà nelle articolazioni degli Gli anni Cinquanta e Sessanta

123


In alto: Moto Guzzi Galletto 1955, Courtesy Museo Nicolis, Villafranca VR, Ph. Rosa. In basso: Gilera 500 Saturno Sport, 1947, Courtesy Museo Nicolis, Villafranca VR, Ph. Rosa.


Ducati Cucciolo, 1946.

Nel 1946 gli impianti produttivi ripresero a essere operativi assemblando un micromotore da applicare alla bicicletta: si chiamava Cucciolo, e apparteneva alla stessa tipologia del Garelli Mosquito. Gli italiani avevano necessità di spostarsi con rapidità e avviare la ricostruzione del Paese. Quelle soluzioni motoristiche agili ed economiche erano di grande aiuto. Il modello Ducati era un motore a quattro tempi, cambio a due marce e 48 cc di cilindrata. Estremamente economico, poteva percorrere 100 Km con un solo litro di benzina54. Il passaggio alla produzione dei motocicli divenne quindi naturale, prima con la Ducati 60 e poi con la Gran Sport 125 Marianna. Autore di questo capolavoro è stato l’ingegner Fabio Taglioni, progettista di tanti successi della fabbrica bolognese. Da questo modello da corsa, prodotto dal 1955 al 1957, derivarono le prime motociclette sportive da strada che ebbero un grande riscontro di vendite. Erano anni in cui le corse motociclistiche si imposero all’attenzione del pubblico in tutta Europa e divennero delle formidabili occasioni pubblicitarie per i diversi marchi. Oltre a Ducati, vanno ricordati altri importanti produttori italiani come MV Augusta, Benelli, Laverda, Mondial, Motom. 54. Il Cucciolo Ducati appare nel film Pane, amore e fantasia (di Luigi Comencini, 1953), guidato da Vittorio De Sica che insieme a Gina Lollobrigida è il protagonista della pellicola. Gli anni Cinquanta e Sessanta

171


214

100 anni di Design italiano


quarto membro dello studio, era morto nel 1945 in un campo di concentramento tedesco)29. L’intervento architettonico fu stupefacente per le soluzioni nella configurazione dello spazio e dell’allestimento e la raffinatezza dei materiali scelti30. La pavimentazione di marmo verde usciva dal negozio creando una zona di continuità con l’esterno, dov’era posizionata, su un basamento che si affusolava in forma di stalagmite, una macchina da scrivere Lettera 22. I passanti potevano fermarsi e addirittura scrivere utilizzando la portatile Olivetti31. L’espressiva idea di un pavimento che si elevava in forme coniche e diveniva supporto per le macchine Olivetti era ripresa nella vetrina e all’interno. Un meraviglioso bassorilievo murale di Costantino Nivola, artista che aveva collaborato con Olivetti e che a seguito delle leggi razziali aveva deciso di emigrare negli USA, decorava tutta l’ampia parete entrando a sinistra. L’opera era imponente, 20x4 m di altezza. Realizzata con una particolare tecnica da lui stesso sviluppata, definita sand castig, conferiva allo spazio espositivo una particolare aura, in cui arte e tecnica erano parte di una medesima partitura progettuale. All’ingresso era posto un raffinato tavolo in marmo rosa a forma di mezzaluna, sostenuto da esili gambe in metallo, e sulla parete di fronte, sopra mensole anch’esse di marmo rosa, furono posizionate le macchine da presentare ai clienti. Sulla destra della grande stanza era collocata un’imponente ruota metallica che fungeva da espositore 29. I BBPR parteciparono attivamente alla lotta democratica antifascista e il loro studio fu un punto di riferimento per la Resistenza milanese e per il movimento di Giustizia e Libertà che diede poi vita al Partito d’Azione, a cui Banfi si iscrisse nel 1943. La loro consapevolezza politica maturò dopo l’emanazione delle leggi razziali del 1938 (E. N. Rogers era di origine ebraica). A seguito di una delazione, Banfi e Belgiojoso furono arrestati per la loro attività antifascista e vennero deportati nel campo di Gusen (Mauthausen), dove Banfi morì il 10 aprile del 1945, pochi giorni prima della fine del conflitto. Per ricordare la sua azione e la sua persona il 19 gennaio del 2017 è stata posta una pietra d’inciampo davanti alla sede dello studio BBPR, in via dei Chiostri 2 a Milano. La sua vicenda è riportata nel libro di Aldo Carpi, Diario di Gusen, Einaudi, Torino, 1993. 30. Cfr. “Domus”, n. 298, 1954. 31. I negozi di Chicago e di San Francisco progettati nel 1953 già prevedevano il posizionamento in esterno di una macchina da scrivere. Questa idea progettuale si era rivelata una soluzione particolarmente efficace per l’attrattiva che produceva sui clienti. A fianco: BBPR, Il negozio Olivetti di New York, 1953-54. Particolare dell’intervento scultoreo di Costantino Nivola. Courtesy Fondazione Nivola. L’Olivetti di Adriano Olivetti

215


Marco Zanuso e Richard Sapper, Modulo Abitativo d’emergenza, 1972. Courtesy archivio Richard Sapper. 238


Mario Bellini, Kar-a-sutra, 1972. © Mario Bellini Archive.

Kar-a-sutra Mario Bellini prefigurò l’auto tutto spazio, una particolare tipologia di monovolume dall’interno configurabile. Allora era una grande novità: poter disporre agilmente l’interno della vettura ruotando le sedute, eliminandole del tutto per un grande carico, o trasformandole in letto. La proposta, sostenuta economicamente per l’esposizione da Cassina con il contributo di Pirelli e Citroën, diede vita alcuni anni dopo all’Espace della Renault (1984), il primo monovolume configurabile di grande produzione, una vera rivoluzione nel concepire il modo di viaggiare. Per le diverse possibilità di organizzazione interna dello spazio Bellini chiamò evocativamente il progetto Kar-a-sutra, l’auto dalle molte posizioni. Qui stava la grande novità della proposta. Il concept, presentato in modo divertente e al contempo efficacissimo, offrì una personalissima rilettura e una nuova interpretazione di una tipologia già nota dagli anni Trenta. (La vettura monovolume era stata sviluppata sia negli USA sia in Italia da M. Revelli di Beaumont16, e assunse una forma moderna con il progetto Autonova di Pio Manzù e altri a Ulm. La Fiat 600 Multipla fu la traduzione semplificata di quelle concezioni che non prevedevano, però, la possibilità di riorganizzare lo spazio interno.) La versione di Bellini era provocatoria e al contempo efficace. Il suo sviluppo presso Renault con il modello Espace (Bellini divenne consulente dell’azienda automobilistica francese nel 1978) ne dimostrò la validità.

16. Cfr. Anselmi T.A., Mario Revelli de Beaumont: l’altra faccia del pianeta Ornato, in “Rassegna”, anno VI, n. 18/2, 1984, pp. 63-71. Gli anni Settanta

239


264


Nata da una proposta di Ettore Sottsass, Studio Azzurro mise in scena un’installazione estremamente suggestiva, dove la realtà dell’oggetto fisico (i pezzi della collezione Memphis) dialogavano con le immagini che si creavano sullo schermo. Ciò che ne derivò fu un sorprendente dialogo tra la forma fortemente connotata dei pezzi di design e ciò che accadeva nello spazio video, un luogo che dava vita e animava la staticità degli oggetti. L’opera, felicemente compiuta nei risultati espressivi, ebbe un grande impatto sul mondo dell’arte e della comunicazione. Mister Fantasy fu una trasmissione anticipatrice e di grande successo dedicata in Italia ai video musicali. Andò in onda tra il 1981 e il 1984 su Rai 1. Le trasmissioni di video clip erano allora agli esordi e Mister Fantasy, trasmissione ideata da Paolo Giaccio e condotta da Carlo Massarini – anche il conduttore vestito di bianco su di uno sfondo bianco ebbe un grande impatto sul pubblico giovanile – fu una delle più efficaci e linguisticamente innovative, grazie alle invenzioni grafiche di Mario Convertino, già molto conosciuto e inserito nel mondo musicale come graphic designer e autore di copertine di dischi. Mario Convertino (1948-1996) è stato uno dei primi grafici, insieme a Studio Azzurro, a interessarsi alla produzione video realizzata con i computer. Con lui la computergrafica – allora si diceva videografica – si diffuse e le sue soluzioni segniche, spesso di una geometrizzazione di marca post-kandiskjiana o tratte dalle forme scalate dei primi videogiochi, connotarono fortemente Mister Fantasy-Musica da vedere.

Studio Azzurro, Luci di inganni, Showroom ARC ’74, Milano, 1982. Disegno progettuale. Courtesy Studio Azzurro. A fianco: Musica 80, la copertina del n. 3. La grande festa di Memphis

265


Alchimia, serie piatti Ollo, 1988.

Alessandro Mendini, Vasi serie 100 % Make up, Alessi, 1992. 270

100 anni di Design italiano


delle aziende alimentari a Parma e Piacenza, dei calzaturifici e dei laboratori di strumenti musicali nelle Marche. […] La struttura economica di queste e tante altre zone periferiche, caratterizzate da una proliferazione di microstrutture produttive, non si basava più, come in passato, sull’associazione fra la figura dell’imprenditore-mercante e una massa anonima dei lavoranti a domicilio o in piccoli laboratori. Ciò che la contraddistingueva, oltre all’elevato grado di flessibilità di tante piccole imprese, era la loro tendenza a organizzarsi in distretti, in sistemi territoriali con un forte livello di specializzazione e i vantaggi competitivi di una rete di interrelazioni economiche e sociali in un ambito geografico circoscritto e quindi assai più gestibile al confronto delle grandi concentrazioni urbane»2. Alla divisione economica dell’Italia in Nord e Sud si affiancava una “Terza Italia”, così definita da alcuni sociologi che in essa individuavano i caratteri di un nuovo capitalismo, non più basato sulle grandi famiglie e le grandi aziende, ma piuttosto su di una diffusa realtà molecolare3. Quegli anni furono segnati da alcuni significativi accadimenti. Nel 1980 fu eletto presidente di Confindustria Vittorio Merloni, che non apparteneva all’élite delle famiglie industriali italiane ma era espressione delle aree periferiche del Paese. Le sue aziende erano situate nelle Marche e lui ben rappresentava la visione della Media impresa che aveva saputo affermarsi, prima sul mercato nazionale con il marchio Ariston4 e poi, attraverso la costituzione di una holding di aziende, su quello internazionale. La visione di Merloni, anche quando la realtà che dirigeva era divenuta importante, aveva sempre preferito creare strutture produttive dialoganti di medie dimensioni legate al territorio, piuttosto che optare per una concentrazione e trasformarsi in grande industria. La visione di Merloni era guidata dalla consapevolezza del valore e del ruolo delle PMI, in un’azione di collaborazione e sinergia con la grande industria. I primi anni Ottanta furono anche occasione di crescita. Molte aziende medio-piccole si dotarono di nuovi macchinari, stazioni 2. Castronovo V., L’Italia della piccola industria, op. cit., p. 113. 3. Cfr. Bonomi A., Il capitalismo molecolare, Einaudi, Torino, 1997. 4. Ariston si affermò presto come un’azienda innovativa. Basta ricordare il sistema Unibloc (1962-68) che proponeva un’organizzazione integrata di elementi cucina e apparecchiature collegate, quali forno, fornelli e lavastoviglie. Il sistema Unibloc è un progetto messo a punto dal designer giapponese Makio Hasuike (1938), che dopo esperienze in Seiko era approdato in Italia nel 1963 e dagli anni Settanta divenne responsabile del design Ariston. Gli anni Ottanta e Novanta

271


James Irvine, lampada Float, Artemide, 2000, e poltroncina Turbo, Brf, 1996. Courtesy Studio Irvine.


Designer stranieri a Milano di Emanuele Soldini

Q

uando si pensa al design italiano e non soltanto a quello milanese, non si può fare a meno di pensare a quella schiera di creativi, tecnici, professionisti stranieri che lo hanno alimentato culturalmente e addirittura passionalmente e appassionatamente a partire dalla metà del secolo scorso. Con tutta probabilità è stata proprio la presenza di culture professionali di altri Paesi uno dei catalizzatori del successo, su un terreno già estremamente fertile, del sistema del design italiano nel mondo. Da ormai quasi settant’anni Milano è considerata uno dei poli, forse il più importante, del design mondiale. La città ha costruito la sua fama e la sua fortuna per un’alchimia di situazioni estremamente favorevoli e per la volontà di molti uomini che, nel dopoguerra, hanno creduto nella forza delle idee e in ciò che stavano facendo. Milano è gradualmente divenuta il luogo delle occasioni, dove “le cose succedevano” nel campo della cultura visiva e soprattutto della produzione industriale, e l’Italia intera ha confermato un’attrattività e una capacità imprenditoriale che si consolideranno dei decenni successivi. Proprio in quel periodo storico si è andata via via configurando una situazione di grande dinamismo produttivo, caratterizzata dalla volontà di fare e di innovare. Le grandi famiglie borghesi del Nord Italia come i Pirelli, gli Olivetti, i Borletti e tanti altri meno noti, a capo delle più prestigiose attività Designer stranieri a Milano

317


Makio Hasuike, lavastoviglie Aristella, Merloni Elettrodomestici, 1970. Zaino Impronta e dettagli di produzione delle scocche, MH Way, 1985.

318

100 anni di Design italiano


industriali e di servizi, hanno reso possibile lo sviluppo di una mentalità aperta, concreta, innovativa, pervasa di un desiderio costante di sperimentare il nuovo. Cultura, cinema, industria, innovazione, arte, nuove professioni e competenze: Milano divenne il traino per un Paese che aveva necessità e desiderio di progredire a tutto campo in modo dinamico e concreto. Questa apertura, fin dall’inizio, ha dato vita a un flusso di culture e competenze diverse, attratte dalla vitalità della città: Milano come luogo dove è possibile trovare nuove strade, in un Paese, l’Italia, dove la creatività è un elemento fondamentale nella vita quotidiana. In questo quadro i designer stranieri hanno contribuito enormemente allo sviluppo dell’identità forte del Made in Italy. Alcuni di loro sono arrivati per annusare l’aria e vedere che cosa succedeva. Molti non sono più andati via e hanno costruito nel nostro Paese la loro storia di vita, diventando a tutti gli effetti italiani d’adozione. Impossibile citarli tutti o anche solo farne una selezione corretta basata sui meriti. Ho preferito sceglierne pochissimi che ho avuto la fortuna di poter intervistare nel 2001. Alcuni di questi maestri non sono più tra noi, a distanza di quasi vent’anni, ma la loro presenza è testimoniata dal mondo di oggetti, di marchi e di arredi dovuti alla loro creatività. Li ho scelti in rappresentanza di tre generazioni di professionisti che, per casualità o per progetto personale, hanno vissuto e, in alcuni casi, ancora vivono in questa città: Bob Noorda e Andries Van Onck, Makio Hasuike e Perry King con Santiago Miranda, James Irvine e Bruce Fifield. Tre ondate diverse perché diverso era il contesto nel quale sono arrivati, eppure sorprendentemente simili le loro sensazioni rispetto alla cultura e al Paese che li ha ospitati. Li ho voluti incontrare alcuni anni fa per conoscere le loro storie umane prima ancora che professionali, per capire qual era stata la molla che li ha spinti a venire e a rimanere. Ne è emerso un panorama di emozioni, di ricordi, di aneddoti e curiosità che mi ha fatto percepire la passione e l’energia che tutti loro hanno contribuito a produrre. Hanno dato e preso molto, crescendo e facendo crescere la cultura del design italiano. Ma soprattutto ne è emersa una fotografia della cultura milanese nella quale alcuni elementi sono veri oggi come lo erano cinquant’anni fa. La grande casa nel piccolo Paese Arrivavano in ordine sparso, da ogni parte del mondo. Chi perché aveva vinto una borsa di studio, chi perché stava viaggiando per l’Europa Designer stranieri a Milano

319



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.