Il gesto sportivo e la sua forma

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Clarissa Orsini Pierluigi Salvadeo Marina Spreafico

Il gesto sportivo e la sua forma


Questo libro e lo spettacolo andato in scena al Teatro Arsenale nel febbraio del 2023 in esso descritto, sono stati consentiti dalla generosità del Gruppo AKNO e della omonima fondazione, la AKNO For Life Foundation nata dall’impegno sociale del Gruppo AKNO.

ISBN 978-88-6242-889-7 Prima edizione italiana novembre 2023 © LetteraVentidue Edizioni © Clarissa Orsini, Pierluigi Salvadeo, Marina Spreafico Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Gli autori sono a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Progetto grafico: Officina 22 Impaginazione: Francesco Piccolo Crediti fotografici: Matteo Dotti LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia letteraventidue.com


Indice

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Scene di sport Pierluigi Salvadeo

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Cronaca scenografica Clarissa Orsini

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Il gesto sportivo, un progetto, un esame d’università, un sogno, una camera d’infanzia, un racconto spaziale Marina Spreafico

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Il gesto sportivo e la sua forma Frammenti teatrali di azioni sportive Pierluigi Salvadeo


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Relazioni pericolose in luce


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Scene di sport Pierluigi Salvadeo

Questo libro descrive l’intenso lavoro svolto insieme ad un folto gruppo di studenti durante un corso di Scenografia e Spazi della Rappresentazione della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano. In quel contesto abbiamo progettato intervalli scenografici, intesi come scenari di espressione creativa e liberatoria, in grado di rappresentare i movimenti, le posture, le geometrie e gli spazi dello sport. In breve, abbiamo voluto raccontare a nostro modo le ragioni del gesto sportivo e il suo senso più autentico e nascosto. I progetti sono stati successivamente realizzati dagli stessi studenti all’interno del Teatro Arsenale di Milano, luogo non convenzionale per lo spettacolo, dove abbiamo voluto insediarci dinamicamente nei suoi articolati spazi, testando, o anche soltanto descrivendo le diverse condizioni instabili dello sport e i suoi scambievoli equilibri. Il tutto sotto i riflettori dello spettacolo, inteso come pratica insieme di verifica e di proposta. In questo contesto aperto e sperimentale, gli attori si muovevano liberamente nello spazio, scardinando qualunque schema precostituito, mentre il pubblico, premuto dai ritmi imposti dalla rappresentazione, si spostava da una parte all’altra scegliendo per proprio conto cosa guardare, cosa ascoltare o cosa toccare. C’è qualcosa, in questo modo di fare spettacolo, che lo fa assomigliare a un happening, luogo temporale inteso tipicamente come realtà plurima colta esattamente nell’atto del suo nascere. Quello stesso happening nato con Allan Kaprow verso la fine degli anni Cinquanta del 900, come nuova forma d’arte, ma anche di teatro, che unisce indissolubilmente arte e vita, e in grado, finalmente, di riempire l’intervallo tra l’osservatore, da quel momento in poi chiamato fruitore o partecipante, e l’artista, non più arroccato nella sua imperscrutabile sfera creativa, ma ora in grado di compromettersi con la realtà. È da questo momento che l’arte rompe con il tradizionale uso dei luoghi classicamente deputati alla sua osservazione, guarda caso l’edificio teatrale, a favore di spazi non convenzionali, che si trasformano per l’occasione in autoreferenziali luoghi di spettacolo: «In questi anni il teatro si è nutrito di


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Il percorso Credo che sia importante (o almeno lo spero) aiutare gli studenti a tracciare la strada che li porti alla realizzazione di un loro sogno. Per mia esperienza gli studenti sono un terreno bramoso di essere inseminato. Sono come zolle arate, rivoltate, nere di terra grassa. In queste zolle cadono semi di tutti i tipi. Alcuni portati dal vento, altri portati dagli insegnanti che si sono scelti e che ha loro fatto incontrare la Scuola alla quale si sono affidati. È nostro compito di insegnanti seminare il meglio possibile, lasciare che la terra ricopra e scaldi i semi, vederli spuntare, sostenere e potare le pianticelle perché possano crescere, diventare solide, fiorire e dare frutto. Lo studente vive questa gestazione come un sogno che comincia nel buio della terra e della sua interiorità. Si trova poi presto in una specie di camera d’infanzia, piena di giochi e di possibilità in disordine, alla quale, come un bambino, comincia a dare vita. Nessuno crea dal nulla e noi insegnanti seminiamo semplicemente, dando un tema, uno spunto, un’immagine, un germe durante le lezioni preparatorie. Trattandosi di un progetto di allestimento destinato ad essere agito in teatro, alcune lezioni si svolgono nel luogo stesso di destinazione dei progetti, in questo caso il Teatro Arsenale. Per un certo periodo tutto tace. Poi gli studenti arrivano con una loro proposta, ancora molto varia e indefinita, nella quale il loro sogno comincia a palesarsi con immagini, schizzi e poche parole. Questa prima proposta nasce dalle lezioni e sulla base delle ricerche a largo campo che hanno effettuato in gran prevalenza su internet. È internet in


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prevalenza il regno dell’immagine. Mi domando se quella baraonda di immagini e informazioni, che si trovano in rete e nel materiale iconografico a facile disposizione, favorisca o meno l’immaginazione, se quella quantità aiuti la scelta oppure se lo sterminato già fatto, del quale ci arriva solo una parte per i noti meccanismi di internet, finisca per sceglierci. In questo caso avranno gli studenti (e tutti noi) la consapevolezza che ci stiamo affidando ai manipolatori del caso? Queste immagini se da una parte aiutano, dall’altra riducono o addirittura escludono l’osservazione di prima mano del vivente e, almeno per ora, essendo prevalentemente bidimensionali, ci portano in una specie di seconda Flatlandia1. Non aiutano a includere, oltre la terza dimensione, quella del tempo che pure esiste e nella quale è inscritto il movimento. D’altro canto, esse aiutano sicuramente l’ispirazione e aiutano ad entrare in contatto con interessanti e a volte poetici immaginari. Perché in ultima analisi è di poesia che si dovrebbe trattare. È forse utile ricordare che immaginare e sognare sono attività più gradite dell’osservare, come narrato da Wim Wenders nel suo film Fino alla fine del mondo (1991) nel quale è preconizzata una (allora) nuova forma di dipendenza grazie a un apparecchio che rende visibili i propri sogni. È qui che entra in gioco l’importanza che assumono le lezioni dal vivo in teatro e il fatto che i progetti siano immaginati per un luogo specifico: il Teatro Arsenale di Milano2. L’Arsenale da molti anni accoglie un mondo immaginario, molto mutevole e vario. Fatto di spettacoli, lezioni, performance di vario tipo, allestimenti, esplorazioni… L’Arsenale è un luogo speciale, ricco di storia che sembra accogliere a braccia aperte ogni nuova proposta a patto che questa tenga conto della sua anima, del suo genius loci che si estrinseca – tra l’altro – nella qualità particolare del suo spazio. Questo è infatti disposto a mutare e rendersi irriconoscibile, a trasformarsi con facilità, purché lo si veda e lo si osservi con occhi complici e non gli si voglia far fare ciò che è contro la sua natura. L’Arsenale, che non è un teatro all’italiana, avvicina al mondo della scultura per la sua capacità di mostrare a tutto tondo, dell’architettura per la sua possibilità di tagliare lo spazio in modi sempre nuovi, inoltre, favorisce la visione in movimento, che implica il tempo. Non aiuta la visione frontale, propria di molti teatri storici e moderni, che porta con sé inevitabilmente un tipo di progettazione dove le due dimensioni sono le principali, con tutte le derive del caso: avvicinamento al mondo della fotografia, del cinema, dell’instagrammabilità e di tutto ciò che viene valorizzato da una visione a schermo piatto. Penso perciò che sia uno spazio ideale nel quale gli studenti/progettisti/realizzatori si possono esercitare in un’originale progettualità allestitiva e architettonica.


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Passaggio in una traiettoria › Pallavolo Progetto di: Liu jing Eva Alarcon Espejo

Nella pallavolo la sequenza continua del gesto sportivo dell’atleta descrive un’unica traiettoria che prosegue con quella della palla quando oltrepassa la rete per seguitare il suo moto dall’altra parte del campo. E così via con sequenze di andata e ritorno, fino ad un certo momento, quando il gioco avrà fine. Dovendo descrivere questo genere di moto continuo, morbido ed elastico, Passaggio in una traiettoria raffigura una successione di linee curve che rimbalzano nello spazio di ingresso del teatro Arsenale, come se a disegnarle fosse uno stes-

so punto in movimento posseduto da una propria forza propulsiva. Si tratta di un moto che si fa spazio e che infine descrive qualcosa che assomiglia alla sagoma di un edificio soltanto attraverso le sue linee di forza. Diagramma statico privo di calcoli, se non quelli liberi e astratti delle sole traiettorie poetiche di un movimento astratto e leggero che partendo da terra rimbalza sulle pareti verso direzioni inventate e sempre diverse,… e ancora e sempre fino alla fine del tempo a disposizione.


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Movimento statico › Kendō Progetto di: Federico Rondinone Marco Martinelli Alessandro Colombo

Il kendō, letteralmente «via della spada» è un'arte marziale giapponese che rappresenta una evoluzione delle tecniche di combattimento con la katana, la spada giapponese, utilizzata anticamente dai samurai. Si tratta di un esercizio fisico, faticoso e intenso, dove l’individuo coltiva oltre alle proprie capacità fisiche, anche il controllo di sé stesso e della propria mente. A partire da queste nozioni, l’allestimento al teatro Arsenale si è posto come una vera e propria perfomance, fatta di spazio, di tempo e di azione. Una corona circolare di raggi laser verdi, come alberi di un’antica foresta, contorna il kendoca, figura mitica ora

immobile su tronchi fossili. Ad un certo punto cala una nebbia e il kendoca simula un violento combattimento, dove la sua spada (nashi) roteando, attraversa i raggi laser che lo contornano, interrompendone la continuità e spezzando il volume cilindrico da essi definito. Dal gesto atletico del combattimento scaturiscono sequenze di figure diverse che appaiono e scompaiono nello spazio buio del teatro come una vera e propria danza di forme astratte. Poi, il movimento della spada si fa più lento, la nebbia svanisce e del combattimento ci resta solo il ricordo di raggi verdi impressi nella retina.


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Tiro con l’arco › Eco Progetto di: Rebecca Ajolfi Emma Josephin Balzarolo Valentina Blancardi

Nel libro XXI dell’Odissea, Omero descrive la gara dell’arco, ma solo Ulisse sarà in grado di tenderlo perché Atena solo a lui lo consente: «Poi con la mano destra pizzicò e provò il nervo, che ronzò sotto le sue dita simile a grido di rondine». È in questa forza annunciata dalla vibrazione della corda che si condensa l’immagine dell’arco del re, ora ritornato alla reggia sotto le mentite spoglie di un mendicante. Una vibrazione che racchiude in sé la tensione del dramma, che produce un suono acuto e penetrante, e che nel teatro Arsenale è diventata per noi densità di spazio. Diverse connessioni di significato risiedono nella descrizione del tiro con l’arco espresso da questa scena teatrale: la corda che vibra non solo produce suono,

nell’arco come in uno strumento musicale, ma occupa lo spazio e ne definisce un disegno che si evolve insieme alle sue oscillazioni. Se la corda vibrasse in uno spazio denso, di sicuro il suo movimento scaverebbe un vuoto, e questa è l’immagine in movimento che ECO vuole rappresentare nello spazio del teatro. Una stoffa elastica e semitrasparente cucita in forma di cono ospita all’interno due performer che agitandosi come in una danza iniziatica dilatano il grande telo facendogli assumere ogni forma possibile. Ne deriva una nuova figura ameboide che si dilata e si restringe, si allunga e si avvita su sé stessa, attraversando in diagonale lo spazio del teatro.


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Dispositivo.

Scenografia.

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Calcio in volo › Taekwondo Progetto di: Marta Chiodaroli Carlos Fuentes Llinares Blanca Larrea Herranz

Il taekwondo è un'arte marziale coreana, ma anche uno sport olimpico da combattimento dove i corpi entrano pienamente in contatto uno contro l’altro. Come quasi sempre avviene nelle discipline orientali, il taekwondo pur essendo particolarmente violento con un uso di tecniche di calcio, combina spesso filosofia e meditazione. Nel teatro Arsenale la scenografia che rappresenta questa interessante disciplina è costituita da un basamento circolare suddiviso in due parti che ruotando parallelamente al pavimento possono separarsi o restare unite

nel cerchio che le ha originate. Sopra ai due differenti settori sono posizionati filamenti metallici che rappresentano le linee di movimento degli ideali lottatori che prendono parte al combattimento. Sono molte le configurazioni che ne possono derivare, a seconda di quanto le due figure siano lontane o si scontrino per dare origine alla lotta. E pare addirittura che lo scontro sia inevitabile vista l’attrazione che si genera tra le due parti quando il cerchio di base torna a risolversi nella compattezza della sua geometria perfetta.


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Kumite › Boxe Progetto di: Alexandru Gabriel Florea Valeria Colasanto Tito Ferrari

Forza, sangue freddo, strategia, flessibilità e agilità, queste sono alcune delle doti che deve possedere il pugile quando si impegna nel combattimento. Qui è dell’agilità che vorremmo soprattutto parlare, e così, se fotografassimo il movimento dell’atleta lasciando aperto più a lungo l’obbiettivo, otterremmo senz’altro un’immagine dove la sua sagoma disegna una specie di flusso continuo che compie ampi cerchi su sé stesso. Una specie di volo non lineare la cui traccia incisa sulla pellicola si presenta più densa nella parte centrale e sfuma man mano che ci si avvicina ai bordi. Dunque,

se questa è la radiografia del movimento del pugile nello spazio, proprio di questo differente gradiente di densità vogliono parlare quelle specie di membrane che, come in una scenografia portatile, sono state fatte indossare alla controfigura che solca il teatro Arsenale da un punto all’altro inscenando un combattimento con un avversario invisibile… oppure no, forse è solo un angelo vestito di bianco che volteggia tra gli umani presenti in teatro, ma questo è il bello del teatro: la sua capacità di farci sognare ad occhi aperti.


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€ 10,00

Períactoi | Quaderni 03

Questo libro descrive l’intenso lavoro svolto insieme ad un folto gruppo di studenti durante un corso di Scenografia e Spazi della Rappresentazione della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano. In quel contesto abbiamo progettato intervalli scenografici, intesi come scenari di espressione creativa e liberatoria, in grado di rappresentare i movimenti, le posture, le geometrie e gli spazi dello SPORT. Abbiamo voluto raccontare a nostro modo le ragioni del gesto sportivo e il suo senso più autentico e nascosto. I progetti sono stati successivamente realizzati all’interno del Teatro Arsenale di Milano, antica chiesa sconsacrata e luogo non convenzionale per lo spettacolo. Il tutto sotto i riflettori di un insolito spettacolo, inteso come pratica artistica e prova di verità.


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