Porto di Santos / Port of Santos
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Rotte dell’emigrazione | Migration routes Museo Nacional de la Inmigración, Buenos Aires
Credi che mentre guardavano il cielo, di notte, i marinai di un tempo sapessero che molte di quelle stelle erano già estinte prima che loro nascessero? Se ne sarebbero fidati ugualmente, per orientarsi in alto mare?
While looking at the sky, during the night, did ancient mariners know that many of those stars had already died out before they were born? Would they have trusted them all the same, to find their way on the open sea?
Juan Forn Le navi in porto sono al sicuro. Ma non è per questo che sono state costruite
A ship in port is safe, but that is not what ships are built for
Benazir Bhutto
Oceano e altre storie (qualcosa che assomiglia a una introduzione)
The ocean and other stories (a sort of introduction)
La rotta è una linea sul radar, mentre fuori, la nave, attraversa acqua e paga schiuma all’oceano. Odore di nafta nell’aria, nostalgie strette alle ringhiere. E fuma – la “Grande Atlantico”– sotto cieli immensi che si aprono e chiudono. Va da Buenos Aires ad Amburgo, ferma a Paranagua, Santos e Rio, poi supera l’equatore, tocca Dakar e dice Europa del nord. Avanti e indietro, sull’Atlantico, prigioniera di un andirivieni dettato dal mercato. Nella pancia della nave: jeep Nissan, furgoni Mercedes, utilitarie Fiat e Volkswagen, camion Iveco, grandi trattori e Caterpillar. Sul deck principale, a prua, invece: duecento container. La nave è meticcia – compagnia italiana: Grimaldi, bandiera svedese – natura che conferma anche nella merce. L’equipaggio: 9 svedesi, 20 filippini. Gli svedesi affrontano con normalità la distanza dalle loro città, dove ritornano dopo sei settimane, soffrono molto di più i filippini che tornano (quando va bene) ogni sei mesi. Chi ha letto John Fante sa che i filippini spartivano con gli italiani la sofferenza in America, poi, noi siamo andati a stare bene e loro sono rimasti indietro. Ma ci somigliano ancora tanto: romantici, fanno gruppo, enorme nostalgia di casa, legatissimi alla famiglia. Si aiutano fra loro: gli ufficiali filippini si preoccupano molto dei marinai. Ipercattolici, diligenti, scrupolosi, lavorano sempre col sorriso e seguono ogni operazione con la massima cautela. La loro formazione è trasversale da due secondi ufficiali, un ingegnere in sala macchine fino a tutti i ruoli base. Lavano, saldano, cuciono la nave, che sentono loro. E la sera, sfiniti, cantano. Karaoke con immagini della loro isola: uno strano modo di combattere la nostalgia, conoscono a memoria le canzoni pop americane, ripassano l’inglese per il lavoro cantando l’amore.
The route is a line on the radar screen, outside the vessel goes across the water and pays foam to the ocean. Smell of naphtha in the air, nostalgia clenched to the banister. And Grande Atlantico smokes under immense skies, which clear up and cloud over. The ship goes from Buenos Aires to Hamburg, stops at Paranagua, Santos and Rio. Crossing the equator, it touches Dakar and claims northern Europe. Back and forth, on the Atlantic Ocean, a prisoner of endless comings and goings established by the market. In the ship’s belly: Nissan jeeps, Mercedes vans, Fiat and Volkswagen runabouts, Iveco trucks, big tractors and Caterpillars. Meanwhile, on the main deck, at the bow: two hundred containers. The ship is mixed race – Italian company: Grimaldi, with a Swedish flag – its goods reflect this nature, too. The crew: 9 Swedes, 20 Filipinos. Swedes can easily handle the distance from their homes, where they return after six weeks, Filipinos suffer worst, they go back every six months (if everything is all right). Those who have read John Fante know that the Filipinos shared suffering with the Italians in America. Then we became well-off and they fell behind. But they still resemble us: they gather together, romantic, enormous homesickness, extremely attached to their families. They help one another: the Philippine officers worry about the sailors. Hyper-catholic, careful, scrupulous, they always work with a smile and perform each operation with the utmost caution, from two second officers, and an engineer in the engine room, to basic roles. They wash, weld and mend the ship as if it was their own. And in the evening, exhausted, they sing. Karaoke with the images of their island on a TV screen: a strange way to fight homesickness, they know
Ponte di comando | The Bridge
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Kurt Pettersson Il Capitano | The Captain
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Kristian Nordstrรถm Il Marinaio Scelto | The Able-bodied Seaman
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Buenos Aires 35° 05,00’ s 055° 58,00’ w Paranagua 25° 37,40’ s 048° 15,60’ w Santos 24° 00,50’ s 046° 20,23’ w Rio de Janeiro 22° 58,00’ s 043° 08,00’ w
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Il Viaggio, Parte prima | The Voyage, Part one 35
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Buenos Aires, Paranagua, Santos, Rio È strana la notte con una nave sotto i piedi, intorno acqua e sale, in testa un progetto che sembra il pensiero di un pazzo: traversare l’oceano dall’Argentina alla Germania, via Africa. Quando la “Grande Atlantico” si stacca dalla banchina, non c’è nessuno a salutare, lontano le luci della città mostrano la Buenos Aires dei grattacieli voluti da Menem: l’Argentina che si credeva America. Lentamente, entriamo nel buio del largo, e quando il porto è solo un ricordo, l’acqua attraversata di nuovo primitiva, noi: civiltà che passa nelle tenebre, uno dei tanti esempi, spirito diverso, qualche rimorso e molto ancora da vedere. La nave, compagnia italiana, bandiera svedese, ha nei suoi dodici ponti coperti più di tremila auto e sul deck quattrocento container. Back-and-forth, avanti e indietro, seguendo le rotte del mercato, sull’Atlantico, quello vero, che incontriamo dopo un giorno di viaggio, sotto coste brasiliane: quando l’acqua da verde chiaro diventa scura e si porta dietro un carico di vento che rende difficile stare sul ponte anche i marinai. Il cielo è cupo, una tenda scura piena di buchi dove passano sfere di sole che illuminano l’acqua. Intorno: non si vede niente altro che mare. Le onde hanno tutte una corona bianca di spuma che brilla, invece, sopra l’orizzonte una nebbiolina che pare il futuro, ti sta davanti, ma non sai quando e come ci arriverai. L’equipaggio della nave è uno strano innesto tra filippini e svedesi, insieme formano un paese che non esiste. Per mare, non c’è nazionalità che tenga, ma specie a disagio, che cerca di adeguarsi a un mondo che non gli appartiene. A fare la parte della terra: le navi, che vivono, si muovono e lavorano nel silenzio dell’oceano. Il capitano Kurt L. Pettersson un fischio ai sessanta, negli occhi quasi tutto il mondo visto da una nave, dritto, introverso, faccia da Henry Fonda Porto di Buenos Aires | Port of Buenos Aires
Buenos Aires, Paranagua, Santos, Rio Weird the night with a ship under your feet, water and salt all around, the plan in your head seems the idea of a madman: crossing the ocean from Argentina to Germany, via Africa. When Grande Atlantico leaves the dock, no one is there to wave goodbye, far away the city lights show the skyscrapers of Menem’s Buenos Aires: Argentina thinks it is United States. Slowly, we enter the dark open sea, with the port only a memory and the ship on primitive waters again. We: civilization passing through darkness, the only truth, different mood, remorse, and a lot more to see. Italian company, Swedish flag, the vessel holds more than three hundred cars in its twelve decks and four hundred containers on the main one. Avanti e indietro, back and forth, following the market’s rules, on the Atlantic, the real one, the one we meet after one day’s journey, off the Brazilian coast: when the sea green water darkens and take on the burden of wind, making it hard even for sailors to stand on deck. The sky is gloomy, a dark pierced curtain with sunny spheres passing through and illuminating the water. For miles around: nothing else but ocean. All the waves are white crowned with gleaming foam, above the horizon a light veil of mist, as if it were the future, beyond the ship, you do not know when and how you will reach it. The ship’s crew is a strange graft between Filipinos and Swedes, together they make an unreal country. On the ocean, there is no nationality, but a sort of awkward species, trying to move within a world to which they do not belong. Our land: vessels living, sailing and working in the silence of the ocean. The captain Kurt L. Pettersson, nearly sixty, in his eyes the whole world as seen from a ship, straight, withdrawn, his face like Henry Fonda, worn out by wind, his eyes everywhere, he stands over the crew through his silence. 37
Grande Oceano
Grande Oceano
Bisogna avere le spalle larghe per sopportare l’oceano. Ti entra dentro attraverso le narici, riempie gli occhi, e copre la testa con i suoi cieli immensi e unici. Se hai vecchie ferite te le riapre, se hai paure te le accentua, se c’è un amore lontano ti farà impazzire. Qui rivedrai tutti i tuoi fantasmi, puoi starne certo. Se non hai una buona conoscenza della solitudine prima di imbarcarti, rischi la pazzia. In mezzo all’Atlantico tutti sono soli, e non basta la compagnia di nessuno. Ogni volta che esci sul ponte si spalanca davanti un vuoto di tempo e d’acqua pronto a ingoiarti, senza nessuna mediazione che non sia la tua forza di resistenza, che non siano i tuoi pensieri. Vedi la vita per quello che è, tu, solo, davanti all’universo che si mostra nudo e crudele, come è davvero. E nemmeno la meraviglia deve avere la meglio altrimenti rischi una deriva mistica o nel peggiore dei casi una lettura new age del viaggio. Ci vuole equilibro per stare in mezzo al mare, equilibrio, passione, e qualcuno dietro il filo dell’orizzonte che ti aspetti, che sia uomo, donna o sogno non importa, conta che ci sia, e inoltre deve sapere che tornerai diverso, e non sempre questa diversità è in meglio. Il tempo è immobile, la nave, bestia metallica, ti sembrerà sempre lenta e indifesa rispetto alla massa d’acqua che solca. Il vento è la voce dell’oceano, urla o sussurra, sposta le nubi, alza i colori come se fosse uno scenografo, regalandoti giornate di stupore. Col passare dei giorni, lo riconosci. Apprezzi, odi. E quando vedi una nave, subito pensi a uno come te dall’altra parte che aspettava di avere la stessa visione, un desiderio a specchio che copre la monotonia del giorno che sta sorgendo. Poi, dopo qualche ora, torni ad essere solo e ad aspettarne un’altra o a ripeterti quanto manca per il prossimo porto.
You need broad shoulders to bear the ocean. He blows into nostrils, fills your eyes and covers your head with his wide unique skies. If you have old wounds they will be opened again, if you have fears they will grow, if you have a faraway love, the ocean will drive you mad. Here, all your ghosts will appear again, you can be sure. Unless you have already known solitude before sailing, you will risk insanity. On the Atlantic everyone is alone and no one can lighten your loneliness. Whenever you go out on deck an emptiness of water and time opens wide ready to swallow you, no mediation at all except for your strength and resistance, except for your thoughts. You see life as it is, you, alone, in front of the universe showing itself bare and merciless. And not even the wonder must prevail, since you would risk a mystic drift or at worst a new age vision of the journey. You need balance to stay in the middle of the ocean, balance, passion, and someone behind the horizon’s line waiting for you. It could be a man, a woman or a dream, whatever but it must be there, conscious that you are coming back different and this change is not always for the better. Time is motionless, the ship, metallic beast, is always going to be slower and more defenseless than the body of water it ploughs across. The wind is the voice of the ocean, it shouts or whispers, pushes the clouds, raises colors as it were a painter, giving you days of wonder. As days go by, you recognize him. You wish, you hate. And when you see a vessel, you immediately think of someone like you on the other side waiting for the same vision, a mirror wish over the monotony of the rising day. Then, after a while, you are alone again, waiting for another ship or muttering to yourself how long it will take to get to the next harbor. 49
Ship Type: Cargo Year Built: 1999 Length x Breadth: 214 m x 32 m Dead Weight: 27965 t Speed recorded (Max / Average): 19.4 / 13.5 Knots 58
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Sul ponte Il ponte di questa nave è un campo di calcio, qualcuno viene a correre, io ci cammino di notte, altri vengono a pregare negli angoli: rivolti all’acqua, immensa distesa che ci perdi gli occhi, e l’orizzonte ti pare un rigo di quaderno, due dita sotto un cielo carico di nuvole bianche e immobili. E la tua è una storia ancora da scrivere. On deck This vessel’s deck is like a soccer field, someone comes to run, I walk on it at night, others come to pray in the corners: facing towards the water, an immense expanse where you get lost and the horizon seems a line on a notebook’s page, two inches below a sky burdened with still white clouds. And yours is a story still to write. Malaya, cameriera | Malaya, mess woman
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Prua Dice futuro, urla andiamo andiamo, e dietro ci sta la nave col suo carico che segue come un bimbo, curioso e stupefatto di quello che sta per vedere, che vede e perde, mare sempre uguale eppure diverso. Poppa Ăˆ sempre passato, un passato prossimo che puoi ancora vedere di lato. Bow It says future, shouts let’s go let’s go, and behind there is the vessel with its load, it follows like a child, curious and amazed at what he is about to see, which loses and sees, the ocean always the same yet different. Stern It is always past, a close past you can still see sideways. 64
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Dakar 35° 05,00’ s 055° 58,00’ w Emden 25° 37,40’ s 048° 15,60’ w Bremerhaven 24° 00,50’ s 046° 20,23’ w Amburgo 22° 58,00’ s 043° 08,00’ w
Il Viaggio, Parte seconda | The Voyage, Part two 71
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Note a margine per un eventuale viaggio in Cargo Endnote for cargo ship travelers
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Avvertenza Dimenticate Melville, Conrad, Stevenson quelli vanno bene per superare certi pomeriggi, sognare altri mondi. La vita per mare oggi, è diversa: meno romanticismo, molto lavoro, poche parole. Se proprio non avete il tempo per traversare l’oceano e volete sapere come funziona, leggete Alvaro Mutis. Cosa sopportare Chi sceglie i cargo deve amare la lentezza, essere disposto a sopportare un viaggio spartano, a perdere dei giorni in mare senza protestare in caso di tempesta, a subire un corso di sicurezza noiosissimo, a partecipare a numerose esercitazioni che prevedono anche dì indossare una ridicola muta, qualche volta a mangiare anche male, e ad accettare l’idea che si possa stare fermi massimo 48 ore in una città come Rio de Janeiro o Buenos Aires. Quelli che Sceglie il cargo anche chi ha paura degli aerei, o nella maggior parte dei casi della tratta Europa-Sudamerica imbarca il camper per andare in Patagonia. Compagni di viaggio Si possono incontrare un bimbo svizzero di 5 anni figlio di una coppia reduci da un anno in giro su un camper in America latina. Una signora inglese di 84 anni che ha passato la vita sulle navi, cominciando nella seconda guerra mondiale. Un missionario che da Freetown torna a Tilbury per l’ultima volta. E poi reporter olandesi e pensionati tedeschi.
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Impagabile la visione delle balene, i cieli, gli albatros e le tempeste (se non soffrite il mal di mare). La storia all’altezza dell’equatore il capitano Pettersson (della nostra nave) uomo che ha come eroe Mandela, è stato in quasi tutto il mondo, parla un ottimo inglese, uno che ha vissuto la vita, ci racconta l’albatros, dice lo vedremo e ci dice cosa fa, comportamento e caratteristiche. Ma quando gli diciamo che c’era una poesia su quell’uccello, scopriamo che non solo lui non conosceva la poesia, ma neanche la parola “poesia” in inglese. Era fuori vocabolario. Non è che diventi marinaio leggendo Baudelaire o Conrad, come pensano molti, diventi marinaio perchè tuo padre lo era o aveva a che fare col mare, nasci su un’isola con la tradizione o sei povero e non hai molta scelta. Noi (che non diventiamo marinai) al massimo, in gioventù, sogniamo, immaginiamo una cosa simile, per un giorno anche due, senza inseguirla, senza perseguirla, e poi rimaniamo convinti che quelli che vanno in mare hanno fatto un percorso simile al nostro, solo con più costanza. Non dimenticare mai Emergenza generale: sette fischi brevi seguiti da uno lungo. Uomo in mare: un fischio lungo. Abbandono nave: segnali sonori prolungati con tutti i mezzi possibili. Incendio nave: due fischi lunghi seguiti da un suono continuo di campanelli.
Warning Forget Melville, Conrad, Stevenson, they can help you get through some afternoons, dream of other worlds. Nowadays, life at sea is different: less romantic, a lot of work and few words. If you do not have enough time to cross the ocean and you want to know how it is, you should read Alvaro Mutis. What you must bear Those who choose cargo vessels have to be fond of slowness and bear stark journeys. In case of storm, you have to be ready to lose days at sea without complaining and stand a very boring course on safety measures. You have to take part in drills including one wearing a ridiculous wet suit, get used to eating bad food and the idea that you are going to stop no more than 48 hours in cities like Rio de Janeiro or Buenos Aires. Those who Cargo vessels are also chosen by people afraid of planes, others, who travel the route Europe-South America, load their truck camper on the ship to go to Patagonia. Fellow travelers You meet a 5-year-old Swiss child, son of a couple coming back from a one year’s journey by camper across Latin America. An 84-year-old English lady who has been spending her whole life on vessels since the Second World War. A missionary who goes from Free Town to Tilbury for the last time. And then, Dutch reporters and German pensioners.
Invaluable The sight of whales, skies, albatross and storms (if you do not suffer from seasickness). The story Getting closer to the equator, the captain of our ship, Mr. Pettersson, a man who has traveled all around the world and speaks English fluently, one who has seen a great deal of life and whose hero is Mandela, told us of the albatross, he said we would see it, he told us what it usually does, behaviors and characteristics. Yet, when we told him that there is a poem on this bird, we discovered that he did not know the poem and even the word poem in English. It was not in his vocabulary. You do not become sailor by reading Baudelaire or Conrad, as many people think. You are a sailor because this was your father’s life, you were born on an island or you are poor without any choices. We will never be sailors, we only used to dream that for one or two days when we were young, without pursuing it, and then we think that those who work at sea dreamt as we did but with more firmness. Never forget General emergency: seven short blasts on the ship’s whistle, followed by one prolonged blast. Man overboard: one prolonged blast on the ship’s whistle. Abandon ship: continuous ringing of the general alarm bell and continuous sounding of the ship’s whistle. Fire on board: two prolonged blasts on the ship’s whistle followed by a continuous sound of alarm bells.
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La moglie del secondo ufficiale William Armedilla | The wife of the second officer William Armedilla