Alfonso Gambardella
Ferdinando Sanfelice Per un’altra idea di architettura del Settecento
INDICE
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Introduzione
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Il nuovo interesse
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Arte e libertà a Napoli tra Seicento e Settecento
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Fonti e relazioni
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Album di Capodimonte
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La fortuna di Stefano Gambardella: la sua eredità e le acquistate proprietà del Roomer
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Il racconto di Chiaia e Pizzofalcone
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Un nuovo percorso tra Chiaia e Pizzofalcone
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Tra centro antico, quartieri bassi, zona portuale e Santa Maria la Nova
169
Dal Real Palazzo a Capodimonte
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I dieci anni di straordinari successi trascurati dalla critica
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Sanfelice nel Regno
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Conclusioni
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Ferdinando Sanfelice
Introduzione
A fianco: Roccapiemonte, Villa Ravaschieri, Cappella della Madonna dei sette dolori (1720), particolare del capitello e della trabeazione angolare
Cornice Credo che la storia dell’architettura del Settecento europeo ci riservi ancora oggi moltissime sorprese soprattutto se si sceglie come punto privilegiato di osservazione Napoli, una delle capitali più sorprendenti del vecchio continente, a partire dalla sua forma molteplice ed inconfondibile. E la storia diviene ancora più avvincente se si pone al centro della narrazione l’estro del grande architetto Ferdinando Sanfelice. È stato, a tal fine, necessario rivedere il senso di alcuni avvenimenti a partire dal Seicento. Infatti, la versione da sempre raccontata – e cioè quella di una Napoli capitale isolata e autoreferenziale – oggi non mi convince più anche perché credo che gli spagnoli (che ne erano i dominatori in quel periodo) non fossero riusciti, o forse non ne avessero neanche mai avuto un vero e proprio interesse, a tenere lontana e isolata dal dibattito culturale europeo una metropoli solo per reggerla in scacco. Mi sembra, piuttosto, che le cose siano andate in modo evidentemente diverso. In base a nuovi ritrovamenti storiografici, oltre che a considerazioni di natura iconologica, mi sono convinto di una serie di tesi che hanno da un lato confermato l’importanza di un autore e dall’altro ne hanno aperto l’inedita portata visionaria, la capacità di reinterpretazione e anche di stravolgimento dell’uso dei classici. In una città densa di fermenti, e in un’Europa da cui Napoli non era affatto lontana e nemmeno isolata, Ferdinando Sanfelice era un nobile sovversivo dell’architettura. Questa resta la sua più grande dote perché, dalla città natale Introduzione
7
Napoli, Palazzo Ayerbo D’Aragona (XVIII sec.), oggi sede della Fondazione Morra – Istituto di Scienze delle Comunicazioni Visive, (a fianco) vista
Fonti e relazioni
della scala principale e (in alto) particolare dell’articolazione spaziale delle volte
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Napoli, Palazzo Pignatelli di Monteleone, vista del portale lungo calata TrinitĂ Maggiore, dettaglio di un capitello biomorfo, scorcio della facciata Nella pagina precedente, lo spettacolare portale sanfeliciano lungo la calata TrinitĂ Maggiore
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Ferdinando Sanfelice
dell’architetto, è ipotizzabile che l’album sia stato custodito da sua figlia, che dovette aggiungervi qualche disegno, molto pochi, di mano diversa da quella del padre, fino a quando, purtroppo, negli anni Settanta l’album fu spaginato dal Soprintendente Raffaello Causa, su consiglio involontariamente comico di Antony Blunt, storico in visita a Napoli per approfondire e riscrivere la Storia del barocco napoletano. Oggi i fogli dell’album sono reperibili e consultabili, ma bisogna cercarli nel Fondo uno per volta poiché non è stato ricomposto in un restauro con un’appropriata rilettura critica. Ho già espresso numerose volte le mie considerazioni sul lavoro di Blunt. Ritengo molto positivo che egli abbia assegnato una borsa di studio al suo allievo e dottorando Alistair Ward, per farlo restare a Napoli oltre un anno e realizzare un’indagine documentaria sulle opere di Sanfelice. Lo studioso che ha pubblicato la sua tesi nel 1979, ha realizzato poi un lavoro di ottima esegesi nel 1988, dalla pubblicazione per i tipi di Garland a Chicago di un compendioso volume di oltre seicento pagine sull’attività di Ferdinando Sanfelice. Il volume ebbe sì un grande successo editoriale, ma non va supera concretamente le notizie del De Dominici, né interpreta la fondamentale vicenda di Capodimonte. Non giunge, soprattutto, a rendersi conto di quanto sia importante per la carriera del Sanfelice l’eredità lasciatagli dalla madre. Eppure il giovane, a quei tempi, Ward ebbe l’occasione di poter giungere a importanti conclusioni intuendo che i fondi del Tribunale della Fortificazione, Mattonate e Acqua conservati parte nell’Archivio Storico e nell’Archivio di Stato di Napoli, erano una fonte inesauribile per approfondire la complessa vita di Ferdinando Sanfelice. Questi consultò e approfondì il complesso processo che investì Camillo, erede sanfeliciano che, come analizzeremo, durò fino alla fine del Settecento ripercorrendo molti aspetti della storia sanfeliciana. Insomma, credo che sia venuta a mancare quella semplice azione integrativa tra vita ed opera che desta molte sorprese quando si seguono piste meno ortodosse di quelle cui si è affidato Ward.
Fonti e relazioni
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Santa Chiara di Nola, disegno per un comunicatorio 86
Studio per un comunicatorio dedicato a San Gennaro 87
€16,50
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