Il castello scozzese. Muri molto, molto spessi. Poche aperture per il nemico. Aperto all’interno ai suoi occupanti. Un luogo per leggere, un luogo per cucire […]. Luoghi per il letto, per la scala […]. Luce solare. Una fiaba. Louis I. Kahn - 1973
Francesco Cacciatore
IL MURO COME CONTENITORE DI LUOGHI Forme strutturali cave nell’opera di Louis Kahn
Ringraziamenti Lo studio qui pubblicato scaturisce da un lavoro di ricerca condotto all’interno del Dottorato in Progetto Architettonico ed Analisi Urbana - XVIII Ciclo - con sede presso l’Università degli Studi di Catania, Facoltà di Architettura, nel corso del triennio 2002-2005. L’autore desidera ringraziare tutto il Collegio dei Docenti per aver condiviso la trattazione dei temi di cui il presente volume rappresenta un estratto. L’autore desidera ringraziare inoltre Adriano Cornoldi, professore Ordinario di Architettura degli Interni presso lo IUAV di Venezia per la presentazione fatta al volume; Luigi Pellegrino e Gianfranco Gianfriddo, per il continuo scambio di idee e concetti e la condivisione di ricerche e progetti che sono un costante riferimento nello studio e nella pratica dell’architettura; Laura Martorina, per il decisivo sostegno e la convinzione con cui ha incoraggiato la pubblicazione di queste pagine. Francesco Cacciatore, Giugno 2011
INDICE 9 15
Presentazione di Adriano Cornoldi Introduzione
TRADIZIONE DELLO SPESSORE Cenni sulle origini e lo sviluppo dei sistemi architettonici murari 19 22 28
Archetipi della costruzione stereotomica e dell’architettura plastico-muraria Persistenza delle forme e dei caratteri della parete stereotomica Evoluzione della tradizione stereotomica
RITORNO ALLO SPESSORE Louis Kahn e la ricostruzione dello spessore dopo la stagione modernista 41 47
Formazione Beaux-Arts e superamento del moderno L’adozione della forma strutturale cava
CONTROLLO DELLO SPESSORE L’opera di Kahn e la svolta del decennio 1951-1961 59 71 82
Ispessimento degli elementi orizzontali Ispessimento degli elementi puntuali Ispessimento della parete continua
POETICA DELLO SPESSORE L’invenzione del muro come contenitore 101 109
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“Avvolgere con le rovine”: il muro diaframma e lo spazio marginale “Vivere nella parete”: il muro abitato e lo spazio interstiziale
Bibliografia Fonti delle illustrazioni
Questo libro è stato stampato per la prima volta verso la fine di dicembre del 2008. Poco piÚ di un mese dopo il Prof. Adriano Cornoldi ci ha lasciato sopraffatto da una pesante malattia. Non ha avuto il tempo di riceverne una copia. Desidero ringraziarlo profondamente per la tenacia e la forza con cui, fino alla fine, ha sostenuto questa ricerca, per i preziosi consigli e per le lucide, esatte parole di presentazione al volume, disperatamente cercate in un momento in cui anche le parole stavano per abbandonarlo. Grazie Adriano.
Titolo libro
PRESENTAZIONE di Adriano Cornoldi
È stato ampiamente dimostrato come i maestri moderni, nella ricerca congiunta di invenzioni formali e invenzioni costruttive, si siano riferiti in varia misura ad esempi del passato, da loro liberamente scelti quale guida che potesse ispirarli e sorreggerli nella faticosa avventura verso il nuovo. Nell’opera di Perret sono note, ad esempio, le relazioni fra ordine classico e nuove razionalità strutturali. Anche Le Corbusier ha mostrato di continuo di saper far tesoro della tradizione: senza il viaggio in Oriente non ci sarebbero state le Maison Domino e quei “cinque punti” in grado di determinare un linguaggio. Senza il richiamo al razionalismo visto a Katsura o in Jefferson, Wright non avrebbe avuto le intuizioni tettoniche delle Prairie Houses, del Larkin Building o degli uffici Johnson. La memoria di Schinkel agisce nella ricerca miesiana di un’identità fra assemblaggio di componenti e rigore formale. Le architetture in forma di soffici nuvole, viscere gelatinose, acuminati virtuosismi, degli autori oggi di moda – prive nello stesso tempo di funzionalità, economicità, e durevolezza – mancano di relazioni sia con la costruzione che con la storia. In maniera paradigmatica forma, struttura e storia sono state invece tenute assieme da Louis Kahn. Egli lo dichiara esplicitamente: «la tradizione è ciò che ci dà i poteri Presentazione di Adriano Cornoldi
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INTRODUZIONE
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Il muro come contenitore di luoghi
«Quanto ai tentativi di raggiungere una cosiddetta “nuova” architettura nel senso di produrre qualcosa che non ha precedenti e che è avanzato […] accettiamo, una volta per tutte, che un’opera veramente senza precedenti e avanzata non è quella che si avvale di uno splendore superficiale per suscitare un effetto sensazionale provvisorio ed effimero, oppure quella che cerca di coglierci di sorpresa ricorrendo a contorsioni acrobatiche e pretenziose, basate su “scoperte” transitorie, bensì soltanto quella che è giustificata da una tradizione lunga e continua, quella che dura perché è stata messa più volte alla prova all’interno di ogni nuovo contesto, così che essa esprime ogni volta da capo esperienze interiori, discipline segretamente alimentate, forme che sono state effettivamente trattate più volte»1. Così scriveva nel 1975 l’architetto greco Aris Konstantinidis stigmatizzando il carattere effimero che il nuovo assume quando è perseguito semplicemente come un fine in sé, rifiutando di collocarsi, seppur con le dovute distanze e i necessari adeguamenti allo spirito contemporaneo, all’interno di una tradizione precisa e consolidata. Queste parole risuonano, oggi più che mai, significative ed attuali. Mai come in questo momento, infatti, il panorama architettonico contemporaneo si era dedicato a perseguire la costruzione di architetture innovative avvalendosi di quello che Konstantinidis definisce uno splendore superficiale sensazionale, provvisorio ed effimero, combinato a contorsioni formali acrobatiche e pretenziose. Nella foga di offrire ai nostri occhi lo spettacolo delle cosiddette forme nuove e di scenari mai visti, a nessuno verrebbe in mente che un’opera avanzata e senza precedenti possa esprimersi attraverso la reinterpretazione di una tradizione lunga e continua, sfruttando le potenzialità attuali di quelle che, sempre attraverso le parole dell’architetto greco, si possono definire forme che sono state trattate più volte. Questo lavoro di reinterpretazione in senso moderno delle forme e dei temi dell’antichità sembra invece essere la chiave di volta attraverso cui i grandi Maestri del Novecento, compresi quelli del Movimento Moderno considerati i più dissacranti e rivoluzionari rispetto al passato, sono riusciti a cambiare il corso della storia dell’architettura. Muovendo da questo presupposto, questo studio assume l’opera di Louis I. Kahn come una sorta di cerniera capace di raccogliere l’eredità dell’antica tradizione costruttiva “a spessore”, rivalutandola e rendendola disponibile come campo di sperimentazione nel mondo architettonico contemporaneo. Introduzione
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TRADIZIONE DELLO SPESSORE Cenni sulla nascita e lo sviluppo dei sistemi architettonici murari
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Il muro come contenitore di luoghi
Archetipi della costruzione stereotomica e dell’architettura plastico-muraria
Tra le architetture che si fondano sulla costruzione di tipo murario un posto di primo piano è reclamato senza dubbio dall’architettura egizia la quale, da questo punto di vista, si potrebbe dire che rivesta quasi un ruolo di archetipo. Questo risulta evidente non tanto per la presenza e l’importanza che richiede il muro nella sua costituzione, ma soprattutto perché nel muro egizio risiede tutta una maniera di intendere l’essenza del fare architettura e quindi del costruire1. Gli antichi egizi, infatti, si concentrano sulla rappresentazione della materia fisica, dedicandosi in particolar modo alle qualità sensibili ed apparenti proprie del suo stato inerte. Pertanto, il vero punto di partenza nel processo di manifestazione e rappresentazione di questa architettura risiede, non tanto nella dimensione puramente geometrica e costruttiva del muro, quanto nella sua materia, nella fattispecie la pietra, la roccia al suo stato naturale. Proprio per questo motivo, forse, la roccia richiede, nel mondo egizio, non tanto il ruolo di semplice materiale da costruzione quanto un valore di materia base, capace di costruire tanto il suolo fisico del paese egiziano quanto il suo paesaggio architettonico e geografico2. La materia così definita è quella che controlla e dà un significato preciso ai diversi elementi dell’architettura egizia, attraverso le sue qualità fisiche di pesantezza, solidità e coesione. Queste qualità assumono caratteristiche tipiche nel caso della pietra, un materiale che risulta essenzialmente continuo, omogeneo ed isotropo, dotato cioè, delle stesse caratteristiche apparenti in tutte le direzioni. Lo stesso Gottfried Semper, nel classificare le quattro categorie di materie prime fondamentali esistenti in natura, individua una corrispondenza tra l’arte della stereotomia e le caratteristiche fisico-meccaniche della pietra. Alla prima categoria di materiali Semper fa corrispondere i tessuti e quindi l’arte tessile; alla seconda categoria appartiene la ceramica; alla terza categoria la tettonica (o carpenteria) e, alla quarta categoria, in cui chiaramente si riconoscono tutte le caratteristiche della pietra, corrisponde, come si diceva, la stereotomia o arte muraria3. Il tipo di lavoro che rivela e mette in luce le caratteristiche intrinseche della materia lapidea è legato direttamente all’attività necessaria per la trasformazione della pietra stessa. Questa corrisponde Tradizione dello spessore
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Tempio di Horus, Edfu, Egitto, 3000 a.C. - Pianta.
Yale University Art Gallery, New Haven, 1951-1953. Disegno che mostra l’integrazione dei sistemi strutturali del solaio e dei sistemi degli impianti. Particolare del disegno del cassettonato a vista.
Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, 1959-1965 - Schizzi.