A cura di / Edited by
Michele Manigrasso
Regenerating KIBERA INFILTRAZIONI DI URBANO NELLO SLUM DI NAIROBI URBAN INFILTRATIONS IN THE SLUM OF NAIROBI
03 Collana Alleli / Events Comitato scientifico Scientific commitee Edoardo Dotto Nicola Flora Antonella Greco Bruno Messina Stefano Munarin Giorgio Peghin – I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review The volumes published in this series are subjected to a peer-review process
La pubblicazione è stata realizzata con il contributo dei fondi per l’attività didattica del Dipartimento di Architettura e con il sostegno di Valter Fabietti, Domenico Potenza e Carlo Pozzi, responsabili scientifici del Laboratorio Città Informale. This book has been published through the funds for the teaching activities of the Department of Architecture and with the support of Valter Fabietti, Domenico Potenza and Carlo Pozzi, scientific supervisors of the Informal City Laboratory. ISBN 978-88-6242-289-5 Prima edizione Febbraio 2018 First edition February 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Testi/Texts: rispettivi autori/each author © Foto/Photos: Gloria Bazzoni È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, including photocopying, even for internal or educational use. Italian legislation only allows reproduction for personal use and provided it does not damage the author. Therefore, reproduction is illegal when it replaces the actual purchase of a book as it threatens the survival of a way of transmitting knowledge. Photocopying a book, providing the means to photocopy, or facilitating this practice by any means is like committing theft and damaging culture. If any mistakes or omissions have been made concerning the copyrights of the illustrations, they will be corrected in the next reprint. Book design Michele Manigrasso con/with Maria Capuozzo LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italy Web www.letteraventidue.com Facebook LetteraVentidue Edizioni Twitter @letteraventidue Instagram letteraventidue_edizioni
a cura di Michele Manigrasso
Regenerating Kibera INFILTRAZIONI DI URBANO NELLO SLUM DI NAIROBI URBAN INFILTRATIONS IN THE SLUM OF NAIROBI
INDICE CONTENTS
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00. Introduzione / Introduction VALTER FABIETTI - DOMENICO POTENZA - CARLO POZZI
STRATEGIE DI RIGENERAZIONE NELLE CITTÀ INFORMALI / REGENERATION STRATEGIES IN INFORMAL CITIES 014
01. La questione urbana ai confini del mondo. Progetto locale o soluzione globale? / Urban dilemmas on the edge of the world. Local project or global solution? MICHELE MANIGRASSO
024
02. Sinossi dell’insediamento informale. Riflessioni a margine / Synopsis of the informal settlement. Reflections at the margin VALTER FABIETTI
030
03. La inevitabile specificità di Kibera / The inevitable specificity of Kibera CARLO POZZI
036
04. Quell’informale resistenza dell’abitare al margine / The informal resistance of living on the edge DOMENICO POTENZA
042
05. The Kibera railway as a front: a case study of Relocation Action Plan (RAP) / La ferrovia di kibera come fronte: un caso studio dal Piano d’Azione di Riallocamento (RAP) ERASTUS ABONYO - JUDITH KWAMBOKA ONYONI
052
06. Approcci innovativi di rigenerazione di tessuti urbani in forte degrado / Urban fabrics innovative regeneration approaches in strong degradation ANTONIO CONTE
058
07. Sierra Leone. Riflessioni sul campo per un’architettura dello sviluppo / Sierra Leone. Reporting from the field for a development architecture MARIA ARGENTI
066
08. Inside out. Un progetto partecipato per una scuola in Ghana / Inside out. project participated of a school in Ghana GIANLUIGI MONDAINI
074
09. Auto-organizzazione come processo fondante della città / Selforganization as founding process of the city EDOARDO MILESI
080
10. Rigenerazione spaziale e sociale della città informale / Spatial and social regeneration of informal cities ROBERTO BOLOGNA - FERNANDO BARTH - GIULIO HASANAJ
UN PROGETTO PER KIBERA / A PROJECT FOR KIBERA 088
01. Rigenerare Kibera. Linee guida per il progetto / Regenerating Kibera. Guidelines for the project MICHELE MANIGRASSO
098
02. Spazi tra. Strategie di riattivazione / Spaces between. Reactivation strategy GLORIA BAZZONI - MATTEO MAZZAMURRO
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03. Asse ferroviario come spazio pubblico abitato / The railway meant as an inhabited public space GIULIO GIRASANTE - LETIZIA MUSAIO SOMMA
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04. Rigenerazione delle trame urbane / Urban wefts regeneration ALESSANDRA PALMA - VALENTINA SPATARO
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05. Nuovi luoghi per la didattica / New didactic places MILENA BOCCI - SABRINA PECORILLI
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06. Riconfigurazione tipologico-funzionale dell’asse commerciale / Tipological-functional reconfiguration of the commercial way CARLA CASSIANO - GIOVANNI RASETTI
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07. Riqualificazione ambientale di un ramo del torrente Ngong / Environmental regeneration of Ngong torrent branch VALERIA MARZANO - GAIA VICENTELLI
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NOTA DEL CURATORE / EDITOR’S NOTE
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BIBLIOGRAFIA / BIBLIOGRAPHY
La questione urbana ai confini del mondo. Progetto locale o soluzione globale? – Urban dilemmas on the edge of the world. Local project or global solution? MICHELE MANIGRASSO
01
This chapter presents the main urban problems of informal settlements. These “infernal places” at the margins of the world can be an opportunity to planni experiences for the life of the inhabitants and an opportunity for critical reflections on the mission of our profession. Through the didactic and Kibera project experience – a slum of Nairobi in Kenya – conducted by the Informal City Laboratory of the Department of Architecture of Pescara, we intend to contribute to the search towards innovative methods of investigation and design inside informal settlements at different latitudes of the world. Three topics have been identified. The first one concerns the need of identifing public projects and self-construction systems by the inhabitants. It is necessary to identify infrastructures and sub-services that have to be planned and realized by the public authority, also refering to the interesting research introduced by David Gouverneur of the University of Pennsylvania.
The second topic concerns the project’s ability to change the social behavior creating a different relationship between the community and the environment and among the individuals. Culture and education are useful tools for the construction of “intangible infrastructures” that can penetrate in the community as “drivers of change”: the project must not only be fulfilled in the realization of an object or in the formalization of a space, but also it must instruct the community for the future. The third theme concerns the possibilities to increase the adaptive abilities of an informal settlement through a Minimal Urban Structure. In fact, M.U.S. is encoded in planning and programming seismic risk prevention and it is now also introduced to mitigate the impacts of climate change on populations. This strategy represents the start of a process of regeneration by incorporating strategic adaptations to the security of people.
Introduzione I dati sulla distribuzione della popolazione mondiale mostrano la necessità di approcci progettuali orientati a ridurre la disparità tra “la città dei ricchi e la città dei poveri”1. In particolare, tra i distretti degli insediamenti pianificati e le realtà informali che, soprattutto nel terzo mondo, affollano le megalopoli. Il rifugio è un diritto fondamentale per l’uomo; è uno dei fattori essenziali per raggiungere condizioni di vita almeno dignitose ed è la principale componente su cui si costruiscono tutte le città. Nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, i metodi convenzionali per garantire l’alloggio e rispondere a esigenze basilari di vita sono inadeguati: in molti casi, la pianificazione urbana e i paradigmi progettuali sfavoriscono i poveri, negando loro benefici di infrastrutture e servizi di ogni genere (D. Gouverneur, 2015). La disuguaglianza che si racconta attraverso i modi d’uso della città e che prende forma nelle ingiustizie spaziali, fa registrare un netto divario nelle condizioni di reddito, sanità, educazione e prospettive di mobilità sociale della popolazione2. Le città auto-costruite, comunemente indicate come insediamenti informali, 1 Cfr. Bernardo Secchi, La città dei ricchi e la città dei poveri, Laterza, Bari, 2013. 2 www:asvis.it/home/46-1695/sviluppo-umano-donne-indigeni-e-minoranze-etniche-gli-ultimi-del-pianeta#.WlTJclSdVT5. Il “Rapporto sullo Sviluppo Umano 2016” dell’Undp mostra i progressi degli ultimi 25 anni e le criticità in agenda. Nonostante lo sviluppo umano medio sia decisamente aumentato in tutte le aree del mondo dal 1990 al 2015, una persona su tre vive ancora in estrema povertà, con un inadeguato accesso all’istruzione e ai servizi igienico-sanitari.
LA QUESTIONE URBANA AI CONFINI DEL MONDO
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Questa interpretazione dello spazio urbano, a mio avviso di grande lucidità e ampiamente condivisibile, ci riporta al legame che esiste in origine tra collettività e uso dello spazio. Negli insediamenti informali lo spazio non è un qualcosa che “separa” le pertinenze private ma è fortemente frammisto a queste. Per dire meglio, lo spazio privato e quello collettivo sembrano quasi fondersi in un incessante processo d’invasione del secondo da parte del primo e viceversa. Lo spazio negli slums è lo spazio della collettività. Le piccole attività commerciali si estendono sulla strada, gli stessi usi alimentari tendono ad allargare i loro confini coinvolgendo spazi pubblici. Ovviamente, per le attività non residenziali, non si tratta di pratiche estensive (ovvero non riguardano l’intero insediamento), ma seguono la regola della gerarchia d’uso dello spazio. L’ordine spaziale e l’orientamento passano attraverso le forme sociali di raggruppamento, attraverso le relazioni che s’instaurano tra chi appartiene a quella collettività. Il disorientamento che invece caratterizza la modernità liquida è provocato da un’interazione imperfetta, figlia dell’atomizzazione sociale tipica dei paesi a economia avanzata. Chi risiede o frequenta le grandi città ha con lo spazio pubblico un rapporto di estraneazione. Non si riconosce più nello spazio tra le case. Lo spazio non gli appartiene, è uno spazio di nessuno che desidera attraversare il più rapidamente possibile. Gli strumenti e le pratiche di progettazione prima e d’intervento poi non possono prescindere da tali differenze. Non possiamo pensare di trattare lo spazio degli slums come avverrebbe nelle città occidentali, sia nelle aree centrali che in quelle periferiche.
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Valter Fabietti
La seconda questione riguarda il ruolo dei soggetti pubblici, segnatamente le amministrazioni locali, nel definire politiche di rigenerazione urbana tese a integrare gli insediamenti informali nella “città formale”. È questa un’opzione controversa poiché alcuni sostenitori dell’estetica della povertà tendono a considerare positivamente il pittoresco che è insito nell’insediamento informale. La questione dell’azione urbanistica riparatrice, che s’interseca con l’intervento in opere pubbliche, appare particolarmente rilevante per le sue implicazioni sociali e, inevitabilmente, per quelle decisionali. Si tratta di sistemi decisionali che hanno rilevanza strategica per la rigenerazione urbana e che appaiono molto intrecciati con il punto successivo di questa riflessione, relativo ai rapporti di forza tra gruppi, economici e sociali, che connotano le comunità urbane. Il ruolo degli attori pubblici è, o meglio dovrebbe essere, di accompagnamento delle trasformazioni: non solo interventi di miglioramento degli aspetti materiali, ma anche (e in alcuni casi soprattutto) di interventi di integrazione sociale, di definizione delle politiche di scolarità e occupazionali. Certo, affermazioni di questo tipo rischiano di sforare nel campo dell’utopia, in un socialismo alla Saint Simon. Tuttavia, credo sia proprio nelle politiche attive del lavoro, mirate ai capisaldi della riforma sociale (orientamento, formazione, reinserimento ecc.), che risiede la possibilità d’integrazione tra formale e informale. Le esperienze condotte, ad esempio, da Vilson Groh a Florianópolis, il cui fine è la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro piuttosto che la costruzione di politiche passive di sostegno al reddito, ne sono un esempio chiarificatore.
SINOSSI DELL’INSEDIAMENTO INFORMALE
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Giancarlo Mazzanti & Arquitectos, “Biblioteca España” 2007, Medellin, Colombia.
– La seconda è quella della creazione di nuove centralità inattese, polarità forti che si rendono immediatamente visibili ed accessibili, attraverso le quali ribaltare le condizioni di senso dello sviluppo informale. L’opportunità di costruire in questi luoghi architetture di grande impatto ambientale, laddove la presenza delle amministrazioni locali risulta di fatto inesistente o priva di efficacia. È questa una scelta coraggiosa, inusuale ma, allo stesso tempo, dirompente ed efficace per la restituzione di identità e dignità alla qualità dello spazio. Una sorta di “rivoluzione” – come dice Sergio Fajardo (sindaco di Medellin 2004-2007) – «… quando il bambino più povero di Medellin arriva nella migliore aula della città, stiamo inviando un forte messaggio di inclusione sociale». Ne sono una testimonianza tangibile le architetture di Giancarlo Mazzanti (proprio per Medellin) capaci di innescare nuovi processi di permeabilità negli spazi aperti, in contrasto con il contesto esistente, per restituire punti di riferimento iconici per le comunità che li abitano, «… il problema non risiede unicamente nel costruire edifici in zone degradate, ma in come lo si fa, affinché questi ultimi siano capaci di attivare nuove forme di uso, senso di appartenenza e di orgoglio per le comunità». – La terza è quella della condivisione e dell’ascolto delle comunità locali, provando a non cambiare il modo di pensare che produce le agglomerazioni informali ma ad arricchire la comprensione dei processi che le regolano, per poterli riprodurre attraverso il progetto. Come nella mostra “Think Global, Build Social!”, allestita all’Architekturzentrum di Vienna che ha affrontato in maniera 40
Domenico Potenza
NLÈ, “Floating School” 2012, Makoko, Lagos, Nigeria.
diretta la questione della responsabilità sociale dell’architettura contemporanea. Una rassegna esemplificativa di alcuni tra i principali esempi di architettura alternativa con finalità sociali, a basso costo e ad alto contenuto di iniziativa e creatività, che cerca di migliorare le condizioni di vita delle persone nelle aree meno privilegiate del mondo. Spesso questi progetti esemplari, che comprendono scuole, spazi pubblici e residenze, nascono dalla collaborazione con i futuri utenti e utilizzano tradizioni costruttive locali. Tenendo in considerazione le esigenze di coloro per i quali, e con i quali, sono costruiti, assicurano un mutuo trasferimento di conoscenze. Legati ai primi esempi di architettura orientata al non profit – tra i quali quelli realizzati da Rural Studio (USA) sin dai primi anni Novanta –, Questi progetti sono espressione di un desiderio di cambiamento sociale e di architettura responsabile. Uno degli esempi più interessanti di questi ultimi anni è senz’altro la costruzione della Floating School realizzato a Makoko nella baia di Lagos, 2011-2013, dall’incontro tra un architetto nigeriano di Amsterdam ed i progettisti di super–yacht più premiati al mondo. Un esempio straordinario della capacità dell’architettura di adattarsi alle necessità dei luoghi. Sono queste, modalità diverse, procedimenti paralleli e non alternativi, di possibili approcci alla ricerca di soluzioni praticabili che, tuttavia, includono sempre, con forme diverse, la condivisione con le comunità locali ed una grande capacità di interazione con lo stato dei luoghi, anche quando è caratterizzato da quell’apparente informalità che distingue queste forme dell’abitare.
QUELL’INFORMALE RESISTENZA DELL’ABITARE AL MARGINE
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Inside out. Un progetto partecipato per una scuola in Ghana – Inside out. Project participated of a school in Ghana GIANLUIGI MONDAINI
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InsideOut is a school prototype built in Yeboahkrom, a rural village in Ghana where the wind had destroyed the only school of the area. This non-profit project, designed by Andrea Tabocchini & Francesca Vittorini, won several international awards and was constructed in 60 days with just 12 000 euro, together with the local population and volunteers from 20 different countries. Since no electricity was available it was built by hand, crafting materials available on site (earth, wood and vegetation), moving by hand 58 000 kg of soil and planing 3km of wood with 2 hand planers. The lack of resources and the site limitations become the opportunity to
propose a sustainable design that merges architecture and landscape: the staggered walls of the classrooms are built by compacting the local earth, a light wood structure lifts the roof up, allowing zenithal light into the building, and generates a natural ventilation of the spaces, while the vegetation of the garden becomes the continuation of the porches, increasing the shaded spaces to study outdoor. The result is a work that blurs the boundary between inside and outside, offering an alternative to standard introverted classrooms and proposing an affordable and easily replicable design that values the local know-how and pushes its limits.
Tutto parte con il corso di Composizione Architettonica 4 che da noi, nel corso di laurea in Ingegneria Edile Architettura di Ancona è un esame opzionale. Chi lo sceglie è fortemente interessato alla pratica del progetto e in particolare a discese di scala nel reale, nella pratica concreta della relazione tra sapienza tecnico-costruttiva e forma. Solitamente il corso che fino allo scorso anno accademico era collocato al quinto anno, era ed è, frequentato da studenti consapevoli di continuare il loro percorso di studi con una tesi di laurea dedicata alle discipline del progetto e alla relazione multidisciplinare che la discesa di scala che l’ultimo atto didattico impone. Più che un tema d’anno, propongo ai ragazzi uno stile di lavoro che è il vero tema da mettere a fuoco per prepararsi alla vita professionale che li attende e, dato il numero contenuto di ragazzi rispetto ai corsi normali, l’attività si svolge in una dimensione di confronto tra gli studenti coinvolti pur nelle differenti scelte di lavoro. Chiedo quindi ai ragazzi di proporre loro idee e progetti che abbiano un forte connotato di realtà, un tema e un luogo che conoscono bene, magari una problematica reale e cogente da risolvere, la cui soluzione è immaginabile e per loro facilmente percepibile una volta chiuso il processo progettuale con tutti le componenti espresse, coordinate a monte dall’idea di progetto. Rientrano all’interno di queste ipotesi che inseguiamo nel corso anche concorsi di architettura, quelli finalizzati alla realizzazione con budget prefissato e chiara impostazione del bando. In questo quadro di riferimento la proposta di Francesca Vittorini, autrice del progetto che vi descriverò nelle righe successive, è stata quella di partecipare ad un concorso aperto a tutti, professionisti e studenti ed organizzato da una ONG INSIDE OUT. UN PROGETTO PARTECIPATO PER UNA SCUOLA IN GHANA
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La scuola nel paesaggio.
occhi i visi dei bambini per cui, decenni fa, rilevai un ospedale rurale in Ethiopia e ne progettai l’ampliamento in un mese trascorso sulle montagne di una terra terribilmente ostile ma fiera ed amabile): l’organizzazione del workshop di costruzione, con la ricerca di loro colleghi disposti a spendere tre mesi del loro tempo per la costruzione fisica dell’edificio. L’entusiasmo che contraddistingue molti nostri giovani e che spesso, difficilmente, noi non più giovani sappiamo veicolare, ha fatto il resto: squadre di molti studenti, presenti a blocchi di settimane con il coordinamento fisso dei progettisti anconetani, hanno organizzato e condotto riunioni partecipate con le maestranze locali e poi, lavorato attivamente e caparbiamente alla realizzazione vera e propria dell’edificio. Molti intoppi di ogni ordine e grado, dai quelli politici, a quelli tecnici e logistici avuti sul campo non hanno fermato un processo che con fatica e gioia è giunto alla sua ambita meta, dare ai bambini della piccola realtà ghanese un tetto dove studiare, dove immaginare e prepararsi per il proprio futuro. Le immagini2 che seguono hanno la forza di raccontare da sole il seguito di questa bella storia e non hanno bisogno di nessun ulteriore commento...
2 Le immagini riguardano l’elaborazione del progetto, il cantiere e l’opera realizzata. Tutti i diritti sono riservati: © Andrea Tabocchini & Francesca Vittorini.
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Gianluigi Mondaini
Un momento del cantiere. Le aule della scuola.
INSIDE OUT. UN PROGETTO PARTECIPATO PER UNA SCUOLA IN GHANA
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Autori contributo
Un progetto per Kibera – A project for Kibera
Titolo Contributo
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Spazi tra. Strategie di riattivazione – Spaces between. Reactivation strategy GLORIA BAZZONI MATTEO MAZZAMURRO gruppo di lavoro Gloria Bazzoni Sara D’Ottavi Roberta Losciale Matteo Mazzamurro Amadeo Minischetti
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Kibera’s slum tells itself through its habitants; diving means being bombarded by a multitude of seemingly chaotic information that overlaps and overwrites stories without a precise order. There are some rules whitin the informal settlement, dictated not by physical transformations but by the use of spaces by its habitants. Through reading these ways the project’s idea is ispiredit becomes essential to interpret and to understand how spaces are present in relation to its activities and its users, thus creating
a network of physical and functional relationships capable of linking the existing system to a complementary one. Introducing the term hot spot intended as a parasite inside a second parasite that lives in function of the activities the slum offers. The hot spot so defined is composed of a system to be integrated, defined by what is already present, and a complementary system designed to enhance the first through functional and resolution devices of environmental issues.
Rifiuto-risorsa. It is only a plot? Lo slum di Kibera racconta di sé attraverso i suoi abitanti; non lo si può visitare senza una guida che si sappia muovere al suo interno. Immergersi nella realtà di Kibera vuol dire essere bombardati improvvisamente da una moltitudine di informazioni, apparentemente caotiche, che si sovrappongono e sovrascrivono storie senza un ordine preciso. Lo slum si raggiunge attraverso una grande strada asfaltata, a scorrimento veloce, appartenente ancora ad un sistema insediativo formale; se ne avverte subito la densità: una realtà fortemente introversa che si rappresenta attraverso un fronte chiuso in se stesso. All’interno sono riconoscibili alcune regole, dettate dall’uso che gli abitanti fanno dello spazio. È proprio dalla lettura di queste modalità di fruizione e uso dello spazio che prende avvio il progetto; diventa fondamentale interpretare e comprendere come gli spazi si presentano, in relazione alle attività e ai suoi fruitori, per creare una rete di relazioni fisiche e funzionali capace di legare il sistema esistente ad uno ad esso complementare. Si introduce il termine hot spot inteso come parassita all’interno di un secondo parassita, che vive in funzione delle attività che lo slum offre. L’hot spot così definito risulta essere composto da un sistema di base e da integrare, definito da ciò che già è presente, e da un sistema complementare, atto a potenziare il primo attraverso dispositivi funzionali e risolutivi di problematiche ambientali. All’interno del workshop si è riflettuto su possibili azioni strategiche alla scala urbana e di interesse sociale, per poi proporre due possibili declinazioni a scala architettonica capaci di assorbire, metabolizzare e restituire nuove funzioni. Il primo dispositivo è posto sulle rive del fiume, con l’intento di attivare un processo di drenaggio e smaltimento dei rifiuti delle acque fluviali: diventa spazio di condivisione, stoccaggio ed elemento di connessione delle due sponde, capace di attrarre gli abitanti dello slum attraverso attività economiche, innescando meccanismi virtuosi di salvaguardia e protezione ambientale della risorsa fiume. Il secondo, posto sull’asse ferroviario, intende innescare nuove modalità di utilizzo produttivo di una parte residuale dello slum, ovvero il declivio dell’impalcato ferroviario: proporre attività agricole capaci di interfacciarsi direttamente con l’asse commerciale che si sviluppa lungo la ferrovia, effettuando operazioni di contenimento e consolidamento dell’argine soggetto ad erosione. SPAZI TRA
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Sistema di ombreggiatura Lamiera grecata fissata a secco alla microstruttura tramite rivestitura
Struttura in legno Tecnologia a secco tramite dei giunti metallici e bullonature
Zona di drenaggio, raccolta e smistaggio dei rifiuti
Implementazione accessibilità Collegamento tra le due sponde del fiume
Sezione trasversale. Hot spot 1.
Zona di compostaggio
Rinaturalizzazione del fiume Essenze erborie aromatiche e rampicanti
Modelli di studio.
Il primo dispositivo, sotto l’aspetto funzionale e strategico, è definito dal suo sistema base che tenta di mettere in moto processi di riattivazione atti a valorizzare il sistema ambientale che caratterizza e definisce l’area. Il fiume che attraversa lo slum è attualmente contenitore di rifiuti; ha abbandonato quasi completamente la sua vocazione di infrastruttura ambientale e si ripercuote sull’ambiente come rifiuto invece di essere risorsa. Attraverso l’elemento architettonico della copertura, si propone uno spazio di comunità, un pretesto fisico di collegamento delle due sponde che vuole offrire allo stesso tempo opportunità di lavoro attraverso operazioni di stoccaggio e riciclo. Una copertura che si lascia abitare dalla vegetazione, così come dalla comunità e che si presenta realizzata attraverso tecniche e materiali del luogo.
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Gloria Bazzoni - Matteo Mazzamurro
Struttura in legno Tecnologia a secco tramite dei giunti metallici e bullonature
Orto produttivo Messa in sicurezza del declivio tramite terrazzamenti
Sezione trasversale. Hot spot 2.
Sistema di ombreggiamento Copertura in lamiera grecata con superficie per la raccolta delle acque piovane
SPAZI TRA
Modelli di studio.
Il secondo dispositivo, viene definito da un sistema base che vuole attivare processi di sviluppo all’interno del sistema lavorativo già presente e caratterizzante l’area di intervento. L’infrastruttura della ferrovia si presenta all’interno dello slum non solo come asse di trasporto ma anche come infrastruttura commerciale. La principale vocazione diventa quella di uno spazio di comunità, di incontro e di scambio, con un forte carattere produttivo. È per questo motivo che il dispositivo architettonico vuole essere pretesto di valorizzazione di attività, nel tentativo di incrementare risorse già presenti. Un sistema di piccole coperture che si compongono e che accolgono spazi di condivisione e di sosta, realizzate con tecniche e materiali del luogo che vogliono rispondere a necessità reali: offrire spazi di commercio e punti di ombra sull’asse ferroviario completamente esposto.
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Vista, pianta e sezione della nuova configurazione.
La sovrapposizione dei vari livelli di intervento ha aggiunto al preesistente sistema residenziale, spazi a carattere commerciale al piano terra e ad uso comunitario per laboratori ed attività artigianali ai piani superiori. Le funzioni pubbliche si integrano con la funzione residenziale ai piani superiori. La struttura di base è costituita da un modulo ligneo ripetibile su pianta quadrata. Questi elementi occupano lo spazio tra le linee residenziali ed i binari ferroviari, avvicinando maggiormente le due sponde e favorendo quindi la permeabilità tra due parti dello slum, prima tagliate dai blocchi residenziali e dalla ferrovia.
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Giulio Girasante - Letizia Musaio Somma
Dettaglio costruttivo. Prefigurazione con fotoinserimento.
Il sistema costruttivo adottato prevede la realizzazione di un telaio di travi di legno, accoppiate con l’ausilio di elementi metallici. I pilastri sono distaccati dal terreno tramite fondazioni metalliche, per preservare il materiale ligneo dal contatto con il suolo e con l’acqua. La struttura leggera è ripetibile sulla base di un modulo quadrato, creando anche un secondo livello, oltre il piano terra. In alcuni punti questo modulo costituisce la copertura utile per l’attività mercatale sottostante, in altri dà forma agli ambienti per le attività laboratoriali al secondo livello. La superficie verticale degli edifici preesistenti è decorata con murales, con il fine di trasformarla da retro cieco in un nuovo fronte verso la ferrovia e il mercato.
ASSE FERROVIARIO COME SPAZIO PUBBLICO ABITATO
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I bambini riconoscono nel polo scolastico un luogo di protezione e di ritrovo. Qui, tra le trame disegnate dall’intreccio di rami, si condensano le atmosfere creative e culturali.
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Milena Bocci - Sabrina Pecorilli
All’interno del contesto informale di Kibera, la presenza di un simbolo identitario per gli abitanti diventa fondamentale. Qui l’architettura non scende a compromessi ma diventa un’inconfondibile landmark che cattura ogni sguardo, invito costante all’aggregazione e alla partecipazione attiva verso tutte le forme di espressione culturale. Le tre strutture che emergono rispetto al tessuto attuale hanno la potenzialità di favorire opportunità di socializzazione e di confronto e stimolano la creazione, la circolazione e l’ibridazione di idee. Forniscono un’eccezionale amplificazione della capacità creativa e diventano indispensabili per la produzione di contenuti artistici e culturali.
NUOVI LUOGHI PER LA DIDATTICA
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Riconfigurazione tipologico-funzionale dell’asse commerciale – Tipological-functional reconfiguration of the commercial way CARLA CASSIANO GIOVANNI RASETTI gruppo di lavoro Viola Geniola Federica Malizia Michele Mattioli Cristiano Sottile Sara Strolighi
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In order to design a new piece into the Kibera’s palimpsest of the urban fabric variability, we started an in depth analysis of the context. Through observation of the anthropological patterns and uses, we found that the majority of the everyday life is done between the open spaces that weave between the precarious houses. We found two recurring typologies shaped by the distance from the main street of the neighborhood, one more introvert and internal, and the other one open to or next to the street. Following our wish to interact as much as possible with the urban fabric and local uses,
we decided to extrapolate all the “public” functions related with the house to the open spaces and leave to the proper house the spaces for sleeping and personal care, along with a multifunctional space for business or craftsmanship, shifting the paradigm from House/Workshop to Workshop/Room. The designed typology it is modular and constructed by a concrete basement and a timber vertical and horizontal structure, it is covered by a customizable cladding, built to match the distribution needs and the available materials and workforce.
Mji Nyumba – Città Casa. Spazialità domestiche per un’urbanità abitabile Per il progetto di una nuova tipologia abitativa, produttiva e commerciale in un contesto così complesso e poliedrico, abbiamo adottato un processo deduttivo basato sull’analisi del tessuto abitato. Attraverso l’osservazione delle planimetria e fotografie si sono dispiegate le relazioni intessute dalla popolazione negli spazi aperti che abbiamo identificato in due morfologie: “atolli” e “sacche”. I primi hanno un carattere più introverso, mentre i secondi, si aprono maggiormente alla strada e al commercio. In entrambe, la popolazione condivide gli aspetti della vita giornaliera, le attività commerciali e la socializzazione. Il progetto, quindi, recupera la dimensione sociale della città, interpretandola in due declinazioni tipologiche di spazio collettivo, demandando agli atolli e alle sacche le funzioni ed i servizi di carattere pubblico, costituendo delle tipologie d’intervento identificate come “caldere” nei primi e “isole” nelle seconde. Le caldere rappresentano una depressione rispetto al livello dei percorsi, identificandosi come il luogo dello stare; al loro interno, attraverso la presenza di elementi archetipici come il focolare, la “fonte” e l’albero si favoriscono i comportamenti di comunità. Le isole, invece, con la sopraelevazione di una porzione centrale dello spazio aperto, configurano podi che separano lo spazio caotico perimetrale, votato al commercio, da quello dedicato al servizio delle attività artigianali e produttive. In questo orizzonte, di socialità e dispersione delle attività collettive afferenti all’abitazione “formale”, la tipologia di casa/bottega si configura invece come “camera bottega”: si privilegiano gli spazi per l’attività lavorativa e si assicura un dignitoso minimum alla cura della persona e al riposo. Il progetto si traduce in un framework tecnico composto da un basamento in cemento e una struttura portante lignea: si assicura la flessibilità e la personalizzazione del modulo attraverso le chiusure realizzate in base alla reperibilità di materiali e manodopera e alla necessità di spazi. Il progetto, inoltre, prevede la collaborazione tra enti promotori, progettisti e abitanti, in modo da trasmettere il sapere necessario alla rigenerazione dell’area, ma anche per costruire insieme il senso di appartenenza e rispetto verso le nuove spazialità, che renderà i nuovi intervertenti integrati al tessuto urbano e sociale. RICONFIGURAZIONE TIPOLOGICO-FUNZIONALE DELL’ASSE COMMERCIALE
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Camera bottega proposta: esploso assonometrico, materiali e attori, piante e sezione.
Esempio di atollo Area di sosta e tempo libero Percorso in terra battuta Sistema di raccolta delle acque
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Sono state subito riconosciute le differenze di densità del tessuto edificato, che ad est – fatta salva l’eccezione del vuoto dei cortili scolastici – si dipana più fitto lasciando solo stretti passaggi tra le abitazioni che lo attraversano longitudinalmente; ad ovest, invece, si apre in una costellazione di spazi aperti collegati alla strada in maniera più o meno diretta. Questa ulteriore distinzione ha contribuito alla loro tipizzazione in sacche ed atolli ed alla identificazione delle loro peculiarità abitative.
Carla Cassiano - Giovanni Rasetti
Relazioni, densità, sezione e pianta tipo. Esempio di sacca Area di sosta e tempo libero
Il modulo abitativo si conforma come atomos urbano, un unità minima per la conversione progressiva dei blocchi edificati. Questa unità aggregabile e ripetibile ha una dimensione planimetrica di 3x3m e si sviluppa su due piani, distinguendo alla base uno spazio libero in continuità con l’esterno e uno spazio privato alla sommità. I servizi primari della cucina e del bagno sono demandati agli spazi comunitari, ma possono essere integrati in un blocco di servizio che include la distribuzione verticale.
Percorso in terra battuta Sistema di raccolta delle acque
RICONFIGURAZIONE TIPOLOGICO-FUNZIONALE DELL’ASSE COMMERCIALE
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Autori contributo
Nota del curatore – Editor’s note
Questo libro è parte del lavoro che da qualche anno è portato avanti, anche attraverso convenzioni internazionali, nel Laboratorio Città Informale del Dipartimento di Architettura di Pescara. L’attività di ricerca, sviluppata in convenzione con università estere e attraverso la mobilità di studenti e docenti, ha consentito di specificare e approfondire temi disciplinari poi riversati nella didattica. La riuscita di un importante appuntamento, il workshop di giugno “Kibera 2017. Infiltrazioni di urbano” organizzato presso il Dipartimento, ha spinto alla realizzazione di questo libro. La pubblicazione riporta le riflessioni avanzate dai docenti coinvolti e i primi risultati progettuali, seppur embrionali, che i gruppi di lavoro hanno prodotto.
This book is the result of the work carried out for some years by the Informal City Laboratory of the Department of Architecture of Pescara through international conventions. The research activity – developed in agreement with foreign universities and through the mobility of students and professors – has allowed to specify and deepen disciplinary themes also useful in teaching. The success of an important event – “Kibera 2017. Urban infiltrations” June workshop have pushed the realization of this book. The publication reports the reflections suggested by the professors involved and the first project results, albeit embryonic, that the working groups have produced.
Lo studio dei territori e delle città marginali, della dimensione informale dell’insediamento, è il focus delle attività di ricerca del Laboratorio didattico e rappresenta l’orizzonte delle future attività. Un ringraziamento va a tutti coloro che hanno contribuito a questa avventura: i responsabili del Laboratorio, i docenti, i tutor e gli studenti.
The study of the marginal territories and cities of the informal dimension of the settlement is the focus of the research activities of the Laboratory and represents the horizon of future activities. A thanks goes to all of those who have contributed to this adventure: the Laboratory supervisors, the professors, the tutors and the students.
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Kibera, slum di Nairobi – Kenya –, è un angolo estremo del mondo, spazio altro, eterotopia in cui la vita e il senso di comunità sono gli unici valori di un inferno umano e urbano. Il libro raccoglie gli atti del workshop “KIBERA 2017. Infiltrazioni di urbano” – organizzato dal Laboratorio Città Informale del Dipartimento di Architettura di Pescara, in cui docenti provenienti da diverse università italiane – dall’Università di Nairobi a quella di Florianópolis e dalla Scuola Permanente dell’Abitare – si sono confrontati su possibili strategie di rigenerazione delle città informali, condividendo riflessioni ed esperienze concrete di progetto e costruzione. Nella seconda parte del volume, vengono presentate le linee guida e le proposte progettuali per la rigenerazione di Kibera avanzate da studenti e tutor. Kibera, a slum of Nairobi in Kenya, is a marginal place; it is a surreal space, heterotopia in which life and sense of community are the only values of a human and urban hell. The book contains the proceedings of the “Kibera 2017. Urban infiltrations” workshop organized by the Informal City Laboratory of the Department of Architecture of Pescara. Professors, tutors and students from various Italian universities, from the University of Nairobi, from the University of Florianopolis and from the Scuola Permanente dell’Abitare, have discussed possible strategies to regenerate informal cities, shared reflections and concrete experiences of design and have formulated ideas and proposals for the Kibera’s slum.
€ 18,00