INDICE
A VOLUMI SOVRAPPOSTI 12+1
LA CASA LUNGA 37
DETTAGLIO E REDENZIONE 67
ORIZZONTOLOGIA 81
DIETRO L’IMMAGINE 103
LA CASA FELICE 125
RITRATTO INUTILE 133
NOTE 141
ELENCO ICONOGRAFICO 145
POSTFAZIONE di Emilio Faroldi 149
DETTAGLIO E REDENZIONE
In architettura, la questione del dettaglio è spinosa. Difficile negarlo. Gli atteggiamenti dei maestri intorno a questo tema sono discordanti. C’è chi gli attribuisce sacralità – “God is in the details” diceva Mies van der Rohe – e c’è chi vi sente odore di zolfo. C’è chi vede il dettaglio come un mero disegno necessario alla costruzione e chi gli attribuisce un significato simbolico. Anche i grandi maestri dell’architettura italiana si distinguono per approcci notevolmente diversi. L’intera opera di Carlo Scarpa è un’infinita danza attorno al giunto, mentre Aldo Rossi, nelle sue realizzazioni, non nasconde uno snobistico disinteresse nei confronti della costruzione. Per architetti come Glenn Murcutt o Renzo Piano, l’architettura è assemblaggio. Il dettaglio, così, diventa dichiarativo, quasi fosse una spiegazione della logica costruttiva. Per i mediterranei, la nostalgia del muro fa sì che la voglia di massa prevalga sempre sull’insistenza del nodo. Barragàn porta questo atteggiamento fino all’estremo, scivolando nella poesia. Ritornando in Brasile vediamo che la grande stagione del modernismo tropicalista si evidenzia per un atteggiamento fortemente costruttivo e compositivo, dove l’espressività della struttura e del suo macro-ordine assemblativo spinge il dettaglio in secondo piano nella scala della percezione. Kogan coglie questa ancillarità, ma la fa propria eliminando il dominio visivo del fattore strutturale e subordinando totalmente il dettaglio al principio ordinativo della composizione architettonica. Dettaglio, composizione e doppiezza Nelle opere di Kogan la composizione, come abbiamo visto, genera e domina il progetto. Questo atteggiamento ritorna in tutti gli edifici realizzati dallo Studio mk27: se l’architettura è composta da piani orizzontali (solette a sbalzo in cemento armato) e tamponature (schermature in legno), i due elementi saranno sempre ben
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DETTAGLIO E REDENZIONE
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In maniera non molto dissimile lavora la Toblerone House. Osservandola dall’esterno, questa abitazione può essere descritta come un piano terra su pilotis che sostiene una scatola in pannelli di legno, delimitata, sopra e sotto, da due solai in calcestruzzo. Tutto appare semplice, lineare, ma il dettaglio è più complesso. Come accade anche nel Vitacom Itaim Building, quello che appare come un solaio è, in realtà, solo un balcone a sbalzo posto in maniera ribassata rispetto alla reale posizione del solaio. Il frangisole in legno scende
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DETTAGLIO E REDENZIONE
fino all’estradosso superiore del balcone celando il reale spessore della struttura, dando alla casa l’impressione di una grandissima leggerezza. L’intradosso del balcone è allineato con l’interno in cartongesso e nasconde, nel punto di contatto tra i due, l’impegnativo sistema delle ante scorrevoli vetrate che permettono l’apertura totale creando una forte sensazione di ambiguità tra interno ed esterno.
In queste opere, ciò che appare come struttura non lo è. Kogan sceglie la visibilità della verità compositiva e rinuncia a quella costruttiva. C’è del platonismo in questo rifiuto, c’è una spinta ideologica in questo mostrarsi didascalico della composizione a scapito dei dettagli e della struttura. Le sue opere hanno il fascino sognante e innocente degli ideali prima che vengano infranti o corrotti dalla vita. Kogan vede il peso del mondo ma non vuole vederlo nelle sue opere. Costruisce, così, la sua casa felice che è il palcoscenico della composizione dove la bellezza può andare in scena finalmente libera dal cinismo della finta adesione alla realtà. Costruisce il suo giardino modello che è il recinto protetto in cui ci si può attardare in un sogno vivente, pensando che il mondo sia bellezza e armonia. Costruisce la sua composizione perfetta che è l’edificazione reale di un modello puro dove immaginare di trascorrere la vita ordinata e spensierata che vorremmo vivere. E lì, ci convoca. Quanto si sbaglia chi vede l’arte solo dove ci sono i demoni, solo dove c’è sofferenza e inquietudine. L’architettura esorcizza, libera. L’architettura può essere redenzione. L’umanesimo di Kogan ci dimostra la possibilità di questa strada, una strada forse più vera del vero.
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26. La facciata del Vitacom Itaim Building (2011-2014) si presenta come una sequenza di sottili solette alternate a tamponature in legno che proteggono le camere e la veranda. Le tamponature in legno e le parti cieche delle finestre coprono, anche in questo caso, il reale spessore dei solai. La chiarezza compositiva domina sul processo costruttivo.
24. 25. Toblerone House: un fotogramma dal film Cat_film_exercise#2 (regia di Lea van Steen e Marcio Kogan). Un gatto cammina sulla soletta a sbalzo sulla quale scendono le pannellature in legno a sezione triangolare che danno il nome alla casa (Toblerone House). Le pannellature aperte consentono la visione dell’intero pacchetto del solaio.
ORIZZONTOLOGIA
Vorrei rispondere a un quesito intrigante: in cosa consiste lo spazio koganiano? In cinema o in letteratura, quando vogliamo definire brevemente la qualità di un particolare ambiente o di un nodo narrativo, aggettiviamo dei nomi. Parliamo, così, di un’atmosfera hitchcockiana o di una situazione kafkiana. Lo stesso vale anche in architettura. Guardando uno spazio di una certa complessità, possiamo dire, a seconda dei casi, che è loosiano o piranesiano. Commentando un dettaglio di cristallina semplicità possiamo azzardarci a sostenere che si tratta di un nodo miesiano. Una facciata potrà essere rossiana, un edificio bianco con un basamento in pietra a filo muro, che mescola modernismo a una malinconica informalità vagamente aaltiana, potrà essere siziano. Scherzando, l’architetto Richard Murphy, amante e studioso di Scarpa e vincitore del premio Riba House of the year 2016, ha detto che spererebbe di essere considerato scarpiano e non scarpista. Ma come funziona questa istintualità attributiva? Cosa succede nella nostra testa quando condensiamo, nell’aggettivazione di un nome, un’intera opera, l’essenza di un architetto? Semplificando, potremo dire che questa capacità non deriva da un atto di consapevole razionalità. La nostra mente agisce veloce, in maniera irriflessa, inconscia e trova, attraverso connessioni velocissime, il nucleo profondo e denso di una persistenza, di una continuità. Questo accade anche per Kogan e lo Studio mk27. La vista di una loro opera ci rimanda, attraverso il processo della memoria involontaria, a una affollata e intensa nebulosa di immagini che si legano alla figura di Kogan e rendono riconoscibile la firma dello Studio mk27. Ma se riconoscere il lavoro dell’architetto brasiliano è facile, non lo è spiegare le ragioni di questa possibilità di riconoscimento. Come abbiano visto, la sua laconicità, il suo essere restio alla manifestazione articolata dell’approccio teorico non aiuta a comprendere le ragioni più profonde della sua opera. Kogan tace e sembra far propria la provocazione di Doisneau:
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ORIZZONTOLOGIA
“Se fai delle immagini, non parlare, non scrivere, non analizzarti, non rispondere a nessuna domanda”12+1.13Così facendo, i problemi interpretativi, il tizzone ardente della spiegazione necessaria, la descrizione della koganianità vengono passati nelle mani della critica. Orizzontologia Cos’è, allora, uno spazio alla Kogan? Perché siamo in grado di riconoscerlo? Senza la presunzione di essere definitivi possiamo dire che una parte della sua essenza e della sua riconoscibilità stia in un fattore che pervade tutta la sua opera: la dilatazione orizzontale degli spazi. Vi è, in Kogan e nello Studio mk27, una tendenza all’espansione spaziale che raggiunge quasi lo statuto di un ufficiale coming out.
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ORIZZONTOLOGIA
In questo palese dichiararsi troviamo il germe e l’innesco dell’orizzontologia koganiana. La linea della soletta della Punta House, lunghissima come una nota tenuta con virtuosistica eleganza, gli spazi della parte centrale della MM House o della Lee House schiacciatissimi come se il soffitto in cemento del MASP di Lina Bo Bardi fosse sceso a tre metri dal suolo, il living della V4 House con le pareti di vetro che scompaiono proiettando magistralmente la casa nel giardino, con un ampliamento bilaterale di grandissimo effetto emotivo, la vista vastissima dal retro della cucina della Ipes House che si potrebbe assumere a icona di un vivere tropicale con i giardini, gli spazi interni ed esterni che si mescolano senza soluzione di continuità, le compresse scatole volanti in cemento armato della scenografica Paraty House, il living sospeso e senza fine della Jungle House, l’impossibile ponte dello Studio SC, l’adagiarsi totale e le linee assolute della Planar House o della Redux House. Ognuno dei centotrenta progetti realizzati dallo Studio mk27 dal 2001 a oggi potrebbe essere citato in questa lista di esempi di orizzontalità.
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34. Un lunghissimo ponte in cemento attraversa il grande vuoto dello spazio centrale dello Studio SC (2008-2010) a San Paolo (specializzato in fotografie di cibo) e collega due box lignei dando all’ambiente una forte sensazione di dilatazione spaziale.
36. Costruita a Itatiba, nella campagna di San Paolo sul livello più alto di un terreno scosceso, la Redux House (2009-2013) si presenta come un inno all’orizzontalità determinando un dialogo intenso tra la ricchezza della natura e le linee assolute dell’architettura.
DIETRO L’IMMAGINE
Ci sono architetti che scrivono e costruiscono e architetti che costruiscono e basta. Marcio Kogan, appartiene a questa seconda categoria. Il suo approccio è molto distante da quel gruppo di grandi maestri dell’architettura che hanno imposto il proprio pensiero con saggi e libri scritti come puri manifesti di auto-determinismo: Le Corbusier, Adolf Loos, Aldo Rossi, Rem Koolhaas. Gli esempi sono molti. Se si dovesse associare Kogan a una famiglia di architetti si potrebbe citare quella degli architetti artigiani. Sono figure poco loquaci ma abili costruttori la cui influenza sul dibattito architettonico è dovuta più alla testarda, dubbiosa e intensa eloquenza delle loro opere che a testi teorici o critici: Carlo Scarpa, Sigurd Lewerentz, Glenn Murcutt, solo per fare alcuni nomi. Per gli architetti di questa famiglia, la verifica e lo sviluppo dei propri principi architettonici e delle proprie teorie, avviene in silenzio. Lo sforzo della loro intera esistenza si concentra esclusivamente sul progetto e, soprattutto, sulla costruzione. Questo approccio empirico alla teoria forse non si potrebbe descrivere meglio che ricorrendo alle parole di Goethe (già usate da Walter Benjamin per descrivere l’efficacia delle fotografie di Sandler): “Esiste una forma delicata di empirismo che si identifica così intimamente con il suo oggetto da trasformarsi in teoria” 15. Da numerosi anni, Marcio Kogan e lo Studio mk27 concentrano la loro attività sulla costruzione. Le loro numerosissime case sono congegni perfetti che si offrono allo sguardo come compendi di emozioni, luci, ombre e, quindi, di pensieri costruiti. Chi ha provato la sfida dolce-amara della creazione e, in particolare, della creazione architettonica sa che, una tale maniacale qualità nella quantità, la si ottiene solo attraverso un duro e insistente lavoro giornaliero sul progetto e sui siti di costruzione. In tutta questa attività progettuale e costruttiva, la parola è posta in secondo piano, forse ritenuta non necessaria, probabilmente anche temuta. Ma il silenzio di Kogan non va inteso come un rifiuto alla
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44. Una selezione di fotografie ad asse centrale che raccontano la calcolata dualità dell’architettura dello Studio mk27.