Le Corbusier "La Clef"

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Compresse collana ideata e diretta da Francesco Trovato Comitato Scientifico Francesco Cacciatore Fabrizio Foti Paolo Giardiello Marta Magagnini Marella Santangelo

ISBN 978-88-6242-240-6 Prima edizione cartacea 18 luglio 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Fabrizio Foti Tutti i diritti riservati Tutti i disegni sono stati realizzati dall'autore. Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L'editore si augura, che avendo contenuto il costo del volume al minimo, i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyright delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato Impaginazione: Martina Distefano LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni


Fabrizio Foti

Le Corbusier "La CLef" Prefazione di Francesco Cellini



Indice 6 Prefazione di Francesco Cellini 10 Spazio-materia-luce-colore 24 La bellezza delle “pietre nude” 32 Il ruolo della pittura: la “Polychromie Architecturale”, tra astrazione e fisicità 44 Tutto comincia da un viaggio 60 La maturità: sculture armate 78 Bibliografia


Prefazione Francesco Cellini

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Questo raro libretto è, per dichiarazione di chi l'ha scritto, una rimeditazione e un affinamento di alcuni spunti interpretativi proposti in una precedente esperienza didattica. Di quest'origine mantiene alcune delle caratteristiche: l'oggetto (materia, luce e spazio), l'architetto (Le Corbusier) e gli esempi (il padiglione per l'Esprit Noveau, villa Shodan, Ronchamp ecc.). Questo è infatti ciò di cui comunemente, anzi direi universalmente, si ragiona per introdurre gli studenti all'architettura. Tuttavia basta cominciare a leggere per capire che ci si trova di fronte a qualcosa assai di diverso e di più fine; e di più insolito. L'autore, per esempio, sente l'immediata necessità di aggiungere all'apodittica “L'architettura è il gioco….”, una scelta di brani lecorbusiani ben meno ricorrenti e ben più emozionanti, come, fra tanti, quello sull'Acropoli, dal quale rubo queste parole: «… ho visto […] vibrare le montagne come aria calda su un bacile di piombo fuso. […] l'unità rossa del paesaggio si è comunicata ai templi. I loro marmi hanno un bagliore di bronzo nuovo…». Con questo ci conduce immediatamente al centro della questione: quell'imperiosa presenza di policromia nella materia e nella luce, quel rosso così vivo che Le Corbusier (assieme a Kahn) vede nel perlaceo pentelico del Partenone, è molto più che una constatazione naturalistica sull'ottica e sulla percezione. È il segno di un'appassionata attenzione e di un'instancabile osservazione, sperimentazione e lavoro: insomma, è il crisma della costruzione di una poetica. Che è appunto l'oggetto centrale della trattazione.

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Spazio-materia-luce-colore

Questo breve saggio nasce dalla volontà di mettere a punto alcune riflessioni, elaborate in occasione di una lezione svolta nel 2016 all'interno del corso di Composizione Architettonica presso la SDS di Architettura di Siracusa, che ha avuto come obiettivo l'indagine del rapporto tra materia e spazio nell'opera di Le Corbusier. Si è voluto comprendere, in quell'occasione, come si è stabilito questo rapporto; come lo stesso sia cambiato e sia evoluto nel tempo, e per mezzo di quali termini invarianti è stato regolato. Ne è emerso un ragionamento sugli esiti poetici dell'opera del maestro svizzero, attraverso un confronto tra l'espressione materiale del fatto costruito e la sua concezione nello spazio.


Materia e spazio: due entità accomunate in un connubio preciso e imprescindibile nelle opere di Le Corbusier. Un sodalizio che trova rappresentazione di sé grazie alla luce e al colore. Unione, in cui proprio luce e colore giocano un ruolo cruciale, che è “La Clef”, la chiave di Le Corbusier per comprendere la relazione messa in atto tra spazio e materia. Premessa fondamentale, per poter comprendere come si manifesta questo rapporto, è ricordare qual è l'Idea di Architettura di Le Corbusier, quella concezione che è sintetizzata nel suo celebre aforisma di Vers une Architecture, sull'Architettura come fatto plastico, come opera di manipolazione delle forme sotto la luce: «L'architettura è il gioco rigoroso, corretto e magnifico dei volumi sotto la luce»1. Infatti, proprio secondo questo principio, per cui l'Architettura entra nel novero delle Arti Plastiche, “La Clef ”, la chiave dell'avvenimento plastico, è la luce. La luce è l'invariante che consente la rivelazione del fatto plastico. La stessa luce a cui Le Corbusier dedica dei versi poetici nel volume Ronchamp, nel 1956:

1. Le Corbusier, Vers Une Architecture, Crés, Paris 1923, 1°ediz. Italiana: Verso una Architettura, a cura di Pier Luigi Cerri e Pier Luigi Nicolin, “I Marmi” 1976, Longanesi, Milano 2004, Op. cit, p.16.

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LC317 Notre Dame du Haut 08.03.17 Battistero, penna su carta (2017).


«La Clef c'est la lumière et la lumière éclaire des formes Et ces formes ont une puissance émotive par le jeu des proportions par le jeu des rapports inattendus, stupéfiants Mais aussi par le jeu intellectuel de la raison d'être: leur authentique naissance, leur capacité de durée, strcture astuce, hardiesse, voire témérité, jeu des êtres qui sont des êtres essentiels les constitutifs de l'architecture.»2. Diversi ruoli fenomenici assume dunque, nel gioco rigoroso e corretto e magnifico di cui parla Le Corbusier, la luce:

2. Le Corbusier, Ronchamp, Œuvre de Notre-Dame du Haut, 1° ed. Verlag Gerd Hatje, 1957, Stuttgard, 1975, Op.cit., p.27.

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LC317 Padiglione Esprit Nouveau Bologna 06.03.17, penna su carta (2017)



La bellezza delle “pietre nude�

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Ciò che precede il periodo Purista, durante gli anni della formazione del giovane Jeanneret in Svizzera, consiste in un'inevitabile affabulazione per il dato naturale, in una scoperta della natura come fonte inesauribile di spunti. La natura è, in questa stagione della vita dell'architetto svizzero, il giacimento prezioso di campionari materiali, di forme e di regole. La natura è espressa nella costruzione come nelle arti decorative, per mezzo di materiali e di analogiche soluzioni formali. Soluzioni che tendono ad una graduale astrazione tipologica, che si compie nel periodo Purista, nelle ville degli anni ’20. Già nella maison “Blanche” per i genitori a La Chaux de Fonds (1912-13), realizzata dopo il viaggio in Oriente, è evidente una prima embrionale tappa di quella predisposizione all'astrazione di Le Corbusier, riconoscibile nell'introduzione del colore tendente al bianco, nella stereometria della forma architettonica, nella fisionomia in lunghezza del sistema di bucature del secondo livello, che precede le celebri finestre a nastro dei 5 punti della nuova architettura. Le asciutte e candide forme della costruzione e dei pergolati nei giardini intorno al corpo della villa, sembrano voler replicare la monocromia e la plasticità dei monumenti dell'Attica, con il loro vibrante ritmo alternato di luci e ombre e la semplicità delle loro forme. Inoltre, il giardino pensile della casa, come fosse un tetto-giardino, è un “acropolico” orizzonte artificiale che manifesta, attraverso i suoi pergolati, la capacità di rappresentare e astrarre la realtà nell'atto del delimitare e dell'incorniciare.

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LC317 Maison Blanche La Chaux de Fonds 07.03.17, penna su carta (2017).



LC317 Maison Blanche La Chaux de Fonds come sul Monte Athos 07.03.17, penna su carta (2017).


Valori plastici primordiali, puri, che Le Corbusier ha ammirato anche nelle mediterranee forme senza tempo del vernacolo domestico, tra i Balcani (come a Tirnovo), in Grecia e in Italia meridionale, o nei monasteri del monte Athos. Valori tradotti nella maison Blanche, che sembra voler replicare, di quei precedenti, anche la condizione insediativa eroica e la postura prominente. Ma il riferimento ideale e imprescindibile è, e rimane sempre, quello dell'Acropoli, impresso nella memoria di Le Corbusier sin dal viaggio del 1911, così come testimoniato, sul modello della lezione di Choisy, dai carnets del viaggio in Oriente (pubblicati in seguito sul n.15 de L'“Esprit Nouveau”). Un riferimento che è mutuato dalle influenze delle rigorose e iconiche architetture di Tessenow e del suo Dalcroze Institut di Hallerau (che il giovane Jeanneret conosce molto bene, per via dei corsi che il fratello vi teneva come docente), come dai disegni delle scenografie di Adolphe Appia7. La maison Blanche, è dunque l'affermazione in architettura di una nuova presa di coscienza, l'opera incubatrice di tutti i germi che daranno vita all'idea di Architettura Purista di Le Corbusier, palesemente distante dai primi esiti giovanili, come quelli di villa Fallet (190506), realizzata a pochi passi dalla villa dei Jenneret. Sulla monocromia – che consente una più efficace intelligibilità del fatto plastico, del gioco ritmato di 7. Su tale argomento si veda: Gresleri, Giuliano, Le Corbusier. Viaggio in Oriente, ed. Marsilio e Fondation Le Corbusier, Itinera architettonica, pp. 3237, cfr. Foti, Fabrizio, Il “Laboratorio segreto” dell'Architettura. L'intimo legame tra arti plastiche e architettura in Le Corbusier, pp.54-56.

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La maturitĂ : sculture armate

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Con la maturità, la ricerca di una nuova architettura materica e scultorea, basata sull'utilizzo espressivo del calcestruzzo, trova coerente e unitaria risoluzione nell'uso di alcune invarianti plastiche: • la materia cemento armato, espressione della volontà di costruire secondo una nuova natura; • la Polychromie Architecturale, che scompagina e scompone la percezione del volume nello spaziotempo e contraddice l'idea di massa e gravità; • la luce e la sua condizione triplice (rivelatrice, scultrice, solidificata come fatto plastico autonomo); • lo spazio, la cui misura e forma non è più semplicemente ottenuta da impalpabili superfici di delimitazione bidimensionali, è piuttosto ciò che mette in atto il contrappunto tra vuoto e pieno attraverso il contrasto tra spessore e cavità. La definizione dello spazio, poi, trova la sua massima e “indicibile” espressione attraverso il rigore della misura, della proporzione, del ricorso antico ai rapporti armonici messi a punto da Le Corbusier attraverso la serie antropometrica del Modulor, che ribadisce nel Moderno l'uomo quale riferimento e unità di misura dell'architettura. Un fatto, quest'ultimo, certo non inedito: l'uso dei rapporti armonici, dei tracciati regolatori, come strumento di commisurazione dell'uomo alla realtà attraverso l'Architettura, come regola per fuggire dalle insidie della casualità, è una pratica che Le Corbusier

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LC317 La Tourette 09.03.17, penna su carta (2017).




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