a cura di Cristina Bianchetti
LA RICERCA IN ARCHITETTURA TEMI DI DISCUSSIONE Cosa succede alla ricerca in Architettura? Come cambiano le pratiche e gli stili della ricerca, gli stessi profili dei ricercatori? Siamo in una situazione accelerata di passaggio, non cumulativa, e niente affatto univoca, che sovrappone caratteri non concilianti. Guardare al mutamento dal lato delle istituzioni universitarie, culturali, valutative significa coglierne inerzie e innovazioni, fedeltà ritualistica e apprendimento sociale; misurare le une e le altre con l’idea (cautamente ottimistica) che tutt’ora permanga una qualche specificità per la cultura architettonica italiana, ma che questa necessiti di essere sostenuta entro un’ampia discussione pubblica.
Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico di Torino
ISBN 978-88-6242-292-5 Prima edizione Febbraio 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Testi: rispettivi autori È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Book design Agim Enver Kercuku Cover Raffaello Buccheri LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italy Web www.letteraventidue.com Facebook LetteraVentidue Edizioni Twitter @letteraventidue Instagram letteraventidue_edizioni
a cura di Cristina Bianchetti
LA RICERCA IN ARCHITETTURA TEMI DI DISCUSSIONE
INDICE
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Premessa
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Dieci anni Cristina Bianchetti
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Percezione, ricezione, antropologia dei docenti Carlo Olmo
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Flash-back Pippo Ciorra
42
Una prospettiva esterna Mirko Zardini
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Valutare e promuovere Alberto Ferlenga
54
Riflessioni sulle pratiche e le politiche dipartimentali della ricerca nell’area dell’architettura Gabriele Pasqui
68
La classificazione delle riviste in ambito ANVUR Alessandro Balducci
76
L’irresistibile ascesa dei modelli computazionali Marco Gaiani
102
Acronimi utilizzati
DIECI ANNI Cristina Bianchetti
Nelle pagine seguenti richiamerò alcuni caratteri che connotano la ricerca italiana nell’area dell’Architettura in una fase che è già alle spalle, ma è ancora molto vicina. Al punto da poter illuminare, per qualche aspetto, le prospettive che abbiamo di fronte. La fase è quella dei dieci anni osservati dalla prima e dalla seconda VQR, ovvero il periodo che intercorre tra il 2004 e il 2014. Cosa succede in questi dieci anni? Come ciò che facciamo o che potremo fare, è vincolato a ciò che avviene in quel lasso di tempo? Cercherò di rispondere a queste domande, basandomi innanzitutto sui dati emersi dalla seconda VQR che costituiscono, qui, il campo privilegiato di osservazione. Non tratterò di procedure e criteri di valutazione. E neppure degli usi ai quali il processo è finalizzato o che ne sono stati fatti. Su questo non si sono ancora spenti gli echi di un dibattito che riflette bene resistenze e diffidenza verso una pratica entrata ormai nella vita ordinaria dell’università italiana. Con qualche ritardo, si potrebbe aggiungere, rispetto ad altri sistemi nazionali. Userò la VQR per descrivere alcune tendenze di fondo e avanzare qualche ipotesi. La principale è che nei dieci anni descritti dai due esercizi di valutazione si sia dato un forte movimento che ha inciso diversamente nelle diverse parti dell’area e ha allontanato definitivamente la ricerca dalla fase precedente. Si potrebbe dire che l’architettura viene investita da dinamiche che già si sono palesate in altre aree, ma che su di essa hanno particolari implicazioni. Con questo decennio, anche per la ricerca in architettura il Novecento è davvero finito. Lì si situa una frattura, una soglia evidente che porta l’area da un’altra parte e richiede di essere capita e governata. Non si tratta solo di preferenze su temi, aggiornamenti o temperie culturali. Ma di un mutamento brusco nei profili dei ricercatori, nelle pratiche concrete della ricerca, nelle politiche a sostegno della sua qualità. Il mutamento appare radicale e al contempo mantiene elementi di forte indeterminatezza. Ne richiamo uno: il rapporto con le ingegnerie. All’inizio di questo decennio, l’area dell’architettura è contigua a quella dell’ingegneria. Non solo perché le due fanno parte di un unico ampio raggruppamento che, seppure diversamente, si occupa di costruzione. Non solo perché sul 11
PERCEZIONE. RICEZIONE. ANTROPOLOGIA DEI DOCENTI Carlo Olmo
Vorrei provare a raccogliere le mie riflessioni che nascono dall’aver vissuto due VQR in tre insiemi. Mi scuso per la semplificazione necessaria per non essere troppo lungo. Gli insiemi si possono riassumere in tre parole chiave, che credo anch’esse utili a chiarire almeno il mio pensiero: percezione, ricezione, antropologia dei docenti. Percezione Nei due processi di Valutazione cui ho partecipato mai è entrata nella discussione realmente la “percezione“ del nostro lavoro da parte degli altri (interni o esterni a ANVUR). Nella seconda, Cristina Bianchetti ha curato la diffusione del processo e degli esiti. Nella prima Sergio Benedetto, Marco Ajmone e il sottoscritto abbiamo cercato di far conoscere gli esiti dei due GEV congiunti 8 e 9. Ma considerare il problema della percezione dal punto di vista scientifico (dei “lettori” soprattutto impliciti, per usare il lavoro di Wolfang Iser) non è mai … accaduto. Eppure è stata proprio una percezione non considerata scientificamente a facilitare molti usi impropri delle due VQR, a livello di ateno come di dipartimenti e soprattutto a mettere in discussione la possibilità di considerare davvero la VQR una valutazione delle strutture, prefigurando esiti e conseguenze. Un problema che si è accentuato per un dato che non è solo sociologico, ma di “potere” dentro l’accademia: la perdita di status legata a tante cause, ma soprattutto al mancato porsi da parte delle istituzioni universitarie e dei docenti, il problema del loro ruolo sociale e della necessità di comunicare in maniera chiara il processo, non solo gli esiti. Con alcune perle: dal considerare “tempo perso” l’impegno alla partecipazione (è sufficiente guardare le autocandidature alla VQR per rendersene conto), sino al vero disprezzo di molte comunità scientifiche per la “divulgazione scientifica” (dimenticando l’impegno civile di scienziati come Heisenberg o di umanisti come Pevsner o la tradizione di gruppi, per altro iper-elitari, come il Georgian Group, nelle traduzioni e trasmissioni culturali: storiche quelle di John Summerson alla BBC o la partecipazione di accademici italiani essenziali all’iniziale vicenda di Classe unica in Italia).
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FLASH-BACK Pippo Ciorra
Accediamo per un attimo a un’ipotetica macchina del tempo. Non le chiediamo un grande balzo retroattivo, ma un piccolo sforzo per riportarci a una trentina d’anni fa, quando la risposta alla domanda sul ruolo delle istituzioni non accademiche da parte di un cultore italiano di architettura sarebbe stata facile e orgogliosa1. A Casabella e alla Triennale ancora si fantasticava di “centri studi”; l’ingresso “ufficiale” dell’architettura tra i “settori” della Biennale di Venezia con le mostre di Portoghesi (1980 e 1982) e Rossi (1985) era sembrato un vero trionfo; giovani progettisti in erba e aspiranti “studiosi” ancora percepivano tra le aule le tensioni generate dalla rivalità tra le grandi associazioni culturali del dopoguerra, MSA, APAO, Comunità e più tardi l’Inarch. Per molti La presenza del passato di Portoghesi aveva rappresentato non solo l’inizio di una dimensione espositiva completamente nuova per l’architettura ma anche un “motore di ricerca” infinitamente più potente dei nascenti dipartimenti, capace di guidare per una volta – dopo i clash politico-professionali degli anni settanta – il pensiero architettonico su una lunghezza d’onda sorprendentemente vicina a quella della società. La Biennale era il megafono globale di una cultura architettonica nazionale che ancora (ma non per molto) si pensava egemone. La Triennale la fucina di cotanta egemonia, il luogo dove la cultura architettonica italiana selezionava e “indottrinava” gli interlocutori. Tra il 1973 (la mostra di Rossi sull’Architettura Razionale) e Le città immaginate di Vittorio Magnago Lampugnani e Vittorio Savi del 1987, l’istituzione di Palazzo dell’Arte, ancorata alla cultura del progetto urbano, dà l’impressione di poter sopravvivere alla crisi della generazione dei maestri e di poter addirittura avviare un ricambio virtuoso sia nei contenuti che nell’età e provenienza degli esperti coinvolti. Dal 1977 al 1984 lo IAUS (Institute for Architecture and Urban Studies) newyorkese di Hejduk e Eisenman rappresenta una specie di sede decentrata della ricerca architettonica italiana. Nel 1984 l’IBA di Berlino (il piano di ricostruzione di un’ampia parte della città occidentale), guidata da Josef Paul Kleihues, si presenta ai più come un’emanazione diretta dell’indirizzo di ricerca che in quella fase accomuna la Triennale e la rivista Lotus International, e quindi come
1 La questione posta a Pippo Ciorra, è stata la seguente: le istituzioni sono state importanti a sostenere il ruolo dell’architettura italiana nella seconda metà del 900, che ne è oggi? (ndc). 33
UNA PROSPETTIVA ESTERNA Mirko Zardini
Il punto di osservazione Il Canadian Centre for Architecture (CCA), in Montreal, è un centro internazionale che opera in base alla convinzione che l’architettura (intesa nel suo senso più ampio) sia un campo di pubblico interesse. L’istituzione accoglie al suo interno diverse componenti: quella degli archivi, quella della biblioteca, quella del museo (con le sue collezioni, ma anche con la sua vocazione pubblica, espressa attraverso le mostre, i progetti editoriale – cartacei e digitali – e i suoi programmi), quella curatoriale e quella della ricerca. Il dipartimento preposto alla ricerca non solo sviluppa alcuni dei temi di interesse particolare per l’istituzione, ma li coordina e integra con l’attività di altre istituzioni, e con il lavoro di ricercatori e architetti che provengono dal mondo accademico, nei suoi diversi livelli, e dalla professione. La loro presenza, e il loro lavoro, sono generalmente sostenuti attraverso una serie di borse di studio. Gli studenti, i dottorandi, i ricercatori, e gli architetti provengono per la maggior parte dal Nord America e dall’Europa, con alcune limitate presenze dal Sud America e dall’Asia. Le seguenti brevi note sono emerse da questo particolare punto di osservazione. Valutazione senza valori Ogni istituzione è oggetto di un processo di valutazione esterna, e di valutazione interna, stabilito dalla governance, volto a verificare il raggiungimento di certi obiettivi, la qualità dei risultati, e, nel caso del CCA, il loro impatto nel campo della ricerca e della costruzione di un nuovo discorso pubblico sull’architettura. Non è sorprendente il prevalere, nel campo delle istituzioni, ma anche nel campo della ricerca, di processi di valutazione basati sempre più su parametri quantitativi, a priori ritenuti oggettivi, rispetto alle qualitative measures of success, che risultano di più difficile definizione e interpretazione. Si tratta di una scelta che emerge sempre più anche nella valutazione dei progetti di architettura, nel caso dei concorsi ad esempio. In questo progressivo processo di burocratizzazione assistiamo al prevalere di una valutazione fatta in assenza di valori (un concetto non nuovo nella riflessione relativa alla ricerca). Tale meccanismo risulta del tutto inadeguato nel comprendere e definire l’adeguatezza dei modi di produzione della conoscenza alle sfide poste dal mondo contemporaneo. 43
VALUTARE E PROMUOVERE Alberto Ferlenga
Credo che per parlare di valutazione dei prodotti e delle strutture universitarie in un ambito così particolare come il nostro sia utile partire dagli effetti che l’attuale sistema valutativo sta generando, poi considerare alcune specificità del sistema italiano, quindi valutare se siano ancora da considerare un valore e, in caso di risposta affermativa, capire se il sistema valutativo le salvaguarda. Ragionare a largo spettro in una fase di passaggio come quella che stiamo attraversando è, secondo me, fondamentale, prima che le modalità di giudizio si assestino definitivamente e gli eventuali effetti negativi non siano più evitabili, lo è in quanto sono fermamente convinto del fatto che la promozione di alcune importanti specificità del sistema formativo universitario italiano in alcuni ambiti potrebbe costituire una differenza importante da giocare in uno scenario internazionale (non solo universitario) particolarmente competitivo. Evito ovviamente di ricordare quanto fosse necessario attuare forme di controllo della produzione scientifica in ambito universitario e quanto il lavoro di ANVUR si sia fatto carico di un appuntamento che non era più eludibile. Passo invece agli effetti. Un primo effetto, macroscopico per la sua evidenza, direttamente generato dalle attuali metodologie di valutazione è lo smisurato crescere di una produzione editoriale ad hoc. Una produzione ripetitiva, scarsamente scientifica, per lo più inutile, priva di lettori che non siano i valutatori. Il fenomeno è tanto più evidente se comparato alla forte crisi di quell’editoria di settore che in Italia, per anni, è stata il fiore all’occhiello di una cultura architettonica che, anche su questo, ha basato la sua specificità. Un secondo effetto è la formazione di docenti in architettura lontani dalla pratica del progetto. A questo fenomeno stanno concorrendo molti fattori tra cui le insensate regole italiane che precludono a gran parte dei docenti la pratica professionale. Ma anche in questo caso si mina alla base una specificità italiana, quella di un docente-architetto colto, che è stato una figura tipica delle nostre Università e oggetto di emulazione nei rari momenti, nella contemporaneità, in cui l’Architettura italiana ha avuto un ruolo internazionale. Al suo posto, si sta affermando una nuova generazione di docenti lontanissimi dalla pratica del progetto e da quella del costruire riproducendo una condizione di separatezza tra 47
RIFLESSIONI SULLE PRATICHE E LE POLITICHE DIPARTIMENTALI DELLA RICERCA NELL’AREA DELL’ARCHITETTURA Gabriele Pasqui
Premessa: il punto di osservazione Le osservazioni che seguono provano a mettere in tensione la riflessione in atto sull’esperienza della Valutazione della Qualità della Ricerca 2011-2014 (d’ora in avanti VQR 2011-2014) nell’ambito dell’area Architettura (GEV 08a), restituita nel Rapporto finale di area redatto dal Gruppo di esperti coordinato da Cristina Bianchetti, e un insieme di ragionamenti, in parte solo abbozzati, sulle condizioni strutturali e sulle dinamiche della ricerca nell’area dell’architettura nell’università italiana. Il punto di vista assunto in queste pagine, che necessariamente delimita la pertinenza e la generalizzabilità delle osservazioni seguenti, è quello di un grande dipartimento interdisciplinare (oltre 150 tra professori e ricercatori di ruolo, oltre 50 assegnisti di ricerca, oltre 100 dottorandi), collocato al Politecnico di Milano. In questo Ateneo insieme al Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU), sono presenti altri due dipartimenti collocati quasi totalmente (il Dipartimento di Design) o prevalentemente (il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito) nell’area 08a. Il DAStU è nato recentemente (1 gennaio 2013), nell’ambito dei processi di riassetto e riorganizzazione dipartimentale promossi dal Politecnico di Milano a valle della Riforma Gelmini, e la sua composizione difficilmente può essere descritta come l’esito di un processo decisionale guidato da una razionalità “olimpica”. L’articolazione disciplinare (con una presenza consistente dei SSD ICAR 14, 16, 17, 18, 19, 20 e 21, ed una più contenuta dei settori ICAR 12, 15 e 22, accanto ad una ventina di docenti dell’area delle scienze sociali e delle humanities) rende il DAStU un osservatorio privilegiato per la lettura di alcuni processi in atto nel campo della ricerca, e al tempo stesso testimonia di una natura interdisciplinare (e più ancora transdisciplinare, alla Hirschman) programmaticamente perseguita, ma in larga parte incompiuta. D’altra parte, la struttura demografica del Dipartimento, caratterizzata da una drammatica uscita di personale (soprattutto professori ordinari) nel corso degli ultimi sette anni, ha caratterizzato un processo di ridefinizione delle modalità di strutturazione dei gruppi di ricerca, 55
LA CLASSIFICAZIONE DELLE RIVISTE IN AMBITO ANVUR Alessandro Balducci
Negli ultimi anni ho fatto parte di due commissioni e gruppi di lavoro costituiti da ANVUR sulla valutazione della editoria italiana e sulla classificazione delle riviste. Il primo gruppo di lavoro “Data-base e nuovi indicatori” è stato costituito nel 2013 ed ha lavorato sulla possibilità di costruire indicatori bibliometrici per l’editoria italiana. Ne facevano parte esperti di editoria e di varie discipline. I componenti del gruppo di lavoro erano: Dott. Andrea Angiolini, casa editrice Il Mulino; Dott. Piero Attanasio, Direttore AIE; Prof. Alessandro Balducci, Politecnico Milano; Dott. Michele Casalini, casa editrice Casalini Libri; Prof.ssa Gia Caglioti, Università Napoli Federico II; Prof. Giulio Cainelli, Università Padova; Prof. Lazzaro Rino Caputo, Università Roma Tor Vergata; Prof. Cosimo Cascione, Università Napoli Federico II; Dott. Filippo Chiocchetti, Fondatore Repub. Lit; Prof.ssa Elisabetta Galeotti, Università Piemonte Orientale; Dott. ssa Paola Galimberti, Sistema Bibliotecario Università Milano; Dott.ssa Mirka Giacoletto Papas, Presidente AIE; Dott.ssa Elena Giglia, Sistema Bibliotecario Università Torino; Prof. Adalberto Merighi, Università Torino; Dott. Claudio Rossetti, Università LUISS. Obiettivi del gruppo erano: – studiare la fattibilità di un sistema di archiviazione di riviste in lingua italiana suscettibile di interrogazione automatica delle informazioni di tipo citazionale; – effettuare una analisi dei sistemi di analisi automatica dei testi in grado di supportare analisi citazionali e fornire raccomandazioni; – monitorare l’evoluzione dei processi di Open Access e delle nuove forme di Academic Publishing; – effettuare analisi di fattibilità dell’uso di indicatori non citazionali. La costituzione del gruppo rispondeva all’esigenza di non mortificare la produzione scientifica in italiano su riviste e libri pubblicati nella nostra lingua a fronte dei formali processi di valorizzazione della produzione in altre lingue. Al termine di alcuni mesi di lavoro è stato prodotto un documento dal titolo Specifiche preliminari per una base dati bibliometrica italiana che è stato approvato dal Consiglio direttivo di ANVUR il giorno 8 ottobre 2013. 69
L’IRRESISTIBILE ASCESA DEI MODELLI COMPUTAZIONALI Marco Gaiani
Il tema L’effetto dell’introduzione, ormai quasi mezzo secolo fa, dei sistemi computazionali nella nostra vita quotidiana è stato duplice. Uno certamente prevedibile (anche se non ipotizzato nella forma attuale) è stato quello della diffusione di devices capaci di risolvere problemi computazionalmente. Meno prevedibile è stato il secondo effetto, cioè quello della diffusione di modelli computazionali come metodi generali per approcciare i problemi, e formare e comunicare il sapere. A questo secondo effetto va assimilata l’attuale irresistibile ascesa dei modelli bibliometrici come indicatori di qualità della ricerca e delle sue forme disseminative. Si tratta di un fenomeno ormai generalizzato che è andato a toccare anche aree potenzialmente impensabili, come quella dell’architettura, che è sempre vissuta su mezzi di valutazione empirici e qualitativi, se non legati al mero successo di pubblico. Le motivazioni di questi rapidi diffusione e successo (nel positivo e nel negativo) richiederebbero analisi e spazi ben al di là dello scopo e della lunghezza di questo scritto e forse una complessità di scrittura che non aiuterebbe nella direzione proposta da questo volume. Mi limiterò quindi ad affrontare il tema delle ricadute effettive e/o potenziale di questi modelli a base numerica. Affronterò il tema sfruttando lo schema espositivo della tragedia greca, perché reputo che la conclusione, scontata e dimostrabile facilmente, sia assai meno interessante della descrizione dell’azione, cioè di come elementi che sono propri dei modelli bibliometrici possano avere una qualche importanza ed utilità per la ricerca di architettura, e/o come essi vi stiano impattando. Successivamente cercherò di spiegare come, secondo me, vi sia grande confusione tra portati della valutazione bibliometrica e introduzione di sistemi di ricerca quantitativi e basati sui sistemi computazionali, al punto che, a mio parere, l’attuale, celere progressivo ed evidente slittamento verso modelli bibliometrici, sia figlio di questo sostanziale equivoco. Dipanando la questione spero sarà possibile individuare qualche interessante percorso e sfruttare elementi che sono propri dei modelli bibliometrici a beneficio ed utilità per la ricerca di architettura. 77
ALESSANDRO BALDUCCI CRISTINA BIANCHETTI PIPPO CIORRA ALBERTO FERLENGA MARCO GAIANI CARLO OLMO GABRIELE PASQUI MIRKO ZARDINI
€ 16,00