La memoria dell’ordine

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Questa pubblicazione è stata realizzata su carta ecologica certificata FSC

ISBN 978-88-6242-155-3 Prima edizione, Aprile 2015 © 2015, LetteraVentidue Edizioni © 2015, José Ignacio Linazasoro Rodríguez Tutti i diritti riservati Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’Autore e l’Editore si augurano che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere mentre ci spostiamo durante le nostre giornate; cosa piuttosto difficoltosa se si pensa a un plico di fotocopie in formato A4. Autore ed Editore si augurano quindi che i lettori effettivi e potenziali di questa collana si impegnino nella divulgazione di un uso sostenibile del libro, nella sua forma più tradizionale ed antica, quella cartacea, senza per questo disprezzare le pubblicazioni digitali che restano di grande valore e utilità per una distribuzione e diffusione democratica della cultura del progetto. L'autore rimane a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Traduzioni: Felipe Lozano LetteraVentidue Edizioni S.r.l. www.letteraventidue.com Via Luigi Spagna, 50 L 96100 Siracusa, Italia @letteraventidue LetteraVentidue Edizioni


José Ignacio Linazasoro Rodríguez

La memoria dell’Ordine Paradossi dell’architettura moderna



Indice 7 Presentazione 15 Introduzione Prima parte 23 Il “senso” dell’architettura e la configurazione dell’Ordine 41 57 60 71 83 94 102 116

Seconda parte. Sulla condizione moderna La crisi dell’Ordine Prime conclusioni sulla condizione moderna Primi racconti moderni Adolf Loos e la consapevolezza della modernità Le Corbusier: dall’avanguardia all’architettura con “senso” L’attualizzazione della memoria Monumentalità e condizione moderna Dal classicismo al paradosso della modernità

Terza parte 143 L’inserimento del moderno nella memoria urbana 161 Epilogo



Presentazione Per un architetto, abituato a destreggiarsi tra forme e materiali, non risulta facile esprimersi mediante la scrittura. Ciò spiega la sensazione di inquietudine che si prova nel momento di cominciare questa nuova “avventura intellettuale”. Lungi dal cadere nell’autocompiacimento, con il passare del tempo le difficoltà aumentano; si innalza il livello di autocritica e i dubbi si moltiplicano. Si racconta che L.B. Alberti dedicasse tutta la sua vita alla revisione del suo famoso Trattato; circostanza che non sorprende se si mette in conto il fatto che un Trattato – come qualsiasi progetto – si perfeziona attraverso versioni successive, diventando una sorta di riflesso della vita stessa dell’architetto. Si potrebbe addirittura affermare, parafrasando Ortega y Gasset, che l’essenza dell’uomo è il suo compito; perciò ogni opera umana è di per se incompiuta, e non arriva a compimento nemmeno con la fine del percorso vitale dell’autore. La permanenza dell’architettura nel Tempo e la costruzione della città sono stati da sempre argomenti centrali della mia attività intellettuale e pratica. Attorno a queste due questioni si sono incentrati i miei principali progetti nonché i miei testi scritti, questi ultimi molto meno numerosi e concentrati soprattutto nei primi tempi della mia carriera professionale. Questa

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Introduzione Il fine con il quale ci dedichiamo a interpretare la nostra propria situazione, è quello di apprendere vivacemente la nostra crescita, la nostra saturazione, proprio dall’interno della situazione medesima. La nostra concezione di detta situazione è l’impulso che ci porta a percepire ciò che per noi è veramente importante. Karl Jaspers Al giorno d’oggi abbiamo abbondanti motivi per chiederci se l’architettura appartenga ad un mondo ormai tramontato, o se la stessa abbia ancora un “senso”. Questa riflessione non vuole assumere caratteri apocalittici; semplicemente rappresenta la constatazione di una realtà nella quale non appare semplice stabilire una continuità tra quello che l’architettura è stata nel corso della storia rispetto alle sue manifestazioni odierne. La validità del quesito è fondata nelle stesse ragioni per le quali, dall’inizio del secolo XX si cominciò ad assegnare, all’“architettura moderna”, contenuti diversi rispetto all’“architettura del passato”, sottolineando in questo modo il cambiamento di paradigma tra le due. Questa interpretazione fu suffragata da numerose opere teoriche, da S. Giedion a B. Zevi o K. Frampton, tutte incentrate nell’interpretazione evolutiva delle idee

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Prima parte

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Il ”senso” dell’architettura e la configurazione dell’Ordine Interrogarsi sul “senso” dell’architettura significa ricercare un principio di legittimazione universale non soltanto riferito al presente. Storicamente è stato proprio questo il principio a cui hanno fatto riferimento tutti i trattatisti da Vitruvio in poi, fino all’avvento della crisi provocata dalla Modernità. Nonostante le sue ambiguità, da tutti riconosciute, già Vitruvio rilevava un collegamento tra l’architettura ed il suo ambito di sviluppo, attraverso la utilitas e la firmitas, le quali altro non sono che il mezzo di trasmissione della venustas. Tuttavia, l’equiparazione delle tre categorie è sempre stata fonte di un certo sconcerto in quanto, mentre le prime due categorie rientrano nell’ambito della techné, la terza riguarda un principio costitutivo essenziale, relazionato con quello che in termini moderni potrebbe essere chiamato arte; tuttavia, come vedremo più avanti, anche questo termine risulta assolutamente inefficace poiché lo stesso non può essere inteso da una prospettiva estetica, bensì come espressione di una relazione con il Cosmo e con la percezione che di questo ha una società in un dato momento, configurandosi in questo modo come arché o principium (nel senso greco-latino del termine); concetti dai quali deriverebbe il termine stesso di “architettura”.

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Seconda parte Sulla condizione moderna


La crisi dell’Ordine Come correttamente segnala Sedlmayr, la crisi che l’architettura ha subito dal periodo illuministico in poi non ha paragoni con altri momenti della storia, così come da questo momento non si troverà più traccia di quella successione di “temi dominanti” attraverso i quali prese forma la nozione di Ordine nelle precedenti tappe storiche. Si tratta di un processo il quale non soltanto porta alla dissoluzione dell’Ordine stesso, ma anche all’impossibilità di ricostruirlo, il che provocherà un dramma che interesserà tutta la modernità, senza che si possano scorgere sintomi di superamento; al contrario, come sottolinea Margherite Yourcenar, la nostra condizione moderna si compiace nel dramma dell’effimero, del non-finito e della rovina come segno dell’inesorabilità del passare del tempo. Un passare del tempo i cui segni gli antichi cercavano di contrastare, dimostrando un’atteggiamento che oggi ci sembra incomprensibile ed in ogni caso, impossibile. La crisi dell’architettura alla quale facciamo riferimento fu un processo lento ma inesorabile, che affonda le sue radici in diversi terreni, temporalmente precedenti al Secolo dei Lumi e localizzate in due paesi concreti: Francia ed Inghilterra. Potrebbe sembrare un paradosso che la Francia del Grand Siècle, caratterizzata dall’architecture classique, sia

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1. Progetto di Bernini per il Louvre

1 bis. Progetto di Perrault per il Louvre

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stata in realtà uno degli epicentri di questa crisi. Va considerato però che, al di là di quell’ideale architettonico, il quale si materializzerà in architetture di notevole qualità e rigore, soggiaceva un ambiente culturale nel quale il razionalismo cartesiano, occupato nella sistematizzazione delle diverse discipline, segnava un percorso che avrebbe portato alla perdita di centralità dell’architettura. L’insuccesso del progetto di Bernini per il Louvre (fig. 1) costituisce un chiaro sintomo di questo cambiamento di sensibilità culturale. L’architettura proposta in quel progetto presentava una forma unitaria e totalizzante, imparentata con Michelangelo, destinata a infrangersi contro la cultura architettonica francese (fig. 1 bis), molto più analitica e non esente di una certa freddezza; un’architettura che, nonostante la vastità dei temi dominanti in cui era impegnata – dalla nuova architettura monumentale di chiese e palazzi alle grandi riorganizzazioni territoriali dei parchi di Le Nôtre – cercava i confini della sua disciplina, sottoponendosi ad una rigorosa analisi razionale di impronta cartesiana. Fu in quel contesto che insorse la Querelle des Anciens et des Modernes, incentrata sulla validità degli ordini. Emersero in quella contesa due posizioni contrastanti: mentre R. Fréart de Chambray propugnava la difesa degli ordini e la loro necessaria convenzionalità, Ch. Perrault, razionalista impenitente, sosteneva, fondando il suo ragionamento su una lettura rigorista e tendenziosa dell’opera di Vitruvio, la centralità della costruzione – la techné – come unico fondamento della disciplina (fig. 2).

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