LATENT LANDSCAPE

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Vincenzo Gioffrè

INTERPRETAZIONI, STRATEGIE, VISIONI, PER LA METROPOLI CONTEMPORANEA


ISBN 978-88-6242-253-6 Prima edizione Marzo 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Vincenzo Gioffrè È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Book design Raffaello Buccheri LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italy Web www.letteraventidue.com Facebook LetteraVentidue Edizioni Twitter @letteraventidue Instagram letteraventidue_edizioni


Vincenzo Gioffrè

INTERPRETAZIONI, STRATEGIE, VISIONI, PER LA METROPOLI


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Juan Manuel Palerm Salazar PRESENTAZIONE

“Bolle nell’aria”: o come riscattare i paesaggi latenti INTRODUZIONE

Erranze e prossimità: un viaggio attraverso paesaggi contemporanei TESI

Nel paesaggio latente: tracce, persistenze, emersioni > Ripartire da quel che resta > Macerie e rovine della modernità > Ritorno al paesaggio > Nuovi cicli di vita per nuove terre > La linea alta di New York > Latent Landscape

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STRATEGIA

La metropoli paesaggio: prefigurazioni di un futuro imminente > “La città stradale”: un fenomeno urbano della contemporaneità > Mapping: forma e fenomeni del paesaggio latente > La metropoli paesaggio: un manifesto > Prefigurazioni verosimili per un paesaggio autosufficiente

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VISIONE

Realismo magico: dispositivi di svelamento per immaginari latenti > Attraversamenti esperienziali in paesaggi straordinari > Nuove comunità per agri-culture multifunzionali > Riduzioni d’intensità d’uso per paesaggi dismessi > Arrangiamenti condivisi per usi temporanei > Inneschi minimi per nature auto-indotte > Superfici espressive per strategie narrative

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CONCLUSIONE

Paesaggio è opera collettiva APPARATI

Bibliografia di riferimento; crediti illustrazioni; attività inerenti al progetto Latent Landscape


Juan Manuel Palerm Salazar

PRESENTAZIONE “Bolle nell’aria”: o come riscattare i paesaggi latenti

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Se fossimo in grado di descrivere con precisione l’azione di un ragazzo che fa “bolle”, “bolle di sapone”, staremmo compiendo la narrazione di un evento, un processo, simile a un progetto di architettura, causale, dove si incontrano volontariamente agenti che intervengono nell’azione di lavorare con la materia in negativo, vale a dire con il paesaggio, tanto quanto delle bolle, con la loro fortuna, svolazzando nell’aria, e la loro materia che conferisce qualità specifiche al proprio vuoto, lievitando e disintegrandosi … Da questa prospettiva l’azione del soffiare, con le variabili aleatorie di intensità e di proporzionalità del liquido (acqua e sapone), determina la condizione imprescindibile per le misure delle bolle e allo stesso tempo per l’esplosione o scoppio, che sappiamo si produrrà in un tempo breve, tempo incerto ma al quale sorprendentemente partecipiamo, e ci lasciamo trasportare dalla levitazione di questo spazio avvolto, a qualsiasi intensità dello spazio esterno circostante. Per questo motivo intendiamo il Paesaggio come un prodotto connesso ai luoghi, con differenti “scoppi” fedelmente programmati. Luoghi esterni che sostengono mondi interiori, dove la pelle smette di essere solo una membrana per convertirsi in spessore e materia di una forma globale riconosciuta. Questa forma globale riconosciuta acquista la sua massima capacità evocativa nel termine “Sfera”, in riferimento allo studio che Peter Sloterdijk fa nel I volume della trilogia “Sfere” dal titolo “Bolle. Microsferologia” (2003), quando afferma: Vivere nelle sfere, significa produrre la dimensione nella quale gli uomini possono essere contenuti. Le sfere sono delle creazioni di spazi dotati di un effetto immunosistemico per creature estatiche su cui lavora l’esterno. Spazi per la convivenza umana in cui l’elemento principale si differenzia dall’introverso mondo intimo (anche se permane) e il cui scoppio si fonde e si articola con lo spazio esterno, quello che chiamiamo libero e pubblico, luogo dove ci ritroviamo con i nostri riferimenti. Non si tratta solo di “luogo” o “luoghi”, sono fondamentalmente dimensioni spaziali con capacità di articolare l’incertezza dello sguardo che si muove all’interno di orizzonti riconoscibili con la necessità di precisare gli spazi in forma di Progetti di Architettura e Paesaggio. Tutto questo si polarizza difronte alla perdita di riferimenti cartesiani e di un continuo decentramento dello spazio contemporaneo; le Bolle scommettono su una condizione vincolata al luogo come “localizzazione” e con essa propongono il fondamento della distinzione tra l’importante e il futuro, il collegamento alla condizione urbana e territoriale dell’abitare, abbandonando, se possibile, l’eccesso della dimensione oggettuale e letteraria dell’Architettura e del Paesaggio. Dai quadri della serie “Bolle” di Jiří Georg Dokoupil (2002), al “Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch (1480-1490) passando per la

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Davvero non sono i vasi colmi di te a renderti stabile. Questo è, esattamente, il contesto della riflessione che intendo offrire come presentazione del libro che Vincenzo Gioffrè intitola “Latent Landscape”, articolata in tre sezioni come bolle che deambulano a partire da frasi e concetti estratti dal testo del libro.

Giardino delle delizie. Trittico chiuso e aperto Hieronymus Bosch (1480).

“Passeggiata acquatica” di Eventstructure Research Group (1969), o l’“Attempting to Deal with time and space” (1997) di Annika von Hausswolff, si tratta di proposte capaci di verificare la costruzione metaforica di “Sfere”, o involucri spaziali in distinte situazioni in cui l’assimilazione dell’intorno privato-intimo, di ogni spazio, di ogni azione, si propone in una dimensione aperta e strettamente legata e inseparabile a un luogo possibile, riconoscendo con esso la dichiarazione di S. Agostino nelle Confessioni I capitolo 3:

Bolla 1 Pre-testo: a pagina 22, Gioffrè scrive: La tesi è che proprio nei luoghi del massimo degrado, lì dove apparentemente persistono condizioni di massimo disagio sociale, risiedono – se opportunamente svelate attraverso un approccio fenomenologico, processuale, strategico, tattico – le condizioni privilegiate per la sperimentazione e realizzazione di nuovi paesaggi che propongono in chiave contemporanea, identità, caratteri, specificità che ci inducano ad affermare: “io abito qui!”. Cosa significa “io abito qui”? PREMESSA Bolle nell’aria

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INTRODUZIONE Erranze e prossimitĂ : un viaggio attraverso paesaggi contemporanei

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MACERIE E ROVINE DELLA MODERNITÀ _

Nei territori di margine dei centri cittadini consolidati, lungo le coste, nelle aree di pregio naturalistico, là dove si è realizzata un’urbanizzazione recente, si osserva un surplus di costruito, per lo più sottoutilizzato, che nelle condizioni più critiche versa in totale abbandono e degrado. Ben oltre le cosiddette periferie, fenomeno dell’espansione urbana della seconda metà del Novecento che ha determinato, in molti casi, condizioni di particolare disagio abitativo e di sostanziale precarietà urbana, oggi, osserviamo con crescente stupore il diffondersi di quel fenomeno definito dalla letteratura internazionale sprawl, termine tratto dai romanzi cyberpunk di William Gibson, in Italia “città diffusa” (Indovina, 1990), “città infinita” (Abruzzese/Bonomi, 2004). Si tratta di una forma di urbanesimo sfilacciato, disperso nel territorio, che produce una metropoli rarefatta, instabile, in dissoluzione. Afferma James Corner8: «Invece di città come centro coerente, adesso parliamo di metropoli come estensione emergente di opportunità e differenze, un campo di intensità variabile, oscillante e mescolato, difficile da descrivere e da visualizzare con un solo colpo d’occhio, così come è difficile agire al suo interno con una qualche efficacia». Sono “Paesaggi ibridi” (Zardini, 1996), prodotto della diluizione, parcellizzazione e frantumazione dei paesaggi rurali colonizzati dalle propaggini più esterne delle città dove si sovrappongono o entrano in conflitto luoghi e spazi di diversa natura e consistenza costruiti per la produzione di servizi, la residenza, le reti della mobilità, dove si addensano maggiormente gli scarti di una modernità già obsoleta. Nel suo complesso un vasto repertorio di manufatti, luoghi, spazi oggi sottoutilizzati o abbandonati: stazioni ferroviarie chiuse, autostrade e strade incomplete, ospedali inutilizzati, porti insabbiati, capannoni industriali dismessi, edifici per centri sociali o genericamente definiti polifunzionali inutilizzati; ma anche suoli agricoli fino a poco tempo fa coltivati e oggi parcellizzati e abbandonati, parcheggi enormi desolati perché sovradimensionati rispetto ad utenze oggi ridimensionate, spazi pubblici con un design poco significativo rapidamente vandalizzati e quindi deserti, case vacanza non più abitate neanche nei periodi estivi perché in contesti compromessi proprio dallo stesso processo speculativo che le ha generate. Si tratta delle “macerie” prodotte dal frenetico e incontrollato metabolismo urbano, manufatti edilizi o spazi che non hanno ancora assunto i connotati della rovina9 perché non ne hanno avuto il tempo (Augé, 2004); privi di qualità simboliche e percettive, hanno ormai esaurito il loro – breve – ciclo di vita per lo più trascorso in una condizione di stallo, nell’attesa perenne di essere ultimati o utilizzati ed entrare finalmente a pieno regime nelle funzioni per cui erano stati concepiti. Luoghi inadeguati alla contemporaneità, per i criteri che li hanno generati non

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più rispondenti a modelli funzionali, dimensionali, produttivi, ai criteri di efficienza energetica, alle pratiche di vita quotidiana e di tempo libero. Alessandro Coppola in Apocalypse Town. Cronache dalla fine della civiltà urbana (Coppola, 2012) descrive il fenomeno di declino delle metropoli statunitensi a partire dalla storia recente della cosiddetta Rust Belt (letteralmente “cintura di ruggine”, con riferimento alle città di Detroit, Cleveland, Flint, Yougstown) investita, oggi, dal progressivo e continuo spopolamento conseguente la crisi industriale. Una condizione che sta determinando negli Stati Uniti un fenomeno di “de-urbanizzazione”, forse una anticipazione di ciò che potrebbe accadere, in tempi brevi, in buona parte dei territori urbani d’Occidente. Proprio a Detroit, centro di questo fenomeno, si sta realizzando un radicale ripensamento della città che dalla consolidata vocazione industriale si sta convertendo, attraverso un processo promosso “dal basso”, in un nuovo modello insediativo postmoderno. Sulle macerie delle aree industriali dismesse stanno sorgendo nuovi paesaggi produttivi, che adottano un modello di agricoltura multifunzionale, gestiti da comunità di “neorurali” organizzate in cooperative agricole urbane auto-costituitesi per provvedere autonomamente alla propria sussistenza alimentare10. Parco Dora a Torino, inaugurato nel 2012, progetto al quale ha partecipato il paesaggista Peter Latz già autore del Landschaftspark Duisburg-Nord, è una interessante applicazione di un processo di progressiva “ruderizzazione” di un’area industriale dismessa. Il parco di 456.000 mq di estensione è situato nell’area di Spina 3 dove fino agli anni Novanta sorgevano i grandi stabilimenti produttivi della Fiat e della Michelin. Il progetto non propone una tabula rasa delle preesistenze industriali, quanto piuttosto il mantenimento di molte parti di esse

TESI Nel paesaggio latente

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RITORNO AL PAESAGGIO _

Il paesaggio, come scrive Michael Jakob (Jakob, 2009), da anni è oggetto di un crescente interesse, evocato da politici, giornalisti, studiosi; è un concetto ibrido e polisemico, che tiene assieme questioni di carattere percettivo, ambientale, ecologico, sociale, culturale e soprattutto è in grado di riportare in campo quelle estetiche, per una ritrovata esigenza di bellezza dei luoghi di vita quotidiana. Le trasformazioni dell’habitat umano contemporaneo sono talmente repentine e le nuove categorie di spazi che si generano talmente mutevoli, che gli approcci tradizionali della pianificazione territoriale o urbanistica appaiono inefficaci perché lenti e farraginosi, di carattere prevalentemente quantitativo, difficilmente in grado di interpretare la complessità della condizione attuale. L’emergenza ambientale, i cambiamenti climatici, la diffusa percezione del peggioramento della qualità di vita soprattutto nelle aree urbane di recente formazione, sono tutti aspetti che contribuiscono a diffondere un sentimento generalizzato di bisogno di natura e di riscoperta dei suoi tempi e dei suoi cicli; esigenze che si realizzano, appunto, in un diffuso sentimento di ritorno al paesaggio11. Una delle manifestazioni più eloquenti dei rapidi cambiamenti di stili di vita è il diffondersi degli orti urbani, tra i primi casi recenti in Italia e tra i più interessanti gli “Orti di via chiodi” a Milano, che non rispondono, oggi, tanto ad esigenze di produzione per l’autosostentamento, quanto piuttosto, soprattutto in quei contesti urbani particolarmente densi, alla volontà di ritrovare un legame con la natura e i suoi tempi attraverso la cura e la coltivazione di piccoli appezzamenti di terra anche se tra gli edifici residenziali di aree urbane dense. Così assistiamo al diffondersi di una “ideologia green” declinata in: green city, green infrastructure, green building, greenway, green world, green job. Un fenomeno che nasconde, spesso, una semplificazione concettuale secondo cui “verde” è buono e giusto comunque e sempre. La vegetazione urbana in sé è ritenuta un simbolo positivo, indipendentemente dalle sue qualità percettive, funzionali, biologiche, purché in opposizione al costruito, al cemento, all’asfalto, all’idea di modernizzazione. In alcuni casi si tratta di politiche messe in atto con consapevolezza e lungimiranza, secondo approcci efficaci che rispondono ad innovative idee di città sostenibile, in altri casi sembra piuttosto l’esito di un rapido e maldestro tentativo di adeguarsi ad un mondo che cambia adottando slogan alla moda. Allo stesso tempo assistiamo alla diffusione, con grande rapidità e superficialità, di una certa omologazione linguistica nei progetti delle “aree verdi”, una sorta di International Style del paesaggismo per cui un progetto di spazio pubblico o di parco è affrontato con semplificazione programmatica che prevede, di norma, una ciclabile in asfalto colorato, un sistema di orti sociali e qualche sbrigativa considerazione di carattere ecologico; come se l’assemblaggio di questi elementi fosse garanzia

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TESI Nel paesaggio latente

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STRATEGIA La metropoli paesaggio: prefigurazioni di un futuro imminente

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“LA CITTÀ STRADALE”: UN FENOMENO URBANO DELLA CONTEMPORANEITÀ _

Reggio Calabria, così come molte città del Sud Mediterraneo, è connotata dalla stridente contraddizione tra la presenza di un patrimonio non comune di risorse naturali e culturali e un territorio con forti criticità di carattere ambientale, sociale ed economico ulteriormente compromesso, negli ultimi decenni, dal fenomeno di dispersone urbana che qui, più che altrove, si manifesta in tutta la sua complessità. Dopo il disastroso sisma del 1908, che ha raso al suolo la città, decimato la «(...) c’è una città mobile, incerta, popolazione e azzerato le attività produttive transitoria. Invisibile come città. ed economiche, la rinascita è stata lenta e Una città che se la cercate non incompiuta. Il Piano di ricostruzione De Nava la trovate, perché non si trova ridisegna un elegante nucleo cittadino seconsegnata su nessun atlante. Un do un reticolo geometrico ordinato che ancoposto che si può cogliere solo in ra oggi mantiene tratti di qualità; il successivo movimento e raccontare solo in Piano Quaroni/Quistelli degli anni Settanta una descrizione in viaggio (...). propone l’idea della Città Metropolitana dello In Calabria la strada è l’unica Stretto in relazione al Ponte, ma il programarchitrave del paesaggio moma è forse troppo ambizioso per i tempi e non derno. Spiega il regno di un’utrova applicazione dei suoi principi fondativi. manità eterogenea, mescolata, A fronte di una città “legale” pianificata e per disarmonica, sfusa e spesso buona parte irrealizzata si è invece definita imperscrutabile, sparpagliata, nel tempo una non-città di edilizia diffusa, in uno sguardo superficiale può spontanea e auto-costruita che ha generato persino apparire normale» spazi frammentari, interclusi tra i maggiori Mauro Francesco Minervino, 2010 sistemi geografici (fiumare, agrumeti, arenili); il risultato è un mosaico ambientale e paesaggistico scomposto, caotico, discontinuo, particolarmente degradato nelle aree di margine ai nuclei urbani consolidati. A seguito del riconoscimento dello status di città metropolitana, che dal 2016 è formalmente istituita con l’elezione del Consiglio, il territorio metropolitano si estende, oggi, per oltre trecentomila ettari con una superficie urbanizzata inferiore al 5% concentrata per oltre il 70% lungo la costa, una popolazione di poco superiore ai cinquecentocinquantamila abitanti e la presenza al suo interno di un patrimonio culturale di eccellenza e un repertorio di paesaggi di straordinaria unicità: il Parco Nazionale d’Aspromonte, la Costa Viola, l’Area Grecanica, le aree archeologiche della Locride, quelle produttive della Piana degli Ulivi, il centro cittadino proiettato sullo scenario dello Stretto di Messina, il Museo Nazionale che conserva, oltre i celeberrimi Bronzi, anche una collezione di grande importanza di reperti dalla storia primitiva al mondo classico greco e romano, il lungomare cittadino con la pregiata collezione botanica caratterizzata dai monumentali Ficus magnoloides.

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Reggio Calabria è sintesi e caso emblematico di un fenomeno più generale, che caratterizza buona parte del territorio regionale, descritto mirabilmente da Mauro Francesco Minervino nel suo libro Statale 18 (Minervino, 2010). L’antropologo calabrese, nel raccontare il suo viaggio lungo la celebre arteria stradale che attraversa la Calabria tirrenica da sud verso nord, mette in stretta correlazione la disarticolata forma urbana contemporanea con i comportamenti e le abitudini della comunità di abitanti che la vive e la trasforma quotidianamente. Quello che emerge è un processo urbano irrealizzato, una modernizzazione mai definitivamente raggiunta, inseguita attraverso la costruzione di grandi infrastrutture (autostrada, porti, aeroporto) mai completamente ultimate, mai realmente e pienamente entrate a regime. In particolare l’area urbana di Reggio presenta un fenomeno molto marcato di dispersione urbana che assume una forma filiforme, pulviscolare, discontinua e si estende, secondo una direttrice lineare lungo la costa, dal centro storico consolidato sia verso nord che verso sud, parallelamente alle maggiori arterie stradali e ferroviarie, dove spesso spiccano edifici multipiano abusivi non finiti. Reggio è una metropoli ibrida, più rurale che cittadina, che ingloba al suo interno fiumare, pregiati agrumeti, reperti archeologici di epoca classica greca e romana, torri saracene, uliveti e terrazzamenti. Basta infatti allontanarsi poche centinaia di metri dalla costa per registrare immediatamente il prevalere della dimensione rurale, delle permanenze dei territori dell’agricoltura e della pastorizia; una condizione da interpretare come straordinaria potenzialità, piuttosto che criticità, per un modello inedito di abitare contemporaneo. Una prima lettura di questo complesso paesaggio-palinsesto è stata condotta attraverso un viaggio stradale seguendo una road map di 210 Km. Tanti sono i chilometri che misura la costa del territorio metropolitano, da Rosarno, estremità nord sulla costa tirrenica, a Monasterace, estremità settentrionale su quella jonica. Un periplo lungo l’estremità della Calabria e della Penisola attraverso la S.S. 18 per la Tirrenica, da nord verso sud, per compiere quindi l’attraversamento del capoluogo Reggio e immettersi successivamente nella famigerata S.S. 106 per risalire quindi la costa jonica. Il viaggio è l’occasione per un esercizio di osservazione del paesaggio e per la realizzazione di un atlante fotografico che oltre a viste corali e panoramiche si sofferma anche su condizioni di dettaglio per registrare aspetti puntuali di singoli luoghi. Le foto a seguire sono una selezione dell’atlante della “città stradale” e documentano la stratificazione tra paesaggi che ancora oggi mantengono caratteri di particolare bellezza, e condizioni di degrado urbano o abbandono. Una lettura che non vuole assumere i toni della denuncia sociale, quanto piuttosto registrare le conseguenze dei fenomeni di un passato recente per intravedere possibili evoluzioni di un futuro prossimo. STRATEGIA La metropoli paesaggio

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Territorio coltivato

PTCP_Quadro conoscitivo_sistema ambientale-storico culturale; Dati ISTAT “Censimento agricoltura 2010�

Filiere agricole

PTCP_Quadro conoscitivo_sistema economico-produttivo

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Paesaggi rurali di pregio

PTCP_Quadro conoscitivo_sistema ambientale-storico culturale

Aree naturali di pregio

PTCP_Quadro conoscitivo_sistema ambientale-storico culturale_Allegato VI_Repertorio delle geoemergenze

STRATEGIA La metropoli paesaggio

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PREFIGURAZIONI VEROSIMILI PER UN PAESAGGIO AUTOSUFFICIENTE _

Reggio Calabria Città Metropolitana Autosufficiente è una visione apparentemente utopica, in realtà perfettamente realizzabile, che si fonda su un modello di economia circolare che valorizza il paesaggio agrario esistente, spesso di grande pregio, oggi, in parte sottoutilizzato o in abbandono, reinterpretato in chiave multifunzionale per associare aspetti produttivi, ambientali e sociali. Diverse esperienze internazionali stanno di «La campagna urbana non fatto applicando questi principi attraverso è semplicemente un luogo di dei modelli insediativi che interpretano nuovi passeggiate ai confini tra città e stili di vita sostenibili che si fondano nell’apmondo rurale, essa implica anche provvigionamento alimentare. il ripensamento delle relazioni L’economista e filosofo Serge Latouche, fra la cultura urbana e il mondo nell’esprimere una critica al modello delle agricolo. (…) Perché l’agricoltura urbana non potrebbe essere con- società occidentali storicamente protese ad siderata dai pianificatori come uno sviluppo infinito quanto irrealizzabile, si uno strumento di urbanizzazione fa sostenitore della decrescita conviviale, del capace di organizzare durevollocalismo e di una visione alternativa e fortemente il territorio delle città?» mente etica dell’economia, definibile, appunPierre Donadieu, 2005 to, antropologica. La “società paesaggista”, teorizzata da Pierre Donadieu, oltrepassa definitivamente il conflitto città/campagna in termini sociali e definisce una nuova comunità che, nel riconoscersi nei valori del paesaggio, propone nuove modalità dell’abitare nei territori ibridi dell’urbanità contemporanea. Uno scenario similare è ipotizzato anche dal designer Aldo Cibic in “Rethiking happiness” un ritorno ad una dimensione abitativa rurale, ormai apparentemente perduta, attraverso progetti che raccontano la possibilità di nuove forme di comunità solidali e sostenibili. “Agropolis” – progetto vincitore del concorso del 2009 Open Scale a Monaco di Baviera – è in fase di sviluppo da parte di un team interdisciplinare di architetti, urbanisti e paesaggisti. Il progetto suggerisce di reintrodurre l’agricoltura urbana nella regione metropolitana di Monaco utilizzando suoli non ancora edificati all’interno del tessuto urbano, da destinare alla coltivazione temporanea. Agropolis è quindi una strategia complessa e articolata, che oltre a favorire la produzione di cibo attraverso la realizzazione di fattorie, giardini, mercati e ristoranti, prevede la costituzione di una rete commerciale a filiera corta per la promozione dell’auto-approvvigionamento, suggerendo l’uso sostenibile del suolo urbano e la creazione di nuovi spazi di socialità. Nel caso del capoluogo e dell’intera area metropolitana di Reggio Calabria, come si evince dalle mappe sinottiche del capitolo precedente, la disponibilità di suoli agricoli e la varietà di produzione è decisamente molto alta in relazione al numero di abitanti residenti e alla densità

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STRATEGIA La metropoli paesaggio

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VISIONE Realismo magico

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VISIONE Realismo magico

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VISIONE Realismo magico

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VISIONE Realismo magico

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INNESCHI MINIMI PER NATURE AUTO-INDOTTE _

Lungo la costa della Città Metropolitana di Reggio Calabria, come in buona parte dei litorali costieri del Mediterraneo, la concentrazione di attività antropiche ha determinato un rapido e progressivo deterioramento delle qualità ambientali ed ecologiche. Molto spesso la costruzione di aree residenziali, soprattutto di seconde case estive a ridosso delle spiagge, così come la percorrenza con autovetture degli arenili e la realizzazione di lidi e strutture balneari molto invasive, hanno fortemente compromesso i cordoni dunali e determinato, di conseguenza, fenomeni erosivi da parte del mare. Un caso emblematico è Punta Pellaro nel litorale Sud di Reggio, considerato uno dei migliori siti d’Europa per la pratica di sport velistici, che oggi versa in una condizione di parziale degrado. Un paesaggio con straordinarie potenzialità turistiche e ambientali, oggi, sicuramente non fruito in maniera adeguata e, spesso, aggredito da utilizzi impropri che ne stanno, appunto, compromettendo le qualità ambientali. In questo caso le azioni progettuali ipotizzate consistono in interventi minimi che impediscono comportamenti distruttivi dei fruitori delle spiagge e contemporaneamente determinano le condizioni ideali affinché la struttura dunale si possa ristabilire. Oltre una razionalizzazione delle funzioni e delle attività esperibili nella spiaggia e nelle aree adiacenti, sono proposti piccoli accorgimenti come percorsi in tavolati di legno rialzati sull’arenile che orientano le percorrenze e salvaguardano la vegetazione dunale ulteriormente incrementata con la piantumazione delle specie vegetali autoctone. Ancora piccole strutture in legno per osservatori del paesaggio e presidi funzionali a supporto delle attività marinare. Il risultato immaginato è quello di un giardino di piante pioniere e dunali di grande rilevanza estetica, ambientale, botanica ed ecologica compatibile con le pratiche sportive e balneari della spiaggia.

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VISIONE Realismo magico

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€ 18,00

Un passato recente è messo a confronto con il presente e con un futuro prossimo per creare una tensione e una frizione felice e feconda fra memoria e innovazione, anche attraverso una nuova elaborazione che sovrascriva configurazioni precedenti, le sopravanzi, o addirittura le eclissi, per dare un senso all’attualità.


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