Luce Artificiale e Paesaggio Urbano

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Locandina Hortus mirabilis 2012 Francesca Castagneto, Luca Ruzza

Locandina Onirica 2013 Andrea Castiglione


Prefazione / Preface Fabrizio Crisafulli

La luce è forse, tra gli elementi espressivi del teatro, quello tradizionalmente più trascurato. Lo è stato per molto tempo per difetto di strumenti. Continua in parte ad esserlo anche oggi, pur in presenza di mezzi adeguati ad un suo efficace impiego artistico. Ci sono state e ci sono, nel suo uso comune, basilari incongruenze. La più importante è la divaricazione tra il ruolo secondario che usualmente svolge nel processo di creazione di uno spettacolo e il carattere primario e generativo che ha invece nella realtà. Prima dell’elettricità, la luce era tenuta in scarsa considerazione, come materiale della creazione, anche a causa della carenza di mezzi che permettessero un’articolazione significativa delle sue possibilità espressive, soprattutto sul piano temporale, e quindi drammaturgico. Con l’arrivo dell’elettricità, nell’ultimo quarto dell’Ottocento, si crearono le condizioni tecniche per una maggiore articolazione di quelle possibilità. Ma si produssero allo stesso tempo nuovi motivi per le incongruenze alle quali ho accennato. La

Of all the expressive features in theatre, light is probably the one which has been neglected the most. For a long time this was due to a lack of tools, and that continues to be the case today to some extent, even though there are means that are appropriate for its effective artistic use. There have been, and there are, fundamental inconsistencies in its common use. The most significant is the discrepancy between the secondary role it usually performs in the process of creating a production, and the main, generative character it has in reality. Before electricity light wasn't held in high regard, as a means of creation, partly because of the lack of means to enable the meaningful expression of its possibilities, especially on a temporal, and therefore dramaturgical, level. With the arrival of electricity in the last quarter of the nineteenth century, the technical conditions for greater expression of those possibilities were created, though new reasons for the inconsistencies mentioned previously were produced at the same time. The 9


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Città e territorio: tecnologie per una nuova narrazione Vittorio Fiore Luca Ruzza

L’artista è colui che ci vaccina di fronte ai grandi mutamenti, soprattutto ai cambiamenti dei modi di vivere che a volte viviamo anche come disastro, nei termini di un mutamento repentino che ci coglie impreparati. L’artista ci mette in condizioni di capire chi stiamo diventando. Angela Vettese da Marshall McLuhan (1964-2010)1

Carlo Bernardini, La luce che genera lo spazio, 2009. Installazione ambientale in fibre ottiche, mt h 18 x 25 x 27. Palazzo Litta, Direzione dei Beni Culturali, Milano 2009-2010.

L’idea che supporta questo volume ed i suoi contenuti scientifici e didattici parte dal concetto di installazione come strumento di lettura e riappropriazione dei luoghi. L’installazione, definibile come “assemblaggio artistico di vaste proporzioni”2, è un’opera che coinvolge l’intero ambiente determinandone un mutamento, un’opera spesso praticabile dallo spettatore, concepita come superamento della tradizionale suddivisione delle opere d’arte3: si tratta in genere di un’opera temporanea, che può contenere in sé molte delle discipline artistiche, comprese teatro e danza, e che prevede la partecipazione attiva – fisica e concettuale – e il coinvolgimento dell’osservatore-attore. L’installazione, come sostiene Massimiliano Gioni «[…] è figlia di quel bombardamento di dati che dà forma alla fase matura della nostra società iperinformata. È un sintomo dell’estasi della comunicazione: l’arte dell’installazione parte dalla constatazione sublime di essere un tassello nel flusso incessante di connessioni globali. È una forma di scultura esplosa, ciclopica nelle dimensioni: vastissima e frattale. È ancora un monumento, anche se eretto a celebrare un tempo fondato 13


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As above, so below Agostino De Rosa

J. Turrell, Roden Crater project, Painted Desert (AZ, USA). L’Apha Tunnel. Foto: Agostino De Rosa

L’opera di alcuni artisti contemporanei, meno legati all’establishment e ai vincoli professionali di quanto non lo siano gli architetti, hanno mostrato in questi ultimi decenni come sia possibile intervenire in contesti naturali incontaminati o urbani, con discrezione ma anche con piglio creativo, trasformando il paesaggio terrestre in uno specchio di quello celeste che ci circonda e ci sovrasta. L’effetto è quello di ampliare a dismisura il campo percettivo del fruitore ad un contesto inaspettato, tuttavia sempre presente nelle nostre vite. Senza che ce ne rendiamo conto, le nostre esistenze già si svolgono nello spazio siderale, in quello atmosferico per la precisione, condividendo con il mondo terrestre il solo contatto col piano di calpestio dei nostri piedi, dei basamenti degli edifici che abitiamo. Il resto di noi e dell’architettura è proiettato nell’atmosfera, in un paesaggio denso di luce di cui conosciamo a mala pena le coordinate, ma che merita di essere esplorato in tutta la sua iridescente bellezza e complessità. Alcuni land formed works hanno saputo configurare spazi di risonanza tra il cielo e la terra, creando luoghi suggestivi in cui il fisico e il metafisico agiscono in comunione – spesso inaspettatamente rispetto ai desiderata degli stessi artisti –, e il cui interesse risiede, oltre che nelle componenti filosofiche del loro immaginario, nel carattere composito e stratificato dei concetti di configurazione e percezione spaziale e luministica che essi implicano; si tratta di opere in cui si fondono discipline tra le più diverse – architettura, scultura, ingegneria, astronomia e antropologia –, dimostrando come al giorno d’oggi 29


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Tra necessità espressive e innovazioni tecnologiche Francesca Castagneto

Hortus Mirabilis, 2012, Palazzo Nicolaci, Noto. Foto: Luca Ruzza

È in corso da alcuni anni un fecondo dibattito sul tema del ruolo dell’innovazione tecnologica, dei suoi riflessi e implicazioni, nell’ambito del fare teatro e più in generale nell’arte contemporanea nelle sue diverse forme e accezioni. Queste riflessioni tendono a riunire in un discorso unitario alcuni contributi critici che, per le diverse forme artistiche, indagano le accresciute possibilità espressive e di sperimentazione offerte dai nuovi media; ciò per sottolineare ulteriormente le interconnessioni fra ambiti un tempo fortemente caratterizzati in sé, autonomi e tra loro disgiunti. «Alla fine del secolo scorso la natura specifica dell’arte è stata erosa dal disfacimento dei linguaggi e da continue dichiarazioni di dismissionamenti delle correnti e di linee di pensiero, con l’emersione di gruppi e singoli personaggi carismatici che “dagli anni Ottanta in poi” non hanno nemmeno sentito il bisogno di essere antitetici rispetto a quanto li aveva preceduti.»1 La critica fa risalire lo sviluppo di un pensiero artistico altro, che porterà alle manifestazioni contemporanee, a partire dall’esperienza di alcune avanguardie storiche quali futurismo, dadaismo e surrealismo, in un momento culturale in cui si è promosso lo spostamento dell’interesse dal prodotto dell’azione artistica al processo che lo ha generato. «Negli anni Cinquanta il progredire della società dei consumi aveva rilanciato l’ipotesi. Il “prodotto” veniva azzerato in quanto “feticcio”, esposto a un processo di scambio e valorizzazione economica. Negli anni Sessanta l’idea si radicalizza. Più del processo mentale sono le 45


Shift 1963 Sovrimpressioni 1982

Falso Movimento (Teatri Uniti) – "Tango Glaciale" | Spettacolo rivelazione, frutto di una conoscenza esplorativa dei meccanismi della società dei mass media e della simulazione diffusa. Sovraimpressioni di filmati e diapositive, risultato di un montaggio dal ritmo incalzante, precisione di gesti e immagini valorizzati da una coinvolgente colonna sonora. Tango glaciale diventa immediatamente il manifesto della “nuova spettacolarità”, l’esempio di una possibile alleanza tra la comunicazione teatrale ed elettronica.

Computer 1986

Michele Sambin – "VTR&I" | Per la prima volta, venne usato il videoloop, un particolare sistema, inventato da Michele Sambin, che consentì di realizzare infinite sovrapposizioni d’ immagini e suoni che si accumulano in tempo reale. Questo procedimento tecnico-poetico troverà definitivamente applicazione nelle videoperformance teatrali. Il video è inteso come estensione espressiva del corpo dell’artista, nella realtà si ha una sola bocca e una sola voce, in VTR&I si possono avere molte bocche e voci.

Mario Martone (Falso Movimento) – "Prologo a Ritorno ad Alphaville" | Opera teatrale il cui obiettivo fu portare a termine la missione del film di Jean-Luc Godard “Agente Lemmy Caution, Missione Alphaville” del 1965. I componenti cinematografici, il pianeta lontano, Alphaville, e il computer orwelliano che utilizza il linguaggio come mezzo di controllo, sono stati trasposti e fatti diventare gli elementi di un kolossal teatrale capace d’intrecciare cinema, videoteatro, misticismo e astrazione matematica, cibernetica e teorie del linguaggio.

Multivisione 1986

Video loop 1978

Nam June Paik – "Exposition of Music-Electronic Television" | Prima grande mostra di Nam June Paik allestita in una galleria privata all’interno della residenza di proprietà dell’ architetto Rolf Jährling. Il titolo dell’opera indica il passaggio, dalla musica all’immagine elettronica, operato dall’artista. Quattro pianoforti, vari oggetti sonori di tipo meccanico, dodici televisori modificati per registrare, e la testa di un bue sopra i visitatori attesi all’ingresso. Oggi, questa camera espositiva è vista come il punto di partenza della videoarte.

Krypton – "Metamorfosi" | Moderno allestimento urbano, messo in scena nella piazza principale di Linz è un tipo di teatro-architettura con luci e laser. La struttura è costituita da grandi costruzioni tubolari, una piramide centrale alta diciotto metri, due parallelepipedi-palcoscenici laterali e un ponte sospeso sulla piazza. Quattro sistemi laser, luci e una multivisione sono alcune delle apparecchiature utilizzate per invadere l’intera piazza di una spettacolarità multisensoriale. Successivamente, allestito anche a Firenze.

01 | VIDEOTEATRO


Comunicazione 1987

Tam Teatromusica – "Macchine sensibili" | Microcosmo di energia dinamica. Suono primario e tecnologico, poli opposti di un universo pre-musicale, trovano un punto di contatto e diventano elementi di comunicazione. E’ possibile leggere all’interno della composizione brevi e incisivi racconti, ma, così come avviene nella creazione musicale, qui l’azione nasce prima di qualsiasi racconto. I quattro autori-attori disegnano altrettanti protagonisti di una scena astratta ed aperta, riconducibile ad uno schema di interpretazione della realtà.

Moltiplicazione 1987

Studio azzurro – "La camera astratta" | L’opera è uno spazio mentale, l’interno soggettivo di un essere umano, in cui gli attori rappresentano il riflesso nella coscienza dei rapporti vissuti o immaginati che si esasperano e si deformano. Mentre gli attori agiscono sulla scena, i monitor creano continuamente uno spazio dove tutto si amplifica, dimensioni e personaggi si moltiplicano. La musica conferisce il ritmo, segna il tempo e il respiro di quell’unico corpo universale e indeterminato che è il vero soggetto dello spettacolo.

Performance 2005

Fabrizio Crisafulli – "Magnetica City" | E’ uno spettacolo di luce che si svolge in esterno, ed ha per protagonista l’architettura, divenuta performativa. La facciata dell’edificio neorazionalista a Scandicci, è stata assunta come generatrice di forme geometriche in movimento, in modo da produrre, con un sistema di luci e grandi videoproiezioni, un’architettura virtuale mobile sovrapposta all’architettura reale. L’edificio esegue in tal modo uno spettacolo incentrato sui movimenti ritmici e sulle colorazioni variabili delle sue parti.

Dispositivi 2006

Santasangre – "84 06" | Il campo d’indagine è l’alterazione della realtà, la manipolazione del pensiero attraverso l’illusione delle immagini mediatiche. Lo spettacolo si svolge in una scatola di vetro, al suo interno un uomo è stato catturato per bloccare il suo istinto a pensare come individuo.
All’esterno lo spazio d’azione è macchinato da due figure, che a loro piacimento, con l’uso di dispositivi mediatici audio/ video, permettono alla scatola di vetro di animarsi per condizionare il pensiero dell’ultimo uomo.

Percorso 2010

UVA – "Volume" | Installazione su larga scala. Prima apparizione nel giardino del Victorian and Albert Museum di Londra, nel 2006. Da allora ha viaggiato fino a Hong Kong, Taiwan, San Pietroburgo e Melbourne. Consiste in un campo di 48 led luminosi, che emettendo suono dalle colonne rispondono al movimento dei visitatori, i quali tessono un percorso. La scultura crea il loro viaggio unico in luce e musica. Nel 2007 ha vinto il D&AD Yellow Pencil per Outstanding Achievement nella categoria installazione digitale.



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