INDICE
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PROGETTO AMBIENTALE E PERCEZIONE. PREFAZIONE di Elena Mussinelli
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INTRODUZIONE Progetto e progettazione ambientale Il piano del lavoro Osservazioni di metodo
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PROBLEMI APERTI Soundscape e paesaggio sonoro Un territorio multidisciplinare Tempo visivo e tempo sonoro Il tempo lungo del paesaggio sonoro Ambienti immersivi, neuroscienze Atmosfere e spazi vissuti Progetto visivo e progetto sonoro
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TRA QUANTITÀ E QUALITÀ. IL SUONO NELLO SCENARIO NORMATIVO L’apparato legislativo italiano Lo scenario eropeo Una prospettiva difficile
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TRACCE DI PSICOLOGIA ACUSTICA. SILENZIO, MUSICA, RUMORE Silenzio Tra “musica” e “rumore”. Premessa L’arte del rumore Il suono totale Lo sviluppo della radio Verso una musica di paesaggio Possibili definizioni di “rumore”
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PER UNA TIPOLOGIA DEL SONORO Toniche, segnali, impronte L’approccio comunicazionale L’effetto sonoro Prototipi sonori dell’architettura
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ARCHITETTURA E SOUND DESIGN. UNA RELAZIONE TRAVAGLIATA Precursori Architetture sonore Installazioni acustiche Il progetto dello spazio pubblico Pianificazione urbana
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NARRAZIONE SONORA DELLA CITTÀ Il senso della narrazione Passeggiando_1 Nel quartiere Sant’Ambrogio Alcuni nodi interpretativi Passeggiando_2 A City Life
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IN VECE DI CONCLUSIONE. RELAZIONI PSICOACUSTICHE TRA SPAZIO E SUONO: VIVERE NELLA SFERA Il rischio della sfera moderna Vivere la sfera antica. Essere parte Vivere la sfera moderna. Risuonare Vivere la sfera contemporanea. Esplodere Il tempo della nuova sfera
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BIBLIOGRAFIA RAGIONATA
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CREDITI IMMAGINI
Anfione costruisce le mura di Tebe suonando la lira, da una stampa di Hubertus Quellinus del XVII secolo.
«Posso solo ricordare il mito di Anfione e Zeto, dei due gemelli esemplari figli di Giove e di Antiope, che insieme costruirono le mura di Tebe. Essi le costruirono così: Anfione suonava la lira e cantava, mentre Zeto trasportava i massi sopra le spalle. Il mito mostra la comprensione della dualità originaria, della compresenza, nell’operare e nella pratica architettonica, di due aspetti: Anfione e Zeto […]. Musica e tecnica, armonia e prassi si configurano nel mito in un insieme, in un intero, in una relazione interna. Ecco allora cosa può dire la filosofia a proposito del progetto: può incitare a stare su quella e, a insistere su quella e, ad abitarla, a fare in essa un esercizio estremamente paziente di pensiero, perché proprio in quella e si gioca il senso della pratica dell’architetto, quale che sia il tipo di tecnica che caratterizza il suo tempo». Carlo Sini, Pensare il progetto
PROGETTO AMBIENTALE E PERCEZIONE PREFAZIONE ELENA MUSINELLI1 Elena Mussinelli1 La progettazione tecnologica ambientale si è da sempre costituita come disciplina cross-border, capace di captare stimoli eteronomi, per integrarli organicamente nei propri statuti e metodologie operative2. Alla scala del progetto urbano, come ha ben evidenziato Mario Losasso, «si alimenta oggi di numerose interazioni con i campi dell’economia urbana, della mobilità, della dimensione processuale e della programmazione temporale, con riferimenti all’identità dei luoghi, alla gestione razionale delle risorse, alla sicurezza, all’accessibilità, al benessere»3. Una dilatazione dei confini disciplinari con rilevanti ricadute nella riflessione teorica, nella ricerca scientifica e nella sperimentazione che, nella fase più recente, stanno trovando significative focalizzazioni attorno alla complessa questione dell’analisi e della valutazione della qualità degli spazi «la cui fruizione ha ormai definitivamente superato il mero riferimento ai canoni della prospettiva funzionalistica a vantaggio di quella percettivo-sensoriale»4. Un nuovo agire progettuale, chiamato a definire le caratteristiche spaziali, materiche e d’uso dell’ambiente e del paesaggio in ragione 1. Professore Ordinario di Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano e Vicepresidente della Società Italiana di Tecnologia dell’Architettura. 2. Si veda Schiaffonati Fabrizio, Mussinelli Elena, Gambaro Matteo, Tecnologia dell’architettura per la progettazione ambientale, in “Techne. Journal of Technology of Architecture”, I/2011. 3. Losasso Mario, Progettazione ambientale e progetto urbano, in “Eco Web Town”, n.16, II/2017, p. 7. 4. Del Nord Romano, Il ruolo strategico della ricerca intersettoriale nella progettazione delle strutture ospedaliere: il contributo del centro ricerche TESIS, in: “Techne. Journal of Technology for Architecture and Environment”, VII/2014, p. 52.
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Odilon Redon, L’onniscienza divina, litografia tratta dalla raccolta Dans le Rêve, 1879
«Facciamo esperienza delle cose intorno a noi attraverso i nostri sensi, sebbene questi ultimi non ci diano le cose in quanto tali, ma solo attraverso gli effetti di alcune delle loro qualità. Questo fatto è diventato patrimonio generale solo in parte. È vero che quando diciamo «Sento questo fiore» usiamo un’espressione semplificata per dire «Sento l’odore di questo fiore»; e «Sento il violino» sta per «Sento il suono del violino»; viceversa, «Vedo l’albero» non sta per «Vedo l’immagine dell’albero», ma l’espressione va intesa letteralmente. Si pensa, infatti, di vedere «l’albero stesso»: un’idea che diventa priva di senso ed enigmatica appena ci si riflette». Rudolf Arnheim, La radio, l’arte dell’ascolto
elementi non duraturi, il complesso tema della partecipazione delle comunità locali rappresentano punti che, nonostante l’enorme crescita dell’apparato tecnologico contemporaneo, continuano a determinare una distanza tra progettisti e sound designer. I prossimi capitoli provano a sviluppare qualche riflessione in merito.
SOUNDSCAPE E PAESAGGIO SONORO
Il primo orizzonte con cui risulta necessario confrontarsi è quello linguistico. Il già citato “pregiudizio percettivo” alla base della nostra cultura, che attribuisce una priorità assoluta alla vista nei processi di conoscenza del mondo, determina uno spostamento anche a livello espressivo e comunicativo, sembrando a volte togliere il fondamento stesso per una collaborazione umana fondata su altri riferimenti sensoriali. L’epoca dell’“immagine” – resa sempre più pervasiva dai tanti supporti e schermi che ci circondano – tende ad assorbire all’interno della propria sfera di dominio ogni manifestazione che sfugga al suo controllo. Tante delle nostre espressioni quotidiane dimostrano chiaramente questo scarto. Ogni volta che prendiamo posizione nel mondo esprimiamo un “punto di vista”, ci differenziamo per le nostre “visioni”, cerchiamo di “metterci in vista”. Ma non solo: “ho visto un bel concerto”, “ci vediamo stasera”, “tieni gli occhi aperti” ecc. esprimono chiaramente la tendenza a equiparare l’essenza del soggetto e del suo operare con il portato visivo della sua immagine. Metafora ben nota fin dall’antichità, come dimostra la celebre considerazione platonica dell’occhio “specchio dell’anima” o la massima di Erodoto secondo cui “gli uomini si fidano delle orecchie meno che degli occhi”. O ancora, in tempi più recenti, Hegel, secondo cui “se ci chiediamo in quale organo particolare l’intera anima appaia come tale, noi pensiamo subito all’occhio”4. La vicinanza tra l’immagine dell’occhio e il concetto di verità rappresenta un’ulteriore conferma in questo senso: “gli occhi non mentono”… 4. Le citazioni rimandano rispettivamente a: Platone, Fedro, cap. 36; Erodoto, Storie, I, 8; Hegel, Lezioni di estetica, Parte prima, III, A1.
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Scultura in pietra
«La progettualità è qualcosa di organico e vivente che nasce dentro e in contatto con il corpo e la “carne” dei materiali. Non è un fatto astratto, che applica una forma o un progetto, ma nasce all’interno delle legalità e delle potenzialità dei materiali. È materia-forma […]. Racconta il mito greco che Hermes, appena uscito dal grembo immortale della madre, la ninfa Maia, incontrò una tartaruga e subito “vide” nella sua corazza un meraviglioso strumento musicale e così uccise la tartaruga e trasformò il suo guscio in una lira». Eleonora Fiorani, Leggere i materiali
AMBIENTI IMMERSIVI, NEUROSCIENZE
Alcuni recenti studi che provengono dall’area delle neuroscienze permettono di aggiungere qualche considerazione a queste tematiche. Si sta infatti affermando un filone di ricerca sulla relazione tra neuroscienze e architettura, che mira a una migliore comprensione dei nostri atti percettivi e delle interazioni alla base dei processi di rappresentazione dei luoghi, a vantaggio del progetto multisensoriale dello spazio27. In un libro del 2015, l’architetto Mallgrave sostiene che «percepiamo (e quindi concepiamo) l’ambiente costruito tramite l’intero nostro corpo (e non semplicemente i nostri sensi o il nostro cervello), ma per formazione gli architetti tendono a pensare gli edifici come a oggetti astratti o composizioni formali che esistono in uno spazio geometrico libero, piuttosto che come a luoghi esistenziali della nostra coscienza»28. L’esperienza dell’architettura viene descritta come un processo che non coinvolge soltanto gli stimoli sensoriali in senso stretto, ma l’intero corpo, in un processo di “embodiment radicale” che si sviluppa a partire dalla particolare disponibilità motoria, dalla propensione muscolare, dalla capacità d’azione del soggetto. L’esperienza vissuta del paesaggio, e di conseguenza la pratica del progetto che ne determina le condizioni, deve essere inquadrata in un contesto olistico, assimilabile alla danza come pratica corporea basata sulla sintonia ritmica con un flusso percettivo-emozionale di eventi esterni. Sono proprio le più recenti scoperte provenienti dall’ambito delle neuroscienze a conferire a tale ipotesi 27. Il 30 ottobre 2014, organizzato dall’unità di ricerca coordinata da Elena Mussinelli, si è tenuto presso il Politecnico di Milano un seminario dal titolo “Neuroscienze e architettura. Tecnologie e strumenti per un nuovo paradigma del progetto”, con l’ambizione di mettere a confronto neuroscienziati e architetti sulle prospettive che la ricerca neuroscientifica introduce nel progetto dell’architettura. In quell’occasione sono emersi diversi spunti di riflessione, in grado di prefigurare una crescita significativa di questo orizzonte disciplinare. Oggi il termine “neuroarchitettura” rappresenta un concetto condiviso, su cui stanno investendo sia studi professionali (si vedano a esempio i progetti sviluppati da Lombardini22 “Empatia degli spazi” e più recentemente “TUNED”) sia la realtà della ricerca e delle startup (come nel caso di Neocogita) sia il mondo della comunicazione (tra cui, per esempio, il blog-magazine www.neuroarchitettura.com). L’interesse per tale approccio si è recentemente esteso anche all’interno degli ambiti accademici, come dimostra l’apertura presso lo IUAV di un master intitolato NAAD - Neuroscienze Applied to Architectural Design. 28. Mallgrave Harry, L’empatia degli spazi. Architettura e neuroscienze, Cortina, Milano, 2015, p. 82.
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TRA QUANTITÀ E QUALITÀ IL SUONO NELLO SCENARIO NORMATIVO La diffidenza degli studiosi del paesaggio sonoro rispetto all’approccio normativo in tema di “inquinamento acustico” rappresenta un fattore condiviso fin dall’origine della disciplina. Anzi, si potrebbe dire che lo stesso concetto di paesaggio sonoro e la successiva riflessione si siano sviluppati proprio in opposizione alla visione giuridica finalizzata al controllo del “rumore”. Da una parte si individua infatti un modello quantitativo, volto a regolare il rumore attraverso la definizione di soglie, barriere, limiti che rendano i nostri ambienti “più silenziosi”. Dall’altra un approccio qualitativo, in grado di interpretare il “suono” all’interno di un orizzonte creativo, valorizzandone la portata simbolica e aumentandone l’interesse sociale. L’alternativa, quindi, è relativa da un lato alla possibilità di controllare il suono attraverso parametri validi “per tutti”, dando vita a un modello – come quello normativo, appunto – che ha il merito di definire delle procedure facilmente codificabili, in grado di produrre valori misurabili attraverso metodi scientifici replicabili, individuando figure adatte al loro controllo. Non potendo entrare nel merito del significato locale del suono, tale approccio è costretto a stabilire “per sicurezza” dei vincoli che risultano generalmente restrittivi e quindi tendenzialmente ignorati, incapaci di favorire la nascita di un senso civico e di un’attenzione comune per questo argomento. Dall’altro lato si delinea un modello caratterizzato dalla necessità di interpretare il paesaggio sonoro in relazione ai complessi CITTÀ DI SUONO
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Luz María Sánchez, V. [u]nf_1. Studio shoot. Mexico City, dall’installazione Soundscapes of narco silence in US Mexico borderlands © Foto di Cecilia Hurtado
«Nomos, del resto, in origine ha anche il significato musicale di melodia, e quello spaziale di pascolo. Ripetendo il canto, la sua successione nella quale si formano strutture regolari, sorge il primo senso di una legge. Esso è melodico. La Legge è appunto anche il canto che il pastore può ripetere, rompendo lo spaventoso e radicalmente anonimo silenzio della terra che incontra. La Legge è il canto del mandriano […], che equivale alla delimitazione di un territorio, alla concatenazione o recinzione di uno spazio della ripetizione e dell’ordine». Nicola Emery, L’architettura difficile
riferimenti culturali e simbolici che lo caratterizzano, con la conseguente esigenza di stabilire di volta in volta le misure specifiche per il controllo e la gestione. Un approccio che, proprio perché facente riferimento a una corretta interpretazione qualitativa e teorica del suono, è costretto a confrontarsi con una quantità enorme di informazioni, che limitano le possibilità di intervento ad ambiti molto specifici. La difficoltà di definire il margine delle “comunità acustiche locali”, il cambiamento del paesaggio sonoro nelle varie fasi del giorno e dell’anno, la rapida trasformazione dei costumi sociali costituiscono infatti dei presupposti non facilmente risolvibili. A cui si aggiunge la difficoltà nell’individuare figure efficaci per il controllo, che possano stare al di sopra delle mutevoli opinioni locali. Da entrambi i lati si è cercato di mettere a fuoco degli elementi che potessero sopperire alle difficoltà. A livello normativo, introducendo dei parametri in grado di “qualificare la quantità”, attraverso per esempio la penalizzazione delle emissioni di suoni puri o la distinzione dei vincoli di rumore in base alle fasce orarie della giornata e alla destinazione d’uso dei quartieri. A livello di paesaggio sonoro, cercando di “quantificare la qualità”, definendo delle categorie tipologiche con cui interpretare i suoni in base al legame che intrattengono con la comunità, aprendo la strada alla possibilità di definire strategie comuni per insiemi di suoni. Il presente capitolo prenderà in considerazione la prima parte di questo scenario, tentando di mettere in luce alcuni limiti e alcune potenzialità ancora inespresse dell’apparato normativo nazionale e comunitario. I prossimi due capitoli insisteranno invece sul concetto di “tipologia sonora”, partendo da una disamina del termine a livello linguistico ed evidenziando alcuni elementi che potrebbero avere delle ricadute sul progetto contemporaneo. La prospettiva, evidentemente, vorrebbe andare a vantaggio di un superamento della tradizionale distanza tra questi orizzonti, nella convinzione che la soluzione del problema del “rumore” all’interno dei nostri paesaggi debba nascere da una mutua collaborazione tra la ricerca di strategie e metodi di controllo efficienti e una più specifica operazione di comprensione e sensibilizzazione del pubblico locale. Un lavoro che deve essere svolto fianco a fianco, in una continua verifica puntuale CITTÀ DI SUONO
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Yuri Suzuki, The welcome chorus, Margate (Kent), 2019
Per raggiungere questo obiettivo, l’attività si sviluppa in tre fasi. La prima consiste nella messa a punto di strumenti interattivi – microfoni, smartphone, registratori digitali – attraverso cui suscitare un coinvolgimento del pubblico locale sul tema del paesaggio sonoro, stimolando interazioni tra gli utenti, facendo emergere le diversità percettive degli abitanti, dei turisti, dei giovani e degli anziani. La seconda fase consiste nella traduzione di queste differenti narrazioni in messaggi audio identificabili – musica, voci, suoni dell’ambiente – che vengono infine inseriti concretamente nei contesti urbani attraverso speciali dispositivi acustici, portando alla nascita di vere e proprie “nicchie sonore”. Un altro esempio di applicazione di questo modello consiste nell’installazione XSML, proposta nel 2011 nel quartiere di Santa Croce a Firenze. Anche in questo caso l’obiettivo era quello di ricreare delle “nicchie sonore” attraverso una sonorizzazione digitale degli ambienti urbani, che potessero favorire relazioni e momenti di scambio tra i cittadini. Si comprende, in entrambi i progetti citati, come l’intenzione sia quella di superare la dimensione del semplice intrattenimento del pubblico, a vantaggio della messa a fuoco di un metodo di lettura e di progettazione del territorio urbano per valorizzare alcuni elementi e rafforzare la portata sociale dei luoghi. Il suono viene utilizzato come strumento per interpretare lo spazio della città, per individuarne delle proprietà e per rilanciarne una funzione in termini proiettivi. L’approccio maturato in queste esperienze rimane al centro delle ricerche condotte da Antonella Radicchi, come dimostra il più recente esperimento di Hush city map, una app per smartphone volta a favorire la partecipazione del pubblico nel processo di mappatura delle “aree di quiete” nelle città europee. Una seconda interessante iniziativa, questa volta orientata alla comprensione dei contesti naturali all’interno delle città, è quella di Giardino Sonoro, fondata dal filosofo e musicista Lorenzo Brusci nel 2003, che oggi si avvale della collaborazione di una serie di figure professionali, tra cui paesaggisti e designer. Anche in questo caso, le competenze propriamente acustico-musicali sono quindi CITTÀ DI SUONO
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