Ringraziamenti Sono molto grato a Fabrice Domercq, Giorgio Goffi e a tutti i fotografi per la gentile concessione delle loro immagini. Ringrazio Pietro Giorgio Zendrini per l’interessante contributo e per avermi incoraggiato in questo lavoro. Ringrazio Marco Valente per l’intenso scambio, continuo e importante, sulle questioni del design e del progetto. Ringrazio per le esperienze progettuali condivise, molte alla base di questo testo, Emanuele Soldini, Fabrice Domercq, Daniele Bresciani, Jean Michel Istre, Gianluca Giordano, Riccardo Zarino, Loredana Parmesani. Marco Ribola. Per il contributo operativo e di ricerca, Stefania Donna, Fabio Zappellini, Stefano Pasotti, Alessandro Mascoli, Jacopo Mauro, Paolo Gasparini. Un ringraziamento particolare va a Robert Stadler. Ringrazio Francesco Trovato (l’editore) per la cura con cui ha accolto questo testo.
Indice
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Presentazione di Pietro Giorgio Zendrini
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Alcune questioni fondative
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Design e Industrial design
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Macchinismo e Antimacchinismo
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Tipizzazione e Produzione di Massa
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Organico, Minimal, Pop
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Postmoderno, Digitalizzazione, Eco-Progettazione
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Bibliografia
Forma la cosa In eloquenti silenzi Di tanto che appare, offre Agli interpreti del mondo
Presentazione di Pietro Giorgio Zendrini
Q
uesto libro affronta in modo originale e sistematizzato il percorso storico, innervato nelle dirompenti conseguenze del sistema della tecnica, dell’arte e del consumo, dell’evoluzione del design. In una forma concisa, ripercorre in modo diacronico la scansione temporale dei molteplici aspetti della disciplina. Il libro è organizzato in due parti, una prima parte, introduttiva, in cui vi si riconosce il valore di cultura attribuito dall’autore al “progetto design” e alle relazioni che questo sconta con le varie categorie dell’arte, della filosofia e della semiotica solo per citarne alcune delle principali. Da un punto di vista più generale sono proprio queste relazioni, ben delineate nel testo, che possono consentire ai designer di orientarsi, responsabilmente, nelle specifiche e autonome conoscenze dei processi della realtà e del mondo. La seconda (corposa) parte del libro è dedicata alla storia del prodotto industriale; l’autore la ordina in modo diacronico a partire dalla prima rivoluzione industriale fino alla contemporaneità, dipanando l’ingarbugliato filo spazio-temporale in modo ordinato e logicamente coerente, evidenziando, puntualmente, i momenti storici (leggi anche [...]ismi) di disconnessione e ripartenza. Va riconosciuta al lavoro la capacità di far dialogare in modo costante e con grande rigore espositivo le varie discipline e/o sistemi che hanno dato impulso e continuità a quello che comunemente viene chiamato il design del prodotto industriale. Presentazione di Pietro Giorgio Zendrini
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Design Tecnologia Arte
Tipizzazione e Produzione di Massa
Parte Terza
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La seconda rivoluzione industriale 1860-1930 Il nuovo paradigma energetico: dalla civiltà del carbone a quella del petrolio Sino al 1850 le materie prime erano il carbone, il minerale di ferro, il cotone e la lana; il cibo era il frumento. I maggiori produttori di carbone erano Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, da soli superavano l'80% della produzione mondiale (Lewis, 1978). Il carbone rimase il combustibile primario sino al 1960, fu la prima fonte di energia meccanica sino al 19301. Il suo declino iniziò negli anni Venti del Novecento quando fu gradualmente sostituito dal petrolio.2 Il petrolio aveva degli indubbi vantaggi: a parità di potere energetico occupa molto meno spazio del carbone (circa la metà), può essere stivato in spazi inutilizzati, alimenta la combustione per gravità senza essere mosso da personale apposito come invece richiede il carbone. La sua diffusione come combustibile per usi termici fu ostacolata dagli elevati costi di trasporto, dalle continue oscillazioni del prezzo, e dalla "rete di sostegno" (impiantistica) della tecnologia a base di carbone che allora dominava. La nuova fonte energetica si affermò invece in settori del tutto nuovi. Il petrolio fu adottato dai nuovi convertitori di energia – i motori a combustione interna – che volevano essere valide alternative alla ingombrante macchina a vapore. Il motore a scoppio (Nikolaus August Otto, 1876), inizialmente alimentato a gas e collegato alla rete urbana, adottò come combustibile i vapori di un sottoprodotto della distillazione del petrolio: la benzina residuo del prelievo delle frazioni medie per 1. «Un fatto estremamente positivo per la chimica furono i sottoprodotti ottenuti dalla distillazione del carbone, [...] prodotti altrimenti ben difficili da ottenere come l'ammoniaca. Fu soprattutto il catrame a costituire una ricca miniera di molti composti sintetizzati in laboratorio a imitazione di prodotti naturali o con proprietà del tutto nuove. Il più importante fu il benzolo che generava anche naftalina e antracene e che era alla base dell'anilina e della vasta gamma di coloranti da essa derivati che affrancarono l'industria tessile dai costosi e limitati colori naturali. Altri importanti derivati dal catrame erano il toluolo, cumarina (il primo aroma artificiale), saccarina, fenolo e creosolo (antisettici che con i primi anestetici avrebbero rivoluzionato la chirurgia), e uno dei medicinali storicamente più efficaci: l'acido acetilsalicilico (1897)». Cfr. Pavese Claudio, op. cit., pp. 128-129. 2. L'olio minerale veniva usato come combustibile nelle zone di affioramento. Attorno alla metà del 1800 cominciò ad essere commercializzato. Fino al 1890 circa fu usato per illuminare e lubrificare come petrolio lampante o kerosene, negli Stati Uniti e poi in Europa. Tipizzazione e Produzione di Massa
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Henry Dreyfuss, Polaroid Land Camera Model 20, 1965
tante nel 1960 quando Dreyfuss disegnò la Automatic 100, una macchina molto più leggera delle altre per una razionale riduzione delle componenti e per un accurato studio che rendesse facile operare. Con la Automatic 100 Polaroid introdusse la pellicola in pacchetto e non più in film. Questa soluzione, unita alla progettazione della Model 20 del 1965, quasi totalmente in plastica, rese le macchine Polaroid prodotti per il grande pubblico. Oltre alla Model 20, si deve all'ufficio di Dreyfuss anche la SX 70 del 1972, un oggetto molto elegante, dalle finiture accurate, reso compatto da un interessante sistema di chiusura. Per Polaroid, Dreyfuss progettò anche la simbologia grafica per guidare le operazioni dell’utilizzatore. Lo studio sulla iconografia applicata ai comandi, già avviato con la Deree per i trattori, e l’approfondito esame della relazione uomo-macchina fu uno degli aspetti che caratterizzò l’approccio scientifico di Dreyfuss. Al suo staff si deve il primo serio lavoro di antropometria applicato alla progettazione e la pubblicazione di due importanti libri dedicati a questi aspetti, Designing for People (1955) e The Measure of Man (1960). I risultati di queste analisi applicate nel concreto della pratica professionale si sono trasformati in tavole di riferimento e tabelle di misure divenute strumento operativo usato da molti designer ed ergonomi in tutto il mondo. Walter Dorwin Teague (1883-1961) prima di occuparsi di design aveva lavorato per un’agenzia pubblicitaria. Questa esperienza gli fu molto utile perché ebbe modo di comprendere le esigenze delle aziende committenti e le aspettative del pubblico. Obiettivo di Teague fu comunicare al meglio sia con i manager delle aziende, comprendendone le richieste e valutando le debolezze del loro prodotto, sia con i consumatori, anticipandone le aspettative e orientando il loro gusto. L’approccio alla professione di Teague fu caratterizzato da un orientamento realista e pragmatico, che aveva come obiettivo primario il consolidamento della relazione con il cliente attraverso risposte di design precise ed efficaci. Le sue collaborazioni più prestigiose furono con Kodak, Westinghouse, Boeing, Ford, DuPont, CorningGlass. Per la Kodak, con la quale collaborò sin dal 1927, disegnò alcuni veri capolavori come le macchine fotografiche della serie Bantam e Bullet39. Per la Texaco curò l’immagine coordinata delle stazioni di servizio, progetto di confine tra 39. La serie Kodak Bullet con il corpo in bachelite, riprende in modo semplificato il design della Bantam. Fu prodotta dal 1936 al 1942. Tipizzazione e Produzione di Massa
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Design Tecnologia Arte
Organico, Minimal, Pop
Parte Quarta
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La terza rivoluzione industriale 1930-1982 Quella che viene indicata come la terza rivoluzione industriale si riferisce agli spettacolari progressi dell’elettronica e delle telecomunicazioni. Queste tecnologie definite nel complesso tecnologie dell’informazione – sintetizzate nell’acronimo ICT (Information, Communication Technology) – hanno avuto carattere pervasivo e sono state applicate in quasi tutti i settori produttivi: da quello delle telecomunicazioni, dove l’introduzione dell’elettronica e dell’informatica hanno rivoluzionato le tipologie di gestione delle reti elettriche e telefoniche; a quello industriale, dove le stesse tecnologie hanno premesso un sempre maggiore grado di flessibilità ed efficienza che ha coinvolto le fasi della progettazione, della produzione e della distribuzione.
Lo sviluppo della chimica Il secondo dopoguerra vide la definitiva affermazione della chimica del petrolio rispetto a quella del carbone. Già nel corso della guerra si riuscì a produrre acetilene da idrocarburi leggeri e, alla fine degli anni Quaranta del Novecento, si diffuse in tutto il mondo la produzione degli aromatici fondamentali (benzene, toluene, xilene) con la tecnica del reforming catalitico della benzina. Sempre nel corso della guerra, la Exxon ricavò il butadiene dal petrolio che venne utilizzato quasi integralmente per la produzione della gomma sintetica. Nel 1950 la DuPont produsse la prima fibra acrilica (orlon), alla quale seguirono altre fibre artificiali come il poliestere (dralon, prodotto dalla Bayer). Migliorarono anche le tecniche di realizzazione delle gomme di sintesi da polibutadiene. Gli anni Sessanta furono caratterizzati dalla realizzazione di sintesi organiche di importanti intermedi industriali come il benzene e la naftalina. Nel campo delle fibre artificiali la DuPont produsse nel 1962 la prima fibra elastica, la lycra, e un succedaneo della pelle come il corfam. Si ampliò l’offerta di fibre artificiali, la cui utilizzazione travalicò il settore tessile, come le fibre conduttrici di elettricità introdotte dalla General Electric nel 1965.
Organico, Minimal, Pop
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Ray e Charles Eames, imbragatura in compensato curvato, Evans Production, 1943.
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Design Tecnologia Arte
finarono le sue conoscenze tecniche e metodologiche, che poi confluiranno nell’applicazione delle prime resine plastiche. Terminata la guerra, le conoscenze tecniche e le possibilità nella lavorazione dei materiali portarono, tra il 1945 e il '46, a una serie di mobili interamente in compensato curvato progettati e prodotti per la Evans Products, un’azienda californiana. Il MoMA di New York, nel 1946, invitò Eames ad esporre i suoi mobili in compensato. Le realizzazioni furono notate da George Nelson (1908-1986), art director di Herman Miller, che apprezzò le grandi capacità di Eames e attraverso un accordo con la Evans, non realmente interessata a commercializzare mobili, fece acquistare alla azienda del Michigan i diritti di distribuzione dei modelli e successivamente i macchinari per la produrli. Eames divenne ufficialmente consulente di Herman Miller nel 1947 e contribuì fortemente a determinare il successo dell’azienda progettando moltissime sedute di successo e di grande interesse tecnologico. È del 1950 lo Eames Storage Units, un sistema di mobili componibili costituito di una struttura in acciaio sulla quale venivano posizionati contenitori modulari in legno; del 1950-53 le Plastic chair and armchair in cui viene ad essere applicata la plastica alle sedute, in particolare il poliestere rinforzato con fibra di vetro. Quasi contemporaneamente, fra il 1951-53, Eames sviluppò l’applicazione di maglie in tondino d’acciaio elettrosaldato realizzando la serie delle Wire Chair. Del 1956 è il progetto della Lounge Chair & Ottoman, seduta di gran classe e gran comfort, divenuta uno dei pezzi più conosciuti di Herman Miller; del 1958 è la serie di sedie e tavoli denominata Aluminium Group. Eames ha disegnato anche molti giochi per bambini e grande parte del suo lavoro è stata dedicato alla comunicazione grafica e alla produzione di slide show e film realizzati per eventi, esposizioni, mostre e comunicazioni aziendali. La qualità di questi lavori è altissima e la fortissima coerenza estetica che li caratterizza svela una seconda faccia dell’abilità di Eames come designer. Rimane interessante anche il progetto di due abitazioni composte in gran parte da elementi prefabbricati, realizzate nel 1949 da Eames e Saarinen a Pacific Palisade e sponsorizzate dalla rivista Arts & Architectures, pubblicazione interessata a far conoscere ed indagare le possibilità della produzione di massa, della prefabbricazione e delle tecnologie industriali applicabile al design e all’architettura. Per la rivista Ray Eames aveva realizzato alcune copertine già nel 1944. Organico, Minimal, Pop
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Roger Tallon, televisore portatile Telavia P111, 1966
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Design Tecnologia Arte
gegneria e diverse collaborazioni, Tallon si dedicò al design. Divenne professore all'Ecole des Arts Appliqués de Paris e avviò il primo corso di design in Francia nel 1963 all’ESAD (Ecole Nationale Supérieure des Arts Décoratifs) a Parigi. Il progetto che lo pose all’attenzione del mondo dell’industria e gli diede grande fama fu il televisore portatile Telavia P111 del 1966, un oggetto levigato, dalla forme sinuose e ben studiato in ogni dettaglio. Un capolavoro che ebbe, nonostante le resistenze della direzione dell’azienda, un successo di vendite strepitoso. Il Telavia P111 apparve come un oggetto proveniente dallo spazio, nella sua configurazione di monolite morbido cosi funzionale. Nella sua lunga carriera Tallon ha disegnato tantissimi prodotti. A sua firma e molto conosciuti sono l’orologio Mach 2000 per LIP del 1973 e soprattutto i progetti per il TGV (Train à Grande Vitesse) Atlantique del 1986 e l’Eurostar del 198763.
Il design giapponese Il Giappone si apre all’Occidente I giapponesi, per posizione geografica e per temperamento estetico, hanno mostrato storicamente un talento straordinario nell’apprendere e nell’adattare fonti provenienti dall’esterno senza sacrificare le proprie tradizioni e credenze secolari. Quando, con l’introduzione del buddismo, nel IV secolo, i giapponesi vennero in contatto con la civiltà cinese, ebbe inizio una deliberata sperimentazione di alcuni aspetti di quella sofisticata cultura. A corte vennero adottati vestiti cinesi, ed elaborati modelli provenienti dalla Cina dominarono l’architettura dei templi buddisti e addirittura l’impostazione di intere piante delle città. L’adozione straniera più profonda fu quella del sistema di scrittura cinese basato su ideogrammi, ancora oggi usati. Emulando l’esempio cinese, il paese del Sol Levante cercò di eguagliarlo. La civiltà cinese rimase per circa un millennio il modello per la cultura nipponica. Questa predisposizione per l’assimilazione degli aspetti culturali stranieri si accentuò durante il periodo che vide il Giappone incontrare la civiltà occidentale. (Fisher 1995) Il processo di apertura del paese del sol 63. Roger Tallon nel 1984 aprì l’agenzia ADSA con Pierre Paulin, un altro importante designer francese. Nel 1985 gli fu conferito dal Ministro della Cultura francese il “Grand Prix national de la création industrielle”. Organico, Minimal, Pop
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Design Tecnologia Arte
Postmoderno, Digitalizzazione, Eco-Progettazione
Parte Quinta
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“L’avvento dell’attuale società post-industriale è caratterizzata dalla presenza simultanea di tanti mercati, corrispondenti a gruppi culturali diversi. Ciò esige il passaggio a una produzione non più basata sulle grandi riduzioni semantiche che forniva il design classico, ma al contrario una nuova e violenta culturalizzazione del prodotto.” Andrea Branzi, 1982
Caratteri e clima culturale di un periodo di transizione Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del Novecento avvengono cambiamenti radicali che contribuiscono decisamente ad un mutato clima culturale, definito Postmoderno (J. F. Lyotard, 1979) e poi, con più ampia accezione, Postindustriale. Questo mutamento, già in nuce negli anni Sessanta e ben analizzato e descritto da F. Jameson, è caratterizzato dall’affermazione del liberismo economico (sono gli anni di Margaret Thatcher e di Ronald Regan) e dalla fine di prospettive ideologiche antagoniste che avevano condizionato la storia del Novecento. Sono questi gli anni di messa in crisi della socialdemocrazia e del welfare state, visioni sottoposte a una revisione del modello sociale della solidarietà a favore della competizione liberista e condizionate dalla concezione del superamento, artatamente operato dal sistema economico dei consumi, della lotta di classe, della stessa esistenza di classi sociali, descritte invece come gruppi economicamente assimilabili in una condizione di medietà in continuo progresso materiale. Di li a poco, con l’implosione dell’URSS (Michail Gorbačëv, glàsnost e perestroika) e il conseguente crollo del Muro di Berlino (novembre 1989) il comunismo non fu più una prospettiva percorribile. Il capitalismo liberale aveva definitivamente vinto la sua partita. Il sistema dell’arte subì un’evoluzione rifiutando ed opponendosi ai risultati ideologici ed estetici del Movimento Moderno. Emersero, in modo vitale e caotico, nuove forme compositive: «Andy Warhol e la Pop Art, ma anche l’iperrealismo e, più tardi, il “nuovo espressionismo”; nella musica, John Cage, ma anche la sintesi di classico e “popolare” in compositori come Philip Glass e Terry Riley, e il punk e il rock new wave (di questa tradizione più recente e in rapida evoluzione i Beatles e i Rolling-Stones rappresentano il momento del moderno-avanzato); nel cinema Godard, post-Godard, video e cinema sperimentali, ma anche un genere completamente nuovo di film commerciale…».65 La dominante culturale del postmoderno, ancora viva e operante oggi, è la coesistenza di formulazioni creative estremamente dissimili, in una coesistenza di opposte visioni. Uno dei caratteri culturali più evidenti, scrive sempre Jameson, è «la cancellazione del confine (essenzial65. Jameson Fredric, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism, New Left Review 1984; ed. it. Il postmoderno o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti, Milano, 1989, p. 8. Postmoderno, Digitalizzazione, Eco-Progettazione
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Radi Designers, Fontaine de l’an 2000, Paris
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Design Tecnologia Arte
“emblema del confort borghese”, esplode e si riconfigura solidificandosi in forme soffici; i Monochromes (2011), ancora più riusciti, in cui la tipologia del divano si fonde con quella del quadro proponedosi come metafisica immagine; Tephra Formations (2009) e i Possible Furniture (2008-2010). Nella stessa direzione è l’ancor più radicale progetto BDC (2011), in cui un divano viene tranciato e trattenuto in una piccola porzione. Ciò che ne scaturisce è una nuova forma-funzione. In queste azioni l’obiettivo non è suggerire nuove tipologie ma indagarle. Di fatto Stadler svolge una ricerca sul "carattere ontologico"dell’oggetto, che viene messo in discussione, ci impone di osservarlo con un maggior grado di attenzione, ci fornisce una più completa consapevolezza della sua conformazione e del suo ruolo d’interazione. Al centro vi è il valore plastico della configurazione, il suo essere un’entità volumetricospaziale, il suo carattere eminentemente simbolico che a volte appare enigmatico e difficile da contestualizzare. In questo senso il percorso del designer austriaco si colloca in continuità con il lavoro di importanti autori, come Friedrich Kiesler, Bruno Munari, Richard Artschwager, che hanno operato sapientemente in una zona di confine tra arte e design Da sempre attento allo sviluppo del progetto, Stadler recentemente ha affiancato alla sua attività di progettista quella di curatore di esposizioni di design volte ad indagare il rapporto tra arte e design. Operazioni in questa direzione sono le esposizioni L’usage des formes (Palais de Tokyo, Parigi, 2015), Back in 5 Minutes (MAK, Vienna) e Quiz 1 (Galerie Poirel, Nancy, 2014)89 e Quiz 2 (Mudam, Lussemburgo, 2016) in cui in un sospeso allestimento vengono mostrati senza indicazioni precise opere d’arte e oggetti di design che per la loro configurazione non dichiarano immediatamente la loro funzione. Si tratta in questo caso di un gioco sottile che lascia all’osservatore un ruolo attivo e al contempo dichiara che l’azione del design va ben oltre la mera funzione d’uso, ma si colloca in quell’area della creazione simbolica che non è, dunque, solo territorio dell’arte.
89. Le esposizioni Quiz 1 di Nancy e Quiz 2 di Mudam sono state curate da Robert Stadler con Alexis Vaillant. Interessanti le pubblicazioni delle due mostre: Quiz 1 (Manuella Editons, Paris, 2014) e On things as ideas (Mudam Luxembourg and Sternberg Press, 2016). Postmoderno, Digitalizzazione, Eco-Progettazione
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