Cantiere Periferie

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METAMORFOSI QUADERNI DI ARCHITETTURA Rivista semestrale Nuova serie, numero 01, novembre 2016

Rivista fondata e diretta da Established and directed by Gabriele De Giorgi Alessandra Muntoni Marcello Pazzaglini

Editore / Publisher LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa www.letteraventidue.com

Direttore responsabile / Editor Marcello Pazzaglini

Stampa / Printing Tipolitografia Priulla S.r.l. Viale Regione Siciliana 6915 90146 Palermo

Comitato scientifico / Scientific Board Carlos Ferrater Rudy Ricciotti Kengo Kuma Antonella Greco Luigi Prestinenza Puglisi Comitato di redazione / Editorial comitee Rosalba Belibani Roberta Lucente Maurizio Petrangeli Guendalina Salimei Nicoletta Trasi Corrispondenti per l’estero Foreign countries corrispondents Carlos Llop Maria Salerno Leone Spita Maria Rita Intrieri Mario Ferrari Emma Tagliacollo Direttore creativo / Art director Francesco Trovato Progetto grafico e impaginazione Graphic design and layout Giuseppe Scirè Banchitta Direzione e redazione operativa Management and operative office Viale delle Milizie 18, 00192 Roma Tel/Fax +39 06 3214695 www.info@studio-metamorph.it 2

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Pubblicità, abbonamenti e distribuzione Advertising, subscription, distribution LetteraVentidue Edizioni S.r.l. +39.0931.090950 ufficio22@gmail.com ISSN 1590-1394 Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 13 del 9-2-2016 © 2016 LetteraVentidue Edizioni © 2016 Associazione Metamorph È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. No part of this magazine may be reproduced or transmitted in any form or by any means, including photocopying, even for internal or educational use. If it had been made mistakes or omissions concerning the copyrights of the illustrations, we will gladly fix it in the next reprint. Nota: In via del tutto eccezionale questo numero di Metamorfosi è stato pubblicato solo in lingua italiana.


METAMORFOSI QUADERNI DI ARCHITETTURA riprende le pubblicazioni

EDITORIALE

la DIREZIONE

on questo numero si apre la nuova serie di «Metamorfosi / quaderni di architettura», fondata nel 1985 e diretta da Gabriele De Giorgi e Alessandra Muntoni, Marcello Pazzaglini. La linea culturale del periodico conferma la sua attenzione per le ricerche di avanguardia che affrontano le grandi trasformazioni del territorio e della metropoli. Le stesse dimensioni dell’architettura, coinvolte in una scala geografica e paesaggistica, sono indagate segnalando lo scatto qualitativo dovuto a nuovi orientamenti teorici, scientifici e creativi basati sull’analisi dei sistemi complessi. «Metamorfosi Q.d.A.» riprende l’esperienza dei numeri monografici arricchiti da rubriche specifiche su temi di grande attualità: le interferenze con le altre discipline artistiche e con i nuovi strumenti della comunicazione, le tecnologie innovative, i processi di trasformazione dell’esistente, i confini sensibili delle soglie urbane, gli effetti delle grandi migrazioni. «Metamorfosi Q.d.A.» intende anche presentare eventi che propongono aspetti dell’architettura intesa come risorsa civile che trova le sue radici in progettisti e opere della contemporaneità. Questa nuova serie si avvale di un Comitato Scientifico internazionale, di Corrispondenti capaci di captare quanto sta avvenendo anche in aree lontane e di un Comitato di Redazione composto dai responsabili delle rubriche.

Metamorfosi / quaderni di architettura» dedica questo numero monografico alla lettura di una selezione di insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzati nelle periferie italiane dagli anni Sessanta del secolo scorso ad oggi. I materiali illustrati nel numero sono ripresi da quelli della mostra “Cantiere periferie. Alla ricerca di una città normale. Il ruolo dei quartieri di iniziativa pubblica nell’espansione urbana degli ultimi 50 anni in Italia”. La mostra è stata ideata, prodotta e sostenuta dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBACT - Direttore Generale Federica Galloni, e si è tenuta dal 15 aprile al 15 giugno 2016 presso la sede dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma - Sovrintendente Eugenio Lo Sardo. I quartieri e i temi di lettura sono stati individuati nell’ambito di una ricerca promossa dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane e svolta dai gruppi di ricerca coordinati da Pasquale Belfiore del Dipartimento di Ingegneria civile Design Edilizia e Ambiente della Seconda Università degli Studi di Napoli, da Paolo Castelnovi, Presidente dell’Associazione culturale Landscapefor di Torino e da Piero Ostilio Rossi del Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza Università di Roma. L’allestimento della mostra è stato progettato da Guendalina Salimei di “tstudio”, Roma. CANTIERE PERIFERIE

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CANTIERE PERIFERIE. ALLA RICERCA DI UNA CITTÀ NORMALE

SOMMARIO

Il ruolo dei quartieri di iniziativa pubblica nell’espansione urbana degli ultimi 50 anni in Italia EDITORIALE Metamorfosi riprende le pubblicazioni di Marcello Pazzaglini

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CONTRIBUTI Città pubblica, un laboratorio per il futuro

008

Alla ricerca di una città normale: le intenzioni dei progettisti

010

Perifrasi periferiche. Reinserire l’Habitat nella storia

014

di Federica Galloni

di Eugenio Lo Sardo, Flavia Lorello, Nadia De Conciliis

di Alessandra Muntoni

L’ESPOSIZIONE Il progetto di un percorso di Guendalina Salimei 4

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022


CINQUE TEMI

172

Le relazioni con la città e il paesaggio

176

L’articolazione degli spazi aperti

180

Le attrezzature e i servizi di uso pubblico I differenti modi di abitare Le trasformazioni nel tempo

184 188

VIAGGIO IN ITALIA Un itinerario attraverso 64 quartieri L’Italia Meridionale

030

L’Italia Centrale

076

L’Italia Settentrionale

126

a cura di Pasquale Belfiore con Renato Capozzi

a cura di Piero Ostilio Rossi a cura di Paolo Castelnovi

CANTIERE PERIFERIE

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Alla ricerca di una città normale: le intenzioni dei progettisti di EUGENIO LO SARDO Soprintendente Archivio centrale dello Stato

Quartiere INCIS a DECIMA 1960 – 1966. Modello del quartiere INCIS a DECIMA, documentazione proveniente dalla raccolta di provini fotografici conservati nel fondo Luigi Moretti. ACS, Luigi Moretti, Opere e progetti, f. 161

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’Archivio centrale dello Stato conserva, nel suo vasto patrimonio, preziosissima documentazione proveniente dagli archivi di eminenti architetti, nomi illustri di maestri che hanno operato in Italia e all’estero costruendo città intere, firmando importanti ed innovative opere di ingegneria, e interventi che hanno contribuito nel corso degli anni alla trasformazione dell’ambiente urbano e del paesaggio.

I progetti nel settore dell’edilizia popolare, avviati in Italia in modo sistematico fin dal secondo dopoguerra e in particolare con la legge 167 del 1962, rappresentano un ambito di grande rilevanza per l’attività professionale di architetti, urbanisti e ingegneri, poiché hanno sempre richiesto una compartecipazione alle scelte di politica territoriale. La metodologia di indagine adottata dai curatori della mostra ha evidenziato la complessità e la generalità delle problematiche. Da nord a sud, siano esse periferie di grandi città o insediamenti sorti in aree limitrofe a centri urbani di medie dimensioni, i nuclei insediativi spesso mostrano gli stessi segni di obsolescenza funzionale e tecnologica e gli abitanti manifestano comuni condizioni di disagio sociale. Attraverso le immagini fotografiche e i video, che offrono uno sguardo sull’attualità, la mostra ha consentito anche una approfondita riflessione circa il rapporto tra progetto originale e forma conclusiva e definitiva degli abitati, sollecitando anche una attenta valutazione circa le responsabilità del progettista. A coloro che hanno immaginato gli spazi e pianificato i luoghi viene spesso attribuita la mancata soluzione dei conflitti ambientali e sociali, come se a un ruolo significativo nelle scelte di politica urbana corrispondesse la possibilità di risolvere le problematiche del disagio e del degrado collettivo. Per superare questa opinione è sembrato interessante, nel rispetto della selezione dei casi esaminati dai curatori della mostra, avviare una rilettura dei progetti, almeno per quel numero limitato che è stato possibile rintracciare negli archivi qui conservati. Si è deciso, quindi, di esporre i materiali originali che non sempre assomigliano a quelli attuati in quanto, in corso d’opera, i progetti hanno subito delle sostanziali modifiche.

EUGENIO LO SARDO


Quartiere INCIS a DECIMA 1960 – 1966. Luigi Moretti, Vittorio Cafiero, Ignazio Guidi, Adalberto Libera. Studio di un nucleo abitativo, schizzo planimetrico e volumetrico dei fabbricati con annotazioni autografe di Moretti sulla “la simmetria delle costruzioni”. Penna su carta, cm 20x28. ACS, Luigi Moretti, Opere e progetti, f.161.

di FLAVIA LORELLO e NADIA DE CONCILIIS

a selezione presentata in mostra riguarda alcuni interventi realizzati a Roma e a Napoli da Pietro Barucci, Riccardo Morandi, Luigi Moretti e Elio Piroddi. I progetti si collocano in un arco temporale che va dal 1959 al 1984. Tra i primi troviamo due progetti provenienti dall’archivio Moretti il Villaggio Olimpico e il quartiere INCIS a Decima. Entrambi firmati da Moretti in gruppo con altri professionisti – Cafiero, Libera, Luccichenti e Monaco per l’intervento del Villaggio Olimpico completato nella struttura e collegamento urbanistico dal tracciato del viadotto di Nervi; Cafiero, Guidi e Libera per la progettazione del Quartiere Incis a Decima. Due lavori che, nel percorso professionale di Moretti, rappresentano delle eccezioni in quanto come evidenziato dalle biografie non aveva fatto parte di quella grande squadra di professionisti che negli anni del dopoguerra, dopo l’approvazione del “piano Fanfani”, si erano dedicati a sviluppare al meglio le tematiche della casa popolare. La relazione che Moretti scrive per presentare il progetto per il quartiere di Decima si apre proprio con delle riflessioni sul primo lavoro degli anni 1959-60: il Villaggio Olimpico. Immediatamente emerge l’intenzione dei progettisti di porre l’accento più che sui dati quantitativi – ettari a disposizione, numero abitanti, numero dei vani – alla valutazione delle caratteristiche del sito, dei rapporti paesaggistici con l’intorno per realizzare un nuovo insediamento che abbia un ALLA RICERCA DI UNA CITTÀ NORMALE: LE INTENZIONI DEI PROGETTISTI

1. «…Con il Quartiere Olimpico l’INCIS ha voluto non solo risolvere una esigenza tecnica di abitazioni, ma anche dar vita a un esemplare nuovo quartiere di efficiente funzionalità urbanistica, di largo respiro, di coerenza spaziale e figurativa; un quartiere … che sappia suscitare negli abitanti quel senso di serena quiete e dignità che è proprio di certi ambienti della città di Roma ed è il miraggio della migliore e più viva urbanistica». ACS, I.N.C.I.S. Relazione generale sul nuovo quartiere nella zona EUR – Roma, Luigi Moretti, b. 14.

impatto urbanistico positivo1. Con il progetto del quartiere di Decima il gruppo dei progettisti va oltre, riflettendo sulla necessità di costruire degli spazi che abbiano un’effettiva influenza sulla vita sociale degli abitanti. Gli elementi della composizione infatti sono organizzati, come scrivono nella relazione, in funzione della necessità di costruire «un moderno complesso residenziale»2. La presentazione della documentazione proveniente dagli archivi consente ulteriori riflessioni che riguardano più da vicino il rapporto tra il progettista e la committenza, amministrazioni comunali e enti pubblici, e danno la possibilità di apprezzare l’evoluzione negli anni delle norme che regolano il settore dell’edilizia pubblica. La necessità di attenersi e rispettare nuovi e standardizzati tipi di elaborati per la presentazione dei progetti è leggibile nella produzione di Pietro Barucci e

2. «…Dal punto di vista volumetrico, si è costituita la grande prospettiva sulla strada interquartiere, così da dare subito all’aspetto di questo una estrema dignità e una apertura di spazi quale si vorrebbe sempre per un moderno complesso residenziale… Il quartiere INCIS è concepito nell’insieme come la casa di una grande famiglia, che ha e deve avere la sua dignità negli spazi che sono destinati ai contatti con gli altri, …che ha i suoi ambienti di vita normale e le sue necessità tecniche specifiche … che ha gli spazi da giuoco per i bambini e gli spazi di riposo per gli anziani… ». ACS, I.N.C.I.S. Relazione generale sul nuovo quartiere nella zona EUR – Roma, Luigi Moretti, b. 14. 3. «… La progettazione edilizia nasce dalla volontà di dare un carattere unitario alla composizione. L’accentuazione del rapporto fra la strada e l’edificato, la continuità del tessuto edilizio, la ricerca di una dimensione urbana a scala umana, la puntuale e univoca destinazione degli spazi sono i principale obiettivi perseguiti. … ». ACS, Progetto Quartaccio, Pietro Barucci. CANTIERE PERIFERIE

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Un itinerario attraverso 64 quartieri

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CANTIERE PERIFERIE

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L’Italia Meridionale

Pasquale Belfiore (responsabile scientifico) con Renato Capozzi; Andrea Sciascia (coordinatore Sicilia), Luciana Macaluso; Antonello Sanna (coordinatore Sardegna), Pier Francesco Cherchi, Giovanni Marco Chiri, Giovanni Battista Cocco, Giuseppina Monni, Giorgio Mario Peghin, Valeria Saiu; Laura Thermes (coordinatrice Calabria e Basilicata), Monica Manicone, Fabrizia Berlingieri; Pasquale Belfiore (coordinatore Campania), Renato Capozzi, Camillo Orfeo, Federica Visconti; Claudio D’Amato (coordinatore Puglia), Matteo Ieva, Antonio Riondino.


Il viaggio nella “città pubblica” italiana realizzata negli ultimi cinquant’anni parte dalla Sardegna. Una scelta naturale e simbolica per un Paese di mare. Il Sant’Elia introduce bene il tema e soprattutto i problemi dei quartieri di “grandi dimensioni” che hanno segnato i primi due decenni della storia che cercheremo di raccontare con immagini e (poche) parole: il rapporto con il paesaggio, ora felicemente risolto ora segnato da estraneità; la separazione/ lontananza con il centro urbano; il difficile vivere quotidiano nel quartiere, effetto d’una irrisolta politica dell’integrazione sociale o di illegalità diffusa. Si conferma questa condizione nell’approdo alla Sicilia dello Zen di Palermo, progetto d’autore, e del Librino di Catania, unico quartiere del sud che è rientrato nel “rammendo” delle periferie promosso da Renzo Piano. La risalita in Calabria e Basilicata incontra due regioni con pochi ma significativi testi urbanistici da segnalare. Il celebre quartiere La Martella a Matera è lontano nel tempo ma anche per la tensione che l’animava. L’ingresso in Campania indugia doverosamente a Salerno e Caserta per tre quartieri interessanti. Napoli merita una sosta. Luogo simbolo d’una condizione urbana che si vorrebbe antitetica alla città normale auspicata dal titolo di questa rassegna. Viene proposto un itinerario apparentemente contraddittorio, tra Le Vele di Scampia, la “nuova città” di Monterusciello a Pozzuoli e il “ricostruire nel costruito” dei casali storici dopo il terremoto del 1980 che ha dato vita a veri e propri quartieri residenziali pubblici, densi di qualità e di problemi di vivibilità. Il viaggio nel Sud finisce in Puglia con due prove esemplari a Foggia e Cerignola. Riflessioni di primo impatto. La grande dimensione non ha retto e dal Sant’Elia allo Zen al Librino alle Vele a Monterusciello, i problemi sono evidenti. Hanno funzionato meglio gli interventi di grandezza medio-piccola in grado di accostarsi, infiltrarsi nelle preesistenze edilizie, urbanistiche e paesaggistiche. Lo “stile” con il quale i quartieri sono stati costruiti – dall’organicismo al neorealismo al razionalismo risulta quasi sempre indifferente al risultato. Decisivi invece sono la composizione sociale, la gestione attenta e costante da parte degli abitanti, gli interventi di riqualificazione, il rapporto con i centri urbani di riferimento. Se questi fattori sono assenti, il degrado e il fallimento sono inevitabili. Il futuro dei quartieri pubblici sembra essere nella rigenerazione dell’edilizia esistente, nel “ricostruire nel costruito”, risparmiando consumo di suolo e crescita inutile delle città.

INDICE QUARTIERI

QUARTIERE LATTE DOLCE

32

QUARTIERE SANT’ELIA

34

QUARTIERE CEP

38

ZEN

40

ERP E ATTREZZATURE

42

VILLASETA

43

BORGO ULIVIA

44

LIBRINO

46

27 ALLOGGI

48

CASE A SCHIERA

50

QUARTIERE EUROPA

52

CEP VIA FIRENZE

54

ABITAZIONI SPERIMENTALI

56

QUARTIERE VANVITELLI

58

MARICONDA

60

QUARTIERE PEEP SANT’EUSTACHIO

61

LE VELE

62

QUARTIERI DELLA RICOSTRUZIONE POST-SISMA

66

MONTERUSCIELLO

70

SAN SAMUELE

72

QUARTIERE CEP

74


Un fulcro urbano La gerarchia di questo grande sistema è contrassegnata da un centro urbano circolare in posizione di cerniera fra le aree residenziali e le infrastrutture; un polo di riferimento territoriale che contiene funzioni amministrative, commerciali, culturali e una stazione intermodale tra metropolitana, autobus urbani ed extraurbani. Da questo nucleo, le vie carrabili e pedonali si snodano come percorsi indipendenti, distinti su livelli diversi. Oltre a questa centralità, si prevedono servizi quali scuole (materne, medie e superiori), impianti sportivi, anche a livello regionale, e attrezzature.

LIBRINO

Ciascuna parte del quartiere è caratterizzata da vocazioni specifiche sociali, culturali, sanitarie, artistiche, amministrative e sportive. Kenzo Tange, a cui nel 1974 è commissionato il piano generale, disegna a scala architettonica il campo sportivo e il centro urbano nel tentativo di accorciare la distanza fra piano e progetto proprio dove la soglia fra la scala territoriale e di dettaglio è particolarmente labile.

Luogo Catania

Progettisti K.Tange & URTEC, F.Lo Giudice

Progetto 1974-1979 Realizzazione 1980-1990

Alloggi 15.000

Abitanti 62.000

Superficie 420 ha

Densità territoriale 150 ab/ha

CREDITI STA Progetti - Francesco Lo Giudice Foto di: Paolo Piattelli 46

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VIAGGIO IN ITALIA


“Buone azioni per il Librino” Questo è il titolo del progetto promosso da Renzo Piano all’interno dell’iniziativa G124, meglio conosciuta come “rammendo delle periferie”. Il Librino è l’unico quartiere a sud di Roma che compare nell’elenco dei quartieri studiati, a conferma di un suo carattere e di una sua condizione del tutto particolare. Nato come quartiere d’autore (Kenzo Tange 1974) ed in seguito variato infinite volte, attende oggi una sua rifondazione. Il piano ordina elementi eterogenei; include preesistenze urbane e agricole fra cui numerose masserie e si compone di dieci quartieri: Castagnola, Bummacaro, Moncada, San Teodoro, San Giorgio Ovest, San Giorgio Est, Grimaldi, Nitta, S. Agata, Bonaventura. I volumi residenziali à redent sono articolati sia in pianta che in alzato: un coronamento a gradoni conclude gli edifici, alti dai tre agli otto piani; i fronti seguono l’andamento di linee spezzate con angoli di 45°, assecondando a tratti l’orografia. La rotazione dei prospetti abolisce i fronti continui su strada e apre prospettive ampie verso il paesaggio. Le torri alte quattordici piani costituiscono “nuclei eccezionali”. L’alta densità prevista per gli edifici è la premessa per costruire estesi “corridoi verdi” dai lati frastagliati che penetrano le aree residenziali secondo le direzioni prevalenti e convergono nel parco centrale, dove sono presenti anche i servizi.

SICILIA / ITALIA MERIDIONALE

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L’Italia Centrale

Piero Ostilio Rossi, responsabile scientifico Francesca Romana Castelli, Luca Porqueddu, Caterina Padoa Schioppa, QART Laboratorio per lo studio di Roma Contemporanea del DiAP, Sapienza UniversitĂ di Roma; Fotografie di Andrea Jemolo, Maurizio Alecci, Alessandro Lanzetta.


La selezione dell’Italia centrale comprende 23 quartieri realizzati negli ultimi cinquant’anni che sono generalmente frutto dell’iniziativa pubblica e quindi il risultato di interventi di edilizia sovvenzionata (IACP, GESCAL, INCIS, Istituzioni europee, ecc.) e di edilizia agevolata o convenzionata (cooperative). In qualche caso (Tuscania, Ancona, San Giuliano di Puglia) sono esiti di interventi di ricostruzione postterremoto, un fenomeno che purtroppo non è raro in questa parte del nostro Paese. Sono molto spesso progettati da figure di rilievo nel panorama dell’architettura italiana e sono altrettanto spesso frutto di una sintesi tra sperimentazione progettuale e ricerca universitaria, così come avveniva fino a pochi anni fa, prima che i due mondi fossero tra loro separati da norme di legge. La selezione ha privilegiato interventi di dimensioni medie e medio-piccole anche per rendere confrontabili tra loro realtà metropolitane come quella di Roma con città che hanno un numero di abitanti più contenuto; dalla ricognizione emergono alcuni temi significativi e alcune simmetriche criticità. Tra i primi va segnalata l’importanza attribuita al sistema degli spazi aperti inteso come graduale passaggio dallo spazio privato dell’alloggio allo spazio pubblico della piazza, della strada o dei luoghi d’incontro; l’offerta di diversi modi di abitare la città che danno spesso vita a sperimentazioni di carattere tipologico intese ad ottenere densità abitative di carattere urbano con edifici di altezza limitata. Elemento caratteristico, legato strettamente alla morfologia dei luoghi, è quella dello stretto rapporto con il paesaggio collinare che dà vita ad impianti urbani peculiari. Tra le criticità più frequenti: la mancanza di una cultura della manutenzione e quindi il degrado diffuso che questo spesso comporta; la mancanza di programmazione nelle trasformazioni e negli adattamenti che talvolta si sono resi necessari nel corso del tempo mentre in altre circostanze sono invece veri e propri abusi; le difficoltà di gestione delle attrezzature di servizio soprattutto per quanto riguarda quei servizi di prossimità (i negozi di quartiere, ad esempio) che le trasformazioni della nostra società hanno reso obsoleti. Va messo infine in evidenza l’esperimento con il quale nei primi anni Settanta alcuni quartieri di Roma (Vigne Nuove, ad esempio) furono progettati - così come altri in Italia - secondo il criterio della grande dimensione e dell’integrazione tra residenze e servizi. Un esperimento che appare purtroppo sostanzialmente fallito. Elemento comune a tutti gli interventi è quello di aver contribuito a costruire parti configurate di città attraverso la realizzazione di impianti urbani, tessuti residenziali e sistemi di attrezzature tra loro coerenti e immaginati per accogliere con decoro la vita di nuove comunità e favorirne i processi di socializzazione.

INDICE QUARTIERI

COMPARTO 16 RD

78

QUARTIERE CEP

80

MONTICCHIO

82

QUARTIERE CEP SAN DONATO

83

VILLAGGIO OLIMPICO

84

DECIMA

86

QUARTACCIO

88

VIGNE NUOVE

90

LA TORRACCIA

92

INTERVENTO IACP AL TIBURTINO III

94

CASAL MONASTERO

96

FONTE LAURENTINA

98

CASE ENEL

100

QUARTIERE GESCAL

102

VILLAGGIO MATTEOTTI

106

L’OLIVETO

110

QUARTIERE CECA DI SALIVOLI

112

INA - CASA SAN GIUSTO

114

COMPIOBBI

116

SORGANE

118

LE GRAZIE

122

SANTA MARIA DEL PIANO

124

GUASCO SAN PIETRO

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CANTIERE PERIFERIE

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Gli interventi unitari di grande dimensione e l’integrazione tra residenza e servizi

VIGNE NUOVE Luogo Roma

Progettisti L.Passarelli (capogruppo coordinatore); V., F. e L.Passarelli, E.Censon, P.Cercato, E.Labianca, A. Lambertucci, V.Moretti, C.Saratti (edilizia); V. Feroldi De Rosa, A. Samuelli Ferretti, E. F. Radogna (strutture); B.Conti, M.Indiati (impianti); G.De Rossi, C.Odorisio (programmazione e costi)

Progetto 1972-1979

Alloggi 524

Abitanti 3.330

I primi quartieri realizzati in base alla legge 167 del 1962 misero in evidenza la difficoltà di coordinare le procedure e i flussi di finanziamento che consentissero di costruire insieme agli edifici residenziali anche le attrezzature di servizio. Fu così che nel 1969 – l’anno dell’Autunno caldo, durante il quale la questione della casa fu posta al centro delle rivendicazioni sindacali per una migliore qualità della vita – la GESCAL (Gestione per le Case dei Lavoratori) varò un programma per la realizzazione di quartieri nei quali fosse prevista, in via sperimentale, la possibilità di costruire contemporaneamente le abitazioni e i servizi pubblici. A questo scopo, l’Amministrazione individuò tre Piani di Zona situati in quadranti diversi della città: a Vigne Nuove, a Corviale e al Laurentino. I tre quartieri furono quindi l’occasione per sperimentare un nuovo tema urbano: quello degli interventi unitari di grande dimensione e dell’integrazione tra residenza e servizi.

e le relazioni sociali attraverso un ampio sistema di servizi e di attrezzature concentrati in un unico manufatto capace di ospitare 6.000 persone. A più di trent’anni di distanza, quell’esperimento, per quanto generoso, appare purtroppo sostanzialmente fallito. Il sistema delle attrezzature L’impianto del complesso IACP di Vigne Nuove è impostato in maniera da utilizzare nel modo migliore la forma triangolare del lotto e la sua conformazione altimetrica che digrada, con forti dislivelli, in senso est-ovest; lungo questo dislivello, articolata intorno ad un percorso pedonale che si sviluppa linearmente seguendone l’andamento, è posta la serie delle attrezzature collettive (negozi, sale di riunione, biblioteca, uffici di gestione, asilo nido e scuola materna, centro civico, centro commerciale e palestra). Solo alcune di queste attrezzature sono state però utilizzate, altre sono state occupate e trasformate abusivamente in alloggi; il vandalismo è frequente e il degrado è diffuso.

Attivare relazioni, offrire opportunità

Gli edifici residenziali

Prese così corpo l’idea di una città nella quale alla dispersione della periferia si contrapponessero interventi in grado di porsi come poli urbani dotati di una forte caratterizzazione formale e che si proponessero come “condensatori sociali” in grado di attivare relazioni e offrire opportunità. Da qui deriva la spina delle attrezzature collettive di Vigne Nuove, strettamente integrata agli edifici residenziali, la struttura ad “insule” del Laurentino con gli edifici-ponte destinati a negozi, servizi residenziali e uffici pubblici e privati, e l’incredibile utopia urbana di Corviale, il tentativo di realizzare un edificio-città capace di stimolare e arricchire gli scambi

Contrapposti al tessuto compatto dei servizi, gli edifici residenziali sono disposti lungo il crinale della collina secondo linee spezzate che ripropongono le principali direttrici definite dalla conformazione del lotto. Gli edifici sono alti generalmente 7-8 piani oltre ad un piano porticato e a un livello destinato ai garage e sono impostati sullo schema tipologico della casa in linea (cioè con un corpo scala che disimpegna due alloggi) con i corpi scala cilindrici posti al di fuori del corpo di fabbrica. I primi due livelli dell’edificio A lungo via De Curtis (la strada è intitolata a Totò) e gli ultimi due dell’edificio B lungo via Rodolfo Valentino sono occupati da alloggi su due piani.

Superficie 7,8 ha

Densità territoriale 427 ab/ha

CREDITI Foto di Andrea Jemolo, 2011. Immagini di repertorio: “Capitolium” n. 4, 1974; “L’Architettura cronache e storia”, n. 315, 1982; G. Rosa, Realtà, Disegno, Forma Architetture di Alfredo Lambertucci, Kappa, Roma 1983; F. Bossalino, A. Cotti (a cura di), Roma anni Novanta: l’edilizia residenziale pubblica e la nuova forma della città, Sapere 2000, Roma 1992; http://storiaefuturo.eu/. 90

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VIAGGIO IN ITALIA


LAZIO / ITALIA CENTRALE

CANTIERE PERIFERIE

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L’Italia Settentrionale

Paolo Castelnovi, responsabile scientifico Sergio Bongiovanni, Teresa Corazza, Patrizia Franco, Miruna Stoicescu; Fotografie di Giuliano Berti.


Nell’Italia settentrionale le periferie metropolitane sono segnate da grandi complessi di edilizia residenziale pubblica o aziendale per tutto il secolo scorso. Sono interventi importanti, che hanno stabilito modelli, nel bene e nel male, a cui spesso si sono riferiti i progetti più recenti, come quelli qui presentati. In mostra sono documentati tre tipi di intervento: in primo luogo quelli di completamento e di riqualificazione dei quartieri sociali “storici” delle grandi città, spesso con buoni risultati segnalati dalla ritrovata coesione sociale e soddisfazione degli abitanti ormai radicati (ad es. Falchera Vecchia a Torino, il Gallaratese a Milano, Madonna Bianca a Trento). Invece per la maggior parte i nuovi quartieri sono affrontati con i criteri e le tipologie dal razionalismo internazionale, ma spesso declinati “all’italiana”. Sono per lo più risolti con grandi edifici isolati nel verde pubblico, in qualche caso accompagnati da tipologie abitative a bassa densità, con verde privato. Sono stati progettati come grandi complessi autonomi, ai margini delle città maggiori. Talvolta le soluzioni specifiche, legate ai luoghi e alla qualità progettuale, sono state ben accettate dagli abitanti (ad es. Forte Quezzi a Genova, Ex Trevisan a Venezia). Ma in molti altri casi gli interventi sono rimasti irrisolti per i servizi, poco resistenti alla prova del tempo. In molti casi dopo 30 anni sono stati necessari aggiustamenti anche drastici, per adeguare edifici insostenibili o ridurre le densità in qualche caso arrivando a programmi di demolizione, come nel Quartiere Cogne di Aosta, in via Artom a Torino, a San Polo a Brescia. Il terzo tipo di interventi, diverso per le dimensioni e la collocazione in ambiti urbani minori, è notevole per le speciali attenzioni ai contesti e al coinvolgimento degli abitanti. I risultati, in qualche caso felici, sono dovuti ad una pluralità di fattori: la scelta di tipologie per lo più a bassa densità, la cura del paesaggio alla scala domestica, la presenza del verde “alla porta”, la formazione di spazi sicuri di vicinato, come a Modena, a Correggio, a Mazzorbo.

INDICE QUARTIERI

PARCO AMENDOLA SUD

128

PILASTRO

130

CORIANDOLINE

132

VILLAGGIO GIARDINO CENTRO

134

CAMPO DI MARTE

136

AREA EX-TREVISAN

138

MAZZORBO

140

AREA EX JUNGHANS

142

MADONNA BIANCA

144

SAN POLO

146

QUARTIERE RESIDENZIALE IACP

148

VIA GALLARATE

150

QUARTIERE SANT’AMBROGIO

152

COSTA DEGLI OMETTI

154

FORTE QUEZZI

156

VIA ARTOM

160

FALCHERA

162

QUARTIERE COGNE

166

CANTIERE PERIFERIE

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Un progetto innovativo

FORTE QUEZZI Luogo Genova

Progettisti L.C.Daneri con E.Fuselli (progetto urbanistico e coordinamento progetti edilizi)

Progetto 1956-1957 Realizzazione 1960-1968

Alloggi 880

Il “Biscione”, così nominato da subito e per sempre, è ideato negli anni ’50, freschi di Le Corbusier, anticipando i temi e le soluzioni dell’edilizia economico popolare in Italia dei decenni successivi: le case-città , i macro-edifici integrati, il rapporto con il bordo urbano e gli spazi verdi esterni. L’intervento, negli anni ’60, segna una forte innovazione per Genova e per i progetti delle città “in pendenza” italiane, anche se nei fatti non sfugge ad alcune criticità, prevalentemente legate alla localizzazione, poco accessibile, e alla bassa dotazione di servizi. Una sezione studiata per segnare il paesaggio urbano Il progetto risponde in modo innovativo al programma (INACasa) che prevedeva alloggi per quasi 5.000 persone su un versante, in alto rispetto alla città consolidata. La soluzione sottolinea la separazione, distinguendosi potentemente dal groviglio dei palazzi sottostanti. Un largo intervallo verde avrebbe dovuto separare l’avanzare “della speculazione” dai grandi edifici sinuosi, semplici e leggibili da tutta la città. Ma l’evidenza del distacco non costruito si è molto ridotta da quando sono stati aggiunti due corpi residenziali sotto quelli maggiori, oltre il crinale e nella fascia che nel progetto era a verde di rispetto.

Urbanistica e architettura in un solo disegno Lo studio del sito ha portato ad un disegno che tiene più conto del rapporto con segno del versante boscato e del Forte Quezzi sulla vetta piuttosto che del rapporto con la città banale e pervasiva dei grandi palazzi sottostanti. D’altra parte ha influito sulle scelte di architettura la panoramicità del versante, che porta a studiare una distribuzione interna per cui tutti gli alloggi hanno il soggiorno affacciato a sud, sulla città e il mare. Le Corbusier come modello di riferimento Il progetto sviluppa, adattandolo magistralmente al sito e all’occasione, un modello che deriva dalle versioni vernacolari dell’Unitè de habitation, come si vede dai riferimenti a destra: dal mai realizzato plan Obus di Algeri di Le Corbusier alle Habitacional do Pedregulho progettato a partire dal 1947 sino ai primi anni ’50 da Reidy a Rio de Janeiro.

Abitanti 4.500

Superficie 33 ha

Densità territoriale 136 ab/ha

CREDITI Ortofoto del Geoportale Nazionale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Fotografie di Giuliano Berti, 2016. Fotografie di Paolo Castelnovi, 2016. Archivio privato Daneri, Quartiere residenziale Forte di Quezzi, Genova, in Casabella, n. 793, 2010. E. Pietro D. Patrone, Daneri, Sagep, Genova, 1982. A. Eduardo Reidy, Conjunto residencial Pedregulho, Rio de Janeiro, 1946-58 in Casabella, n. 793, 2010. Le Corbusier, Plan Obus per Algeri, 1930. 156

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Un progetto coerente dal disegno urbano alla distribuzione interna Il progetto, curato e difeso nella sua attuazione da Daneri, vanta con evidenza una continuità logica e funzionale, dalle scelte fondamentali di impianto alle finiture. I quattro edifici a nastro hanno simili prestazioni negli affacci, che assicurano a tutti gli alloggi una buona panoramicità con doppia esposizione, mentre variano tra un nastro e l’altro il numero di piani, le dotazioni di logge, le distribuzioni e le dimensioni degli alloggi, il trattamento di facciata, ottenendo un risultato variato ma integrato, in un buon equilibrio formale e prestazionale. Ruolo strutturante della griglia dei percorsi Il sistema viabile è quasi in piano, parallelo agli edifici sotto cui si apre un parcheggio a nastro continuo, porticato e sovrastato dal percorso pedonale che dà accesso agli alloggi. Nei percorsi pedonali trasversali sono frequenti le scale, come nel resto della città in pendenza, che convergono sull’area servizi e sul centro commerciale. Ascensori piuttosto efficienti assicurano l’accessibilità.

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Un Piano libero sottoutilizzato Il piano libero intermedio, è una versione “sobria” del progetto lecorbusiano, pensato come un luogo di incontro, di gioco e di passeggio al coperto, ripreso in altri complessi residenziali italiani ma mai con la potenza di segno architettonico che qui deriva dalla linea sinuosa dell’impianto complessivo. Nell’uso degli abitanti non raggiungerà mai le aspettative progettuali: poco frequentato se non dai ragazzi, viene presto regolato per evitare i giochi rumorosi, e quindi progressivamente abbandonato. Criticità: isolamento, pochi servizi, degrado delle parti comuni Gli edifici per servizi sono progettati in dettaglio sin dall’inizio ma realizzati solo molti anni più tardi: il centro sociale nel 1980 e la chiesa nel 2000. In parte i nuovi servizi sono stati realizzati nello spazio liberato da un crollo di parte di un nastro residenziale, provocato dai dissesti legati a cantieri sottostanti e potenziati dall’alluvione del 1970. La mancanza di servizi e l’isolamento (legato alla distanza dal centro ma anche alla relativa rarità dei mezzi pubblici) sono stati al centro delle critiche sollevate dagli abitanti del quartiere, che negli ultimi anni lamentano anche il degrado delle parti comuni. LIGURIA / ITALIA SETTENTRIONALE

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5 TEMI

Un supplemento di analisi “per temi” del materiale documentario, s’è ritenuto necessario per far emergere i tratti comuni ai singoli quartieri e per dare ulteriori contenuti al sottotitolo della rassegna. L’edilizia residenziale d’iniziativa pubblica realizzata negli ultimi cinquant’anni in Italia ha avuto infatti un ruolo decisivo nell’espansione urbana, molto più di quanto avesse già fatto “la grande ricostruzione” Ina-Casa dal 1949 al 1963. Ciò si poteva dimostrare solo individuando i caratteri costitutivi del quartiere in rapporto ai contesti urbani e paesaggistici nei quali andava a inserirsi per analogia o per contrasto. Da qui, la definizione di cinque temi: le relazioni con la città e il paesaggio, l’articolazione degli spazi aperti, le attrezzature e i servizi di uso pubblico, i differenti modi di abitare, le trasformazioni nel tempo. Questa scelta ha inteso porre in primo piano il problema delle periferie, oggi tornate nell’agenda della politica con carattere prioritario. Esse si sono formate e consolidate proprio negli ultimi cinquant’anni circa, a partire dalla legge 167/1962 che istituiva i piani di zona e incrementava notevolmente le dimensioni medie del quartiere. L’ obiettivo era quello di creare attraverso case, servizi, verde e attrezzature, vere e proprie parti di città normale. Gli esiti non sono andati nella direzione sperata e la rassegna lo documenta ampiamente, ma evidenzia altresì casi nei quali una buona architettura di partenza e soprattutto un’efficiente gestione hanno assicurato nel tempo civili condizioni abitative e integrazioni con i contesti.

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LE RELAZIONI CON LA CITTÀ E IL PAESAGGIO

È il tema della connessione o isolamento del nuovo quartiere rispetto al centro abitato e dell’impatto con la dimensione paesaggistica. Su questo secondo aspetto, prevale in genere la volontà di consonanza figurativa con i caratteri del paesaggio, nell’ Oliveto a Perugia come nel Compiobbi a Firenze. Sul primo aspetto, la connessione o l’isolamento si sono rivelate intenzionalità progettuali più o meno consapevoli e non questioni di vicinanza o lontananza dal centro. Il Librino di Catania continua ad apparire molto più distante di quanto in realtà sia dal cuore della città.

L’ARTICOLAZIONE DEGLI SPAZI APERTI

È il tema che definisce il passaggio dal privato al pubblico attraverso una sequenza che dall’alloggio giunge allo spazio pubblico della città. I percorsi e giardini pensili del Matteotti a Terni sono ancora oggi filtri efficaci tra la casa e la strada. Parchi attrezzati nel Salivoli di Piombino, solo piccoli orti privati nel Costa degli Ometti a Genova. Sono i luoghi della vita di relazione interna al quartiere. Il loro abbandono contribuisce al degrado delle periferie.

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INTRODUZIONE

Doveva essere, ed in parte è stato, il tema qualificante della legge 167, che doveva affrancare il quartiere dalla dipendenza per dar vita a una comunità autosufficiente dotata dei servizi di base. In realtà, spesso la realizzazione è risultata incompleta, il capitolo dei trasporti disatteso aumentando l’isolamento con il centro. La ricerca ha dato risultati molto variabili da zona a zona; tratto comune, la crisi delle attrezzature commerciali per la diffusione della grande distribuzione.

LE ATTREZZATURE E I SERVIZI DI USO PUBBLICO

Si traducono nel binomio uniformità e varietà che nel periodo in esame è stato prevalentemente declinato, almeno fino agli anni Ottanta, con l’accostamento di case alte, di media altezza e basse, come nel San Polo a Brescia. Al differente principio di omogeneità e ripetizione sono invece ispirati altri quartieri tra i quali il Decima a Roma. La stagione della grande dimensione impone tipologie inedite per sostenere i programmi figurativi e numerici di quartieri come il Corviale a Roma, le Vele a Napoli. Dagli anni Novanta si ripiega su più modesti numeri e sull’omogeneità tipologica. Tra i modi di abitare, il favore degli abitanti è decisamente per le case basse.

I DIFFERENTI MODI DI ABITARE

È il tema che lega il progetto alla vita concreta del quartiere le cui modificazioni fisiche e sociali compongono una sorta di palinsesto. Su di esso è possibile leggere le ragioni del cambiamento dettate da interventi di manutenzione o di adattamento/adeguamento di spazi interni e esterni, strutture e impianti a nuove necessità funzionali, a maggiore sicurezza. Alla grande scala, si demoliscono fabbricati o se ne costruiscono di nuovi per ottimizzare le densità edilizie; alla piccola scala, micro-mutazioni negli alloggi e sulle facciate. Il problema della gestione risulta centrale così come la collaborazione degli abitanti.

LE TRASFORMAZIONI NEL TEMPO

Questi sopra illustrati sono tutti temi di architettura. Poi, sempre in mostra, con filmati, interviste e documentari sono emersi altri temi come il senso di identità coltivato dagli abitanti, la mixité, il disagio sociale, la sicurezza, le azioni di rigenerazione degli spazi collettivi come la Street art. Si dimostra che la ricerca d’una città normale è questione che va ampiamente oltre l’architettura.

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CINQUE TEMI


LE RELAZIONI CON LA CITTÀ E IL PAESAGGIO CONNESSIONE E ISOLAMENTO

La collina di Salivoli a Piombino con il quartiere costruito per gli operai delle acciaierie: una localizzazione sul mare di solito riservata agli insediamenti turistici. Foto © Maurizio Alecci

TEMA UNO

La possibilità di urbanizzare secondo un progetto e un disegno strategico dovrebbe essere una normale condizione di sviluppo urbano, invece in Italia è stata praticata quasi solo per i quartieri di edilizia pubblica o aziendale (Erp). Così oggi, nel paesaggio delle periferie italiane, i complessi “popolari” sono riconoscibili perché progettati con un’impostazione unitaria: oggetti compiuti che galleggiano nell’indistinto e nel frammentato. Poiché gli aspetti identitari e paesaggistici sono valori che si assestano su un periodo medio-lungo, i quartieri pubblici costituiscono un ottimo campo prova, per indagare gli effetti sul senso comune del paesaggio di scelte razionali e determinanti, compiute alcuni decenni fa. Per lo più, dove si è curato il disegno unitario dell’impianto urbanistico, si è consolidato un senso di identità del quartiere, talvolta in positivo, talvolta al contrario con un effetto di separazione sociale e di ghettizzazione, provocato anche dalla separatezza del costruito e l’isolamento fisico dei quartieri. Il tema dell’armonizzazione paesaggistica con il contesto rurale, naturale o urbano, non era prioritario nel secolo scorso, ma, nei pochi casi in cui è stato al centro delle scelte progettuali, i risultati incoraggianti sono spesso diventati casi esemplari e buone pratiche per i molti che, recentemente, lo hanno posto tra i requisiti principali. Allora emergono sensibilità che resistono nel tempo, riuscendo a consolidare relazioni fisiche e funzionali con l’intorno. È una casistica articolata, come è naturale se si considera la varietà dei paesaggi delle nostre periferie, delle dimensioni

delle città in cui si è lavorato, dei periodi storici e culturali in cui si sono realizzati gli interventi. È difficile individuare immediatamente le terapie necessarie nei casi di non riuscito inserimento paesaggistico o di assenza di qualità del segno urbano e territoriale che si è ormai consolidato nel senso del paesaggio e nell’ideologia dei luoghi degli abitanti: semmai è più facile capire come cercare di evitare, per il futuro, certi esiti ghettizzanti o integrare e ricucire relazioni contrastanti tra la città preesistente e quella di più recente costruzione. La qualità della componente strettamente paesaggistica viene percepita solo in alcuni casi, rimanendo il più delle volte implicita e risultando consapevole fattore di identità in particolare dove l’insediamento nuovo si è collocato in posizioni di grande qualità paesistica o dove la panoramicità e il rapporto con l’intorno rurale o naturale sono stati assunti come fattori strutturali delle scelte progettuali. Quando la dimensione urbana non è smisurata e la fame di case non è l’unico impulso che spinge le scelte progettuali, si possono sfruttare gli interventi per la residenza pubblica come una potente leva per assestare o qualificare intere porzioni della periferia urbana. In qualche caso l’azione è pianificata (ad esempio il caso di Modena, qui riportato per il Parco Amendola), con interventi sistematicamente utilizzati per ricucire brani slabbrati, risolvere nodi infrastrutturali, dotare di servizi urbani ambiti che erano privi di ogni centralità. Qualche volta l’emergenza a scala urbana dell’intervento si deve alla CANTIERE PERIFERIE

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