Open design

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Indice


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PRESENTAZIONE Viviana Trapani I GIOVANI E LA CRISI. NUOVI SCENARI DI PROGETTO, PRODUZIONE E CONSUMO

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Fare è connettere. Dall’intelligenza collettiva agli artigiani digitali Francesco Monterosso

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Talento giovanile nuove imprese e cultura Viviana Trapani

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Artigianato di qualità, design e Made in Italy: una lunga storia Salvatore La Rosa

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Imprenditorialità e convergenza tra produzione di pensiero e produzione di cose Umberto La Commare

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Autoproduzione. Dalla Proposta per un’autoprogettazione all’impresa personale Dario Russo

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Fare e pensare sostenibile Anna Catania

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InformAmuse: dal concept alla start-up Antonio Gentile e Antonio Massara

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Design nautico e autoproduzione in Sicilia: Maribel e Giorgia Benedetto Inzerillo SCUOLA DI DESIGN DI PALERMO. IDEE E PROGETTI

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Progetti per l’abitare contemporaneo Francesco Monterosso Open design: dal materiale all’immateriale Francesco Monterosso BIOGRAFIE


Presentazione


Viviana Trapani Università degli Studi di Palermo

«…riconquistare un ruolo sociale alla creatività individuale, dando anche senso alla nostra capacità di immaginare e costruire un futuro possibile, riprendersi il desiderio di ridiventare homo faber, senza più delegare ogni impegno creativo alla società della produzione, è un compito improrogabile che il design si deve oggi assumere; difendersi dunque da un modo produttivo che propone milioni di artefatti sempre più complessi e ci costringe al semplice ruolo di selezionatori di un habitat progettato altrove». Il testo di Michele Argentino sintetizza una delle costanti che si manifesta nelle geografie variabili del design: la necessità di prendere parte alla costruzione del proprio ambiente, al di là delle logiche produttive globali, esprimendo il proprio vissuto personale, ma anche proposizioni culturali e persino politiche nelle pratiche di riorganizzazione, cura e affezione ai sistemi materiali e immateriali che ci supportano nelle nostre azioni e che amichevolmente ci accompagnano. Secondo questa visione il design è quindi un modo di pensare e agire le trasformazioni in atto, di cui coglie e interpreta gli aspetti nascenti e le potenzialità volte a migliorare la qualità della vita delle persone, con una forte componente di partecipazione personale e civile. Se da una parte può sembrare che si stia esprimendo una posizione fortemente utopica, riecheggiante molte delle teorie di certo social design ante litteram degli anni Settanta, dall’altra, le parole di Argentino contribuiscono ad illuminare in maniera colta e precisa un aspetto oggi molto dibattuto, che riguarda le pratiche e le teorie (e non viceversa) proposte dall’attuale fenomenologia del design. Infatti in un momento caratterizzato da una profonda crisi di sistema, che investe l’economia e gli assetti produttivi ma anche identità e valori, si moltiplicano le riflessioni e le posizioni che indicano nel ritorno ad una rinnovata dimensione del fare una via possibile per riavviare processi economici innovativi, che ridiano centralità alle persone e alle comunità. Recuperare il “saper fare” 9


I GIOVANI E LA CRISI. NUOVI SCENARI DI PROGETTO, PRODUZIONE E CONSUMO


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Fare è connettere. Dall’intelligenza collettiva agli artigiani digitali


Francesco Monterosso Università degli Studi di Palermo

1. Cfr. Latouche S., Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino, 2008. 2. Cfr. Mari E., 25 modi per piantare un chiodo, Mondadori, Milano, 2011.

Etica, utopia e democratizzazione nella terza rivoluzione industriale «Come migliaia di libri, saggi, studi scientifici, climatici ci vanno dicendo da decenni a questa parte, il mondo è al lumicino. Mentre da un lato continua a crescere, dall’altro l’umanità rincorre il sogno di un benessere che si dovrebbe incrementare all’infinito […] Credo occorra dimensionare questa chimera, se no saremmo travolti da una crisi senza precedenti, senza barriere […] È ora di iniziare a modificare leggi e comportamenti, di ridimensionare il sogno autolesionista dell’attuale tenore di vita e puntare ad una decrescita consapevole1 […] Proviamo a ritornare a una dimensione più locale della produzione e del consumo, a investire, nei limiti del possibile, nella produzione artigiana oltre che in scuola e cultura». In 25 modi per piantare un chiodo2, appassionato e appassionante racconto autobiografico, Enzo Mari denuncia il progressivo degrado del lavoro progettuale, additando come principale responsabile di tale situazione l’affermarsi del mercato globale. Con queste osservazioni, Mari ci introduce ad una riflessione sul mondo contemporaneo e su una serie di questioni che stanno alimentando, in questi ultimi anni, il dibattito sulla crisi del modello capitalista e in particolare sulla crisi dei sistemi di produzione, distribuzione e consumo di merci e servizi. Ne scaturisce una forte presa di posizione sul ruolo e sulla responsabilità che il progettista deve assumere, in quanto coautore delle trasformazioni del nostro ambiente. Per evitare che il suo ruolo venga «…sminuito a semplice “firma” da apporre su serie di oggetti nei quali manca qualsiasi filosofia costruttiva», tale responsabilità non può che essere guidata e filtrata da un corrimano etico, che affonda le radici nella dimensione umanistica della conoscenza e nella capacità di «valutare, smontare, rimontare, capire, adattare, migliorare ciò che teniamo nel palmo di una mano (o nella testa)». 15


Talento giovanile nuove imprese e cultura


Viviana Trapani Università degli Studi di Palermo

1. Dal breve testo che illustra la mostra “From Pallet” e il convegno “Fare impresa. I giovani e la crisi”, manifestazioni curate dal Dipartimento di Architettura / Sezione Design, Palazzo Steri, Palermo, giugno 2012. 2. Ne è un esempio Produzione Privata: un’azienda fondata da Michele De Lucchi negli anni ’90, per realizzare progetti che nascono da una sperimentazione personale, con materiali e tecniche vicine all’artigianato. 3. Cfr. V. Trapani, Il design delle giovani generazioni. Progetto, qualità, innovazione, in V. Trapani, V. Pasca, Scenari del giovane design, idee e progetti dall’Europa e dal mondo, Lupetti, Milano 2001.

Un nodo centrale nell’attuale scenario di crisi - di particolare bisogno di innovazione, di creatività e quindi di design - riguarda la possibilità e necessità di collegare talento e capacità di innovazione dei giovani, designer, e non solo, a una nuova visione dell’impresa che si fondi sull’immaginare e costruire1, quindi sul progettare e sul fare; non come due fasi successive del processo produttivo, ma come due momenti strettamente connessi e ricchi di rimandi reciproci. Ci si riferisce a quella particolare modalità di produzione di piccola serie o di pezzi unici, in cui il progettista esprime anche la capacità e la competenza tecnico-organizzativa per costruire il prodotto e per proporlo direttamente a una fascia di fruitori, attraverso l’elaborazione di azioni parallele di comunicazione e auto-promozione, di costruzione di relazioni e servizi. L’auto-produzione è sempre stata un aspetto significativo e spesso anticipatore della capacità innovativa dei designer più sperimentali e il design italiano in particolare, ha proposto diverse figure che hanno affiancato alla capacità di dialogare con l’industria un fare privato2 altrettanto significativo, che si esprime con l’ideazione di piccole serie o di mostre/collezioni, espressioni di una ricerca personale piuttosto che prodotti destinati a un ampio mercato. Ma è soprattutto dagli anni ’90 in poi che emergono diffusamente nella scena del design nazionale e internazionale figure e gruppi di giovani che progettano e si auto-producono contemporaneamente; un modo diretto di puntare al fare design che, scavalcando la mediazione dei processi industriali, si propone direttamente al pubblico, come momento di sperimentazione professionale, ma anche di progressiva autodefinizione culturale, di elaborazione teorica e spesso etica e soprattutto di affermazione della centralità del progettista nei processi produttivi3. Si è trattato di un fenomeno che, negli ultimi decenni, pur attirando molto l’attenzione della stampa specializzata proprio per la sua forte carica comunicativa, tuttavia è sempre 27


SCUOLA DI DESIGN DI PALERMO. IDEE E PROGETTI


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Progetti per l’abitare contemporaneo


Francesco Monterosso Università degli Studi di Palermo

1. Cfr. Argentino M., Interventi diversi, Bruno Leopardi Editore, Palermo, 2001 2. Cfr. Manzini, E., Jegou, F., Sustainable everyday. Scenarios of Urban Life, Edizioni Ambiente, Milano, 2003 3. From Pallett. Exhibit di progetti e prototipi del Laboratorio di disegno Industriale 3 a cura di M. Argentino e F. Monterosso, ospitata presso la Sala delle Verifiche di Palazzo Chiaramonte Steri; e Fare Impresa. I giovani e la crisi, Tavola rotonda a cura di M. Argentino e F. Monterosso - Palazzo Chiaramonte Steri | Chiesa di S. Antonio Abate | 06 giugno 2012.

«…I bisogni reali hanno definitivamente lasciato il posto ai bisogni artatamente stimolati e il complesso delle risorse intellettuali tecnologiche si è rivolto alla creazione di una popolazione di artefatti il cui esistere è fondato soltanto sulla realizzazione del guadagno. […] Scompare, sacrificata al profitto la saggezza, ovvero la serenità intellettuale necessaria ai fini di regolare la ricchezza umana fatta di risorse materiali e immateriali. […] Riconquistare la capacità di immaginare un mondo nuovo, da tutti invocato ma scarsamente perseguito, è il compito delle nuove generazioni di progettisti e ogni disciplina che incide sulla trasformazione diventa un avamposto per questa grande battaglia che ci aspetta e la cui posta in gioco è altissima1». Sulla scorta di queste considerazioni, Michele Argentino introduceva il tema dell’esercitazione progettuale per il Laboratorio di Design III del Corso di Laurea in Disegno Industriale. Utopia e dimensione etica del “fare” sono state il centro di una riflessione che si è materializzata attraverso una serie di progetti pensati per l’abitare contemporaneo. Lo scenario di fondo fa riferimento all’habitat metropolitano proprio delle comunità creative. La casa estesa - contesto fisico e sociale articolato in spazi privati, semi-privati e comuni in cui, in modo aperto e flessibile, si distribuiscono le diverse funzioni della vita quotidiana2 - diventa luogo privilegiato dove collocare una serie di oggetti contemporanei pensati e progettati a partire da pallet dismessi. L’operazione era volta a ristabilire il giusto peso del consumatore rispetto al prodotto, stimolando la creatività e coinvolgendo l’utente-progettista, non come mero consumatore, ma come coautore partecipe della realizzazione di un progetto consapevole e sostenibile. Settanta progetti e oggetti auto-prodotti sono stati il risultato di questo lavoro comune, che ha visto diversi momenti pubblici di riflessione teorica e presentazione dei risultati3. 91


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1. marco miccichè Attack | Gioco da parete 2. antonella barbaro Pickup&Car | appendi abiti 3. federico lo porto Grappolo | cantinetta da parete 4. erika pino Cross Box | Portaoggetti da parete in legno e materiali naturali 5. giuseppe giordano Pallettoys | macchinine giocattolo 6. andrea caponetto Librex | Libreria in legno e plexiglass 7. monica evola Flowerpot | parete attrezzata in legno e feltro per l’orto domestico

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8. francesca castagna Origami | svuotatasche 9. ester iacono Swing | Libreria trasportabile pieghevole 10. giusy caruso Mini-scooter | monopattino 11. nancy giordano Cubook | libreria richiudibile (progetto in corso di definizione per una produzione IKEA)

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