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Indice
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Presentazione Emilio Gariazzo, Presidente del Consorzio AUSI, Sindaco di Iglesias Parte prima. Architettura e paesaggio minerario
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Giorgio Peghin - Paesaggi Minerari. Progettare i luoghi della dismissione. Antonio Angelillo - Paesaggio laboratorio progettuale Laura Zampieri - I nuovi paesaggi del Sulcis-Iglesiente Antonello Sanna - I nuovi paesaggi del Sulcis-Iglesiente Paesaggio minerario e progetto. Conversazione di João Nunes e Giorgio Peghin Parte seconda. Tecniche e politiche per la riqualificazione ambientale
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Paolo Ceccon - Il suolo comune delle bonifiche Pierpaolo Manca, Giorgio Massacci - La bonifica delle aree minerarie dismesse: Proposta di una metodologia Susanna Curioni - Nuovi modelli territoriali per il recupero dei paesaggi minerari del Sulcis. Alfonso Annunziata - Il paesaggio e le infrastrutture Sara Impera - I territori in abbandono Salvatore Cherchi - Oggi è morale essere qui. Politiche per il Sulcis-iglesiente Parte terza. Progetti per il Parco Geominerario della Sardegna
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Valeria Saiu - Tecnologie di Bonifica e Progetto di Paesaggio. Un approccio integrato per il risanamento ambientale e la valorizzazione socio-economica del territorio Pier Francesco Cherchi - Il paesaggio delle rovine della laveria Lamarmora e dell’approdo di Nebida. Prospettive per il progetto di conservazione e di riuso Adriano Dessì, Giuseppina Monni - Monteponi. Tra progetto, bonifica e paesaggio. La miniera al centro del parco lineare storico ambientale Carlo Pisano - Da riuso a riciclo. Elementi per il progetto del sito industriale di Portovesme Giaime Meloni - Indagine sul Sulcis. Fotografia e Paesaggio
Parte prima Architettura e paesaggio minerario
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Giorgio Peghin
Dismissione, riqualificazione, recupero, bonifica, sono alcuni dei termini che rappresentano una condizione frequente nei territori della società post-industriale. La fine del ciclo produttivo dei siti industriali lascia aperta una questione sempre più rilevante per le ricadute sociali, economiche, ambientali e per gli strumenti d’azione e governo dei processi di rigenerazione, che appaiono ancora poco efficaci, almeno nei casi in cui la dimensione della dismissione, le problematiche relative alla complessità delle infrastrutture funzionali, la condizione di pePaesaggi Minerari. Progettare i luoghi della dismissione rifericità di molti di questi siti e la ridotta presenza di investimenti privati riducono la sostenibilità economica degli interventi e quindi la loro attuazione. Inoltre, sembrano assenti politiche e strategie progettuali mature capaci di riconsiderare, sulla base di differenti opzioni e prospettive, il futuro di queste aree. Nel paesaggio minerario sardo le infrastrutture, i manufatti industriali e civili, i segni delle coltivazioni e dei processi estrattivi si fondono con un territorio naturale, poco antropizzato, privo di una rete connettiva moderna e funzionale. Gli elementi che qualitativamente e quantitativamente hanno connotato l’attività mineraria ed industriale sono parte integrante del paesaggio, si articolano in forme dettate dalla topografia, spesso impervia, ne rimodellano i suoli, con risultati che ancora oggi definiscono il carattere e la sua unicità. I colori che questo paesaggio ha prodotto artificialmente con le attività minerarie ed industriali rappresentano, per certi versi, una sintesi della vicenda storica: l’Ottocento è rosso ed ocra, come i residui delle laverie che si sono depositati nel tempo e le architetture del lavoro che si affastellano nel pendio del sito di Monteponi ad Iglesias, formando un paesaggio che si manifesta come immagine emblematica e suggestiva; il Novecento è nero, come il carbone di Carbonia, la più importante company town pubblica italiana che sancisce il primato della produzione energetica autarchica. Oggi, si assiste al declino delle ultime fabbriche sorte sulla base di questo grande progetto di industrializzazione, collocate soprattutto tra Portovesme, il sistema portuale che si è sviluppato sul finire degli anni cinquanta del secolo scorso come una delle principali aree industriali dell’isola, ma anche Nuraxi Figus e Seruci, gli ultimi pozzi estrattivi del carbone in Italia. Di nuovo il rosso, ad indicare i residui fangosi delle lavorazioni dell’alluminio e il nero del carbone, accumulato nella banchina portuale vicino alla grande centrale termo-elettrica dell’Enel, simboli della crisi definitiva di un alleanza ambiente/ uomo che si è progressivamente dissolta. La metafora del colore è anche una potente figura dello spazio reale e del paesaggio minerario al pari della forma artificiale dei suoli e della costruzione di manufatti e opere eccezionali, soprattutto se rapportate al contesto tradizionale di matrice agro-pastorale. Un processo di sviluppo che è stato esemplare: ciò che appare suggerisce 11
Costa delle miniere. Dismissione e progetto
marittimo delle imbarcazioni che potrebbero fruirne, dai porti maggiori agli scali minerari e ritorno, coincide perfettamente con il percorso del minerale tra ottocento e inizio del novecento, sinché non intervennero, almeno in parte, nuovi sistemi di trasporto. Tuttavia, il loro significato attuale è ancora tale che il sistema degli approdi della Costa delle Miniere metallifere dell’Iglesiente, con le sue quattro “icone”, può fungere da traino simbolico e da innesco per più ampi progetti di salvaguardia, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio integrato mare-miniere che potranno e dovranno essere posti in essere per lo sviluppo dell’area. Si tratta di un programma che tocca aree di assoluto valore e significato a livello internazionale dal punto di vista del patrimonio ambientale, architettonico, e paesaggistico, e che costituiscono anche una delle più rilevanti potenzialità di sviluppo dell’area in un contesto urbano–industriale decisivo per tutto il territorio. Questa potenzialità può considerarsi sinora sostanzialmente inespressa, se è vero che “…le località turistiche della provincia Carbonia Iglesias hanno accolto, nel 2008, 67 mila persone (52 mila italiani e 15 mila stranieri), che rappresentano il 2.8% del totale dei turisti che si sono recati in Sardegna”2. 2. Dal Piano dei Trasporti e della Mobilità della Provincia di Carbonia-Iglesias. Si tratta quindi di cogliere appieno l’occasione e, contemporaneamente, porsi il problema nei termini in cui lo esplicita la Convenzione europea del Paesaggio: considerare il territorio come una totalità paesaggistica, e incorporare il tema della qualità dei paesaggi in ogni azione di rilevanza territoriale. Questo metodo di progettazione paesaggistica integrata implica dunque che anche l’approdo o la strada devono inserirsi in una elaborazione organica sul territorio del Sulcis-Iglesiente, costruendo nuovi paesaggi di qualità. Con il programma di salvaguardia, riqualificazione e valorizzazione degli Approdi Minerari si deve mirare ad inserire queste ipotesi in uno scenario di sfondo più complessivo, che comprenda intanto le dimensioni socio-culturali, identitarie e ambientali che possono motivare una scelta a tutti gli effetti “sostenibile”.
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Carta mineraria dell’isola di Sardegna, 1870
Conversazione di João Nunes e Giorgio Peghin
Giorgio Peghin. Il progetto di paesaggio e l’idea che questo sia necessaria per costruire una visione complessiva, strategica e territoriale, è l’orizzonte culturale che sembra acquisire maggiore rilevanza per affrontare i temi della riqualificazione dei territori minerari e post-industriali. È necessario, in questo senso, costruire un percorso comune tra gli architetti, i paesaggisti, gli ingegneri ambientali ed idraulici, i geologi, ecc., che porti ad una integrazione delle fasi di progetto e intervento su questi luoghi. Per il progetto dei paesaggi minerari Nell’ambito di un importante Dalla soluzione tecnica alla questione programma di rilancio socio-epaesaggistica della bonifica ambientale conomico del Sulcis-Iglesiente, denominato Piano Sulcis, si sta attivando un nuovo centro di ricerca, il CESA, dedicato allo studio ed alle fasi di progettazione delle bonifiche minerarie in collaborazione tra queste differenti figure che agiscono sul paesaggio. Per promuovere questo centro in un ambito non solo locale ma di interesse internazionale, abbiamo proposto l’idea di organizzare una grande esposizione, il SILEE (Sulcis Iglesiente Landscape and Environmet Expo), che sia in grado di mettere in mostra le molteplici e differenziate tecniche di risanamento ambientale delle aree minerarie dismesse in una prospettiva di progetto di architettura del paesaggio. Cioè, l’idea di esporre la ricerca, i progetti modello che attivano sperimentazioni sulle tecniche di bonifica e i processi per la costruzione di un nuovo paesaggio, con l’obiettivo di trasferire le competenze acquisite anche in altre regioni. Ogni luogo dismesso, naturalmente, non ha lo stesso destino: su alcuni si può ipotizzare un progetto nei tempi lunghi, un processo che tende a “ri-naturalizzare” e attende qualcosa di diverso, tenendo aperte possibilità ancora non evidenti e riqualificando comunque i suoli e le acque; altri sono da subito disponibili per uno sviluppo, ad esempio, turistico; per altri ancora si può ripensare un nuovo modello di industrializzazione maggiormente sensibile verso le questioni ambientali e la post-produzione. Anche la creatività, l’invenzione, può essere una strategia, come nel caso della proposta che ho fatto per il riempimento dei vuoti delle cavità delle miniere di Acquaresi a Masua, tecnica che si sta studiando anche come risposta a problemi di subsidenza e crollo dei vuoti minerari, sulla base di un progetto di spazio concavo. Il riferimento all’intervento di Chillida all’interno della Moñtana Tindaya mi è sembrato pertinente da un punto di vista tecnico e concettuale, nel senso della possibilità di associare una dimensione magica e simbolica a questi potenziali spazi ipogei. L’insieme di queste strategie rappresenta un momento di una ricerca sulle possibili alternative di paesaggio, sui modi per intervenire in contesti difficili e sulla sostenibilità – economica e sociale – dei costi da sostenere per tali bonifiche. João Nunes. Quello che mi sembra interessante è il fatto che si sta cercando di collocare il processo di bonifica in una cornice culturale completamente 45
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Alfonso Annunziata
Il recupero dei sistemi di trasporto presenti nel Sulcis si pone, nel campo di una ricerca volta a dar risposta ai quesiti posti da questa regione, come cornice unitaria entro cui ordinare ipotesi che, operando su punti diversi di un territorio eterogeneo, devono considerare scale, procedure e temi diversi. Questo intento sottolinea le reti dei percorsi non solo come fasci di tubi volti a garantire il moto, ad una data velocità, di un dato volume di un fluido composto da automobili ed autotreni; a questa nozione si può sostituire una Il paesaggio e le infrastrutture idea del sistema dei trasporti come spugna1. Questa figura modifica i termini che definiscono gli spazi del movimento. La spugna prefigura, ad esem- 1. Secchi Bernardo, Prima lezione di pio, un insieme che si autoregola, in cui se un vaso si Urbanistica, Laterza, Bari, 2000, p. 102. ostruisce, i movimenti di persone, beni e risorse, si incanalano su altri rami, dividendosi tra i diversi percorsi di cui si compone il sistema. Ancora, la spugna evoca un sistema capace di regolare il moto del fluido tra i suoi estremi, di trattenerne una parte e di restituirla dopo un certo periodo di tempo. Da questa figura deriva, dunque, l’ipotesi di una pratica del recupero che non consideri più i diversi percorsi come dispositivi autonomi, ma li integri in un sistema articolato, multimodale di reti isotrope teso a servire e combinare scale, forme del movimento e scambi diversi, a sostituire al moto turbolento che si svolge lungo la strada tubo, un moto per percolamento ripartito tra diversi canali. Declinata in tale forma la pratica del recupero impone di individuare, per ciascun percorso, una funzione ed un ruolo coerenti con la sua geometria e con i sistemi biofisici, con i modi d’uso, il palinsesto di segni, la fisiografia e l’idrografia che ne definiscono l’intorno; ma impone, al contempo, di esaminare mediante nuove categorie la domanda di trasporto, di rilevarne i quesiti parziali, non di rado antitetici, e di inferire una distribuzione dei flussi, tra percorsi e modi di trasporto diversi, equilibrata e capace di servire spostamenti asistematici, dispersi tra origini e destinazioni che mutano di continuo e compiuti da un insieme eterogeneo di utenti, in momenti e con scopi diversi2. Un secondo tema propone 2. Ivi, p. 99. il recupero dei margini come frontiera porosa, mosaico di scenari ibridi, teso a favorire un’osmosi tra i percorsi ed il contesto. Questo tema si fonda su alcune ipotesi. La prima guarda ai bordi come luogo in cui ubicare nodi intermodali, depositi, punti di interscambio, tesi a mediare tra le produzioni distribuite nel territorio, le vie di trasporto, i nodi di trasporto aperti verso l’esterno, i principali mercati; in tal senso il recupero dei bordi consente di ripensare le reti di trasporto come dispositivo logistico. Una seconda ipotesi guarda ai bordi come materia e scenario in cui costituire una rete continua di riserve e residui, trama di un tièrs paysage3, 3. Clement Gilles, Il Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata, 2005. in cui preservare la diversità e la sua dinamica, in cui favorire l’ibridarsi spontaneo di specie e comportamenti. 79
Il paesaggio e le infrastrutture
Un’ulteriore ipotesi guarda ai bordi come spazio in cui sperimentare dispositivi duali. Il bordo può divenire superficie in cui costruire un sistema drenante, di ritenuta e fito-depurativo, definito da un reticolo di alvei, fasce tampone, bacini di ritenuta, concavità inerbite, teso a captare e regimare le acque scolanti, a contenere l’erosione superficiale dei suoli, a costituire riserve di acqua per le stagioni di minore piovosità, a diminuire le quantità di sedimenti e di inquinanti che si riversano nei corpi idrici o nel reticolo idrografico. Ancora, il margine è spazio in cui costruire sistemi di dispositivi e superfici per generare e distribuire energia. I bordi diventano luogo in cui situare generatori eolici, moduli fotovoltaici o colture da cui ricavare bio-combustibili. L’ultima ipotesi, infine, guarda ai bordi come vuoti generosi di potere4, in cui dare adito a nuovi usi, a nuove forme di socialità, da cui emerga- 4. L a Cecla Franco, Contro l’urbanistica, no nuovi riti, nuovi miti, nuovi codici: ciò che si può Giulio Einaudi editore, Torino, 2014, p.101. definire autopoiesi di una società. Emerge, dunque, l’idea di un sistema modulare, costituito da nuovi materiali: fasci di corsie veloci per i movimenti più rapidi, trame di percorsi lenti destinati a forme alternative di mobilità, traverse e nodi in cui ordinare gli scambi tra i diversi modi di trasporto e tra lo spazio del movimento ed il contesto, bordi in cui mediare tra pratica antropica e sistemi biofisici ed in cui sperimentare forme nuove di socialità, reticoli di alvei e bacini che drenano e conservano le acque, superfici che generano energia, griglie per distribuire dati ed energia. Questo sistema si pone, pertanto, come matrice che media tra posizione, funzione e ruolo dei diversi elementi dello spazio antropico, che istituisce sinergie e favorisce economie di scala, promuove nuovi modi di praticare e modificare lo spazio e sostiene nuove forme di governo del territorio e un nuovo paradigma di mobilità. In questo quadro di ipotesi, inoltre, si può inscrivere il recupero di tradizioni che guardavano ai sistemi dei percorsi come strumento con cui costruire una memoria visiva del luogo ben conformata e memorabile, e con cui esprimere peculiari miti fondativi ed universi simbolici. Riferito al caso specifico del Sulcis questo discorso individua la cornice di senso entro cui il recupero dei percorsi secondari e dei fasci di binari in disuso e l’adeguamento dei grandi canali di trasporto, diventano momenti di una ricerca che si propone di costruire un sistema dei trasporti isotropo e plurimodale, teso a sanare una perdurante condizione di isolamento ed a favorire la competitività, riunendo i diversi punti del sistema insediativo disperso del Sulcis e ricucendo questo al suo terminale meridionale a mare, dato dal sistema cagliaritano: questo insieme di reti può comprendere corsie veicolari, corsie riservate a linee di autobus urbane ed extra-urbane, itinerari ciclo-pedonali ed una linea ferroviaria sub-urbana che, seguendo percorsi in disuso, riunisca in un sistema circolare Iglesias, Gonnesa, Portoscuso, Bacu Abis, Carbonia. 80
Alfonso Annunziata
Una trama secondaria di aree di sosta ed interscambio, nodi intermodali e reti di percorsi di ripartizione, congiungendo le vie di trasporto primarie, garantirà la coesione del sistema. Al contempo, questa trama di percorsi e punti di interscambio costituisce il supporto per implementare e combinare diversi sistemi di mobilità condivisa, che integrino il trasporto pubblico, garantendo l’accessibilità alle aree più remote, pure dove si stimi un modesto bacino di utenza potenziale. Questo sistema integrato prefigura pertanto, una intelaiatura isotropa concepita per regolare la densità e le interazioni tra diversi modi d’uso, per rilanciare il turismo, per implementare nuove forme di economia, e per incentivare forme di mobilità alternative ed inclusive.
Lo spazio per la mobilità diviene, in particolare, strumento per ripristinare una condizione di equità: consentire a ciascun utente, ed in particolare a quanti sono più sfavoriti da uno scenario auto-centrico, di fruire in modo autonomo, rapido e sicuro di beni ed occasioni che un territorio custodisce e definire una matrice lungo cui ripartire funzioni e servizi, sono strategie per redistribuire il capitale spaziale. Questo sistema plurimodale, inoltre, combinato con reti per trasferire dati e con un mosaico di superfici e di griglie destinate a generare e distribuire energia, può costituire l’intelaiatura di un articolato dispositivo logistico che, ricucendo gli in81 Foto storica della strada Monteponi Funtanamare.
Parte terza Progetti per il Parco Geominerario della Sardegna
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Carlo Pisano
Wastelands, drosscapes1, i territori abbandonati2 rappresentano una realtà in continua espansione3, un “mondo inverso” dominante ormai rispetto ai territori ed ai paesaggi ufficiali4. Rispetto a questo crescente patrimonio, i progetti architettonici e di paesaggio che hanno affrontato negli ultimi decenni queste realtà, lo hanno fatto principalmente nei termini del riuso e del recupero di oggetti e luoghi emblematici indirizzando così il pensiero verso modificazioni puntuali e comunque limitate del territorio. Da riuso a riciclo. In ambiti territoriali estesi, dove le infraElementi per il progetto del sito strutture, gli immobili e i suoli da recupeindustriale di Portovesme. rare costituiscono un patrimonio disperso e discontinuo come quelli del Sulcis Iglesiente, questo approc cio e queste categorie appaiono di difficile applicazione e di scarso significato. La dismissione di interi comparti produttivi periferici, delinea una condizioni radicalmente diversa da quella descritta da Gregotti5 nei primi anni 90. Questa distanza è fissata non solo dalla scala e dall’entità del patrimonio in dismissione, ma soprattutto dal contesto geografico in cui esso è inserito. I “terri- 1. Berger Alan, Drosscape: wasting land in urban tori lenti”6 slegati dai grandi corridoi produttivi America, Princeton Architectural Press, New York, 2006. europei, lontani dalle spinte demografiche delle 2. Secchi Bernardo, Boeri Stefano, Piperno Livia, I grandi città, presentano delle potenzialità lega- territori abbandonati, in “Rassegna”, 42, 1990. 3. A titolo di esempio di veda il tasso di crescita te principalmente alle qualità paesaggistiche ed dei siti industriali inquinati in Europa docuecologiche, alla qualità di vita ed alla capacità di mentato dalla European Environmental Agenattrarre per queste ragioni capitali sociali ed eco- cy nel 2007 e aggiornato nel 2015. Vedi European Environmental Agency, Progress in management nomici nuovi e differenziati. of contaminated sites, 2007 in In questi contesti, al fine di superare una rischiosa http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/ indicators/progress-in-management-of-concarenza di strumenti e visioni, è opportuno opera- taminated-sites/progress-in-managere una transizione semantica che sostituisca le tra- ment-of-contaminated-1 4. Pavia Rosario, Il territorio degli scarti e dei dizionali categorie di riuso e recupero con quella di rifiuti, in Pavia Rosario, Secchi Roberto, Gasparrini riciclo, spostando l’attenzione dai singoli oggetti e Carlo (a cura di) Il territorio degli scarti e dei materiali verso il più vasto e complesso concetto di rifiuti, Aracne, Roma, 2014, p. 12. 5. Gregotti Vittorio, I territori abbandonati, Edi“ciclo di vita” che comprende la sequenza delle fasi toriale, in “Rassegna”, 42, 1990, pp. 4-5. consecutive e interconnesse di un sistema sia esso 6. Lanzani Arturo, Territori lenti. Geografie, paesaggi, pratiche dell’abitare e progetti di svilupun prodotto, un individuo o un territorio. po, in “Territorio” 34, 2005. L’uso del termine riciclo è da intendersi, pertanto, 7. Carta Maurizio, Innovazione, circolarità e sviluppo locale. La sfida dei territori interni, in come la volontà di esplorare e definire nuovi sce- Carta Maurizio, Ronsivalle Daniele (a cura di), Renari per quegli spazi, quegli elementi, quei brani cycle Italy. Territori interni, Aracne, Roma, 2015. di territorio che stanno esaurendo o hanno già esaurito il loro precedente ciclo di vita, che ha costituito l’armatura di identità e sviluppo passata. Riciclo è oggi uno dei più potenti pensieri guida7 per la transizione dallo schema 127
Da riuso a riciclo
industriale, seriale, rigido e dissipativo che ha caratterizzato la forma e la struttura della città del XX secolo, a schemi più deboli e mutevoli, basati su sistemi circolari, in cui gli scarti di una fase diventino risorsa per le suc cessive. L’origine del riciclo è infatti legata alla teoria del Crudle to Crudle (“dalla culla alla culla”) elaborata negli anni settanta da Walter R. Stahel , portata alla ribalta nel 2002 dall’omonimo libro di McDonough e Braungart8. Questo framework prevede la riduzione dei flussi di materia e di energia in entrata ed uscita proponendo la creazione di processi produttivi reversibili e privi 8. Braungart Michael, di scarti. McDonough Willam, Cradle Se il processo di modificazione e adat- to Cradle: Remaking the Way tamento dei luoghi genera scarti, l’ap- We Make Things, North Point Press, New York, 2002. plicazione del framework del Crudle to 9. “Aporia della rana morta” Crudle ai tessuti urbani e brani di ter- rimanda agli esperimenti di Luigi Galvani sulle ritorio potrebbe proporre la definizione rane morte, le cui cosce di visioni lungimiranti capaci di guar- attraversate da una corrente elettrica si contraevano, dare oltre la cosiddetta “aporia della facendo pensare che rana morta”9 e cioè il tentativo di com- avessero preso di nuovo vita. Vedi Carta, Maurizio, battere la crisi attraverso l’immissione Planning in the Re-cycle age, temporanea di risorse, che nel breve in Marini Sara, Santangelo permettano la riattivazione del sistema Enza (a cura di) Re-cycle Italy. Nuovi cicli di vita per economico, ma al loro termine fac cia- architetture e infrastrutture no ripiombare il territorio in una condi- della città e del paesaggio, Aracne, Roma, 2013, p. 62. zione, se possibile, peggiore. 10. Viganò, Paola, Riciclare Ormai divenuto una sorta di paradig- città, in Ciorra Pippo, Marini Sara (a cura di), Re-cycle. ma della sostenibilità, il tema del rici- Strategie per l’architettura, clo ha spinto il dibattito scientifico a la città e il pianeta, Electa, guardare al progetto territoriale in una Milano, 2011. prospettiva di freno allo spreco di suolo e di risorse e di valorizzazione del patrimonio esistente. Viganò10 attraverso la costruzione dello scenario 100% recycling evidenzia, ad esempio, le potenzialità spaziali di una trasformazione che riutilizza e ricicla fino in fondo l’esistente. Testato sia nel caso della metropoli del dopo Kyoto del Grand Paris, e nei territori della dispersione insediativa, della pic cola impresa e della casa individuale del Veneto, lo scenario 100% recycling ha delineato regole di produzione economica, sociale e spaziale diverse dal passato, basate sulla ibridazione e stratificazione di oggetti e stili di vita. I capannoni, le plac che industriali o le case unifamiliari diventano così i protagonisti di coincidenze felici in cui il progetto permette di stabilire nuovi dialoghi ed una nuova coesistenza grazie alla prossimità ed integrazione dei materiali esistenti. 128
Carlo Pisano
La transizione da riuso a riciclo ha costituito lo sfondo del lavoro dell’atelier sull’area industriale di Portovesme, comparto metallurgico ritenuto l’emblema del declino produttivo del Sulcis-Iglesiente. Situata a ridosso del cosiddetto “mare interno” delimitato dall’isola di Carloforte e dalla penisola di Sant’Antioco, l’area industriale di Portovesme si sviluppò tra il 1969 ed il 1972 quando, a seguito dell’intervento statale, si decise la realizzazione di un grande polo metallurgico che potesse assorbire i dipendenti delle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente in fase di chiusura. Dopo le chiusure dell’Ex Ila, Eurallumina ed Alcoa, oggi, a causa del problema dei costi dell’energia, rischia la chiusura anche la Portovesme srl, ultima realtà ancora attiva. Avanzando dal presupposto che il sistema produttivo contemporaneo non rappresenti lo stato conclusivo di un processo, ma solo una sua fase, il lavoro dell’atelier si è basato sulla convinzione che la natura produttiva del sito di Portovesme non potesse essere stravolta e che il nuovo ciclo di vita dovesse essere in grado di sfruttare l’infrastruttura esistente per realizzare una nuova configurazione spaziale e nuove forme di produttività sia per gli impianti e gli spazi dismessi che per il capitale sociale. Lo studio della consistenza del patrimonio esistente, degli elementi e del loro sistema di relazioni, ha permesso di elaborare Illustrazione degli esperimenti di Galvani sull’elettricità una strategia incrementale, che procedesanimale. (Galvani Luigi, De viribus electricitatis in motu se per mezzo di trasformazioni graduali e musculari commentarius, in De Bononiensi Scientiarum et Artium Instituto atque Academia Commentarii, vol. progressive alle varie scale. Gli assi stradali VII, Bononiae, Ex Typographia Instituti Scientiarum, 1791) principali e secondari, i grandi capannoni e i padiglioni di servizio, i canali di scolo, le recinzioni, i piazzali asfaltati di manovra e le aree di deposito e di discarica, sono stati interpretati come un palinsesto su cui innestare nuovi strati e nuovi significati. A seguito di una prima fase di preparazione del sito, il progetto prevede una nuova colonizzazione produttiva caratterizzata dal passaggio dal modello industriale alla grande scala – le cui sorti sono affidate a pochi soggetti e operatori – a un modello imprenditoriale di pic cole e medie dimensioni che spinga la piattaforma industria129
Giaime Meloni
Indagine sul Sulcis. Fotografia e Paesaggio
L’identità del Sulcis non può ignorare la sua localizzazione geografica: in mezzo al Mediterraneo occidentale la Sardegna costituisce un continente a parte1, quasi «impermeabile» ai contatti esterni. La Sardegna e le Isole in generale sono caratterizzate da un destino comune che le divide «[…] spesso in maniera brutale tra due poli opposti, arcaismo e novità»2. Questo carattere di isolamento presenta due aspetti fondamentali di una natura contrastante che vede costantemente combattere lo sviluppo contro un radicamento profondo nella sua storia. Le isole possono conservare per secoli interi le tracce di una violenza, ma allo stesso tempo possono adattarsi facilmente ad una nuova organizzazione. Come dice Fernand Braudel, esse hanno: «[…] uno strano potere di conservare, durante dei secoli, delle antiche forme di civilizzazione […] ma allo stesso tempo esse sono capaci di accogliere un insieme di vite nuove […] che possono integrare e mantenere intatto per più secoli restando come testimoni viventi delle rivoluzioni abolite»3. L’immagine fotografica si propone come strumento di analisi ed interrogazione sulle temporalità di trasformazione nel territorio del Sulcis, ponendo in evidenza i segni di una promessa industriale. Le foto realizzate tra il 2012 ed il 2013 attestano un’operazione intellettuale, una scrittura attraverso la luce, che mira ad indagare la complessità di una fase di cambiamento tra uno stato di materia ed un altro. Questa tipo di indagine, condotta attraverso un processo di analisi fotografica, incoraggia l’apertura di un campo di ricerca che può considerare la fotografia non solamente come accompagnamento illustrativo di un’analisi scientifica, ma come vero e proprio strumento di azione intellettuale. L’immagine del Sulcis, nella sua parzialità e soggettvità, non costituisce esclusivamente un documento di riproduzione esatta del reale, ma piuttosto un’interpretazione sensibile delle molteplici caratteristiche spaziali che formano l’identità visuale di questo territorio. Ciò che emerge da questo tipo di analisi sono una serie di figure singolari che popolano i luoghi, si tratta di una declinazione romantica del ruolo del monumento capace di stabilire una relazione tra passato e presente, al fine di comprendere quale sarà il loro ruolo per il futuro.
1. Cfr. Braudel Fernand. 1993 [1966]. La méditerranée et le monde méditerranéen à l’époque de Philippe II, 1: La part du milieu. Paris. Librairie générale française | Ed. italiana Braudel, Fernand. 1977. Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II. Torino. Einaudi 2. Ibidem 3. Braudel, Fernand. 1993. Op.Cit. p. 178. «un étrange pouvoir de conserver, des siècles durant, d’antiques formes de civilisation […] mais en même temps elles sont capables d’accueillir un pan nouveau de vie […] qu’elles sont capables d’engranger et de garder intacte pendant plusieurs siècles restant ainsi le vivant témoignage de révolutions abolies» (traduzione dell’autore).