PREMIO BRUNO ZEVI per un saggio storico-critico sull’architettura BRUNO ZEVI PRIZE for an historical-critical essay
Serena Acciai
LA CASA OTTOMANA A “SOFA”: UNA MODERNA IDEA DI ABITARE
THE OTTOMAN “SOFA” HOUSE: A MODERN IDEA OF LIVING
La giuria della quindicesima edizione del Premio Bruno Zevi è composta da / The juries of the fifteenth edition of the Bruno Zevi Prize are: Antonello Alici Marco Cadinu Maristella Casciato Elena Svalduz Claudio Zambianchi Traduzioni / Translations: Serena Acciai e Francesco Acciai (testo / text), Serena Acciai (introduzione / introduction) Editing: Maria Spina Segreteria di redazione / Editorial Office: Angela Santoro
ISBN 978-88-6242-890-3 Prima edizione Novembre 2023 First edition November 2023 © LetteraVentidue Edizioni © Fondazione Bruno Zevi © Serena Acciai Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, including photocopying, even for internal or educational use. Italian legislation allows reproduction for personal use only, provided it does not disadvantage the author. Therefore, reproduction is illegal when it replaces the actual purchase of a book as it threatens the survival of a way of transmitting knowledge. Photocopying a book, providing the means to photocopy, or facilitating this practice by any means is similar to committing theft and damaging culture. If mistakes or omissions have been made concerning the copyrights of the illustrations, we will gladly make a correction in the next reprint. Progetto grafico / Book design: Stefano Perrotta LetteraVentidue Edizioni Srl Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia www.letteraventidue.com
SERENA ACCIAI
LA CASA OTTOMANA A “SOFA”: UNA MODERNA IDEA DI ABITARE THE OTTOMAN “SOFA” HOUSE: A MODERN IDEA OF LIVING Premio Bruno Zevi per un saggio storico-critico sull’architettura Bruno Zevi Prize for an historical-critical essay on architecture
INDICE CONTENTS
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INTRODUZIONE INTRODUCTION Jelena Bogdanović
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LA CASA OTTOMANA A “SOFA”: UNA MODERNA IDEA DI ABITARE THE OTTOMAN “SOFA” HOUSE: A MODERN IDEA OF LIVING
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RINGRAZIAMENTI ACKNOWLEDGMENTS
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BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAPHY
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BIOGRAFIA BIOGRAPHY
SERENA ACCIAI
LA CASA OTTOMANA A “SOFA”: UNA MODERNA IDEA DI ABITARE THE OTTOMAN “SOFA” HOUSE: A MODERN IDEA OF LIVING
Introduzione
Introduction
Dal 1930, nella penisola balcanica1 e in Anatolia, un numeroso gruppo di architetti fece uso dell’architettura vernacolare e ne promosse lo studio per lo sviluppo del linguaggio moderno nei loro Paesi. Dimitris Pikionis, Paul Smarandescu, Henrieta Delavrancea, Sedad Hakkı Eldem, Dušan Grabrijan e Juraj Neidhardt, Branislav Kojić, Todor Zlatan e in seguito Boris Čipan ebbero un ruolo rilevante nella formazione della consapevolezza culturale del patrimonio abitativo tradizionale. Il loro interesse per l’abitare vernacolare creò una sorta di rete (tra alcuni di loro)2, e stabilì un tratto comune nell’architettura abitativa moderna in Grecia, Romania, Turchia, Bosnia, Serbia, Bulgaria e Macedonia3. Questo fenomeno ha le sue radici nella de-ottomanizzazione4 delle città balcaniche avvenuta tra il 1820 e il 1920 e coincide con quel radicale cambiamento che portò alla conseguente rottura delle città con il loro passato “orientale/ottomano” a favore dell’occidentalizzazione e dell’europeizzazione. Lasciandosi quindi alle spalle la pesante “coltre” dell’Impero ottomano l’idea di avere “un’identità nazionale” divenne estremamente importante nei nuovi stati dei Balcani e in Turchia, così come l’idea di avere una “casa nazionale”. Paradossalmente però, architetti moderni originari di queste nazioni si ispirarono allo
From 1930, in the Balkan Peninsula1 and Anatolia, a large group of architects made use of vernacular architecture and promoted its study for the development of modern architectural language in their countries. Dimitris Pikionis, Paul Smarandescu, Henrieta Delavrancea, Sedad Hakkı Eldem, Dušan Grabrijan and Juraj Neidhardt, Branislav Kojić, Todor Zlatan and later Boris Čipan played an important role in the formation of cultural awareness of the traditional housing heritage. Their interest in vernacular living created a kind of network (among some of them)2 and established a common trait in modern housing architecture in Greece, Romania, Turkey, Bosnia, Serbia, Bulgaria, and Macedonia3. This phenomenon has its roots in the de-Ottomanization4 of Balkan cities between 1820 and 1920, a radical change that led to the consequent severance of the cities with their “eastern/Ottoman” past in favor of Westernization and Europeanization. Leaving behind the “shadow” of the Ottoman Empire the idea of having “a national identity” became extremely important in the new Balkan states and Turkey, as did the idea of having a “national home”. Paradoxically, however, modern architects from these nations were inspired by the same type5 of house: the sofa house, defined by the presence of a transitional 11
stesso tipo5 di casa: la casa a sofa, definita cioè dalla presenza di uno spazio transitorio nella planimetria (denominato sofa in turco) e conosciuta anche come casa ottomana. Il presente saggio farà luce sugli aspetti architettonici delle profonde trasformazioni dei contesti culturali all’interno della regione balcanica, dopo la fine del dominio ottomano. Inoltre, inserendosi nel dibattito attuale, offrirà una ragione architettonica per la cosiddetta regionalità della modernità nei Balcani. L’obiettivo è quello di evidenziare le basi architettoniche del processo che Maximilian Hartmuth ha definito come «i percorsi simili per l’emancipazione dai modelli ottomani nei Balcani»6. Egli ha infatti sostenuto «come la città balcanica, dopo la fine del dominio ottomano, non abbia interrotto la sua esistenza come tipo regionale comune»7 ma abbia prodotto analoghi linguaggi architettonici moderni. Dando significato al contesto multiculturale, il saggio dimostrerà come dal punto di vista architettonico non sia corretto definire il concetto di casa moderna, nei Balcani e in Anatolia, come “serbo”, “bosniaco”, “greco”, “rumeno” o “turco”, «perché si tratta di qualcosa di più complesso, più regionale, qualcosa permeato da un sottile senso di identità orizzontale»8. Tutto questo, nonostante il fatto che in Jugoslavia, durante la modernizzazione socialista di Tito, i Paesi della Confederazione rimasero permeati da sentimenti identitari, venuti drammaticamente alla luce nelle guerre del 1990. Come ha brillantemente sottolineato Roxana Coman9, lo studio dell’abitazione ottomana come stile di vita diffuso nel tempo e nello spazio, merita un approccio interdisciplinare e transnazionale. A questo proposito Benedetto Gravagnuolo ha scritto:
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space (called in Turkish) in the planimetry, also known as “the Ottoman house”. This essay will shed light on the architectural aspects of the profound transformations of cultural contexts within the Balkan region, after the end of the Ottoman rule. Moreover, this essay, by inserting itself into the current debate, will offer an architectural framework for the so-called regionality of modernity in the Balkans. The aim is to highlight the architectural motives of the process that Maximilian Hartmuth defined as «the similar paths for emancipation from Ottoman models in the Balkans»6. He argued that the «Balkan city, after the end of Ottoman rule, did not interrupt its existence as a common regional type»7, but produced analogous modern architectural languages. Within a multicultural context, I will show how from an architectural point of view it is not correct to define the concept of the modern home in the Balkans and Anatolia as “Serbian”, “Bosnian”, “Greek”, “Romanian” or “Turkish”, «because it is something more complex, more regional, something permeated by a subtle sense of horizontal identity»8. Despite all this, in Yugoslavia, during Tito’s socialist modernization, the countries of the Confederation remained permeated by feelings of identity, which were dramatically brought to light in the wars of 1990. As Roxana Coman pointed out9, the study of the Ottoman dwelling as a lifestyle over time and space deserves an interdisciplinary and transnational approach. In this regard, Benedetto Gravagnuolo wrote that «Among the various anthropological manifestations, the one that best registers and preserves the signs of a transnational civilization is architecture. Not the cultured or Serena Acciai
1. Sedad Hakkı Eldem, geografia della diffusione della casa a sofa, da S. H. Eldem, Türk Evi Plan Tipleri (Turkish House Plan Types) Technical University Istanbul, Istanbul 1954, pp. 8-9. Sedad Hakkı Eldem, Geography of the spread of the sofa house, from S. H. Eldem, Türk Evi Plan Tipleri (Turkish House Plan Types), Technical University Istanbul, Istanbul 1954, pp. 8-9. La casa ottomana a “sofa”: una moderna idea di abitare / The Ottoman “Sofa” House: a Modern Idea of Living
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a Rodi, la definì «arte turca» e descrisse l’architettura civile cercando di italianizzare anche quella, descrivendo cioè il sofa come una veranda coperta, senza però comprenderne il ruolo compositivo nella planimetria. Allo stesso modo, nella seguente storiografia architettonica, questo tipo di abitare ha avuto vari nomi quali «casa turca, casa greca (settentrionale), casa del revival nazionale bulgaro e casa tradizionale macedone»40, etc. mentre Dogan Kuban, è stato tra i primi a impiegare nella definizione un concetto tipologico, riferendosi a questa tradizione chiamandola «la casa ad hayat»41. Pierre Pinon e Maurice Cerasi si riferivano a essa come «casa ottomana»42, mentre Emin Riza, uno dei più importanti restauratori e accademici albanesi, non ha potuto citare la natura ottomana di questo patrimonio abitativo fino alla caduta del regime comunista nel suo paese43. Tra gli architetti moderni orientali, Eldem fu il più assiduo nello studio della casa a sofa, utilizzando uno specifico metodo tipologico. Uno dei risultati più notevoli della sua ricerca fu la pubblicazione di un multivolume intitolato Türk Evi Osmanlı Dönemi (Case turche periodo ottomano I-II-III)44 che avrebbe dovuto includere altri due volumi (case di Rumelia e Anatolia), che però non furono mai pubblicati. Dalla sua corrispondenza, vediamo che egli studiava la casa turca anche al di fuori della Turchia del suo tempo. Era infatti interessato all’architettura tradizionale dei Paesi che avevano sperimentato la dominazione ottomana, che analizzava e studiava attraverso le pubblicazioni di intellettuali e architetti come Deroko, Moutsopoulos, Grabrijan e Kojić, e molti altri. La prima panoramica dell’interesse comune di questo gruppo di architetti moderni intorno alla tradizione abitativa vernacolare 22
Dogan Kuban was among the first to employ a typological concept in the definition, referring to this tradition as «the hayat house»41. Pierre Pinon and Maurice Cerasi referred to it as the «Ottoman house»,42 while Emin Riza, one of the most important Albanian restorers and academics, was not allowed to mention the Ottoman nature of this housing type until the fall of the communist regime in his country43. Among modern oriental architects, Eldem was the most assiduous in the study of the sofa house, using a specific typological method. One of the most notable results of his research was the publication of a multivolume entitled Türk Evi Osmanlı Dönemi44(Turkish Houses, Ottoman Period I-II-III), which was to include two more volumes (Houses of Rumelia and Anatolia), which were never published. From his correspondence, we see that he studied the Turkish house even outside the Turkey of his time. He was interested in the traditional architecture of the countries that had experienced Ottoman domination, which he analyzed and studied through the publications of intellectuals and architects such as Deroko, Moutsopoulos, Grabrijan, Kojić, and many others. The first overview of the common interest of this group of modern architects around the vernacular housing tradition of the Balkans and Anatolia was discovered thanks to Eldem’s network of correspondence and research. Based on existing literature, the study of how these modern Eastern Mediterranean architects, starting in the 1930s, made full use of vernacular housing typology in reinterpreting tradition, deserves academic attention. The point of contact between their theories and their contributions lies in the recognition of the intrinsic modernity of the vernacular housing tradition. In this path towards modernity, Le Corbusier’s Serena Acciai
6. Comparazione tra la casa dei lavoratori a Pessac di Le Corbusier e una casa di pescatori a Ohrid, da D. Grabrijan, Makedonska kukja, The Macedonian house, or its transition from Old Oriental type to Modern European House, Državna založba Slovenije, Ljubljana 1955, p. 205. Comparison between Le Corbusier’s workers’ house in Pessac and a fisherman’s house in Ohrid, from D. Grabrijan, Makedonska kukja, The Macedonian house, or its transition from Old Oriental type to Modern European House, Državna založba Slovenije, Ljubljana 1955, p. 205.
dei Balcani e dell’Anatolia si è ricomposta grazie alla rete di corrispondenza e ricerca di Eldem. Sulla base della letteratura esistente, lo studio di come questi moderni architetti del Mediterraneo orientale, a partire dal 1930, abbiano fatto pieno uso della tipologia abitativa vernacolare nella reinterpretazione della tradizione, merita attenzione accademica. Il punto di contatto tra le loro teorie e i loro contributi sta nel riconoscimento della modernità intrinseca della tradizione abitativa vernacolare. In tale percorso verso la modernità, l’esperienza di Le Corbusier ha avuto un ruolo fondamentale. Il legame tra il lavoro di questi stessi studiosi e la lezione di Le Corbusier è evidente nella ricerca della modernità nell’architettura abitativa vernacolare dei Balcani. È lo stesso Le Corbusier nell’introduzione al libro45 di Grabrijan e Neidhardt a spiegare come lo studio e l’uso delle forme, e dei principi dell’architettura vernacolare da parte degli architetti moderni, possa costituire un metodo rivoluzionario in grado di segnare la strada da seguire, attraverso un percorso di «continuità di spirito»46: quando cioè l’architettura moderna è capace di scaturire da un’altra architettura, «dall’antica sapienza del costruire»47.
experience played a fundamental role. The link between the work of the scholars themselves and the lesson of Le Corbusier is evident in the search for modernity in the vernacular housing architecture of the Balkans. Le Corbusier, in the introduction to Grabrijan and Neidhardt’s book45, explains how the study and use of forms, and the principles of vernacular architecture by modern architects, can constitute a revolutionary method capable of paving the way, through a path of «continuity of spirit»46; that is, when modern architecture can spring from another architecture, «from the ancient wisdom of building»47. In this relationship with the Swiss master, the only voice sometimes discordant was that of Eldem, always very critical of48 Western architects who looked at the Turkish housing heritage. Eldem, moreover, considered Le Corbusier’s first functionalist theories – those related to the idea de la machine à habiter – as something inconceivable compared to the quality of living spaces of Ottoman dwellings49.
La casa ottomana a “sofa”: una moderna idea di abitare / The Ottoman “Sofa” House: a Modern Idea of Living
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7. Esempio di chardak, nei Balcani, da D. Grabrijan, Makedonska kukja, The Macedonian house, or its transition from Old Oriental type to Modern European House, Državna založba Slovenije, Ljubljana 1955, p. 113. Example of chardak in the Balkans, from D. Grabrijan, Makedonska kukja, The Macedonian house, or its transition from Old Oriental type to Modern European House, Državna založba Slovenije, Ljubljana 1955, p. 113. 24
Serena Acciai
8. Eldem, studi sull’evoluzione della casa a sofa, da S. Acciai, Tesi di Dottorato, Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul: frammenti di idee generose: il caso di studio di Sedad Hakkı Eldem, DIDA, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze, 2012, vol. 2, p. 89. Eldem, studies on the evolution of the sofa house, from S. Acciai, PhD dissertation, Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul: frammenti di idee generose: il caso di studio di Sedad Hakkı Eldem, DIDA, Department of Architecture, University of Florence, 2012, vol. 2, p. 89. La casa ottomana a “sofa”: una moderna idea di abitare / The Ottoman “Sofa” House: a Modern Idea of Living
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BIOGRAFIA BIOGRAPHY
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Serena Acciai
Serena Acciai (1982) è architetta e ricercatrice con esperienza sul patrimonio multiculturale del Mediterraneo. Il suo lavoro si concentra principalmente sulla costruzione, la percezione e la rappresentazione delle identità culturali attraverso l'architettura, in particolare nell’area Mediterranea. Ha conseguito il dottorato di ricerca (summa cum laude) in Composizione Architettonica e Urbana presso l'Università di Firenze, con la prima tesi in Italia su Sedad Hakkı Eldem. Da allora ha proseguito questa linea di lavoro presso l'INHA (Institut National Histoire de l'Art) di Parigi e come assegnista presso l'Università di Firenze. Nel 2018 ha pubblicato il volume Sedad Hakkı Eldem, an Aristocratic Architect and More, con FUP, Firenze University Press. È stata titolare di incarichi di insegnamento presso il Politecnico di Milano, l’Università Federico II di Napoli e l’Università degli Studi di Firenze. Ha partecipato a convegni e seminari internazionali e ha tenuto lezioni in molte università: Milano, Venezia, Lugano, Mendrisio, Bologna, Bochum, Ohrid, Zagabria e Istanbul. Conta numerose pubblicazioni su volumi e riviste internazionali, è corrispondente per la rivista «Il Giornale dell’Architettura» e collabora con il progetto Le vie de Medici, Museo Diffuso En Plein Air. Attualmente è ricercatrice associata all’IPRAUS-AUSser dell’ENSA di Paris-Belleville.
Serena Acciai (1982) is an architect and researcher with experience in the multicultural heritage of the Mediterranean. Her work focuses mainly on the construction, perception, and representation of cultural identities through architecture, particularly in the Mediterranean area. She obtained her Ph.D. (summa cum laude) in Architectural and Urban Composition at the University of Florence, with the first dissertation on Sedad Hakkı Eldem ever published in Italy. Since then, she continued this line of work at the INHA (Institut National Histoire de l'Art) in Paris and as a research fellow at the University of Florence. In 2018 she published, the book Sedad Hakkı Eldem, an Aristocratic Architect and More, with FUP (Firenze University Press). Additionally, she had teaching positions at the Polytechnic of Milan the Federico II University of Naples, and the University of Florence. She has presented at numerous international conferences and seminars and has lectured at many universities, in Milan, Venice, Lugano, Mendrisio, Bologna, Bochum, Ohrid, Zagreb, and Istanbul. She has several publications in international books and journals; she is a correspondent for the magazine «Il Giornale dell'Architettura» and collaborates with Le vie de Medici, Museo Diffuso En Plein Air project. She is currently associate researcher at IPRAUS-AUSser at the ENSA in Paris-Belleville. 63
La casa a sofa, conosciuta anche come casa ottomana, rappresenta nel Mediterraneo orientale il lascito di una secolare cultura di avvicendamento tra popoli. Un luogo dello stare che è il cuore distributivo della casa, ma anche la sua apertura verso l’esterno. Nella ricerca della modernità, con l’avvento degli Stati-nazione negli anni venti del Novecento, questo modo di abitare ha avuto un ruolo fondamentale nella ricerca di una figuratività nazionale che, paradossalmente, affondava le radici in un passato condiviso nello spazio e nel tempo. I luoghi dell’abitazione, gli arredi e l’etimologia delle parole che li descrivono nelle varie lingue dell’area balcanica, raccontano di vicinanza e prossimità, che è tutto ciò che non assoceremmo mai all’immagine che abbiamo di questa regione. Allo stesso modo, in questa stessa area, sono simili i risultati a cui sono giunti gli architetti moderni con i loro progetti. A simboleggiare l’importanza delle forme, dei tipi, degli elementi architettonici che caratterizzano queste dimore nella storia dell’abitare mediterraneo, sta il lavoro di Le Corbusier, che magistralmente sintetizza i caratteri della casa mediterranea, da Bisanzio in poi.
— € 18,00 — 9
788862
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