Relazioni pericolose in luce

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Vittorio Fiore

Relazioni pericolose in luce Tecnologie sceniche e ri-mediazioni visive per un romanzo epistolare


Collana Períactoi | Quaderni n. 02 Ideata e diretta da Vittorio Fiore e Edoardo Dotto Università di Catania Comitato scientifico Francesca Castagneto – Docente di Tecnologia dell'architettura, Università di Catania, SDS Architettura Siracusa Alessandro Chiti – Scenografo Emanuele Garbin – Docente di Teorie, storia e tecniche della rappresentazione, IUAV, Venezia Anna Maria Monteverdi – Esperta Digital performance, ricercatore e docente di Storia del teatro, Università Statale di Milano Fabio Quici – Docente di Comunicazione visiva e multimediale, rappresentazione contemporanea ed euristica, Università di Roma La Sapienza Pierluigi Salvadeo – Docente di Architettura degli interni, allestimento e scenografia, Politecnico di Milano Francesca Serrazanetti – Docente al Politecnico di Milano, critico teatrale, redattore di “Stratagemmi”


Vittorio Fiore

Relazioni pericolose in luce Tecnologie sceniche e ri-mediazioni visive per un romanzo epistolare

Presentazione di Salvatore Tringali Con contributi di Claudio Angelini Elena Bucci Anna Maria Monteverdi Cristina Riccati Stefania Rimini e con i progetti scenici degli allievi dell'Università di Catania – SDS Architettura Siracusa


ISBN 978-88-6242-473-8 Prima edizione italiana, Ottobre 2020 © LetteraVentidue Edizioni © 2020 Vittorio Fiore Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Gli autori sono a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Progetto grafico: Officina 22 Impaginazione: Stefano Perrotta Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal – pp. 8-9, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30, 31, 34-35, 64-65, 76-77 L'autore desidera ringraziare il prof. Bruno Messina, presidente della SDS Architettura dell'Università di Catania, Salvatore Tringali, Sovrintendente della Fondazione Teatro Tina Di Lorenzo di Noto, gli autori dei contributi, gli studenti dei corsi di Prospettiva Teatro 2019 (tirocinio) e Scenografia 2018-2019, Sabrina Sapuppo (tutor dei corsi). LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italy letteraventidue.com


Indice 06

Presentazione Salvatore Tringali RELAZIONI PERICOLOSE IN LUCE

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Tecnologie sceniche e ri-mediazioni visive per un romanzo epistolare Vittorio Fiore

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Le pericolose relazioni tra il testo e la sua forma Elena Bucci LECTURE

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Sulla pratica dell'estrazione, una possibile scrittura di scena Claudio Angelini

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«Rimediando il teatro con la (bassa) tecnologia» L’arte ultrascenica del “mettere mano” nelle tecnoperformance di Giacomo Verde Anna Maria Monteverdi

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Dalla compressione lirica politica del testo alla dilatazione spazio temporale della scena Profondità della visione e percezione destrutturata: Quartett, di Müller/Wilson Cristina Riccati

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Il teatro come metafora in Dangerous Liaison di Stephen Frears Stefania Rimini ATELIER

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Teatralità dell’opera e recenti trasposizioni Vittorio Fiore

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PROGETTI

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MOSTRA Come scatole cinesi: il teatro in un teatro Vittorio Fiore


Tecnologie sceniche e ri-mediazioni visive per un romanzo epistolare Vittorio Fiore

«Il teatro moderno ha diritto alle nuove tecniche come le case moderne hanno diritto agli ascensori alle lavatrici e agli asciugatoi meccanici»1; con queste parole Josef Svoboda ammoniva gli oppositori dell’uso della tecnologia in teatro, chiarendo una confusione basilare tra tecnica e meccanismo: la tecnica, vista come «complesso di norme che regolano l’esercizio pratico e strumentale di un’arte, di una scienza, di un’attività professionale», fissa nella tecnologia le metodologie di processo, riappropriandosi di un’attività puramente intellettuale, attraverso cui applicare rigorosi procedimenti di tecnica attiva, ossia volta a determinare l’azione drammatica. Affrontare le conquiste in campo scenografico del maestro boemo è un incipit calzante per questo testo focalizzato su un progetto, fra ricerca e didattica, impostato sulla volontà di rendere dinamica la scena e di affidare alla luce, «creatrice di spazio e fattore espressivo»2 un ruolo attivo; questa, quale fattore di ardite sperimentazioni, consente di intervenire con nuovi e molteplici dispositivi basati sulle sue diverse declinazioni. La ricerca di Svoboda ha inaugurato un genere teatrale strutturato su caratteristiche tecnologiche e formali di un «materiale scenico immateriale», così definito dal maestro: la luce interagisce con lo spazio in relazione all’evolversi del dramma (nella lirica doveva seguire il suono); non serve a illuminare o “decorare”, ma a fornire alla scena le caratteristiche di spazio psicoplastico, ossia «dotato di sostanza psicologica; capace di suggerire stati d’animo»3. Anche per scenografia nel suo insieme ci riferiamo in questo studio al concetto introdotto da Svoboda: è uno spazio che «non si limita a fare da cornice al dramma, ma partecipa a rivelarlo, lo “recita”, non solo perché aiuta l’attore nella recitazione, ma perché contribuisce in gran misura a esprimere le forze che si scontrano nell’opera, le situazioni, l’atmosfera, come pure la sua filosofia»4; la scenografia è una «regia plastica del dramma» che va a sovrapporsi al testo fornendo gli spunti per una partitura di azioni, mettendo “in dialogo” la scena e la regia. Le tecnologie della luce offrono spazi e visoni dinamiche e innovative, architetture virtuali e racconto; sono possibili attraverso quei dispositivi che declinano tecnicamente e qualitativamente la luce rendendola “attiva”5.


Tecnologie sceniche e ri-mediazioni visive per un romanzo epistolare

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Una riflessione sulle valenze della luce in ambito teatrale e performativo non può prescindere dal considerare il suo uso nella Storia del Teatro del Novecento, dove sono maturate le innovazioni su questo importante fattore spettacolare; sempre presente nella ricerca delle avanguardie, la luce ha mutato profondamente il suo ruolo, offrendo inaspettati esiti spaziali, spesso imprevisti ma subito assunti come irrinunciabili opportunità. Su questi temi la letteratura è molto ampia e abbraccia trasversalmente tutti i fattori che contribuiscono alla scrittura dello spettacolo; sono stati riferimenti costanti, e intervengono a supporto progettuale, le teorie e i modelli spaziali messi a punto da vari

Adolphe Appia, Teatro di Hellerau, spazi ritmici.

Edward Gordon Craig, spazi drammaturgici.

teorici del passato, pionieri che in questo campo hanno introdotto anche altri fattori che, interagenti con la luce o declinandola in un suo diverso uso, con macchine sceniche ed espedienti innovativi, raggiungono risultati scenografici eccezionali, caratterizzanti per lo spettacolo. Le tappe principali di tale evoluzione della scena non possono escludere alcune pietre miliari: dalla scena fissa articolata in rampe e scale di Adolphe Appia (gli spazi ritmici), retroilluminata e animata dalla luce, con uno sviluppo orizzontale che corruga la superfice del palco per una ampia scelta gestica, alla spazialità degli screens di Gordon Craig che concepiscono una scena astratta e illusiva, per quinte e per volumi (gli spazi drammaturgici), dove i cromatismi e i fondali giocano un ruolo nella definizione delle profondità6; dai mille cambiamenti tonali di Alexandre de Salzmann alla relazione che intercorre tra colori e musica nell’opera di Alexander Scriabin; dalle geometrie giocate sul rapporto luce e ombra di Robert Wilson, che conferisce alla luce vita autonoma, rallentando l’azione e parcellizzando la visione7, fino alla proiezione-citazione – per tutti si ricorda il reperto cinematografico di Francesco Dal Bosco e Fabrizio Varesco8 – e all’uso spiazzante del video, che Studio Azzurro sperimenta magistralmente fornendo allo spettatore


Le pericolose relazioni tra il testo e la sua forma Elena Bucci

Una riflessione su un allestimento tratto da ‘Le relazioni pericolose’ di P.A. Choderlos de Laclos elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso regia di Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso con Elena Bucci, Marco Sgrosso, Gaetano Colella disegno luci Loredana Oddone cura del suono Raffaele Bassetti macchinismo e direzione di scena Viviana Rella assistente all’allestimento Nicoletta Fabbri foto di scena Marco Caselli Nirmal produzione Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione artistica della compagnia Le belle bandiere sostenuta da Regione Emilia Romagna, Comune di Russi

Approdati all’incantevole Noto, siamo rimasti senza fiato per la bellezza del Teatro Tina di Lorenzo, segno di una civiltà e di una cultura che troppo spesso vengono date per scontate. È stata una gioia vedere il palcoscenico invaso di studenti che curiosavano tra le nostre scene, gli oggetti, i costumi, che, dopo un incontro molto denso e partecipato con noi direttori artistici della compagnia, chiacchieravano con i nostri tecnici. Siamo molto grati a tutti coloro che, come Vittorio Fiore, sanno coniugare lo studio con la pratica della scena, dando continuità ad arti e mestieri che solo attraverso la trasmissione da persona a persona trovano futuro e compimento. Per questo con entusiasmo provo a riferire della nostra avventura. In questo scritto, concentro l’attenzione intorno alle questioni che riguardano scena, costumi, luci, suono e macchinismo, tralasciando tutto ciò che riguarda le scelte drammaturgiche. Trattandosi infatti di una trasposizione per la scena di un romanzo epistolare piuttosto corposo, sarebbe complesso riferirne in breve. Segnalo soltanto che abbiamo cercato di conservare il fascino di una scrittura complessa, arguta, molto raffinata e allo stesso tempo di garantire,


Le pericolose relazioni tra il testo e la sua forma

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pur nella sintesi, lo spessore dei personaggi e che l’intera trama che intesse il romanzo arrivasse nella sua ricchezza di significati, anche attraverso ardite manipolazioni delle lettere. Ci assumiamo la responsabilità di questa scelta molto personale, ma anche assai meditata e messa in prova. La pericolosa relazione con il testo di Laclos ‘Le relazioni pericolose’ è cominciata molti anni fa, sempre con la collaborazione di Marco Sgrosso e l’aiuto della mia compagnia, Le belle bandiere. Eravamo in prova, con il sostegno di AMAT, circuito delle Marche, nel bel teatro Raffaello Sanzio di Urbino che per noi era il paradiso. Non era abituale avere a disposizione un teatro vero, con tutti i suoi meravigliosi e antichi meccanismi, dal graticcio al sipario. Potei approfittare della presenza di un pittore, scenografo, falegname e amico, Carluccio Rossi, che mi aiutava a dare sostanza alle mie visioni, da lui perfezionate e amplificate. Avevo con me anche l’autrice del disegno luci di quasi tutti i nostri spettacoli, Loredana Oddone, di un fonico, Nico Carrieri, e di un apprendista macchinista molto volenteroso. C’erano poi gli attori, Marika Pugliatti e Gianni Farina. Anche allora i costumi furono affidati a Ursula Patzak, non ancora vincitrice dei Nastri d’Argento di oggi. Avevo necessità di avere a disposizione elementi da scomporre e combinare velocemente per suggerire la mutevolezza delle ambientazioni. Desideravo evocare il gioco di specchi del testo, la rete di relazioni basata sulle convenzioni, sul gioco al massacro del possesso e della sopraffazione, su un erotismo che assume valore solo quando diventa potere sull’altro. Avevo appena realizzato uno spettacolo ambientato in una fabbrica del marmo dismessa dal titolo ‘Meccanica Vampirica’, dove il parossismo delle nostre frenetiche abitudini quotidiane, colte nel vortice del consumismo e della ricchezza, trasformavano piano piano la numerosa compagnia di attori


Sulla pratica dell'estrazione, una possibile scrittura di scena Claudio Angelini

Nell’arco della mia più che decennale pratica teatrale, in qualità di regista, dopo la fondazione di Città di Ebla, non ho mai affrontato drammaturgie appositamente scritte per il palcoscenico. Mi sono occupato di messe in scena originali (Wunderkammer, 2005 – Pharmakos, 2006/2009 – Corpo centrale, 2017), oppure di elaborazioni a partire da testi o partiture non pensate per il teatro (La metamorfosi, 2010 – The dead, 2012 – Suite Michelangelo, 2013). È proprio di queste ultime che vorrei parlare, al fine di chiarire il mio concetto di “estrazione”, una pratica della creazione scenica su cui ho lavorato negli anni quasi automaticamente, senza anteporre nessuna questione concettuale ma che a distanza di tempo posso tentare di rendere esplicita. Ho sempre vissuto il teatro come la casa di tutte le arti, una piazza aperta su ogni lato in grado di accogliere e far convivere diverse modalità espressive. Non credo nella supremazia di nessuna di queste modalità espressive nell’approccio alla messa in scena, dunque evito accuratamente di parlare di teatro di parola, teatro visivo, teatro/danza, teatro musicale. Mi sembra un modo svilente e riduttivo di catalogare l’esperienza teatrale anche se mi rendo conto che funziona per il commercio del teatro stesso. D’altro canto, il tentativo di raccontare l’esperienza teatrale attraverso l’una o l’altra arte via via prevalente ci dice qualcosa circa la grande articolazione espressiva della forma scenica, affatto limitata dalla dimensione “finita” del palco e dal qui e ora che ne costituisce elemento primario e imprescindibile. Nutrirsi di tutte le arti rende dunque il teatro un sistema compositivo estremamente complesso e ricco di possibilità. Paradossalmente grazie alle sue limitazioni di spazio, tempo, durata. La forma letteraria è naturalmente legata all’uso delle parole, il dispiegamento narrativo scaturisce da esse e trova nelle parole tutti gli elementi necessari alla costruzione del contesto. Spazio, luce, suoni, scansioni temporali, carnalità o algida atmosfera. Tutto attraverso le parole.


Sulla pratica dell'estrazione, una possibile scrittura di scena

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La metamorfosi 2010, foto di scena di Luca Di Filippo.

Quanto più queste parole sono usate con sapienza, tanto meno a mio parere è possibile un’azione di trasposizione teatrale. Usare le parole di Kafka per la messa in scena, usare le parole di Joyce, significa compiere un furto mal riuscito. Quelle parole sono state pensate in chiave narrativa e non scenica. Il mondo dei loro racconti scaturisce unicamente dalla sostanza stessa delle parole e dalla loro composizione. L’unica possibilità è dunque rifarlo quel mondo, agire sotto traccia, o al di sopra o a lato. Lo spazio vuoto della scena dunque si presta a essere popolato dai fantasmi che scaturiscono dal testo letterario (se questo è l’elemento di partenza, ma potrebbe essere un dipinto, una scultura, una fotografia e sarebbero validi i medesimi concetti) e il lavoro di creazione riguarda proprio l’evocazione di questi fantasmi. Ciò che ho fatto nella realizzazione di alcuni miei spettacoli e ciò che ho proposto ai discenti del Prof. Fiore, chiamati a lavorare su “Le relazioni pericolose” di Choderlos de Laclos, è stato proprio scendere negli anfratti del testo e rimanere in ascolto delle sue viscere. Non si tratta di avere chissà quale idea originale o mostrare la propria capacità di interpretazione del testo, bensì occorre farsi attraversare dal testo


«Rimediando il teatro con la (bassa) tecnologia» L’arte ultrascenica del “mettere mano” nelle tecnoperformance di Giacomo Verde Anna Maria Monteverdi

L’artista Giacomo Verde1 ha privilegiato sin dai suoi primi esperimenti videoteatrali, la tecnologia “povera” (vecchi TV color, telecamere a basso costo, installazioni video con materiale sottratto alla produzione e riciclato): una scelta etica e politica, prima ancora che estetica. Anzi, una scelta est’etica come lui stesso diceva, coniando così, uno dei tanti neologismi con cui amava descrivere e intitolare le sue creazioni, giocando con le parole, unendole in combinazioni originali, per sottolineare che la sua arte andava non solo oltre ogni modalità teatrale (non a caso la chiamava ultrascenica) ma anche oltre ogni definizione lessicale esistente. I quattro videomessaggi teatrali Medit’azioni, l’installazione Rivel’Azione, la performance collettiva Col-TV-Azione mettevano l’accento sul “fare” al plurale, che era la premessa per ogni suo progetto artistico. Infatti, come spesso amava ricordare, l’opera d’arte doveva essere, prima di tutto la creazione di una dinamica di gruppo: non si trattava di dare vita a “oggetti” ma di attivare “contesti partecipati”, innescare, tramite l’arte, un’esperienza cognitiva e insieme ludica, collettiva. Le sue oper’azioni sono sempre state variazioni sul tema della necessità di un uso politico delle immagini e di una riappropriazione-socializzazione dei saperi tecnologici. Verde rifletteva sulla possibilità di fondere l’esperienza estetica con la pratica comunicativa dell’arte in un’ottica di decentramento produttivo, esplorando anche attraverso i diversi media e il web, nuovi modi di “fare mondo” e “creare comunità” con l’obiettivo di agitare le acque dell’arte con la forza dell’attivismo e della condivisione dal basso: dai laboratori per i bambini ai Giochi di autodifesa televisiva, fino alla creazione di Tv comunitarie interattive (come la Minimal TV). A partire dalla metà degli anni 2000 aderisce convintamente al movimento dell’Artivism (attivismo artistico) di cui parla diffusamente nel suo volume Artivismo tecnologico. Scritti e interviste su arte, politica, teatro e tecnologie2. Questa “regola” della condivisione artistica si estendeva anche alla possibilità per il pubblico, di “replicare” l’opera: il meccanismo nelle videoinstallazioni


«Rimediando il teatro con la (bassa) tecnologia»

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(dalle più semplici a quelle interattive) era mostrato e il pubblico veniva informato del procedimento grazie alle originali “istruzioni per l’uso” e ai “kit” che venivano distribuiti nella sala dell’esposizione. La conclusione ideale per l’opera era quella di “tornare” a essere quell’oggetto domestico, attrezzo del fai-da-te casalingo che era in origine, perdendo qualunque tipo di “aura”. La medesima dimensione “domestica” e politica al tempo stesso, stava dietro a tutte le creazioni di Verde: la costante era una volontà demitizzante delle tecnologie e un’ “attitudine hacker” che se non si esprimeva direttamente nei contenuti, si materializzava nell’elaborazione di dispositivi “low-tech”, nel forzare sistemi “chiusi”: operazioni che dimostravano un uso creativo – ma a basso costo e alternativo a quello proposto dal mercato – dei media elettronici. Così quella che oggi è una moda rétro, uno stile vintage molto seguito (che va dal ritorno al vinile, al recupero del nastro magnetico, all’uso dell’introvabile pellicola fotografica) incrementato recentemente, da un ritorno in auge dell’estetica degli anni Ottanta, per l’artista “artivista-anarchivista” Verde era una scelta di campo sin dalla sua precoce discesa nell’agone teatrale e videoteatrale. L’artista aveva, infatti, attraversato tutti i generi artistici sin dai primi anni Ottanta frantumandoli, ricombinandoli insieme nelle modalità più inusuali (performance di videopittura, azioni di rottura e riciclaggio televisivo, TV loop) e privilegiando sempre la tecnologia non più in uso ma “rimediata”3, rifunzionalizzata e re-immessa nel circuito artistico. Si trattava di una vera e propria operazione di reviviscenza per vecchie tecniche che avevano la possibilità di riemergere dal dimenticatoio, restando così, al passo con la contemporaneità multimediale e contribuendo alla formulazione di una nuova

Giacomo Verde crea i video-fondali live. Foto di Pablo Balbontin.


Quartett di Robert Wilson (2006), testo di Heiner Müller

Dalla compressione lirica politica del testo alla dilatazione spazio-temporale della scena Profondità della visione e percezione destrutturata Cristina Riccati

Quello tra Bob Wilson e Heiner Müller era un rapporto fondamentale, iniziato con la collaborazione per la sezione tedesca di the CIVIL warS: a tree is best measured when it down, il faraonico progetto per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Los Angeles dell’84, e che successivamente ha dato luogo a messe in scena da testi quali Hamletmachine (1986), Death, Destruction and Detroit II (1987) e Quartett (1987). Una conoscenza profonda e antitetica: Müller tedesco, Wilson texano, il primo intellettuale che lavora nella compressione, il secondo visivo che lavora con il dilatarsi dello spazio e del movimento. Quando Wilson, alcune settimane prima della morte di Müller nel dicembre del’95, andò a trovarlo, il vecchio drammaturgo gli disse che era stato il migliore a metter in scena i suoi testi perché gli offriva uno spazio per respirare e perché aveva dell’humor, e un pubblico che rideva davanti ai sui testi li rendeva ancor più terrificanti. Heiner Müller concentrò il romanzo epistolare Les Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos, dove si tessono gli inganni e le sfide di due libertini della nobiltà francese del XVIII secolo, in una ventina di pagine di dialogo dalla forte tensione lirica realizzando Quartett, una delle pieces più taglienti della fine del XX secolo. Di questo breve e straordinario racconto della guerra dei sessi, che è nello stesso tempo duello amoroso, combattimento di belve, giostra verbale e gioco di mascheramenti di un’ironia e di una crudeltà senza eguali, Robert Wilson ne ha proposto una visione dall’eleganza epurata, dove i silenzi affilano ancora più la lucentezza del testo, e soprattutto dove i tagli di luce irrompono in una scena minimale in nero, gli unici squarci di colore sono rappresentati dagli abiti dei quattro protagonisti, colore che cromaticamente li contraddistingue anche dal punto di vista caratteriale: la Marchesa di Merteuil, interpretata da Isabelle Huppert, in lungo abito blu di Prussia, il Visconte di Valmont, interpretato da Ariel Garcia Valdès in redingote rosso acceso, le loro giovani vittime, Rachel Eberhart in sottoveste verde e Benoît Maréchal in completo


Quartett, Müller/Wilson: dalla compressione lirica politica del testo alla dilatazione spazio temporale della scena

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A sinistra: Quartett, Parigi, 2006. Isabelle Huppert e Ariel Garcia Valdes. A destra: brochure spettacolo Quartett Parigi Odeon, 2006. Immagine di copertina tratta dalla scultura Arianna sulla pantera di Johann Heinrich von Dannecker, 1803.

bianco. In realtà si aggirava tra loro un quinto personaggio, Philippe Lehembre, un vecchio in camicia da notte bianca: alla domanda di Müller perché cinque personaggi se nel suo testo sono quattro, Wilson rispose sorridendo: «perché è un quartetto», e che il vecchio era Müller stesso. Anche se lo stesso Wilson aggiunse poi che non c’è un’identità obbligata attribuita a questa figura, spetta al pubblico di vedere e che a lui spetta di trasgredire. Le regole sono fatte per essere trasgredite. Nell’ottobre del 2006 vidi Quartett all’Odeon di Parigi in collaborazione con il Festival d’Automne, e partecipai ad un incontro pubblico, in cui Wilson rivelò che Müller come autore drammatico offriva ad un regista una libertà enorme: «I suoi testi indistruttibili si possono mettere nel mezzo di un’autostrada, sulla luna, o in una piscina ad Hollywood che resisteranno a tutti questi trattamenti come delle pietre. La sfortuna è che ci si accontenta e di fronte ad un testo che appare buio lo si colloca in un ambiente o in contesto altrettanto buio,


Il teatro come metafora in Dangerous Liaison di Stephen Frears Stefania Rimini

Le Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos resta uno dei casi più emblematici nel solco degli Adaptation Studies perché, a partire dalla apparente linearità dell’impianto epistolare, ha generato una serie di prismatiche riduzioni incentrate sui temi cardine della seduzione e dell’inganno1. In realtà l’ambigua costruzione geometrica del plot, affidata alle maschere crudeli della marchesa Merteuil e del visconte Valmont, poggia sulla complessa declinazione di una carica performativa che investe ogni piano (linguistico, retorico, prossemico) e si costruisce grazie a specifiche tecniche narrative che costringono il lettore ad assumere la posizione di voyeur e a farsi carico dell’interpretazione dei sottili giochi di potere che governano le ‘relazioni pericolose’ fra i personaggi. L’evidenza delle lettere, e il dispositivo comunicativo che innescano, fa sì che tutta la vicenda risulti una calibrata recita, capace di determinare il continuo deragliamento di verità e finzioni e dunque la moltiplicazione dei punti di vista, e con essa la frammentazione della diegesi. La tensione verso la plateale messa in abisso dell’instabilità dei caratteri e della consistenza stessa del reale ha autorizzato diverse pratiche di adattamento per la scena e per lo schermo, che testimoniano la fortuna paradossale di un’opera pronta a cambiar pelle ma destinata a mantenere intatte le ragioni (e le pulsioni) dell’intrigo. Il carattere teso dell’eloquenza dei personaggi diviene, infatti, l’innesco ideale per la scrittura drammaturgica a cui si aggiunge la pregnanza delle convenzioni della recitazione, la ritualità del mascheramento come prassi espressiva, il gioco di apparenze e dissimulazioni proprio di ogni testo spettacolare. Le complicate trame ordite da Laclos trovano per esempio nell’immaginazione di un autore del calibro di Müller un singolare effetto di condensazione e rifrazione, che porta alla riduzione del numero di figure «ai due protagonisti, che assumono anche la voce dei loro oggetti di seduzione, in un topico rovesciamento della dialettica fra vittima e carnefice»2. Tale procedimento scatena l’energia compressa del romanzo e attiva una carica performativa tanto audace da spingere i protagonisti verso il baratro di una drammaturgia ferina; in questo


Il teatro come metafora in Dangerous Liaison di Stephen Frears

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quadro di mutate condizioni enunciative accade che alcuni elementi propri dell’originale risultino ancora più ambigui, come la sovversione delle logiche di genere nella marchesa Merteuil e la rappresentazione della seduzione come strategia eminentemente teatrale. L’effetto generale della riscrittura di Müller è – come sottolinea acutamente Massimo Fusillo – un panorama «spettrale e allucinato», nel quale spiccano alcuni nuclei radicali e assoluti: «corpo, sesso, morte e materia»3. La reversibilità intrinseca del piano discorsivo edificato da Laclos, e rimontato da Müller, conduce fino alle astrazioni visionarie del Quartett di Bob Wilson (2009), artefice di una messa in scena di forte stilizzazione e convincente divaricazione fra corpo e voce, nella quale tutto è affidato al rigore dei segni luminosi e alla precisione millimetrica delle coreografie, orchestrate attraverso puntuali pattern che disegnano una danza di seduzione e distruzione. Se il perimetro della scena ha saputo diradare gli oltraggi e la violenza mentale delle silhouettes di Laclos, dando spazio alla latenza delle pulsioni più recondite, il cinema ha ricavato dal plot del romanzo una serie di adattamenti e traslazioni capaci di segnare l’immaginario contemporaneo fin dalla prova di Roger Vadim del 1959, forse un po’ acerba nell’individuazione dei caratteri ma certamente in linea con lo spirito dell’originale. Al di là delle scelte di ambientazione, oscillanti fra prudenti ricostruzioni settecentesche e azzardate attualizzazioni (come nel caso di Cruel Intentions di Roger Crumble del 1999), il cinema sembra riuscire ad approfondire l’intenso arbitrio di potere delle dinamiche di relazione fra i protagonisti e portare al massimo grado di espressione la propensione crudele di queste figure. Il corpus di testi filmici che accolgono e riplasmano le linee del romanzo offre esempi di grande suggestione sia per la radicalizzazione del dispositivo epistolare, con interessanti effetti di audiovisualizzazione4, sia


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Le relazioni pericolose, 2019, foto di Marco Caselli Nirmal

Relazioni pericolose in luce


Le pericolose relazioni tra il testo e la sua forma

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ATELIER


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Relazioni pericolose in luce

Allo specchio Abbandonata la forma epistolare del romanzo, si sceglie di dare all’opera una chiave di lettura contemporanea e simbolica. A sottolineare la centralità delle relazioni personali, vengono messi in scena i dialoghi diretti tra gli attori delle vicende, i quali non sono mai più di due per scena. Gli specchi evocano gli ottocenteschi saloni in cui è ambientata l’opera originale e invitano al confronto con il “vero io” in un ambiente in cui non ci si mostra se non attraverso una maschera. Mediante le cornici i personaggi figurano come dei quadri, mettendo in mostra la propria

Progetto di: Adriana Aprile, Martina Floridia, Mariachiara Grasso, Paola Pennisi

SCENOGRAFIA 1:100

Abbandonata la forma epistolare del romanzo, scena 1 scena 2 si sceglie di dare all’opera una chiave di lettura contemporanea e simbolica attraverso undici scene: Vestizione, Accordo I, Conquista, L’otium del Visconte, Accordo II, Inganno d’amore, Confessione, Disperazione, Accordo III, Triangolo, Caduta delle maschere. A sottolineare la centralità delle relazioni personali, vengono messi in scena i dialoghi diretti tra gli attori delle vicende, sempre in numero di due per scena. i settecenteschi scena 3 Gli specchi evocanoscena 4(I) saloni prerivoluzionari in cui è ambientata l’opera originale, e invitano al confronto con il “vero io” in un ambiente in cui non ci si mostra se non attraverso una maschera. Mediante le cornici i personaggi figurano come dei quadri, mettendo in mostra la propria immagine. Elementi Scenici La scenografia prevede l’istallazione di sei scena 4(II) scena 5 pannelli specchio (film specchiante PERONI ©) sospesi di dimensioni 7,40x0,60m realizzati mediante un telaio in acciaio controventato; due cornici luminose sospese di dimensioni 2,10x0,80m realizzate con un telaio di profili di alluminio con sezione ad U all’interno del quale sono poste delle luci a led; due sedute, di cui una sfera dorata e un cubo argentato; uno schermo bianco retroilluminato come scena 6 fondale scenico; un tappeto nero per danza come rivestimento per il palcoscenico.

+1.00m

-1.35m

0.00m

Costumi I quattro attori indossano un abito monocromo: Rosso per la Marchesa De Merteuille, simbolo di potere e brama di esso, competizione e seduzione. Nero scena 7per il Visconte di Valmont, scena 8sintesi di tutti i colori, simbolo di mistero, eleganza e potere. Bianco per Madame De Tourvell, simbolo della purezza, del pudore, della castità, del sentimento sincero. Rosa per Cécile De Volanges, simbolo di un amore primordiale, di giovinezza e di grande ammirazione.

5%

ELEMENTI SCENICI La scenografia prevede l’istallazione di sei pannelli specchio (film specchiante) sospesi di dimensioni 7,40x0,60m realizzati mediante un telaio in acciaio controventato; due cornici luminose sospese di dimensioni 2,10x0,80m realizzate con un telaio sez. ad U all’interno del quale sono poste delle luci a led; due sedute, di cui una a sfera dorata e una cubica argentata; un telo bianco

L’oro della sfera indica inoltre l’incorruttibilità scena 9 e l’indeteriorabilità, e rimanda storicamente al mondo maschile. L’argento è legato al mondo femminile dell’emotività.


Progetti

Scena 1 VESTIZIONE La marchesa de Merteuil davanti allo specchio “costruisce” il suo personaggio indossando un vestito rosso di seta. Scena 2 ACCORDO La marchesa de Merteuil propone al visconte di Valmont di sedurre la giovane Cécile de Volanges. Il visconte rifiuta, confidando di voler conquistare la presidentessa de Tourvel. Scena 3 CONQUISTA Il visconte di Valmont tenta di conquistare l’amore della Presidentessa di Tourvel. Scena 4 L’OTIUM DEL VISCONTE Il visconte di Valmont legge le lettere indirizzate alla Presidentessa de Tourvel da parte di Mme de Volanges. Successivamente si intrattiene con alcune cortigiane. Scena 5 ACCORDO II La marchesa de Merteuil e il visconte di Valmont discutono sui loro accordi che vengono ristabiliti. Scena 6 INGANNO D’AMORE Cécile de Volanges si strugge per la sua storia d’amore con il cavaliere Danceny. Successivamente entra in scena il visconte di Valmont, con in mano una candela, e Cécile cade vittima delle sue lusinghe. Scena 7 CONFESSIONE Cécile de Volanges confessa alla marchesa de Merteuil quanto accaduto con il visconte. Scena 8 DISPERAZIONE La Presidentessa de Tourvel confida al visconte di Valmont la sua sofferenza circa la loro relazione.

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Sulla scena, in secondo piano, dentro una cornice, è posizionata la marchesa de Merteuil che assiste in silenzio. Scena 9 ACCORDO III La marchesa de Merteuil, da sola in scena, si strugge consapevole dei reali sentimenti del visconte di Valmont per la Presidentessa de Tourvel. Successivamente appare il visconte di Valmont, i due rivedono i loro accordi decidendo di porre fine alla relazione tra la Presidentessa e il visconte. Scena 10 TRIANGOLO Il visconte di Valmont si divide sulla scena tra la marchesa de Merteuil e la Presidentessa de Tourvel, posizionate ai lati, davanti alle cornici. La scena si conclude con la scelta del visconte di Valmont per la Presidentessa de Tourvel e con la morte dei due. Scena 11 CADUTA MASCHERE La marchesa de Merteuil davanti allo specchio si strucca e si sveste.


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Relazioni pericolose in luce


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erlos. La luce dall’alto che prima la seguiva si iviene ngono allarga MASCHERA illuminando tutto il cubo del Noi PERSEVERANZA segno . 1 a sullo 2. Dal cubo Noi, Madame discute 100 del erlos. con ilMASCHERA Visconte tramite chat, in iviene sottofondo vi è un rumore di tasti che ngono 1 simula PERSEVERANZA il discorso. asegno sullo Il rifiuto del Visconte si riscontra nei erlos. iviene movimenti del cubo. La Marchesa si trova all’interno del cubo ngono dell’Io e finisce di vestirsi uscendo sulla Marchesa si trova all’interno del cubo PERSEVERANZA Ladell’Io scena (1). Nel frattempo l’illuminazione segno e finisce di vestirsi uscendo sulla 1 1

interna del cubo si spegne e la superficie scena (1). Nelsifrattempo l’illuminazione La Marchesa trova all’interno del cubo anteriore vetrata diviene riflettente. interna del cubo si euscendo la superficie dell’Io e finisce di spegne vestirsi sulla La Marchesa si trova all’interno cubo Specchiandosi in essa Madame del finisce di anteriore vetrata diviene riflettente. scena e(1). Nel frattempo l’illuminazione dell’Io finisce di vestirsi uscendo sulla truccarsi (2), mentre una luce dall’alto la interna del cubo si spegne e la superficie Specchiandosi in essa Madame finisce di scena segue.(1). Nel frattempo l’illuminazione anteriore vetrata diviene riflettente. truccarsi (2),cubo mentre una luce la interna del si spegne e ladall’alto superficie Specchiandosi in essa Madame finisce di segue. anteriore vetrata diviene riflettente. truccarsi (2), mentre luce dall’alto la Specchiandosi in essauna Madame finisce di segue. (2), mentre una luce dall’alto la truccarsi segue.

2 Marchesa scende dal cubo del Noi 1. La 1 PERSEVERANZA e si2 dirige verso il cubo degli Altri. La 22 luce prima ha Epari intensità su APPARENZA CIRCOSTANZA 1 1. La Marchesa si dirige verso il cubo del Noi, tirando i cavi lo posiziona sulla entrambi i cubi, successivamente sicirca 1. La Marchesa si dirige verso il cuboa del scena, lasciandolo sospeso un Noi, i cavi posiziona metrotirando di altezza da lo terra; vi sulla sale affievolisce sul cubo del Noi apoi 1. La Marchesa sifino dirige verso il cubo del scena, PERSEVERANZA sopra. lasciandolo sospeso circa a un Noi, tirando isi cavi loverso posiziona metro didall’alto altezza da prima terra; vi sulla sale 1. Laluce Marchesa dirige ilseguiva cubo del La che lapoi si spegnersi. scena, lasciandolo sospeso circa un sopra. Noi, tirando i cavitutto lo posiziona sulla allarga illuminando il cubo del a Noi

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metro di altezzache da terra; lacirca poi via sale La luce lasciandolo dall’alto prima seguiva si scena, sospeso un

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tramite chat, in sopra. . con il Visconte 2. La Marchesa entra e recita all’interno 2. Dal Noi, Madame discute allarga illuminando tutto il cubo del Noi sottofondo videl è che un rumore tasti che La luce cubo dall’alto prima ladiseguiva si con ililluminando Visconte tutto tramite simula il discorso. . allarga il cubochat, del Noiin Dal cubo Noi, Madame discute del 2cubo degli Altri, borbottando frasi sottofondo vi del èVisconte un rumore di tasti che Il2. rifiuto del si di riscontra nei . con il Visconte tramite chat, in 2. Dal ilcubo del Noi, Madame discute simula discorso. movimenti del cubo. 2 vi Visconte è un rumore dichat, tasti che circostanza. Ilsottofondo rifiuto si riscontra nei con il del Visconte tramite in simula il discorso. 2 movimenti del sottofondo vi ècubo. un rumore di tasti che E CIRCOSTANZA Il rifiuto del Visconte si riscontra nei La 2luceAPPARENZA rimane1direzionata sulil discorso. cubo. simula movimenti del cubo.

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APPARENZA E CIRCOSTANZA DISSIMULAZIONE 1 2

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APPARENZA E CIRCOSTANZA

2 del cubo del Noi, seduta inrimanemaniera 1 La luce direzionata sul cubo. DISSIMULAZIONE in cui parla di sè stessa e del

La Marchesa si trova all’interno del cubo del Noi, seduta in maniera scomposta recita un monologo in cui parla di sè stessa e del Lacomportamento Marchesa si trova all’interno del cubo del Noi, seduta in maniera femminile.

sa sull’attrice lasciando della scomposta recita undall’alto monologo in il cuiresto parla di seduta sè stessa e della del La luce proveniente è fissa sull’attrice lasciando il resto Marchesa si trova all’interno del cubo del Noi, in maniera

1:100

DISSIMULAZIONE

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DISSIMULAZIONE FASTIDIO La Marchesa prende posto all’interno del cubo degli Altri e assume un atteggiamento serioso, sentendosi osservata dalla gente che la circonda. luce rimane costante all’interno del del cubo del Noi; del cubo LaLaMarchesa prende posto all’interno cubo degliall’interno Altri e assume un dell’Io si accende unaposto luce ad intermittenza. La Marchesa prende all’interno del cubo Altri assume un atteggiamento serioso, sentendosi osservata dalladegli gente chee la circonda. atteggiamento serioso, all’interno sentendosidel osservata dalla gente che ladel circonda. La rimaneprende costante cubo del Noi; cubo La luce Marchesa posto all’interno del cubo degliall’interno Altri e assume un La luce costante all’interno del cubo del Noi; all’interno del cubo dell’Io si rimane accende una luce ad intermittenza. atteggiamento serioso, sentendosi osservata dalla gente che la circonda. dell’Io si accende una luce ad intermittenza. La luce rimane costante all’interno del cubo del Noi; all’interno del cubo dell’Io si accende una luce ad intermittenza.

DISSIMULAZIONE FASTIDIO FASTIDIO

rno del cubo degli Altri e assume un osservata dalla gente che la circonda. La Marchesa entra nel cubo dell’Io e si spoglia, rimanendo in intimo, fuma, si specchia e si muove animatamente al suo interno. del cubo Noi; all’interno deldell’Io cubo lucedel si alterna ad cubo intermittenza i cubi e del in LaLaMarchesa entra nel dell’Io e tra si spoglia, rimanendo in Noi, intimo, sottofondo si sente rumore di tastieche digitano. La Marchesa entra nel cuboanimatamente dell’Io si spoglia, rimanendo in intimo, fuma, si specchia e siun muove al suo interno. mittenza. si sispecchia si muove animatamente suodell’Io interno.e del Noi, in Lafuma, luceFASTIDIO alternae ad intermittenza tra i al cubi

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La entra nel cubo dell’Io e tra si spoglia, in intimo, LaMarchesa luce si sialterna adrumore intermittenza i cubi rimanendo dell’Io e del Noi, in sottofondo sente di tasti che digitano. fuma, si specchia e siun muove animatamente al suo interno. sottofondo si sente un rumore di tasti che digitano. La luce si alterna ad intermittenza tra i cubi dell’Io e del Noi, in sottofondo si sente un rumore di tasti che digitano.

GELOSIA

FASTIDIO GELOSIA

Il cubo del Noi vacilla e la Marchesa esce rapidamente dirigendosi verso cubo dell’Io. La luce ad intermittenza si interrompe e rimane fissa sul cubo dell’Io: Ilemerge cubo delunNoi vacilla e la Marchesa esce rapidamente dirigendosi verso clima di tensione. Il cubo del Noi vacilla e la Marchesa esce rapidamente dirigendosi verso cubo dell’Io. cubo dell’Io. La luce del ad intermittenza interrompe rimane fissa dirigendosi sul cubo dell’Io: IlLa cubo vacilla e la si Marchesa esceeerapidamente verso luce adNoi intermittenza si interrompe rimane fissa sul cubo dell’Io: emerge un clima di tensione. cubo dell’Io. emerge un clima di tensione. La luce ad intermittenza si interrompe e rimane fissa sul cubo dell’Io: emerge un clima di tensione.

GELOSIA

La Marchesa si trova all’interno del cubo Specchiandosi Madame finisce di dell’Io e finisceindiessa vestirsi uscendo sulla truccarsi mentre una luce dall’alto la scena (1).(2), Nel frattempo l’illuminazione segue. interna del cubo si spegne e la superficie 1. La Marchesa si dirige verso riflettente. il cubo del anteriore vetrata diviene 2 Relazioni pericolose luce Noi, tirandoiniin cavi lo posiziona sulla Specchiandosi essa Madame finisce di La Marchesa si trovasospeso all’interno del cubo scena, lasciandolo circa a un truccarsi (2), mentre una luce dall’alto la dell’Io e finisce di vestirsi uscendo sulla metro di altezza da terra; poi vi sale segue. scena sopra. (1). Nel frattempo l’illuminazione 2 interna cubo si spegne la seguiva superficie La luce del dall’alto che primaela si 1. La Marchesa si dirige verso riflettente. il cubo del anteriore vetrata diviene allarga illuminando tutto il cubodel delcubo Noi La Marchesa sii trova all’interno Noi, tirando cavi lo posiziona sulla Madame finisce di dell’Io elasciandolo finisceindiessa vestirsi uscendo .Specchiandosi scena, sospeso circa asulla un 2. Dal (1). cubo del Noi, Madame discute truccarsi (2), mentre una luce dall’alto la scena Nel frattempo l’illuminazione metro di altezza da terra; poi vi sale con il Visconte tramite chat, in segue. interna del cubo si spegne e la superficie sopra. 1. La Marchesa si dirige verso il cubo del sottofondo vi è un rumore di tasti che anteriore vetrata 2 La luce chediviene prima la riflettente. seguiva si Noi, tirando iincavi lo posiziona sulla simula il dall’alto discorso. 2 Specchiandosi essa Madame finisce di illuminando tutto delaNoi Ilallarga rifiuto del Visconte siil cubo riscontra nei scena, lasciandolo un truccarsi (2), mentresospeso una luce circa dall’alto la .metro di altezza movimenti del cubo. da terra; poi vi sale segue. 2. Dal cubo del Noi, Madame discute sopra. con il Visconte tramite chat, in 2 La luce dall’alto che prima la seguiva si 1. La Marchesa dirige versodiil tasti cubo che del sottofondo vi èsiun rumore allarga illuminando tutto il cubo del Noi Noi, tirando i cavi lo posiziona sulla simula il discorso. 2 .Ilscena, rifiuto del del Visconte si riscontra lasciandolo sospeso circadiscute a nei un 2. La DalMarchesa cubo Noi, Madame 1. scende dal cubo del Noi movimenti del cubo. metro ildi Visconte altezza da tramite terra; poi vi sale con chat, in e si dirige verso il cubo degli Altri. sopra. 1. Laluce Marchesa dirige verso cubo che del sottofondo vi èsiun diil tasti La prima ha rumore pari intensità su La luce dall’alto che prima la seguiva si Noi, tirando i cavi successivamente lo posiziona sulla simula il discorso. 2 entrambi i cubi, si allarga illuminando tutto delaNoi Il rifiuto delsulVisconte siil cubo riscontra scena, lasciandolo sospeso circa un affievolisce cubo del Noi finonei a .spegnersi. movimenti del cubo. metro di altezza da terra; poi vi sale 2. La Dal cubo del Noi, Madame discute 1. sopra.Marchesa scende dal cubo del Noi con il Visconte tramite chat, in e dirige verso ilche cubo deglilaAltri. LasiLa luce dall’alto prima seguiva si 2. 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Marchesa scende dal sul cubo del Noi 2 La La luce rimane direzionata cubo. e si dirige verso il cubo degli Altri. 2. Marchesa recita all’interno La Laluce prima entra ha e pari intensità su del cubo degli Altri, successivamente borbottando frasi di entrambi i cubi, si La Marchesa si trova all’interno del circostanza. cubo del Noi, seduta in maniera affievolisce sul scende cubo del cubo Noi del finoNoi a La Marchesa 2scomposta recita un monologo in1. La cui luce rimane sul cubo. parla direzionata di sè dal stessa e del spegnersi. e si dirige verso il cubo degli Altri. comportamento femminile. La luce prima ha pari intensità su La Marchesa entrasuccessivamente e recita all’interno La luce proveniente dall’alto è fissa 2. sull’attrice il resto della entrambi i lasciando cubi, si del cubo degli borbottando scena in penombra. affievolisce sulAltri, cubo del Noi frasi fino di a La Marchesa si trova all’interno del spegnersi. cubo del Noi, seduta in maniera circostanza. 2scomposta recita un monologo inLa cui luce rimane sul cubo. parla direzionata di sè stessa e del

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Il testo contiene riflessioni sulle valenze della luce in ambito performativo e sulle sue innovazioni nel teatro contemporaneo; presente già nella ricerca delle avanguardie, la luce ha mutato ruolo, offrendo inaspettati esiti spaziali, assunti come irrinunciabili opportunità drammaturgiche. Su questo tema contribuiscono trasversalmente alla scrittura scenica: i metodi di ri-mediazione letteraria e tecnologica e le trasposizioni per il teatro ed il cinema, trattati da esperti (Claudio Angelini, Elena Bucci, Anna Maria Monteverdi, Cristina Riccati, Stefania Rimini) che incrociano peculiarità della ricerca personale con aspetti drammaturgici e tecnologici, nell’ambito di un progetto didattico sul romanzo epistolare di Choderlos de Laclos: Les Liaisons dangereuses (1782).

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€ 10,00

Períactoi | Quaderni 02

«La rimediazione trova nella luce artificiale e nelle sue applicazioni, un orizzonte tecnologico innovativo ed in continua metamorfosi, con la cui virtualità i mezzi di comunicazione tradizionali non possono competere: in questo processo in cui i nuovi media si modellano a partire dalle caratteristiche e dalle finalità dei precedenti, i tradizionali sono costretti a ripensarsi sulla base delle innovazioni con cui continuamente vengono in contatto».


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