Fondazione La Triennale di Milano Consiglio d’Amministrazione / Board of Directors Claudio De Albertis, Presidente / President Mario Giuseppe Abis Giulio Ballio Renato Besana Ennio Brion Flavio Caroli Angelo Lorenzo Crespi Carlotta de Bevilacqua Alessandro Pasquarelli Collegio dei Revisori dei conti / Auditors Committee Emanuele Giuseppe Maria Gavazzi, Presidente / President Alessandro Danovi Salvatore Percuoco Direttore Generale / General Director Andrea Cancellato Comitato Scientifico Claudio De Albertis, Presidente / President Silvana Annicchiarico, Design, Industria e Artigianato Edoardo Bonaspetti, Arti visive e Nuovi Media Alberto Ferlenga, Architettura e Territorio Eleonora Fiorani, Moda Settore Affari Generali / General Affairs Maria Eugenia Notarbartolo Franco Romeo Settore Biblioteca, Documentazione, Archivio / Library, documentation, archives Tommaso Tofanetti Claudia Di Martino Paola Fenini Elvia Redaelli Settore Iniziative / Projects Department Laura Agnesi Roberta Sommariva Laura Maeran Carla Morogallo Violante Spinelli Barrile Alessandra Cadioli Ufficio Servizi Tecnici / Technical Services Alessandro Cammarata Cristina Gatti Franco Olivucci Luca Pagani Xhezair Pulaj Ufficio Servizi Amministrativi / Administrative Services Paola Monti Marina Tuveri
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Ufficio Stampa e Comunicazione / Press Office and Communication Antonella La Seta Catamancio Marco Martello Micol Biassoni Dario Zampiron Partner istituzionali / Institutional Partners
Fondazione Museo del Design Consiglio d’Amministrazione / Board of Directors Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Presidente / President Maria Antonietta Crippa Carlo Alberto Panigo Anty Pansera Direttore Generale / General Director Andrea Cancellato
Triennale di Milano Servizi Srl Consiglio d’Amministrazione / Board of Directors Mario Giuseppe Abis, Presidente / President Giulio Ballio Andrea Cancellato, Consigliere Delegato / CEO Organo di controllo / Supervisory Body Maurizio Scazzina Ufficio Servizi Tecnici / Technical Services Marina Gerosa Ufficio Servizi Amministrativi / Administrative Services Anna Maria D’Ignoti Silvia Anglani Isabella Micieli Ufficio Marketing / Marketing Valentina Barzaghi Olivia Ponzanelli Caterina Concone
Collegio Sindacale / Board of Statutory Auditors Salvatore Percuoco, Presidente / President Maria Rosa Festari Andrea Vestita Comitato scientifico /Scientific Committee Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Presidente Silvana Annicchiarico Mario Bellini Anna Calvera Pierre Keller Alessandro Mendini Triennale Design Museum Direttore / Director Silvana Annicchiarico Producer attività museo / Museum Activities Producer Roberto Giusti Ricerche museali / Museum Research Marilia Pederbelli Collezioni e Archivio del Design Italiano / Italian Design Collections and Archives Giorgio Galleani Ufficio iniziative / Projects Department Maria Pina Poledda Ufficio stampa e Comunicazione / Press and Communication Damiano Gullì Attività Triennale Design Museum Kids / Triennale Design Museum Kids Activities Michele Corna Logistica / Logistics Giuseppe Utano Laboratorio di Restauro, Ricerca e Conservazione / Restoration, Research and Preservation Laboratory Barbara Ferriani, coordinamento / coordination Rafaela Trevisan
INDICE
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La Triennale di Milano, Claudio De Albertis
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ITI Carlo Bazzi, Gianpaolo Fantin, Alem Gracic
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Senza Pericolo!, Federico Bucci
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Cavezzo Città Sicura, Claudia Tinazzi
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Nuovi Centri, Massimo Ferrari
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Centri Scolastici, Alberto Ferlenga
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Radicare/Rifondare. Idee per il centro civico, Emanuele Fidone, Angelo Barone
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Case, tecnica e ragione delle forme, Carlo Moccia
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Ricostruzione e identità, Paolo Zermani
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Il modello del progetto per un nuovo luogo centrale a Cavezzo
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Ricerche, Claudia Tinazzi
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Riflessione sull’alternativa tra ricostruzione e prevenzione, Stefano Della Torre
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La conservazione della memoria, Matteo Agnoletto
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Ricostruire in contesti storici, Angelo Torricelli
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Interno perduto. L’immanenza del terremoto, Giovanni Chiaramonte
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Colophon progetti
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English abstracts
CAVEZZO, CITTà SICURA
Cavezzo Città Sicura è il tentativo concreto di verificare attraverso un progetto urbano per il nuovo centro della città emiliana, la possibilità di costruire nuovi centri sicuri che abbiano la capacità di trasmettere fiducia, di favorire la sicurezza anche quando non è possibile prevedere il pericolo. Un lavoro collettivo, corale, una ricerca condivisa, nata dal desiderio di proporre all’interno della mostra “Senza Pericolo!” un punto di vista progettuale che, memore di ciò che la storia ha lasciato nel continuo susseguirsi di eventi catastrofici e ottimistiche ricostruzioni, proponga una soluzione originale, per aprire oggi un possibile dibattito. Crediamo, la storia della Triennale di Milano spesso l’ha dimostrato, che all’interno di ogni mostra di architettura organizzata da questa centrale istituzione milanese ci dovrebbe sempre essere un momento di progetto, un esempio concreto e contemporaneo per verificare, nell’attualità delle circostanze contingenti, i temi e le questioni esposte in qualche modo mettendoli alla prova; crediamo quindi che ogni mostra potrebbe arricchirsi, quando possibile, di un momento attuativo, profondamente operativo, un esempio per sperimentare tutto quello che, con coerenza, si è deciso di presentare. Il tema scelto, nell’occasione legato alla sezione Ricostruzioni, ha permesso di confrontarci con un tempo abbastanza recente, una catastrofe che ha sconvolto l’Italia appena un anno fa e con una realtà molto precisa, Cavezzo, un paese di dimensioni molto piccole rispetto agli altri centri che in Emilia sono stati distrutti. Abbiamo scelto Cavezzo oltre che per l’effettiva necessità di ripensare l’intero centro quasi completamente inagibile, proprio per la mancanza di una storicizzazione forte che facesse riconoscere delle parti unitarie, quasi intoccabili. La lettura della storia che ha segnato il territorio ha guidato le nuove scelte compositive per un piccolo progetto urbano costringendo la ricerca dei valori più importanti, più condivisi, da confermare in una nuova idea fondativa: una scuola, una chiesa, un centro civico e le case per una nuova centralità. Abbiamo affidato ciascuno di questi temi a quattro architetti, la cui scelta è stata condizionata da molte ragioni, non ultimo il fatto che condividiamo con loro un modo di affrontare il nostro mestiere tra ricerca e responsabilità civile; forse la scelta puntuale è dovuta al fatto che li accomuna una generazione di lavoro alla quale crediamo sia importante riconoscere le specificità. Allo stesso modo il tema proposto a ciascuno è stato un tema che, negli anni passati, i quattro architetti hanno fatto loro, riuscendo a costruire opere simili, un tema sul quale hanno riflettuto, un tema di cui ci hanno parlato con profondità. Claudia Tinazzi
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NUOVI CENTRI Massimo Ferrari
Dover ricostruire città, piccoli centri urbani o grandi quartieri, ricucire ferite del terreno segnato dalle catastrofi, colmare vuoti che spesso hanno cancellato luoghi, memorie e ricordi, immaginare nuovi centri sicuri che abbiano la capacità di trasmettere fiducia. Abbiamo cercato di dimostrare, con questo progetto, che tra costruzione e ricostruzione non c’è in fondo nessuna differenza o comunque che vi è una differenza minima, spesso imprecisata; i temi che deve affrontare la ricostruzione rispetto alla costruzione sono gli stessi; forse è solo la prospettiva a cambiare. La costruzione infatti quando è coerente con il contesto che critica e con il quale si confronta è una costruzione che ha un tempo lungo di riferimento perché i rapporti tra le parti sono storicizzati, hanno in qualche modo una prospettiva antica che pian piano cresce e arriva fino ai giorni nostri. Dall’altra parte nella ricostruzione l’unica differenza è quella che la memoria oltre ad avere questa storicizzazione ha anche una prospettiva breve, è una memoria che è stata tradita, lacerata, distrutta, sbiadita. In questo caso la ricostruzione, quando è coerente, deve dar conto anche di questa memoria breve, deve farla sua, assieme alla memoria storica. Tanti esempi concreti nella storia dell’architettura e della città, da Lisbona a Chicago, da Messina a San Francisco, nella prospettiva lunga fanno perdere ai nostri occhi l’attimo drammatico della catastrofe e ci fanno capire come in alcuni casi la catastrofe possa essere stata motore di progresso portando una crescente modernizzazione. Alle volte nel nostro mestiere discipline affini all’architettura, la letteratura ad esempio come in questo caso, ci possono aiutare ad immaginare un programma ideale, a guardare con la giusta distanza e astrazione la materia del nostro progetto e il senso più profondo che gli vogliamo attribuire. Italo Calvino, ancora una volta, ci fa riflettere: nel Castello dei destini incrociati scritto nel 1973 immagina di costruire la trama di un romanzo, e quindi la sua struttura, con dei tarocchi; attraverso associazioni casuali di carte. Possiamo dire, proprio all’interno di questa idea di interdisciplinarità, che la struttura di una città e la trama di un romanzo siano termini intercambiabili. Il terremoto, il destino del terreno che cambia, crea relazioni diverse, nuove, che fino al giorno prima non esistevano; crea uno scompiglio di carte, a cui un progetto deve tentare di dare una maglia, un tessuto, un ordine. Nel descrivere questo testo Calvino scrive: “Di esse ho ritenuto soprattutto l’idea che il significato di ogni singola carta dipende dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e che la seguono; partendo da questa idea mi sono mosso in maniera autonoma secondo le esigenze interne al mio testo”. Nella quarta di copertina, nella nota che aggiunge nel 1973, dice: “quando le carte affiancate a caso mi davano una storia in cui riconoscevo un senso mi mettevo a scriverla”. Dunque, la cosa più interessante di poter rilavorare su un testo già scritto, A fianco: Massimo Ferrari, Claudia Tinazzi, Studi per un nuovo luogo centrale. Cavezzo 2013, disegni di studio 17
CENTRI SCOLASTICI Alberto Ferlenga
Il mio intervento riguarda due progetti di scuole, la prima realizzata a Mirandola, prima del terremoto, la seconda progettata per Cavezzo su invito di Massimo Ferrari, dentro al piano elaborato da lui in occasione della mostra “Senza pericolo” organizzata dalla Triennale di Milano. I progetti mi permettono di accennare ad alcune questioni. Eviterei quelle che rischiano di risultare generiche o alla moda, per esempio la sicurezza o l’“intelligenza” che le città future –rigorosamente con prefisso SMART– dovranno conseguire. Penso che questo sia una discussione inutile. Che le buone architetture contemporanee debbano essere sicure, debbano, cioè, offrire tutte le garanzie di sicurezza rispetto a possibili livelli di rischio o alle difficoltà d’uso, dovrebbe essere un fatto scontato. E dovrebbe essere un dato acquisito anche che le città cerchino il più possibile di predisporsi all’ integrazione con le nuove tecnologie, ai fini di un loro utilizzo più razionale, economico e democratico. Da adeguamenti di questi tipo, però, non esce automaticamente alcuna garanzia nei confronti della qualità formale di edifici o spazi pubblici, conseguire la quale dovrebbe essere compito specifico degli architetti. Insomma, le architetture e le città possono essere brutte e bruttissime anche dopo aver assolto, al massimo grado, a tutti i compiti che sono loro imposti dalle norme di sicurezza o aver sfruttato tutte le opportunità di adeguamento tecnologico. Come sempre tra funzione ed estetica non c’è relazione diretta. Altre questioni potrebbero avere invece maggior interesse, ad esempio come il disastro sia tornato ad essere presenza quotidiana nella realtà di un tempo come il nostro il cui riferimento ambientale è ormai il pianeta intero. Il disastro della guerra, le conseguenze delle mutazioni climatiche, i terremoti, divulgati nei minimi dettagli, offrono una somma di catastrofiche diversità che sollevano questioni nuove, oppure semplicemente, a lungo rimosse. Siamo poco abituati a cambiamenti geografici che non siano predeterminati dalla mano dell’uomo e quando un evento di questo tipo si manifesta ci accorgiamo che la geografia si modifica di colpo e la storia rischia la cancellazione di parti importanti. C’è a questo proposito un frammento molto bello dei diari di Ernst Jünger che, passando nel 1943, in treno, accanto alle città tedesche distrutte dalla guerra, scrive: “terre vinte, ci donano le stelle”, da intendersi sia nel senso di una rivelazione della natura, prima occultata dagli edifici, che in quello di una nuova occasione di ricostruzione. Ma anche riguardo a quest’ultima possibilità vi è il forte rischio che su una distruzione se ne innesti un’altra, che la distruzione primaria, creata dalla guerra o dalla natura sia poca cosa rispetto a quella successiva originata da ricostruzioni improvvide. Ciò ci riporta ad un tema più puntuale: le responsabilità del “dopo disastro” quando in nome dell’emergenza si rischia di moltiplicare gli effetti della distruzione se non si considera che ogni ricostruzione è sempre un evento A fianco: Alberto Ferlenga con Alberto Gozzi, Filippo Orsini, Claudio Conter, Idee per una scuola, 2013 disegni di studio 29
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copertura
uffici - sala giunta - sindaco
sala consiglio
rampa
spazio pubblico coperto
sala polivalente
biblioteca - emeroteca
A fianco in alto: il centro civico di Cavezzo in relazione all’impianto generale della piazza; viste tridimensionali del centro civico con i fotomontaggi dell’intervento di A. Barone Sopra: esploso assonometrico del centro civico di Cavezzo A fianco sotto: veduta de passaggio aereo nella sala polivalente; vista dell’edificio da sud-ovest Sopra: veduta della corte interna con la rampa d’ingresso 43
Case a schiera con patio a Rutigliano (2002/2005)Â Carlo Moccia con Luca Labate, Marialaura Polignano e Gabriella Dentamaro Sotto:Â particolare del fronte di una casa A fianco: vista generale delle case a schiera
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INTERNO PERDUTO. L’IMMANENZA DEL TERREMOTO Giovanni Chiaramonte
A fianco: Medolla, Modena, 2012 Sotto: Chiesa di Sant’Egidio Abate, Cavezzo, Modena, 2012 Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista, Cavezzo, Modena, 2012
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