LA CASA IDEALE
PROGETTI DOMESTICI PER «DOMUS»
DAL 1928 AL 1945
149
Collana Alleli / Research
Comitato scientifico
Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa)
Nicola Flora (ICAR 16, Napoli)
Antonella Greco (ICAR 18, Roma)
Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa)
Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia)
Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)
I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review
ISBN 978-88-6242-821-7
Prima edizione Gennaio 2023
© LetteraVentidue Edizioni
© Viviana Saitto
È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.
Gli elaborati grafici presenti in Viaggio ideale sono stati realizzati con la collaborazione di Nunzia Ambrosino, Dario Manzo, Maria Masi e Antonio Stefanelli.
I disegni che introducono i capitoli del libro, di Dario Manzo, sono l’interpretazione di noti schizzi di Gio Ponti (p. 14 e p. 125), Bernard Rudofsky (p. 22 e p. 118) e Lina Bo Bardi (copertina, p. 12, p. 30 e p. 36).
Book design: Stefano Perrotta
LetteraVentidue Edizioni S.r.l.
Via Luigi Spagna 50 P
96100 Siracusa
www.letteraventidue.com
Il volume è stato realizzato grazie al contributo del DiARC, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II
LA CASA IDEALE
PROGETTI DOMESTICI PER «DOMUS» DAL 1928 AL 1945
Introduzione
Paolo Giardiello
Premessa
Domesticità ideali
Il ruolo dell’editoria di settore nella costruzione dello spazio domestico
Mediterraneo ideale
Le case-giardino di Gio Ponti e Bernard Rudofsky
Paesaggi ideali
Mito e mediterraneo nelle case illustrate da Lina Bo (Bardi) e Carlo Pagani
Case ideali
Quindici sperimentazioni ideali per «Domus»
Viaggio ideale
Spazi domestici per «Domus» dal 1928 al 1945
01. Villa alla pompeiana – Gio Ponti
02. Villa per Positano – Luigi Cosenza, Bernard Rudofsky
03. Casa per l’isola di Procida – Bernard Rudofsky
04. Casa per le vacanze – Gio Ponti, Bernard Rudofsky
05. Casa al mare – Gio Ponti
06. Piccola casa ideale – Gio Ponti
07. Casetta al mare – Gio Ponti
08. Due casette al mare – Gio Ponti
09. Torre nella pineta marina – Gio Ponti
10. Casa piccolissima al mare per sei letti – Gio Ponti
11. Casetta allungata sulla riva – Carlo Pagani, Gio Ponti
12. Altra casina al mare – Carlo Pagani, Gio Ponti
13. Casa sul mare di Sicilia – Lina Bo, Carlo Pagani
14. Grande casa al mare – Fabrizio Clerici
15. Casa ideale – Enrico Peressutti
16. Casa ideale – Gian Luigi Banfi
17. Casa ideale – Lodovico Belgiojoso
18. Casa ideale – Marco Zanuso
19. Casa dell’anonimo – Ernesto Nathan Rogers
20. Casa ideale – Giulio De Luca
21. Casa del pescatore – Ottorino Aloisio
22. Casa che si potrebbe avere – Irenio Diotallevi, Francesco Marescotti
23. Casa del mio sogno – Carlo Cocchia
24. Casa per la famiglia cristiana – Cesare Cattaneo
25. Casa ideale – Agnoldomenico Pica
26. Casa di campagna – Carlo Mollino
27. Casa sul mare – Giovanni Romano
28. Casa ideale per un architetto e un fantasma – Federico Latini
29. Casa di campagna – Angelo Bianchetti, Cesare Pea
INTRODUZIONE
Questo libro, al di là del suo valore teorico, critico, storico e di analisi, fa riflettere. Fa riflettere, oltre i temi specifici trattati, sul portato teorico e culturale dell’architettura, su quello che ha rappresentato nel recente passato, e su cosa significhi per la società attuale.
Il racconto sviluppato dall’autrice, a partire da una esperienza precisa, quella di una delle principali riviste del settore in un momento storico particolarmente delicato, chiarisce il ruolo scientifico, culturale, artistico, politico e sociale dell’architettura e degli architetti che la praticano e la promuovono, del mondo che intorno ad essa si sviluppa (l’edilizia, la produzione, le riviste, le mostre, le mode) e di come venga recepita dalla società che la interpreta, fruendola. Tutto ciò non può che fare riflettere su come il ruolo di tale disciplina sia cambiato in poco meno di un secolo e, di conseguenza, quanto sia importante conoscere e studiare certi episodi.
L’architettura, infatti, quando svolge il suo ruolo più profondo, non è mera manifestazione dei tempi e dei costumi, ma li promuove, li suggerisce e li indirizza, ha cioè la capacità di percepire e interpretare – in anticipo – le variazioni culturali e di costume in fieri, costruendo gli strumenti e le condizioni per innescare i cambiamenti e le innovazioni a livello individuale e collettivo. Attualmente non sempre esprime tale attitudine, limitandosi ad un ruolo marginale, talvolta di nicchia, apparendo, tra le espressioni umane, quella che più di altre è costretta a inseguire, piuttosto che a prevedere, i cambiamenti dovuti alle innovazioni tecnologiche o alle mutazioni della società. Il racconto della “casa ideale” proposto da questo volume, la riflessione cioè su modi e strategie per giungere
alla costruzione di forme d’abitare in linea con i tempi, sottolinea proprio la capacità dell’architettura di immaginare soluzioni capaci di assecondare ed esprimere stili di vita non ancora definiti o standardizzati, non solo attraverso la “forma costruita”, ma anche mediante i canali di divulgazione e comunicazione che le sono propri: le riviste, i cataloghi, le mostre, le fiere.
Proprio sul ruolo delle riviste e delle esposizioni l’esperienza descritta nel presente lavoro mette in evidenza alcune differenze con la conteporaneità. Oggi, prevalentemente, la comunicazione si limita all’attualità, alla novità, mostra ciò che “si fa”, espone o pubblica opere progettate o realizzate secondo tematiche che, di volta in volta, appaiono di interesse. Sempre meno è dato spazio ad una riflessione su ciò che potrà essere e quindi che “si farà”. Il valore di riviste come «Domus», «Casabella», «Stile», «Metron» o «Spazio» negli anni della presente ricerca non era solo quello di presentare i progetti costruiti ma anche di aprire un dibattito e un confronto, talvolta addirittura uno scontro tra opinioni divergenti, sulle ricerche in architettura, di esporre soluzioni originali e inedite, di comunicare riflessioni e suggestioni sui possibili sviluppi della disciplina. Analogamente manifestazioni come le Triennali di Milano (in particolare dalla IV alla VIII) hanno rappresentato il luogo della sperimentazione, della ricerca di caratteri capaci di rispondere alle esigenze della società in evoluzione e cambiamento, hanno permesso di conoscere e sperimentare soluzioni innovative. Esposizioni destinate non solo ad esperti o cultori del settore ma aperte ad un pubblico vasto e, soprattutto, capaci di interessarlo, di coinvolgerlo. Allestimenti e proposizioni di nuove soluzioni abitative visitabili, fruibili, confrontabili e quindi attrattive per una ampia utenza interessata, più che al mero dibattito culturale, alle ricadute pratiche sulla vita quotidiana.
Questo perché, in quel periodo storico, l’architettura svolgeva appieno il suo ruolo di disciplina dal valore sociale, non interessandosi solo a “costruire edifici”, ma piuttosto a predisporre e definire, con cura e attenzione, i “luoghi dove vivere”, dallo spazio urbano agli arredi, agli oggetti, alle finiture, al verde, agli strumenti e utensili, fino agli abiti e alle arti. Libera da pregiudiziali steccati di specialismi settoriali l’architettura si faceva carico di coordinare e governare tutti
MEDITERRANEO IDEALE
LE CASE-GIARDINO DI GIO PONTI
E BERNARD RUDOFSKY
Il Mediterraneo insegnò a Rudofsky, Rudofsky insegnò a me»1: è così che Ponti dichiara, senza possibilità di equivoco, l’importanza che il Mediterraneo e Bernard Rudofsky hanno avuto sul suo modo di intendere il progetto.
L’influenza dell’architetto non è solo rintracciabile nella Villa Marchesano a Bordighera (1938) esempio costruito di quanto teorizzato in Una villa alla pompeiana (1934) [>1] – coeva del Progetto per una casa sull’isola di Procida (1937) [>3] e chiaramente ispirata al Progetto per una villa a Positano… e altri lidi (1937) [>2] realizzato con Luigi Cosenza –, è visibile nei progetti di case ideali pubblicati dagli inizi degli anni Trenta fino alla fine degli anni Quaranta su «Domus» e in un particolare modo di concepire e rappresentare l’architettura.
Fulvio Irace definisce gli esperimenti e gli scritti prodotti in questo periodo come un virus capace di trasmettere «febbre mediterranea»2. I testi di Le Corbusier, e in particolare la descrizione della casa Vismara a Capri pubblicata sulle pagine di «Domus» nel 19363, la ricerca di Giuseppe Pagano e Guarniero Daniel presentata con la Mostra dell’Architettura
Rurale nel bacino mediterraneo alla VI Triennale di Milano (1937), hanno sicuramente influenzato gli esperimenti dei due architetti e di molti altri in questo periodo.
Le case progettate da Ponti e Rudofsky sono uno strumento di evasione dalla vita cittadina, sono il tentativo di aprire l’architettura «alle espressioni del naturale, del fantastico, del sentimentale, dell’arte come valori sottratti all’ingiuria del tempo e alle angustie della contemporanea congerie politica»4
È per l’essere umano, infatti, che i due architetti immaginano spazi dedicati all’ozio, al «conforto»5, in continuità con la natura; caratterizzati da una estrema semplicità che è il raggiungimento di un «lusso dello spirito»6 e da pochi arredi in grado definire l’uso dello spazio. In queste abitazioni tutti i filtri tra essere umano e natura sono infatti aboliti, i serramenti scompaiono e la casa è una manipolazione del paesaggio circostante.
Se le ville progettate da entrambi negli anni Cinquanta sono la manifestazione di una vera e propria “teoria naturale”, le stanze per l’Hotel San Michele a Capri (1938) e i successivi progetti di case al mare, sono passaggi obbligatori di un complesso percorso. Rudofsky e Ponti immaginano “trappole” che catturano il panorama e i movimenti dell’uomo: case invase dal verde – vegetale, tessile e minerale – in cui
CASE IDEALI
QUINDICI SPERIMENTAZIONI IDEALI
PER «DOMUS»
el 1942, sotto la direzione di Massimo Bontempelli, Guglielmo Ulrich e Melchiorre Bega e nel pieno del secondo conflitto mondiale – definito dalla redazione uno «strano momento d’ozio»1 per i progettisti –, «Domus» invita gli architetti a immaginare la propria casa ideale, «a disegnare l’impossibile, a spinger, così come dovesse esser attuata, la visione al punto dove, appena vista, ne nasce la nostalgia, come di cosa già perduta, irrimediabilmente»2.
All’invito rispondono in diciassette: I BBPR (Ernesto Nathan Rogers scrive in anonimo a causa delle leggi razziali fasciste), Marco Zanuso, Giulio De Luca, Ottorino Aloisio, Carlo Cocchia, Casare Cattaneo, Agnoldomenico Pica, Carlo Mollino, Giovanni Romano e Federico Latini presentano progetti individuali, Irenio Diotallevi e Francesco Marescotti e Angelo Bianchetti e Cesare Pea, due progetti cofirmati. La proposta editoriale della rivista è interessante: spingere l’immaginazione verso il desiderio, sognare proposte che possano essere un domani risposta a urgenti esigenze; descrivere e rappresentare il proprio spazio ideale, liberi da regole, in un contenuto numero di pagine. I contributi sono molto differenti tra loro, sia dal punto di vista degli elaborati grafici, assolutamente non omogenei, sia dal punto di vista dei testi che li accompagnano: schemi costruttivi, piante, schizzi prospettici, dettagli e sequenze di montaggio sono arricchiti da descrizioni che variano dalle riflessioni sull’abitare e sul ruolo dello spazio domestico in città, da informazioni su cromatismi e materiali a meticolose indicazioni funzionali.
Le case proposte non sono, come quelle descritte nelle pagine precedenti, rappresentazione di un’ideale abitativo replicabile, soggetto a infinite variazioni. Progettare la casa dei propri sogni invita a una riflessione sulle proprie esigenze e sul modo in cui, idealmente, si immagina l’abitare futuro.
La costruzione dello spazio domestico, in generale, deve soddisfare molteplici esigenze, psicologiche, spaziali, relazionali oltreché artistiche e questa è una difficile sintesi che può essere perseguita solo attraverso l’appropriatezza di forme e significati dei singoli luoghi. Interessante è quando abitante e architetto coincidono. Lo spazio non è mera esercitazione formale, ma sintesi della sua umanità e di una più generale concezione di vita del progettista, che diviene oggetto per eccellenza della ricerca dei luoghi domestici, perché espressione libera della cultura dell’abitare3
BERNARD RUDOFSKY
CASA PER L’ISOLA DI PROCIDA
1938
La casa per l’isola di Procida è un’abitazione progettata per una donna e un invito al contatto con la terra. Il titolo del “commento” a questa nota opera – «non ci vuole un nuovo modo di costruire ma un nuovo modo di abitare» –nonché l’epigrafe firmata da William Morris – «come la gente può aspettarsi una buona architettura finché veste tali abiti» – sono espressione di un nuovo modo di intendere la casa, non monumentale, mediterranea, estensione domestica della natura e del paesaggio.
Anche questa abitazione è metafora di uno stile di vita libero, come si evince dalla descrizione degli indumenti degli ideali residenti, e dal riferimento alla domus romana, evidente nel distributivo e nella configurazione di alcuni spazi interni. I due soggiorni (chiuso e aperto), chiara interpretazione del triclinium, caratterizzati dalla presenza di un sistema di confortevoli sommier, consentono a figure umane – abbigliate come antichi romani – e altri esseri viventi di soggiornare liberamente.
La sala da bagno è un ampio ambiente libero in cui la vasca è incassata nel pavimento. Un luogo in cui prendersi cura di se stessi, illuminati dalla luce del mattino e in contatto visivo con il patio. Il bagno occupa una posizione centrale rispetto a due ambienti attigui. Da un lato è presente lo spazio dedicato ai servizi igienici – opportunamente isolato e raggiungibile anche dalla stanza per l’ancella –, dall’altro, l’area spogliatoio, annessa al luogo del riposo: un grande, soffice giaciglio, aperto sul panorama, coperto da un baldacchino di garza per proteggere dagli insetti.
GIO PONTI
PICCOLA CASA IDEALE 1939
È per le coste della Dalmazia o per una delle rive del Golfo di Napoli che Ponti immagina questa piccola casa per weekend, forse la più nota delle abitazioni ideali concepite dall’architetto. Una casa dai muri bianchi, realizzabili in porcellanite – nel caso in cui il budget lo consenta – o più semplicemente in intonaco e all’interno densa di colori: una «[…] piccola architettura ideata con invenzione da pittore e per creare alla presenza umana un vago scenario, ed all’occhio un pronto spettacolo». È così che alle pavimentazioni in maiolica, dai disegni più svariati, e al colore e le texture del soffitto, si contrappongono le “napoletane”, dipinte con veri e propri trompe o’leil, e superfici dai cromatismi forti. Il salone centrale, anche in questo caso aperto sul panorama, è caratterizzato da pochi arredi mobili, quali un letto/divano, poche sedie, un tavolo da pranzo. Un ambiente flessibile, una grande piazza, aperta a potenziali usi, che funge da spazio di smistamento a i piccoli ambiti più privati. La cucina, caratterizzata da un piano cottura di esigue dimensioni, e lo spazio dedicato al lavabo e i servizi igienici sono isolati dalle altre funzioni. Lo spazio letto e la vasca da bagno, invece, sono direttamente collegati al soggiorno. Il primo è un alcova accogliente, isolabile mediante la presenza di una tenda, la seconda, è una conca nel pavimento in bilico tra interno ed esterno.
LINA BO CARLO PAGANI CASA
SUL MARE DI SICILIA 1940
La casa sorge su un promontorio selvaggio, battuto dal mare e dal vento; una terra aspra, ricca di agavi e ulivi. Un lungo muro bianco limita una porzione di territorio e definisce un recinto sacro al centro del quale si erge un volume cubico, altrettanto bianco, con patio centrale, circondato da un giardino esotico. Un lago e un piccolo padiglione, completano la composizione.
Il piano terra dell’abitazione è dedicato ai servizi (autorimessa, servizio, lavanderia, cucina, cisterna in corrispondenza del patio), dal ricovero per barche e dal lungo pontile che dà a mare. Attraverso una scala è possibile raggiungere il patio, cuore dello spazio domestico, in cui il mito del Mediterraneo si manifesta nei muri rosso scarlatto, in netto contrasto con il bianco della testa di cavallo e della volta aperta sul giardino pensile. Attorno al grande vuoto centrale si articolano gli spazi di vita quotidiana: a sud si apre un grande ambiente, che guarda verso il mare e il vulcano, adibito a soggiorno, caratterizzato da una zona pranzo collegata direttamente alla cucina e dalla presenza di divani per il riposo degli ospiti che ricordano quelli già sperimentati e proposti da Ponti e Rudofksy. A est sono presenti i servizi e lo spazio dedicato al «sonno» con annesso spogliatoio. Pochi arredi occupano gli interni di questa abitazione, concepita «come un riparo», come un grande spazio libero, pronto ad accogliere gesti e abitudini dei residenti. Al piano superiore è presente un giardino pensile a cui è possibile accedere dalla terrazza prospiciente il soggiorno. Un luogo in cui è possibile godere del panorama circostante, sostare nel solario o all’ombra della vela.
FABRIZIO CLERICI GRANDE CASA AL MARE
1940
M. d. G., Una grande casa al mare, in «Domus», n. 152, 1940, pp. 36-40.
Il progetto di Clerici è l’ultimo esempio di casa al mare proposto per il numero estivo del 1940. Una casa «marina», tipicamente mediterranea, destinata alle coste della Campania o della Sicilia. Fondamentale nel progetto è l’uso del verde. L’abitazione gode di un privilegiato rapporto con la natura, con cui dialoga costantemente, grazie a un sistema di giardini cinti da muri, veri e propri hortus conclusus, in grado di circondarla. La presenza del verde rende la casa particolarmente confortevole dal punto di vista climatico e caratterizza lo spazio ancor più dell’arredamento. È interessante notare come nella descrizione che accompagna i disegni del progettista, non vi sia nessuna annotazione di carattere distributivo, ma tutto sia incentrato sulla presenza della vegetazione e delle relazioni cromatiche che questa è in grado di instaurare con il soffitto, dipinto di blu intenso, le maioliche colorate, i tendaggi a strisce, i toni forti del divano e delle poltrone. Ulteriori annotazioni sono relative alle porte – telai che contengono pannellature in paglia intrecciata, raffia o bambù, con cui sono realizzati anche i frangisole della grandi vetrate – alle ante degli armadi – realizzati con tessuti di lino decorati – e in merito alle opere d’arte esposte, presenti anche nelle sezioni che documentano il progetto. Il piano terra è caratterizzato da un ampio soggiorno a doppia altezza, cucina, bagno e tre camere da letto dotate di servizi privati. Al piano superiore si accede attraverso la scala posta nel soggiorno e da una a chiocciola, più piccola, che dai servizi conduce al guardaroba e alla stanza destinata alle persone di servizio. Il ballatoio di smistamento, che consente di accedere alle tre camere da letto, anche in questo caso dotate di servizi, è attrezzato per consentire la sosta e la conversazione. Da qui non è solo possibile godere della vista sullo spazio di soggiorno sottostante, ma anche del panorama e della vegetazione all’introno. Come i disegni di Ponti, quelli di Clerici presentano numerose annotazioni, appunti, trascritti in maniera curvilinea, quasi a voler ricordare le onde del mare. Alcuni descrivono le caratteristiche dello spazio, le funzionalità, i materiali, altri i punti di vista privilegiati.
LODOVICO BELGIOJOSO CASA IDEALE 1942
17
La casa proposta da Belgiojoso è progettata per sé, sua moglie e quattro figli, in territorio alpino. Anche in questo caso gli spazi immaginati, ben definiti, instaurano una forte relazione con la natura del luogo; la configurazione interna dell’abitazione, infatti, favorisce la vita all’aperto e il rapporto con l’esterno.
Tre corpi principali, sospesi e distanziati, accolgono lo spazio del soggiorno, gli ambiti letto e i servizi. I blocchi definiscono un sopra e sotto, più che un esterno e un interno, favorendo lo svolgimento di alcune attività all’aperto, protetti dal sole, dalla pioggia e dal vento. Lo sviluppo dell’abitazione è quindi verticale: il piano più basso è occupato dal soggiorno, la parte alta dai servizi, quella di mezzo dalle camere da letto e uno studiolo su soppalco. Fatta eccezione del soggiorno, gli ambienti sono ridotti al minimo, pensati per le «pure necessità biologiche e meccaniche» e i tetti, collegati tra loro, sono ampi “giardini” pensili utili allo svolgimento della vita collettiva a mezz’aria. Il risultato è visionario: attraverso sistemi di collegamento leggeri è possibile raggiungere la sommità dei volumi e osservare le catene montuose che caratterizzano il territorio, presenti in tutte le rappresentazioni proposte dall’architetto.
Nella descrizione del progetto poche sono le indicazioni relative agli spazi interni dell’abitazione, molte quelle di natura tecnica. Sei pali a traliccio controventati e collegati tra loro da cavi in acciaio sostengono attraverso tiranti secondari, attaccati ai tratti delle funi portanti, i corpi principali, simili a dei ponti sospesi. Il risultato è una struttura portante entro cui si collocano i volumi che accolgono le funzioni interne, limitati da pannelli pieni, a finestra o a porta, modulari e facilmente assemblabili, come quelli proposti da Banfi. Questa abitazione, così come le precedenti, oltre a rappresentare domesticità ideali, offrono un contributo fondamentale sul tema della standardizzazione e della prefabbricazione evidentemente cari allo studio BBPR in questo particolare momento storico.
GIOVANNI ROMANO CASA SUL MARE 1943
La casa al mare è un’operazione di recupero di uno storico stabilimento balneare, collocato ai confini delle Cinque Terre, nella Riviera Ligure, luogo di approdo e alloggio improvvisato dell’architetto, durante un emergenza in mare dovuta all’avaria della sua barca.
Dopo aver abitato per una notte lo spazio, Romano ne ha immaginato la trasformazione, fornendo ai lettori di «Domus» le necessarie coordinate per raggiungerlo.
La pianta è dotata di tre corpi su palafitta, collegati da un pontile che si spinge fino a mare. La configurazione dello spazio ha consentito di dividere le funzioni in zona giorno, servizi e zona notte.
102-103.
Se il soggiorno è pensato come un grande ambiente aperto, con tavolo da pranzo e sedie a sdraio, dotato di una terrazza con scala per la discesa a mare, gli altri spazi sono caratterizzati da sistemi di attrezzature in grado di suddividerli in più funzioni.
La zona notte accoglie infatti una camera da letto matrimoniale, due singole e un bagno, tutte autonome e accessibili dal pontile, mentre il volume dedicato ai servizi, prevede un ampio ambito dedicato allo studio, cucina e una stanza di servizio.
Dalla prospettiva e dal prospetto presentato, si evince un radicale cambiamento nelle facciate esterne. La nuova architettura, infatti, presenta una volumetria pulita e razionale, molto lontana dall’originaria, in «stile ferroviario pre-umbertino» rappresentata dal progettista.