INDICE 06
L’ARCHITETTURA COME LINGUAGGIO DI PACE Da utopia a tipologia edilizia per il terzo millennio: centri multiculturali di condivisione religiosa Guendalina Salimei
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IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI È UN UTOPIA? Leonardo Servadio
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IL DIALOGO E LA COLLABORAZIONE TRA CONFESSIONI E RELIGIONI don Cristiano Bettega
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LUOGHI DI CULTO NELLO SPAZIO URBANO DELLA SUPERDIVERSITÀ Maria Chiara Giorda, Sara Hejazi
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SPAZI APERTI PER IL DIALOGO Cristina Imbroglini
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SACRO INTERNO Invarianti di forma negli spazi di culto Anna giovannelli
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QUALE IMPIANTO ICONOGRAFICO PER LE TRE RELIGIONI MONOTEISTICHE? Mons. Fabrizio Capanni
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DA UN PAESE DI CHIESE AD UN PAESE MULTICULTURALE La necessità di luoghi di culto appropriati, l’esempio della città di Milano Mons. Giancarlo Santi
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LA POSIZIONE DELLE COMUNITÀ EBRAICHE IN ITALIA Sira Fatucci
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LA SINAGOGA Sergio Amedeo Terracina
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LA MOSCHEA Dialogo istituzionale ed urbanistico per il luogo di culto in Italia. ‘Abd al-Sabur Turrini
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LA MOSCHEA DI ROMA Un progetto e un programma edilizio “condiviso” Luca Ribichini
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LUOGHI DI CULTO INTERCONFESSIONALI Ad aula unica iconica Ad aula unica aniconica Ad aule separate Centri interconfessionali di cultura e condivisione Chiese simultanee e Chiese ospitali
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LUOGHI MONOCONFESSIONALI Culto cristiano Culto ebraico Culto islamico
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PER UNA TASSONOMIA DEI LUOGHI DI CULTO Stefano Mavilio
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BIBLIOGRAFIA CREDITS BIOGRAFIE
L’ARCHITETTURA COME LINGUAGGIO DI PACE Da utopia a tipologia edilizia per il terzo millennio: centri multiculturali di condivisione religiosa GUENDALINA SALIMEI
Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Architettura e Progetto
Il
XXI secolo si è aperto all’insegna d’incomprensioni e di stati di conflitto non risolti fra culture e fedi diverse mentre, al contrario, cresce il bisogno di conoscenza di identità distanti, al fine di individuare ciò che unisce e scartare ciò che divide. La situazione attuale – che vede il diffondersi di scontri, violenze, persecuzioni in gran parte motivate da ragioni di tipo religioso – rende tanto più urgente un passo avanti verso il dialogo e verso la comprensione reciproca di culture diverse: «gettare ponti invece di elevare muri»1 è quello che ci suggerisce l’enciclica del papa che con qualche beneficio di inventario, potrebbe diventare il motto della nostra società che così affronterebbe in modo consono il nascere politico e culturale del nuovo millennio e dovrebbe essere un dovere della società, della politica e della cultura contemporanea2.
1. Dal discorso di Papa Francesco tenuto durante la veglia di preghiera con i giovani al Campus Misericordiae durante la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, 26-31 luglio 2016. 2. «Se nella redazione della Laudato si’ ho avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro». Francesco, Lettera enciclica Fratelli Tutti (3 ottobre 2020), n.5.
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Cosa vuole dire dialogo interreligioso? È una relazione e un confronto tra le diverse religioni del mondo sulla base di una comunione già esistente, nel rispetto dell’alterità dell’interlocutore, avente per fine un’unione più profonda e, ove possibile, la cessazione delle incomprensioni e delle rivalità, che non di rado trascendono in eventi bellici3. La Chiesa Cattolica si è impegnata nella ricerca dell’unità e della fraternità fra i popoli, in particolare a partire dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II e, in seguito, con l’incontro di preghiera per la pace di Assisi del 1986, dove i rappresentanti delle maggiori religioni mondiali hanno pregato l’uno accanto all’altro per la pace nel mondo. A partire da questa iniziativa di Giovanni Paolo II, sono molteplici ormai le occasioni di incontro e dialogo fra i rappresentanti delle diverse religioni mondiali, soprattutto intorno al problema della secolarizzazione e all’impegno per la pace e lo sviluppo. L’ultima enciclica di Papa Francesco dal nome Fratelli tutti è interamente dedicata alla necessità di confronto tra le religioni concludendosi con un ottavo e ultimo capitolo, intitolato Le religioni al servizio della fraternità nel mondo, in cui viene ribadito che «la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni». Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato4. Sinora il dialogo ecumenico e interreligioso ha avuto luogo sul piano dell’incontro improntato al rispetto reciproco e all’azione comune per la pace, assunta a valore condiviso tra le religioni del mondo, ma non si è riflettuto a dovere che forse l’architettura, attraverso la creazione di luoghi dove potersi incontrare, ovvero dei centri per lo scambio interreligioso, può costituire un interessante punto di partenza per uno sviluppo responsabile di un confronto più serio e duraturo5. 3. Cfr. Paolo Carlotti, “Città e luoghi di culto nella società multietnica”, in Strappa G. (a cura di), Edilizia per il culto. Chiese – Moschee – Sinagoghe – Strutture cimiteriali, UTET, 2005, Torino,pp. 214-2226 4. Francesco, Lettera enciclica Fratelli Tutti (3 ottobre 2020), nn.282-283 5. «Nell’edificio sacro questo aspetto dell’architettura che cortocircuita una l’architettura come linguaggio di pace
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SACRO INTERNO Invarianti di forma negli spazi di culto ANNA GIOVANNELLI
Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Architettura e Progetto
v
«Il senso umano del vivere si esprime sempre come autosuperamento. Ogni vera esperienza estetica infatti è sempre anche un’esperienza estatica, perché conduce il soggetto a uscire da sé verso una dimensione più grande. […] Sto dicendo che ogni vera esperienza estetica è sempre un’esperienza del sacro». Vito Mancuso, 2018
S
ilenzio, luce, profondità, materia, assenza, sono alcuni dei termini che ricorrono nella descrizione di uno spazio che abitualmente denominiamo sacro. Sono anche le parole che designano ontologicamente l’architettura degli spazi dedicati alla preghiera nella sua condizione originaria. Sacro è lo spazio in cui l’esperienza fisica del suo attraversamento sospende il rapporto con la realtà contingente per spingere l’umana condizione verso il divino, verso cioè, quella dimensione sublime del rapporto con l’intangibilità della presenza-assenza di Dio. La storia ci consegna esempi straordinari in cui l’architettura esprime il senso della sacralità dello spazio attraverso l’impiego di questi elementi primari della costruzione. Ma quali sono le condizioni che informano la concezione del sacro in uno spazio architettonico contemporaneo? Come la Modernità si è posta di fronte alla necessità di organizzare una comunità di fedeli raccolti attorno alla celebrazione del culto? Possono esserci molte e variabili risposte, ma forse l’avvio di questa riflessione può prendere spunto proprio dalla quella esperienza estetica del sacro come percezione di una intensità. In questa riflessione si vuole indagare la natura complessa e la forma espressiva dell’intensità attraverso gli elementi che connotano la dimensione architettonica del sacro nella costruzione dei luoghi di culto.
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Modernità del sacro Nella ricognizione di opere di architettura che si confrontano con la pratica del culto religioso è stato necessario risalire agli inizi del XX secolo per comprendere le ragioni che informano la visione del sacro dalla Modernità, fino alle esperienze dell’architettura contemporanea. Di particolare rilievo è la ricerca progettuale che avvia Rudolf Schwarz nella Germania degli anni Venti quando è incaricato di ricostruire il castello di Rothenfels accanto alla guida del teologo Romano Guardini, il cui pensiero espresso in VomGeistder Liturgie1 diede un impulso significativo alla concezione della liturgia intesa come spazio comunitario. Secondo Guardini la liturgia della comunità dona senso e configura lo spazio architettonico, il quale diviene sacro perché luogo dell’incontro del corpo con lo spirito. Il progetto per il castello di Rothenfels diviene il primo esercizio di architettura in cui Schwarz esplora le questioni dello spazio sacro affidando alla nudità delle forme e alla semplicità degli elementi il valore precipuo dell’intervento di restauro, spogliando lo spazio interno di simboli e di eccessi, riducendo al grado zero gli elementi di arredo e lavorando con la luce che penetra dalle piccole finestre che scavano in profondità i muri bianchi. Di qui l’idea che lo spazio prende forma quando gli uomini lo abitano: a Rothenfels, la Sala dei Cavalieri del castello è un grande spazio bianco, un contenitore vuoto in cui è la comunità, che raccogliendosi ad anello intorno ad un altare, crea lo spazio liturgico. Silenzio e oggettività della forma architettonica elementare, punteggiata solo dalla presenza di sgabelli per le sedute, sono lo sfondo di quelle figure umane che si radunano nel rito della preghiera generando lo spazio sacro. Questi presupposti, attuati nell’esperienza del giovane Schwarz a Rothenfels, accompagnano l’intera ricerca progettuale nelle numerose chiese che egli realizza sin dalla fine degli anni Venti. Tra queste, la chiesa del Corpus Domini ad Aquisgrana rappresenta il testo architettonico di riferimento di quell’inedita concezione di una modernità sacra che trova i suoi epigoni nelle esperienze di alcune importanti architetture contemporanee. 1. Romano Guardini (1885-1968) pubblica il volume VomGeistder Liturgie nel 1918, nel quale affronta le difficoltà dell’uomo moderno di fronte alle le questioni della liturgia. sacro interno
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Marina Tabassum, Moschea Bait Ur Rouf, Dacca, 2012, veduta dell’in-between
kahniane, declinata nella realtà di una costruzione fatta di pochi elementi, dove il valore del sacro nello spazio di preghiera è segnato dalla diversa modulazione della luce: lungo il perimetro che delimita lo spazio di relazione la luce filtra dalla texture dell’apparecchio murario che consente anche una buona circolazione dell’aria. Nello spazio della preghiera i quattro angoli e l’inbetween tra la il cilindro e il quadrato lasciano cadere la luce dall’alto generando l’intensità del sacro nella dimensione della forma architettonica. L’austera fissità dello spazio nella chiesa, la vibrante modulazione della luce che connota il duale rapporto tra la stabilità
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Marina Tabassum, Moschea Bait Ur Rouf, Dacca, 2012, lo spazio della preghiera
del tempio e la mutevolezza della tenda nella sinagoga, come negli spazi di relazione sociale contigui a quelli della preghiera nella moschea, descrivono le differenti condizioni del sacro nei luoghi di culto, perché è la pratica liturgica di ciascuna religione che declina la costruzione dello spazio architettonico nel rapporto che si instaura con Dio. Le stanze del sacro si differenziano in rapporto al culto, ma le parole che ne descrivono la sostanza sono sempre le stesse. Forma spaziale, variazione di intensità della luce che attraversa la struttura architettonica nelle sue differenti configurazioni materiche, interruzione o disposizione di un intervallo tra lo spazio della preghiera e la realtà contingente, silenzio e nudità delle forme, sono le invarianti del progetto di architettura dello spazio sacro nelle tre religioni monoteiste. Oggi siamo chiamati a riflettere sulle questioni della convivenza e della integrazione tra le genti. Forse ripartire dalle parole di una grammatica delle forme del sacro che si esprimono nella diversità dei linguaggi e delle culture può rappresentare l’inizio di un percorso di ricerca progettuale che elabori progressivamente le riposte alle domande urgenti dei nostri tempi, costruendo i luoghi dell’incontro e della differenza.
sacro interno
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«È comprensibile, quindi, come un indefinito desiderio di rinnovamento, insieme all’incertezza indotta da una condizione di permanente instabilità, abbiano indotto a continue fughe dalla radice del problema dell’edilizia religiosa con l’adesione, spesso acritica, alle forme spettacolari di una società dove la produzione di merci e il loro consumo sembrano essere i veri riti contemporanei. In questo senso l’edilizia religiosa può avere il significato di indicare un’alternativa. In un mondo che sembra progressivamente frantumarsi e richiudersi entro divisioni e confini, le forme dello spazio sacro, col significato, insieme, locale universale che contengono, possono costituire la rappresentazione di una nuovissima solidarietà che si traduce, per quello che riguarda direttamente la nostra disciplina, nell’espressione di un’organicità ancora possibile».
Giuseppe Strappa, “L’edificio religioso come organismo”, in Idem (a cura di), Edilizia per il culto. Chiese – Moschee – Sinagoghe – Strutture cimiteriali, UTET, 2005, Torino, pp.3-4
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LUOGHI DI CULTO INTERCONFESSIONALI AD AULA UNICA ICONICA
• Gatwick Interfaith Chaplaincy • AIDS Interfaith Memorial Chapel • Luogo di Raccoglimento e Preghiera all’Istituto oncologico Paoli-Calmettes di Marsiglia
Gatwick Interfaith Chaplaincy Londra, UK 1973-1976 Committente:
Archbishop Michael Bowen Disegni:
© Andrew Crompton Testo:
Anna Riciputo
.1
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Alla Cappella Interconfessionale del Gatwick Airport di Londra, se non è possibile attribuire meriti per estetica e scelte architettoniche, è di sicuro doveroso riconoscere di essere stata, se non la prima in assoluto, una delle prime cappelle interconfessionali allestite in luoghi pubblici di transito veloce1. Il Vescovo Bowen decise di affidare la cappellania, tradizionalmente monoconfessionale, a due officianti cristiani di chiese diverse trasformandola così in un luogo di culto intrareligioso nel 1973 (e multi-religioso nel 1976 con l’apertura alle confessioni non cristiane), assecondando la crescita e l’internazionalizzazione di Londra, che dagli Anni ’60 ad oggi non si è mai arrestata, superando la tradizione cinquecentenaria di città divisa tra
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cattolici e anglicani. Lo spazio nasce del tipo ad aula unica multi-iconica per poi ingrandirsi dedicando degli spazi differenziati – ma non isolati – per la pratica delle due religioni di maggioranza, cristianesimo e islam. Sarebbe dunque più corretto definire la cappellania un luogo ad “ambito unico con aule separate” avvicinandosi al tipo di luogo di culto interreligioso che si considera essere più efficace, nel quale si condividono gli spazi comuni e le percorrenze, ma si mantiene un’intimità nella preghiera,tentando così di non produrre una totale separazione. In particolare, alla Gatwick Interfaith Chaplaincy, annunciata da un’insegna luminosa che riporta i simboli delle principali religioni mondiali, si accede da un ingresso comune che apre su un disimpegno separato, grazie a un sistema di parete-diaframma tridimensionale e luminosa, alla sala principale nella quale vengono servite luoghi di culto interconfessionali ad aula unica iconica
le messe cristiane per anglicani e cattolici e offerta l’opzione Free Church per la preghiera personale. Continuando, si incontrano una musalla – con accesso diretto a un luogo riservato alle abluzioni – e uno spazio non dedicato nel quale vengono garantiti i riti principali per i buddisti (ogni lunedì e nelle feste comandate) e dove chiunque può esercitare la propria fede in autonomia. Tra tutte le indicazioni che la punteggiano, la scritta All welcome ne esprime il significato profondo.
Note 1. Cfr. Crompton A, The architecture of multifaith spaces: God leaves the building, The Journal of Architecture, 2013, 18:4, 474-496.
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Rothko Chapel Huston, USA 1964/71 Progettista:
Philip Johnson Artisti:
Mark Rothko; Barnett Newman Committente:
Menil Foundation – Dominique e John de Menil Fotografie:
© The Rothko Chapel Testo:
Anna Riciputo
.2
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«Abbiamo visto ciò che un grande maestro può fare per un edificio religioso quando gli viene data mano libera, può esaltare ed elevare come nessun altro», queste le parole di Dominique de Menil, incaricando Mark Rothko di creare uno spazio sacro all’interno della cappella che con il marito intendeva donare alla città. Il piccolo edificio, situato all’interno di un giardino piuttosto anonimo in un quartiere residenziale di Huston negli Stati Uniti, nasce con la funzione di celebrare e supportare l’uguaglianza sociale e culturale, di ispirare le persone, di aiutarle ad agire per il bene attraverso l’arte e la contemplazione, di alimentare un senso di rispetto per il pianeta e le più alte aspirazioni dell’umanità. La scelta ricadde sull’artista statunitense in virtù della bellezza della sua opera e della sua complessità intellettuale, capace di riportare l’uomo all’origine di sé stesso: «Non sono un astrattista. Non sono interessato alla relazione tra colori, o forme, o qualsiasi altra
architettura dialogo religione
cosa. Sono unicamente interessato ad esprimere le più basilari emozioni umane: tragedia, estasi, dolore, e così via». L’edificio, opera dell’architetto Philip Johnson, ha una pianta ottagonale, con i lati paralleli che accolgono una sporgenza facendo così perdere, dall’esterno, la percezione della forma originaria. L’ingresso è un basso portale anch’esso sporgente; la tessitura delle pareti esterne è in mattoni, l’interno intonacato bianco;a coprire lo spazio una copertura a falde inclinate con un grande lucernario oscurato al centro. Le quattordici tele, poste lungo il perimetro dello spazio della cappella, illuminate da una luce radente che scende dal soffitto, si possono ammirare stando seduti sulle panche poste al centro della sala. La Cappella ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio per la Pace dalla The Houston Baha'í Community (1998), il Community Award dal Museum District Business Alliance (2000), il James L. Tucker Interfaith dai Ministeri Interreligiosi (2004) e l'Urban Greenery Award dal Park People (2005). luoghi di culto interconfessionali ad aula unica aniconica
Barnett Newman, Broken Obelisk, 1963-1967
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House of One Berlino, Germania 2012 Progettista:
Kuehn Malvezzi Immagini:
© Kuehn Malvezzi Disegni:
courtesy of Kuehn Malvezzi Testo:
Angela Fiorelli
.3
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Questo edificio, fortemente voluto dalla comunità protestante di Berlino, è il progetto vincitore di un concorso di idee che ha coinvolto le tre comunità: ebraica, cristiana e musulmana. Il luogo scelto per l’edificazione del centro interreligioso è il sito della più antica chiesa medievale di Berlino, la chiesa di San Pietro, originaria del XIII secolo. L’edificio di culto,che fu più volte rimaneggiato, venne interamente ricostruito in stile neogotico nel XIX secolo; bruciato dalle SS, venne quindi demolito alla fine della seconda guerra mondiale. Proprio dove un tempo sorgeva un monumento iconico della città di Berlino, dunque, si è scelto di erigere un’architettura che rappresentasse la contemporaneità, capace di contenere le forti diversità culturali della multietnica capitale tedesca in un unico spazio. Concepita ad aule separate per ogni culto, la Casa dell’Uno preserva la diversità come fondamento di un dialogo, nell’intento di far fiorire l’incontro tra comunità in una dimensione di
architettura dialogo religione
pluralismo interculturale. «Più che di un edificio puramente religioso, si tratta […] di un edificio complesso e con diverse valenze simboliche e pratiche, per sostenere e favorire una dimensione, anche spaziale, di confronto interreligioso»;così parla Simona Malvezzi, uno dei progettisti; lo descrive come «[…] se fosse una piccola città, con una piazza centrale tonda da cui si può accedere alle tre “case” delle tre diverse religioni, uno spazio pubblico condiviso, aperto e coperto». Costituito da una grande sala centrale collegata direttamente all’ingresso, il centro presenta infatti tre luoghi distinti destinati ai tre culti. Al di sopra della sala centrale è prevista una biblioteca e ancora sopra un belvedere che affaccia sulla città. Nel rispetto del bando, House of One esprime le tre identità religiose nell’universalità, lasciando invece l’esterno avvolto dalla neutralità. Gli spazi dedicati ai culti sono caratterizzati da un attento studio della luce che incarna il concetto del divino in modo trasversale a tutte le religioni; le decorazioni dei singoli spazi sono state scelte insieme alle comunità di appartenenza. luoghi di culto interconfessionali ad aule separate
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Centro multiculturale, libreria e teatro Isbergues, Francia 2013-2014 Progettista:
Dominique Coulon et Associés Committente:
Ville d’Isbergues Fotografie:
© Guillaume Wittmann, David Romero-Uzeda Disegni:
© Courtesy of Dominique Coulon et Associés Testo:
Michele Astone
.4
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Il centro multiculturale progettato da Dominique Coulon et Associés è un edificio che si pone come filtro tra città e paesaggio; per questo motivo il fronte città si allinea con il complesso adiacente, mentre quello opposto è dotato di un ampio cortile che si affaccia sul paesaggio fluviale. I prospetti sono rivestiti da segmenti d’acciaio inossidabile prodotto in loco. I vari elementi sono satinati, a specchio od opachi, in modo tale che la loro alternanza possa creare effetti di riflessione della luce sempre differenti fornendo all’osservatore la sensazione di una facciata in continuo movimento. La scatola d’acciaio presenta varie bucature vetrate che fungono da elemento di contrassegno degli ingressi. Dall’accesso principale ha origine un asse che idealmente collega la città con il contesto naturale. Questa linea teorica funge da elemento di distribuzione degli ambienti che si collocano ai suoi lati. I diversi spazi constano fondamentalmente di una biblioteca multimediale da
architettura dialogo religione
un lato e di un teatro dall’altro. La biblioteca presenta un particolare arredo: le sedute mostrano un profilo continuamente variabile che si adatta alle varie posture che il lettore può assumere. Le aperture collegano visivamente l’ambiente interno con il paesaggio. Viceversa, il teatro risulta un volume compatto privo di bucature. Se la biblioteca presenta pavimenti e pareti di colore bianco e giallo, le finiture del teatro, di contro, sono in cemento bocciardato molto scuro (particolarmente utile per questioni acustiche) sicché l’ambiente risulta particolarmente cupo, ma indubbiamente adatto alle rappresentazioni teatrali. centri interconfessionali di cultura e condivisione
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Ruta del Peregrino da Ameca fino a Talpa de Allende, Messico 2008-2011 Committente:
Secretaría de Turismo de Jalisco, Messico Fotografie:
© Iwan Baan Disegni:
masterplan courtesy of Tatiana Bilbao e Derek Dellekamp Progettisti:
Tatiana Bilbao e Derek Dellekamp Arquitectos, masterplan Godoylab, aree di servizio ad Ameca (2009) Tatiana Bilbao e Dellekamp Arquitectos, Capilla abierta La Gratitud a Lagunillas (2009) Christ & Gantenbein, Lookout Point a Cerro del Obispo (2010) Ai Wei Wei e FAKE Design, Sanctuary a Estanzuela (2009) Tatiana Bilbao, Sanctuary a Mixtlàn (2010)
La Ruta del Peregrino rappresenta, da oltre duecento anni, un importante percorso devozionale del Messico, praticato annualmente da oltre tre milioni di persone; i suoi circa 120 km separano Ameca, nei pressi di Guadalajara, da Talpa de Allende dove sorge il Santuario de la Virgen de Talpa. La complessità del percorso, che si snoda attraverso un territorio brullo e pressoché privo di strutture ricettive, ha spinto nel 2008 Emilio González Márquez – Governatore dello stato di Jalisco – a promuovere la ristrutturazione complessiva della Ruta, consentendone la fruizione ad una utenza più vasta, incaricando del progetto Tatiana Bilbao e Derek Dellekamp. Questi, a loro volta, si
Luis Aldrete, ripari per i fedeli ad Atenguillo (2009) HHF architects, Lookout Point a Espinazo del Diablo (2010) Elemental Alejandro Aravena, Lookout Point a Las Cruces (2009) Dellekamp Arquitectos e Rozana Montiel, Sanctuary a Cocina (2009) Testo:
Giusi Ciotoli
.5 Dellekamp Arquitectos e Rozana Montiel, Sanctuary a Cocina
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architettura dialogo religione
Lagunillas
Población. ? hab Superficie . ? km2 Altitud. 1,300 m.s.n.m
Guachinango
Población. 4,719 hab Superficie. 483.19km2 Altitud. 1,600 m.s.n.m.
Mascota
Ameca
Jayautla
Altitud.1,940 m.s.n.m
Bilbao + Dellekamp Lagunillas
altitud.1,960 m.s.n.m
La Villita
Poblacion. 56,343 hab Superficie . 685.73km2 Altitud. 1,230 m.s.n.m. Arroyo Hondo
Christ & Gantenbein Cerro del Obispo
Poblacion. 56,343 hab Superficie. 685.73km2 Altitud. 1,800 m.s.n.m.
altitud.1,960 m.s.n.m
Guachinanguillo
La Atrevida
Estanzuela
Ai Weiei / Fake Estanzuela
Llano Grande
Los Pilares
altitud.1,700 m.s.n.m
Cerro de las Comadres
Altitud.1,750 m.s.n.m
Atenguillo
Mesa Colorada
Población. 4,318 hab Superficie. 662.55km2 Altitud. 1,300 m.s.n.m.
Dellekamp - Periferica
San Pablo
Tatiana Bilbao
altitud.1,500 m.s.n.m
Majadas
altitud.1,580 m.s.n.m
Malpaso San Rafael
Mixtlán
altitud.1,580 m.s.n.m
Cocinas
Elemental
Espinazo del Diablo altitud.1,980 m.s.n.m
Gallinero
HHF
Espinazo del Diablo
La Loma
altitud.1,980 m.s.n.m
Michiltepec
LUIS + ALDRETE
altitud.1,950 m.s.n.m
Espinazo del Diablo
Mixtlán
Población. 3,938 hab Superficie. 685.73km2 Altitud. 1,580 m.s.n.m.
altitud.1,300 m.s.n.m
Tlapa de Allende
Población. 13,797 hab Superficie. 2,279.52km2 Altitud. 1,160 m.s.n.m.
Mirandilla
Estación Las Cruces
altitud.1,850 m.s.n.m
El Salto
Los Volcanes
El Ranchito
Santa Bárbara
San Jose de los Andrade
Tatiana Bilbao e Dellekamp Arquitectos, Masterplan
sono avvalsi di un team internazionale per ideare le diverse architetture minori che costellano la Ruta, come le aree di servizio realizzate da Godoylab o i rifugi di Luis Aldrete. La Capilla abierta La Gratitud di Bilbao e Dellekamp, prima tappa del percorso, è situata a Lagunillas, ed è costituita da quattro monoliti bianchi, di diversa altezza, che si fronteggiano. Nel progetto di Bilbao e Dellekamp, il vuoto rappresenta una condizione fisica (non solo percettiva) fondamentale, dal momento che lo spazio sacro è concretamente delineato da masse litoidi posizionate angolarmente a conformare un recinto. Date le dimensioni quasi colossali di questi elementi, il fedele luoghi di culto monoconfessionali
– culto cristiano
è in grado di vedere l’incombente presenza della Cappella sin dall’inizio del viaggio devozionale. In tal modo l’elemento architettonico è in grado di guidare il pellegrino sin dai primi passi, divenendo un riferimento spirituale “concreto” rispetto al paesaggio circostante. Nei pressi di Estanzuela, una delle tappe successive, sorge il Santuario di Ai Weiwei e FAKE Design, un segno netto sul profilo orografico, in parte cavo, in parte in rilievo, attraverso cui si cerca di recuperare una simbiosi con il paesaggio. Il progetto consiste in un percorso lineare trasversale al cammino vero e proprio; i due segmenti, al di qua e al di là di questo, danno vita a due spazi architettonici,
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PER UNA TASSONOMIA DEI LUOGHI DI CULTO STEFANO MAVILIO
Sapienza Università di Roma
N
on facile il compito per chi tenta un approccio tassonomico alle tipologie contemporanee per il culto1, e non parlo dei singoli luoghi per il culto delle religioni monoteistiche, lavoro sommamente difficoltoso, quanto piuttosto dei luoghi cosiddetti “multi-fede”, ammesso che tale definizione, come cercheremo di scoprire nel presente scritto, sia valida. Per farlo mi gioverò dell’aiuto di Maria Chiara Giorda, che con spirito pionieristico e studiosa delle religioni, da tempo si occupa della medesima questione2. Più facile la circostanza: commentare un sistema di schede, che documenti in maniera certamente sommaria, senza alcuna pretesa di completezza, il tema affrontato dal libro: il futuro dei luoghi per il culto nella complessità delle “metropoli” del terzo millennio. Compiuto il mandato delle singole Religioni di “predisporre” un congruo numero di aule per ciascuna fede3, siano esse 1. Questo sistema di apparati, fatto di schede ma soprattutto di immagini, può servire da introduzione generale al tema dei luoghi di culto inter-religiosi ma non vuole avere altro valore che di “panorama”, giacché, ove avesse voluto dargli valore di catalogo storico-ragionato, l’autore si sarebbe curato di indicare, a proposito degli esempi citati, il loro contesto storico e culturale. 2. Cfr. Giorda M.C., Hejazi S., Luoghi multi-religiosi tra passato e presente, supra 3. A riprova del dato cui appena si accenna nel testo, si segnala che numero di richieste di finanziamento per la costruzione di nuovi complessi parrocchiali in Italia, finanziati con il cosiddetto 8 per mille, è in costante decrescita; lo stesso dicasi per le somme a disposizione: dalle 33 chiese messe in programma nel 2010 alle 22 del 2016, che si riducono ad una
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architettura dialogo religione
chiese, moschee, sinagoghe, tempi per l’induismo il buddismo e quant’altro, si prospetta un futuro nel quale la richiesta verrà probabilmente compensata dal basso, spontaneamente, secondo modalità ancora da scoprire, che a chi sa vedere già si scorgono: semplici case di preghiera, autonomamente gestite, spesso per più culti contemporaneamente. Rare le occasioni di mecenatismo; altrettanto rare quelle che ricorrono al “fundraising”. Per la classificazione che sottende alle schede di cui sopra, si è cercato di fare chiarezza fra le mille definizioni che con maggiore o minore successo si sono presentate nel corso del dibattito recente. Si è dapprima proceduto a una semplificazione terminologica, preferendo la definizione generale “luoghi di culto” ad altre altrettanto valide da un punto di vista concettuale (aule liturgiche, luoghi per la preghiera, ecc.). Sulla base di tale semplificazione si è proceduto ad una classificazione in due gruppi, il primo dei quali – a sua volta – presenta una ulteriore suddivisione in quattro sottogruppi e il secondo in tre sottogruppi. • Luoghi di culto interconfessionali: ad aula unica iconici e aniconici; ad aule separate; centri culturali interreligiosi e chiese ospitali. • Luoghi di culto monoconfessionali: per il culto cristiano, per il culto ebraico e per il culto islamico. Evidente fin da subito che il primo gruppo è quello che maggiormente afferisce alla struttura teoretica del presente libro, dove i centri culturali interreligiosi e le chiese (ospitali e non), sono ovviamente da riferirsi al solo cristianesimo pur se “ospitante”4. Rispetto al primo gruppo, si sottolinea come i due sottogruppi – iconici/aniconici – alludono a realtà assai diverse ed a diverse localizzazioni. Più propriamente aule liturgiche quelle appartenenti al gruppo iconico; più propriamente stanze decina se si considerano le sole nuove richieste (11 essendo vecchie richieste, semplicemente rinnovate); dai 78 ml. di euro del 2010, ai 44 del 2016 (fonti CEI Ediculto). 4. A questo riguardo valga l’esperienza didattica della Facoltà di Architettura la Sapienza di Roma condotta nei laboratori progettuali e nel Master in Progettazione degli Edifici per il culto. per una tassonomia dei luoghi di culto
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