Massimiliano Savorra
Per la donna, per il bambino, per la razza L’architettura dell’ONMI tra eutenica ed eugenica nell’Italia fascista
ISBN 978-88-6242-557-5 Prima edizione novembre 2021 © LetteraVentidue Edizioni © Massimiliano Savorra È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione: Raffaello Buccheri, Gaetano Salemi LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna, 50P 96100 Siracusa
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Prologo Architettura e razzismo nell’Italia fascista
PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA 37
Capitolo I L’ONMI e i principi razionalisti Architettura per la protezione della stirpe Il ruolo di Sileno Fabbri
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Capitolo II Una nuova tipologia. Le Case per la madre e per il bambino Luciano Baldessari: i progetti pilota di Lodi e di Mortara Una Casa-tipo Una Casa modello a Roma “Una modernità desta e viva”. L’episodio bresciano
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Capitolo III Esperimenti architettonici per la razza Gio Ponti e gli altri: scenari razionalisti Le Case dell’ONMI nelle città di fondazione, nei quartieri popolari e all’interno di complessi edilizi La Città dell’infanzia: la Mostra nazionale dell’assistenza al Circo Massimo e il concorso per un nuovo edificio tipo (1937)
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Capitolo IV Tra norme e varianti Le prescrizioni architettoniche (1938) Razionali senza essere razionalisti La medicalizzazione dell’assistenza e le “scuole per le madri”: i due asili materni di Monterotondo e di Pavia
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Epilogo Una storia quantitativa e il futuro di un patrimonio architettonico
ATLANTE MINIMO 169
Una selezione di Case dell’ONMI
APPARATI 183 205 213
Bibliografia Indice dei nomi Referenze fotografiche
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PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA
Prologo ~
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Architettura e razzismo nell’Italia fascista «La Casa della madre e del bambino, creata per dare un’unità all’assistenza pre e post-natale dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, indica già nella sua nomenclatura la sua finalità»1. Luminare di pediatria, docente universitario, clinico e scienziato, Alessandro Laurinsich nel 1938 chiariva così, in un lungo articolo apparso sulla rivista “Architettura” diretta da Marcello Piacentini, lo scopo e le funzioni degli edifici, che erano sorti – e si auspicava si sarebbero diffusi sempre più – in ogni grande e piccolo centro italiano2. L’obiettivo era proteggere, sia la donna, assistendola in tutte le fasi della gestazione, parto e puerperio, sia il bambino, dalla nascita fino al terzo anno d’età. Come sottolineava una nota di redazione introduttiva all’articolo del dirigente dei servizi sanitari dell’ONMI, gli edifici sorgevano per andare incontro alle azioni del regime «in favore della sanità della razza»3. Nell’Italia fascista, in effetti, il tema della sanità fisica emerse con i miti dell’eroe virile e della gioventù sportiva e coraggiosa, ma soprattutto con quello di stirpe nazionale4: le connotazioni razziste furono prioritarie
1. Laurinsich 1938, p. 625. 2. Laurinsich fu dirigente dei servizi sanitari dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia dal 1936 al 1938. Tra le altre cose, si interessò di edilizia ospedaliera, in coincidenza con la realizzazione della clinica pediatrica dell’Università di Napoli. Cfr. La nuova clinica 1929. La sua intensa attività medico-assistenziale continuò fino agli anni Sessanta; cfr. Farnetani 2005. 3. «Siamo lieti di pubblicare sul tema, all’ordine del giorno, data l’azione in pieno sviluppo per parte del Regime in favore della sanità della razza, un esauriente studio del Prof. Laurinsich», N.d.R. anteposta a Laurinsich 1938, p. 625. 4. Cfr. Piccinini 1931. Per una visione di sintesi sul tema delle attrezzatture per l’attività sportiva, per il miglioramento igienico e per la sanità della razza durante gli anni del regime fascista si rimanda a Cresti 1986; in particolare al capitolo Architettura e spazi per una razza di atleti, pp. 73-94. Si vedano, inoltre, i contributi contenuti in Canella, Giuntini 2009.
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Capitolo II Una nuova tipologia. Le Case per la madre e per il bambino
Luciano Baldessari: i progetti pilota di Lodi e di Mortara Tra «i più colti e sprovincializzati architetti che operarono in quegli anni in Italia»1, Baldessari fu incaricato da Fabbri nell’estate del 1932, insieme a Werner Daniel, di realizzare le sedi dell’ONMI di Lodi e di Mortara2, lavori che gli diedero, come vedremo, l’opportunità di avviare una proficua collaborazione con l’ente e di mettere in pratica la sua personale «poetica degli spazi»3. Basato sulla geometria del rettangolo con l’aggiunta di estremità sfalsate sempre rettangolari, il progetto per il centro lodigiano fu concepito per un’area di circa 1.500 metri quadri. Prima di giungere allo schema planimetrico finale l’architetto studiò sei soluzioni, in cui analizzò le possibilità di sfruttare, per ogni ambiente, la corretta collocazione sull’asse eliotermico dell’edificio. Inoltre, l’assonometria, le piante e il preventivo dettagliato di spesa, conservati tra le carte del suo archivio professionale4, dimostrano come Baldessari riuscisse a risolvere – vista la necessità di contenere, per ragioni economiche, lo spazio a disposizione (un solo piano più un livello seminterrato) – la questione della presenza di più funzioni in un unico
1. De Seta 1972 (si cita dall’edizione 1989, p. 254). Su Baldessari esiste ormai un nutrito elenco di titoli; si veda almeno Fagone 1982; Mosca Baldessari 1985; Savorra 2008. 2. Alla stesura dei progetti collaborò inizialmente l’architetto Werner (Guarniero) Daniel; sui motivi della rottura tra i due architetti cfr. ALB, PM, ESM, Centro di Assistenza Materna e Infantile, Mortara, 1932-33: Causa Baldessari-Daniel. Va riscontrato che nel 1932 anche Eugenio Faludi ed Enrico Agostino Griffini elaborarono una soluzione per la sede dell’ONMI di Lodi; il progetto è pubblicato in Architetture di Eugenio Faludi 1939, p. 63. 3. Irace 1997, p. 25. 4. Cfr. ALB, PM, ESL, Progetto Centro di Assistenza Materna e Infantile, Lodi, 1932: 18 disegni, relazione (Hugo Virchow), documenti contabili (preventivo, computo metrico, parcella, mandato di pagamento, ricevute), corrispondenze con Fabbri e Maggi (presidente della Congregazione di Carità di Lodi).
Luciano Baldessari, Casa della madre e del bambino per l’Opera nazionale maternità e infanzia, Brescia 1935-37. Copertina della rivista “Edilizia Moderna”, 34-35-36, dicembre 1940.
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all’interno della ex villa Rapelli allo scopo trasformata, era stato inaugurato il primo centro rurale di assistenza rivolto alle madri e ai bambini della giurisdizione che comprendeva ventotto comuni della bassa lodigiana, tra i quali anche Lodi14. Nel piccolo centro della Lomellina, invece, il grand’ufficiale Bossi aveva assicurato tutte le risorse per creare un edificio dedicato alla figlia Emilia. Già fattosi notare a quella data per le straordinarie esperienze del bar Craja e del palazzo per uffici nello stabilimento De Angeli Frua a Milano, oltre che per i suoi eccezionali ed effimeri allestimenti scenografici, Baldessari predispose a Mortara, come del resto aveva fatto a Lodi, uno schema che comprendeva due consultori (ostetrico e pediatrico), un asilo nido per 35 bambini e un refettorio materno, ma diede fin da subito una riconoscibilità formale al progetto. Realizzato in due anni dall’impresa Comeglio, con la direzione dei lavori dell’ingegnere Quinto Gregotti15, nipote del donatore, l’edificio fu concepito prestando specifica attenzione alla luce, come
14. Cfr. Il primo Centro 1932. 15. Baldessari accettò di ridursi il compenso, su richiesta del committente, ma propose, in cambio, che la direzione dei lavori fosse seguita da Quinto Gregotti. Si veda il fitto scambio di lettere intercorso, nel luglio 1932, tra l’architetto e Quinto Gregotti. L’assegnazione ufficiale dell’incarico è datata 28 luglio 1932. Cfr. ALB, PM, ESM, Centro di Assistenza Materna e Infantile, Mortara, 1932-33.
UNA NUOVA TIPOLOGIA. LE CASE PER LA MADRE E PER IL BAMBINO
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Luciano Baldessari, Casa della madre e del bambino per l’Opera nazionale maternità e infanzia, Mortara 1932-33. Pianta del pianterreno. Veduta dell’edificio appena terminato. Veduta dell’ingresso.
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Luciano Baldessari, Casa della madre e del bambino per l’Opera nazionale maternità e infanzia, Brescia 1935-37. Veduta del cortile e veduta esterna.
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UNA NUOVA TIPOLOGIA. LE CASE PER LA MADRE E PER IL BAMBINO
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Luciano Baldessari, Casa della madre e del bambino per l’Opera nazionale maternità e infanzia, Brescia 1935-37. Vedute del cortile.
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Capitolo III Esperimenti architettonici per la razza
Gio Ponti e gli altri: scenari razionalisti Altri architetti si cimentarono nella realizzazione di edifici razionalisti per l’ONMI guidati dalle prescrizioni di Fabbri, e in alcuni casi, forse, avendo come modello o adattando lo schema-tipo predisposto da Baldessari. Non è dato conoscere quanto, in realtà, i tanti disegni da lui inviati a Roma e da lì inoltrati nelle sedi periferiche fossero stati seguiti dai tecnici locali. Fatto sta che, a partire dal 1933, si celebrarono molte inaugurazioni, non sempre registrate nella rivista ufficiale dell’ente, che dimostrano la disseminazione capillare delle Case della madre e del bambino. Tra queste vale la pena ricordare almeno quelle di Genova Pegli progettata da Mario Braccialini (1933)1, di Bolzano firmata da Guido Dorna (1935)2, di Pisa realizzata da Gino Steffanon (1936)3, di Cuneo concepita da Cesare Vinaj (1937)4, e di Modena a opera di Enrico Balugani (1937)5. Nelle giornate inaugurali, tali edifici venivano acclamati per il rigore e per la razionalità con cui erano stati ideati. Aperto al pubblico il 6 giugno 1936, l’edificio di Pinerolo, opera dell’ingegnere Antonio Ferrero, ad esempio, fu definito, per il suo «modo razionale», «una delle più belle e moderne
1. Cfr. Barisione 2004, p. 128. 2. ACB, Fondo Concessioni edilizie, 77/1935, n. prot. 90098/35, Particella fondiaria Gries 1643. Dorna fu l’autore anche della Casa della madre e del bambino di Bressanone, cfr. Alcune applicazioni 1940, p. 118. 3. Cfr. Martinelli 1993, p. 102. 4. Progettato nel 1934, l’edificio viene inaugurato il 28 ottobre 1937. Cfr. ACC, Costruzione della Casa della Madre e del Bambino (1934-51), F. 1, f. 11. Informazioni su Cesare Vinaj, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico del Comune, sono consultabili in https://www.comune.cuneo.it/uploads/media/Alla__ri_scoperta_di_Cesare_Vinaj.pdf (ultimo accesso: dicembre 2020). 5. Cfr. Modena inaugura 1937. Si veda anche Montedoro 2004, p. 152.
Franco Mosca, Manifesto della Mostra nazionale delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, Roma 1937. Pizzi & Pizio, Milano-Roma.
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Ettore Rossi, Padiglione dell’ONMI alla Mostra nazionale delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, Roma 1937. Veduta esterna, dettaglio dell’altorilievo di Venanzio Crocetti. Veduta del cortile interno. Pianta.
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ESPERIMENTI ARCHITETTONICI PER LA RAZZA
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“La cura del sole artificiale in un ospedale sanatoriale dell’INFPS”, in Mostra nazionale delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, La città dell’infanzia, Gino Salocchi editore, Milano 1937. “Florida e vispa! Chi direbbe che questa piccina è stata minacciata dalla tubercolosi? Il miracolo del suo trionfo sul terribile pericolo è dovuto all’Opera dell’INFPS”, in Mostra nazionale delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, La città dell’infanzia, Gino Salocchi editore, Milano 1937.
PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA
vente»72 era in linea con i principi di “museo vivente”, in quel momento considerati efficaci più dei fotomontaggi e delle lunghe didascalie73. Va riscontrato che, sebbene lo spazio a disposizione fosse di 1.500 mq, il desiderio di Baldessari di esporre il modello della Casa di Brescia non fu esaudito: «molto probabilmente – scriveva Fabbri – dovremmo astenerci dal mettere i plastici; o, comunque, ne potremmo mettere in numero limitatissimo. Tengo però a confermarle che sarà fatto il possibile per accontentarla»74. Si trattava senza dubbio di una vetrina eccezionale per mostrare quanto fatto fino a quel momento in termini di architetture per la donna e per il bambino, proprio perché era atteso un vasto pubblico. In effetti, circa 60.000 donne, provenienti da ogni parte d’Italia, parteciparono all’inaugurazione75: un evento straordinario di mobilitazione “al femminile”, come già era avvenuto con il raduno in piazza Venezia del 7 maggio 1936 in occasione della proclamazione dell’impero, che aveva coinvolto in particolare, organizzazioni fasciste, massaie rurali e operaie. Le opere di Baldessari non vennero esposte, forse perché era già nell’aria la sostituzione di Fabbri alla guida dell’ente, che sarebbe stata ufficializzata di lì a poco, e che comportò anche l’abbondono dei suoi progetti di edificio-tipo. Se, da una parte, l’obiettivo complessivo dell’esposizione fu quello di esibire quanto fatto a favore della stirpe, dall’altra, si voleva contribuire al rafforzamento delle politiche di diffusione dell’Opera sul territorio,
72. Cfr. La prima Mostra nazionale 1937. 73. Cfr. Savorra 2020. 74. ALB, PM, ESB, Casa della Madre e del Bambino, Brescia, 1935-37: Lettera, datata Roma 12 aprile 1937, inviata da Sileno Fabbri a Luciano Baldessari. 75. Cfr. Mussolini inaugura 1937. Si veda anche Il Duce parla 1937; L’alto elogio del Duce 1937.
ESPERIMENTI ARCHITETTONICI PER LA RAZZA
tramite la costruzione di nuove sedi. Il Partito nazionale fascista – d’intesa con l’ONMI e con i ministeri dell’Interno, di Grazia e giustizia, dell’Educazione nazionale, e con le confederazioni dei professionisti, dei commercianti e degli industriali – bandì, infatti, venti mostre-concorso, tra cui anche concorsi di architettura76. Tra gli altri, si chiedeva di progettare un chiosco per la mostra del giocattolo italiano (concorso 1); giardini e recinti destinati ai bambini (concorso 2); un modello di culla razionale (concorso 5); l’abbigliamento del bambino formato da vestiario razionale comprese calzature e copricapo razionale per il bambino sia in ambiente urbano e rurale, sia per le colonie climatiche (concorso 6); l’arredamento della camera del bambino (concorso 7); pavimenti razionali e rivestimenti razionali delle pareti di colonie (concorso 9); infissi razionali in rapporto all’illuminazione ed areazione (concorso 10); scuole all’aperto razionali e arredamenti razionali per scuole e asili (concorso 12); palestre (concorso 13); un centro di rieducazione di minorenni (concorso 14). Lo scopo di questi concorsi era quello illustrare le norme igieniche da applicare nelle varie età di sviluppo in relazione all’ambiente e al clima: «dimostrare che queste norme razionali [potevano] essere adottate da tutti, poiché la loro applicazione non [avrebbe costituito] una condizione necessariamente antitetica nei confronti delle condizioni economiche delle classi meno abbienti»77. Probabilmente per segnare un cambio di rotta rispetto alla gestione di Fabbri vennero banditi anche la mostra-concorso per progetti di colonie climatiche permanenti e temporanee, ed elioterapiche (contrassegnata con il numero 8)78, e il concorso per un edificio-tipo per la Casa della madre e del bambino e per la sede del comitato di patronato dell’ONMI da destinare a comuni rurali79. Nelle norme del bando per la Casa-tipo – che riprendevano tuttavia i principi di Fabbri – si richiedeva che l’edificio avesse un «aspetto gaio, ridente, che già all’esterno ne richiami la
76. Cfr. Il foglio di disposizioni 1937. Le scadenze per ogni concorso sono riportate in Partito nazionale fascista 1937, p. 5. La notizia dei concorsi apparve anche su “Case d’Oggi” nel numero di aprile 1937, p. 44 e su “L’architettura italiana” nel numero di maggio 1937, p. 154. 77. Partito nazionale fascista 1937, p. 18. 78. Per garantire il carattere scientifico, venivano ammessi solo progetti accompagnati da un modello in scala 1 a 100 e da relazioni tecnico-artistico-economiche compilate e sottoscritte da medici. 79. A differenza del concorso per la Casa del fascio “tipo” che fu aperto agli studenti delle Scuole superiori di architettura nel 1932, il concorso per la Casa della madre e del bambino (con scadenza 31 maggio 1937) era rivolto ad architetti e ingegneri italiani; la commissione giudicatrice era formata dal presidente dell’ONMI, da un esperto di ingegneria sanitaria nominato dal presidente dell’ONMI, e da un rappresentante del sindacato ingegneri o architetti.
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Copertina della brochure dedicata all’Opera nazionale maternità e infanzia, Mostra delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia. Roma giugno-settembre – XV, Arti Graf. Navarra S.A., Milano s.d. [ma 1937].
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Provino Valle, Casa della madre e del bambino per l’Opera nazionale maternità e infanzia, Udine 1939. Veduta esterna anteriore, veduta esterna posteriore, terrazza.
PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA
TRA NORME E VARIANTI
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Atlante minimo ~
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Una selezione di Case dell’ONMI L’Atlante che segue offre una selezione iconografica, in ordine alfabetico, delle Case della madre e del bambino realizzate a partire dalla costituzione dell’ONMI. Il patrimonio edilizio dell’ente non è stato mai oggetto di un regesto completo. L’Atlante è l’esito di una ricerca condotta sulla base delle fonti a stampa d’epoca e della bibliografia primaria; in particolare i due volumi, editi rispettivamente nel 1936 e nel 1962, che furono realizzati dall’ONMI per promuovere e far conoscere le attività intraprese, offrono informazioni sull’esistenza delle sedi nelle innumerevoli località. Le immagini, tuttavia, non sono tratte esclusivamente da tali fonti, ma provengono anche da collezioni private di fotografie e da una raccolta sistematica di cartoline d’epoca. Sebbene costituiscano solo una parte del ricco patrimonio immobiliare dell’ente, gli edifici illustrati testimoniano la varietà delle soluzioni architettoniche delle Case della madre e del bambino, che nel tempo, dopo la Seconda guerra mondiale e ancora di più dopo la soppressione dell’ONMI, sono state trasformate, riadattate, abbandonate o distrutte. Proprio per questi ultimi motivi, si è deciso di documentare con immagini per lo più d’epoca opere che, seppur in molti casi di difficile attribuzione, localizzazione e datazione, aprono una serie di questioni sulla conservazione, o meno, dell’edilizia ordinaria di qualità.
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PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA
A> Abbiategrasso
Agrigento
Alessandria
Ancona
Andria
Aosta
Arcella
Arco
Arezzo
Ascoli Piceno
Avezzano
Bari
Baveno
B>
ATLANTE MINIMO
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Belluno
Benevento
Bologna San Vitale
Bolzano
Borgo Tossignano
Brescia
Campiglia
Campobasso
Canneto sull'Oglio
Carbonia
Carloforte
Carovigno
Casalmaggiore
Casalpusterlengo
C>
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PER LA DONNA, PER IL BAMBINO, PER LA RAZZA
Pescia
Piacenza
Piazzola sul Brenta
Pinerolo
Pistoia
Pomigliano
Pontecorvo
Potenza
Reggio Calabria
Reggio Emilia
Rho
Rieti
Riva del Garda
Roma Borgata Trullo
R>
ATLANTE MINIMO
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Roma Cassia
Roma Montesacro
Roma Pietralata
Roma Pigneto
Roma Primavalle
Roma Quadraro
Roma Trionfale
Roma Volpato
Rovigo
Salerno
Salsomaggiore
Sannicola
Sassari
S>
San Pancrazio Salentino
05. DIÀTONI studi di storia dell’architettura e restauro Basato in gran parte su documentazione inedita e fonti a stampa poco note, il libro affronta per la prima volta la storia architettonica delle Case della madre e del bambino costruite dall’ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia) durante gli anni del fascismo, e apre al contempo una serie di interrogativi sul tema architettura-razza. La riflessione nata intorno al ruolo della committenza permette, inoltre, di indagare taluni aspetti legati al concetto di architettura razionalista come rappresentazione delle istanze sanitarie del fascismo, attraverso la ricerca di una correlazione fra i progetti, le costruzioni e i programmi funzionali e simbolici originari. Anche perché dopo la Seconda guerra mondiale, le Case della madre e del bambino sono sopravvissute (a differenza di altri edifici di regime), continuando a esercitare in qualche misura le funzioni per cui erano nate, sebbene con nuovi significati. Tali edifici furono, infatti, oggetto di una “risignificazione” assolutamente necessaria, giacché avevano nella loro genesi una componente ideologica, nel caso specifico razzista, non più accettabile nel mutato contesto storico-politico.
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€ 24,00