Indice 7 Introduzione
I giardini di Abele e le cittĂ di Caino
Parte I Tre progetti per un manicomio: una genealogia 19 Capitolo 1. Un luogo conveniente per gente sconveniente 49 Capitolo 2. Per la salute della stirpe 77 Capitolo 3. La chiave nella toppa: l'ospedale tra pharmakon e pharmakos 110 Appendice alla parte I I tre documenti goriziani: Morire di classe, I giardini di Abele, La favola del serpente
Parte II Learning from asylums 129 Capitolo 1. Luoghi della follia e monumenti della ragione 147 Capitolo 2. La casa della follia: dal panopticon all'abitare resistente 183 Capitolo 3. Basaglia e l'architettura: progetti e discorsi 224 Appendice alla parte II Parco Basaglia: restituzioni in forma di visioni
Apparati Elementi di una ricerca 248 Relazione cofirmata da Franco Basaglia e Daniele Calabi sul progetto preliminare per l'ospedale di Gorizia 250 Disegni delle trasformazioni interne dell'ospedale di Gorizia decise da Franco Basaglia 254 Bozza di articolo per “Casabella� di F. Basaglia, F Basaglia, N. Valle, G Bellavitis 262 Bibliografia e filmografia
Parte I
Tre progetti per un manicomio: una genealogia
Come già anticipato, a Gorizia si succedono e si confrontano tre diverse concezioni dello spazio psichiatrico. Potremmo dire si tratti di tre ospedali diversi, seppure declinazioni dello stesso tipo architettonico del manicomio a padiglioni, che si avvicendano sul medesimo sito. Il primo è il manicomio austriaco, inaugurato nel 1911 e distrutto dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, il secondo è l'ospedale ricostruito dal regime fascista, inaugurato nel 1933, il terzo è l'ospedale che Franco Basaglia trova al suo arrivo nel 1961 e che sovverte radicalmente quanto a pratiche d'uso, in modo meno eclatante, ma non meno significativo, rispetto alle a trasformazioni fisiche. Basaglia discute con l'architetto veneziano Daniele Calabi, e sottopone all'amministrazione provinciale, un progetto di trasformazioni consistenti all'impianto dell'ospedale. Nella difficoltà di portare avanti il progetto, Basaglia, come vedremo, agisce sull'ospedale dall'interno, con modifiche al distributivo capaci di invertirne la logica panottica. Questi interventi, condotti con l'aiuto di un tecnico locale, come spesso accade ai progetti di interni, sono stati trascurati da chi ha studiato la storia dell'architettura del complesso. Ugualmente sono passati inosservati a chi, in ambiti disciplinari diversi, ha studiato il lavoro dello psichiatra. Eppure questo terzo ospedale misconosciuto esiste, nelle intenzioni di Basaglia e Calabi e in parte nelle modifiche attuate. Non coincide con lo stato di fatto attuale del complesso, alterato ulteriormente in seguito, e dunque va ricostruito, confrontandolo con i due progetti precedenti, perché ci restituisca anch'esso un brano di quel dialogo proseguito tra architettura e psichiatria e di cui, per molti versi, rappresenta le battute conclusive. Ripercorrere, come si cercherà di fare, le vicende relative ai tre progetti non serve solo a fare cronaca storica ma a leggere in trasparenza, dietro decisioni politiche e dibattiti cittadini, consulti di psichiatri e architetti stranieri, perizie e regolamenti manicomiali, la trama dei rapporti di potere e le complicate negoziazioni tra i vari agenti della realizzazione e trasformazione di questo luogo complesso. All'interno di questa trama si delineano il ruolo e l'apporto dei diversi saperi coinvolti ed è così possibile tratteggiare le responsabilità, le ambizioni inattese e le potenzialità che invece sono state colte dall'architettura rispetto alla definizione di spazi che incarnano tutte le contraddizioni della comunità di cui sono espressione.
Il “viaggio dei folli� del Manicomio di Gorizia. Disegno dell'autrice.
Capitolo 2
Per la salute della stirpe
Dopo appena quattro anni dall'inaugurazione dell'ospedale, nel dicembre del 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Gorizia si ritrova su una linea di fronte estremamente pericolosa. In ragione di ciò si decide di evacuare il manicomio e di trasferire gli internati. Incarnando quasi letteralmente una moderna stultifera navis, l'immagine medievale della nave dei folli, gli insensati rifiutati da ogni città, gli alienati goriziani intraprendono un lungo viaggio verso l'interno del vasto impero asburgico, fino a Kremsier, nella lontana regione della Moravia. Qui vengono ricoverati in un altro dei sette manicomi austroungarici, il Franz Josef I, omonimo e quasi coevo a quello goriziano, progettato dall'allievo di Otto Wagner, Hubert Gessner, uno degli architetti dei grandi complessi residenziali della Vienna Rossa. Il 9 agosto 1916, l'ospedale di Gorizia viene bombardato con pesantissimi danni a tutti gli edifici. A guerra conclusa, gli internati goriziani non possono dunque farvi ritorno, ma non possono neanche rimanere a Kremsier che, con la dissoluzione dell'Impero, non è più austriaca ma è divenuta Kroměříž, parte della nuova Repubblica Cecoslovacca. I malati goriziani, non essendo cecoslovacchi né più sudditi austriaci, perché intanto Gorizia è divenuta italiana, riprendono allora il loro vagare. Nel 1919 vengono trasferiti nel manicomio di Siena e, in seguito, verranno assegnati a diversi istituti a Venezia, Brescia, San Daniele del Friuli1.
1. L'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia, il testo non ha editore, stampato dalla tipografia sociale di Gorizia nell'agosto dell'XI anno dell'era fascista, ovvero 1933, p. 27.
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Parte I - Tre progetti per un manicomio: una genealogia
Il parco della guarigione infinita
L'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Gorizia, planimetria. Da L'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia, 1933.
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Il parco della guarigione infinita
precedenti, con qualche riduzione per i padiglioni agitati e di osservazione, che perdono l'originaria simmetria, e invece un ampliamento per i padiglioni dei cronici e dei lavoratori. I fronti sono improntati alla semplicità più rigorosa. Le finestre, rettangolari e più piccole delle finestre ad arco ribassato dell'ospedale austriaco, hanno cornici lisce. Non ci sono altre cornici o decorazioni sui prospetti ad eccezione dei portali d'accesso e delle formelle con fiori che si trovano sotto le gronde. Le fotografie degli interni dei padiglioni mostrano i dormitori con le pareti dipinte fino a una certa altezza di un qualche colore più scuro del resto – le zoccolature a olio descritte nel testo, sormontate da decori floreali dipinti – un apparato decorativo semplice e economico. L'edificio della direzione, visibile appunto dalla strada, è quello che più si differenzia dal suo precedente. La direzione austriaca aveva una pianta a doppia T con una parte centrale più bassa, a due piani, arretrata rispetto alle ali laterali, a tre piani, ripetendo lo stesso schema anche in facciata, degli altri padiglioni, solo con un apparato decorativo più ricco nelle cornici sezessionstil. — 55 —
Per la salute della stirpe
L'edificio della Direzione. Da L'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia, 1933.
Parte I - Tre progetti per un manicomio: una genealogia
Il parco della guarigione infinita
In alto: I nuovi servizi igienici dei padiglioni donne. In basso: Dormitori. In primo piano, di scorcio, un letto di contenzione. Da L'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia, 1933.
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Il parco della guarigione infinita
20. Colussi Laura, Intervista a Elvira Luisa Morassi Bernardis, architetto, la prima donna laureata al Politecnico di Milano, in http://www.architetti.gorizia.it/architetti/Elvira%20Luisa%20Morassi%20Bernardis/luisamorassi.html (consultato il 29 aprile 2019). 21. La riedificazione. Quanto la furia bellica distrusse il fascismo riedificò, in L'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia, cit., p. 47. 22. Ibidem. 23. Slavich Antonio, All'ombra dei ciliegi giapponesi. Gorizia 1961, Edizioni alpha beta verlag, Merano, 2018, p. 13.
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Per la salute della stirpe
Gli arredi della biblioteca meritano un cenno particolare, essendo opera dell'architetta Elvira Luisa Morassi Bernardis, una personalità importante nella cultura architettonica locale. Prima donna a laurearsi in Architettura al Politecnico di Milano, nel 1926, Elvira Morassi si dedica all'arredamento di interni, lavorando per alcuni anni nello studio di Gio Ponti e poi, per tutta la sua lunga carriera, a Gorizia. Tra i vari premi, nel 1933, lo stesso anno dell'inaugurazione dell'ospedale goriziano, riceve la medaglia d'argento alla V Triennale milanese per il suo arredamento della “Casa media” 20. Nel libro sull'ospedale compare una fotografia degli interni della biblioteca ma non si fa riferimento all'autrice degli arredi, definiti solo «opera artistica del novecento»21. Si entra invece nel merito del contenuto della biblioteca, di cui sono elencate le annate delle diverse riviste, nazionali e straniere e i trattati delle diverse specialità mediche presenti oltre a neurologia e psichiatria, medicina interna, chirurgia, oculistica, dermatologia, ginecologia. Questo elenco è indicativo anche per l'affermazione con cui si conclude, che fa riferimento a un dibattito culturale e scientifico che caratterizza quel tempo come quelli a venire, definendo in modo chiaro la posizione assunta dalla direzione dell'ospedale: «La psichiatria moderna vuole essere sempre più medicina e sempre meno filosofia: anatomia e fisiologia sono le sue basi naturali ed essenziali»22. Uno dei motivi per cui Franco Basaglia verrà destinato dal mondo della psichiatria ufficiale e accademica italiana al più piccolo, periferico e dimenticato ospedale di provincia, sarà l'essere definito troppo “filosofo”23.
Parte I - Tre progetti per un manicomio: una genealogia
Il parco della guarigione infinita
In questa pagina e a fianco in alto: L'abbattimento delle reti tra i padiglioni. Fotogrammi dalle pellicole 16 mm girate da Giorgio Osbat. Collezione Osbat-Basaglia, Mediateca provinciale isontina “Ugo Casiraghi”.
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Il parco della guarigione infinita
La chiave nella toppa: l'ospedale tra pharmakon e pharmakos
Il cancello dell'ospedale aperto per i permessi di uscita dei degenti. Da “Il Gazzettino” del 24 Ottobre 2011, Marco Bisiach, I cent'anni del manicomio. La “rivoluzione” di Gorizia.
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Parte II
Learning from asylums
Come abbiamo già scritto, quella di Basaglia non è un'azione isolata ma parte di uno Zeitgeist, un processo storico multi-situato e diffuso. Per comprendere e collocare i suoi scritti legati all'architettura è utile avere presente come, all'interno di quello spirito del tempo, vengano affrontati i rapporti tra l'architettura e le istituzioni totali in generale, l'internamento psichiatrico nello specifico, e la loro evoluzione storica. Non pretendendo di procedere a un'improbabile analisi esaustiva, si cercherà di soffermarsi su alcune letture che sono state riferimenti decisivi per Basaglia e il suo gruppo di lavoro. Alcuni di questi riferimenti, che sembrano lontanissimi, non solo geograficamente, dal piccolo manicomio di provincia, e che invece, a un certo punto, si presentano letteralmente al cancello dell'ospedale – come avviene col sociologo francese Robert Castel nell'estate del ’68 – diventano incontri, intersezioni di percorsi, dialoghi, quando ciò che accade a Gorizia conquista un'eco internazionale. Ci concentreremo sul confronto con la Francia per il rapporto preferenziale che nasce tra Gorizia e Parigi, più per l'attenzione di Parigi e per le riflessioni che l'operazione militante basagliana solleva in alcuni circoli intellettuali. Confronti e dialoghi riguardano anche lo spazio e l'architettura, talvolta in relazione alle sue responsabilità pregresse ma soprattutto in prospettiva a un nuovo modo di abitare gli spazi della cura. Le posizioni e i modi di pensare una diversa funzione terapeutica per l'architettura non saranno affatto univoci e faranno emergere le contraddizioni del controverso rapporto tra architettura e salute mentale, ben lontane dall'essere risolte anche nel contemporaneo.
Capitolo 1
Luoghi della follia e monumenti della ragione
Abitare e istituzioni totali Sono state definite istituzioni totali alcune realtà, in parte coincidenti con le eterotopie descritte da Foucault, pensate per fare vivere o lavorare gruppi di persone che, per un considerevole periodo di tempo, si trovano a condividere una situazione comune particolarmente inglobante: chiusa verso l'esterno in modo più o meno integrale, organizzata in un regime formalmente amministrato1. L'istituzione arriva così a determinare in modo, appunto tendenzialmente totale, l'esistenza di coloro i quali vivono al suo interno, che vi sono, cioè, internati. Tali luoghi sono stati assunti dalle scienze sociali e dalla storia del pensiero, soprattutto nell'ambito di quella controcultura diffusasi dalla metà degli anni Sessanta, come emblematici e significativi delle interazioni sociali, delle pratiche di controllo e delle conseguenti forme di resistenza messe in atto dagli internati per contrastare le pratiche di spoliazione, ritagliarsi degli spazi personali, mantenere un qualche tipo di socialità e, principalmente, affermare la propria identità e, più o meno consapevolmente, i propri diritti. L'architettura, costruendo fisicamente i limiti e le strutture interne di queste istituzioni, partecipa al loro funzionamento che avviene, non esclusivamente ma per una parte decisiva, attraverso l'imposizione di determinati modi dell'abitare. Si tratta solitamente di un abitare ritualizzato e burocratizzato, definito da rigidi codici di comportamento che sono spazialmente definiti e che spesso finiscono per essere introiettati da chi li vive. 1. Goffman Erving, Asylums. Le istituzioni totali, cit.
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Parte II - Learning from asylums
Il parco della guarigione infinita
l'alienato ponendolo in stretta dipendenza da un uomo che, per qualità fisiche e morali, sia in grado di esercitare «un imperio irresistibile», il direttore. Quella che ne consegue è «l'assimilazione dello spazio manicomiale al corpo dello psichiatra». Il manicomio è il corpo stesso dello psichiatra, ampliato, espanso, dilatato alle dimensioni di un'istituzione «esteso a tal punto che il suo potere si eserciterà come se ogni parte del manicomio fosse una parte del suo proprio corpo, governato dai suoi stessi nervi»11. Nei trattati di protopsichiatria studiati da Foucault, l'assimilazione tra corpo e manicomio si manifesta in vari modi: - Le scene, prescritte dagli psichiatri come necessarie nel momento in cui un nuovo malato arriva in manicomio, culminano con l'apparizione dello psichiatra, che deve imporsi come presenza fisica, dunque tra i requisiti professionali gli sono richiesti prestanza e robustezza. - L'organizzazione architettonica è tale che il direttore possa virtualmente essere dappertutto, vedere tutto, o che tutto gli sia riferito, «Con il suo sguardo, con il suo udito, con i suoi gesti egli potrà così occupare l'intero spazio del manicomio». Scrive Esquirol in Des maladies mentales: «il medico deve essere, in un certo senso, il principio di vita di un ospedale per alienati. È grazie a lui che tutto può essere messo in movimento; egli dirige tutte le azioni, dal momento che è chiamato ad essere il regolatore di tutti i pensieri». La metafora ha grande fortuna, tanto che Paul Balvet, direttore dell'ospedale di Saint-Alban, ancora nel 1946, dichiara: «Il manicomio è omogeneo allo psichiatra che lo dirige. Il ruolo di direttore non è un grado amministrativo: è una relazione organica di un certo tipo con il corpo che si comanda… Il manicomio può dunque essere concepito come il corpo dello psichiatra»12. L'analogia con il corpo prosegue ben oltre il ruolo del direttore: 11. Foucault Michel, Il Potere psichiatrico, cit., p. 171. 12. Ivi, p. 342, nota 24.
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Il parco della guarigione infinita
«Il potere disciplinare è una modalità specifica di contatto sinaptico corpi-potere»13. Il distributivo architettonico, funzionale alla distribuzione dei corpi dei folli, lo dimostra. Il loro smistamento non corrisponde alla suddivisione nosologica che si sviluppa intanto nei trattati teorici dell'epoca, individuando i vari tipi di manie e di demenze. Come abbiamo già visto, la ripartizione che organizza lo spazio interno del manicomio rispecchia invece differenze tra tranquilli, agitati, docili, ribelli. 13. Ivi, p. 48.
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Luoghi della follia e monumenti della ragione
Camicia di forza. Dal catalogo del Fratelli Rainal, fornitori degli ospedali militari e civili e della Facoltà di Medicina a Parigi. Rainal Fréres, Catalogue général, ed. Maréchal, Parigi 1925, p. 313 (cfr. Benoît MAJERUS, The Straitjacket, the Bed, and the Pill: Material Culture and Madness, in The Routlede History of Madness and Mental Health, Routledge, Londra 2017, pp. 263-276.
Il parco della guarigione infinita
L'ingresso del Parco Basaglia, Gorizia. Edificio della direzione. Queste fotografia e quelle nelle pagine seguenti sono di Fulvio Orsenigo.
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Il parco della guarigione infinita
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Il parco della guarigione infinita
Edificio della centrale e della lavanderia.
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Il parco della guarigione infinita
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