Spazio dicibile. Architettura e narrativa

Page 1

giovanni corbellini *** lo spazio dicibile architettura e narrativa

02 costellazioni * letteraventidue



Spazio e racconto sembrano abitare universi paralleli, destinati a non incontrarsi mai. Il primo costituisce la realtà in cui siamo immersi mentre il secondo intrattiene con la stessa un rapporto mediato, descrittivo o immaginativo, sempre sfasato rispetto al tempo dell’esperienza. Anche dal punto di vista del lavoro creativo e della sua ricezione, essi affrontano questioni e utilizzano strumenti concettualmente contrapposti. L’uno appartiene al campo delle arti sinottiche, in cui il tempo si comprime e si espande nell’interazione con l’osservatore e la sensazione estetica coinvolge direttamente le percezioni, il movimento, l’uso, la materia. L’autenticità è il motore del suo valore, fondato sulla concretezza di una presenza non riproducibile. L’altro è presupposto delle arti sequenziali, in cui il senso si dispiega linearmente, per accumulazioni successive. La direzionalità della sua struttura comunicativa tende all’immateriale


e all’astrazione e può essere registrata e trasmessa attraverso dispositivi notazionali1. «Quando un’opera raggiunge il suo massimo d’intensità,» scriveva Le Corbusier, «si produce un fenomeno di spazio indicibile»2. La qualità ultima dell’architettura risiederebbe dunque nella resistenza alla descrizione; la sua “aura”, come sosteneva Goethe per i fenomeni di stratificazione del significato nella poesia, sarebbe intrinsecamente intraducibile in un’altra “lingua”, tantomeno trasposta dalla complessità delle tre dimensioni alla successione lineare del racconto. Tuttavia, per dirci questo e molto altro, il maestro svizzero ha pubblicato più di settanta libri e la sua formula così convincente nel sostenere l’ineffabile mostra anche quanto le parole siano capaci di evocarlo. Il linguaggio e la costruzione di “storie” di cui esso è strumento sono la nostra interfaccia con il mondo, la maniera di comprenderlo, pensarlo, ricordarlo, trasmetterlo e quindi trasformarlo. Non per


niente, nel tempo complicato nel quale viviamo, la dimensione del racconto è diventata pervasiva e impronta di sé la comunicazione politica e commerciale, oltre a quella personale e sociale, tutte cose e condizioni di cui l’architettura è partecipe. Oggi più che mai – perduta ogni autorità delle forme, consumata in fretta ogni nuova immagine – sono le pratiche discorsive che producono e circondano il progetto a sostenerne senso e azione3. Parole e cose, architettura e comunicazione, testi e immagini intrattengono intense relazioni, soprattutto in un momento dominato da sempre più potenti mezzi informativi. Una tale interconnessione ha naturalmente già prodotto fiumi di parole e numerosi approcci critici, di cui sarebbe impossibile dare conto con un minimo di serietà in un saggio sintetico. Si può provare però a dire rapidamente cosa non ci troverete. Questo non è un manuale di scrittura critica che decostruisce le


tecniche coinvolte nei processi di produzione e descrizione dell’architettura4. Non analizza le strutture narrative di spazi e edifici, né prova a tracciare le reciproche ricadute tra loro e gli universi letterari – poetici, teatrali, cinematografici... – dai quali traggono ispirazione e che a loro volta influenzano5. Non indaga l’ambiguo rapporto tra fatti e finzione connesso all’arte della narrazione6. Non cerca di ripercorrere la storia del passaggio dall’idea prestazionale della modernità alla comunicazione affettiva del postmoderno7. Non intende fornire una disamina dei meccanismi di funzionamento dell’interfaccia percettiva tra osservatori e ambiente costruito8... Si tratta di un racconto meno sistematico, più una collezione di domande che la dimostrazione di una tesi specifica. Questo breve scritto s’interroga su una serie di fenomeni recenti in cui progetto e discorso interagiscono fra loro e producono frizioni



COSTELLAZIONI . Scritture dell’architettura Collana ideata e diretta da Marco Navarra Comitato scientifico Eduard Bru (Barcellona) Davide Tommaso Ferrando (Torino/Madrid) Kurt W. Forster (New York) Mario Lupano (Venezia) Gian Luca Porcile (Genova) Li Xiangning (Shangai)

01. Giacomo Borella, Per un’architettura terrestre 02. Giovanni Corbellini, Lo spazio dicibile. Architettura e narrativa Prossimi titoli: Marco Navarra, Dell’informe. Piccola filosofia pratica Alessandro Rocca, Terra di nessuno Jeremy Till, Spazio, tempo e Architettura lo-fi


Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. Walter Benjamin

Ci sono libri che come lampi aprono un’improvvisa e urgente comprensione del presente e, nella conoscenza stessa, trovano immediatamente gli strumenti per trasformare il mondo. Questa condizione felice ritrova “il tempo della verità” laddove passato e presente perdono i loro confini. I libri della collana, liberi dalla forzature delle intenzioni, scoprono con naturalezza le ragioni di necessità per immaginare punti di vista differenti dalle vulgate dominanti. Le “Costellazioni” presentano scritti che affrontano nuove questioni attraversando trasversalmente discipline diverse. Si tratta di testi irriverenti e eretici che guardano al di là di codici disciplinari consolidati cercando in altri campi stimoli e procedure per ripensare gli strumenti dell’architettura. I libri della collana trasformano occasioni, episodi, cronache in idee che fanno dello spostamento dello sguardo un’affilata pratica critica. A partire dall’architettura, attraverso la qualità e l’espressività della scrittura, le “Costellazioni” esplorano questioni decisive della cultura contemporanea proponendo punti di vista inediti.



Indice

5 Con 73 Note

97 Trame

17 Senza

29 Dopo

45 Durante 59 Prima



Con

Dov’è situato il contenuto specifico dell’architettura? Cos’è che la rende tale? Il primo luogo dove cercare è probabilmente in ciò che la differenzia dalla semplice edilizia: in altre parole nel significato che è capace di comunicare, come esito di una specifica intenzione – di committenti, costruttori, progettisti... – o riconosciuto a posteriori in strutture spontanee, totalmente utilitarie e/o prive di ambizioni estetiche1. Per quanto decisive siano le interazioni di edifici e spazi con gli usi e con i costrutti sociali e informativi che danno loro senso – con il contesto, in senso lato –, il significato architettonico è difficilmente separabile dalle caratteristiche materiali e tridimensionali della “scatola” costruita. In breve, il contenuto dell’architettura tende a coincidere con il contenitore. Questa convergenza alla Marshall McLuhan tra mezzo e messaggio è stata notoriamente messa in discussione da Denise Scott-Brown e Robert Venturi, che avevano ricavato dall’osservazione dell’edilizia commerciale di Las Vegas l’idea di una necessaria separazione fisica e concettuale tra 5



Senza

In confronto ad altri media, l’architettura è costosa, lenta, pesante, limitata, scarsamente efficace, e i fenomeni di separazione tra struttura edilizia e apparati dedicati a veicolarne il significato ne sono in parte una conseguenza. Uno dei motivi, come ha fatto notare Walter Benjamin, è che “L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della collettività”1. Questa sua caratteristica intrinseca, legata al valore d’uso e al ruolo di sfondo che edifici e città svolgono rispetto alla vita delle persone, subisce un’accelerazione proprio negli anni in cui il filosofo tedesco scriveva della serialità meccanica determinata dalle nuove tecnologie e delle trasformazioni che questa produceva nei vari campi dell’arte. L’Italia tra le due guerre propone al riguardo un caso di particolare evidenza, anche e soprattutto per gli addentellati politici così centrali nella riflessione di Benjamin. Il ruolo pubblico dell’architettura durante il fascismo è stato più volte affrontato da Francesco Tentori, che ne ha approfondito la relazione/competizione con 17



Durante

Per abitare i mondi fluidi e in continua evoluzione della comunicazione e raccontare le proprie storie, l’architettura ha comunque ancora bisogno di essere pensata, disegnata e costruita, e l’“effetto Bilbao” ne è un testimone1. Proprio l’opera di Gehry mostra quanto i cambiamenti nelle tecnologie dell’informazione che hanno investito i media attraversino i molteplici livelli della riflessione progettuale. Quest’ultima assiste inoltre a una crescente complessità di attori e saperi tecnici coinvolti nei processi di trasformazione ambientale, tale da rendere la gestione della loro relazione e degli strumenti comunicativi in gioco una delle questioni principali, se non quella maggiormente determinante. Di conseguenza, non appare casuale il fatto che le architetture più interessanti degli ultimi trent’anni mostrino un’attenzione senza precedenti verso la “cucina” del progetto e le sue ricette. Ciò che un tempo era gelosamente nascosto oggi è reso esplicito: in altre parole, i processi d’ideazione e negoziazione con il reale hanno raggiunto un’importanza paragonabile a quella dei loro esiti formali e della stessa concretizzazione fisica. 45



Trame

Anche la fotografia – secondo Adolf Loos – mostrerebbe la stessa incapacità della parola di afferrare la consistenza geometrica e materiale dell’architettura. Ma entrambe fanno spazio mentre lo inseguono, nel senso che interpongono un margine tra le cose e il modo di pensarle: ci consentono di guardare il mondo cogliendone le “trame”, tracciando transizioni, spostando il nostro sguardo dal quadro alla cornice. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Roma, 2015; Stoccolma, 2010. Barakaldo, 2008; Istanbul, 2010; Siviglia, 2015. Padova, 2016. Death Valley, 2016; Barnens Ö, 2011; Dolacis, 2016. Istanbul, 2010; Vietri sul mare, 2014. Atene, 2009. Madrid, 2009. Istanbul, 2010. Bordeaux, 2012; Marne-la-Vallée, 2015; Milano, 2015; Istanbul, 2010. 10. Bregenz, 2005; Berlino, 2008. 11. Atene, 2009; Stoccolma, 2010. 12. Buje, 2011; Madrid, 2009. 13. Borgo Valsugana, 2012; Padova, 2010. 14. Istanbul, 2010; Istanbul, 2010; Stoccolma, 2010. 15. Istanbul, 2010; Stoccolma, 2010. 16. Ravenna, 2012. 97



–1–


–8–


–9–


– 12 –


– 13 –


– 16 –


Giovanni Corbellini (1959), architetto, critico e docente di progettazione e teorie all’Università di Trieste, è autore di numerosi articoli e libri. Tra i più recenti, Exlibris. 16 parole chiave dell’architettura contemporanea (2007, ristampato da LetteraVentidue nel 2016), Bioreboot. The Architecture of R&Sie(n) (Princeton Architectural Press, 2009), Le pillole del dott. Corbellini (LetteraVentidue, 2010, tradotte in inglese per gli stessi tipi, 2016, e in francese da Le Cabanon, 2012), Housing is back in town (LetteraVentidue, 2012), Parametrico nostrano (con Cecilia Morassi, LetteraVentidue, 2013), Go Re-cycle! (e-book con Eva De Sabbata, LetteraVentidue, 2014).


“Quando un’opera raggiunge il suo massimo d’intensità”, scriveva Le Corbusier, “si produce un fenomeno di spazio indicibile”. Sembra quindi che la qualità ultima dell’architettura risieda nella resistenza alla descrizione. Tuttavia, per dirci questo e molto altro, il maestro svizzero ha pubblicato più di quaranta libri e la sua formula così convincente nel sostenere l’ineffabile mostra anche quanto il racconto sia capace di coglierlo. Parole e cose, architettura e comunicazione, intrattengono intense relazioni, soprattutto in un momento dominato da sempre più potenti mezzi informativi. Questo breve saggio s’interroga sulle molteplici intersezioni tra progetto e narrativa: sull’architettura “parlante”; sulla sua potenziale sostituzione da parte di mezzi più efficaci; sui paradossi della sua descrizione; sui processi che connettono i molteplici protagonisti di una realizzazione; sulla capacità del racconto di cambiare la percezione collettiva e di rendere possibili approcci innovativi…

€ 12,00


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.