La mia riflessione sull’architettura è esplorativa, è un viaggiare continuo tra argomenti vecchi e nuovi. In certe fasi assomiglia a un vagabondaggio in cui il movimento si alimenta con il desiderio dell’incontro inaspettato, la sorpresa, la coincidenza che aiuta ad aprire un nuovo capitolo. In altre fasi, invece, il mio percorso ritorna su questioni vecchie e già affrontate che, sospinte dalla contingenza, tornano a sembrare importanti, magari dopo un periodo più o meno lungo di oblio. Perché, e questo è un sentimento a cui incomincio a essere affezionato, il senso del tempo non è più lineare, è stato cambiato dalla rivoluzione digitale che rimescola e contamina ogni cosa e restituisce, come la risacca del mare, frammenti incoerenti di discorsi, progetti, pensieri, sviluppati in momenti e luoghi diversi. Il passato recente sembra non passare e siamo tutti contemporanei ma questo, a mio parere, non vuol dire che sia tutto uguale, appiattito su
un unico schermo o database, non condivido i timori sul pensiero unico e sull’omologazione totale. Mi sembra invece che viviamo in un tempo dilatato, in un’onda lunga dove tutto si tiene e dove tutto ha una ragione, a patto che siamo in grado di ricordarci da dove le cose provengano. In più, dobbiamo fare uno sforzo per riconoscere le forze attive che, come agenti chimici e biologici che ribollono nel caos di un brodo primordiale, continuano a produrre reazioni diverse e fermentano germi di futuro in un mondo che tende a considerarsi postumo, ossessionato dalla forma della propria fine. Si è molto discusso se fosse giusto considerare la quattordicesima Biennale veneziana come la fine di un’epoca, cioè se si dovesse condividere l’obiettivo esplicitamente espresso dal curatore, di sintetizzare e chiudere il secolo della modernità identificato dalla titolazione nell’intervallo 1914-20141. Molti hanno accusato Rem Koolhaas, l’artefice di questa audace resa
dei conti, di voler liquidare se stesso e un’intera generazione. Secondo Peter Eisenman, Koolhaas intendeva questa mostra come “la fine della sua carriera, della sua mitologia, la fine di ogni cosa, la fine dell’architettura”. E non c’è dubbio che questo aspetto fosse molto presente, e cioè che Koolhaas mettesse in gioco tutta la sua storia, e persino il suo futuro, in un gesto che poteva apparire come un possibile gran finale, come un’anteprima un po’ barocca di un’uscita di scena che, in realtà, si annuncia ancora lontana. Basti vedere l’intensità dei suoi lavori in corso e quello che è appena stato fatto alla fondazione Prada. Così come era inevitabile che il più tattico degli architetti intellettuali, Eisenman, avrebbe approfittato di un manifesto così avventuroso e di una difesa tanto sguarnita. Perché è vero che Koolhaas si è presentato al pubblico mondiale nudo, esponendo installazioni pericolanti e piccoli cataloghi molto poco fondamentali, per citare l’ambizioso titolo della
mostra, e così zeppi di svarioni e refusi che sono anche costati il posto a un illustre preside di una prestigiosa università americana. Ma è vero anche che, una volta tanto, i padiglioni nazionali sono venuti in soccorso del curatore esponendo archivi preziosi e meditazioni raffinate, con risultati di molto superiori rispetto alla media delle edizioni precedenti. La Biennale di Koolhaas è appena passata ed è già stata rimpiazzata, nel suo messaggio profetico, da quella di Alejandro Aravena che, rivoltando il cannocchiale dalla parte giusta, ha inquadrato il futuro con altri temi, riti e mitologie, e con un ammirevole ottimismo nella forza salvifica delle buone intenzioni. Tuttavia, la Biennale di Koolhaas, sbagliata, troppo ambiziosa e un po’ cialtrona, aveva colto un punto fondamentale, cioè aveva fatto i conti con un passato che non passa, inquadrando il tema che mi sembra oggi veramente al centro di ogni cosa, questa nuova condizione atemporale in cui l’intera storia dell’architettura ci
si presenta come una mappa di fatti ed eventi sincronici e dove tutto è ugualmente anacronistico. Nel film di Woody Allen Midnight in Paris, il protagonista Gil, interpretato da Owen Wilson, incappa in una scheggia temporale impazzita della Parigi degli anni Trenta e si trova seduto al bar a bere e a chiacchierare con Hemingway e Fitzgerald, Picasso, Man Ray e Salvador DalÏ, per rientrare poi ogni mattina negli anni duemila. Anche per noi ogni discorso sembra inevitabilmente ripartire da uno o piÚ elementi generatori annidati in qualche piega del moderno, che siano gli arcinoti capolavori dei maestri, le idiosincrasie dei radicali o le rigide malinconie della Tendenza, e anche noi, come Gil, ogni mattina ci risvegliamo in un presente che, per fortuna, prelude a un futuro sempre meno prevedibile, immersi in una storia ancora da scrivere.
COSTELLAZIONI . Scritture dell’architettura Collana ideata e diretta da Marco Navarra Comitato scientifico Eduard Bru (Barcellona) Davide Tommaso Ferrando (Torino/Madrid) Kurt W. Forster (New York) Mario Lupano (Venezia) Gian Luca Porcile (Genova) Li Xiangning (Shangai)
Nella stessa collana: 01. Giacomo Borella, Per un’architettura terrestre 02. Giovanni Corbellini, Lo spazio dicibile. Architettura e narrativa
Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. Walter Benjamin
Ci sono libri che come lampi aprono un’improvvisa e urgente comprensione del presente e, nella conoscenza stessa, trovano immediatamente gli strumenti per trasformare il mondo. Questa condizione felice ritrova “il tempo della verità” laddove passato e presente perdono i loro confini. I libri della collana, liberi dalla forzature delle intenzioni, scoprono con naturalezza le ragioni di necessità per immaginare punti di vista differenti dalle vulgate dominanti. Le “Costellazioni” presentano scritti che affrontano nuove questioni attraversando trasversalmente discipline diverse. Si tratta di testi irriverenti e eretici che guardano al di là di codici disciplinari consolidati cercando in altri campi stimoli e procedure per ripensare gli strumenti dell’architettura. I libri della collana trasformano occasioni, episodi, cronache in idee che fanno dello spostamento dello sguardo un’affilata pratica critica. A partire dall’architettura, attraverso la qualità e l’espressività della scrittura, le “Costellazioni” esplorano questioni decisive della cultura contemporanea proponendo punti di vista inediti.
Stampato su carta Fedrigoni Woodstock Cipria
04 . COSTELLAZIONI ISBN 978-88-62-42-230-7 Prima edizione italiana aprile 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Alessandro Rocca Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’editore si augura che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Tutte le fotografie sono dell’autore. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione: Francesco Trovato, Raffaello Buccheri Finito di stampare nel mese di aprile 2017 presso lo Stabilimento Tipolitografico Priulla S.r.l. (Palermo) LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni
alessandro rocca
lo spazio smontabile ornamenti,immagini,parodie
Indice
5 Le immagini, a proposito di un tabĂš architettonico
35 Composizione e postproduzione: il montaggio
61 Un’altra postproduzione: la fine del classico
73 Parodie, analogie e altre imitazioni
Le immagini, a proposito di un tabù architettonico
Qualche anno fa Valerio Olgiati ha chiesto a quarantaquattro architetti, la sua personale selezione dei migliori, di mandargli dieci immagini che “mostrassero le basi del loro lavoro”1. La raccolta che ne è risultata è singolare e anche sorprendente. Il primo punto, che ho trovato abbastanza sconcertante, è che molti hanno radunato immagini disparate, mettendo insieme tecniche e soggetti che non riescono a connettersi in una sequenza comprensibile. In più, la successione casuale degli architetti, posti in ordine alfabetico, suscita ben poche coincidenze, o contrasti, di qualche interesse. In poche parole, si può dire che la logica del montaggio non ha funzionato, le immagini non interagiscono tra loro tranne nei casi in cui sono legate da parentela esplicita e letterale. Per esempio, alcuni architetti giapponesi raccolgono immagini molto belle organizzate in piccole serie omogenee, come Junya Ishigami, Arata Isozaki e Toyo Ito, e così fanno anche Alvaro Siza, con i suoi schizzi, e Jürgen Meyer H., mentre il Meier americano, Richard, sorprende con una miniserie di tre collage autografi, 5
Le ninfe dormienti Il sacro Bosco di Bomarzo per me rappresenta la quintessenza dell’architettura perché lì si produce forma, struttura, significato, emozione, racconto, soltanto attraverso gli strumenti del disegno, del progetto e della costruzione. Apparizione unica di una lontananza, sguardo ricambiato, il Bosco è un anacronismo abitato da divinità ed eroi di culti e miti che ricordiamo malvolentieri, e da visitatori che lo perlustrano in traiettorie a spirale senza trovarne il centro e tornando, involontariamente e periodicamente, negli stessi luoghi che, a distanza di qualche minuto, si offrono alla vista da angolazioni diverse. A Bomarzo non c’è paesaggio, c’è solo un’architettura che è arte totale, un palinsesto teorico e tecnico in cui la scultura e il giardino sono gli attori protagonisti. Questo ho visto e fotografato in una nebbiosa mattina, con il mio smartphone, nel dicembre del 2015. 1. Drago. 2. Ninfa dormiente. 3. Venere. 4. Fontana asciutta. 5. Casa pendente. 6. Cerere. 7. Ercole e Caco. 8. Furia alata. 9. Elefante. 10. Il teatro. 11. Ghiande e pigne. 12. Scalinata. 13. Muro e scalinata. 14. Rotonda. 15. Tomba. 16. Echidna e i due leoni. 111
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