Indice 7 Moto retrogrado Marcella Aprile
19 A tempo e a luogo Palermo e le forme della temporalitĂ Giuseppe Di Benedetto
35 Goethe, Schinkel e il principe di Salina Angelo Torricelli
73 Ellison, o del paesaggio mentale Angelo Torricelli
87 Palermo dei luoghi, Palermo dell'astrazione Angelo Torricelli
99 Il cielo sopra Palermo Andrea Sciascia
Vista aerea di Palermo lungo la direttrice sud/nord, via Oreto, via Maqueda, via Ruggero Settimo, viale della LibertĂ .
Moto retrogrado Marcella Aprile
Rileggere, a distanza di vent'anni, i saggi scritti su Palermo da Angelo Torricelli mi rimanda, con un minimo di nostalgia, a un periodo condiviso e vissuto in una condizione di grande libertà scientifica e di spensieratezza accademica, se è consentito usare un termine – forse inappropriato – ma che segna bene la differenza tra quegli anni e gli attuali. Libertà perché era possibile sperimentare forme di didattica congruenti con le condizioni al contorno e ibridarle con le ricerche e, vorrei dire, anche con le passioni personali. Spensieratezza perché a nessuno era imposto di ricercare, studiare e scrivere e insegnare muovendosi dentro griglie predefinite, ancorché fosse comunque necessario e logico praticare ambiti riferibili alla comunità scientifica di appartenenza e perseguire risultati trasmissibili e significativi per gli studi di Architettura e utili agli studenti di Architettura. Angelo Torricelli arriva a Palermo e incomincia subito a guardarsi attorno per capire una città che resiste a forme sintetiche e rapide di comprensione: una città che restituisce una molteplicità di aspetti, ambigui e contraddittori; che contiene più strutture – alcune
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Antonino Grano, frontespizio del volume Del Giudice Michele, Palermo magnifico ne' Trionfi di Santa Rosalia, Palermo 1686.
A tempo e a luogo
Palermo e le forme della temporalità Giuseppe Di Benedetto «“La conoscenza della storia non mi faceva avanzare d'un passo; le cose distavano appena un palmo da me; ma un muro impenetrabile mi separava da esse”. In un simile stato d'animo – e senza che fosse di grande conforto il paragone con Goethe a Venezia – si trovava chi scrive nella primavera del 1989, appena chiamato presso la Facoltà di Architettura di Palermo come professore di composizione»1. Ho conosciuto Angelo Torricelli pochi mesi dopo il suo arrivo a Palermo, quando quel “muro impenetrabile” si stava ormai sgretolando sotto i colpi di una conoscenza penetrante e in lui maturavano interpretazioni acute su una città, allora come oggi, difficile da capire. Divenni il suo assistente e lo rimasi per tutto il periodo della sua permanenza nella Facoltà di Architettura palermitana2. 1. Torricelli Angelo, Goethe, Schinkel e il principe di Salina, in Id., Il Castello a mare di Palermo, Flaccovio, Palermo, 1993, p.11. 2. Gli anni Novanta coincidono con l'ultimo periodo segnato della presenza di docenti provenienti da varie parti d'Italia. Questi innesti avevano avuto inizio a partire dagli anni Sessanta con l'arrivo di Carlo Aymonino, Vittorio Gregotti e Alberto Samonà. Erano poi proseguiti negli anni Settanta con Franco Berlanda, Salvatore Bisogni, Tommaso Giuralongo, Ruggero Lenci, Carlo Melograni
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Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, e Nicolao Anito, “Pianta geometrica e novella ... della città di Palermo ...”, 1777, Collezione Rosario La Duca.
Goethe, Schinkel e il principe di Salina Angelo Torricelli «La Sicilia cominciò ad attirare i viaggiatori europei, e con essi i pittori interessati a rappresentare luoghi e paesaggi, solo nella prima metà del Settecento: questo fenomeno va messo senz'altro in relazione con la riscoperta che gli stessi siciliani fecero, intorno alla metà del secolo, del loro passato classico e con il correlativo interesse per le testimonianze visibili di tale passato»1. In questo stesso periodo la “pianta geometrica” di Palermo del marchese di Villabianca, stampata nel 1777 in prima edizione, delinea in modo chiaro e preciso il complesso portuale della città, articolato nei due porti, antico e moderno, tra i quali si interpone la fortezza del Castello a mare; inoltre, evidenziando nel contesto urbano il tracciato dei due principali corsi d'acqua e dei relativi alvei, fissa, per così dire, quella interpretazione della forma urbis originaria che sarà destinata a divenire “canonica”. Per contro, il genere artistico della veduta, che in Sicilia fa la sua apparizione con notevole ritardo 1. Krönig Wolfgang, Vedute dei luoghi classici della Sicilia. Il Viaggio di Philipp Hackert del 1777, Sellerio, Palermo, 1987, p. 9.
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a. Louis-Jean Desprez, Porto e cittĂ di Palermo preso dall'interno del Porto, da R. Saint-non, Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples e Sicile, vol. IV, Paris 1785. b. Jacob Philipp Hackert, Prima veduta del Porto e la Baia di Palermo, presa dalla Deputazione della SanitĂ , 1791, Palazzo Reale di Caserta, 1777; particolare.
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rispetto ad altre regioni d'Italia, comporta la rinuncia a «comprendere come oggetto principale della rappresentazione il fatto urbano, la sua struttura, la sua forma insieme storica e presente. Con un paradosso, quindi: che la Palermo che entra a far parte tardivamente della storia della veduta europea è una città perlopiù lontana, un addensarsi della luce su cui il monte proietta la sua ombra, oppure una città nascosta dal fondale dei palazzi di fronte al mare, una città insomma riassorbita nel gioco del paesaggio e degli elementi, disposta tra mare e cielo come una presenza quieta e attenta a non turbare l'armonia dello scenario naturale»2. Sicché, per convergere al centro del nostro interesse, nelle vedute del porto dei voyages pittoresques (in particolare nell'incisione di Louis-Jean Desprez) o in quella ad olio di Jacob Philipp Hackert, le rappresentazioni instaurano un modello iconografico profondamente divergente da quello della prima cartografia moderna. In particolare, la frattura tra la fortezza bastionata del Castello a mare e la città risulta riassorbita nella dimensione – aspra o idilliaca – del paesaggio, dominato dal Monte Pellegrino ormai incorporato alla città per mezzo della “Scala Nuova”, ossia la strada di accesso realizzata in parte su piloni ed archi tra il 1674 e il 1725, lungo cui si svolge l'annuale pellegrinaggio alla grotta di Santa Rosalia. Soltanto un dipinto ad olio di autore ignoto, eseguito in più esemplari nella seconda metà del xviii secolo, raffigura il Castello come soggetto 2. Troisi Sergio, Vedute di Palermo, Sellerio, Palermo, 1991, p. 42.
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a. Anonimo, Veduta di Palermo, xviii secolo, Galleria Regionale della Sicilia, Palermo; particolare. b. P.B. Bouttats, Pianta e vedute laterali della Grotta di Santa Rosalia, da G. Stiltingo, Acta S. Rosaliae Virginis Solitariae, exmiae contram pestem Patrona, Apud B.A.Vander Plassche, Palermo 1748.
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principale, con il Molo nuovo e il Monte Pellegrino sullo sfondo. L'antipolarità tra Castrum Superius e Castrum Maris, elemento dominante della rappresentazione urbana a partire dalla nota miniatura che illustra il Liber ad honorem Augusti scritto da Pietro da Eboli nel 1195, non viene più colta come un carattere della città dai viaggiatori moderni. Ma proprio a partire da questa constatazione, o meglio da questo “indizio”, sembra utile ripercorrere i passi topici di talune descrizioni, o addirittura formularne altre in ipotetica alternativa, per tentar di spiegare le ragioni di tale “assenza”. Nel 1787 Goethe, accompagnato dal pittore Cristoph Heinrich Kniep arriva a Palermo dal mare; non “cede all'impazienza di scendere a terra”, ma rimane sul ponte ad osservare il panorama della città: «dove avremmo potuto, altrimenti, sperare un simile punto di vista, un momento così esaltante?»3. La visione che gli si offre consente di cogliere sinteticamente i caratteri del sito, comprendendo come essenziale tra essi la luce. Entrato poi in città e raggiunta «una grande locanda», riconsidera dal balcone gli elementi costitutivi del paesaggio: la rada, il monte, il mare. II giorno successivo curando di «studiare bene la città, assai facile da osservarsi superficialmente ma difficile da conoscere», ne coglie il dualismo; «una strada lunga alcune miglia l'attraversa dalla porta inferiore a quella superiore, ossia dalla marina sino al monte, ed 3. Goethe Johann Wolfgang, Viaggio in Italia (1829), trad. di Emilio Castellani, Mondadori, Milano, 1983, p. 254.
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