08 Collana Alleli / Research Comitato scientifico Edoardo Dotto Nicola Flora Antonella Greco Bruno Messina Stefano Munarin Giorgio Peghin I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review
ISBN 978-88-6242-231-4 Prima edizione italiana Febbraio 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Giusi Bruno Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione Giuseppe Scirè Banchitta Copertina Martina Distefano LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa Web www.letteraventidue.com Facebook LetteraVentidue Edizioni Twitter @letteraventidue Instagram letteraventidue_edizioni
Giusi Bruno
WH I T E & CO LO R ED Architettura e segregazione razziale nel South degli Stati Uniti 1930-1965
Indice
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Introduzione Paola Barbera PREMESSA Oggetto della ricerca Stato degli studi
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1. LUOGHI E TEMPI DELLA SEGREGAZIONE RAZZIALE NEL SOUTH Inquadramento storico
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2. LA SEGREGAZIONE A SCALA URBANA The black town Dalla città al quartiere: racial-zooning
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3. SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO Hospitals and Health Centers Railway Stations, Bus Terminals, Airports Commercial Centers and Banks Theaters and Cinemas
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4. EDIFICI TOTALMENTE SEGREGATI Schools Swimming-pools Churches and Religious Communities
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5. CONCLUSIONI Ruolo e responsabilità dell’architetto Memoria degli edifici, riuso o cancellazione
APPENDICE Mississippi State University Libraries Special Collections Department Manuscripts Division Bibliografia
INTRODUZIONE Paola Barbera
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La scena è notissima. Il protagonista del film è uno dei grandi eroi del cinema americano, uno dei più amati, anche dal presidente Barak Obama, che lo ha citato più volte negli anni del suo mandato fino al discorso di chiusura a Chicago l’11 gennaio 2017. Si tratta di Atticus Finch, l’avvocato ideato dalla penna di Harper Lee in To Kill a Mockingbird e magistralmente interpretato da Gregory Peck. L’aula del tribunale dove si svolge il processo contro Tomhas Robinson, un giovane uomo nero accusato, ingiustamente, di aver violentato una ragazza bianca, è gremita. Lo spazio, pur di modeste dimensioni, ha la solennità e il carattere di un luogo pubblico di rilievo. La stanza, a pianta centrale, ha due livelli: quello inferiore, aperto solo a uomini bianchi, e «la balconata destinata ai negri [che] correva lungo tre pareti dell’alula, come un ballatoio» (H. Lee, Il buio oltre la siepe, I ed. it. 1962). Tutto il processo è ripreso enfatizzando i due punti di vista, dal basso e dalla balconata, sottolineando la separazione – fisica, ma non solo – tra “i bianchi” e i “neri”, rigorosamente e rigidamente divisi, financo nei percorsi per accedere al tribunale. Un’unica eccezione, un’unica macchia di “colore” diverso, rompe l’uniformità dettata dalle leggi prima e dalle abitudini poi: sono i bambini, Scout e Jem, figli di Atticus, e il loro amico Dill, che incuranti di regole ai loro occhi incomprensibili salgono su e si mescolano con una folla di uomini, donne, bambini e persino qualche neonato dalla pelle nera.
INTRODUZIONE
Architetture pensate per essere percorse, usate, abitate secondo una logica di separazione e segregazione sono state per lungo tempo, anche dopo l’abolizione delle leggi razziali, la norma negli stati del Sud e oggi pongono interrogativi ineludibili, rivolti tanto alla storia passata, quanto al nostro presente. Quali sono le responsabilità dell’architetto? Può la progettazione dello spazio, urbano o architettonico, influenzare dinamiche di convivenza pacifica? Come si possono far coesistere tradizioni e usi diversi in uno spazio comune e condiviso? E, infine, come custodire la memoria di queste architetture per non dimenticare questo passato recente? La ricerca di Giusi Bruno ci conduce in questo territorio, poco conosciuto e solo di recente esplorato da architetti e studiosi, aprendo prospettive inedite su una storia per lungo tempo trascurata, che coinvolge tutte le scale del progetto: paesaggi, infrastrutture, città, edifici. L’autrice ordina con intelligenza un vasto materiale di archivio e un altrettanto ampio repertorio di articoli tratti da riviste come “Architectural record” o “Progressive architecure”, costruendo un ragionamento per tipi di edifici: ospedali, stazioni, aeroporti, banche, edifici per uffici, teatri, cinema, chiese, scuole, impianti sportivi. In molti casi la richiesta di ingressi, percorsi, servizi e luoghi d’attesa separati viene accettata dagli architetti come uno dei dati del programma funzionale; sono rari i casi in cui gli articoli che illustrano progetti che rispondono a regole di segregazione o separazione razziale
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prendono posizione, come fa “Progressive architecture” nel 1948: «Un’altra cosa che non si può non notare è la separata disposizione per razze in alcune cliniche del South […] ma a parte il gravoso problema sociale, che questa disposizione dei servizi richiede, esiste uno straordinario spreco di denaro e di metratura utile» (si veda quanto riporta l’autrice a p. 71). Il ricchissimo apparato iconografico del volume ci racconta poi come possa cambiare il linguaggio dell’architettura – dal pesante eclettismo storicista della stazione di Birmingham (p. 99) alle leggere vetrate che avvolgono il cilindro trasparente del Trailways Terminal a Jackson (p. 104) – senza che cambino gli usi e la concezione di uno spazio che separa la main waiting room dalla negro waiting room. Dagli inizi del Novecento agli anni Sessanta il modo di concepire il progetto di architettura si è radicalmente trasformato. Giusi Bruno ci conduce in un itinerario serrato che ci illustra alcuni passaggi fondamentali di questi cambiamenti, ma oltre ciò che è stato già studiato (il progressivo abbandono di forme “stilistiche”, la conquista di una tradizione del moderno, il ruolo centrale della funzione nel progetto) ci mostra quanto è rimasto in ombra e ci racconta come sia stato più semplice liberarsi dalle memorie neoclassiche, da colonnati e frontoni, che non da norme e abitudini che a lungo, troppo a lungo, hanno continuato a determinare spazi di segregazione e separazione.
1 I luoghi e i tempi della segregazione razziale nel SoutH
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INQUADRAMENTO STORICO Fenomeni di intolleranza razziale sono comparsi in tutte le zone del mondo in cui si sono trovate a coesistere comunità multietniche. Prima di affrontare l’argomento del saggio, vediamo quali fattori avviarono la tendenza razzista nel South che è considerato un territorio a se stante nella geografia degli Stati Uniti, a causa dell’identità storica e culturale. La regione è stata indicata con vari sinonimi: South America, Dixie, Down South o semplicemente South ed è costituita da una larga parte del centro-sud degli USA1. Nel XVII secolo, per ripopolare il Nuovo continente, i coloni iniziarono a importare forza lavoro dall’Africa. Questo processo aveva creato una società multirazziale in cui gli oriundi europei vivevano in stretto contatto con i braccianti di colore. Dopo il 1800, la coltivazione del cotone divenne una risorsa economica molto importante nel South, pertanto aumentò la richiesta di schiavi che rappresentavano energie a basso costo. In quel periodo però tra il Nord e il South s’instaurarono gli squilibri economici che portarono alla Secessione; i motivi scatenanti furono principalmente due: l’aumento federale delle tariffe per sostenere il settore manifatturiero del Nord e la concessione agli stati federali di detenere un maggior numero di schiavi. In un primo tempo era stato fissato un rapporto numerico tra “liberi” e “schiavi” ma, dopo la guerra tra Messico e Stati Uniti, nuovi territori furono annessi alla confederazione americana e in essi fu impedita la schiavitù; ciò causò l’inasprimento dei rapporti tra Nord e South. Dopo la Guerra di secessione durata quattro anni, il South uscì stremato ma determinato nel mantenere la schiavitù. Negli anni travagliati a cavallo della Guerra civile, furono emesse leggi dette Black Codes per limitare i diritti umani di base e le libertà civili dei neri. Pur cambiando da stato a 1. Gli stati che formano il South sono: Texas, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Tennessee, Alabama, Florida, Nord e Sud Carolina, Virginia, Georgia. Missouri, Kentucky e Delaware diedero vari gradi di supporto alla causa del South sebbene rimanessero nell’Unione, pertanto sono considerati stati di “confine”.
2 La segregazione a scala urbana
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THE BLACK TOWN Per affrontare l’argomento della segregazione a scala urbana, seguiamo il suggerimento della scrittrice L. Naa Norle Lokko: iniziamo da una scala territoriale per poi restringere il nostro obiettivo sulla città. Un saggio del 1934 di Robert E. Park1 descrive le backways della Tuskegee’s Macon County, vie di comunicazione riservate alla gente di colore; solo un attento studio del territorio permette di scorgere, insieme alla rete viaria in cartografia, l’esistenza di una rete non pianificata di sentieri stretti, non riportata sulle carte, che collega, s’interseca e integra le strade pubbliche. Questi due sistemi di collegamento – le vie pubbliche che univano le città alle piantagioni e i sentieri che univano i borghi abitati dalla popolazione nera – evidenziano le complicate interrelazioni e divisioni esistenti tra le due comunità della contea. L’ecosistema paesaggio appare più ampio della somma delle sue parti. La sua complessità storica non può essere apprezzata semplicemente con lo studio dettagliato dei suoi componenti, ma è necessario allargare l’osservazione ai fenomeni storici e culturali che hanno creato il paesaggio; quindi nel campo dell’architettura occorre parlare di landscapes from below2. Nel XIX secolo negli Stati Uniti, numerose iniziative vennero avviate per creare città omogenee per razza dove confinare la gente di colore. La storia delle black town può essere presentata attraverso la storia di Nicodemus, una di queste città. Per cercare di giustificare il fenomeno, possiamo dare due spiegazioni contrastanti: pensare che si volesse realmente relegare in un particolare sito la popolazione nera, o meno verosimilmente che, confinandola, si cercasse di proteggerla dalla sopraffazione dei bianchi. 1. Il saggio di Robert E. Park introduce The Shadow of the Plantation (University of Chicago Press, Chicago, 1934) di Charles S. Johnson. È stato ripubblicato postumo nella raccolta Robert E. Park, Race and Culture (Glencoe III), Free Press, 1950, p. 66-78. 2. Kenrick Ian Grandison, Negotiated space in Sites of Memory Perspective on Architecture and race, a cura di Craig E. Barton, New York, N.Y. 2001, p. 19.
3 – SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO
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Piante del Noxubee County General Hospital a Macon in Mississippi. Le sale d’aspetto divise da un semplice tramezzo (da Isadore Rosenfield, A Program ... cit.).
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doppio padiglione permette di essere costruito velocemente e risulta più economico: «Lo schema serve un’amministrazione centrale ed un core circolare da cui s’irradiano le ali con le unità infermieristiche[…] L’uso di rampe circolari rende possibile l’articolazione dei padiglioni su differenti livelli, con o senza seminterrato, prendendo tutti i vantaggi nei terreni in pendenza»15. Se veniva progettato un edificio semplice, la parte centrale poteva essere eliminata; uffici, sale medicazione e altre attrezzature necessarie potevano essere allocate in una delle ali e le rampe interne usate come collegamento. Di solito in una di queste ali venivano relegati i pazienti di colore. L’immagine dell’ospedale rappresentata è una grande struttura razionale, con finestrature regolari sulle tre ali che lo compongono e un nucleo centrale illuminato da un lucernario circolare. L’articolo pubblicato da Progressive Architecture16 nel Novembre 1946, scritto da Isadore Rosenfield, è ricco di spunti critici in tema di organizzazione ospedaliera. Il fabbisogno di posti letto nel paese alla data del 1939, era stimato in 180.000 per le strutture di cura generale, 130.000 per i centri di cura mentale e 50.000 posti per i tubercolosari. In aggiunta a queste esigenze, vi era una grande necessità di Health Center, la giornalista riteneva che circa la metà degli ospedali esistenti fosse obsoleta e da dismettere. Per affrontare questa grande richiesta era stato redatto un programma contenuto in “The Hospital Survey and Construction Act”. In esso si affermava che: «Ciascun progetto deve raggiungere gli standard per quanto riguarda l’assenza di discriminazione per motivi di razza, credo, colore e deve provvedere ai servizi ospedalieri per persone incapaci di pagare il costo completo»17. A seguito di questo programma, gli architetti Dent e Aydelott, incaricati per l’ospedale della Contea di Noxubee in Mississippi, avevano riscontrato che per una popolazione di 25.000 unità erano necessari 4,5 posti letto ogni mille abitanti e cioè 112 letti, mentre la dotazione esistente era di 25: «La popolazione è metà bianca e metà nera. È risaputo che: il recupero delle strutture esistenti e la nuova costruzione non sono sufficienti per il fabbisogno di sostegno della salute e tutela pubblica»18.
15. Ibidem. 16. Isadore Rosenfiel, A Program...for Hospital Architecture, in “Progressive Architecture”, Novembre 1946, pp. 65-66-71. 17. Ivi, p. 66. 18. Ibidem.
3 – SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO
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Schema d’impianto dell’East Tennessee Tubercolosis Hospital a Knoxville (da Tubercolosis Infirmary ... cit.).
mettere l’ambulatorio e la sala operatoria al terzo piano, così i pazienti sarebbero stati trasferiti più facilmente dai reparti al terzo piano, con gli ascensori. Il modo di funzionare dell’ospedale aveva giustificato la decisione. Il progetto originale era che i reparti fossero su un solo piano, ma questo necessitava uno schema di edifici sparsi, che comportava anche una gestione costosa, così alla fine si era deciso di usare uno schema di reparti su due piani, anche con l’idea di semplificare la separazione delle razze. Il piano più basso è per i colored e il più alto per i bianchi, anche la risoluzione di sale d’attesa separate, presentava un difficile problema. I reparti erano a forma di L, con un’infermeria all’intersezione dei corridoi, che semplificava il problema di vigilanza con uno staff limitato»32. Nove anni dopo l’articolo di Architectural Record che elogiava il lavoro di Neergard, su Progressive Architecture33 del Luglio 1951, l’architetto è citato nuovamente quale consulente e ideatore di una pianta particolare. La rivista presenta le strutture del presente e le proposte non ancora realizzate per il futuro. Sono illustrati ospedali generali di base e strutture rivolte soltanto a specifiche patologie: ospedali per malati cronici (tumorali, ortopedici, neurologici, in riabilitazione) e tubercolosari. Nel 1948 negli Stati
32. Ivi, p. 158. 33. Specialized Hospitals, in “Progressive Architecture”, Luglio 1951, p. 62-64.
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Pianta dei piani, gli spogliatoi del personale divisi per razza (da Tubercolosis Infirmary ... cit.).
3 – SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO
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Kress Store a Montgomery in Alabama.
seminterrato può essere sicuramente considerato la prima struttura bancaria drive-in – quasi una banca del centro, senza eguali – con l’ingresso attraverso l’adiacente Medical Arts Building e la rampa d’uscita attigua a uno degli ingressi del Republic Building. Il parcheggio per i clienti accoglierà il turnover di 1250 automobili al giorno. Il caveau e le attrezzature meccaniche occupano il resto dello spazio del seminterrato. Tutte le aree bancarie, sopra e sotto il primo piano, come la torre degli uffici, saranno collegate da numerose scale mobili e ascensori»83. L’edificio era paragonato al famoso Philadelphia Saving Fund, in cui la sala principale della banca era priva di pilastri. Le piante pubblicate a spiegazione dell’articolo, mostrano il livello a piano terra per i negozi, il livello della banca drive-in e il secondo piano con gli uffici della banca stessa. Sul livello drive-in bank sono indicate le toilette per utenti di colore, ancora una volta sotto-dimensionate rispetto a quelli per i bianchi. Nel numero di Architectural Record di Settembre 195584, è presentato un edificio della società per assicurazioni Prudential, costruito a Jacksonville in Florida, il titolo è: South Central Home Office The Prudential Insurance Company of America; gli architetti progettisti sono Kemp, Bunch e Jackson,
83. Ivi, p. 188. 84. Prudential Building, in “Architectural Record”, Settembre 1955, pp. 186-192.
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Republic National Bank a Dallas (da Office Buildings ... cit.).
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Republic National Bank a Dallas, in fase di costruzione nel novembre 1953 (da Office Buildings ... cit.).
3 – SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO
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Pianta del progetto (da A Theater by Wright ... cit.).
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Kalita Humphreys Theater of the Theater Center a Dallas, Tx (da A Theater by Wright ... cit.).
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Balconata del Kalita Humphreys Theater of the Theater Center a Dallas, Tx (da A Theater by Wright ... cit.).
stato usato come scuola teatrale, per adulti e bambini. Le esibizioni artistiche si svolgevano in un foyer illuminato in modo singolare. Architectural Record90 ci offre una descrizione più ampia e interessante nel numero di Marzo 1960. Il Kalita Humphreys Theater of the Theater Center, oltre alla firma di Frank Lloyd Wright, architetto progettista, porta quelle di W. Kelly Oliver, architetto supervisore, George C. Izenour consulente meccanico e per le luci del palco, Herman Blum Engineers, studio d’ingegneria meccanica. L’edificio bianco nato dall’incastro di volumi squadrati e circolari, derivava da progetti già elaborati da Wright, ma mai messi in opera. Il primo schema era stato ideato nel 1917 per un teatro a Los Angeles per Aline Barnsdall, che non venne realizzato; in seguito l’architetto riprese questo schema per un teatro a West Hartford in Connecticut, facendo la sintesi con un altro
90. A Theater by Wright, in “Architectural Record”, Marzo 1960, pp. 161-166.
3 – SPAZI SEGREGATI NELLO STESSO EDIFICIO
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Parterre e scena del Kalita Humphreys Theater of the Theater Center a Dallas, Tx (da A Theater by Wright ... cit.).
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Sezione del Kalita Humphreys Theater of the Theater Center a Dallas, Tx. In proiezione la balconata interna (da A Theater by Wright ... cit.).
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progetto di Broadacre City disegnato per la moglie Ogilvanna; quindi il teatro di Dallas derivò dall'unione di prototipi, il concetto base servì per concepire un teatro sperimentale con l’uso di un sistema di rampe inscritte in un esagono, con un palcoscenico circolare girevole. Leggiamo che l’architetto volle che le casseforme fossero fatte in loco e trasportate sulle rampe, con notevoli problemi di esecuzione. Ma l’aspetto più interessante del progetto, è che Wright avesse concepito il primo teatro elisabettiano in America, un ambiente apron type in una struttura stabile; in precedenza questi scenari erano sorti in tende o capannoni. I teatri costruiti in occidente fino alla fine del XVII secolo, avevano il proscenio, quindi per tutta la rappresentazione teatrale, la scena si svolgeva nella cornice del palco; in questo progetto il palco entra in stretto contatto con il pubblico, quasi abbraccia le poltrone, e Wright offre la possibilità di rappresentare performance d’avanguardia, oltre agli spettacoli di repertorio classico. L’idea del progetto era di dividere il piano girevole con uno schermo permanente che creava due aree: un forestage e un backstage, il set sarebbe cambiato dietro lo schermo, girando il palco sarebbe apparsa una nuova scena. Dopo la realizzazione si capì che il diametro del tamburo era piccolo per permettere di essere diviso a metà; con una divisione asimmetrica la parte anteriore (forestage) sarebbe stata poco profonda e la posteriore molto piccola, lo schermo e gli altri meccanismi per cambiare scena non furono mai usati, a quel punto si dovette ripensare alla sistemazione del palco. La stretta balconata o passerella, in origine era destinata a sistemare le luci, che avrebbero dovuto avere un’inclinazione di 45°, ma si scoprì che era troppo bassa per consentire questo effetto di luci sul palco; anche questo programma fu cambiato, invece delle luci indirette originali furono collocate lampade più ampie davanti al palco. L’ingegnere Izenour si occupò del controllo elettronico delle attrezzature e degli effetti luminosi. Il teatro era costato $1.000.000. A chi erano destinate le balconate di questo teatro d’avanguardia? Non avevano funzione di amplificare lo spazio, semmai di supporto per la cabina luci. Inoltre, i 40 posti a sedere nelle balconate, citati dall’altra rivista? Le leggi razziali furono abolite cinque anni dopo l’inaugurazione del Kalita Humphreys Theater.
4 Edifici totalmente segregati
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SCHOOLS Immaginiamo di passeggiare all’alba di un giorno di settembre 1954 per le vie di Jackson, capitale dello stato del Mississippi. La città sarebbe apparsa ai nostri occhi, come tante altre località americane. Se a un tratto le strade si fossero animate, avremmo notato che gli edifici prestigiosi, progettati da bravi architetti come descritto da un articolo di Architectural Record1, non erano fruiti in modo uguale da tutta la popolazione. Architectural Record di Settembre 1954 presenta Jackson come culla degli architetti dell’epoca. La città era stata fondata come presidio postale nel 1822 e le era stato assegnato il nome Le Fleur’s Bluff. In seguito poiché nel Mississippi si desiderava una sede del governo geograficamente centrale, essa divenne la capitale e fu chiamata Jackson in onore del Presidente degli Stati Uniti2. In un secolo la popolazione passò da poche migliaia ai 142.000 abitanti del 1953. In quella data il numero di architetti registrati era 40, 20 di questi professionisti affermati, «inusuale per una città di circa 100.000 abitanti, nonché è inusuale da trovare, in un luogo dove la tradizione è così forte, il più uniforme desiderio di espressione contemporanea tra gli stessi architetti»3. La fiorente economia della città aveva favorito la presenza di tale numero di architetti, alcuni originari della zona, altri richiamati dalle numerose opportunità. Tutti i professionisti erano membri dell’American Institute of Architects e si riunivano in studi associati, quando il lavoro lo richiedeva. Di solito le abitazioni private erano costruite in legno senza l’ausilio del progettista, mentre per gli edifici pubblici era richiesto il contributo dell’architetto.
1. Architectural Practice in Jackson, Ms, in “Architectural Record”, Settembre 1954, pp. 141-152. 2. Andrew Jackson, 7° Presidente degli Stati Uniti dal 1829 al 1837. 3. Ivi, p. 141.
4 – EDIFICI TOTALMENTE SEGREGATI
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Disegni prospettici di due scuole di Overstreet a Tupelo, la Curch Street School per bianchi e la George Washington Carver School for Negro pupils (da David H. Sachs, The work of Overstreet ... cit.).
edifici, durante gli anni ’20, divennero modelli di architettura per l’edilizia scolastica nel South. Queste scuole erano costruite in legno, a forma di semplice parallelepipedo sormontato da un tetto a falde, erano progettate in Formal Style o meglio in “stile artigiano” per l’essenzialità che esprimevano. La struttura era sollevata dal terreno ma mancava lo strato di coibentazione sotto il pavimento; non era dotata di impianto elettrico e idrico: non c’erano le toilette. Spesso gli arredi, provenivano dalle scuole dei bianchi da cui erano stati dismessi7. La tipologia di queste scuole, molto schematica aveva una doppia funzione: la semplicità progettuale comunicava una sensazione di familiarità agli scolari ed era di facile costruzione per gli operai non qualificati, spesso volontari, che realizzavano le opere; inoltre partizioni mobili
7. Mary S. Hoffschwelle, Rebuilding the rural southern community, Knoxville, Ten 1998, p. 66.
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Bowmar Avenue School (per bianchi).
consentivano la creazione di ambienti di maggiori dimensioni da adibire a laboratori per eventi scolastici. L’illuminazione era garantita da finestre poste in successione lungo le pareti perché spesso le scuole non erano fornite di energia elettrica, il corretto orientamento elio termico era rispettato quando il lotto del terreno lo rendeva possibile. Alcuni edifici di legno di maggiori dimensioni, in stile Colonial Revival, avevano colonne sul prospetto e dormitori annessi. Le scuole in mattoni, avendo una maggiore solidità, permettevano qualche divagazione sulla forma. Come leggiamo sul testo Rebuilding the rural southern community: «Questi edifici e gli ambienti circostanti non stimolavano nessuna forma di educazione»8.
8. Ivi, p. 69.
4 – EDIFICI TOTALMENTE SEGREGATI
The open plan of the Wiliam C. Jason Comprehensive High School groups facilities for the different parts of the teaching program into separate wings; general classrooms, specialized labs and shops training program, and facilities for the arts and athletics. Only a portion of the plan as illustrated has been completed to date. The west wing beyond the home arts room, and the music room and multi-purpose gym will be added. Future plans also call for two additional shops.
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Pianta, viste e particolari costruttivi della scuola William C. Jason Comprehensive High School (per neri) a Georgetown, De (da William C. Jason Comprehensive... cit.).
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Typical classroom at right is well lighted, both naturally and artificially. Cafeteria, lower right, is cheerful and inexpensive to mantain.
erano stati dimensionati per un eventuale aumento di spazio; era prevista la realizzazione di campi per l’atletica, il football, il baseball e di due negozi. La scuola, poco più che un capannone, rivela la sua destinazione per studi e lavori tecnici. Confrontiamo quest’ultimo edificio con il progetto di una scuola per bianchi dello stesso periodo. Progressive Architecture14 di Luglio 1953 presenta un articolo intitolato: Caffetteria scolastica, palestra e auditorium. La scuola si trova ad Austin in Texas. I professionisti incaricati sono: architetti Fehr & Granger, ingegneri strutturisti Wilson & Cottingham, ingegnere meccanico George R. Rhine. Il giornalista presenta la scuola elementare, dopo aver premesso che nello stato del Texas esistono differenze razziali e linguistiche. Il vecchio edificio della Becker Elementary School aveva i locali sparsi nell’isolato ed era fornito soltanto di un market con tavola calda per la ricreazione della scolaresca, aggiungere altre strutture al complesso avrebbe
14. School cafeteria, gymnasium and auditorium, in “Progressive Architecture”, Luglio 1953, pp. 96-99.
4 – EDIFICI TOTALMENTE SEGREGATI
West Charlotte Senior High School, another winner of national recognition, is just within the present city limits in the center of high-quality Negro suburb that is building up on both sides of the county line. A new superhighway bisecting the development and cutting off access to school for many children led to cooperation with highway authorities to obtain a pedestrian overpass, and to relocation of a projected elementary school on the site.
In Charlotte, construction of several excellent school has led to development of high-class Negro suburbs – a rare phenomenon.
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Schizzi e didascalie sul programma di edilizia scolastica a Charlotte, S.C. (da Charlotte South ... cit.).
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West Charlotte senior School (da West Charlotte..cit.).
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Pianta del complesso scolastico di West Charlotte senior School (da West Charlotte..cit.).
4 – EDIFICI TOTALMENTE SEGREGATI
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Interno della Bethel United Methodist Church (1853) a Charleston, S.C.
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Facciata della Bethel United Methodist Church (1853) a Charleston, S.C.
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Disegno prospettico della struttura per la Comunità nera metodista a New Orleans, La (da Community Center... cit.).
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Pianta ed aula della Comunità metodista a New Orleans, La (da Community Center... cit.)
5 – CONCLUSIONI
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Mappa dell’impianto del Campus di Tuskegee, Al. Si nota l’orientamento degli edifici principali rispetto all’ingresso.
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Edificio del Campus di Tuskegee, Al.
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Comparazione tra lo schema d’impianto dell’Università di Auburn e di Tuskegee in Alabama (da Kenrick Grandison, Negotiated Space ... cit.).
5 – CONCLUSIONI
MEMORIA DEGLI EDIFICI, RIUSO O CANCELLAZIONE Da quando la segregazione per legge è cessata negli Stati Uniti, è sorto il problema della memoria storica degli edifici che la esprimevano. Quali storie contengono i vari edifici “bianchi” e “neri” e chi interpreta queste storie? Come la preservazione dell’edificio, la cui esistenza era simbolo di esclusione, può diventare un luogo per riunire comunità? Come può un edificio assumere un valore positivo per coloro che vi avevano vissuto solo esperienze negative? Nel 2013 è morto in Sudafrica Nelson Mandela, tra le sue tante citazioni che sono state ricordate in quella triste occasione, una credo ricalchi lo spirito di questo paragrafo: «Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati. Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli. Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società libera e democratica nella quale tutti possono viveri uniti in armonia, con uguali possibilità. Questo è un ideale per il quale spero di vivere». Per “non dimenticare” sono state adottate varie strade. Nel South vengono organizzati tour per visitare i luoghi significativi della lotta per i Diritti civili, uno di questi a cui sono stata invitata, si svolge nella Contea di Tallahatchie in Mississippi e presenta luoghi resi famosi per episodi anche cruenti d’intolleranza razziale. Un altro modo di evocare il recente passato consiste nel preservare gli edifici che contengono tracce della segregazione, ma non sempre questo è possibile, molto spesso gli immobili non più funzionali sono stati abbattuti. A Starkville in Mississippi ho visitato alcuni edifici che in passato erano segregati, uno di questi era il vecchio ospedale, che ha cambiato destinazione d’uso e ora è un ufficio pubblico in cui rimane la traccia del doppio ingresso, distinto per razza. Un altro edificio segregato a Starkville, era un cine-teatro, adesso chiuso e in stato di abbandono. La biglietteria per i neri è stata murata, esiste ancora una scala esterna, sul prospetto laterale che porta direttamente alla balconata in cui si aprivano anche le toilette per gli spettatori di colore. La memoria invece è stata preservata a Greensboro nel Nord Carolina, dove è stato realizzato un museo nell’edificio della mensa di Woolworth, inaugurato il primo febbraio 2010. La data d’inaugurazione è indicativa, poiché il primo febbraio del 1960, quattro studenti universitari di colore dell’A&T College, Joseph Mc Neil, Franklin Mc Cain, Billy Smith and Clarence Henderson, da allora chiamati “i quattro di Greensboro” chiesero di poter accedere alla mensa solo per bianchi; avendo ricevuto un diniego, da
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Felix Long Memorial Hospital a Starkville, Ms. Si notano ingressi separati per razza.
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Percorso di accesso al cinema per i cittadini di colore.