L'Urlo di Vitruvio n.2

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Febbraio 2014 N.2 Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci V. Madruzzo 24, 38122 Trento vitruviocheurlo@gmail.com Redattrici: Giulia Casonato e Vittoria Brolis Impaginazione e Grafica Michelangelo De Cia

pussy riot

SCORDAR DI ME

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Suggerimenti per la prossima assemblea concerto La Redazione

hitler

Dachau Selene Ghezzi

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mandela

Impressioni di un’ Euroscettica europeista Eleonora Forti

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assad

NON TI


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Editoriale

Anno nuovo, Perle Vita nuova

Questa è la raccolta delle strane frasi di alcuni professori e studenti che ci sono arrivate, godetevi queste perle!

DI GIULIA CASONATO E VITTORIA BROLIS 3A

Smettere di comprare piantine di cactus per farle morire un mese dopo. Ritirare fuori il libro di francese. Finire un romanzo di Tolstoij. Organizzare una rivoluzione studentesca. Comprare un’amaca per finire il romanzo di Tolstoij in (guerra e) pace. Trovare qualcuno che scriva alla rubrica di Sugar. Fare dei cartelloni comprensibili a tutti. Trovare qualcuno che tagli la frangetta dritta e un parrucchiere a cui se gli dici “una spuntatina” non tagli 10 centimetri. Riuscire a non macchiarsi con qualsiasi tipo di cibo. Andare al concerto dei Lumineers (#chiarapedrotti). Pane, panelle e patate vugghiute fanno le fimmine tutte chiattute. Riuscire a controllare il rossore delle proprie guance. Leggere tutte le 1743 mail spam. Capire cos’è una mail spam. Tornare nella casetta sull’albero. Riprovarci con il buon proposito del 2013. Ritrovare i vecchi amici conosciuti al mare. Battere il record di figure di merda al giorno. Diventare alta. Non sedersi sui davanzali_la Presidenza. Fare un giornalino con gli altri licei di Trento (si sta avverando). Poter smettere di vergognarsi dei politici italiani. Piantarla con la storia del conflitto generazionale. Riuscire ad accorgersi di un politico non per il tono della sua voce ma per il significato delle sue parole. Smetterla con i “non lo so...”. Finire una lezione compiaciuti e soddisfatti. Non rimandare i viaggi. Trovare idee che ci rispecchino e le persone che le rappresentino. Iniziare a prendere delle posizioni. Poter scegliere liberamente il proprio futuro, senza le paure che gli altri ci impongono. Essere convinti di poter sempre scegliere nella vita. La speranza è l’ultima a morire (i Linea 77 si sbagliavano). Non assistere ad ulteriori cambi di governo? Andare a letto felici (sì, a dormire). Agitarsi. Muovere le chiappe. Sorridere. (Vivere, comprendere, trasformare). Fare l’amore, non la guerra e rispettare questi punti (yo). E i vostri buoni propositi?

trova le differenze Sappiamo non sarà facile, ma provate a trovare le differenze! Grazie a Justin Bieber (a sx) e Andrea Hueller (a dx) per la partecipazione.

Angolo Morbido

B. e D. utilizzano le macchine in palestrina senza l’autorizzazione dell’insegnante, nonostante vi sia affisso un cartello che ne vieta l’uso. Z. risponde: “Io non posso leggere il cartello perchè non ho gli occhiali” Un saluto a chiunque odi l’eroina (ogni riferimento a persona è puramente casuale) Il Boccaccio non sottovalutate, perchè gli usignoli delle sue novelle inventate non son certo pudici come i Promessi Sposi ma rendon senz’altro i racconti assai più gioiosi

Sommario

Anno nuovo, Vita nuova

“Leonardo Da Vinci si divertiva a schizzare velocemente, a far diventare i suoi personaggi animali e schizzarli” (prof.) “Leonardo Da Vinci schizzava la gente velocemente accentuando i loro tratti animaleschi” (prof.) “Leonardo Da Vinci prendeva i corpi dei galeotti e li portava nelle segrete buie, con le candele li scorticava, ricercando le anatomie più scure” (prof.) “Bill Gates, l’uomo più ricco del mondo, quello che ha inventato il computer,[…] purtroppo è morto pochi anni fa di cancro” (prof.) (Queste prime perle sono state composte nella stessa ora) “Michelangelo aveva una mano felice […] infatti morì giovane per la sua vita troppo attiva” (prof.) “Se non ti squarto Pasolli è perché poi avrei due pasolli. Due pasoline.” (prof.) “Se no ve lo dovete fare da soli, come voglio io, però non vi dico come lo voglio!” (prof.) “In bagno non si va solo a far pipì, ma anche molto altro” (sguardo ammiccante, prof.) “Dovendo dividere una caramella, due studenti: tu succhi e io mordo!” (sguardo ammiccante) “Hai paura della tua ombra. Pure quando piove.” (prof.) “B. è spiacevole come il prezzemolo: nel caffelatte non ci sta.” (prof.) Insegnante di arte spiegando un disegno alla lavagna: “Ragazzi! Dovete trovare il punto G! quello più lontano!” (seguono commenti e la nostra promessa che la faccenda non sarebbe finita sul giornalino) Se anche voi assistite alla nascita di nuove perle come queste, non fatevele scappare e scrivete a: vitruviocheurlo@gmail.com

CREDO Da recitare in coro ogniqualvolta un DI LUCA TOMASI (il Blasfemo)

vostro Pari perderà la Fede

Credo in un unico Maestro mio Signore insegnante che intercede per la nostra grande signora Ragione Credo nella sua capacità di riconoscere la Realtà, sorella di nostra signora Ragione Credo che la sua Verga debba ripercuotersi sul nostro capo ogniqualvota le Nostre Signore lo suggeriscano ai nostri superiori Insegnanti Credo nella mia massificazione, alienazione e annullazione di fronte ai miei Pari inferiori membri della nostra padrona Società e ai nostri superiori Insegnanti Credo nel loro insegnamento illuminato dalla Ragione, inse­ gnante della Libertà, credo nel loro Credo Credo nell’unica Speranza delle loro Signore e quindi che sia “Libertà è Partecipazione”, nei mezzi che i nostri superiori Insegnanti guidati dalle Signore Ragione e Realtà nei limiti di nostra padrona Società Credo in una sola Scuola, madre di ogni (nostro) Sapere, creatrice della Società, di ogni nostra Realtà e Mondo Verità per Nozione, instillata al Nostro signore Insegnante per mezzo della Verità dalla Scuola prima di lui.

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editoriale Credo Rubriche Woodstock Quel Rubacuori di Raffaello La Banalità del Male Cattivissimo me 2 La Vita di Adele Politica interna Il diritto di fare Assemblea Da Vinci or not Da Vinci Io non scrivo A tutte le Matricole opinioni Risposta all’Anonimo Affamato Come siamo arrivati fin Qui? La Formula per la Felicità Hitler, era tutto scritto in un libro Interviste Suggerimenti ai Rappresentanti per la prossima Assemblea Concerto testimonianze dachau Giornata della Memoria al Da Vinci politica estera La paziente Forza dell’Ucraina Impressioni di un’Euroscettica Europeista storie Il Ragazzo del primo Piano scienza Più Unici che Rari Pausa Caffè

Renzi, ti amo! Firmato: Sbonny

L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


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Rubrica Musica

Woodstock

Rubrica Arte

Woodstock

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Raffaello

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DI ELENA TABARELLI DE FATIS 3A

Era nato come un semplice Rock Festival di provincia, ma si ritrovò ad accogliere per 3 giorni e 3 notti tantissimi giovani.

Ho deciso di raccontare Woodstock senza parlare del suo lato che tutti (o quasi) conoscono, cioè quello “droga e hippy”. Ho pensato di inserire nel racconto una sorta di playlist, spero che vi piaccia.

Dopo qualche inconveniente nella scelta dell’ubicazione, finalmente il 15 agosto 1969 a Bethel ebbe inizio il festival che rimarrà nella storia. Nessuno si aspettava una tale folla. Era nato come un semplice Rock Festival di provincia, ma si ritrovò ad accogliere per 3 giorni e 3 notti tantissimi giovani. Gli organizzatori, quattro giovani poco più che ventenni, avevano previsto di investire qualche centinaio di migliaia di dollari e un’affluenza massima di cinquantamila persone e invece si ritrovarono a dover ricoprire una spesa che superava i 2 milioni e mezzo e tanta, tantissima gente. C’è chi sostiene fossero addirittura un milione. La prima giornata fu incentrata sulla musica folk e prevedeva Richie Havens, gli Sweetwater, Bert Sommer, Tim Hardin, gli Incredible String Band, John B. Sebastian, Ravi Shankar, Melanie, Arlo Guthrie e Joan Baez. Il concerto cominciò verso le 17 e il primo ad esibirsi fu come previsto l’artista afroamericano Richie Havens. Cantò alcune cover dei Beatles ed ebbe un enorme successo tanto che, dopo l’ennesima richiesta di un bis, improvvisò la canzone “Freedom”. Le strade erano bloccate e molti artisti in programma non erano ancora arrivati. Così gli organizzatori disperati mandaro-

no sul palco Country Joe McDonald, cantautore che riuscì a coinvolgere molto il pubblico con la canzone contro la guerra in Vietam “I-Feel-Like-I’m-Fixin’-to-Die Rag”. Il penultimo ad esibirsi fu Arlo Guthrie , che cantò tre canzoni, una delle quali è “Coming into Los Angeles”. L’ultima invece fu Joan Baez-detta L’usignolo di Woodstock-, che peraltro era al sesto mese di gravidanza. Due pezzi molto belli sono “Sweet sunny South” e “Joe Hill”. Il concerto del secondo giorno cominciò verso mezzogiorno. Prevedeva i Quill, Keef Hartley, Santana, Canned Heat, i Mountain, i Grateful Dead, Creedence Clearwater Revival, Janis Joplin, gli Sly & The Family Stone, gli Who e i Jefferson Airplane. La grande Janis Joplin-definita dalla rivista Rolling Stone una dei cento artisti più importanti della storia-cantò una decina di canzoni, tra cui “Piece of My Heart” e “Try (Just a Little Bit Harder)”. Gli Who ne suonarono quasi venticinque e cominciarono alle 4 del mattino, seguiti dai Jefferson Airplane. Appena gli Who smisero di suonare “Pinball Wizard” piombò sul palco Abbie Hoffman, un attivista politico, e criticò pesantemente il festival. Pete Townshend, il leader del gruppo, dopo averlo intimidato ad andarsene, lo colpì con una chitarra. Questo episodio fu successivamente negato, e diventò una leggenda, finchè non si trovarono le registrazioni che ne confermarono l’avveniomento. Invece, due pezzi molto belli suonati dai Jefferson Airplane sono “So-

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Alcuni ragazzi su un furgoncino hippie

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La cantante statunitense Janis Joplin sul palco

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mebody to Love” e “White Rabbit”. Tra i pezzi dei Creedence Clearwater Revival ci fu anche “Proud Mary”, una delle loro canzoni più famose. Il loro stile era influenzato dal country, dal blues e dal rock n’ roll e veniva definito Swamp Rock Il terzo giorno fu Joe Cocker ad inaugurare il concerto. Cantò, tra le altre canzoni, una cover del pezzo “With a Little Help from My Friends”. Dopo la sua esibizione cominciò a piovere così forte che venne sospeso il concerto per qualche ora. Nonostante il freddo e il disagio iniziale, i giovani cominciarono a scivolare per gioco sul fango e a cantare insieme. Il concerto riprese nel tardo pomeriggio con i Country Joe and the Fish, che suonarono cinque pezzi. Seguirono i Ten Years After, che terminarono la loro esibizione con “I’m Going Home”. Quel giorno suonarono anche Jimi Hendrix e The Band. Uno dei pezzi di questi ultimi, che affiancarono tra l’altro Bob Dylan in un tour nel 1966, fu “The Weight”. Hendrix concluse il festival lunedì 18 Agosto alle 9 di mattina e il suo concerto durò un paio d’ore. Fu una delle sue esibizioni più lunge. La maggior parte degli spettatori aveva però dovuto lasciare il festival e tornare al lavoro, così che solo in pochi ascoltarono la sua performance. Tra i vari pezzi suonò “The Star-Spangled Banner”, una reinterpretazione dell’inno degli Stati Uniti e “Purple Haze”.

Quel Rubacuori di

Raffaello DI VITTORIA BROLIS 3A

Chi frequenta questo liceo si troverà prima o poi a dover affrontare i testi del pittore e storico rinascimentale Giorgio Vasari, autore de “Le Vite”, nel quale vengono riportate tecniche e procedure degli artisti più noti nel periodo che ha inizio con Cimabue e termina con la morte dello scrittore. Ma in questo trattato, come dice chiaramente il titolo, si raccontano le vite degli artisti, pettegolezzi e curiosità annesse, parti che purtroppo a scuola si saltano sempre. In riferimento a Raffaello per esempio si dice che fosse “persona molto amorosa e affezionata alle donne e ai diletti carnali” e dietro questa frase si cela una storia degna di essere scoperta per comprendere a fondo l’animo dell’artista.

In quel periodo Raffaello Sanzio è un nome già molto conosciuto: ha dipinto alcune tra le sue Madonne più famose, ma anche “La scuola d’Atene”; così viene convocato a Roma, in Vaticano, per mettere il suo talento ulteriormente al servizio di soggetti religiosi. Solo pochi nobili signori, tra cui Agostino Chigi, riescono a distoglierlo da quei lavori e a portarlo nelle loro ville. Ed è proprio in uno di questi frangenti che, passeggiando per Trastevere, Raffaello incontra un’ incantevole fanciulla e se ne innamora (ci sono versioni anche meno romantiche ma noi preferiamo questa). Come non capire poi il nostro pittore: non riusciva più a lavorare, non combinava più nulla senza l’amata. Così il Chigi decise di ospitarla nella sua villa per permettere la conclusione dei lavori che ripresero con energia. Ma chi era questa così desiderabile signorina? Le fonti dicono fosse Margherita Luti, figlia di un fornaio in Trastevere, e per questo chiamata in seguito Fornarina. Musa ispiratrice dell’artista fece da modella in più quadri oltre a quello conosciuto proprio come “La Fornarina”. Certamente per “La Velata” conservata a Firenze, e probabilmente anche per la “Madonna della Seggiola” (si dice che anche mentre dipingeva scene religiose il pittore facesse pensieri poco spirituali). Il ritratto della nostra Fornarina doveva essere destinato a visione privata, un dono di un amante all’amata, ma è invece oggi conservato a palazzo Barberini,

nel cuore di Roma. Questo palazzo, un tempo residenza della famiglia del papa mecenate Urbano VIII, è stato acquistato dallo stato italiano nel 1949 per ospitare la raccolta della “Galleria Nazionale dell’Arte Antica”. A pochi passi dal Quirinale, circondato da un curatissimo giardino, parte integrante del palazzo, presenta le esposizioni su tre piani, suddivise in ordine cronologico e conserva opere

principalmente dei secoli XVI e XVII tra cui: “Giuditta e Oloferne” e “Narciso” di Caravaggio, “Enrico VIII” di Holbein e “Urbano VIII” del Bernini. Un luogo di Roma che vale la pena visitare e alcune opere esposte sono dei veri capolavori. Una sola critica, che potrebbe e dovrebbe sovrastare tutti i pareri postivi di prima: quando durante le scorse vacanze natalizie mi ci sono recata, una gentile signora alla cassa al momento dell’acquisto del biglietto ci ha informato che, a causa di carenza di personale, si poteva visitare solo il secondo piano del palazzo. In altre parole 2/3 del museo non erano agibili ai visitatori, ma il prezzo del biglietto era rimasto immutato, fisso al 100%. Almeno una punto fermo ci vuole! Chiedendo ulteriori spiegazioni ai pochi ma molto disponibili custodi che abbiamo incontrato ci è stato spiegato che oltre a essere un terzo del necessario, alcuni di loro sono addirittura volontari! Le opere esposte sono antiche, così come è antica l’abitudine italiana di non finanziare e sostenere la cultura, che anche all’estero molti definiscono “petrolio dell’Italia”. Da questi due piani chiusi per mancanza di personale e di fondi, si percepisce chiaramente il vecchio ma sempre più obsoleto messaggio che “con la cultura non si mangia”. Sicuramente non la pensano così alcuni dei più importanti musei internazionali. Solo il Louvre infatti incassa più della totalità dei musei italiani. Rimango comunque speranzosa che un giorno in Italia ci si renderà conto che si può sfruttare il fatto che quel rubacuori di Raffaello abbia dipinto “La Fornarina” a Roma e non “La Boulangère” a Parigi.

si raccontano le vite degli artisti, pettegolezzi e curiosità annesse, parti che purtroppo a scuola si saltano sempre

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Giuditta e Oloferne, Caravaggio

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La Fornarina, Raffaello

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Rubrica Libri

Rubrica Cinema

la Banalità del Male

La Banalità del Male DI CATERINA PATERNOSTER 3A “Era come se in quegli ultimi minuti egli ricapitolasse la lezione che quel suo lungo viaggio nella malvagità umana ci aveva insegnato- la lezione della spaventosa, indicibile e inimmaginabile banalità del male” L’ 11 aprile del 1961 Hannah Arendt, filosofa ebrea-tedesca, viene inviata dal “New Yorker” per assistere al processo di Adolf Eichmann, caporale delle SS responsabile e coordinatore della deportazione di ebrei in massa, il quale viene chiamato a rispondere a quindici capi d’accusa, come crimini contro il popolo ebraico e crimini contro l’umanità. Durante l’udienza Eichmann mostra al mondo intero la sua vera indole: la normalità. Chiunque pensi al nazismo e agli uomini

che ne erano a capo immagina persone malvage, prive di scrupoli, che pur sapendo di essere condannati, non fanno crepare il vaso di convinzione in cui tengono la testa. Lui no, non è così. Lui, attraverso i suoi occhi, è la vittima dell’obbedienza di cui i suoi superiori hanno abusato. Lui è profondamente convinto di dover pagare le colpe degli altri, perché il suo unico delitto è aver eseguito gli ordini. Perché lui è un burocrate. Hannah Arendt arriva alla conclusione che il male non nasce da un’innata malvagità ma dall’assenza totale di pensiero. Eichmann si rivela una persona “banale”, il cui carattere oscilla tra emotività e giocosità e da ciò la Arendt deduce che il male “non è radicale, ma solo estremo”. Furono proprio l’assenza di pensiero e l’incapacità di obiettare alle accuse a rendere Eichmann un criminale. Le per-

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Cattivissimo me 2

CINEMA DI SELENE GHEZZI 4A

sone che come lui non riflettono sono portate ad eseguire i voleri imposti senza nemmeno chiedersi se essi siano giusti o sbagliati; ecco cos’è la banalità del male: la totale assenza di idee che trasforma l’uomo in marionetta. Dal pensiero di Hannah Arendt si arriva alla distinzione tra bene e male: essi non sono in antitesi non avendo niente in comune per potersi rapportare. Il bene è “radicale”, proviene dalla mente e dalla riflessione; il male, al contrario, non si fonda su nulla, nemmeno sull’odio, ma è causato solo dalla totale incapacità critica dell’individuo. A mio parere è un libro molto interessante, che presenta il tema dell’olocausto sotto un punto di vista differente dai racconti dei deportati. Necessita un po’ di impegno nella lettura, ma devo dire che ne vale la pena!

capitoli 1 & 2 (2013)

La Vita di Adele

Regia: Abdellatif Kechiche Genere: Drammatico

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(2013)

Cattivissimo me 2 Regia: Chris Melandri

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Genere: Animazione

Dopo il successo del precedente film “Cattivissimo Me”, Chris Melandri ha voluto deliziare grandi e bambini con un sequel, che ha riscosso altrettanto entusiasmo incassando ben quasi 700.000 euro di botteghino e molteplici soddisfazioni date dai sorrisi dei più piccoli, ma non solo. Ebbene si, io stessa sono andata al cinema, inizialmente per accompagnare il mio cuginetto ma a pellicola conclusa mi sono detta completamente soddisfatta di aver dedicato il mio tempo libero a questo cartone animato poiché, potete credermi, vale completamente la pena di vederlo. La storia narra dell’ex cattivo Gru che, abbandonata l’attività criminale, si ritrova a passare del tempo libero con le sue bambine, Margo, Edit ed Agnes, adottate ancora nella storia del film precedente, ai Minions, i suoi piccoli e gialli aiutanti, e al dottor Nefario. Ma proprio mentre comincia ad adattarsi al suo nuovo ruolo di padre bussa alla sua porta un’associazione anti-cattivi che desidera assumerlo per dare la caccia ad un nuovo criminale presente in città. Così, con l’aiuto della sua nuova partner Lucy, tenterà di consegnare il colpevole alle autorità, dopotutto solo il più grande ex-cattivo del mondo può catturare un malvagio capace di eguagliarlo. Ho trovato questo film di una spensieratezza e semplicità coinvolgente: i personaggi sono simpatici, gli sketch originali ed è compresa la presenza di scene commoventi riguardanti il rapporto da Gru e le sue bambine, per non parlare delle ormai celebri figure dei Minions, i piccoli mostri gialli che amano fare scherzi, divenuti ormai famosi in tutto il mondo. Inzuppato totalmente in un umorismo infantile di ottimo gusto, “Cattivissimo Me” è un film d’animazione che non risparmia nessuno: dall’adolescente baby-sitter, al bambino, al signore di mezza età, le risate sono garantite. CONSIGLIATO CALDAMENTE a tutti gli amanti dell’animazione digitale.

CURIOSITÀ È stato proiettato i giorni 27 e 28 gennaio nelle sale italiane il film “Hannah Arendt” che racconta gli anni in cui Hannah Arendt ha assistito al processo di Eichmann e ha scritto il libro qui a fianco recensito, “La banalità del male”.

Adele è una ragazza che vive a Lilla, una cittadina francese sul confine con il Belgio. La sua adolescenza risulta molto difficile a causa della scoperta omosessualità che porterà a numerosi disguidi con le sue amiche e compagne di scuola. Dopo aver appurato che i rapporti eterosessuali non la soddisfano, Adele incontra Emma, un’eccentrica pittrice dai capelli blu, e intraprende con lei una storia d’amore molto passionale. Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes “La vita di Adele” è un film per così dire “scandaloso”, che mostra la vita di una ragazza che si scopre omosessuale in tutti gli aspetti, calcando soprattutto su quello passionale. La regia è molto ben architettata, i temi trattati sono molto interessanti e la storia assolutamente verosimile e profonda, ma le scene di sesso compongono gran parte del film e la mancata censura dei nudi lo rende, a mio parere, esagerato e la passione, che sicuramente domina la storia d’amore tra Emma ed Adele, invade anche gli spazi che dovrebbero essere dedicati ad un amore forse più “cortese” o delicato e non basato solo sul piacere fisico. Ci tengo comunque a precisare, trattandosi di una tematica delicata e che potrebbe far fraintendere chi legge, che non esprimo tale giudizio solo perché si tratta di una storia omosessuale e, ahimè, considerata al giorno d’oggi ancora “fuori dal comune”, ma per quanto riguarda il sesso in generale, etero o omo che sia. Ad ogni modo è presente indubbiamente un’idea di fondo bella e contemporanea, in quanto ogni adolescente gay o etero che sia, può immedesimarsi in Adele, che non solo è alla scoperta del proprio orientamento sessuale ma anche di sé stessa e della strada che vuole percorrere nel suo futuro post-liceale. In definitiva trovo che sia un film da vedere, quindi consigliato ad ogni adolescente che desidera fare una riflessione sugli aspetti più drammatici dell’amore.

ogni adolescente può immedesimarsi in Adele, che non solo è alla scoperta del proprio orientamento sessuale ma anche di sé stessa

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Hannah Arendt

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copertina del libro “La banalità del male”

03 L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

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Adolf Eichmann

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i Minions nel film “Cattivissimo me 2”

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la locandina del film “La vita di Adele”

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Opinioni

Risposta all’Anonimo affamato

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DI ANNA PASOLLI 4B

Caro anonimo affamato, comprendo che tu possa aver pensato che l’idea del paninaro fosse mero “marketing” per farsi eleggere, poichè già altri prima di noi lo avevano proposto senza risultati; ma devo confessarti che io non credevo che una simile proposta sarebbe stata accolta così calorosamente da tanti studenti, anche messa a confronto con idee più impegnative. Tuttavia, posso assicurarti che nel nostro caso l’intento era reale. Abbiamo parlato col preside di questa iniziativa ma purtroppo ci è stato spiegato che non è possibile per via di alcuni problemi: innanzitutto bisognerebbe aprire una gara d’appalto e molti paninari non offrono contratti che giustifichino la spesa, poi, il breve tempo con-

Come siamo arrivati fin qui

cessoci durante la ricreazione creerebbe un ingorgo e molti ritardi fra gli studenti. Abbiamo quindi ipotizzato di stabilire un bar fisso, ma questo, come puoi immaginare, richiede ingenti somme di denaro che la scuola non può permettersi in questi tempi. Potresti rispondermi che alcune scuole hanno un bar, quindi dove sta il problema? Semplice, il locale bar in quelle scuole era già presente da molti anni e quindi non era necessario costruirne uno ex novo. Spero di aver risolto i tuoi dubbi, e anche quelli di molti altri che come te li avranno avuti. Volevo anche darti un ultimo consiglio: per combattere la dittatura delle macchinette, puoi sempre prepararti i panini a casa! Saluti, Anna Pasolli.

BREVISSIMA STORIA DELLA COMUNICAZIONE

Un operatore al telegrafo mentre stampa un messaggio, nel 1908

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Il simbolo della nuova app

Con il telefono si può sancire la nascita della comunicazione fine a se stessa (giusto per non dire futile

Come siamo arrivati fin Qui? DI GIORGIO CASTELLI 3C

Il modo di comunicare è cambiato di molto in troppo poco tempo. Quanto è passato da quando l’invenzione degli SMS da parte della Nokia è piombata come una bomba nel campo della telefonia e della vita quotidiana? Quanto invece ne è trascorso da quando due informatici americani si sono inviati la prima, rudimentale, e-mail tramite Arpanet, progenitore del più conosciuto Internet? E prima? I comunicatori esistevano per certo anche ai tempi in cui la parola “centralino” aveva un senso o prima, quando non l’aveva ancora. La necessità di contatto aumenta con la velocizzazione della trasmissione dei dati: antichità? Messi viaggiatori,

meglio se a cavallo, portavano messaggi di altissimo valore ma con tempi di recapito tutt’altro che istantanei; tra i messaggeri personali e la prima vera innovazione intercorrerà un sacco di tempo: si affina la tecnica, definendo un servizio postale, ma manca una effettiva svolta. Arriva il telegrafo; nulla di che, un filo elettrico nel quale scorre un messaggio in codice Morse; con questo i messaggi prendono velocità, compare qualche prima traccia di futilità, ma il prezzo del servizio penalizza la invenzione. Figlio del telegrafo, il telefono (parliamo ancora di quello fisso), impressiona le masse ed in breve tempo diventa elemento necessario all’animale uomo, come l’automobile in precedenza. Con il telefono si può sancire la nascita della comunicazione fine a se stessa (giusto per non dire futile), grazie a schiere di giovani innamorati e casalinghe pettegole pronte a scaldare la cornetta anche per ore. Da qui il declino. La situazione precipita: alla fine del millennio tutti hanno un cellulare con computer in grado di inviare messaggi eppure il disastro non è iniziato, la neve si accumula ma la valanga non parte, tutti stanno aspettando un’innovazione tecnica, la velocità necessaria all’esplosione

di informazione che tutti chiedono, visto che siamo ancora negli anni dei moderni 56k, quei musicisti dell’informatica che caricano immagini in tempi geologici. Eccolo, internet sul cellulare, o meglio, smartphone, e la valanga rovina a valle travolgendo le innocenti comunicazioni utili. Tutto diventa veloce, leggero. E futile. Il web si colora di immagini solitamente appartenenti a queste tre categorie: donne (più o meno vestite), cibo (vedasi Instagram) e gatti; il mondo non aspettava altro che vedere le facce buffe di gatti appartenenti a completi sconosciuti. Evidentemente qualche conto non torna poiché pare impossibile conciliare la comunicazione, spesso vitale, portata da un messo a cavallo con quella offerta dell’ultimo ritrovato Instaweather, un’utilissima foto quadrata corredata dal meteo della zona di acquisizione. È dunque palese come questi mezzi, nati da genitori di tutto rispetto e con nobili intenzioni, si siano staccati quasi completamente dalla famiglia delle comunicazioni, andando ad occupare un nuovo posto nella vita dei giovani (e non solo). Ne avevamo davvero bisogno?

La necessità di contatto aumenta con la velocizzazione della trasmissione dei dati: antichità? 01 L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

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Opinioni

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La formula per la Felicita'

La Formula per la DI GIULIA LEVER 5H

Felicità

Come la maggior parte dei pomeriggi di quest’anno mi dirigo verso la piccola biblioteca del paesino dove vivo per avere un po’ di pace e potermi così occupare dei compiti che devo svolgere per il giorno seguente. Entro, saluto la bibliotecaria che mi conosce ormai da anni e mi sistemo sul tavolo in fondo a destra come al solito. Lei si avvicina, si siede accanto a me e mi invita a partecipare ad un incontro di lettura che si sarebbe tenuto la sera stessa alle otto. Mi fa presente che avrebbero letto e discusso insieme all’autore una serie di canzoni ed idilli, si tratta di Giacomo Leopardi. Io confermo entusiasta la mia presenza e continuo con gli esercizi di matematica. Si fa tardi e devo tornare a casa, ceno ed impaziente vado nella sala dove si sarebbe riunito di lì a poco il gruppo di lettura. Sono in anticipo e nell’attesa inserisco una moneta nel distributore automatico ed aspetto il caffè. Fra i meccanici rumori dell’attrezzo sento la porta aprirsi e vedo entrare l’autore. Non mi sembra vero, è tutto il giorno che immagino questo momento e sono emozionata. Lo saluto con estrema formalità e mi risponde con un misterioso distacco, come se stesse pensando a tutt’altre cose. Non resisto e mi avvicino cercando di iniziare una conversazione.

La poesia è scrivere spontaneamente ciò che si ha dentro, quello che per noi è importante -“Salve, le avranno fatto mille altre volte una richiesta come la mia ma non potevo trattenermi dal chiederle con tutto il cuore se fosse disposto a rispondere a delle domande.” -“Che tipo di domande? Signorina fra meno di un’ora inizierà l’incontro e potrà farmi lì tutte le domande che vuole sui miei scritti.” -“Io non voglio chiederle niente a proposito delle sue poesie. Le ho studiate, so quello che c’è da sapere e come me tante altre persone che la seguono. Ciò che non so è a cosa pensa quando è solo, su cosa riflette e come questo influenza le sue opere.” -“Non c’è molto da chiedere. La mia mente è in affanno come lo è stata la mia vita. Ha parlato della gente che mi segue e legge le mie opere, ha detto che ha “studiato”. Studiato! Questa è una parola intrigante. Mi piace studiare, amo farlo: l’ho fatto fin da piccolo e continuo a farlo tutt’ora. Ma va capito cosa ci s’intende con “studiare”. Sono cresciuto in una fa-

01 miglia dove lo studio era concepito come un pedantesco leggere e rileggere i soliti libri, capire gli stessi concetti; tutto rivolto ad uniformare il proprio pensiero con quello degli autori letti. Una sorta di accademico imparare a memoria e saper ripetere pari pari le cose. Questo è ben differente dallo studio che io amo. Studiare per me significa saper pensare, riflettere, ragionare e poi dedurre; farsi portavoce di principi nuovi, innovatori.” -“Sono sicura che questo ha influenzato molto il suo far poesia.” -“La poesia è scrivere spontaneamente ciò che si ha dentro, quello che per noi è importante. Deve saper contenere una parte dell’autore, talvolta riesce a farci capire cose che nemmeno lui conosce di sé. Al massimo ci si può ispirare al passato degli antichi classici, ma evitando assolutamente di imitarli. La società di

oggi è ben lontana dal fare questo, e si convince di essere avanzata quando invece si rivela cieca perché non vede che sta regredendo.” -“Ragionando e ragionando lei è quindi giunto a concetti che caratterizzano la sua intera produzione letteraria. Ma qual è l’esempio che secondo lei esprime al meglio questa evidenza?” -“Certamente è la poetica della rimembranza. Per me scrivere poesia è un po’ come frugare nel mio passato. Solo ricordare brevi episodi della mia infanzia mi rende felice. Però questo non accade perché ho vissuto un’infanzia particolarmente gioiosa, ma perché il ricordo rende tutto più vago, ed il vago maschera il vero che rende tutto più brutto.” -“Questo lo trovo anche sui libri, sulle antologie. Mi dica qualcosa che non so.” -“Capisco cosa intende. Le spiego: il bello delle cose sta nella libertà d’immaginazione che ti concedono. Per esempio, il bello di un ostacolo visivo sta nel fatto che ti permette d’immaginare ciò che in realtà non ti lascia vedere: e allora t’illudi che lì dietro ci sia una meravigliosa distesa di fiori coloratissimi. Tu hai il presentimento che potrebbe non essere vero, però ti accontenti di non sapere e immaginare. Così opera il ricordo: ricordando non immaginiamo tutto precisamente come realmente era, ma abbiamo la possibilità di non considerare gli aspetti che rovinano il momento ricordato, quelli che non ci piacciono. Ora ha capito?” -“Sì. È giusto vedere in questo espressione di un legame particolare fra di lei e il passato?” -“Se con passato intende antichità sì. Dall’alba dei tempi l’uomo finalizza la sua vita al raggiungimento della felicità. Ciò di cui sono convinto è che più passa il tempo e più la società si evolve concentrando la sua attenzione sugli aspetti concreti e materiali. Di conseguenza il vero diventa sempre più l’elemento fondamentale per il progresso; ma se da una parte esso permette di avere successo, dall’altra rende tutto più brutto e come ho detto poco fa ci priva della libertà di immaginazione. -“Possiamo quindi considerare questa come la formula per la felicità?” -“Se la vuole vedere sotto questo punto di vista sì, lo possiamo fare. Ma senza dimenticare che questo è possibile solo mediante le illusioni, il ricordo e la suggestività delle cose che sono solo dei palliativi: resta il fatto che l’uomo è, di natura, limitato e questo lo condanna ad essere infelice.” -“Credo di aver capito perché mi è sembrato così distaccato e lontano da ciò che La circonda: ha tanto a cui pensare.”

Mi fa presente che avrebbero letto e discusso insieme all’autore una serie di canzoni ed idilli, si tratta di Giacomo Leopardi 01

un ritratto di Giacomo Leopardi

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Interviste

Assemblea Concerto

Suggerimenti ai Rappresentanti per la Prossima

ASSEMBLEA CONCERTO DI LA REDAZIONE

1. Da dove nasce il nome del gruppo? 2. Qual è il vostro genere/i musicali? 3. Qual è il vostro pezzo (o cover) che preferite? Perché? 4. Quali sono i vostri punti di riferimento (cantanti o band a cui vi ispirate)? 5. Date più importanza al testo o alla musica? 6. Qualcosa di particolare che fate prima di un concerto? 7. Progetti per il futuro? (nuovi cd?) 8. Dove vi vedete tra vent’anni? 9. Cosa ne pensate della droga?

Interviste

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Assemblea Concerto

CURLY FROG & THE BLUES BRINGERS

1. Deriva dalla copertina del vinile del ‘69 di Muddy Waters “After Rain”, dove Mud tiene in mano una rana. Sarà proprio quella rana che si reincarnerà in Sam, dando vita ai Blues Bringers. 2. Un vero e proprio caleidoscopio che passa da tre forti poli d’attrazione: il blues, il rock and roll ed il funk. 8. È impossibile dire cosa faremo fra vent’anni (per quel momento spero almeno di aver finito ingegneria eheh), comunque mi auguro, e lo auguro anche agli altri membri del gruppo, tante soddisfazioni e di riuscire a fare ciò che ci piace. 9. Questa domanda è meno pertinente delle altre, tuttavia (se assunta senza violare leggi e senza finanziare il mercato controllato dalla mafia) sono del parere che ognuno sia libero di drogarsi. NB: Elio e le Storie Tese, saggiamente, invitano ad un cauto utilizzo delle droghe, poiché la droga in sé non da l’ispirazione, l’idea deve esserci già in partenza. La droga è solo un catalizzatore per svilupparla! P.S.: la cannabis non è droga! By Samuele – cantante

POP X

6. Prima del concerto a me piace conoscere gente per poi avere qualcuno durante il concerto a cui cantare le canzoni in maniera più personale, confidenziale e diretta. 7. Riuscire a suonare il più possibile visitando tutti i comuni d’Italia nel tentativo di conoscere le micro diversità della popolazione Italica. Adesso ho fatto la cover di Voglia di Dance All Night un pezzo dei Torre Eiffel 65. (ascoltabile su pop-x.bandcamp. com) 8. Tra vent’anni avrò un figlio di circa vent’anni, spero di essere riuscito a diventare un buon agricoltore perché in questo momento sono interessato all’agricoltura di sussistenza. 9. DROGA; a me piace l’odore delle canne di Ganja, anche il sapore, anche l’effetto che ha la Ganja sulla psiche non é male, ad esempio fumare una canna al mare una sera d’estate è bello, però é un piacere che va dosato perché alla lunga ti devasta. Insomma se si fumano tante canne é dura riuscire a portare a termine semplici attività quindi meglio fumarne poche. In realtà la lucidità totale unita alla pratica di sport estremi, come correre nel bosco di notte con un frontalino, é lo stato che preferisco in questo momento preciso della mia vita.

CRAWL

1. Il nome è stato una tragedia. Abbiamo cambiato diversi nomi ma poi Marco, uno dei nostri chitarristi, ha letto la parola Crawl in uno dei testi che ho scritto e da lì è nato il nome. 3. Credo di parlare a nome di tutti che la nostra canzone preferita è Dear Agony, il primo pezzo che abbiamo composto e che abbiamo scritto. 4. Dal mio punto di vista di cantante, il testo è una parte molto importante, non cerco mai di cadere nel banale e i miei testi hanno sempre una parte di intimità della mia persona. La musica di conseguenza diventa anch’essa molto importante perché sostiene il testo dal punto di vista sensoriale ed emotivo. Vi ringrazio, vi auguro i miei migliori auguri, e saluto mia sorella, ciao Giuditta. 6. Tra un mesetto speriamo di poter pubblicare il nostro primo EP, contenente sei nostri brani, abbiamo già registrato tutto. 8. Io sono favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere, credo che molti programmi che mandano in tv siano molto più nocivi per la testa di un ragazzo che un po’ di thc. Ci sono cose molto peggiori al mondo della droga, almeno quella leggera. Ciao Da Vinci da parte di Filippo e da tutti gli altri membri dei Crawl, Gabbo, Peddy, Ruggi e Oss. Venite a vederci in concerto e seguiteci sulla nostra pagina facebook!

per le interviste integrali andate sul sito del da vinci L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


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Interviste

Assemblea Concerto

ATTRITO 1. Bilo: il gruppo è nato qualche anno fa, il 31 gennaio 2009, quindi qualche giorno fa sono passati 5 anni esatti! (tanti auguri agli attrito!). 2. Andrea: presente la forza che si viene a creare tra due oggetti a contatto che vanno in direzione opposta? In una caduta in bici, tra il ginocchio e l’asfalto l’attrito fa si che sul primo si creino delle sbucciatura. Ecco, immaginate che il ginocchio è in realtà l’orecchio e l’asfalto è la nostra musica, e tutto dovrebbe tornare. Inoltre suona proprio bene! 3. Rupert: noi suoniamo punk-hardcore, che va ben oltre il fatto di fare musica, per esempio è un modo per portare un minimo di solidarietà alle lotte che ci stanno più a cuore. I concerti molte volte sono caratterizzati da questo modo di intraprendere una serata non solo per il fine in se del divertimento al concerto. Esprimersi riguardo un nostro concetto di libertà significa anche affrontarlo direttamente, non solo il giorno del concerto ma nel nostro rapporto con la vita stessa. Credo che questo faccia del punk-hc quello che è. 5. Andrea: nella musica principalmente cerco la sincerità e l’onestà, elementi che con l’energia del punk si sposano bene, e poi sono un appassionato, quindi per acculturarmi ascolto e leggo qualsiasi cosa riguardi la musica 6. Vittorio: testo e musica sopratutto nell’hardcore vanno a braccetto, l’hardcore prima di ogni cosa è comunicazione. 7. Bilo: uhm....niente non ho nessuna cosa particolare che faccio, bevo, cazzeggio e non vedo l’ora di salire sul palco e spaccare tutto... ecco piscio sempre, ma perchè prima di suonare mi scappa sempre da pisciare, ahahahahah, non per una mania… forse perchè bevo troppo prima! 8. Bilo: adesso esce L’ATTIMO DEL DUBBIO, il nostro nuovo disco di cui siamo terribilmente soddisfatti, ma chiaro che non ci si ferma mai. Vittorio: il nostro nuovo LP coincide con il primo lavoro che io faccio con il gruppo, sono entrato nel gruppo al posto del vecchio bassista a febbraio del 2013 e ad oggi ho già superato i 50 live insieme a loro, in un’anno non male eh? A parte questo sono stato davvero onorato di poter suonare con loro e di prendere il posto del grande Luca (approfitto per salutare, ciao Luca!) 9. Andrea: ad un concerto dove suona un gruppo di ragazzi/e nati nel 2014 che spaccano tutto. Vittorio: in un’epoca post-nucleare nel bel mezzo di una guerra civile. Bilo: Spero proprio che la mia vita sarà uguale a quella che ho ora di cui non ho proprio niente di cui lamentarmi, magari invece vi scroccherò qualche euro in via mazzini, perchè li sarò finito. 10. Vittorio: io baso il mio pensiero sull’accettare il libero pensiero e le libere scelte di ognuno ammesso che quest’ultime non vadano ad intaccare le libertà degli altri… il mio realismo e la mia sincerità in ogni caso mi portano a darvi un

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consiglio: è inevitabile che tanti di voi spinti probabilmente dalla curiosità si avvicineranno a determinate sostanze, ma non fate in modo che la curiosità vinca sulla ragionevolezza e la responsabilità che avete di voi stessi, informatevi bene sulle droghe ed evitate il più possibile le sostanze chimiche, quelle fanno davvero male e per esperienza personale vi dico che non farebbero del male solo a voi stessi. Quindi occhi aperti senza rinunciare a del sano e puro divertimento na volta tanto ;) Bilo: il discorso è un po’ complicato. Sono assolutamente a favore della liberalizzazione e dell’utilizzo delle droghe leggere, sono assolutamente contrario alle droghe pesanti (tra cui c’è decisamente anche l’acool), pur rimanendo che per me ognuno è libero di fare quello che gli pare, basta prendersi le responsabilità delle proprie scelte, senza coinvolgere/ condizionare nessuno. Siamo nel 2014 direi che ormai ognuno sa a cosa va incontro assumendo certe sostanze. Vittorio: pffiuuu domande superate! Un grande saluto a tutti voi ragazzi, approfittate di questo periodo della vostra vita per formarvi culturalmente nella maniera che più vi aggrada e per divertirvi con chi più vi piace, cercate di essere

complici tutti senza nessuna distinzione di nazionalità e colore, combattete ogni tipo di ingiustizia e siate gli artefici del vostro futuro. Ci vediamo sotto il palco! Bilo: un saluto a tutto il liceo, combattete il fascismo in ogni sua forma… ANTIFA sempre!!! Ci si vede ai concerti. Punk-hc pride!!! Rupert: saluto la scuola, grazie per lo spazio. Come i miei compari ci terrei a dire anche io che la lotta contro il fascismo è ora importante qui a Trento. Casapound ha aperto una sede ed è ancora li. Ci auguriamo che per un motivo o per l’altro chiuda presto i battenti ma sappiamo anche che quei personaggi girano anche per le scuole superiori con il Blocco Studentesco. Si dicono movimento non conforme, quando a Roma si sono fatti regalare una sede da 11 milioni da Alemanno, si dicono pure contro lo stato e allo stesso tempo nostalgici di uno stato fascista che ha contribuito a costruire la democrazia odierna, con le sue prepotenze e le sue pene. Dobbiamo cercare, ognuno a suo modo, di non farli prendere piede nella città in cui viviamo, sappiamo bene che dietro alle loro belle facce da giornale ci sono picchiatori, persone infami e servi di ricchi e padroni. In fondo sono i soliti fascisti, non ci si aspetta diversamente. Andrea: io chiudo con le cose più banali: creiamoci le situazioni, prendiamoci gli spazi, diamoci da fare per realizzare qualcosa che ci appaghi. Inoltre, per citare Mike Watt: recuperate uno strumento e “start your own band”. Ciao scuola, ciao tu che stai leggendo e ciao, macedone dagli occhi azzurri. Fatevi vedere ai concerti!

Interviste

Assemblea Concerto

GAZEBO

1. I Gazebo sono una band emergente fino ad oggi si sono impegnati al fine di farsi apprezzare dai giovani, e non solo, della città. Il nome del gruppo non ha un significato particolare, un giorno eravamo in piazza fiera e c’era il gazebo del baccus: doveva essere un nome provvisorio ma alla fine è rimasto. 4. Linea77 e Ministri, sono le band delle cover con cui abbiamo iniziato, quelle che meglio rispecchiano il genere musicale che volevamo per il nostro gruppo: cantano in italiano ma soprattutto è bello l’affetto che riescono ad avere sul pubblico, come riescono a farlo muovere 5. Sono importanti allo stesso modo, ma sicuramente è tramite i testi che riusciamo a comunicare le nostre idee i i nostri pensieri a chi ci ascolta. 6. Bisogna fare qualcosa di particolare? 7. In primavera/ inizio estate esce il nostro EP con 4 canzoni nostri inedite. E adesso se passiamo le audizioni il 26 dovremmo suonare al Da Vinci mentre il 3 marzo parteciperemo a un contest a Povo. 8. A suonare a SotAlaZopa 9. Beh, è stupefacente

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ARKÉ

1. Dal principio filosofico greco che rappresenta il principio di tutto e il senso della vita 3. “Nel bene o nel male” perchè è un sacco cacciato e rispecchia pienamente il nostro genere e i nostri ideali 6. Cicca time. 7. Suonare, registrare, divertirsi, farsi conoscere. 8. Alla Caritas con un piatto di minestra 9. Non la giustifichiamo ma la apprezzi(amo). Ciao Da Vinci! Speriamo vi piaccia la nostra musica! Stay tuned!

THE ZEROIDS

1. Il nome del gruppo è un’idea di Strini, e credo derivi da Zero + id , (zero identity). Poi abbiamo scoperto l’esistenza di una linea di giocattoli anni ‘60 con lo stesso nome e con la pubblicità ci abbiamo fatto l’intro del primo album. 5. Abbiamo il saluto degli Zeroids, che si fa dandosi il pugnetto a vicenda e incrociando le braccia. Robe da asilo insomma. 6. Il nostro prossimo impegno è quello di far uscire il nostro terzo album, sia su cd che vinile, si intitolerà “Beside” . L’abbiamo registrato a Montebelluna a Novembre. 7. Non so se risponderti con una cazzata o seriamente, però ho una certezza, tra vent’anni questa band non esisterà. 8. Non ti dirò bugie, una certa percentuale degli Zeroids usa droghe, ma a noi sta bene così. (Mi intrometto... I like it Negro! Ottima risposta) Un saluto al da Vinci, che in realtà un po’ mi manca. Mi raccomando, tenete sempre alta la bandiera del degrado! P.S.: un saluto da parte mia a Picone, se c’è ancora.

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Politica Interna

Scienza

Il Diritto di fare Assemblea 01

Il Diritto di fare

una delle manifestazioni del 1968

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un cartello che mostra la voglia di cambiamento degli studenti

ASSEMBLEA

DI LORENZO POSTAI

Ogni mese gli studenti di tutte le scuole superiori italiane hanno diritto ad un giorno di assemblea d’istituto. Ormai si da per scontato che gli studenti –di diritto- debbano fare questo giorno di “scuola alternativa”. Non è così scontato, o perlomeno, non lo è stato in passato. Troppo spesso, difatti, ignoriamo perché sono nati questi momenti gestiti interamente da noi studenti. E’ stato un processo lungo che ha coinvolto sia la scuola che l’università italiana quello che -dal 1968- ha portato alla creazione delle varie forme di rappresentanza degli studenti. I movimenti del 1968 hanno dato una forte scossa alla società e quindi anche alla scuola italiana: per la prima volta gli studenti italiani hanno espresso la loro voglia di cambiamento, di “ri-

Non è così scontato, o perlomeno, non lo è stato in passato strutturazione” del sistema scolastico. Gli studenti avevano bisogno di uno spazio per discutere sulla società che stava cambiando intorno a loro e sui problemi che vedevano nella scuola che frequentavano giornalmente. Si è dovuto aspettare fino al 1974 per avere una prima assemblea “regolarizzata”. Nell’arco di tempo che va dal 1968 al 1974, le assemblee ci sono state, ma erano delle vere e proprie occupazioni ed erano gestite da organizzazioni spesso legate a qualche partito o sindacato. Talvolta avvenivano addirittura fuori dall’ambiente scolastico ed erano organizzate assieme ai lavoratori. Così non andavano a soddisfare l’esigenza di discussione di tutti gli studenti, ma solo di una minoranza. Dal 1974, le assemblee si tengono a scuola, le lezioni per quei giorni sono sospese e sono organizzate dai rappresentanti degli studenti. Gli studenti difatti, non rivendicavano soltanto il diritto di assemblea, ma anche il diritto di rappresentanza. E così -sempre nel 1974- nasce anche il consiglio di Istituto. All’interno di quest’organo ci sono oltre che i rappresentanti degli studenti anche i rappresentanti dei genitori, degli insegnanti e del personale scolastico. Gli studenti per la prima volta possono esprimere un voto che può cambiare le sorti della loro scuola. Dal 1974,la scuola superiore è rifor-

02 mata: gli studenti possono –finalmente- dire la loro e avere la possibilità di discutere e di fare una scuola diversa da quella che frequentano tutti i giorni. Nei primi anni di assemblee, la politica è al centro delle discussioni. Del resto, erano gli anni settanta: quelli che poi sono stati battezzati “gli anni di piombo”. I giovani non possono evitare di interrogarsi sulla violenza che alcuni -poco più che loro coetanei- esercitano per ragioni che alcuni definiscono “politiche”. Le assemblee consistono in una grande discussione che coinvolge tutti gli studenti. Discutevano animatamente sugli episodi che andavano a ricoprire le prime pagine dei quotidiani del tempo. Con gli anni ottanta, la politica non interessa più così tanto gli studenti e le assemblee, di conseguenza, cambiano. Non ci sono più soltanto discussioni. Vengono organizzati dei cineforum e addirittura dei tornei sportivi. Fino a dieci anni prima nessuno avrebbe creduto che in un’assemblea si potesse giocare a pallavolo. La società cambia e la scuola -che forgia e allo stesso tempo è specchio della società stessa- cambia di conseguenza: nelle assemblee vengono invitati esperti, relatori per creare lezioni di scuola alternativa. La tendenza rimane la stessa sino ai nostri giorni. Ogni istituto ha le sue tradizioni, le sue abitudini nell’organizzare questi momenti. L’importante è –però- che questi momenti continuino ad esistere. Ogni mattina che ci rechiamo a scuola per “fare assemblea” ci dobbiamo ricordare che quel momento unico di discussione -quindi di crescita personale- non è un atto dovuto e va difeso. Abbiamo un’ unica arma per difendere le nostre assemblee: la partecipazione. Solo dicendo la nostra, discutendo, animandoci per un’idea, insomma, solo partecipando, potremo dire che “fare assemblea” ha ancora un senso.

Più Unici che Rari DI EMMA BUSARELLO 3E e VITTORIA BROLIS 3A

e soprattutto mai più soli

In Europa si calcola che i malati rari siano circa 30 milioni. In Italia si definisce malattia rara qualsiasi tipo di patologia che colpisce 1 persona su 2000 cioè, secondo gli ultimi dati, circa 3 milioni di affetti, ma è un dato difficile da tenere aggiornato poichè nel mondo ogni minuto nascono 10 bambini affetti da una malattia rara. Facendo un semplice calcolo a livello di mercato quindi, non è conveniente per le istituzioni sanitarie pubbliche e le industrie farmaceutiche avviare delle attività di ricerca per un così ristretto gruppo di malati. Fortunatamente però nel nostro Paese, e non solo, esitono delle associazioni che si occupano di ricerca e di assistenza, grazie alle quali molti pazienti riescono ad intravedere una luce di speranza in una

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addirittura di anni. Questa malattia ha un aspetto molto drammatico: la mente rimane vigile prigioniera in un corpo che diventa via via immobile. Si presenta con una frequenza di 6-8 casi ogni 100.000 abitanti. Al momento non esiste una terapia in grado di curare questa malattia, è presente solo un tipo di farmaco capace di far rallentare il processo di peritura delle cellule. Nella nostra regione fortunamente l’assistenza medica e l’attenzione verso il paziente sono ben presenti, in modo particolare si stanno sviluppando sempre di più i cosiddetti Hospice: strutture non ospedaliere che integrano il servizio delle cure palliative per far fronte a esigenze assistenziali particolarmente gravi e per alleviare situazioni di difficile ge-

stione in un contesto domiciliare. Grazie a questi aiuti molte famiglie riescono a godere fino all’ultimo di uno stile di vita quasi normale. Queste associazioni però hanno bisogno anche del nostro contributo per portare avanti numerosi progetti e soprattutto la ricerca: ad esempio l’Associazione Italiana per la Ricerca del Cancro ( AIRC) il 25 gennaio nelle maggiori piazze Italiane ha allestito una serie di banchetti per la vendita delle “arance della salute”. Mentre attraverso l’acquisto di una bottiglia di vino si può offrire all’AISLA “un contributo versato con gusto”. Ogni associazione organizza annualmente numerosi eventi con lo scopo di raccogliere fondi che verranno destinati alle ricerche.

una luce di speranza in una vita che sembra ormai segnata “Non possiamo prevedere le scoperte, di sicuro soltanto sostenendo i ricercatori possiamo trovare nuove cure.” PIERO ANGELA vita che sembra ormai segnata, spesso fin dalla nascita. La conoscenza su questi dati è molto scarsa perchè essendo un fatto che coinvolge solo poche persone la maggior parte della popolazione è all’oscuro di questo. Anche se dall’altro lato è presente un costante e duro lavoro di queste associazioni, come ad esempio la più conosciuta Telethon, che fa in modo che nessuno si senta escluso dalla concreta speranza di una cura. Per questo motivo sono già stati avviati più di 2400 progetti per finanziare la ricerca di 445 malattie. Inoltre nel nostro piccolo possiamo contribuire a portare avanti queste ricerche, infatti Telethon mette a disposizione piccoli regali che possono essere utili a chi li riceve ed essenziali per chi aspetta una cura. Citando tutte queste informazioni può sembrare una realtà molto lontana da noi, invece è più vicina e presente di quanto sembri. Anche nella nostra piccola città sono presenti verie associazioni, tra cui AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica ) che si occupa di una malattia specifica conosciuta come SLA, considerata anch’essa una patologia rara che colpisce il sistema nervoso celebrale e il midollo spinale che consentono il movimento, causando la morte delle cellule in maniera graduale nel corso di mesi o

Gli studenti avevano bisogno di uno spazio per discutere sulla società che stava cambiando intorno a loro 01

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Più Unici che Rari

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un’immagine della campagna publicitaria di Telethon

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manifesto per la vendità delle “arance della salute”

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Testimonianze Dachau

DACHAU2013 DI SELENE GHEZZI 4A

LA MEMORIA SIAMO NOI

L

’1 e il 2 novembre un gruppo di quindici studenti del DaVinci sono stati invitati da ANPI, Associazione Nazionale Partigiani Italiani, a trascorrere due giorni a Monaco, come ospiti del cardinale Marx per la celebrazione del 50esimo anniversario dell’edificazione della Cappella Regina Pacis, eretta per commemorare i caduti italiani nel campo di lavoro di Dachau. Il primo giorno, dopo un breve giro turistico del centro di Monaco, abbiamo incontrato il console Scamacca per intraprendere una visita al museo ebraico di Monaco, esperienza intensa attraverso la realtà storica che è stata vissuta in quegli anni dalla comunità ebraica, ma non solo. La mattina del giorno dopo abbiamo preso parte alla cerimonia com-

02 memorativa per le vittime italiane del Nazismo, in particolare in questo 50esimo anniversario. Abbiamo preso parte attivamente alla via Crucis, indossando il fazzoletto tricolore, simbolo dell’ANPI, circondati da membri della comunità italiana residente a Monaco. Conclusa la cerimonia ci siamo diretti a Dachau, che dista pochi minuti dal cimitero dove sorge la Cappella. E’ proprio a questa visita che vorrei dedicare alcune riflessioni mie, ma che credo verranno condivise dai miei compagni o da chiunque abbia mai visitato il campo. Vorrei descrivere dettagliatamente ogni luogo, ogni letto, ogni baracca, ogni cella che ho visto nel campo di Dachau, anche se credo che nessuna parola possa aiutare a comprendere realmente ciò che è accaduto in quei luoghi. Credo che posti come quello, dove migliaia e migliaia di persone hanno lasciato se stesse, vadano vissuti, che vadano visti

01 01 L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

Detenuti in una camerata di un lagher tedesco

con occhi diversi, diversi da quelli che guardano delle foto o delle immagini. Credo che ogni prigioniero morto nel campo di Dachau abbia lasciato qualcosa di sé, qualcosa che se “ascolti” bene riesci quasi a percepire. E’ la grandezza che fa paura. Varcata la soglia, varcato il cancello che dice “Arbeit macht frei” l’immensità del campo ti colpisce come uno schiaffo. E regna il silenzio. Non siamo più in grado di dire una parola, di scherzare, di ridere, anche solo di sorridere. Soffia il vento, e tu lo puoi immaginare quel freddo vento di novembre che colpisce i detenuti come una lama. E pensi. Pensi che erano vestiti forse neanche la metà di te, che non riuscivano neanche a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza e dalla fame. Pensi che forse qualcuno di loro si è fermato a riflettere su quella scritta che domina il cancello, a riderci amaramente su, pensando a quanto sia tremendamente fasulla, agli sforzi che ha lasciato su

quella ghiaia gelida, alle persone che ha perduto, alla dignità rubata dalle guardie e chiedendosi dove sia ora la sua libertà. A Dachau non è più stata chiusa una porta dopo la liberazione del campo avvenuta il 29 aprile 1945. E’ strano come un gesto così semplice possa portare un significato talmente grande. La “libertà”, noi sappiamo cosa significa, viviamo in una società che è, bene o male, libera. Ma immaginiamo: cosa sarebbe di noi se da un giorno all’altro le nostre libertà cominciassero a scarseggiare? Pensate se ci privassero della libertà di vestirci, di dormire quando vogliamo, se ci imponessero di lavorare pesantemente, di mangiare poco, sempre di meno, di non mangiare. Pensate infine se ci privassero della libertà di vivere, se ci imponessero di morire di stenti, uccisi barbaramente da qualcuno che si definisce al di sopra di noi, per la religione, per la nazionalità, o per il colore della pelle, o ancora per

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Le scarpe trovate di migliaia di detenuti

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Testimonianze

Opinioni

Dachau

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Hitler, era tutto scritto in un Libro

HITLER, DI CHIARA LISSONI 1A

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la copertina del libro “Mein Kampf” pubblicato nel 1925

Era tutto scritto in un Libro

03 le nostre origini o i nostri gusti sessuali. Dopo la visita a Dachau ho acquisito nuovi sconcertanti dettagli: ho visto nuovi volti, sentito nuove storie e non finirò mai di meravigliarmi di quante sono, queste storie. Piccole personalità, seppur così grandi, sono emerse. Uomini straordinari, che hanno combattuto per un paese migliore, un paese in cui uccidere un proprio simile non fosse legale, uomini, donne e bambini che sono morti ma che ancora vivono nella memoria di chi non nega, di chi combatte perché ciò sia ricordato affinché cose così atroci non si ripetano mai più. Consiglio la visita al campo di Dachau a chiunque. Consiglio di viverla profondamente, di entrare in ogni stanza, in ogni doccia, chiudere gli occhi e immagazzinare immagini che non si possono dimenticare.

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no... PRIMO LEVI

Maledetta sia l’epoca in cui un popolo di ciechi è condotto da un manipolo di pazzi! Hitler era un pazzo? Concordo. Hitler era stolto? Dipende dall’ambito. Hitler era un incapace? Assurdità. Hitler era ‘grande’, in senso negativo, ma ‘grande’. Perché? Ve lo dico subito: quante persone sono riuscite a conquistare tutto ciò che ha conquistato lui? Gli imperatori dell’Impero Romano d’Occidente, Napoleone e Hitler: Tre. Un numero molto piccolo. Ma la vera domanda è: cosa ha impedito loro di realizzare tutto quello che avevano in mente? L’eccessivo scontento, la troppa voglia di conquistare (ne è un esempio la Campagna di Russia), chiamatela come volete, ma il motivo è sempre lo stesso: essere il primo e l’unico a fare un’impresa mai tentata prima. Ma non è di questo che vi voglio parlare, quanto piuttosto delle tante scuse usate da tedeschi, italiani, austriaci, francesi, spagnoli, e via dicendo, per “difendersi”. Le più frequenti sono: “Noi non sapevamo”, “Se avessimo saputo cosa avesse in mente, non lo avremmo mai votato”. Io dico: “Sono tutte cavolate”. Si sapeva eccome! Solo che l’uomo con una mente debole viene plagiato da chi ha più carisma e tal soggetto viene seguito ed idolatrato, senza una reale capacità di discernimento, se esso proponga modelli positivi o negativi: l’importante diventa seguire la ‘moda’ del momento.

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L’insegna all’ingresso del campo di concentramento di Dachau

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I Ragazzi in visita a Dachau

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L’importante è non dimenticare. Ricordare sempre tutte le persone che sono morte fra il 1938 e il 1945, in numeri: quasi 15 milioni di civili, 19 milioni di militari e 6 milioni e mezzo di ebrei… Era tutto scritto in un libro: Mein Kampf. Scritto da Hitler in persona durante e dopo la prigionia, pubblicato nel 1925, ben nove anni prima di essere nominato Cancelliere. Oggi, però, è opinione diffusa che il Mein Kampf sia un libro dell’orrore. Si può sicuramente continuare a ritenerlo tale, ma solo dopo averlo letto (e quasi nessuno oggi può dire di averlo realmente fatto), contestualizzato e ben compreso nella sua dimensione non già di ‘causa’ bensì di ‘effetto’ degenerativo della cultura occidentale. Nel 1915 (durante la Prima Guerra Mondiale), mentre era al fronte, scrive: “che i sacrifici e le sofferenze che quotidianamente centinaia di migliaia di noi sopportano, che il fiume di sangue che qui scorre ogni giorno per contrastare una coalizione cosmopolita di nemici, servano a schiacciare gli avversari esterni della Germania, ma anche a spazzar via il nostro internazionalismo interno. Questo varrebbe assai di più di tutte le conquiste territoriali”. Già, impressionante vero? E non è tutto. C’è un altro passo di un discorso tenuto il 2 marzo 1934: “[…] I popoli che combattono per sublimi idee nazionali hanno forza di vita e ricchezza d’avvenire […] Il Fascismo e il Nazionalsocialismo […] hanno la missione di segnare nuove vie a una feconda collaborazione internazionale. Comprenderli nel loro senso più profondo, nella loro essenza, significa rendere servigio alla pace del mondo e quindi al benessere dei popoli, […] lo Stato non rappresenta un fine, ma un mezzo. Esso è la premessa della formazione di una civiltà umana superiore, ma non è la causa di questa, […] la premessa dell’esistenza di una civiltà superiore non è lo Stato ma la nazione”. Ribadisco il concetto: impressionante, vero? Ammettiamo, però, che Americani e Russi abbiano preso con comodo la liberazione. Tutti sapevano che sarebbero arrivati. Hitler lo sapeva, le SS lo sapevano, gli stessi prigionieri lo sapevano. È grazie a tutte questo ‘sapere’, dunque, che i sopravvissuti sono così pochi? Vorrei farvi leggere con attenzione e ragionare sul titolo di questo articolo: è una frase di Primo Levi. Se l’umanità non fosse solo un pugno di ignoranti, forse si

sarebbe potuto evitare tutta questa disgrazia? Meglio non incolpare nessuno, quel che è successo è successo!! L’importante è non dimenticare. Ricordare sempre tutte le persone che sono morte fra il 1938 e il 1945, in numeri: quasi 15 milioni di civili, 19 milioni di militari e 6 milioni e mezzo di ebrei……….. In totale 40 milioni di persone morte a causa di questa guerra. Anche se i numeri scritti non fanno molto effetto, questi sono davvero molto alti: è come sterminare due terzi della popolazione italiana. Ma come fa un essere così intelligente come l’uomo ad abbassarsi a questi livelli di odio?

“Noi non sapevamo”, “Se avessimo saputo cosa avesse in mente, non lo avremmo mai votato” L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


Politica Esterna

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La paziente Forza dell’Ucraina

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un manifestante che lancia una molotov contro le forze armate

Mi piacerebbe raccontarvi qualcos’altro, preferirei raccontarvi di quanto sia bella l’Ucraina, della sua buona terra, delle persone gentili, del sole che l’illumina e del fortissimo legame tra familiari. Invece vi devo raccontare di un lato oscuro di questo paese, della corruzione e dello squallore politico dilagante. E dico “vi devo” perché sento chiaro e impellente il bisogno di farlo. In quest’ultimo periodo gli abitanti di tutto il territorio si stanno ritrovando nelle maggiori piazze per manifestare ed esprimere il loro dissenso nei confronti del governo e delle ultime decisioni dei capi di stato. Tutto è cominciato, ma credo si possa definire “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, dalla decisione del presidente ucraino di non firmare l’accordo con l’UE, che avrebbe dato così un forte segno di distacco dai vicini russi. Questa scelta di Janukovyč (lui che è stato per ben tre volte primo ministro, ma è stato anche in carcere e sono abbastanza noti i suoi stretti legami con clan poco rispettabili dell’Ucraina) ha scatenato numerose proteste della popolazione. Come era facile immaginare però, la reazione di Janukovyč al malcontento generale, è stata l’emanazione di alcune leggi repressive che limitano fortemente la libertà d’espressione e il diritto di manifestare. Questo però non ha fermato la gente. “Si organizzano con turni di due ore” è quello che racconta Tania, una giovane ucraina che vive in Italia da quan-

l’emanazione di alcune leggi repressive che limitano fortemente la libertà d’espressione

01 L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

Politica Esterna

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La Paziente Forza dell’Ucraina

Giornata della Memoria al Da Vinci DI VITTORIA BROLIS 3A

Per non dimenticare, anche la nostra scuola, come molte altre associazioni e istituzioni pubbliche, ha organizzato per il giorno 27 gennaio, Giornata della Memoria, alcune attività: la proiezione di numerosi film e l’incontro in collaborazione con l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiagni Italiani) della Provincia di Trento e le testimonianze dirette degli studenti che a novembre hanno avuto la possibilità di visitare il campo di concentramento di Dachau. Ad aprire l’incontro è stato il rituale discorso del preside e lo hanno seguito i racconti del viaggio da parte dei ragazzi. In questa prima parte è stato espresso anche da parte loro un invito a informarsi, non rimanere ignoranti con la convizione di sapere come sono andate

le cose e appunto, continuare a ricordare e ricercare. Le riflessioni degli studenti erano intervallate dalle letture di alcuni testi, tratti da “Dire l’indicibile” e “L’ultimo Sonderkommando italiano”, a cura di Luca Pedron e Irene Allegranti. Con grande sorpresa abbiamo anche potuto ascoltare la testimonianza del partigiano “Radiosa Aurora” e l’intervento di Sandro Schmidt, presidente provinciale dell’ANPI. Siamo sicure che questa giornata non possa né cambiare il mondo né certamente il passato, ma deve essere uno stimolo a prenderci la responsabilità di ricordare ciò che è avvenuto. Ed è anche indespensabile per evitare che l’uomo dimentichi i corsi e ricorsi della storia e impari un giorno finalmente la lezione.

la paziente Forza dell’

UCRAINA DI GIULIA CASONATO 3A

do è espatriata alla ricerca di lavoro, “fa troppo freddo per stare tutto il giorno e la notte all’aperto.” - A Kiev sono previsti -27° - “Mentre metà dei manifestanti sono in strada, l’altra metà si riscalda in alcuni locali dell’opposizione, in modo che all’incirca 2000 persone siano sempre pronte”. Racconta anche che i problemi maggiori iniziano quando cala il sole, perché durante la notte la polizia inizia a montare contro la gente. Nell’ultimo periodo però sono molti gli agenti che decidono di passare dalla parte dei manifestanti e di non obbedire agli ordini del presidente. Ma ci sono anche segni positivi, come quello del 28 gennaio: sono stati infatti 361 i voti favorevoli (2 i contrari) all’abrogazione della legge sulle manifestazioni. Ed è una notizia che solleva un

po’ gli ucraini, come Victoria, una diciannovenne arrivata in Italia un anno fa per ricongiungersi alla madre. Victoria due settimane fa è stata in Ucraina, per unirsi alle proteste e parla di una sua amica ed ex compagna di classe che nella cittadina di Leopoli sta mettendo insieme un’opposizione creativa, con l’organizzazione di bande musicali, striscioni e slogan, da mandare nella capitale. Solo per questo, con l’entrata in vigore di quella legge, se fosse stato fatto o scoperto il suo nome, avrebbe trascorso 30 anni della sua vita in carcere. Leopoli, anche chiamata Lviv, è una cittadina, come Kiev, della part ovest dell’Ucraina. Come in Italia tra Nord e Sud, anche in Ucraina ci sono molte differenze tra Est ed Ovest. Esistono in fatti due storie diverse dietro alle rispettive metà del paese. Anche geograficamente è facile intuire come la parte ad Est sia maggiormente soggetta e controllata dalla Russia, mentre la parte ad Ovest, più aperta verso l’occidente, ha una mentalità più aperta. Infatti le donne giunte in Italia in cerca di lavoro sono in gran parte (“solo” direbbe Tania) dell’Ovest. Anche perché è nell’Ucraina orientale che si sono sviluppati i tre principali centri industriali, mentre quella occidentale è rimasta più povera perché legata solo ad attività di tipo rurale. Afferma Nataliya, mamma di Victoria, che da anni ormai vive nella nostra città che “la politica e le istituzioni trattano diversamente i cittadini dell’est e dell’ovest. C’è stato nella prima metà del 1900 un politico e giovane dell’Ovest, si chiamava Bandera, che è insorto contro il governo, organizzando un’opposizione. Dalle nostre parti è considerato quasi un eroe nazionale! Le forze

03 dell’ordine si accaniscono ancora contro di noi, ci chiamano ribelli, i “Bandera”. L’altro giorno hanno picchiato un ragazzo e quando hanno scoperto che veniva dalle nostre parti lo hanno portato via, lo hanno torturato e ucciso. Non è giusto, capisci? Con noi sono più aggressivi. Ma è perché hanno paura. Il vero problema però è la corruzione presente ad ogni livello. Purtroppo cambiano i nomi, ma anche coloro che partono con intenzioni buone, finiscono per entrare a far parte del sistema marcio che si è ormai radicato” . Per risolvere questo problema Tania sostiene sia necessario “un partito o una persona che salga al potere, non per interessi personali, ma perché ama il suo paese.” In questo momento i possibili tre oppositori in grado di sovrastare il potere di Janukovyč e tener testa a Putin (perché come dice Tania il presidente ucraino “non è in grado di fare un passo senza il suo comando”) sono questi: Petro Poroshenko, anche conosciuto come “il re

entrerà a far parte della UE, ma per motivi più pratici e personali. Viktor infatti in piazza ci va perché vuole che la sua mamma torni a casa. Lui che ha 23 anni ed è cresciuto da quando ne ha 9 senza vederla, perché pure sua mamma, come molte altre, è partita per l’Italia per cercare un lavoro, lasciando suo figlio nella speranza di dargli un futuro migliore. “Devi tornare a casa mamma, io non voglio che tu stia più lì. Io vado a protestare, perché così non ci voglio più stare”. Ora che il primo ministro si è dimesso e il presidente si è dato malato (chiaramente dopo aver dichiarato di aver “adempiuto a tutti gli obblighi che il governo si era assunto”) una vittoria dell’opposizione può sembrare più vicina. E credo sia quello che la maggioranza si augura, come che i capi della ribellione riescano a riportare la pace in questo paese e che non tradiscano la fiducia di coloro che per mesi si sono ritrovati in piazza, nel

Viktor infatti in piazza ci va perché vuole che la sua mamma torni a casa del cioccolato” grazie alle sue fabbriche (stranamente, dopo le sue dichiarazioni di ideologia contraria a quella del governo, la vendita delle sue tavolette di cioccolato è bloccato anche in Russia); Oleg Tyagnibok, capo del partito di estrema destra e ultranazionalista Svoboda; e Vitalij Klyčko, ex pugile e leader dell’opposizione Udar. Secondo Tania, tra questi tre, Klyčko ha le caratteristiche fondamentali di un leader, soprattutto se si tratta di mandare avanti un paese in crisi come questo, certo non gli si può chiedere di fare miracoli. Ma continua parlando del popolo ucraino, dicendo che “adesso è essenziale che la gente non se ne vada, deve continuare a stare in piazza a lottare, perché come abbiamo visto in passato, se se ne vanno adesso, tutto torna come prima!” Aggiunge che “gli ucraini sono di natura molto paziente, sanno aspettare con stoicismo. Ma si è arrivati al limite, anzi lo si è proprio superato.” Infatti chi magari prima non avrebbe mai protestato, adesso sente la necessità di farlo. E forse non perché l’Ucraina non

gelo dell’Ucraina, rischiando il carcere e la vita, per lottare per un futuro degno di essere chiamato tale. Voglio ringraziare moltissimo Victoria, Natalia e Tania, che mi hanno dedicato un po’ del loro tempo per raccontarmi del loro paese e le loro storie. Grazie perché senza di voi avrei capito meno ciò che sta dietro le notizie sui giornali, non avrei potuto immaginare le profonde ragioni di questa rivolta e non avrei potuto vedere la vostra forza e la costanza. Aggiornato al 31/01/2014. Probabilmente dal giorno dell’ultima modifica a questo articolo saranno successe molte cose, spero positive, quindi vi consiglio di tenervi aggiornati su internet, che sicuramente vi potrà riportare fonti più recenti!

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il netto scontro tra le due parti

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in più di 200mila a manifestare nella capitale

02 L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


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Politica Esterna

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Impressioni di un’Euroscettica Europeista

Impressioni di un’

EUROSCETTICA

EUROPEISTA

l’aula del Parlamento Europeo a Bruxelles

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studenti del nostro liceo che hanno partecipato al progetto

L’Unione Europea ha un buon concetto, comprende l’unità, la pace, l’aiuto reciproco (non solo economico), ma può, anzi deve, fare di meglio

DI ELEONORA FORTI 5B

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all’1 al 5 dicembre 2013, trenta ragazzi tra Prati e Da Vinci, accompagnati da insegnanti e tutors hanno avuto la meritata fortuna di partecipare ad un viaggio a Bruxelles, con tappa a Metz, all’interno del progetto “Essere in Europa”. Non mi dilungherò a raccontare i meriti di un progetto simile, né a spiegare le sue importanti fasi organizzative, perché basta cliccare su Internet e si possono trovare informazioni molto più chiare e dettagliate di quanto io possa fornire. Ciò che posso dire solo io sono le impressioni che questo viaggio mi ha dato. Innanzitutto, una considerazione che forse a non tutti viene in mente. Per noi, vivere in pace è una cosa scontata, le guerre ci sono estranee, ci sono nel Nordafrica, in Siria, recentemente in Ucraina, sono sempre ai margini della nostra immaginazione; ma non è stato sempre così. Quella che poi è diventata l’Unione Europea è nata da un accordo economico tra Francia e Germania nel lontano 1951, e allora si chiamava Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio, materie prime di straordinaria importanza bellica. Poiché L’Europa usciva insanguinata da due guerre, era interesse generale che si vivesse un periodo di pace, che poteva essere mantenuto solo con la condivisione di risorse. Funzionò. L’Unione Europea, innanzitutto, ha lo straordinario merito di aver mantenuto la pace per tutti questi

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anni, allontanando lo spettro della morte dai pensieri dei suoi cittadine e dei suoi padri fondatori, tra cui spicca Robert Schuman. Fu un uomo ed un politico di un’integrità quasi incredibile, un esempio di coerenza straordinaria, tanto che a leggere il suo libro, “For Europe”, sembra di leggere i deliri di qualche utopista un po’ troppo sognatore. Impressione completamente smentita dalla realizzazione, con lavoro e fatica degni di uno stoico, proprio di quei deliri. Nonostante la pace e Schuman, sono tornata più euroscettica di quanto sono partita. Ho sempre pensato che l’Unione Europea fosse una garanzia contro gli abusi dei singoli Stati, una sorta di madre protettrice che fornisce direttive illuminate e denaro per aumentare il benessere degli Stati membri e che impone sanzioni per rimetterli in riga. Mi dava l’idea di un capoclan molto saggio. Invece ho scoperto, attraverso un gioco molto istruttivo, che anche nel Parlamento europeo c’è chi vuole tenere chiuse le frontiere. C’è chi crede nell’unico dio del denaro e denigra tutti gli altri, c’è chi è un fan sfegatato della “famiglia naturale”, chi fa gli interessi di una elite, chi si tiene stretta la poltrona; ho scoperto, con una sorpresa un po’ ingenua, che ogni accordo è il gravoso frutto di un compromesso, che quello che conta anche in Unione Europea sono i numeri, che le disgrazie ven-

gono cavalcate per accaparrarsi voti. Ho tristemente aperto gli occhi sulla verità che il Parlamento Europeo non è dissimile dal nostro. Gli ordini del giorno si arenano finché non si trovano accordi insoddisfacenti, vengono promulgate direttive su quanti litri d’acqua mettere nello sciacquone del wc mentre non si sa bene come comportarsi nei confronti degli immigrati, immense quantità di soldi vengono spese per stipendiare i meccanismi della macchina Europa. Il concetto straordinario di Unione Europea è stato applicato in maniera mediocre, senza quell’iniziale spinta innovatrice e rivoluzionaria, e il suo sapore si è fatto un po’ più amaro. Nonostante le innumerevoli possibilità che vengono offerte al cittadino comune di influire sull’UE (voto, petizioni, raccolte firme, proposte di legge) l’impressione è che la gerarchia europea sia verticale, e di conseguenza si allontani ancora di più dai cittadini, ovviamente con la complicità della disinformazione. L’Unione Europea ha un buon concetto, comprende l’unità, la pace, l’aiuto reciproco (non solo economico), ma può, anzi deve, fare di meglio. E dato che le cose non si compiono da sole, invito chi può a votare per le elezioni dei membri del Parlamento Europeo, che si terranno tra il 22 e il 25 maggio, perché anche se qualcuno vuole farci credere che non è vero, noi queste dannate cose possiamo cambiarle.

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Politica Interna

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Io non Scrivo

IO NON SCRIVO DI LUCIA BATTISTI 5H

30.12.2013 - ore 20:04 - ultima parola scritta Ritengo che il bianco sia più bello del nero, il vuoto più bello del pieno, il silenzio migliore del chiasso. Ho deciso di non scrivere. Ho deciso di smetterla di riempire pagine bianche con simboli neri. Ho deciso di non farlo perché ritengo di non esserne capace. Capita di non aver nulla da dire, di non pensare a nulla, di non sentire l’esigenza di condividere parole. Poi, cosa sono le parole? Per ognuno di noi qualcosa di differente, qualcosa a cui ognuno dà un diverso peso, che senso ha perciò scrivere? Perché esporsi ai commenti, ai fraintendimenti e al giudizio di tutti quando non è necessario? Ritengo che il bianco sia più bello del nero, il vuoto più bello del pieno, il silenzio migliore del chiasso. Penso che chi scriva sia preda di un’egoistica presunzione, quella che lo convince del fatto che qualcuno leggerà le sue parole e intenderà i suoi pensieri. Non scrivo perché non riesco a esprimermi a parole, perché quello che penso mi rimane tutto in testa e non vuole saperne di uscire allo scoperto, perché non ne ho voglia e non sono capace di raccontare cose interessanti. Non scrivo perché penso che chi scriva si venda a chi legge, perché non voglio che delle lettere scritte su un foglio mi rappresentino, perché soffro di claustrofobia e temo che delle frasi mi possano soffocare. Ho paura inoltre di dover rispondere di ciò che scrivo, di esserne in qualche modo responsabile e per questo sottomessa a limitazioni e autocensure. Non scrivo perché ripeterei cose già dette, ritengo sia impossibile ai giorni d’oggi trattare un argomento mai discusso, dire qualcosa di veramente innovativo, scrivere qualcosa di realmente utile. E’ per questo che si scrive, no? Perché si vuole dire qualcosa agli altri, perché si vuole

renderli partecipi e rendersi portatori e portavoce di ideali e pensieri...ma deve pur sempre essere qualcosa di “utile”, no? Che senso avrebbe altrimenti? Credo che la scrittura abbia compromesso le relazioni umane, parlo di quelle vere, quelle per le quali la gente si trova al bar a far due chiacchiere e a bere un caffè assieme, quelle in cui si ha di fronte una persona che si può toccare, sentire, percepire concretamente. E relazione non sono solo parole, relazione sono sguardi, risate, abbracci, scherzi, lacrime, suoni. Combatto per la vera libertà di espressione. Temo la poca sincerità, gli imbrogli, le false testimonianze e ritengo che la scrittura sia sede di tutto questo. Le parole scritte sono ambigue, riportano a mille significati e non esplicitano toni, espressioni e gesti che credo costituiscano il 99% per la comprensione in un dialogo. Chi scrive può liberamente sostenere ciò in cui non crede e passare per credente,

può divulgare informazioni sbagliate e passare per giusto informatore. Questa non la chiamo libera espressione, piuttosto “libero imbroglio”. Non scrivo inoltre perché reputo poco sensata ed estremamente impertinente la possibilità di una valutazione dei pensieri, una possibilità che a mio parere aumenta la falsità delle parole, le carica di significati ammalianti, le soppesa secondo la sensibilità del valutante. La mia è una protesta contro una scrittura che acquista continuamente differenti e per quanto mi riguarda, negative accezioni. Una scrittura strumentalizzata, finalizzata e indirizzata. Una scrittura che ritengo mai esattamente libera ma sempre più lasciva, subdola, attraente e falsa. Una comunicazione che va perdendo il suo significato migliore, forse quello iniziale, quello più semplice e innocuo di relazione. A questa mia protesta si potrebbe obiettare sostenendo che io pur non volendo scrivere sto scrivendo, obiezione accettata, ma ritengo che combattere comprenda anche lo scendere in campo e, costi anche scrivere, sfidare l’avversario. Infine mi scuso, ero intenzionata a non dire nulla poiché, come mi accade spesso, pensavo di non aver nulla da dire.

Combatto per la vera libertà di espressione.

A tutte la Matricole DI CHIARA LISSONI 1A

Il passaggio alla scuola superiore segna per tutti l’inevitabile concludersi di un periodo più vicino all’infanzia e l’inizio di una fase di nuove esperienze a cui però si accompagnano anche timori a maggiori responsabilità. Certamente questo è un grande passo per ogni ragazzo e ragazza; c’è chi riesce a farlo con tranquillità e c’è chi, invece, fa più fatica a compierlo. Tutti sentono il modo violento con cui questo accade ma ogni singola persona lo vive in un modo diverso. Alla scuola media gli studenti sono trattati molto da bambini invece alla superiore più da adolescenti, quasi adulti. Si viene ascoltati maggiormente e si tiene conto anche delle idee degli alunni, per migliorare sia l’andamento sia il clima scolastici. I professori sono più disponibili a prendere

L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014

in considerazione i pensieri delle classi, quindi a donare importanza agli scolari; ma anche gli studenti devono mostrarsi in grado di accogliere un simile privilegio con serietà e riconoscere la propria responsabilità anche se i professori non fanno altro che ricordarlo. È un grande passo anche perché, per la maggior parte degli alunni, significa svegliarsi presto per prendere la corriera, significa abbandonare i vecchi amici, significa andare in una scuola molto grande, significa non conoscere più tutte le persone della scuola, significa cambiare. Cambiare tutto, da sé stessi al colore preferito. Perché ci si sente più grandi. Si sente il bisogno di essere ascoltati, di essere rispettati, di essere conosciuti. Per soddisfare questo bisogno, però, ci aspetta una lunga

Politica Interna

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Da Vinci or not da Vinci co, un professore, un bidello; però, dopo averlo fatto, ci si accorge che si guadagnano altri cento amici, altri cento professori, altri cento bidelli. Sicuramente ci si avvale del vantaggio di avere molti più diritti di prima, ma ad ogni diritto si affianca un dovere, come ad esempio: il diritto di essere ascoltato, il dovere di ascoltare. Molti alunni dicono: “Alle scuole superiori puoi fare quello che vuoi.”. Io dico: “Non è vero!”. Forse si ha un po’ più di libertà, ma le conseguenze sono diverse. Alle scuole medie se avessi compiuto qualcosa di sbagliato, te lo avrebbero fatto scrivere cinquanta volte; alle scuole superiori il professore ti avrebbe messo ‘due’ come voto sul registro. Un’altra differenza importante sono gli argomenti delle lezioni: prima ci si concentrava solo ed esclusivamente sul programma da svolgere, dopo invece si discute anche di attualità, in piccolo modo, ma quanto basta per farsi una cultura generale. Molte persone criticano questi cinque

anni in cui si è stati, si sta o si starà, ma la maggior parte dice: “Gli anni più belli della mia vita? Quelli durante le superiori”. Vedete, questo piccolo pezzo di vita ha un ruolo gigante, bisogna crederci e goderselo al meglio. Nessuno dice che le scuole medie sono state bellissime, anzi la maggior parte crede che siano solo noiose. Forse è per tutti quei cambiamenti citati prima, o forse è proprio perché si viene trattati diversamente e questo ci fa sentire più grandi. È inevitabile attribuirlo all’età, ma tra i diciotto e i tredici anni c’è molta differenza, tra i quattordici e i tredici no; ma comunque, dal momento che un individuo ha fatto quel famoso passo medie-superiori, è considerato con maggior rispetto, come se fosse riuscito ad attraversare il momento più critico della sua vita. Quindi questo momento inevitabile è sicuramente una bella esperienza, difficile ma bella. Tutti ci sono passati, tutti ci stanno passando, tutti ci passeranno, ma solo e soltanto chi l’avrà attraversa-

ta potrà raccontare ogni momento con il giusto pathos. Non bisogna credere che questo momento molto indicativo vada preso troppo seriamente, ma nemmeno alla leggera. È bene attribuirgli la giusta quantità di energia, rispettivamente al proprio carattere senza aver troppa paura di sbagliare o il timore di non farcela; perché è proprio questo il modo giusto di affrontarlo: provare e riprovare fino a riuscirci. Tutti ce l’hanno fatta, non vedo perché tu non potresti.

Da Vinci or not Da Vinci that is the question DI SOPHIE WEBER 3A

È ora di prendere in mano il mio futuro. La mia idea è chiara: liceo scientifico, le mie materie preferite? Matematica e scienze. Ora devo solo scegliere quale tra i due licei. Armata di speranza e tutto il coraggio che può possedere una ragazzina di dodici anni, mi addentro per la prima volta in quel mondo apparentemente così vicino, in realtà così lontano. Prima tappa Liceo Scientifico Galileo Galilei. Varco il cancello e mi “viene incontro” un’immensa struttura gialla, circondata da rigogliosi giardini. Entro in una grande aula dove trovo altri ragazzini smarriti come me. Un preside dall’aria autorevole ci fa un breve discorso, quindi, scortati da gruppi di baldanzosi ragazzi, cominciamo ad esplorare l’istituto. Io guardo affascinata quei giovani, fra qualche anno potrei essere anch’io così; non più un incrocio tra una bambina e un’adolescente, ma una ragazza piena di carisma e sicurezza. Pendo dalle loro lab-

bra, non voglio perdermi nemmeno una parola che potrebbe essere importante per il mio futuro. Percorriamo lunghi corridoi e saliamo infinite scalinate, tutto mi sembra così uguale, la sensazione di smarrimento inizia ad assalirmi. Poi osservo quei quattro ragazzi che camminano decisi e penso che se ce l’hanno fatta loro, ce la farò anch’io a settembre. Seconda tappa Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci. Il sole ormai è calato e una luce fioca illumina l’entrata, in un’ uggiosa giornata piovosa. Varchiamo la soglia e siamo subito accompagnati in una piccola aula, tutti insieme, genitori e ragazzini. Un professore inizia a spiegare. In seguito ci dividono in gruppetti, veniamo accompagnati a visitare la scuola. Percorriamo lunghi corridoi malinconicamente illuminati, il panico inizia ad aggredirmi, gli spazi nuovi mi sono da sempre ostili e sono disorientata. Ma il peggio deve ancora arrivare. Non vogliatemene cari “davinciani”, mi sembrava di essere finita nei sotterranei di

Hogwarts, quando il professore ci ha portati nel prestigioso teatro della scuola. Alcune maschere di ceramica mi osservavano illuminate da dietro da una fioca luce gialla, un venticello gelido mi sfiorava il viso, volevo fuggire da quel palcoscenico degli orrori. A fine giornata la decisione è quasi presa, il Galilei è la scuola per me. Settembre arrivò velocemente e con esso anche le prime sofferenze, si sa all’inizio è difficile per tutti ambientarsi. Trascorrevano i mesi, poi un anno e un altro ancora e solo poco sembrava cambiare. Mi chiedevo dove fossero finiti quei giovani che mi erano sembrati tanto sicuri e baldanzosi. Certo non ero sola, avevo costruito anche delle forti amicizie che ancora oggi resistono e scolasticamente me la cavavo. Ma qualcosa dentro di me continuava a ripetermi che quello non era il mio posto. Mi sentivo costretta in quelle quattro mura, forse avevo il desiderio che il

strada, con molti sacrifici e con molto intoppi; ma una volta conclusa, si arriva a una così grande soddisfazione che solo chi l’ha provata può davvero descriverla. A differenza delle scuole medie, a quelle superiori si studia per sé, non per il professore severo; si ascolta con interesse, non con un orecchio al vicino di banco. C’è sempre a chi dispiace dover cambiare, forse per la paura di perdere un ami-

Cambiare tutto, da sé stessi al colore preferito L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


Storie

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mondo esterno riuscisse ad entrare di più nella vita scolastica. Così durante l’estate maturai l’idea di andarmene, sentivo che non avevo alternative, nonostante in quella scuola avessi vissuto anche esperienze e relazioni positive. Ed ora eccomi qui. Contenta di tutte le mie scelte, sia quelle giuste che quelle sbagliate. Grazie al mio percorso sono riuscita a conoscere due modi diversi di vivere la scuola e ad incontrare persone alle quali sono tutt’ora molto legata. In questa scuola, dove inizialmente avevo timore di perdermi, ho scoperto quello che mi mancava. Avevo ragione, la scuola può essere più di quattro mura. Anche noi studenti siamo la scuola e dobbiamo esserne partecipi. Questo mi mancava e soprattutto il collettivo mi ha aperto una nuova prospettiva e mi ha convinta che anche gli studenti possono essere parte attiva, possono dire la loro proponendo e organizzando momenti e attività che interagiscono con la didattica . Ora rivedendo il mio percorso sorrido e penso che tre anni fa non mi sarei mai aspettata di ritornare “nell’antro degli orrori”, sono anche cresciuta e le prospettive cambiano man mano che maturiamo. A dodici anni non è facile capire, scegliere ed individuare quella che dovrà essere la nostra strada. Per concludere vorrei ringraziare veramente di cuore i miei nuovi compagni di classe che mi hanno accolta con semplicità e senza pregiudizi, che mi hanno coinvolta e fatta sentire da subito una di loro.

IldUERagazzo del Primo Piano DI TITO ZOPPELLO 1G

Routine, routine, routine. Stavo scivolando nella mia routine in un modo impressionante, considerando i miei trascorsi, considerando il coma vegetativo di mia madre. Sveglia, messaggio dell’infermiere, scuola, litigi con lo zio, e poi in giro con tutta quella gente, quella “brutta gente” (come diceva papà) che a lungo avevo evitato. Quella dannata routine mi riportava ogni giorno sempre più vicino alla sanità mentale. Tutto il mio mondo mi sembrava un videogioco, avete presente?, due su tre dei protagonisti erano in game over, e io aspettavo il “restart” girando in tondo fra le strade di Chicago e perdendomi nella musica. Wake me up, when september ends.... canticchiava distrattamente Billy nelle mie orecchie. La sigaretta che avevo in mano stava per finire, ma nessun problema: con me ne avevo molte altre. In effetti, dopo l’incidente avevo cominciato a fumare sempre di più, sempre di più. I soldi me li guadagnavo facendo il cameriere da Terroni’s, un ristorante italiano gestito da amici di famiglia. Famiglia, che termine strano da pronunciare quando, in effetti, una famiglia non c’è più. Billy Joe finì il suo blaterare proprio mentre all’angolo spuntavano Enzo e Scott. Enzo era il figlio dei proprietari di Terroni’s, eravamo molto amici. Scott invece era una new entry delle mie compagnie. Smilzo, alto e sempre vestito largo. A volte lo prendevamo in giro chiedendogli di correre con noi, d’altronde non era colpa nostra se i suoi pantaloni erano così bassi che avrebbero fatto invidia anche al più incallito dei rapper. Dietro ai due una ragazza. Non la notai subito, anzi, ci misi un bel po’ a capire che era insieme a loro. Sembrava fuori luogo lì. Io, trasandato e rude, insieme a quei due squinternati dei miei amici, e in mezzo lei, che sembrava direttamente uscita da una di quelle pagine di facebook che pubblicano foto di ragazze troppo belle per essere vere, e indifese al punto che uno si aspetterebbe di vederle scappare al primo accen-

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Scuola

Il Ragazzo del Primo Piano

no di spintone. Eppure era lì, e anzi, nonostante il suo aspetto di cristallo aveva un animo di fuoco. Rimasi piuttosto stupito quando Enzo la invitò nel bagno del “suo ristorante” (ormai lo chiamava così) e lei lo azzittì con uno schiaffone. Una ragazza cazzuta insomma, come prontamente sottolineato da Scott. Non mi guardò nemmeno una volta. Non seppi il suo nome, né numero di telefono, però dato che era uscita con noi una volta, seppure stando quasi muta, non vedevo perché non sarebbe dovuta uscire ancora. O almeno, speravo che sarebbe venuta. Non sapevo come mai, però era intrigante. Misteriosa. Per tutto il pomeriggio mi aveva distratto abbastanza da non accorgermi che il coprifuoco imposto dal mio Amato Ziuccio era scattato. Quando lo notai, salutai i tre e mi avviai. Nel metrò regnava la solita puzza di fogna, e la folla si accalcava in ogni vagone. Infilandomi fra una media stazza americana di 250 chili e un ragazzo di colore probabilmente di ritorno da un allenamento di basket e quindi profumato come una violetta (si fa per dire), mi accorsi che avevo lasciato il portafoglio da Terroni’s. Mi maledissi mentalmente, e scrissi a Enzo di portarmelo l’indomani. Speranzoso, confidai che l’indomani sarebbe arrivata insieme al portafoglio anche la misteriosa ragazza, e con un sorriso pensai di essere perso al primo sguardo. Ridacchiai, e il metrò si avviò. La nottata passò tranquilla. Ma la mattina dopo, svegliato di soprassalto dai soliti incubi, trovai una novità che mi scombussolò parecchio. Sul telefono, un messaggio dell’infermiere attendeva dalle 4.56 a.m. di essere letto: poche, semplici, pazze parole. Si è svegliata, corri.

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Pausa Caffè

Pausa Caffè

A tutti coloro che sono perfino arrivati a corromperci con una fetta di torta per farci aggiungere un gioco al giornalino. Vi vogliamo bene ragazzi, questo quarto di pagina è per voi!

Lo Swagger

Lo swagger non è soltanto un semplice modo di vestire, ma è un complesso stile di vita, perciò, ecco alcune dritte per entrare nella loro cricca: 1. Cappellino dell’Obey (anche se non sanno chi sia). 2. Caccia di like su facebook. 3. “Se metti mi piace ti dico...” quanto c’hai swag! 4. Far parte delle pagine “I più vip di...”. 5. Non perdere neanche una serata con

Black Out. 6. Condividere su facebook “perle di saggezza” su quanta sia dura la vita del 13enne. 7. One Direction e Justin Bieber. 8. Dimostrare fin troppo amore ai propri amici tramite cuori e nomignoli, capisci fra? 9. “Le tue offese mi rendono più forte”, insomma, essere pieni di haters. 10. Credersi rapper o cantanti. 11. American style. 12. Scarpe alla Justin Bieber (Supra). 13. Collanine e orecchini brillantinosi. 14. Le braghe della tuta col cavallo largo. 15. Risvoltini, manco ci fosse appena stata un’alluvione.

PAGELLE DI INIZIO ANNO

DI 5B

10

9

All’attività organizzata per la Giornata della Memoria e la mostra allestita dai ragazzi che sono andati a Dachau. Veramente apprezzato l’impegno e l’emozione che siete riusciti a trasmettere. Un grazie generale anche al collettivo che nella nuova bellissima sede con l’aiuto di nuovi adepti, si da sempre da fare. Ad una scena da cartone animato di cui hanno potuto godere gli studenti del terzo piano. Dopo essere stato denudato in mezzo al corridoio (importante il fatto che fosse in calzini), il povero studente ha dato vita a un comico inseguimento a caccia del colpevole. Dopo una spettacolare scivolata, il tutto si è concluso franando addosso alla nostra povera giornalista. Richiesta replica giornaliera.

8

Al baldanzoso lettore di spagnolo che, chitarra in mano, gira per la scuola rallegrando le lezioni dei fortunati studenti a ritmo di flamenco. Cha cha

7

Ad alcuni componenti della 5A che dopo essere rimasti bloccati in ascensore, pensavano di essersi meritati il 10. Ritentate, se dovesse ricapitarvi, il voto massimo non ve lo toglie nessuno.

6

Al prof Paternoster, per essere tornato presto (ma non troppo) dopo averci abbandonato così, alla prima che passava.

5

Alle plurime e vistose tinte che ormai imperversano nei nostri corridoi. Dopo sciatush, capelli blu, ricrescite imbarazzanti e chi più ne ha più ne metta, tocca a voi lanciare la prossima moda. Non abbiate vergogna, cos’è?

4

Ai pochi avvenimenti nella nostra povera scuola. La nostra fama richiederebbe tutt’altro, e anche noi pagellisti. È davvero un lavoro duro il nostro.

3

Come i tre moschettieri, i porcellini, i rappresentanti d’istituto (non è un errore di battitura), i tenori e i cento. (3 è il numero perfetto)

2

Alla proposta di accorciare la settimana scolastica da 6 a 5 giorni. Come faremmo senza le splendide e distrutte facce che si possono incrociare su e giú per le scale il sabato mattina?

1 0

16. Avere followers su facebook. 17. Avere Ask. 18. ... Essere insultati su ask. 19. Il rosario. 20. Cappelli con la visiera piatta. 21. Orologi enormi. 22. Selfieees per mostrare quanto si è grossi. 23. Alternare il proprio lato da ragazzaccio di strada (bad boy), col romantico d’altri tempi. 24. Foto con Justin Bieber, sì, ma photoshoppate. 25. Foto con le amiche.. ovviamente tamarre. 26. Lo swag è solo per uomini; donne: puntate ad essere sbarbe o tamarre. 27. Piazza Italia e i suoi bar. 28. Postare ogni particolare della propria vita su fb, come se a tutti interessasse. 29. Postare milioni di video. 30. I Jacket. 31. Libri?! No, grazie . 32. La Keglevich e il Malibu. 33. Retrica.. per sembrare più fotografi. 34. La Freitag. 35. Usare swag come intercalare, anche al posto delle bestemmie. 36. Trovare l’amore della propria vita, e lasciarlo dopo due settimane. 37. Ma la cosa più importante è.. AVERE LO SWAG!

Come il piano a cui si fermano i nostri pigri ladruncoli (il voto è per i ladruncoli, non per il piano). Non sperate che il vostro voto salga, salendo le scale. Disprezzo. Come continuano a essere le macchinette al terzo piano. Non bastano tutte quelle scale al mattino??

L’Urlo di Vitruvio Febbraio 2014


«Perché credere di sapere come è andata non esenta dal cercare ancora di sapere come è andata. Perché una giustizia che non risolve non è giusta né se condanna né se assolve. Perché rassegnarsi a non pretendere verità nel passato rende cinici nel futuro... Perché per peggiorare il mondo non serve essere criminali, basta a volte esser smemorati».

Marco Paolini


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