LETTERE (APERTE) dalla A alla Z
controguida all’Università e alla città
INDICE Cos’è la scuola?................................................................... Pag. 2 Lettere (Aperte) dalla A alla Z................................... Pag. 5 (A)ULA RAPPRESENTANTI..................................................... Pag. 5 (B)ORSE DI STUDIO.................................................................. Pag. 5 (C)ONNETTI LA CONOSCENZA.............................................. Pag. 6 (D)ISCUSSIONE E PROCLAMAZIONE.................................... Pag. 7 (E)RASMUS................................................................................ Pag. 8 (F)IT............................................................................................ Pag. 9 (G)ENERE.................................................................................. Pag. 10 (H)ELP DESK............................................................................. Pag. 11 (I)NVESTIMENTI....................................................................... Pag. 12 (L)AUREA DAY.......................................................................... Pag. 12 (M)I RICONOSCI?...................................................................... Pag. 13 (N)UMERO CHIUSO.................................................................. Pag. 14 (O)FA........................................................................................... Pag. 14 (P)RIVATIZZAZIONI.................................................................. Pag. 15 (Q)UESTIONARI........................................................................ Pag. 16 (R)APPRESENTANZA.............................................................. Pag. 16 (S)CIOPERO DEI DOCENTI..................................................... Pag. 17 (T)IROCINI CURRICOLARI....................................................... Pag. 18 (U)MANISTICO........................................................................... Pag. 19 (V)ERTENZA............................................................................. Pag. 19 (Z)ONA UNIVERSITARIA.......................................................... Pag. 21
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COS'È LA SCUOLA? La Scuola viene istituita nell'anno accademico 2012/2013 dall'unione delle due ex-Facoltà di Lettere e Filosofia e di Conservazione dei Beni Culturali con lo scopo di coordinare le attività didattiche dei corsi di laurea afferenti. La Scuola di Lettere e Beni culturali è articolata in più sedi territoriali: - Sede di Bologna; - Sede di Ravenna; - Sede didattica di Rimini. Ciascuna sede è dotata di uffici didattici e segreterie studenti al fine di fornire informazioni e supporto su didattica, esami, piani di studio e, in generale, sulla carriera dello studente. Organi della Scuola sono il Consiglio di Scuola e la Commissione Paritetica; il primo è composto dal Presidente di Scuola, dai Direttori di Dipartimento, dai Coordinatori di Corso e dai Rappresentanti dei docenti e degli studenti, mentre la seconda ha una composizione appunto paritetica docenti-studenti al fine di monitorare al meglio didattica e offerta formativa. Per qualsiasi informazione, contatta i nostri rappresentanti negli organi di Scuola: Silvia Mazzaglia, silvia.mazzaglia@studio.unibo.it, 3401606652. Nicola Quondamatteo, nicola.quondamatteo@studio.unibo.it, 3343810725.
COSA SONO I CORSI? I Corsi di Studio si articolano in tre cicli: > Corsi di Studio di primo ciclo e ciclo unico (Laurea, Laurea Magistrale a ciclo unico); > Corsi di studio di secondo ciclo (Laurea Magistrale); > Corsi di Studio di terzo ciclo (Dottorati di Ricerca e Scuole di Specializzazione). I Corsi di Laurea e Laurea Magistrale che afferiscono alla Scuola di Lettere e Beni Culturali sono 24: > Antropologia culturale ed etnologia; > Antropologia, religioni, civilta' orientali; > Archeologia e culture del mondo antico; > Arti visive; > Beni archeologici, artistici e del paesaggio: storia, tutela e valorizzazione > Curricula: 1. Percorso archeologico; 2.Percorso storico-artistico; 2
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> Beni culturali; > Cinema, televisione e produzione multimediale; > Conservazione e restauro dei beni culturali; > Culture e tecniche della moda; > Dams - discipline delle arti, della musica e dello spettacolo; > Digital humanities and digital knowledge; > Discipline della musica e del teatro > Curricula: 1. Discipline della musica; 2. Discipline del teatro; > Fashion culture and management; > Filologia, letteratura e tradizione classica; > Filosofia; > Geografia e processi territoriali; > Italianistica, culture letterarie europee, scienze linguistiche > Corso con un curriculum Erasmus Mundus; > Lettere > Curricula: 1.Classico, 2.Moderno, 3.Culture letterarie europee; > Scienze del libro e del documento; > Scienze della comunicazione; > Scienze filosofiche; > Scienze storiche e orientalistiche > Curricula: 1. Scienze storiche; 2. Studi orientali; 3. Global cultures (in lingua inglese); > Semiotica; > Storia. Ciascun Corso ha un apposito Consiglio di Corso di Laurea composto da docenti responsabili delle attività formative del Corso e da tre rappresentanti degli studenti. Il Consiglio di Corso formula ai Dipartimenti proposte in tema di programmazione didattica, di revisione degli ordinamenti e dei regolamenti didattici. Formula, inoltre, proposte in tema di organizzazione della didattica e delle attività di supporto alle Scuole e ai Dipartimenti.
COSA SONO I DIPARTIMENTI? I Dipartimenti sono le articolazioni organizzative dell'Ateneo per lo svolgimento delle funzioni relative alla ricerca scientifica e alle attività didattiche e formative. Inoltre, propongono l'attivazione, le relative modifiche e la disattivazione dei corsi di studio e delle attività di formazione professionalizzante (dottorati di ricerca, master, attività di alta formazione), formulano le richieste di posti e le proposte di chiamata di professori e ricercatori, deliberano i compiti didattici di docenti e ricercatori, concorrono alle attività di supporto amministrativo-gestionale del personale assegnato alla struttura. I Dipartimenti della Scuola di Lettere e Beni Culturali sono sette: > Dipartimento Beni culturali; > Dipartimento delle Arti; > Dipartimento di Filologia classica e Italianistica; > Dipartimento di Filosofia e Comunicazione; > Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita; > Dipartimento di Storia Culture Civiltà. 3
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Anche i Dipartimenti sono dotati di un organo di rappresentanza (consiglio di Dipartimento) che si occupa di coordinare e gestire le attività sopra elencate e di collaborare con gli organi di governo dell'Università.
SEDI DELLA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Segreteria Studenti - sede di Bologna Viale Filopanti, 1 (entrata da Mura Anteo Zamboni, 2/A) 40126 Bologna; Ufficio didattico - Via Zamboni, 34 40126 Bologna;
Dipartimento delle arti: Sede Palazzo Marescotti Brazzetti - via Barberia 4, Bologna; Sede S. Cristina - piazzetta G. Morandi 2, Bologna; Laboratori delle Arti - Piazzetta P. P. Pasolini 5/b (già via Azzo Gardino 65/a), Bologna.
Dipartimento di Beni Culturali - DBC: Via degli Ariani, 1 48121 - Ravenna.
Dipartimento di Storie Culture Civiltá: Piazza S. Giovanni in Monte, 2 Bologna; Via Zamboni 38, Bologna; Via Zamboni 33, Bologna; Via San Vitale 13/3, Ravenna.
Dipartimento di Filosofia e Comunicazione: Via Zamboni, 38 Bologna; Via Azzo Gardino 23, Bologna.
Dipartimento di Filologia classica e Italianistica: Via Zamboni; 32 Bologna.
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LETTERE (APERTE) DALLA A ALLA Z Lettere Aperte è un collettivo di studentesse e studenti della scuola di Lettere e Beni Culturali, nato per mettere in contatto coloro che sono interessati a discutere e condividere proposte ed esperienze all'interno dell’università. Il nostro punto di partenza è la ricerca di spazi, intesi non solo come luoghi fisici per riunirci e confrontarci, ma anche come possibilità e opportunità per esprimerci. I nostri interessi devono avere un ruolo attivo nella costruzione della cultura. Pensiamo che questo processo debba avere nell'università il suo centro, ma che non possa esaurirsi nei momenti della nostra formazione individuale e accademica, perché necessita dell’impulso dato dal confronto e dalla condivisione. Gli anni della nostra esperienza universitaria sono cruciali; non vogliamo limitarli ad essere l’anticamera del nostro futuro lavorativo, ma la fucina delle nostre coscienze critiche e del nostro agire presente. Dopo la vittoria alle elezioni del 2016 siamo riusciti a insediarci negli organi della Scuola, su tutti i livelli, portando su un piano istituzionale diverse istanze studentesche: l'accesso all'insegnamento, il diritto allo studio, i tirocini curricolari, la reintroduzione della discussione di laurea al DAMS, la contrarietà al numero chiuso.
(A)ULA RAPPRESENTANTI L'Aula Rappresentanti è un'aula che si trova in via Zamboni 34 (la prima porta a destra prima della porta a vetri). Come Lettere Aperte ci siamo posti l'obiettivo di far vivere questo spazio a tutte le studentesse e a tutti gli studenti e, durante lo scorso anno accademico, abbiamo svolto lì alcune delle nostre assemblee con le studentesse e gli studenti del DAMS sulla questione dell'abolizione della discussione e della proclamazione nel loro corso di studio. Abbiamo varie idee per quest'anno, con l'intenzione di aprire sempre di più questo spazio attraverso sportelli per il Diritto allo Studio e per i tirocini. Segui la nostra pagina Facebook per scoprire le novità che metteremo in campo!
(B)ORSE DI STUDIO Le borse di studio sono un sostegno economico allo studio erogato su base concorsuale e rivolto agli studenti e alle studentesse che vi accedono per necessità economica e /o merito. Il loro importo varia in relazione all'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) e alla condizione domiciliare dello studente stesso (in sede, pendolare, fuori sede). La scadenza per la presentazione della richiesta è, sia per gli studenti matricole che per gli studenti degli anni successivi di tutti i corsi, il 26 settembre 2017. La domanda si può presentare online, accedendo dal sito di Er-go, o tramite i CAF convenzionati. 5
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Il sistema delle borse di studio è una delle più grandi conquiste del welfare studentesco che, in un sistema ideale, dovrebbe garantire il diritto allo studio ad ogni studente, appiattendo le disparità economiche e offrendo a ciascuno la possibilità di intraprendere un percorso di studio universitario. Nonostante ci siano alcune criticità, riteniamo positivo il fatto che in Emilia Romagna Er.Go, l'ente regionale per il diritto agli studi superiori, garantisca la copertura totale delle borse di studio. In Italia, però, la disparità fra le regioni in merito alle prestazioni dei servizi del diritto allo studio è molto alta, così come è sempre più alto il numero degli studenti e delle studentesse che ne risultano esclusi. Negli ultimi anni, infatti, scelte politiche miopi hanno disinvestito nel diritto allo studio, ignorando la centralità della formazione nel processo di crescita di ogni singolo individuo e della società tutta. Il diritto allo studio ha subito un profondo colpo con la riforma Gelmini, a partire dai tagli lineari su fondi per università e ricerca, mai integrati dai governi successivi che, posti sul solco di tali politiche, hanno esasperato ulteriormente la situazione: sempre meno persone si iscrivono all'università, si è allargato il divario fra Nord e Sud del nostro paese, si investe su pochi poli di eccellenza (tendenzialmente situati al Nord del Paese) a discapito delle altre università che, in quest'ottica, hanno diritto a ricevere meno fondi. Un’altra critica che in qualità di collettivo e sindacato studentesco non possiamo esimerci dal fare va alle borse di studio per merito che l’Università di Bologna (e la Scuola di Lettere e Beni Culturali in particolare) mette a disposizione. Non solo per i criteri di accesso al bando fortemente escludenti e vincolanti, ma soprattutto perché siamo convinti che i diritti non si meritino e non siano un privilegio. Accedere ai gradi più alti della formazione è un diritto per tutte e tutti e non possiamo accettare che possano esserci dei vincoli per qualcuno. Come collettivo, quindi, crediamo sia fondamentale battersi per il diritto allo studio, riconoscendo in esso un nodo decisivo per la costruzione di una società con meno disuguaglianze e con più centralità nella cultura e nella ricerca.
(C)ONNETTI LA CONOSCENZA Connetti la conoscenza è un format di Lettere Aperte che permette di valorizzare la discussione pubblica della tesi, da noi ritenuta un importante momento all’interno del percorso universitario. Da tempo il momento della discussione della tesi nei nostri corsi di laurea è sempre più ridotto al minimo: a Lettere si discute spesso in uno stanzino, accompagnati da un numero massimo di parenti e amici (2-3), mentre al DAMS la discussione è addirittura stata abolita. Proprio da questo nasce l’esigenza di riprendere e rivendicare un momento di condivisione e arricchimento personale, in uno spazio degli e per gli studenti, Zamboni 38, cuore pulsante della facoltà di Lettere e Beni culturali. Il punto forte di “Connetti la Conoscenza” è proprio il legame di coesione che si va a creare tra gli studenti, permettendo uno scambio di opinioni e un confronto, ad esempio, sulla scrittura della tesi, ma anche dando la possibilità di esporre il frutto del proprio lavoro in un luogo di socialità e arricchimento. 6
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Nel dicembre 2015 si è tenuto il primo incontro, con la presentazione pubblica di due tesi in Storia della Lingua Greca e Letteratura e Critica Dantesca. L’intenzione è quella di rilanciare questo format perché pensiamo che la condivisione sia il punto cardine della nostra azione politica studentesca, che ci permette di vivere in maniera attiva uno spazio di discussione e arricchimento, anche al di fuori degli orari canonici delle lezioni. Il nostro obiettivo è quello di continuare il ciclo di incontri nel corso di tutto l’anno, coinvolgendo chiunque volesse esporre la propria tesi triennale o magistrale.
(D)ISCUSSIONE E PROCLAMAZIONE A partire dall’anno accademico 2015/2016 è stato negato agli studenti del corso di laurea DAMS la possibilità di discutere la propria tesi di laurea triennale. La proclamazione era già stata abolita nell’anno 2013/2014. Come collettivo Lettere Aperte troviamo questi provvedimenti inaccettabili. Innanzitutto è necessario focalizzarsi sul fatto che non sono casuali, non sono neutrali, non sono mera amministrazione, ma aderiscono ad una precisa visione politica portata avanti dall’amministrazione della nostra università che è necessario combattere con determinazione. E quale sarebbe? Molto semplicemente, la visione di chi vuole smantellare passo dopo passo, provvedimento dopo provvedimento, il valore della cultura in questa società e il valore di un approccio critico ad essa. Eliminare la tesi di laurea significa considerarla un ornamento, un optional, qualcosa che si può evitare con tranquillità, qualcosa che c’è ma che potrebbe benissimo non esserci. Per noi non è così. Discutere la propria tesi è un passo decisivo all’interno del proprio percorso di studi, è quel momento in cui utilizzi le tue conoscenze per creare qualcosa di unico, di nuovo, che rifletta un approccio fortemente critico nei confronti del sapere acquisito E farlo in un ambiente pubblico, davanti ai docenti, non è una mera formalità, ma rappresenta il momento di un confronto dialogico e costruttivo tra studente e docente in cui l’argomento viene sviscerato e vi è un accrescimento per entrambe le parti. Ma poi… perché proprio il DAMS ? Il DAMS non è nient’altro che un banco di prova, il punto di inizio di un progetto che riguarderà tutti i corsi della Scuola di Lettere e Beni culturali. I motivi che hanno portato alla scelta del DAMS testimoniano il ragionamento becero e svilente che si cela dietro questa scelta. Il primo elemento decisivo è che gli studenti del Dams sono tanti, molti di più rispetto a tutte le altre Scuole. Perfetto per una sperimentazione. Qui è evidente come i laureati non siano considerati una risorsa unica per la società, come persone che hanno acquisito un sapere che deve essere essere apprezzato, avvalorato e riconosciuto pubblicamente, ma solo dei numeri. In secondo luogo questo riflette lo stereotipo diffuso che dipinge gli studenti del DAMS come generalmente poco studiosi, come studenti di serie B. Il fatto che questa visione falsa e avvilente venga abbracciata proprio da chi invece 7
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dovrebbe fare di tutto per contrastarla e invertire la rotta a favore del riconoscimento del valore di questo campo di specializzazione è agghiacciante. Per quanto riguarda il momento della proclamazione riteniamo che sia un momento importante e complementare al momento della discussione, proprio per il suo carattere rituale e celebrativo che mira a dare valore al passo appena compiuto dallo studente. Non riteniamo che la retorica del degrado e della non “spendibilità” della laurea triennale nel campo del lavoro possano minimamente essere sufficienti per eliminare questo momento che è e deve essere di carattere festoso e di celebrazione di un sapere libero, svincolato da ogni legame con un’immediata “utilità” sul piano lavorativo. Nell’aprile 2017 abbiamo lanciato una campagna di mobilitazione assieme agli studenti del Dams dentro e fuori gli organi di rappresentanza per la reintroduzione di una discussione e di una proclamazione di laurea pubbliche.
(E)RASMUS L’Erasmus è un programma di scambio che prevede la possibilità per gli studenti di trascorrere in un’università all’estero periodi che vanno dai tre ai nove mesi, generalmente in Europa o, nel caso di Erasmus Mundus, anche in altri continenti. Si accede tramite un bando, pubblicato di solito in gennaio: si deve fare domanda per il posto di scambio per l’anno successivo rispetto a quello che si sta frequentando (es: uno studente al primo anno può fare domanda per partire al secondo anno). Questo vale per tutti tranne che per gli studenti all’ultimo anno di triennale, che NON possono partire nel primo semestre di magistrale, ma solo nel secondo. I requisiti per fare domanda e in base a cui si viene scelti sono essenzialmente tre: > crediti dati e media > livello linguistico e certificazioni varie > lettera motivazionale Dopo aver sbrigato queste incombenze, che di solito devono essere assolte entro la prima metà di febbraio, pena l’esclusione dal concorso, lo studente deve sostenere un colloquio con uno dei docenti responsabili. Dopo i colloqui viene stilata una graduatoria, in base alla quale lo studente saprà se è stato preso o meno per la meta che ha scelto. Talvolta possono esserci dei “ripescaggi”, se uno degli idonei in graduatoria per qualunque motivo rifiuta il posto. A chi parte viene erogata una “Borsa Erasmus”, che va dai 200 ai 290 euro al mese, a seconda del paese dove si va a fare lo scambio. Questo almeno in teoria, dato che in pratica la questione è molto spinosa, anche a partire dai suoi presupposti ideologici: nato con l’intenzione di favorire l’internazionalizzazione e lo scambio di conoscenze fra studenti di paesi diversi, per abbattere muri e frontiere, nei fatti spesso si tratta di un privilegio di pochi, a cui si accede tramite una selezione rigida e un processo burocratico lungo e complicato. Inoltre questo programma viene spesso portato in palmo di mano come garanzia di eccellenza e fiore all’occhiello di molte università, e finisce di conseguenza al centro di una propaganda meritocratica dai presupposti pericolosi per l’università pubblica: troppo spesso infatti si sente dire che solo “gli studenti migliori” si meritano di partire, tanto che i criteri da soddisfare sono 8
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smaccatamente improntati a selezionare chi ha collezionato più CFU e lodi agli esami, e molto meno sulle reali motivazioni della partenza o sulla lingua, spesso valutata in maniera superficiale e inadeguata. Come se non bastasse, le maglie della burocrazia rendono difficoltoso partecipare: bisogna fare molta attenzione ai bandi e alle scadenze, non solo nella fase di selezione, ma anche durante tutto lo scambio, pena il non riconoscimento di esami fatti all’estero o altre difficoltà. Insomma, nulla nel programma Erasmus tende all’inclusività, dal numero di borse stanziate (normalmente non più di 2-3 per meta, a fronte di 20-30 persone che fanno domanda) al percorso a ostacoli che si deve fare una volta ottenuto l’ok a partire. Esistono però, in questo cupo panorama, alcuni punti di forza, che andrebbero assolutamente ampliati e resi accessibili a tutte e tutti: al di fuori della retorica e logiche di merito dell’università, quando si entra in contatto con realtà radicalmente diverse si apre una marea di possibilità. A prescindere dalle diverse esperienze dei singoli, infatti, chi parte ha un’occasione di sviluppare il pensiero critico e il confronto, entrambe cose che sui libri e con i cfu non si imparano. Vivere in un altro paese abbatte pregiudizi e stereotipi: i confini smettono letteralmente di esistere e qualunque spazio, perfino quello di un continente, viene percepito come attraversabile. Una ricchezza unica, che purtroppo allo stato attuale resta un privilegio di pochi. La prospettiva ideale è che partire sia possibile per tutte e tutti, non solo per chi è stato selezionato dall’alto in base a criteri iperscrutabili. Una libertà di movimento in apparenza utopica che oggi non sembra appartenere a tutte le persone, come purtroppo si può osservare anche in relazione al ben più grave fenomeno dei migranti. In un discorso di lungo periodo e in un’ottica di diritto allo studio anche l’internazionalizzazione potrebbe dunque avere un ruolo importante, e meriterebbe una riflessione più profonda, al di là di una narrazione dominante che vede le esperienze all’estero solo come una lunga vacanza nella depravazione e ne trascura le possibilità: il confronto con la diversità, l’apertura dei confini, l’abbattimento delle barriere fisiche e mentali.
(F)IT Il Fit (Formazione Iniziale Tirocinio) è il percorso d’accesso all’insegnamento per le scuole secondarie di primo e secondo grado, ovvero scuole medie e superiori, entrato in vigore lo scorso aprile con l’approvazione dei decreti legge 107/15 Buona Scuola. Il Fit si pone come novità in confronto ai percorsi precedenti poiché unisce la fase formativa di abilitazione (in passato TFA, SISS, PASS) e la fase concorsuale in un unico iter, il quale prevede, infatti, un “concorso-corso”: dopo aver superato un concorso pubblico, bandito ogni due anni a partire dal 2018, si accede alla formazione abilitante strutturata in tre anni, nel corso dei quali le attività teoriche andranno progressivamente a diminuire a favore delle ore di 9
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tirocinio praticato in una struttura scolastica. Superati i tre anni di formazione, si diverrà docente di ruolo. La vera novità del Fit è che non saranno più i partecipanti a dover pagare la propria formazione (come nel TFA), ma saranno essi stessi retribuiti. Per accedere al FIT è necessario essere in possesso di una Laurea Magistrale o a Ciclo unico, afferente alla classe di concorso interessata, e di 24 CFU (Crediti Formativi Universitari) nei settori antropo-psico-pedagogico-didattici. Proprio riguardo l’acquisizione di tali 24 CFU, negli ultimi mesi si è acceso un partecipato dibattito: il MIUR non si era espresso riguardo le modalità di acquisizione, i singoli SSD (Settori Scientifico Disciplinari) e i costi di tali crediti, generando confusione e sconforto tra studenti, laureati, precari. Il dibattito è confluito in una campagna di mobilitazione nazionale, #IoVoglioInsegnare, inaugurata proprio a Bologna, ad aprile, dal nostro collettivo Lettere Aperte, con la prima di una lunga serie di assemblee che da lì in avanti si sono susseguite negli Atenei di tutta Italia, riscontrando un’altissima partecipazione. Sono stati creati un gruppo Facebook nazionale https://www.facebook.com/groups/1353128698084254/ , che conta più di 4000 iscritti, e gruppi Facebook locali per i singoli Atenei https://www.facebook.com/groups/1835934850063406/. Grazie alla collaborazione con Link Coordinamento Universitario e Rete della conoscenza, afferenti del Consiglio Nazionale Universitario, alcune delle richieste rivendicate nella campagna sono state accolte dal Ministero e regolamentate in un decreto emanato in agosto https://drive.google.com/file/d/0B0QvtMDp3XM6RUxtc29RbmE3ejA/view. Nel decreto sono definiti gli SSD a cui devono appartenere gli esami, ma anche gli obiettivi formativi con i quali gli esami devono essere coerenti affinchè siano ritenuti validi, esposti negli allegati. http://linkcoordinamentouniversitario.it/wp-content/uploads/2017/08/attachmen t.pdf. Tra le richieste ottenute le più importanti sono quelle riguardanti il diritto allo studio:
I 24 CFU non possono essere conseguiti presso enti esterni al sistema universitario o AFAM; in questo modo si impedisce la compravendita di crediti che enti privati avevano avviato già in aprile, attivando corsi molto costosi e indefiniti sul piano didattico che promettevano l’acquisizione dei CFU I 24 CFU sono gratuiti per chi è iscritto a un corso di studio e per chi invece è già laureato i costi devono essere graduati dalle Università o Accademie e non possono superare la soglia massima di 500€ La durata del corso di studio per chi deve conseguire i 24 CFU è aumentata gratuitamente di un semestre aggiuntivo Tra gli obiettivi che si pone Lettere Aperte c’è quello di continuare ad organizzare durante l’anno accademico assemblee e altri momenti d’incontro informativi e propositivi all’interno della Scuola, e continuare a monitorare l’Ateneo bolognese affinché rispetti queste misure, che garantiscono non solo di 10
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fruire pienamente del proprio diritto allo studio ma anche di perseguire, a prescindere dalle condizioni economiche, i propri obiettivi di vita.
(G)ENERE Fra corsi, esami e scadenze varie, spesso alcuni problemi molto gravi passano in secondo piano: la lotta per la parità di genere è uno di questi. Eppure l’università è uno di quei luoghi dove le recrudescenze di questa lotta si fanno sentire di più, a cominciare dai numeri: nonostante infatti ci sia una sostanziale parità e anzi una lieve prevalenza femminile fra dottorandi e assegnisti di ricerca, la presenza di donne cala drasticamente fra i professori universitari, senza distinzione fra associati e ordinari. Per essere precisi il rapporto è 1085 a 1696 per il 2015, cioè 61% di uomini a fronte di 39% di donne, mentre fra i dottorandi lo scarto percentuale è di soli due punti con il 49% di uomini e il 51% di donne (http://www.unibo.it/it/ateneo/chi-siamo/bilancio-di-genere, dati 2015). Se si entra nello specifico, fra ordinari il distacco è ancora maggiore, con il 78% di uomini contro il 22% di donne. Come spiegare questo scarto, se non con un rapporto di potere di un genere su un altro? Non è tutto. Questa dicotomia si evidenzia anche nella scelta di facoltà, alcune delle quali considerate più “da femmine” e altre più “da maschi”: in alcuni casi, come per Ingegneria e Architettura, le percentuali sono clamorose (72% uomini-28% donne!) e possono essere spiegate solo in relazione all’educazione e a un retroterra culturale stratificato, che improntano sin da piccoli i futuri studenti verso una formazione totalmente condizionata dalla dicotomia e dagli stereotipi di genere. Che fare per spezzare un tale status quo? Per quanto riguarda Lettere, si può cominciare proprio dall’abbattimento dei preconcetti e dalla sensibilizzazione su queste tematiche: in questa ottica si è mosso il collettivo di Lettere Aperte, portando in facoltà l’analisi e i risultati raggiunti da Link Bologna con seminari, incontri e dibattiti a tema. I risultati migliori si sono però visti con la messa in campo di pratiche performative, dai flash mob al grande sciopero dell’8 marzo che, partito da realtà come Non Una Di Meno, ha coinvolto anche gli studenti e le altre associazioni cittadine. Un grande fronte femminista si è unito, a livello transnazionale, per rivendicare i diritti di donne e lgbtqia contro un sistema patriarcale e oppressore. Bologna resta quindi un campo di battaglia aperto, e le questioni poste dal grande sciopero sono tutte da affrontare.
(H)ELP DESK E’ la piattaforma online che ti permette di ricevere chiarimenti o soluzioni su possibili malfunzionamenti del tuo profilo personale su Studenti Online. Una volta registrato sul portale degli studenti e dopo aver fatto accesso con le tue credenziali, troverai sulla colonna sinistra della pagina iniziale i contatti più semplici per risolvere i tuoi problemi: una mail servizio per il supporto 11
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informatico (help.studentionline@unibo.it), numero di telefono (+39.051.2099882) e orari di servizio (lunedì-venerdì 9:00 - 13:00 e 14:00 - 17:00). Studenti Online ti offre anche la possibilità di gestire il tuo percorso universitario in “toto” grazie a diverse sezioni quali Libretto online, AlmaRM (in cui registrarsi per i vari scambi culturali), Situazione Tasse, Bandi, Certificazioni, Piani di studio, Prenotazioni o Rinunce ad esami e corsi di studio. Ma se chiaramente preferite un “contatto umano” non esitate a contattarci e vi aiuteremo! Riassumendo in maniera pratica, Help Desk ti può aiutare con l’assistenza per la compilazione di moduli relativi a Studenti Online e problemi tecnici dell’applicazione, come immissione di dati personali e supporto per l’utilizzo delle credenziali, come nel caso di smarrimento delle ultime, dove ne è possibile il recupero attraverso un codice PUK o il numero telefono di servizio.
(I)NVESTIMENTI L'università italiana versa in una grave condizione di definanziamento, cosa a cui si risponde senza alcun investimento. L'Italia spende 4% del PIL in istruzione, contro una media del 5,2 dei paesi OCSE. Il finanziamento delle nostre università avviene tramite l'FFO, Fondo di Finanziamento Ordinario, che prima della riforma Gelmini veniva distribuito secondo lo storico dell'ateneo, ovvero secondo quanti fondi aveva ricevuto precedentemente. In seguito alla riforma, invece, l'FFO è stato diviso in due parti: una parte non premiale, che ora è del 72% (78% di questi 72 calcolati sullo storico e l'altro 22% sul costo standard per studente) e il 28% premiale. Questo ha portato alla creazione di atenei di serie A, con più fondi perché più "virtuosi" (anche sui criteri di valutazione ci sarebbe molto da dire), e atenei di serie B, con molti meno fondi, che tagliano molti servizi alle studentesse e agli studenti e alla qualità della didattica per mancanza di finanziamenti. La domanda che sorge spontanea è questa: Come può un ateneo con meno fondi a poter competere con un ateneo molto più forte di lui? Non può. Piuttosto di cercare di aiutare gli atenei in difficoltà a risolvere i loro problemi si è deciso di puntare sulla competizione tra questi, una competizione persa in partenza per chi ha di meno. Questo ovviamente si ripercuote su noi studenti, che ci troviamo di fronte a due strade: la prima è scegliere di studiare vicino a dove viviamo, sperando che vicino a noi ci sia un buon ateneo, oppure dobbiamo trasferirci in un'altra parte del paese, con un enorme dispendio di risorse economiche a carico delle famiglie. Insomma si discrimina lo studente per dove vive, obbligandolo a trasferirsi per poter studiare.
(L)AUREA DAY Una novità che potrebbe presentarsi quest'anno è la Laurea Collettiva o Laurea Day, come lo ha presentato l'Università di Bologna. A Venezia gli studenti laureandi dei corsi triennali lanciano il tocco in piazza San 12
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Marco, in stile college americano. Suggestivo, se si pensa alla location veneziana, un po' meno se si pensa che ormai gli studenti dell'Alma Mater vengono considerati sempre più come dei consumatori o "generatori di degrado" piuttosto che parte integrante della comunità accademica. Noi di Lettere Aperte siamo fermamente convinti che il momento della laurea sia centrale per la vita degli studenti e delle studentesse non solo perché sancisce la conclusione di un percorso, ma anche e soprattutto perché ci dà la possibilità di mettere a frutto le conoscenze conseguite durante gli anni dell'università attraverso un elaborato proprio. Se la proclamazione viene decentralizzata dalla zona universitaria e trasformata in una enorme cerimonia di facciata, non possiamo esimerci dal dire che tutto questo serve per evitare l'ormai celeberrimo "degrado" dei festeggiamenti di laurea. Questo non è il modello che vogliamo e che stiamo richiedendo a gran voce insieme agli studenti del DAMS con la vertenza "ProtestaNtesi" e non possiamo accettare che l'università usi proprio le rivendicazioni che stiamo portando avanti per giustificare questa decisione. In qualità di rappresentanti, continueremo a monitorare la situazione, facendo in modo che i diritti degli studenti e delle studentesse siano sempre difesi e rispettati.
(M)I RICONOSCI? La situazione lavorativa dei professionisti dei beni culturali è critica. Queste categorie sono sfruttate, ignorate, vilipese e malpagate per colpa delle politiche adottate negli ultimi anni, che hanno portato a tagli consistenti degli investimenti pubblici nel settore, spingendo sempre di più per privatizzazioni e sponsorizzazioni, e alimentando un sistema dannoso e malato, basato sull'abuso di volontariato e lavoro sottopagato. Nel 2014, con la legge 110, più nota come Legge Madia, per la prima volta sono state riconosciute alcune professioni che da anni prestavano servizio all'interno dei beni culturali, senza però specificare i requisiti per accedervi. Per questo a fine 2015 è nata la campagna "Mi Riconosci? Sono un Professionista dei Beni Culturali", su spinta della Rete della Conoscenza, che ha trovato un certo seguito all'interno dei professionisti e aspiranti tali. La campagna non solo si pone l'obiettivo di proporre quei requisiti che nella Legge Madia non sono specificati e di inserire nuove professioni non ancora riconosciute, ma anche si muove per un radicale cambiamento del mondo del lavoro nel campo dei beni culturali, sia criticando le situazioni di sfruttamento attualmente esistenti, sia chiedendo un radicale cambiamento dell'università che, davanti a una situazione critica per un settore che dovrebbe essere fondamentale, latita. Il 2 febbraio 2017 è stato presentato il Patto per il Lavoro Culturale (PLaC), un documento che chiedeva accademici, professionisti o aspiranti tali e datori di 13
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lavoro di rispettare di regole per permettere di rilanciare il mondo dei beni culturali nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
(N)UMERO CHIUSO Il numero programmato a livello nazionale è stato introdotto per la prima volta nel 1999 con la legge 264 dell’allora ministro Zecchino, in risposta alla sentenza numero 383/98 della Corte Costituzionale, con la quale veniva chiesto di discutere le modalità di accesso al mondo universitario. Con questa legge vengono introdotti, dunque, i corsi con numero chiuso nazionale (es. Medicina/Architettura/Veterinaria), ma anche la possibilità di introdurlo localmente in due casi: corsi di laurea per i quali l'ordinamento didattico prevede l'utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o di posti-studio personalizzati e corsi di diploma universitario per i quali l'ordinamento didattico prevede l'obbligo di tirocinio come parte integrante del percorso formativo, da svolgere presso strutture diverse dall'ateneo. Dall'anno accademico 2012/2013 c'è stato un vertiginoso aumento della presenza di numeri programmati negli atenei italiani (paradossale per un Paese che è ultimo nelle classifiche per numero di laureati e che negli anni passati ha vissuto un forte calo delle immatricolazioni!). Questo si può spiegare solo se riflettiamo sul combinato disposto da crollo di finanziamenti, blocco del turn over, distribuzione delle risorse agli Atenei e progressiva introduzione di criteri sempre più stringenti per l'accreditamento dei Corsi di Laurea (cfr. Decreto AVA). Quest'anno, il caso dell'introduzione del numero chiuso nei corsi umanistici della Statale di Milano ha riaperto un importante dibattito su università e accessibilità ai luoghi della formazione nel nostro Paese. Anche a Bologna, in autunno, ci siamo ritrovati impegnati nel contrastare l'introduzione del numero programmato in diversi corsi, tra cui il corso di Scienze della Comunicazione (afferente alla nostra Scuola). Se da una parte il numero chiuso voleva essere una soluzione veloce all'assenza di spazi e al crescente sovraffollamento delle lezioni, da un'altra parte, l'idea dominante negli organi accademici era quella di ridare valore ai corsi umanistici, spesso considerati "parcheggi" per chi non riesce ad accedere ai corsi con sbarramento in entrata. A fine novembre, anche grazie alle nostre pressioni negli Organi, il Consiglio di Scuola ha bloccato l'annoso provvedimento, elaborando un progetto interdipartimentale che si impegna a mantenere aperta e inclusiva la nostra università.
(O)FA Prima di immatricolarsi a uno dei corsi di laurea a libero accesso della Scuola di Lettere e Beni culturali è necessario sostenere una prova obbligatoria di verifica delle conoscenze (test). 14
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Si tratta di una prova a carattere non selettivo: qualunque sia l'esito conseguito si potrá procedere all'immatricolazione. Lo studente o la studentessa che si immatricola avendo riportato nel test un punteggio inferiore al punteggio minimo indicato dal bando dovrà svolgere alcune attività supplementari, denominate Obblighi Formativi Aggiuntivi (OFA). Gli OFA per gli studenti e le studentesse immatricolati nell’a.a. 2017-2018 dovranno essere assolti entro il 31 marzo 2019, in caso contrario si dovrà ripetere l’anno. Fino a quando l'OFA non sarà assolto si potrà solo presentare il piano di studi e frequentare le lezioni, ma non sostenere esami. Per assolvere l'OFA è obbligatorio frequentare dei laboratori di scrittura e lettura che si terranno lungo tutto l'anno accademico, da Novembre 2017 a Maggio 2018. Ogni laboratorio ha una durata complessiva di 18 ore per un impegno complessivo che va dalle 3 alle 5 settimane ed è strutturato come segue: >Esercizi di lettura e interpretazione di testi accademici; >Esercizi di scrittura di brevi testi argomentativi; >Ripasso delle strutture grammaticali funzionali alla corretta esposizione scritta; >Prova finale. Un elemento di critica rispetto ai corsi di recupero emerge rispetto alle loro modalità di svolgimento. Come collettivo noi crediamo che non sia affatto giusto colpevolizzare e punire chi non supera il test di verifica delle conoscenze a causa di qualche lacuna nella preparazione preliminare. Il test di riparazione è utile laddove riesce davvero a colmare le lacune iniziali senza però innescare un meccanismo punitivo, impedendo anche il passaggio all’anno accademico successivo per chi non dovesse assolvere il “debito” entro le scadenze previste.
(P)RIVATIZZAZIONI Sempre più spesso si sente parlare di privatizzazione in ambito universitario. Con la Legge Gelmini sono entrati il 40% di privati all'interno del Consiglio di Amministrazione, i quali possono essere determinanti per l'indirizzo delle politiche di Ateneo. Noi non crediamo che l'università debba essere influenzata da sponsor privati, che in cambio di denaro decidono cosa fare nei nostri atenei. Sosteniamo invece la necessità di una trasformazione del sistema universitario, con un implemento sostanziale del FFO, per garantire insegnamenti e ricerca di qualità priva di condizionamenti esterni. L'università deve essere un soggetto attivo sul territorio, che produca saperi e analisi critiche del reale, ma questo può essere possibile solo se è assolutamente indipendente.
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(Q)UESTIONARI Ogni anno l'UniBo acquisisce, tramite un questionario in forma anonima, le opinioni sulle attività didattiche da parte degli studenti e delle studentesse frequentanti. L'obiettivo principale dell'indagine, per l'Ateneo, è quello di raccogliere le opinioni degli studenti e renderle disponibili ai docenti e ai responsabili dei Corsi di Studio, per una loro analisi nell'ambito del sistema di assicurazione della qualità degli stessi. Considerando l'obiettivo che l'UniBo si prefigge, non possiamo non mettere in luce diverse criticità che emergono per il suo raggiungimento, sia nella struttura che nei modi e tempi di somministrazione dei questionari. Innanzitutto, essendo unici e uguali per tutti gli insegnamenti e per tutti i corsi di laurea, non tengono conto delle specificità e delle differenti esigenze dei singoli. Questi sono somministrati a metà dei corsi (attenzione: non al termine di essi o dopo i primi appelli d'esame!) e sono costituiti da una parte in forma di domande chiuse, con la possibilità di scegliere fra quattro opzioni (da decisamente no a decisamente sì) e da una seconda parte in forma di domande aperte destinata ad essere visionata unicamente dal docente del corso. Insomma, ci viene spontaneo chiederci: Quanto può essere realistica ed effettivamente utile ai fini di un miglioramento un'indagine così strutturata, della quale viene presa in reale considerazione unicamente la parte di domande standardizzate, spesso inadeguate e poco esaustive, per di più somministrate in un periodo in cui lo studente non ha avuto a disposizione tutto il tempo necessario per chiarirsi le idee? Sia chiaro, non riteniamo che lo strumento del questionario sia del tutto inutile! Se pensato e strutturato adeguatamente, somministrato nei periodi giusti e preso in reale considerazione da tutta la comunità accademica, potrebbe effettivamente produrre un miglioramento nella qualità della didattica. Riteniamo, inoltre, che dovrebbero essere incentivati anche altri spazi e momenti di analisi e riflessioni sui corsi frequentati, magari implementando confronti diretti fra studenti e professori sia a lezione che in assemblee di corso.
(R)APPRESENTANZA Lettere Aperte è un collettivo che nasce anche dal bisogno di rappresentare gli studenti e le studentesse negli organi accademici della Scuola di Lettere e Beni Culturali. L’esigenza che abbiamo da sempre sentito nostra è quella di essere un punto di riferimento collettivo per gli studenti e le studentesse di una Scuola dove è facile sentirsi degli individui, dove spesso l’università può apparire una sorta di “esamificio”. Lettere Aperte nasce per dare spazio ai bisogni degli studenti e delle studentesse, per fare questo nell’A.A 2015- 2016 abbiamo deciso di partecipare alle elezioni studentesche, che ci hanno proiettato nei consigli dei vari Corsi di Laurea, Dipartimenti e anche all’interno del Consiglio della stessa Scuola di Lettere e Beni Culturali. In questi spazi abbiamo portato avanti le nostre idee 16
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provando dal basso a rivendicare un’università libera dalle retoriche, spesso dominanti, che vedono nel numero chiuso un simbolo di qualità, nei momenti di festa e di irriverenza del degrado, un’università che spesso con violenza criminalizza i fuori corso senza tenere conto della scelleratezza con cui viene proposta la gestione del tempo nei nostri corsi di studio. Abbiamo ereditato una situazione tragica in cui lo spazio degli studenti negli organi di rappresentanza della Scuola di Lettere bolognese era quasi nullo e siamo riusciti a ritagliarci un nostro spazio di rivendicazioni (rimandiamo alla parola Vertenza per avere una panoramica delle nostre rivendicazioni), riuscendo a strappare vittorie importanti come quella contro l’introduzione del numero chiuso per il corso triennale di Scienze della Comunicazione. Tuttavia il termine rappresentanza per noi ha un senso più ampio, non significa solo essere presenti negli organi delle nostre facoltà. Rappresentanza per noi significa creare aggregazione, costruire un’unità in una scuola così variopinta e molteplice come la nostra, attraverso pratiche e luoghi differenti: dalle aule alle piazze, dai seminari che abbiamo organizzato ai presidi e alle azioni rivendicative.
(S)CIOPERO DEI DOCENTI A inizio luglio 2017 professori e ricercatori universitari hanno proclamato uno sciopero degli esami di profitto per la richiesta degli scatti stipendiali bloccati nel quinquennio 2011-2015, raccogliendo attraverso una lettera più di 5000 firme di aderenti da tutte le Università d’ Italia. Lo sciopero è previsto per la sessione d’esame autunnale, comprendendo il periodo tra il 28 agosto e il 31 ottobre. Inoltre, nel testo della lettera, si assicura che nel caso il calendario d’esami preveda un solo appello, sarà prevista la possibilità di sostenere l’esame entro 14 giorni dall’astensione. La decisione della proclamazione dello sciopero, come conseguenza di una battaglia che da tempo interroga la componente docente e non solo, è stata seguita da una scia di polemiche riguardanti soprattutto la forma della protesta ed i disagi che produrrebbe sugli studenti. Non neghiamo che l’astensione dal tenere gli esami produce contrapposizioni con gli studenti, i quali si sentono lesi dalla forma di sciopero scelta da una componente che in questi anni è stata poche volte accanto alle nostre battaglie per i diritti degli studenti e delle studentesse. D'altra parte, però, riteniamo che sia necessario uscire da una visione compartimentale dell'università, che alimenta la frammentazione e l'isolamento costante tra le sue componenti, provando a re-indirizzare verso il nemico comune la rabbia di chi vive giornalmente, in maniera diversa, le miserie dell'università italiana. Da vent'anni a questa parte, infatti, i nostri atenei stanno subendo profonde trasformazioni: a causa di un adeguamento ai criteri valutativi imposti dall'alto e ad una subordinazione a logiche di mercato, l'intero settore è stato ridotto di un quinto - tra calo delle immatricolazioni, taglio di docenti e personale, cancellazione di corsi e la didattica svilita -, diventando il luogo di trasmissione 17
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di un sapere acritico e asservito alle logiche di occupabilità sul mercato del lavoro,in cui lo studio viene affrontato in fretta , con l'ansia della fine e dell'accumulo dei CFU. Noi studenti e studentesse ci sentiamo parte di chi vive e subisce l'attuale sistema universitario e, proprio per questo , pur essendo consapevoli di cosa comporta perdere un appello d'esame, siamo altrettanto consapevoli dell'importanza del nostro ruolo : sentiamo la necessità di confrontarci con docenti e ricercatori e mobilitarci insieme per la costruzione di un futuro migliore per tutti e tutte. Come collettivo della Scuola di lettere e beni culturali e in qualità di rappresentanti degli studenti, ci stiamo mobilitando affinchè la protesta non rechi disagi irreversibili.
(T)IROCINI CURRICOLARI I tirocini curricolari sono promossi dalle università, dalle scuole o dagli Enti di Formazione e vengono svolti all’interno di un percorso formale di istruzione o formazione, rilasciando crediti formativi universitari (CFU) previsti dal piano didattico del Corso di Studio. Solo nel 1997 con il cosiddetto "pacchetto Treu", che riguardava la promozione dell'occupazione, si parla per la prima volta di “tirocini formativi e di orientamento”; in tal modo si disciplinano tutti i tirocini (anche quelli non curricolari). All'art.18 infatti leggiamo: “Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico (…)." Questa legge verrà recepita dal “Regolamento per i tirocini formativi e di orientamento”, che chiarisce i limiti delle aziende, le tutele degli studenti e delle studentesse e, soprattutto, il fatto che il rapporto instaurato fra enti e tirocinanti non è un rapporto di lavoro. Negli ultimi dieci anni circa c'è stato un rilevante aumento delle forme di sfruttamento all'interno delle esperienze di tirocinio, da una parte, nel momento in cui il tirocinio non si rivelava un'esperienza formativa (es. fare fotocopie o correggere bozze), dall'altra, quando il tirocinante veniva "utilizzato" come vero e proprio sostituto del lavoratore. Dal regolamento della Scuola di Lettere e Beni Culturali: “Il tirocinio curriculare, previsto nei piani didattici, consiste in un’esperienza formativa caratterizzata dalla realizzazione di attività pratiche attinenti agli obiettivi formativi del Corso di Studio e tali da consentire agli studenti di acquisire competenze coerenti con il percorso di studio intrapreso”. Il tirocinio curriculare può essere svolto in strutture interne o esterne all’Ateneo, non può essere di durata superiore a 6 mesi e può svolgersi secondo diverse modalità (es. interno, incoming, all'estero ecc.). 18
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In quasi tutti i Corsi della Scuola, i tirocini non sono obbligatori e, in alternativa, è possibile scegliere fra seminari o laboratori; in ogni caso, non siamo a priori contrari alle forme e alle esperienze di tirocinio, ma crediamo che per evitare il proliferarsi di casi di sfruttamento, siano necessarie più tutele: una Carta dei Diritti del Tirocinante, una rappresentanza studentesca all'interno delle Commissioni Tirocini (ove presenti), un rimborso spese, una definizione chiara dei compiti del tutor e una maggiore organizzazione dei tempi, per evitare che il tirocinio ostacoli la frequentazione di lezioni e la possibilità di dare esami.
(U)MANISTICO Il sapere umanistico viene spesso considerato come un “sapere di serie B”. Nella corsa al progresso scientifico-tecnologico, il sapere umanistico è considerato inutile e superfluo perché poco spendibile nel mercato del lavoro e nella società tutta. Di conseguenza anche le lauree umanistiche appaiono come lauree di serie B, come la seconda scelta di chi non è riuscito ad accedere a una laurea di tipo tecnico-scientifico; sacche nelle quali si riversano indecisi e svogliati alla ricerca di una laurea facile; fabbriche di disoccupati. Non si tratta soltanto di un pregiudizio. La svalutazione del sapere umanistico sta avendo delle conseguenze che ricadono sul sistema accademico stesso e non solo. I corsi più penalizzati dalla carenza di fondi e strutture sono quelli del settore umanistico: a Bologna l’anno scorso sono stati tagliati fondi consistenti al Dipartimento di Storia Culture Civiltà. Inoltre, i corsi per difendere e affermare il proprio valore si stanno chiudendo in se stessi, riproponendo un modello di sapere elitario e nozionistico, agendo a discapito del diritto allo studio: a Bologna è stato proposto l’accesso a numero programmato per “valorizzare” alcuni corsi; a Milano il numero programmato è stato introdotto a Lettere, Filosofia, Storia, Beni culturali. Il nostro punto di vista si oppone fortemente a queste posizioni arroganti. Rifiutiamo il miope dualismo “sapere umanistico-sapere scientifico”, perché riteniamo che entrambi abbiano la stessa fatale importanza nell’avanzamento della società. Allo stesso tempo riteniamo che la cultura umanistica non sia un relitto prezioso del passato da dover proteggere dalle incursioni del presente, nè una cosa per pochi esperti da rinchiudere nelle Università. Il sapere umanistico deve saper aggredire la società. Esso è lo strumento che ci rende in grado di intercettare le contraddizioni del presente, riflettere e agire per superarle.
(V)ERTENZA Il nostro collettivo è costituito da due caratteri: da un lato vuole creare una collettività tra le aule e i luoghi delle facoltà della Scuola di Lettere contro quella forma di individualismo e senso di smarrimento che caratterizza spesso l’esperienza universitaria, dall’altro Lettere Aperte ha un’anima sindacale che si propone di garantire ed ampliare i diritti degli studenti. Abbiamo ereditato una Università solcata da contraddizioni e in forte decadenza, una Università che spesso non è in grado di seguire la via della ricerca libera e autonoma e china la testa di fronte alle esigenze del mercato del lavoro. 19
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La nostra Università è sempre meno pubblica, nel senso che è sempre meno accessibile per tutti e tutte, sempre più costosa, sempre meno attraversabile da classi sociali ed economiche in affanno, abbandonate a se stesse dagli ultimi 20 anni di governo. Una vertenza è una rivendicazione politica e sindacale. Come collettivo di Lettere e Beni Culturali le nostre vertenze e le nostre azioni di contestazione riguardano soprattutto provvedimenti che toccano la nostra Scuola e i Corsi di laurea che la compongono, ma questo non deve significare che la nostra azione politica si fermi al piccolo giardino delle facoltà umanistiche. Come si imposta una vertenza? Una vertenza si compone di una molteplicità di pratiche politiche: in primis la rivendicazione all’interno degli organi accademici, nei quali è necessario ribadire le nostre posizioni, anche se spesso inascoltate e sole, per costruire dal basso una Università diversa. Tuttavia, una rivendicazione, per essere tale, ha il bisogno di essere resa partecipabile da tutta la popolazione studentesca e deve, quindi, uscire dalla sola discussione accademica e trovare cittadinanza tra gli studenti e la società civile. A tale scopo le nostre rivendicazioni sono accompagnate da iniziative seminariali e di riapertura degli spazi, azioni simboliche che tentano di coinvolgere anche mezzi di informazione come giornali locali e non. Di seguito alcune delle nostre vertenze portate avanti nel passato Anno accademico: >La decadenza dell’università si manifesta anche nel piccolo, a partire dai Corsi di Laurea e dai Dipartimenti, specie nelle facoltà cosiddette umanistiche, la cui produzione di sapere spesso non è utile all’apparato produttivo, né all’antropologia dell’homo economicus che caratterizza questi tempi. Lettere Aperte in questo piccolo contesto lavora dal basso, provando a costruire battaglie e rivendicazioni a partire da esperienze concrete. Nell’A.A scorso la nostra presenza nel consiglio di scuola è stata determinante per fermare la proposta inquietante di introduzione del test a numero chiuso nel corso di Scienze della Comunicazione. Questa proposta ci è stata propinata come l’unica soluzione possibile al problema del sovraffollamento delle aule. Ad un problema logistico, la soluzione proposta era quella di introdurre un discrimine, un limite all’autodeterminazione dell’individuo. Soluzioni come queste sono spesso accompagnate dal feticcio del numero chiuso, che viene visto come una garanzia della qualità del corso, perché la selettività è uno dei paradigmi politici del modello proposto dall’economia attuale, contro cui noi ci opponiamo fermamente. Non esiste un test in grado di giudicare chi è meritevole di studiare e chi no.
>Noi crediamo nella validità del sapere umanistico: questo è un sapere critico, è un sapere non subito spendibile, ed è un sapere che non produce soft skills. Dalla fine dello scorso anno accademico Lettere Aperte e gli Studenti del Dams hanno avviato una vertenza per reintrodurre la discussione di laurea e la proclamazione al Corso di laurea in DAMS. Noi reputiamo fondamentale ricostruire il valore della tesi triennale come primo approccio critico alla produzione di sapere, come primo passo per elaborare un metodo di ricerca e analisi critica. 20
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>Le nostre vertenze non si muovono solo nel tessuto particolare del giardino di Lettere e Beni Culturali. Quest’anno, infatti, abbiamo portato avanti anche vertenze a livello nazionale: una di queste riguarda la nuova legge che regolamenta l’accesso all’insegnamento. Senza voler essere autoreferenziali crediamo che il nostro lavoro fatto per gli studenti sia stato fondamentale: dopo le lezioni nelle aule delle nostre facoltà abbiamo provato a comprendere questo testo di legge, nelle sue prospettive e nelle sue criticità. Da qui è partito un grande lavoro di analisi e di pressione supunti controversi fino alla recente approvazione delle nostre richieste.
(Z)ONA UNIVERSITARIA Con l'espressione "zona universitaria" si indica generalmente quella parte di città compresa fra l'inizio di Via Zamboni e Piazza Puntoni; all'interno della stessa troviamo alcune fra le più importanti sedi della Scuola di Lettere e Beni Culturali (Via Zamboni 32/34/36/38), della Scuola di Giurisprudenza (Palazzo Malvezzi) e della Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione (Via Zamboni 32), diverse aule studio (Palazzo Paleotti, Via Petroni 13, Via Belle Arti 8 ecc.) e biblioteche (Biblioteca Giuridica "Cicu", Biblioteca di Scienze Economiche "Bigiavi", Biblioteca Universitaria Bologna "BUB" ecc.) e due importanti piazze, da sempre luogo di incontro e di pausa dalla frenetica vita universitaria: Piazza Verdi e Piazza Scaravilli. La zona universitaria ha da sempre subìto la narrazione tossica del "degrado", derivante soprattutto dalla polarizzazione del dibattito pubblico che vedeva da un lato gli studenti e le studentesse e dall'altro i residenti e i comitati degli stessi, che molto spesso riducevano gli studenti a "portatori di degrado", invece che riflettere sul valore aggiunto (anche in termini economici) che questi apportavano alla città. Negli ultimi anni (2015: prima ordinanza che vieta la vendita di alcolici in vetro), si è tentato di opporre ad una socialità autogestita e dal basso che caratterizzava la zona da sempre, un modello di socialità per pochi e che implica il consumo di alcolici o cibo in locali costosi e "d'élite". La riduzione della socialità al consumo è ciò che si cela dietro progetti quali il "Guasto Village", un'iniziativa carina e che sicuramente ha riempito nuovamente vie e piazze della zona ormai svuotate da ordinanze folli e microcriminalità, ma che allo stesso tempo riduce una via a vetrina di passaggio ben illuminata, mentre in Via Francesco Acri (a pochi metri da lì) siringhe e desolazione riempiono i marciapiedi. In questi ultimi anni e, soprattutto, dopo l'irruzione della Polizia in alcuni spazi universitari, abbiamo tentato di avviare e condividere una riflessione sulla zona universitaria, sugli spazi, sul rapporto fra università e città e sulla città che viviamo ogni giorno, molto spesso, purtroppo, solo come consumatori. Crediamo che ad una chiusura progressiva di spazi fisici e di discussione, dentro e fuori l'università, sia necessario costruire un'alternativa concreta di iniziative culturali dal basso come lo sono stati i festival dell'AltraEconomia, dell'AltraPolitica e dell'AltroDiritto; grazie a queste iniziative, infatti, abbiamo 21
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riempito di musica, politica e cultura Piazza Scaravilli, una piazza ridotta a parcheggio negli anni.
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CHI SIAMO? Lettere Aperte è un collettivo di studentesse e studenti della scuola di Lettere e Beni Culturali, nato per mettere in contatto coloro che sono interessati a discutere e condividere proposte ed esperienze all'interno dell’università. Il nostro punto di partenza è la ricerca di spazi, intesi non solo come luoghi fisici per riunirci e confrontarci, ma anche come possibilità e opportunità per esprimerci. I nostri interessi devono avere un ruolo attivo nella costruzione della cultura. Pensiamo che questo processo debba avere nell'università il suo centro, ma che non possa esaurirsi nei momenti della nostra formazione individuale e accademica, perché necessita dell’impulso dato dal confronto e dalla condivisione. Gli anni della nostra esperienza universitaria sono cruciali; non vogliamo limitarli ad essere l’anticamera del nostro futuro lavorativo, ma la fucina delle nostre coscienze critiche e del nostro agire presente. Le nostre assemblee sono a cadenza settimanale. Nel corso di esse ci confrontiamo sui problemi universitari,progettiamo iniziative e condividiamo saperi. Se anche tu sei interessato a partecipare e cerchi un luogo di confronto, puoi seguire la nostra pagina per rimanere aggiornato sulle iniziative. Se vuoi prendere parte alle assemblee, contattaci direttamente. Seguici e contattaci su facebook www.facebook.com/AperteLettere o per email roberta.santoriello@studio.unibo.it davide.ramelli@studio.unibo.it