n°03
Settembre 2013 gruppo eurosystem Sistemarca
LE SFIDE DELLA TECNOLOGIA PER L’IMPRESA l’ azIenda tra effIcIenza e buSIneSS
incontri con
scenari
stile libero
alberto baban veneto delle conoScenze alfonSo fuggetta cefrIel Per l’InnovazIone PWc erP Per la buSIneSS tranSformatIon bernardo PalandranI la rIcetta emc Per Il canale
Stefano morIggI comIncIamo a PenSare con le macchIne! cultura&tecnologIa un reStauro In dIretta Il lIbro S. meregallI: la geStIone della comPleSSItà
Il vIaggIo da venezIa al mondo con alberto fIorIn SPort rugbY: SfIda e coraggIo In camPo PercorSI l’Imoco volleY entra nella StorIa d’euroPa
editoriale
GIAN NELLO PICCOLI Gruppo Eurosystem Sistemarca
L’attuale contesto economico, in rapida e continua evoluzione, costringe le aziende a operare in presenza di livelli crescenti di competitività e complessità. Per mantenere posizioni concorrenziali e sostenere il business - con obiettivi raggiungibili a costi contenuti le imprese dovrebbero cambiare “cultura” e fare propria la necessità di innovare non solo i prodotti ma anche i processi. Le architetture tecnologiche, se ben utilizzate e implementate, sono di fondamentale supporto perché facilitano la flessibilità di cui le aziende necessitano per differenziarsi sul mercato. I player che operano sul mercato delle infrastrutture informatiche e dei sistemi gestionali negli anni hanno evoluto le risposte, segmentato l’offerta e gli strumenti, innovato le strategie commerciali, di fatto abilitando le imprese a fare quel passo avanti fondamentale per la crescita. Anche se, ad oggi, non tutte le imprese soprattutto le PMI - di fronte a scelte tecnologiche e di partnership hanno ben chiari i criteri e le metodologie per decidere e misurare poi le performance.
Proprio per offrire un quadro generale a questo contesto mutato, nel nuovo numero di Logyn, abbiamo deciso di parlare di sistemi informativi - come gli ERP - e modelli culturali, offrendo una visione per quanto possibile differenziata. Non ci permettiamo di dare la “chiave di volta”, ma vogliamo contribuire a offrire utili spunti di riflessione in base anche alla nostra esperienza maturata nel tempo... Una nuova occasione di confronto su come “gestire le complessità aziendali” derivanti dalla crescita interna e dal rinnovato contesto esterno, attraverso la scelta di strumenti che spesso impongono di innovare lo stato culturale di un’azienda, prima ancora del prodotto. Gian Nello Piccoli
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incontri con ALBERTO BABAN IL VENETO DELLE CONOSCENZE CHE GENERA LAVORO
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18 ALFONSO FUGGETTA MIGLIORARE L’OFFERTA IN ITALIA PER AIUTARE LE AZIENDE A INNOVARE
scenari
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STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE! DIGITALIZZARE LA SCUOLA?
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SEVERINO MEREGALLI SISTEMI ERP E GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ: CASI DI AZIENDE ITALIANE IN CRESCITA
Innovazione tecnologica (ingranaggi) e gestionale (processi aziendali): le nuove sfide che si impongono alle imprese per realizzare un business di successo (grafico).
stile libero IL VIAGGIO DA VENEZIA AL MONDO
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PERCORSI LA PALLAVOLO FEMMINILE ITALIANA ENTRA NELLA STORIA D’EUROPA
SOMMARIO 3
editoriale di Gian Nello Piccoli
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incontri con
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ALBERTO BABAN
Il Veneto delle conoscenze che genera lavoro
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ALFONSO FUGGETTA
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Migliorare l’offerta in Italia per aiutare le aziende a innovare PWC
PwC: progetti ERP per la business 73 74 transformation BERNARDO PALANDRANI
Credibilità, ascolto e formazione del partner: EMC e il canale
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focus
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Le sfide della tecnologia per l’impresa
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26 Sistemi ERP e gestione della
scenari STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE!
complessità ERP e innovazione aziendale Il polittico di Simone Martini: un restauro in diretta Sfide tecnologiche: calcolare la contabilità futura Infrastrutture informatiche La nuova era dell’information technology Start up e innovazione Investimenti produttivi e PMI: strumenti a sostegno Recupero crediti: il decreto “del Fare” Soluzioni ERP tramite cloud computing
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36 tories 36 Tecnologia gestionale per la crescita 67 Piattaforme IT per nuovi orizzonti
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44 pazio a y 44 L’orchestrazione dei sistemi nelle aziende del mobile 50 Oltre le apparenze
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stile libero CONOSCIAMOCI
Lavorare con IT e ICT
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MEDICINA E LAVORO
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IL VIAGGIO
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SPORT
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PERCORSI
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CUCINA
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UFFICIOVERDE
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Verso la cultura della salute Da Venezia al mondo Le Red Panthers: sfida e coraggio in campo La pallavolo femminile italiana entra nella storia d’Europa L’acqua di mare & l’erba voglio Orchidea Phalaenopsis FUMETTI
La matita di Sue
SETTEMBRE 2013
“Oggi viene meno il criterio storico di distinzione di natura dimensionale. La vera diversità consiste nella capacità - più o meno forte - di avere competenza e competitività globale, e di avere accesso ad un mercato internazionale…”
IL VENETO DELLE CONOSCENZE CHE GENERA LAVORO Il progetto “InnovArea” per sostenere le aziende che vogliono performare
Intervista ad Alberto Baban, vice presidente di Confindustria Veneto con Delega alla Ricerca e Innovazione e alle Politiche industriali. Per l’imprenditore veneto è caduta la “storica” distinzione tra piccola, media e grande impresa in favore di una nuova definizione che ha come criterio di riferimento il mercato in cui un’azienda agisce.
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L’industria nel Veneto, PMI e grande industria: verso una nuova definizione culturale? Per riuscire a dare una previsione del futuro industriale del territorio è necessario innanzitutto avere un’idea precisa della realtà presente. Oggi, infatti, la definizione di PMI è diventata generalista e troppo stretta: non dà il quadro preciso di quello che è l’assetto imprenditoriale e industriale. Oggi viene meno il criterio storico di distinzione di natura dimensionale. La vera diversità consiste nella capacità - più o meno forte - di avere competenza e competitività globale, e di avere accesso ad un mercato internazionale. Quindi, la dimensione può essere una discriminante solo relativamente ai mercati a cui le aziende possono accedere.
incontri con
Come aiutare le aziende che non hanno una competitività globale? Senza generalizzare, è importante individuare strumenti appropriati e concreti per aiutare quelle aziende che hanno le capacità. In base ad un monitoraggio svolto, si è rilevato che le competenze e le conoscenze nel sistema industriale veneto sono ampie, anche se a volte micronizzate, sparse o male organizzate. Abbiamo un tessuto composto da persone di grande professionalità, e già predisposto dall’artigianato a passare a livello industriale, per quanto concerne un’organizzazione complessa. Questo potrebbe essere un momento opportuno e positivo, resta però da comprendere che il mercato ormai non è più dietro alla porta, o rivolto alla Germania, “a portata di furgoncino”, è molto più distante in territori come l’Asia, o nel Nord Africa dove esiste un nuovo mercato che sembra aver bisogno ancora di tempo per raggiungere un equilibrio. Ecco che è indispensabile che le istituzioni diano indirizzi di visione e indichino le grandi opportunità esistenti all’interno di spazi inesplorati che cercano proprio le nostre competenze e conoscenze. Conoscenza e competenza, dunque, come fattori guida per lo sviluppo? Le nostre specializzazioni si sono realizzate nell’evoluzione del sistema industriale dal dopoguerra fino ad oggi e sono frutto anche della dipendenza dai grossi gruppi, che hanno concorso a creare prima i distretti e poi tutto il canale dei terzisti. La grande industria è solo l’ultimo passo evolutivo del sistema imprenditoriale e, per definizione, essa segue il mercato e realizza prodotti che rispondono alle richieste dello stesso. Ci sono poche aziende nel mondo che, come quelle italiane e venete, hanno competenze e creatività per plasmare il prodotto al bisogno. Fa parte, in un certo senso, del nostro DNA. Oggi, infatti, affrontiamo un mercato che non cerca più solo prodotti commodity ma concepiti con personalità e pregni di un determinato significato. E questi prodotti, che non sono solo un’espressione tecnologica ma più in 7
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“È indispensabile che le istituzioni diano indirizzi di visione e indichino le grandi opportunità esistenti all’interno di spazi inesplorati che cercano proprio le nostre competenze e conoscenze…”
generale di un’idea e di una cultura, possono essere fatti solo da chi ha un vissuto imprenditoriale e industriale costruito nel tempo. Quindi, non è vero che le grandi imprese vanno solo dove c’è basso costo di manodopera, bensì dove possono trovare queste competenze e questa capacità industriale. Non è un caso che aziende, come ad esempio in Veneto Luxottica e De Longhi, siano presenti e funzionino qua in Italia nonostante i costi e un sistema fiscale pressante che non favoriscono l’impresa. Dunque è solo l’industria che vuole puntare sul costo come driver quella che non viene fatta qui ma in Cina e nei Paesi dell’Est. Chi dovrebbe spiegare tutto questo alle imprese? Come indirizzarle?
Alberto Baban Vice presidente di Confindustria Veneto con Delega alla Ricerca e Innovazione ed alle Politiche Industriali Alberto Baban è nato a Venezia nel 1966 ed ha conseguito il diploma di istruzione tecnica. Attualmente è presidente di Tapì Spa, società nata nel 1998 e attiva nella produzione di tappi e chiusure per il settore wine & spirits. Alberto Baban siede nel Comitato Tecnico Scientifico istituito dall’Assessorato alla Ricerca e Sviluppo Economico della Regione Veneto; è componente dell’Innovation Board dell’Università di Cà Foscari di Venezia; collabora, in qualità di “vision partner”, con Corriere Innovazione, magazine di Corriere della Sera/ Corriere del Veneto dedicato all’innovazione nel mondo delle idee, del lavoro e dell’impresa; è componente del Comitato Scientifico di Trieste Next, “laboratorio” dove trovano spazio ricerca applicata e nuove tecnologie, idee concrete e soluzioni pratiche per accrescere il benessere delle comunità e la competitività delle aziende. Dal 2010 al 2012 Alberto Baban è stato presidente della Sezione Varie di Confindustria Venezia e, in quanto tale, componente della Giunta della stessa territoriale; nel 2012 ha inoltre fatto parte dei Saggi che hanno collaborato all’individuazione dell’attuale presidente di Confindustria Veneto. Attualmente Baban ricopre le seguenti cariche confederali: presidente del Consiglio Regionale della Piccola Industria di Confindustria Veneto; vice presidente di Confindustria Veneto con Delega alla Ricerca e Innovazione ed alle Politiche Industriali; componente di diritto del Consiglio Centrale della Piccola Industria di Confindustria; componente della Giunta di Confindustria in Rappresentanza della Piccola Industria; componente del Comitato Tecnico Internazionalizzazione di Confindustria. Alberto Baban è, inoltre, presidente di VeNetWork Spa, società fondata nel 2011 e che aggrega, in qualità di soci, 47 imprenditori Veneti. VeNetWork è una società che, mettendo a fattore comune le esperienze degli imprenditori che la compongono, si propone come acceleratore di opportunità produttive e finanziarie. 8
Nel Veneto abbiamo 406mila partite iva, quindi l’obiettivo non è riuscire ad esprimere o ad avere ancora più imprenditorialità. Su una popolazione di circa 5 milioni di abitanti ci sono 600mila persone che hanno partita iva commerciale, industriale o agricola, ovvero più del 10% della gente. Non stiamo cercando di spingere le persone a fare un lavoro con una forte propensione al rischio com’è la direzione d’impresa - ma stiamo cercando di indirizzare coloro che hanno competenze verso l’individuazione del modello di impresa e del tipo di mercato di accesso che possono rivelarsi vincenti e di successo. La politica, innanzitutto, dovrebbe indicare la via stabilendo una “visione” principale e definendo piani industriali, a seguire tutte le parti istituzionali (compreso il sistema sindacale d’impresa, ossia Confindustria) dovrebbero fare “difesa” e acculturazione dell’impresa. Qual è attualmente lo stato delle imprese? Da dove partono e dove potrebbero arrivare... La definizione d’impresa, oggi, varia a seconda della nicchia di mercato in cui agisce e a seconda delle prospettive che ha in questo momento: ci sono aziende sviluppate - di dimensione variabile - che hanno un prodotto maturo, ma senza molti sbocchi, e hanno necessità di incidere solamente nei costi, quindi localizzano la produzione. Si tratta di realtà che non sono legate a fattori territoriali e che devono seguire le richieste del mercato. Poi, ci sono altre imprese che per crescere, al di là delle dimensioni, non possono solo ambire a raggiungere dei costi ideali ma devono obbligatoriamente fare un passo ulteriore, ovvero far apprezzare l’immagine e il prodotto, creando fidelizzazione. Per questo, servono precise skill. E, parlando di politica “prospettica”, queste sono le imprese più interessanti perché possono stare in questa parte del mondo, dove trovano le competenze. Per fare un esempio, Louis Vuitton ha deciso di investire a Riviera del Brenta nel noto calzaturificio Rossimoda: non ha delocalizzato la produzione, anzi ha implementato le abilità esistenti, indicando all’esterno che qui si trovano le competenze considerate punto di
incontri con riferimento. In questo caso il territorio ha intercettato investimenti dall’estero e ha preservato il know how, a cui è stato conferito un valore aggiunto perchè non delocalizzabile. Questo è un esempio di “oltre” made in Italy, in cui si dà significato al prodotto esaltando il lifestyle italiano. Come si colloca in questa evoluzione il ruolo delle istituzioni? Oggi ci sono delle opportunità rilevanti e la politica nazionale dovrebbe capire che cosa significa realmente sostenere il sistema impresa, che attualmente viene considerato solo nella sua ultima parte, ovvero il reddito d’impresa tassabile. Al contrario l’incentivazione dell’impresa porta ad un benessere diffuso e ad un aumento di disponibilità di denaro per tutti, quindi dei lavoratori, e del sistema che ruota attorno. E il ruolo delle confindustrie? C’è sinergia con le istituzioni? Come Confindustria Veneto abbiamo un ottimo rapporto con la Regione: con l’assessorato allo Sviluppo economico e con l’Università Ca’ Foscari stiamo portando avanti, infatti, il progetto “InnovArea”. Ossia, un percorso di analisi del sistema imprenditoriale del Veneto per riuscire a definire, concretamente, una tesi di politica industriale per il prossimo futuro. La Regione ha ben interpretato le opportunità date dall’integrazione delle forze del sistema istituzionale. Ci racconti l’idea “InnovArea”. “InnovArea” vuole indicare il futuro dell’impresa nel nostro territorio. L’idea parte dal monitoraggio del sistema impresa e prosegue nella discussione con gli stakeholders e gli interpreti del territorio per arrivare a configurare gli indirizzi di politica industriale e gli aiuti necessari alle aziende per performare. Non si tratta di una mera analisi statistica, spesso in ritardo rispetto ai tempi celeri del mercato. Abbiamo monitorato, dal 2007 - anno del cambiamento - al 2012, tutte le 33mila società di capitale presenti in Veneto e abbiamo fatto una selezione individuando quelle società che hanno la possibilità di interagire su un mercato con potenzialità di sviluppo, dunque non quello confinato. È stato, quindi, elaborato un algoritmo che prende in considerazione la patrimonializzazione e l’espressione della capacità di crescita che ha un’azienda. E proprio questo algoritmo ha permesso di selezionare un numero di imprese che ha performato mediamente e un altro che ha performato sopra la media. Questi campioni di aziende venete - non le solite note o appartenenti ad un unico settore o con dimensioni specifiche - sono i nuovi “driver”. La Regione, quindi, propone, di studiare questi nuovi driver, iniziando con loro un percorso, perché il loro modello d’impresa - che ha funzionato - possa essere replicato anche dalle altre integrando al loro interno gli schemi vincenti. Ecco che, in una situazione di
difficoltà oggettiva - la crisi economica, l’alta tassazione, e i costi elevati - “InnovArea” racconta le imprese che hanno performato e le caratteristiche del loro successo... Può anticiparci qualche risultato? L’11 ottobre ci sarà una kick-off al Terminal Passeggeri di Venezia durante il quale presenteremo il progetto, invitando tutte le aziende performanti (le prime 1.000 aziende). Si tratta di un primo lancio di un percorso per raccontare quali possono essere le opportunità. Indichiamo le potenzialità espressive di questo Paese: perché qui c’è una certa cultura imprenditoriale non riscontrabile altrove che ha permesso la nascita e lo sviluppo di un certo tipo d’impresa. Settore manifatturiero, ICT e sistemi ERP... Gli ERP (Enterprise Resource Planning) non sono nient’altro che sistemi in grado di disciplinare una mole di informazioni enorme, e più grande è il business più c’è questo tipo di necessità. Gli ERP e tutti i sistemi gestionali sono coadiuvanti alla crescita. Il sistema di controllo di gestione, ad esempio, è un passaggio obbligato perché evidentemente chi ha un’azienda che ha competenze internazionali ha la necessità di dare un certo tipo di servizio che viene richiesto, e ha l’elaborazione di una mole di dati tale che necessità un certo tipo di organizzazione disciplinata. Si tratta di sistemi indispensabili ma occorre capire se un’azienda riesce a prevederli come investimenti che possono portare un valore aggiunto o se arriva ad acquisirli perché ad un certo punto è obbligata. Sono tecnologie molto complesse e la preparazione in un sistema manifatturiero come il nostro, che ha sempre prediletto una profondo conoscenza del prodotto e pensato all’ICT come ad un supporto solo successivo a questo, non è alta. Non siamo ancora arrivati ad una cultura tale nell’ICT da comprendere che questa è in realtà una delle leve più importanti per far crescere l’azienda.
“Oggi, infatti, affrontiamo un mercato che non cerca più solo prodotti commodity ma concepiti con personalità e pregni di un determinato significato. E questi prodotti, che non sono solo un’espressione tecnologica ma più in generale di un’idea e di una cultura, possono essere fatti solo da chi ha un vissuto imprenditoriale e industriale costruito nel tempo...”
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SETTEMBRE SETTEMBRE 2013 2013
LE SFIDE DELLA TECNOLOGIA PER L’IMPRESA L’azienda tra efficienza e business
Le sfide della tecnologia non possono essere scollegate da quelle del mercato e delle entità principali protagoniste di questo: le aziende. All’origine del termine “tecnologia” lo studio di un metodo organizzato e codificato per raggiungere uno scopo definito. Un significato valido tutt’oggi, e soprattutto nell’ambito della tecnologia gestionale che codifica l’organizzazione, ossia definise e struttura processi all’interno di sistemi informatici per realizzare business con efficacia ed efficienza. E supportare, infine, le imprese in quelle sfide del mercato a cui oggi non possono che rispondere.
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focus
È di grande attualità il dibattito sui sistemi informativi integrati meglio noti come ERP (Enterprise Resource Planning) - sui loro benefici, sui rischi e sull’impatto a livello organizzativo che hanno avuto e stanno avendo sui processi gestionali delle aziende e soprattutto delle PMI. Infatti, oggigiorno i sistemi informativi integrati sono indispensabili per correlare e coordinare le numerose funzionalità interne all’azienda. Questi sistemi in realtà esistono da diversi anni, già prima della diffusione dei calcolatori elettronici. Nel tempo, ovviamente, sono aumentati di complessità andando a ricoprire segmenti di operatività aziendale per rispondere a necessità di gestione di maggiore quantità e qualità delle informazioni, per migliorare le conoscenze e tecniche gestionali, e per far fronte all’evoluzione tecnologica in atto. Nel percorso storico dello sviluppo dei sistemi informativi si individuano principalmente 3 fasi: il passaggio dalla gestione manuale a quella automatizzata delle informazioni; il passaggio dai mainframe ai sistemi di Managemente Information System (MIS); la nascita dei Decision Support System (DSS) e, quindi, dei sistemi ERP. Di fatto gli ERP introducono una nuova “cultura” aziendale che da una parte ottimizza i processi organizzativi dall’altra propone una nuova “filosofia” nella gestione del business. Non a caso il management, in questi anni di forte globalizzazione, necessita di strumenti efficienti ed efficaci per poter prendere decisioni tempestive basate su dati esistenti e certi che permettano anche scenari di simulazioni di varia complessità.
Letteralmente ERP significa “pianificazione delle risorse d’impresa” e ai giorni d’oggi rappresenta al meglio il binomio “business and technology”, perché mediante il suo pacchetto di funzioni permette la gestione dell’attività aziendale. In un impresa che vuol presentarsi dinamica e pronta a rispondere alle sollecitazioni di un mercato in continua evoluzione, l’adozione di un software gestionale ERP è fondamentale. Si tratta di un cambiamento culturale di una certa importanza, proiettato al futuro perché in questo caso la tecnologia ci mette in mano un sistema di guida, un “sistema di previsione del tempo”, un navigatore. Alle imprese la responsabilità di dotarsi della conoscenza necessaria a guidare gli strumenti disponibili nel modo migliore.
“Introduzione ai sistemi ERP”, Marco Barigazzi “ERP - Enterprise Resource Planning”, Emanuele Bora, Gabriele Impemba, Stefano Monda “Storia ed evoluzione dei sistemi ERP”, in “Il project management per la gestione delle commesse”, Roberto Stefanetti, Università degli Studi Guglielmo Marconi, A.a. 2010/2011.
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EDP
Electronic Data Processing System
Anni ’60
I sistemi informativi si sono sviluppati nella seconda metà degli anni ’60 per l’elaborazione elettronica dei dati (EDP: Electronic Data Processing System). Allora i computer erano utilizzati principalmente per la gestione amministrativa e classificazione dei dati, preparazione di riepiloghi e reportistica. Lo scopo era quello di sostituire le procedure manuali ripetitive per semplificarne e velocizzarne le operazioni.
MIS
Management Information System
Anni ’70-’80
Verso la metà degli anni ’70-’80 si sono sviluppati i sistemi informativi per il controllo direzionale. Nascono così i primi MIS (Management Information System) creati per semplificare la raccolta e la gestione delle informazioni centralizzate, in modo da renderle disponibili in modo semplice e veloce all’intera azienda. I primi MIS aziendali sono stati utilizzati per operazioni semplici come il monitoraggio dell’inventario, la fatturazione o le vendite.
STEPBYSTEP
I sistemi integrati nel tempo
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focus
DSS
Decision Support System
Negli anni ’90 sono nati sistemi di supporto alle decisioni, ovvero i DSS (Decision Support System), che facilitano le strategie aziendali. I DSS sono sistemi software che permettono di aumentare l’efficacia dell’analisi in quanto forniscono supporto a tutti coloro che devono prendere decisioni strategiche estraendo, in poco tempo e in modo versatile, le informazioni utili ai processi decisionali e provenienti da una rilevante quantità di dati.
Anni ’90
ERP
Enterprise Resource Planning L’acronimo ERP (Enterprise Resource Planning) compare negli anni ’90 per indicare quei software che costituivano un’evoluzione dei sistemi di Material Requirement Planning (MRP), Manufacturing Resource Planning e Computer-Integrated Manufacturing (CIM). Gli ERP rispondono, nell’ambito della crescita dell’organizzazione aziendale, alle necessità di avere accesso strutturato ad informazioni certe, all’aumento della complessità di gestione dell’operatività aziendale, e alla conseguente esigenza di lavorare in modo coordinato tramite logiche di processo certe e definite. Oltre a rappresentare un insieme di funzionalità più vasto rispetto a quelle meramente produttive. Per questo le prime versioni di ERP collegano l’area contabile con quella logistica, per poi essere successivamente implementate le relazioni interne anche con aree di vendita, distribuzione, produzione, manutenzione, gestione dei progetti. I sistemi ERP hanno avuto tassi di crescita molto elevati alla fine degli anni ’90, soprattutto nelle aziende europee. E, dopo le grandi multinazionali, anche le PMI hanno cominciato ad adottare questi nuovi sistemi. A tutt’oggi i moderni sistemi di ERP coprono tutte le aree che possano essere automatizzate all’interno di un’azienda, oltre ad aver ampliato e reso trasversali le funzionalità disponibili agli utenti con servizi di archiviazione documentale, automazione dei processi (motori di workflow), collaborazione, e Business Intelligence. Grazie a questi sistemi gli utilizzatori aziendali possono operare in un contesto uniforme ed integrato.
Anni ’90-oggi 13
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INTERVISTA A MARINO CAVAGNA GRUPPO EUROSYSTEM SISTEMARCA SRL
Prima della nascita dei sistemi ERP, quali tecnologie utilizzavano le aziende per gestire i processi organizzativi? Di sistemi ERP si inizia a parlare negli anni ’90 ma circa vent’anni prima, quando ho iniziato il mio lavoro, non esisteva ancora una cultura dei processi organizzativi. Gli strumenti a disposizione erano più che altro dei grandi calcolatori che servivano alla gestione dei dati, soprattutto in ambito amministrativo. Queste macchine non avevano un vero e proprio impatto organizzativo ma assolvevano al compito essenziale della gestione dell’informazione, prima nell’area amministrativa e poi nelle altre aree e funzioni come la produzione e la logistica. Si trattava di tecnologie poco diffuse e in mano a grandi aziende a causa dell’investimento che comportavano.
aziende operanti in mercati differenti, facilmente implementabile ed espandibile, per la gestione integrata dei flussi informativi di tutta l’azienda. E gli sviluppi fino ad oggi? Da qui in poi ci sono state alcune direttrici fondamentali che hanno guidato lo sviluppo di sistemi ERP fino ad arrivare a quelli che oggi vengono chiamati ERP estesi. La prima è data dai processi, perché di fatto queste tecnologie hanno portato all’attenzione la necessità di guardare all’organizzazione
Quali sono stati i passaggi evolutivi che hanno portato alla nascita dei primi sistemi ERP? Una delle spinte maggiori è legata proprio all’importanza dei dati. Le aziende, man mano che crescevano, iniziavano ad esigere maggiore qualità e sicurezza delle informazioni, ed un unico contenitore per la loro conservazione e classificazione. Si arrivò così ad utilizzare prima una base dati unificata (che aggregava e collegava tutti i dati a disposizione), poi certificata (con sistemi che ne garantivano la correttezza formale) e centralizzata per far sì che tutti potessero accedervi secondo determinati permessi. L’antenato del software ERP che noi stessi, come Gruppo Eurosystem Sistemarca, sviluppiamo oggi altro non era che un sistema di gestione dati, che poi con l’attuale ERP si è trasformato in un software gestionale basato su database relazionale. Nel frattempo cresceva nelle aziende, soprattutto in quelle più grandi, anche un rinnovato fabbisogno organizzativo che stava portando ad un progressivo cambiamento “culturale”: le imprese, che potevano già attingere a diversi sistemi gestionali acquistati e installati in blocco nelle varie divisioni aziendali, dovevano affrontare complessità che imponevano una visione più amplia dell’organizzazione aziendale, non più o non solo limitata ai singoli dipartimenti. Da qui la nascita dei primi ERP per rispondere alla necessità di avere un unico sistema, anche per 14
Marino Cavagna
Nato in provincia di Bergamo nel 1951, Marino Cavagna inizia a lavorare nel 1970 presso il centro di calcolo della Snia a Milano come operatore ai calcolatori. Segue nel 1974 l’esperienza all’interno della società Vestro con la medesima qualifica e nel 1978 l’assunzione presso l’azienda Caf spa come programmatore su elaboratori di nuova generazione IBM S/34. Nel 1983 l’inizio del suo percorso consulenziale prima con EDP Tecnica di Como e successivamente con GNS di Usmate. Nel 1990, insieme a Maurizio Bonanomi, Marino Cavagna crea a Bergamo la società CSI Srl, che inizia nel 2003 il percorso di collaborazione e integrazione con il Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl di cui fa attualmente parte.
focus aziendale in modo trasversale e non più verticale per area; la seconda è data dalle persone coinvolte nei processi che sono diventate sempre più importanti per capire come semplificare e ottimizzare l’operatività aziendale all’interno del software; segue la componente di ingegnerizzazione e automazione dei flussi organizzativi con l’utilizzo di motori di workflow; la centralizzazione nel software, non solo di dati, ma anche di documenti con tecnologie di digitalizzazione e archiviazione documentale; infine, lo sviluppo di tecnologie di analisi manageriale (come la Business Intelligence) integrate nel software. Gli ERP estesi, oggi, mettono insieme tutto questo.
l’efficacia aziendale - di conseguenza la produttività - del cliente. In questo ruolo abbiamo l’obbligo di spiegare alle aziende clienti l’importanza di una base dati altamente sicura e certificata, o le potenzialità di efficientamento raggiungibili - non solo ottimizzando e automatizzando i processi - ma usufruendo anche di applicativi integrati all’ERP per, ad esempio, un accesso e una consultazione delle informazioni facilitati, o per analisi di supporto alle decisioni aziendali, o per l’integrazione con altri software già presenti in azienda. Siamo obbligati a spiegare loro cosa le aziende competitor stanno già facendo e ottenendo con questi strumenti. Diversamente non offriremmo alcun valore aggiunto rispetto alle tecnologie che già vendiamo.
Qual è oggi l’impatto degli ERP sull’azienda? L’impatto derivante dall’introduzione di un ERP in azienda ha una natura culturale e organizzativa, tecnologica, economica. L’analisi dei fabbisogni espressi dalla dirigenza aziendale può spesso comportare una vera e propria operazione di redesign dei processi organizzativi. Una delle situazioni più frequenti di fronte alle quali mi sono trovato è, ad esempio, quella di uffici commerciali che svolgono operazioni e attività che dovrebbero appartenere tipicamente all’area amministrativa con il conseguente rallentamento dell’operatività aziendale dovuto alla dispersione di responsabilità e informazioni. Segue un impatto tecnologico che è quello derivato da tutti gli adattamenti, anche nell’ambito dell’infrastruttura informatica aziendale, che possono rendersi necessari nel momento di implementare un ERP. E poi c’è l’aspetto economico e il rapporto costi-benefici, così difficile da definire: i sistemi ERP non generano, infatti, un valore diretto ma, perseguendo l’efficienza dell’operatività aziendale come obiettivo, rendono l’azienda più solida e preparate nella gestione delle complessità attuali e delle evoluzioni future, oltre a favorire una riduzione dei costi. Per poter scegliere un ERP bisogna avere una profonda conoscenza dei cambiamenti che porterà e una precisa visione dei fabbisogni aziendali in gioco. Le aziende sono preparate a questo impatto o esiste un gap culturale? Qual è in questo caso il ruolo di chi opera nell’offerta? Le aziende italiane spesso non hanno compreso appieno le potenzialità dell’impiego di queste tecnologie. Infatti, nelle aziende non strutturate sono direttamente i titolari a prendere decisioni in tal senso e, soprattutto nelle PMI, esiste un problema di scarsa cultura dei processi e delle tecnologie di gestione. Quindi, diventa difficile incedere “culturalmente”. Ma il ruolo dell’offerta può essere determinante, soprattutto quando si parla di realtà come la nostra, ad esempio, non una semplice software house ma un vero e proprio consulente organizzativo e strategico a tuttotondo che ha l’obiettivo di implementare l’efficienza e
Quali sono i valori che hanno portato allo sviluppo del prodotto ERP del Gruppo Eurosystem Sistemarca? E quali gli indirizzi che guardano all’evoluzione futura? La nostra soluzione è un software ingegnerizzato per essere altamente configurabile, pur essendo un prodotto standard. Questo significa valori come la solidità, raggiunta attraverso anni di esperienza sulle principali dinamiche gestionali codificate nel prodotto standard, ma allo stesso tempo versatilità necessaria a supportare le aziende a seconda dei mutati fabbisogni, restando sempre al passo con il mercato di riferimento. A questo si aggiungono valori come la semplicità di utilizzo e di fruizione dell’informazione da parte dell’utente. Sono aspetti sui quali sempre di più investiremo perfezionando tecnologie di collaborazione che consentono già oggi un accesso ad informazioni interne ed esterne all’azienda a tal punto profilato da richiedere l’intervento dei responsabili di processo solo per gli aspetti decisionali o per le eccezioni. D’altronde automatizzare, a favore di una sempre minore operatività e di una sempre maggiore libertà decisionale dell’uomo, è quello che per definizione la tecnologia fa da molto tempo prima che gli ERP comparissero. L’innovazione tecnologica per il Gruppo Eurosystem Sistemarca. Mai come oggi il senso dell’innovazione tecnologica potrebbe essere rappresentato con la metafora di una nave che traghetta verso il futuro. Chi deciderà di non salire a bordo, perderà in forza competitiva e difficilmente sarà in grado di affrontare le volubili onde del mercato. Noi cerchiamo di fornire alle aziende la nave più solida e snella possibile, optando per la costruzione di fondamenta tecnologiche complesse a vantaggio di una migliore e più chiara navigabilità. Infine, alla guida della nostra nave, la creatività italiana e lo slancio verso soluzioni che abbraccino la pluralità e peculiarità del nostro mercato imprenditoriale, fatto da una miriade di realtà in continua evoluzione. 15
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MIGLIORARE L’OFFERTA IN ITALIA PER AIUTARE LE AZIENDE A INNOVARE Intervista all’amministratore delegato di CEFRIEL, Alfonso Fuggetta
Il dibattito sul binomio innovazione e impresa è sempre più aperto: l’innovazione non è più solo un valore aggiunto per l’implementazione del business, bensì un’imprescindibile necessità. Assieme al professor Fuggetta analizziamo la situazione italiana.
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Innovazione e business? Com’è la situazione in Italia? C’è paura?
L’ICT soprattutto in questi anni sta diventando, quindi, leva di business e crescita economica?
Nel Paese convivono situazioni differenti: ci sono aziende che stanno investendo consistentemente in innovazione, anche perché operanti in mercati internazionali. E nel contempo ce ne sono altre - spesso legate al mercato nazionale - che investono troppo poco. La discriminante è il mercato: chi lavora su una piazza internazionale, se si muove bene, non solo vede dei buoni ritorni economici, ma riceve anche importanti stimoli di sviluppo. Al contrario le aziende che si rivolgono in prevalenza al mercato nazionale patiscono perché la domanda interna attualmente è bassa, e ricevono meno pressioni sul fronte della competitività.
Per gli imprenditori innovare è vitale, altrimenti la competitività si riduce pesantemente. Anche esaminando le numerose statistiche a disposizione sembra ormai consolidato il fatto che l’investimento in IT e ICT guidi lo sviluppo e si trasformi in crescita. Eppure, attualmente questo fattore non è compreso da tutte le aziende italiane nè trasformato in practices. Ancora troppe imprese del Paese o non hanno capito o non hanno ben digerito la necessità di investire in innovazione. È una questione “culturale”, ma a volte dipende da fattori strutturali: le piccole imprese familiari, di natura non informatica o tecnologica, piuttosto legate al made in Italy, fanno fatica a
organizzarsi. Altro problema è la debolezza dell’offerta interna. C’è un modo di dire negli Stati Uniti secondo il quale: “ogni azienda dovrebbe fare training del customer”, ovvero aiutare il cliente a “comprare” meglio. Cioè l’offerta deve avere un ruolo attivo che aiuta la domanda a svilupparsi.
incontri con
Politicamente e istituzionalmente c’è supporto alle aziende che vogliono investire in innovazione? Porto un esempio che testimonia la realtà italiana: gli incentivi legati agli ultimi provvedimenti legislativi varati dal Governo sembrano essere destinati solo per l’acquisto di macchinari. Ma per l’ICT non serve investire in macchinari o in conto capitale, piuttosto in consulenza, formazione, sviluppo software. In Italia si presta sempre più attenzione a quegli aspetti tradizionali dell’industria, perché individuabili e controllabili: capannoni, macchinari, attrezzature. Altrimenti, si procede per tamponare le emergenze: per far fronte all’attuale crisi del “bianco” sono stati predisposti incentivi per l’acquisto di lavatrici e frigoriferi. Siamo ancora vincolati alle logiche del “ciò che vedo” e dell’emergenza del momento, che difficilmente vengono innescate dal settore dell’ICT. Anni fa si parlò di un provvedimento a sostegno come il credito d’imposta per la ricerca e l’innovazione: ossia l’azienda che deve fare innovazione usufruisce di un credito d’imposta, risparmiando in tasse, relativamente agli investimenti interni o per i contratti affidati ai centri di ricerca. Questo procedimento non solo sostiene l’impresa, ma nel contempo stimola anche l’offerta di servizi innovativi. Alla fine, dopo tanto parlare, si è scelto di non fare niente. Siamo di fronte a una visione da old economy.
Alfonso Fuggetta
Nato a Milano, Alfonso Fuggetta è dal 2003 alla guida di CEFRIEL in qualità di direttore scientifico, carica a cui ha affiancato quella di amministratore delegato nel 2005 quando il centro da consorzio è stato trasformato in società consortile. Fuggetta è attualmente anche professore ordinario di Ingegneria del Software presso il Politecnico di Milano, faculty associate presso l’Institute for Software Research (ISR) della University of California, Irvine (UCI, USA), membro del Comitato ristretto su Ricerca e Innovazione di Confindustria e membro dell’Osservatorio Innovazione e Credito della Camera di Commercio di Milano.
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La sua visione sullo stato in essere dell’innovazione in Italia... Per fare innovazione bisogna agire su più aspetti: innanzitutto formare il capitale umano. Trovare il modo, quindi, di far crescere certe competenze o di facilitarne l’acquisizione dall’esterno. Inoltre, per sollecitare l’innovazione (di prodotto, servizio e processi) bisogna anche aiutare le aziende soprattutto quelle piccole - a investire nella via giusta. E il credito d’imposta poteva essere un grande sostegno in tal senso. Ad ogni modo entra in gioco la “cultura” e la lungimiranza dell’imprenditore. Il nostro centro ha realizzato un airbag per motociclisti per una nota azienda vicentina di abbigliamento sportivo. Quindi, un’azienda del made in Italy, che grazie alla tecnologia ha realizzato un prodotto leader nel settore dell’abbigliamento sportivo e dei sistemi di sicurezza per moto, facendo così innovazione di prodotto. Ma anche innovazione di servizio se si pensa che è stata realizzata sul motocilo un centralina digitale che può attivare un sistema di controllo remoto per l’assicurazione e una dotazione automatica di servizi di assistenza. Innovando, grazie all’ICT, il prodotto, si possono innovare i servizi e quindi i processi dell’impresa, anche nei settori tradizionali legati al manifatturiero. Il CEFRIEL come motore dell’innovazione. Quale l’obiettivo del centro e gli scenari futuri? Il centro nasce con l’obiettivo di fare da ponte tra il mondo della ricerca e le imprese: noi attingiamo al capitale di idee e
CEFRIEL CEFRIEL opera dal 1988 come centro di eccellenza per l’innovazione, la ricerca e la formazione nel settore dell’ICT (www.cefriel.it). Il centro integra e valorizza esperienze e competenze del mondo dell’università (Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Milano Bicocca, Università degli Studi dell’Insubria), della Regione Lombardia, e di 15 tra le più importanti aziende operanti in Italia nel settore ICT e dell’editoria multimediale. Le principali attività svolte dal centro sono la concezione e lo sviluppo di soluzioni innovative per imprese e pubblica amministrazione, la ricerca a livello nazionale ed europeo, i progetti di alta formazione executive.
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conoscenza dell’università per costruire soluzioni applicabili, sulla base dei requisiti e dei bisogni che le aziende ci segnalano. Siamo l’equivalente di una società di consulenza come struttura, ma con il funzionamento ispirato dalle competenze accademiche, autofinanziandoci con i lavori eseguiti. Facciamo progetti di innovazione di prodotto, servizio e processi per le imprese sfruttando l’ICT. Siete, quindi voi primo esempio di come l’ICT possa implementare il business... Certamente. Ad esempio per diverse imprese dell’editoria abbiamo progettato delle applicazione per il mondo mobile, di fatto aiutandole ad adottare l’ICT per far fronte alle nuove evoluzioni del mercato dell’editoria digitale. Inoltre, abbiamo lavorato con aziende aiutandole ad arricchire anche il loro prodotto tradizionale. In una certa maniera spesso siamo un completamento delle funzioni aziendali. Alla nascita, nell’88, il CEFRIEL lavorava prevalentemente con i settori ricerca e sviluppo di grandi aziende di ICT, formando i nuovi ricercatori e coadiuvando la realizzazione di progetti di sviluppo precompetitivo. Negli anni ’90 queste aziende sono in parte scomparse, in parte si sono trasformate in imprese prevalentemente commerciali. Nel frattempo è cresciuta a dismisura la ricerca di competenze nel settore ICT da parte di imprese non di settore. Allora, noi siamo diventati una sorta di partner di ricerca capace però di applicare l’innovazione in vari settori. I sistemi ERP e la visione imprenditoriale del business? I sistemi ERP sono diventati indispensabili come un tempo lo era il fax o oggi la posta elettronica. Un’azienda, se non ha un sistema gestionale, difficilmente sopravvive. Il mondo dell’offerta però deve confezionare quelle soluzioni che vadano bene alle diverse tipologie di azienda che sono sul mercato. Mentre le aziende devono mettersi nell’ottica che devono fare gli investimenti necessari in queste tecnologie.
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PENSARE CON LE MACCHINE!
D IGITALIZZARE DIGITALIZZARE
LA SCUOLA? STEFANO MORIGGI
Sì, ma priorità alla formazione e alla progettazione di nuovi spazi di apprendimento.
C’è ancora chi è convinto che per traghettare al digitale la scuola italiana sia sufficiente (e comunque prioritario) procedere all’acquisizione di dispositivi tecnologici. Per alcuni osservatori - per non dire di certi decisori politici - la modernizzazione e l’aggiornamento della didattica si compirebbe, appunto, investendo la gran parte delle esigue risorse disponibili in computer, tablet, video proiettori e lavagne interattive multimediali (LIM), lasciando poi ai singoli insegnanti e alle loro competenze digitali la responsabilità di integrare il valore aggiunto della tecnologia alle tradizionali lezioni frontali costruite e articolate (pressoché esclusivamente) attorno al supporto cartaceo del libro. E se invece l’acquisto dei device fosse, paradossalmente, l’ultimo dei problemi? Mi rendo conto che questa mia potrebbe persino suonare come una provocazione. Eppure, anche dando solo una rapida occhiata ad alcuni dati - da tempo di pubblico dominio - si potrebbe facilmente intuire l’impraticabilità e l’insensatezza di tutti quegli investimenti che, di fatto, tendono a ridurre il processo di transizione al digitale alla fornitura di 22
un corredo tecnologico da giustapporre sic et simpliciter a metodologie e logiche gutemberghiane. Ma procediamo per gradi, iniziando un percorso - di cui questo articolo costituisce solo la prima di tre tappe - che consenta di evidenziare, seppure per sommi capi, come la tecnologia potrà contribuire da più punti di vista a un’evoluzione degli stili di insegnamento; oltre che a incentivare (specie a livello universitario, ma non solo: le scuole professionali, per esempio, costituirebbero uno straordinario laboratorio di sperimentazione della didattica digitalmente aumentata, oltre che una preziosa risorsa da riqualificare!) lo sviluppo di quelle “competenze trasversali” funzionali ad agevolare le interazioni tra le nuove generazioni al termine del percorso formativo e il mondo delle imprese. Un primo aspetto problematico da tener presente per imbastire un progetto sensato di transizione al digitale dell’istituzione scolastica è rappresentato dal cosiddetto digital divide: secondo i dati ISTAT (2012) in Italia, l’accesso a internet di utenti con un’età superiore ai 45 anni è di poco superiore al 50 per cento,
mentre negli Stati Uniti la percentuale relativa alla stessa categoria di individui sale fino a sfiorare l’80 per cento. E il divario rispetto agli omologhi internauti a stelle e strisce aumenta ulteriormente se si considera invece la popolazione compresa tra i 55 e i 59 anni. Se, infatti, entro i nostri confini ci si ferma a un 42 per cento di utenti, negli USA invece si raggiunge il 74 per cento (più precisamente, la popolazione statunitense presa in esame va dai 50 ai 64 anni, Pew Internet, 2012). Basterebbero questi numeri per intuire l’urgenza di un intervento formativo che, però, come avremo modo di ribadire più avanti, non si riduca a banali corsi di aggiornamento sufficienti a trasmettere i rudimenti necessari per utilizzare in aula un proiettore elettronico o una lavagna multimediale. Tuttavia, con il preciso intento di palesare ulteriormente l’entità del gap che separa l’Italia dalla maggioranza dalla maggior parte dei paesi più evoluti (e gli insegnanti italiani dai loro studenti sempre più abituati a relazionarsi con la tecnologia e i suoi linguaggi), aggiungerò qualche altra considerazione che possa fornire una idea realistica del contesto a partire dal quale andrebbe pensata, in termini culturali, l’implementazione tecnologica degli approcci didattici. Molti addetti ai lavori, giustamente, insistono nel ricordare che negli ultimi due decenni sono mancati gli investimenti in infrastrutture - il che, come conseguenza, non ha consentito (in primis materialmente!) di impostare alcun tipo di politica scolastica orientata ad assimilare risorse e opportunità offerte dai nuovi media. Proprio in questa direzione, di recente, il professor Paolo Ferri docente di Teorie e tecniche dei nuovi media presso l’Università di Milano Bicocca - faceva notare che “attualmente, al di là di dichiarazioni di intenti più o meno promettenti, possiamo solo registrare la realizzazione di episodici e disomogenei interventi di formazione del personale insegnante e tecnico-
scenari amministrativo della scuola”. E, per portare un caso concreto, citava una ricerca condotta (2012) dall’Università Cattolica di Milano dalla quale si evince che in Italia: a) solo il 7% delle scuole può vantare una connessione a internet tale da abilitare una didattica tecnologicamente aumentata in ciascuna delle loro classi; b) la percentuale sale al 10,96 se si considerano le scuole in cui ci si connette alla rete esclusivamente in alcune aule o laboratori debitamente attrezzati; c) per quanto concerne gli istituti secondari, quelli interamente connessi raggiungono il 13%. Anche questi, effettivamente, sono numeri che dovrebbero far riflettere specie se si tiene conto che nel Regno Unito ormai il 100% delle scuole è in grado di assicurare una connessione sufficiente e affidabile in ogni aula. E soprattutto se si pensa che, secondo le stime indipendentemente realizzate dall’Università Bocconi e dal Politecnico di Milano, un investimento compreso tra i 7 e i 9 miliardi di euro sarebbe sufficiente per fornire la banda larga e i dispositivi necessari a tutte scuole pubbliche del paese con livelli di qualità pari a quelli d’Oltremanica. Tuttavia, è fondamentale ricordare - e Ferri lo sa bene - che la disattenzione al “problema-scuola” in Italia non si misura solo attraverso parametri economici. Maggiore rilievo (anche mediatico) meriterebbe, infatti, proprio quel dibattito - troppo spesso riservato a specialisti e addetti ai lavori - dal quale emerge in modo inequivocabile come lo sviluppo di nuovi modelli di didattica tecnologicamente aumentata possa realisticamente svilupparsi solo a condizione di riprogettare anche spazi e ruoli all’interno dell’ambiente scolastico.
Stefano Moriggi storico e filosofo della scienza Si occupa di teoria e modelli della razionalità, di fondamenti della probabilità, di pragmatismo americano con particolare attenzione al rapporto tra evoluzione culturale, semiotica e tecnologia. Già docente nelle università di Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular Medicine (SEMM), attualmente svolge attività di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e l’Università degli Studi di Bergamo. Esperto di comunicazione e didattica della scienza, è consulente scientifico Rai e su Rai 3 è uno dei volti della trasmissione “E se domani. Quando l’uomo immagina il futuro”. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: “Le tre bocche di Cerbero. Il caso di Triora. Le streghe prima di Loudon e Salem” (Bompiani, 2004); (con E. Sindoni) “Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto, Nulla, Zero” (Itaca 2004); con P. Giaretta e G. Federspil ha curato “Filosofia della Medicina” (Raffaello Cortina, 2008). Più recentemente (con G. Nicoletti) ha pubblicato “Perché la tecnologia ci rende umani. La carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali” (Sironi, 2009); (con A. Incorvaia) “School Rocks. La scuola spacca”, (San Paolo, 2011). 23
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E invece l’inconsapevolezza culturale dilagante, aggiunta a una diffidenza tanto diffusa quanto immotivata verso la tecnologia, ha portato il sistema dell’istruzione formale italiana a rivaleggiare - rispetto ai modi e ai tempi della digitalizzazione - con Grecia e Portogallo, che sono (non a caso!) i fanalini di coda delle classifiche europee dell’accesso a internet. Alle osservazioni di Ferri, pertanto, aggiungerei un dato ulteriore che il lettore dovrebbe incrociare con quelli già forniti qualche riga sopra, relativi al modesto accesso alla rete degli italiani ultra-cinquantenni: si tenga conto, infatti, che l’età media degli insegnanti del nostro paese è compresa tra i 54 e 56 anni. Non dovrebbe dunque sorprendere la scarsa alfabetizzazione tecnologica di molti di loro, come del resto le difficoltà che quotidianamente si trovano ad affrontare in aula per cercare di gestire quel digital divide che ci separa dai sistemi formativi dei paesi sviluppati. Ma, come accennavo, non si tratta solo di “digitalizzare i docenti”, proponendo loro corsi di aggiornamento informatico; quanto di analizzare e affrontare un ben più radicale slittamento di pratiche cognitive e di etiche condivise innescato dalla progressiva diffusione dei nuovi media. Più volte - anche dalle pagine di Logyn - mi è capitato di sottolineare quanto l’evoluzione delle macchine costituisca una prospettiva privilegiata per comprendere come e quanto l’essere umano, nella sua lunga storia, abbia tecnologicamente rimodellato modi, tempi e significati del suo “stare al mondo”: i nuovi media non fanno certo eccezione a tale complessità tipica rapporto tra soggetto, strumento e ambiente. E, se non altro per questa ragione, bisognerebbe dunque iniziare ad analizzare più approfonditamente le dinamiche attraverso cui le tecnologie della comunicazione digitale hanno contribuito all’affermazione tra le nuove generazioni (nate in contesti - le loro stesse case - digitalmente aumentati) di un modello di comunicazione educativa orientato alla partecipazione attiva degli studenti e alla condivisione degli obiettivi didattici. Come noto, già dal 2001- grazie a una fortunata definizione di Marc Prensky - si è iniziato a parlare di “nativi digitali” in riferimento a coorti di bambini e pre-adolescenti nati e cresciuti in presenza degli schermi interattivi. E nel 2008, alla luce di una pionieristica indagine del Becta (http://about.becta.org.uk/), si era già compreso che, “considerati nel loro insieme, gli effetti combinati della rivoluzione digitale e del Web 2.0 sui sistemi educativi si concretizzano in una radicale trasformazione che tende a riorientare i sistemi di istruzione/apprendimento verso una struttura didattica che privilegia un approccio centrato sullo studente”. Non vi è dubbio che l’avanzamento delle ricerche in materia abbia reso datata e insufficiente la definizione di Prensky, ma 24
il suo merito - come, del resto, quello dell’indagine Becta - è stato (e continua a essere) di avere intuito (insieme ad altri) la mutazione antropologica in corso; ovvero - lo ribadisco l’emergenza di inediti stili cognitivi a fronte dei quali sarebbe stato necessario già da tempo un profondo ripensamento delle strategie e degli strumenti didattici utilizzabili dentro e fuori dall’aula scolastica. E’ scontato dire che le macchine servano nella cosiddetta “Scuola 2.0”, ma ritenere che la transizione al digitale consista nell’acquisire tecnologia, trascurando 1) la formazione dei docenti e - come si vedrà tra poco - 2) la riprogettazione dello spazio didattico è sintomo di una preoccupante incomprensione del fenomeno in questione. Comprendere le logiche di fondo, e dunque i nuovi abiti concettuali propri dell’ontologia sociale determinata dai media digitali, implica e impone, infatti, anche una riflessione su come debba cambiare un ambiente al fine di ospitare le nuove strategie didattiche in grado di intercettare gli stili di apprendimento dei nativi digitali. La tendenza a imparare ricercando ed esplorando, la consuetudine a una comunicazione multicodicale (testo, video, audio, ecc.), la accentuata indole cooperativa e molte altre caratteristiche individuate come prerogative distintive di queste nuove generazioni (oltre a quelle sopra ricordate) non possono più convivere con una istruzione erogata in classi tradizionali, tramite lezioni frontali incentrate sull’autorità del testo e su nozioni da assimilare individualmente per “assorbimento”. La “rivoluzione in aula” potrà dunque cominciare davvero solo quando l’introduzione della tecnologia verrà accompagnata da un progetto che sappia “spazializzare” le dinamiche e le caratteristiche pratiche e concettuali delle nuove forme di interazione, collaborazione e apprendimento. Realizzare queste idee implica pertanto la progressiva evoluzione delle aule “storiche” in spazi (reali e virtuali) simili a laboratori, in grado di stimolare gli alunni a trasformarsi in “piccoli ricercatori”. Esistono diversi modelli - e se ne parlerà più diffusamente nella prossima rubrica - per tradurre in atto questa urgenza, ma tutti condividono la necessità di incentivare una didattica (inter)attiva e partecipata, funzionale anche a sviluppare abilità critiche e capacità di analisi difficilmente ottenibili in assenza di un progetto di insieme in grado di cogliere e affrontare, al di fuori di ogni ideologia politica o pedagogica, la complessità e l’importanza della posta in gioco. Suscitare interesse e attenzione sui temi qui solo accennati credo sia il dovere di quanti ritengano che il futuro di un paese inizi a prendere forma proprio nelle aule delle proprie scuole.
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“Sistemi Erp e gestione della complessità: casi di aziende italiane in crescita” Severino Meregalli spiega come i sistemi ERP sostengono le imprese.
Grazie all’esempio di alcuni casi peculiari e di successo del panorama nazionale, il libro racconta come le imprese - soprattutto PMI - per restare oggi nei mercati debbano saper gestire le complessità aziendali, e riconoscere quali strumenti possano essere un fondamentale “alimento” per restare in competitività. I sistemi informativi integrati - come gli ERP - portano un reale contributo alle aziende, anche se con ritorni non facilmente misurabili.
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Professor Meregalli, come mai un libro sui sistemi ERP? Questo lavoro fa seguito a una ricerca svolta da Sda Bocconi dedicata al valore dei sistemi informativi nella gestione delle complessità aziendali. Eppure non vuole essere un’introduzione descrittiva dei sistemi ERP nelle aziende, quanto piuttosto un ragionamento a tuttotondo sugli aspetti meno considerati quando si è in procinto di decidere l’investimento da effettuare. L’idea della ricerca era verificare la coerenza tra i livelli di complessità che le aziende oggi affrontano per rimanere in economicità e l’offerta dei sistemi ERP. Volevamo sintetizzare con casi reali, e non solo con un inquadramento statistico, le buone motivazioni per investire su queste tecnologie. I sistemi informativi hanno operato un cambiamento culturale? Quale? Sicuramente si può parlare di cambiamento culturale, almeno su due fronti. La comparsa dei sistemi ERP ha avuto un impatto su quelle realtà che si occupano di tecnologie diffondendo una cultura di processo e una logica di funzionamento dei sistemi che prima non esistevano perché le tecnologie sviluppate erano quasi sempre il risultato di attività svolte “in casa” e meno strutturate. Ma il cambiamento più forte lo hanno portato sul fronte del management, in termini positivi, perché sono un buon vettore di nuove tecniche di gestione aziendale. Nei sistemi ERP sono spesso cablate delle logiche di management che in qualche caso non sono ben padroneggiate nemmeno dalle imprese, e quindi hanno contribuito alla diffusione della cultura manageriale. Come hanno risposto le aziende italiane a questo tipo di tecnologia rispetto a quelle europee? Nel libro non abbiamo fatto ricerche comparative, ma in
scenari diversi altri studi si riscontra un certo gap tra l’Italia e l’Europa, anche se vanno fatte delle valutazioni. A prima vista può sembrare vero che gli imprenditori italiani abbiano adottato questi sistemi in ritardo, ma a ben vedere è il nostro sistema industriale, strutturalmente manifatturiero, ad aver condizionato l’introduzione dell’IT che, in questo contesto, non è tipicamente una risorsa strategica ed imprescindibile. In molti casi i nostri imprenditori non sono così “arretrati”, hanno semplicemente fatto delle scelte di investimento in altri filoni, non ritenendo l’IT così critica per l’ottenimento di buoni risultati economici. Nell’introduzione al suo libro si parla di falsi luoghi comuni attorno ai sistemi ERP: è un problema culturale delle aziende? Non è un problema culturale delle aziende nel senso che, al di là dell’utilizzo della parola “cultura”, esiste dietro una realtà molto più semplice, ossia la mancanza di formazione. Non sempre si possono acquisire certi elementi nell’humus culturale in cui si opera, ma bisogna fare apposita formazione anche fuori dal proprio contesto. E quando manca la preparazione su certi argomenti si usa la scorciatoia del luogo comune: allora, quando si dice che si ha bisogno di flessibilità spesso si nasconde la non volontà di gestire le aziende con metodo e processi ben strutturati. A questo si aggiunge una lista molto lunga di luoghi comuni, come quello che i nostri imprenditori siano refrattari all’IT: sono piuttosto refrattari a fare investimenti che non generano valore e a volte è difficile per le aziende manifatturiere generare valore attraverso i sistemi informativi. Infine, non è poi vero che le PMI abbiano esigenze ridotte o semplificate rispetto a quelle grandi: spesso hanno bisogni persino più sofisticati.
Severino Meregalli
Severino Meregalli è responsabile della Management Information Systems Unit di SDA Bocconi School of Management. È stato Visitng Scholar presso la Carlson School of Management di Minneapolis, USA. È professore a contratto di Sistemi informativi presso l’Università Bocconi. 27
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Ci sono case history significativi di come i sistemi ERP abbiano portato una grande trasformazione aziendale? Sì, ci sono dei casi significativi. In questa ricerca abbiamo scelto di utilizzare dei case history specifici, studiati con lo stesso metodo, piuttosto che un metodo campionario. Sono tutte aziende in crescita che hanno affrontato una specifica complessità grazie all’utilizzo di un ERP che ha saputo adattarsi alle evoluzioni dell’azienda stessa. Non ci siamo concentrati sulle caratteristiche tecniche della piattaforma ma sui fabbisogni che l’azienda ha riscontrato per rimanere sul mercato. Abbiamo declinato il termine “complessità” in una serie di condizioni operative all’origine di questo stato come il mercato, il tipo di crescita, gli elementi manageriali - e in ognuna delle aziende analizzate abbiamo verificato se l’adozione di un ERP ha dato un contributo all’economicità, cioè ha permesso di gestire la complessità. Quali sono oggi le situazioni di complessità che le aziende italiane si trovano a gestire e in che modo un ERP può portare soluzioni di successo? Nel libro abbiamo identificato un elenco di vettori di complessità, per citarne alcuni: assetto proprietario, manageriale, societario, e in particolare, la gestione dell’internazionalizzazione sia dei mercati di sbocco, che dei sistemi produttivi. Infatti, uno dei fattori comuni a tutte le aziende analizzate, da una catena di franchising nel settore della profumeria ad aziende manifatturiere, è che hanno tutte gestito con successo più dimensioni di complessità in parallelo. Che non vuol dire necessariamente andare all’estero ma anche avere un capitale costituito da fondi di investimento inglesi, o adottare sistemi di controllo dei costi sofisticati.
L’internazionalizzazione è un esempio pratico in cui l’adozione di un ERP ha reso possibile per le PMI la gestione di una dimensione molto complessa come l’operare in un mercato internazionale. In un periodo di crisi come l’attuale i sistemi informativi integrati possono essere una leva di business? Se si, in che modo? Il semplice fatto di far funzionare bene e tutti i giorni i sistemi informativi di un’azienda è già di per sè un contributo non banale al business. In Italia ci sono delle aziende, per la maggior parte manifatturiere e perlopiù nel settore della distribuzione, dove è difficile che si generi un valore diretto attraverso l’impiego dell’IT, che rimane fondamentale ma non il meccanismo con il quale si riesce a mettere in pareggio i bilanci. Oggi non abbiamo nulla che in maniera scientifica riesca a dimostrare con esattezza il ritorno economico degli investimenti ICT. In molti casi non è sul conto economico che si trova il razionale più forte, ma sullo stato patrimoniale. Il valore di queste soluzioni applicative va però definito e misurato sistematicamente, non basandosi solo sul ritorno economico. Infine, un commento sulla situazione italiana... Ad oggi abbiamo un Paese a due velocità: una parte più “sana” che sta crescendo e persino aumentando l’investimento in IT e una parte - quella perlopiù di piccole e medie aziende - in crisi e pertanto con investimenti in riduzione.
Dalla Quarta di copertina del libro “... La variabile dimensionale non rappresenta, infatti, l’elemento su cui valutare l’adeguatezza di un sistema ERP rispetto all’azienda. Come emerge dalla lettura dei sette casi raccolti nel volume, la variabile da considerare per valutare l’adeguatezza di un sistema ERP alle caratteristiche aziendali è la complessità che l’impresa si trova ad affrontare. La complessità dipende da diversi fattori, che rendono difficilmente anticipabili le sfide che il management dovrà affrontare in futuro. I casi analizzati dimostrano come sia proprio la difficoltà ad anticipare le esigenze future e a spostare l’attenzione dei vertici aziendali su sistemi idonei a supportare livelli crescenti di gestione, in modo da sfruttarne il potenziale per crescere sia in termini di visione strategica, sia in termini di capacità di operare”. 28
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SETTEMBRE SETTEMBRE 2013 2013
PwC: PROGETTI ERP PER LA BUSINESS TRANSFORMATION Intervista a Silvio Varagnolo e Biagio Cocciola, area Technology PwC
Hanno rivoluzionato la gestione del business, agevolando il passaggio da una logica di efficienza dipartimentale a una di ottimizzazione globale dei processi. Oggi i progetti ERP (Enterprise Resource Planning) sono promotori di una trasformazione che riguarda l’intero business dell’azienda e che ha come obiettivo la gestione della complessità attraverso la standardizzazione, l’integrazione, la semplificazione dei processi, e la centralizzazione dell’informazione. La visione è quella di uno dei più grandi provider di servizi professionali PwC.
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incontri con
Quando nascono i primi sistemi ERP? I sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) fecero la loro comparsa agli inizi degli anni ’90 e vennero sperimentati per la prima volta nelle grandi imprese. All’origine di questi software l’evoluzione di sistemi di gestione, già esistenti, ma dedicati essenzialmente all’area produzione. Con i sistemi ERP si introduceva, invece, un concetto nuovo di integrazione che permetteva, con uno strumento unico, di dare continuità all’intero business aziendale. Molti vendor svilupparono via via moduli come contabilità, manutenzione, gestione risorse umane, aggregandoli con quelli della logistica e della produzione. Ed entro la metà degli anni ’90 i sistemi ERP consentivano di gestire tutte le funzioni di base di un’azienda. Negli anni questi prodotti sono stati perfezionati e resi più accessibili nei costi anche alle PMI così che, dopo le grandi multinazionali, anche queste cominciarono ad adottarli. Per far fronte a quali problematicità? Le prime a dotarsi di un sistema ERP, le grandi multinazionali, cercavano in questi nuovi software un supporto per gestire
diversi aspetti di complessità aziendale, in primis: la transizione da una logica dipartimentale o per funzioni (localmente ottimizzata) ad una logica per processi (globalmente ottimizzata); la gestione contemporanea di più aziende, più lingue, più valute, più utenti, più divisioni, più stabilimenti, più magazzini; la maggiore esigenza informatica dell’impresa; e il bisogno di operare su una base dati integrata e univoca. Com’era la cultura aziendale prima della nascita dei sistemi ERP? Prima dell’introduzione degli ERP la cultura aziendale si rifletteva nell’organizzazione per dipartimenti il cui obiettivo era sviluppare la performance delle diverse funzioni aziendali come fossero in silos. Questa logica consentiva di raggiungere elevati livelli di efficienza all’interno delle singole funzioni, ma non teneva conto delle “interdipendenze” tra esse: venivano di fatto ottimizzate le attività svolte dalle singole risorse senza mai raggiungere un’ottimizzazione globale dei processi. Con i sistemi ERP le procedure dipartimentali sequenzializzate venivano aggregate all’interno di un sistema unico e totalmente integrato. 31
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Qual è la filosofia sottesa ai sistemi ERP? E i valori culturali? La filosofia sottesa ai sistemi ERP è la creazione di uno strumento standard che, attraverso un’attività di configurazione, possa soddisfare le esigenze di società operanti in contesti e mercati differenti. Questo paradigma sostituì il precedente, che prevedeva lo sviluppo di software ad hoc realizzati secondo le specifiche esigenze di ciascuna azienda. L’ERP porta con sé numerosi valori quali la visibilità centralizzata delle informazioni (è possibile monitorare puntualmente i livelli di inventario, le spedizioni, gli ordini ricevuti, le fatture non saldate, etc.), la standardizzazione (il sistema funge da supporto ai processi disegnati garantendo che questi si svolgano come previsto), e la semplificazione (evitando la duplicazione delle informazioni, e lo svolgimento di attività non a valore aggiunto, l’impiego di processi inefficienti, etc.). Si tratta di una tecnologia che avvantaggia l’internazionalizzazione? I sistemi ERP consentono di impiegare diverse leve per agevolare il processo di internazionalizzazione. La prima è la standardizzazione ed il disegno di processi condivisi che consente ad un gruppo di adottare un unico modus operandi. Poi, la possibilità di standardizzare i processi logistici e di condurre valutazioni di costo che consentono di ottimizzare
il proprio assetto operativo. Infine, la scalabilità e la gestione di diverse localizzazioni che consentono di eliminare i vincoli e le difficoltà come la gestione di lingue, valute e sistemi di tassazioni differenti. Tecnologia e strategie di sviluppo aziendale: quale il collegamento culturale? La tecnologia può dare un forte impulso allo sviluppo di un’azienda e costituirne anche un solido vantaggio competitivo. Dalla nostra esperienza, questo secondo caso ha origine quando viene condotta un’attenta attività di pianificazione delle tecnologie aziendali volta a snellire la mappa applicativa, definendo sinergie e ottimizzazioni tra legacy system di differente piattaforma software. Questa è una delle attività più importanti in un percorso di trasformazione e cambiamento culturale. Che tipo di investimento serve per avere un buon ERP? Spesso si pensa che i costi di un ERP siano solamente i costi di start-up, ovvero i costi legati ad hardware, licenze, servizi della system integration, etc. Invece, secondo una logica di Total Cost of Ownership, i progetti ERP hanno costi che vanno ben oltre l’implementazione e sono legati all’efficienza ed efficacia dei nuovi processi, al tasso di adozione della nuova tecnologia. Pertanto, valutando un progetto ERP, è importante considerare tutti i costi legati alla trasformazione del business, a livello sia organizzativo sia tecnologico, e collegarli ai benefici ottenibili dalla nuova architettura durante il suo intero ciclo di vita. Che tipo di evoluzione organizzativa serve per valorizzare la tecnologia ERP? L’evoluzione organizzativa che un progetto ERP mette in atto è specifica per ciascuna realtà aziendale ma parte sempre da un forte commitment del management o della proprietà, che devono tracciare le linee guida e valutare eventuali opzioni strategiche e operative. Un altro aspetto cruciale è rappresentato dal coinvolgimento di figure interne all’azienda (process-owners) che conoscano i processi aziendali e partecipino attivamente al disegno e alla costruzione del nuovo modello.
Silvio Varagnolo Technology Leader di PricewaterhouseCoopers Advisory Spa
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Silvio A. Varagnolo, dal 2000 è Partner in PwC, attualmente ricopre il ruolo di Technology Leader di PricewaterhouseCoopers Advisory Spa per l’Italia e di responsabile del Middle Market per il Nord Est Italia.
ERP e PMI: la complessità gestionale per le piccole e medie imprese I progetti ERP nelle PMI non sono necessariamente più semplici rispetto a quelli condotti nelle grandi aziende, questo perché la complessità è un vincolo da gestire in tutti i progetti di revisione del sistema informativo. La differenza sta nel fatto che nelle grandi aziende esiste un’organizzazione o una capacità di spesa
Incontri con orientata alla gestione del cambiamento, nelle PMI no. L’apporto della società di consulenza: quale il valore aggiunto? La società di consulenza ha un ruolo fondamentale durante l’implementazione dei progetti ERP: non si tratta, infatti, solo di evoluzioni tecnologiche, ma di una vera e propria “business transformation”, che deve essere opportunamente gestita per arrivare ai benefici attesi. Spesso l’assenza di una società di consulenza, che accompagni l’azienda nel processo di cambiamento, può essere uno dei motivi del fallimento dell’iniziativa. Aspetti cruciali nel percorso di scelta e adozione di strumenti ERP, tipicamente realizzati da società di consulenza, sono le fasi di: Process Design, ossia ridisegno dei processi di business, in ottica di standardizzazione e semplificazione, per cogliere appieno i vantaggi della successiva introduzione di un sistema ERP integrato; quella di Change Management, per coinvolgere gli utenti nel processo di cambiamento culturale e assicurare l’adozione della nuova soluzione da parte di tutti gli attori coinvolti nel progetto e dell’intera organizzazione aziendale; il Project Management, per coordinare il coinvolgimento delle diverse risorse, garantendo il raggiungimento degli obiettivi qualitativi, temporali e di costo; infine, il Ruolo di Advisory per fornire al cliente non solo un supporto metodologico ma anche di accompagnamento, identificandone gli impatti a livello di business organizzativo e tecnologico, e proponendo le opportune azioni.
strumenti in loro dotazione non sono sufficienti a gestire il loro business. Inoltre, dovrebbero avere la padronanza dei propri processi aziendali e la vision del business futuro. Con questa consapevolezza si procede nella scelta oculata dei propri partner, perché saranno loro ad accompagnarli nei cicli di vita del prodotto acquistato. Qual è lo scenario evolutivo degli ERP in generale? E per le PMI? Le evoluzioni indotte dalla “digital transformation” hanno ormai raggiunto tutti gli aspetti legati al business, ed in particolare quelli dell’Information Technology. Lo scenario che si presenta oggi è costellato da nuove frontiere dall’alto contenuto innovativo: Mobile, Social CRM, Social Collaboration, On Demand e In Memory sono solo alcune delle tematiche che stanno rivoluzionando il mondo delle applicazioni gestionali. Un altro tema molto dibattuto è quello relativo al ricorso a “business suite” che coprano tutti i processi aziendali, o a soluzioni “best of breeds” in cui potrebbe venir integrato un ERP Light, come backbone dell’architettura informativa, ad un software altamente specializzato - extended ERP - per supportare macro-processi ad alto contenuto critico per l’azienda (e.g. Software PLM, CRM, BPM, etc.).
Quali evidenze ed esigenze aziendali emergono in fase di “software selection”? Il processo di “software e partner selection” è delicato, perché molte volte il cliente non sa chiaramente se ha bisogno di un nuovo strumento oppure no. Ecco che noi interveniamo per far capire all’acquirente se ha effettiva necessità di dotarsi di un sistema di gestione. A volte devono solo implementare il prodotto che già hanno, ma che non viene sfruttato adeguatamente. È un percorso che costruiamo assieme al cliente, che non sempre va oltre alla propria realtà e manca di vision complessiva. Quindi accompagniamo l’azienda ad analizzare i processi quotidiani, che possono avere distorsioni, e indichiamo quali potrebbero essere le eventuali revisioni. Tutto questo per raggiungere un modello operativo che espliciti i requisiti di business. Quando i requisiti sono chiari, identifichiamo quali prodotti possono meglio soddisfare quanto richiesto dall’azienda. Esistono indirizzi di sintesi da fornire alle aziende in procinto di valutare un progetto ERP? Innanzitutto i clienti devono avere già la consapevolezza che gli
Biagio Cocciola Enterprise Application Leader di PricewaterhouseCoopers Advisory Spa Biagio Cocciola, dall’inizio del 2012 è director in PricewaterhouseCoopers Advisory Spa con la responsabilità della practice ERP Technology per l’Italia. 33
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PwC: intervista a Massimo dal Lago, sede di Verona PwC è un network globale e integrato che fornisce servizi professionali di revisione, advisory, oltre che legali e fiscali. In Italia l’organizzazione opera con una struttura capillare che integra competenze altamente specializzate per offrire al cliente soluzioni complete e di eccellenza. Massimo Dal Lago, Responsabile PwC sede di Verona, ci spiega come. Quando è nata PwC?
Il contesto in cui opera PwC
PwC nasce nel 1998 dalla fusione delle aziende Price Waterhouse e Coopers & Lybrand al fine di ottenere le economie di scala necessarie ad una ulteriore crescita. Entrambe le società hanno origine nella seconda metà dell’800, in Inghilterra la prima, e negli Stati Uniti la seconda. Le nostre radici, quindi, affondano in un passato lontano. In Italia siamo presenti dalla metà del ‘900 con sedi principali a Milano e presidi in 21 città, organizzati territorialmente in quattro aree: nord ovest, nord est, area centrale e API. Siamo circa 3.100 professionisti, di cui 135 soci: il più grande provider di servizi multidisciplinari professionali per aziende.
Il nostro contesto è internazionale: siamo presenti in 158 Paesi nel mondo, con una forza lavoro di circa 180mila professionisti. Di conseguenza, anche la nostra visione e area di interesse è il mondo, ma manteniamo sempre un occhio attento ai territori che presidiamo. E se un cliente italiano ha bisogno di un supporto in un Paese estero può trovarlo attraverso la nostra rete internazionale: un valore importante nel contesto odierno con la necessità di internazionalizzazione che hanno le imprese. Possiamo dire che, in tutti i Paesi in cui siamo presenti, i nostri uffici lavorano con gli stessi standard qualitativi.
Con quali obiettivi e valori? Il nostro obiettivo principale è quello di creare valore per i nostri clienti attraverso l’eccellenza dei servizi erogati. All’interno del nostro network c’è un grande controllo sulla qualità. Abbiamo tre grandi ricchezze: le persone che lavorano con noi, i clienti, e il nostro brand. Tutte le nostre azioni si sviluppano a partire da qui: sviluppo delle risorse umane attraverso la formazione, rispetto per i collaboratori e per i clienti e anche per il nostro brand.
Massimo Dal Lago Responsabile sede PwC Verona Massimo Dal Lago, in PwC dal 1991 e Partner dal 2003, è attualmente responsabile della sede di Verona.
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Come sono cambiati nel tempo, invece, la cultura e i valori del contesto di riferimento di PwC? Negli ultimi anni, con il periodo di crisi, le aziende hanno avuto bisogno di evolversi in maniera molto rapida: tutte le eccellenze interne devono essere sfruttate al massimo e saper intercettare eccellenze all’esterno. Oggi c’è un nuovo modo di fare business rispetto al passato, e chi non è eccellente e innovativo non sopravvive. Infatti, anche le richieste dei clienti sono mutate, soprattutto per la necessità di internazionalizzare. Fare business in Paesi lontani, anche culturalmente, richiede consulenti che conoscono quelle realtà. Noi facciamo consulenza alle grandi aziende come alle PMI, solo con esigenze e approcci differenti. E trattiamo tutti i nostri clienti alla stessa maniera. PwC di fronte alla crisi e al bisogno di innovazione nel mondo delle imprese. Oggi le aziende vivono la competizione, non solo a livello di mercato, ma anche di accesso al credito. Ad esempio, una PMI che richiede un supporto per redigere un bilancio certificato presuppone che l’azienda abbia la volontà di presentarsi in maniera trasparente verso l’esterno. Quindi, il nostro lavoro di verifica e revisione per la stesura di un bilancio certificato deve sostenere l’azienda anche in questa spinta di trasparenza finalizzata all’acquisizione di credito da investire in innovazione.
incontri con
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TECNOLOGIA GESTIONALE PER LA CRESCITA Torrefazione Portioli Spa
Da un bar di degustazione munito di una semplice tostatrice all’azienda di qualità con più sedi e un mercato internazionale: con Torrefazione Portioli Spa si racconta la storia di una piccola eccellenza italiana che, in poco più di mezzo secolo, si è saputa trasformare in un Gruppo strutturato, puntando sulla tecnologia come leva di sviluppo.
Avere lungimiranza per cogliere i cambiamenti del mercato, cavalcarli per evolversi, e allo stesso tempo conservare il legame con la tradizione e la conduzione familiare come tratto distintivo. È la storia del Gruppo Portioli, torrefazione milanese che dal 1958 dedica tutto il suo impegno e le sue risorse a un unico scopo: offrire al canale commerciale ho.re.ca. (riferito al settore della bevanda e della ristorazione) le migliori miscele di caffè e tutto quanto ruota attorno al mondo dell’espresso in termini di prodotti e servizi. È proprio questa la mission dell’azienda: continua ricerca, innovazione tecnologica, e introduzione di nuovi prodotti, progetti e servizi che soddisfino i clienti e le esigenze del mercato. Oggi l’offerta Portioli, che 36
viene presentata al pubblico sia attraverso concessionari specializzati che con il metodo della tentata vendita, affianca alle diverse qualità di miscele una varietà di articoli commercializzati (dolci, bevande, specialità) per arricchire il momento della pausa al bar e un’ampia gamma di articoli promozionali (porcellane, vetri, linea di abbigliamento) per personalizzare il locale con lo stile distintivo della torrefazione. A supporto della sua evoluzione la visione aperta e orientata al futuro della direzione, che ha deciso di rinnovare il sistema informativo aziendale introducendo un software ERP (Enterprise Resource Planning) per aumentare l’efficienza organizzativa attuale e preparare l’impresa alle trasformazioni future.
stories
Proprio negli ultimi anni il Gruppo Portioli è stato caratterizzato da una forte crescita, sia in Italia che all’estero, che ha reso necessario un aumento dell’organico e degli spazi a disposizione portando all’apertura di una seconda sede. “La crescita - commenta Mattia Portioli, titolare dell’azienda ha inevitabilmente aumentato la quantità di interazioni sia interne, tra i dipendenti, che esterne con i differenti mercati; per tale ragione è sorta l’esigenza di adottare una piattaforma gestionale più completa e affidabile che riuscisse a riunire, organizzare e rendere più fluido il lavoro tra i vari settori aziendali dislocati nelle due diverse sedi. La partnership con Eurosystem è stata fondamentale per gestire il passaggio dal vecchio al nuovo sistema informativo e, con questa collaborazione, è stato introdotto il nuovo ERP Freeway® Skyline per rendere più ricettive, razionalizzate e controllate tutte le attività nelle differenti fasi di lavoro”. Prima di implementare Freeway® Skyline Torrefazione Portioli affiancava all’uso di un sistema gestionale alcune applicazioni, tra cui programmi excel e word, con le quali gestiva la consultazione e la condivisione dei dati. L’utilizzo di supporti per lo più cartacei per lo svolgimento delle prinicpali
attività e per l’archiviazione delle informazioni era causa di rallentamenti tali che anche le operazioni più comuni, come la ricerca o modifica di un documento, potevano risultare lunghe e complesse. Il cambiamento determinante è stato il passaggio dall’uso di strumenti di produttività individuale a quello di un sistema integrato al cui interno sono stati codificati tutti i principali processi di business e sono stati resi disponibili e consultabili, con i vari permessi, i dati e i documenti aziendali inerenti. L’azienda, che in precedenza non aveva accesso diretto al proprio database, con Eurosystem è tornata ad essere nuovamente proprietaria delle proprie informazioni, con l’obiettivo di diminuire la dipendenza dalle persone e aumentare l’autonomia della proprietà nell’estrazione di dati e statistcihe sull’andamento economico. Prima un’analisi per funzioni e poi una per processi, insieme alle linee guida della direzione, hanno consentito ad Eurosystem di tracciare i processi core di Portioli e di inquadrarli all’interno di tutta l’organizzazione per fare emergere i ruoli degli utenti, non solo nei propri uffici, ma in un contesto più alto e nell’ottica di comprendere le ricadute della propria attività su quella degli altri. L’analisi BPM (Business Process Management) 37
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ha consentito in alcuni casi di modificare le mansioni dei dipendenti e tarare nuovamente alcune funzioni al fine di arrivare a flussi lavorativi razionalizzati e ottimizzati. La soluzione Freeway® Skyline è stata adottata in tutte le aree aziendali e l’approccio metodologico di Eurosystem ha permesso la codifica e l’automazione nel sistema di tutti i principali processi dell’organizzazione: dalla produzione al magazzino, all’amministrazione, agli acquisti e alle vendite, con l’inserimento della funzionalità di gestione della tentata vendita da una parte e la creazione di un portale dedicato agli ordini di acquisto inoltrati dai concessionari dall’altra. Tutte le attività vengono gestite attraverso un portale web, pensato e ingegnerizzato appositamente per le aziende di caffè e profilato per ruolo utente, che permette di visualizzare lo stato delle operazioni nei vari dipartimenti, tutte le informazioni inerenti, e la documentazione allegata digitalizzata e archiviata attraverso il servizio FDS (Freeway® Document Server). In particolare il processo produttivo, che ha inizio con delle dichiarazioni di produzione, è stato automatizzato dalla fase di acquisto del caffè crudo fino all’insilamento e al confezionamento. Dal monitor della produzione vengono visualizzate per mese/articolo le quantità da produrre sulla base di un piano master di previsione vendita che ha tre funzioni: monitorare mensilmente la quantità teorica da produrre, verificare quella effettivamente ordinata dai vari concessionari, dare indicazioni alla produzione sulle quantità finali da generare. Inoltre, grazie all’introduzione di Freeway® Skyline, gli operatori preposti hanno la possibilità di consultare tutte le informazioni relative ai movimenti giornalieri di produzione: di carico silos e scarico caffè crudo, di carico 38
miscele, di carico del prodotto confezionato. E possono gestire il lotto sia nel ciclo produtttivo che in quello della vendita, riuscendo a verificare in ogni momento la sua tracciabilità, aspetto fondamentale per un’azienda che opera nel settore alimentare. Relativamente ai processi dell’area vendite, è stato realizzato un portale per l’acquisizione on line degli ordini di acquisto da parte dei concessionari: grazie alla tecnologia FPS (Freeway® Presentation Server) Portioli può usufruire di un canale di comunicazione preferenziale tra l’azienda e i suoi concessionari, attraverso il quale questi ultimi possono inserire i vari ordini di fornitura merce, accedere alla newsletter del Gruppo, monitorare lo stato di evasione dei propri ordini, accedere all’area download per materiali tecnici e commerciali, consultare lo storico degli ordini e le garanzia delle macchine in comodato d’uso. Nell’ambito della tentata vendita, invece, il terminale mobile utilizzato è stato aggiornato con una nuova versione del software e sono state automatizzate le attività di carico - scarico del terminale evitando il più possibile l’intervento manuale da parte dell’utente. Tecnologia gestionale, dunque, per migliorare l’efficienza del business e agevolare strategie e operatività finalizzate alla crescita aziendale. “Con l’obiettivo - conclude Mattia Portioli di rendere più fluidi e veloci i rapporti tra i vari reparti e settori, facilitare la collaborazione e l’interconnessione tra di essi, ottimizzando così costi e risorse”.
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Veeam presenta la versione v7 del software Veeam Backup & Replication La nuova versione porta la Modern Data ProtectionTM ad un livello superiore con l’accelerazione WAN integrata e il backup da snapshot storage
v7
Veeam Software - fornitore di soluzioni di backup, replica e gestione degli ambienti virtualizzati Vmware vSphere e Windows Server Hyper-V - ha annunciato il rilascio di Veeam Backup & Replication v7. Peculiarità della nuova versione sono l’accelerazione WAN integrata, che consente di copiare i dati su location remote fino a 50 volte più velocemente rispetto a quanto avviene con l’utilizzo di una normale copia di file, e il Vmware backup da snapshot storage, sviluppato in partnership con HP, che consente di migliorare sensibilmente il Recovery Point Objective (RPO), riducendo al contempo la pressione sull’infrastruttura virtuale. Secondo la visone di Ratmir Timashev, President e CEO di Veeam Software, “Con quest’ultima versione del nostro software principale stiamo introducendo importanti novità sul mercato, grazie all’aggiunta di funzionalità che i nostri competitor mettono a disposizione a prezzi elevati e come componenti separate. Inoltre elimina gli ostacoli ai backup offsite grazie all’accelerazione WAN integrata e permette di sfruttare appieno il potenziale della data protection per l’infrastruttura virtuale, con l’intento di rispondere pienamente alle esigenze di ciascuna azienda”. Con l’avvento della v7, oltre alle versioni Free, Standard ed Enterprise sarà offerta ai clienti la Enterprise Plus Edition che include appunto l’accelerazione WAN e il nuovo metodo
di backup -, a cui potranno passare senza costi aggiuntivi tutti gli attuali utenti della versione Enterprise e coloro che la acquistano o effettuano l’upgrade prima del 1° luglio 2013. Per lanciare la nuova versione, e creare un momento di incontro diretto tra l’azienda e i propri clienti e partner, per la prima volta l’azienda ha deciso di sbarcare con il suo roadshow emea anche in Italia, con le tappe di Milano (4 giugno) e Roma (6 giugno). “Siamo davvero molto entusiasti della possibilità di organizzare l’evento anche nel nostro Paese” ha dichiarato Fabio Alghisi, Sales Manager Veeam Software Italy, “È sicuramente un’ottima opportunità per sottolineare sempre di più la nostra vicinanza a tutti gli operatori del mercato, dal cliente finale alla distribuzione”.
Per ulteriori informazioni visitate il nostro sito
http://go.veeam.com/v7-it.html?ad=home-link-backup
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ERP E INNOVAZIONE AZIENDALE Tra offerta e domanda
L’introduzione di un sistema ERP è sempre un’operazione complessa e delicata, che può rivoluzionare la gestione interna di un’azienda e di fronte alla quale molte imprese si trovano spesso impreparate. Per questo vogliamo offrire un confronto sul tema partendo da quelli che sono gli indirizzi dell’offerta e l’esperienza della domanda.
La parola al consulente: Giuseppe Mussi, socio Gruppo Eurosystem Sistemarca e consulente per progetti ERP. Quali sono i criteri da valutare per scegliere il sistema ERP più adatto alla propria azienda? Il mercato delle PMI italiane, già complesso e maturo, è mediamente alla ennesima meccanizzazione e la crisi degli ultimi anni ha ulteriormente complicato il quadro. Ma le aziende possono ancora effettuare un salto di qualità approfittando del momento di contrazione economico per 40
prepararsi internamente alla ripresa e aumentare la propria competitività investendo in innovazione, sia tecnica (di prodotto) che organizzativa (miglioramento operativo ed automazione). Tuttavia, il cambio di un sistema ERP è divenuto un evento importante sia da un punto di vista strategico che da quello economico e di investimento: occorre, infatti, tener presente che l’impatto tecnologico di questi sistemi si estende anche sull’infrastruttura e su altri aspetti di natura organizzativa, per cui non centrare la scelta significa sprecare inutilmente risorse economiche e temporali, oltre che non raggiungere gli obiettivi auspicati.
La prima valutazione da fare è esplicitare e tenere ben presente le proprie necessità in termini di efficienza, tra queste potrebbe esserci, ad esempio, aspettarsi che il nuovo sistema permetta di superare le limitazioni del precedente e sia più performante. Ma l’efficienza consente solo un primo risultato, ossia operare meglio e più velocemente di prima. Il secondo criterio e quello dell’efficacia, ovvero la nuova meccanizzazione deve consentire all’azienda di poter automatizzare il più possibile demandando al server tutte le attività ripetitive e senza valore aggiunto, consentendo all’utente di concentrarsi su processi eccezionali e ottimizzati a livello globale. Questi due aspetti, per quanto importanti e basilari, tuttavia potrebbero risultare ancora insufficienti a consentire un positivo e veloce ritorno dei costi sostenuti: infatti, entrambi incidono sulla gestione “interna” dell’azienda, senza necessariamente portare particolari riflessi o ampi benefici nel breve sul mercato esterno. Un cliente sarà certamente contento se il proprio fornitore è ben organizzato e opera secondo flussi codificati e automatizzati, perché sarà segno di solidità, ma non necessariamente questi saranno buoni motivi per aumentare i propri ordini. In realtà, quando a proposito di questi sistemi si parla di vantaggio competitivo, ci si riferisce al fatto che, riuscendo a valorizzare tramite gli stessi sistemi i processi core interni all’impresa, le si consente indirettamente di incidere anche all’esterno: si possono, ad esempio, allargare l’offerta di servizio o il numero di prodotti, garantendo tempi di consegna più brevi, riducendo al minimo i resi, migliorando la qualità, diminuendo il time to market.
scenari numerose sedi e stabilimenti in Italia e all’estero, etc.): in questo segmento di fascia alta tali soluzioni, il cui rigido rispetto dell’impostazione (aderenza alle best practice) è il principale plus, sono ideali e, dato il modello organizzativo piramidale delle stesse imprese top, sono imprescindibili. Le PMI in generale, ed in particolare quelle italiane, sono invece caratterizzate da repentini cambiamenti (versatilità, diversificazione continua, velocità frenetica,) che devono sostenere per assecondare le richieste sempre più “customizzate” ed urgenti della clientela. I produttori di zona di software gestionali devono, quindi, competere cercando di soddisfare queste particolarità nell’ottica di massimizzare il vantaggio competitivo dell’impresa nel proprio settore, dovendo spesso gestire e risolvere problematiche inedite, complesse, e non standardizzabili. Per riuscirci, è sempre più strategico concentrarsi su alcuni mercati divenendo specialisti mediante ingegnerizzazione di soluzioni applicative mirate per settore. In aggiunta a tali competenze, devono essere in grado di
I sistemi informativi di ultima generazione, assieme alle competenze consulenziali e metodologiche di alcune società di information technology, possono aiutare le imprese a centrare tali aspetti attraverso analisi di Business Process Management che permettano di riorganizzare i processi; operazioni di meccanizzazione di tali processi tramite motori di workflow; una consulenza strutturata con metodologie di Project Management che coinvolgano direttamente i responsabili interni. Dunque, solo un’attenta esplicitazione ed una valutazione di tali costi/benefici può consentire di scegliere il sistema più idoneo alle mutevoli esigenze presenti e future dell’impresa. Quali le differenze di valore e cultura tra prodotti ERP delle grandi multinazionali e software proprietari di rivenditori locali? I prodotti internazionali nascono storicamente per soddisfare esigenze delle aziende di grandi dimensioni in grado spesso di influenzare il mercato (multinazionali con migliaia di dipendenti,
Giuseppe Mussi 41
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“realizzare il vestito su misura”, per soddisfare all’interno del prodotto standard in modo parametrico le ulteriori particolarità della singola ditta cliente. In alcuni casi e nell’ambito di queste soluzioni software, il cliente finale può arrivare persino ad incidere nell’evoluzione del prodotto standard. Mentre i grandi player di settore, dunque, si focalizzano sul prodotto, lasciando ai business partner della vendita indiretta l’implementazione progettuale e l’eventuale verticalizzazione, il vero valore degli sviluppatori locali di ERP è la partnership a tutto tondo: una soluzione di continuità tra prodotto, implementazione, servizi e soddisfazione del cliente, il tutto necessariamente a costi competitivi.
La parola al cliente: Mauro Fava, Amm. Delegato Starmatik Srl, ha avviato nella propria azienda un progetto ERP. Quali motivazioni muovono un’azienda ad un cambio del sistema informativo? Quali gli obiettivi e la visione a lungo termine all’origine del rinnovamento tecnologico? Come, di conseguenza, procede l’azienda? E quali criteri adotta nella scelta del progetto più adeguato alle sue esigenze? Le dinamiche di mercato e la sua volubilità impongono alla nostra azienda di avere a disposizione uno strumento che fornisca dati aziendali certi, in tempi brevi, e che agevoli il lavoro dei propri dipendenti, permettendo di raggiungere gli obiettivi che l’azienda si pone nel rispetto dei tempi previsti. Relativamente alla mia esperienza, una volta appurato che lo strumento tecnologico in uso in azienda non era più adeguato, mi sono mosso alla ricerca di un sistema più confacente alle nostre necessità valutando cosa offre il mercato e consultando
Mauro Fava 42
chi in passato ha avuto altre esperienze lavorative. Avevo ben chiari quali erano gli obiettivi da perseguire: migliorare la comunicazione fra gli enti aziendali, avere le informazioni in tempo reale per prendere delle decisioni strategiche; migliorare i tempi di evasione di una pratica, riuscire a monitorare le attività delle varie aree aziendali, dare risposte immediate ai clienti, effettuare una determinazione corretta dei costi; automatizzare quanto più possibile le attività degli operatori; avere uno strumento che fosse di supporto alle strategie aziendali. Nel nostro caso, abbiamo individuato nel progetto ERP proposto da Eurosystem la soluzione più confacente alle nostre esigenze. Le conseguenze collegate all’avvio del nuovo sistema informativo oltre alle nuove modalità operative saranno una riorganizzazione dei flussi aziendali che ci renda più competitivi sul mercato. Tra i vantaggi che ci attendiamo dalle migliorie indicate ci sono: una maggiore velocità di risposta al cliente; una maggiore velocità di realizzazione e progettazione; minori costi derivanti da una corretta e puntuale informazione scambiata fra i vari Uffici; una maggiore precisione consuntivo e budget di commessa; una corretta gestione dei costi e la possibilità di effettuare scelte strategiche in tempo reale.
Soluzioni di storage di rete Lenovo
POTENTI E COMPLETE FLESSIBILI E AFFIDABILI
ARCHIVIAZIONE, SORVEGLIANZA VIDEO, VIRTUALIZZAZIONE E SOLUZIONI CLOUD LenovoEMC presenta a livello mondiale il nuovo brand per prodotti Iomega LenovoEMC Ltd, la joint venture tra i leader di mercato Lenovo e EMC, presenta a livello mondiale un nuovo brand ed un nuovo accordo con Acronis che vede l’integrazione del software per il backup dei PC nei prodotti per lo storage di rete di Lenovo®. I prodotti per lo storage di rete precedentemente a marchio Iomega sono ora disponibili in tutto il mondo con un nuovo brand che rappresenta il business LenovoEMC, mentre il marchio Iomega continuerà a essere utilizzato per i prodotti consumer per lo storage di rete entry-level.
LifeLine 4.0, Sistema Operativo di Nuova Generazione per Dispositivi di Storage di Rete Lenovo
VERSIONE 4.0
LenovoEMC Ltd. ha rilasciato la versione 4.0 di LenovoEMC™ LifeLine™ che include nuove funzionalità potenziate per la sicurezza e l’enterprise computing, come la tecnologia di virtualizzazione integrata (IVX, Integrated Virtualization Technology), snapshots, pool di cache con SSD, protezione iSCSI, Active Directory High Availability e Hybrid Authentication, ed altro ancora.
LifeLine fornisce così ad organizzazioni e gruppi di lavoro di tutte le dimensioni un’archiviazione semplice ed efficiente, oltre che semplicitià ed efficienza nella condivisione e nella protezione dei dati più importanti.
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L’ORCHESTRAZIONE DEI SISTEMI NELLE AZIENDE DEL MOBILE Non solo “sincronizzazione” tra dati ma reale integrazione ALESSIO VOLTAREL
redazione@logyn.it
Grazie a Freeway® Skyline software dipartimentali diversi, utilizzati nelle aziende del mobile per rispondere ad esigenze specifiche del settore, possono convivere come fossero parte di un unico sistema. Tramite l’architettura orientata ai servizi (SOA) si realizza un unico binario di comunicazione che permette ad applicazioni di natura differente di parlarsi e cooperare all’interno di un sistema totalmente integrato.
Le aziende del mobile impiegano diversi software specializzati, ad esempio per la grafica o sistemi per la logistica, al fine di affrontare in modo dedicato ogni stadio di avanzamento degli ordini cliente e della relativa produzione. Per queste realtà vi è l’esigenza di inquadrare tali software in un più efficace scenario di collaborazione che concretizzi i processi che devono avere luogo in azienda. La piattafortma gestionale Freeway® Skyline, grazie alle sue caratteristiche di versatilità, riesce a rispondere alle necessità del settore impiegando realmente funzionalità e applicazioni dell’ERP in modo integrato con quelle dei vari software dipartimentali. Applicando le metodologie orientate al BPM (Business Process Management) si individuano i flussi di attività che contemplano compiti svolti da differenti mansioni in uffici e reparti aziendali diversi e che trasversalmente alternano il coinvolgimento 44
dei differenti sistemi software specializzati che l’azienda utilizza come l’ERP, il CAD, la generazione dei programmi delle macchine in stabilimento, la gestione automatizzata dei magazzini, e così via (Vision & Methodology). Dotando ciascun software impiegato nell’azienda del mobile dell’opportuna estensione a servizi SOA che ne permetta l’inclusione in orchestrazioni di processo (Software Architecture & Design), la logica di valore specializzata e complessa propria di ciascuno di tali software viene pienamente riutilizzata dagli utenti che ricorrono all’impiego delle rispettive ed eterogenee applicazioni interattive guidati dalle attività proposte loro dai workflow e dai diversi servizi che ricevono le informazioni necessarie all’espletamento dei compiti richiesti attraverso il service bus (Infrastructure & Technology).
spazio a y
I PROCESSI AZIENDALI NEL SETTORE DEL MOBILE
VISION & METHODOLOGY
Come già descritto in Spazio a y di Logyn n°02, dietro la parola “integrazione” dei sistemi software si nasconde molto di più che la mera “sincronizzazione” dei dati tra di essi, è necessario piuttosto far collaborare i diversi sistemi nell’ambito dei flussi di lavoro aziendali, i quali richiedono che le persone impieghino in modo coordinato le applicazioni offerte dai diversi software, senza che vi siano ostacoli dovuti alla mancata interoperabilità tra di essi. L’analisi per processi consente di identificare quei task che possono essere espletati da servizi offerti dai sistemi software, oltre che identificare i task che gli utenti eseguono direttamente impiegando le applicazioni interattive fornite dai diversi software. Le orchestrazioni che ne discendono quindi coinvolgono passi ad esecuzione automatica offerti da questo o quel servizio software e passi ad esecuzione umana mediante l’impiego di applicazioni interattive. In questo scenario, che le informazioni fluiscano automaticamente da un sistema all’altro è solo un ovvio corollario. Nell’azienda del mobile si fa uso di applicazioni per la configurazione di prodotto dato che la progettazione degli articoli richiede di declinare i neutri progettati in una
serie di varianti per dare origine a tutte le combinazioni di prodotto finale richieste della clientela. Inoltre è di centrale importanza l’utilizzo dei software CAD in diversi frangenti, dalla progettazione grafica dei neutri nella creazione di nuovi cataloghi di vendita, alla quotidiana progettazione grafica dei singoli ordini cliente. A seconda poi del livello di automazione delle linee di produzione, può esserci la presenza di diversi software specializzati, ad esempio dalla programmazione delle macchine in stabilimento, alla ottimizzazione del taglio dei semi lavorati, ma anche software per l’approvvigionamento a bordo macchina dei semilavorati al “momento giusto” in base agli ordini di produzione in avanzamento. Non trascurabile è anche l’eventuale presenza di software logistico specifico per l’allestimento dei piani di spedizione dei colli prodotti. E sullo sfondo di tutto questo vi è la pianificazione degli approvvigionamenti (semilavorati, pannelleria, ferramenta e altre materie prime). Per meglio comprendere di cosa si sta parlando, facciamo un piccolo approfondimento su alcuni dei processi che sovrintendono al cuore dell’azienda del mobile, così da comprendere come l’analisi per processi diventi indispensabile 45
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e che la problematica non riguarda affatto la sola “sincronizzazione” dei dati fra sistemi diversi.
Creazione dei cataloghi di vendita E’ il processo che si svolge quando, a partire da iniziative del settore commerciale o di marketing, o dalla Direzione aziendale, scaturisce la necessità di concepire un nuovo catalogo (ad esempio inerente a una nuova linea di prodotti), o modificarne uno esistente. Significa che viene prodotta della documentazione inerente alle caratteristiche commerciali, tecniche, di costo che va verificata da un reparto prototipi che ne analizza la fattibilità. Superato questo stadio, che aumenta le indicazioni tecniche inerenti i nuovi prodotti, subentra la definizione da parte dell’ufficio tecnico della nuova codifica degli articoli neutri, delle varianti, delle distinte di produzione configurate da varianti, normalmente operate con un software configuratore di prodotto. Preparata questa base di definizioni e classificazioni, avviene il passaggio nell’ufficio di progettazione grafica degli articoli neutri ricorrendo a software CAD, al fine di predisporre l’ambiente grafico all’accoglimento dei futuri ordini cliente che richiederanno i nuovi articoli. Infine l’ufficio costi e l’ufficio commerciale stabiliscono le politiche di vendita (in altre parole i listini di vendita e le relative maggiorazioni per varianti) e di fornitura dei semilavorati (ad esempio selezionando i nuovi fornitori). Mentre avviene tutto questo, cioè mentre il nuovo catalogo è in fase di sviluppo, l’ambiente di produzione non ha accesso e nemmeno conoscenza di tutto questo nuovo materiale, che rimane quindi off-line. Sarà un’azione esplicita di pubblicazione (parziale o totale) del catalogo a sancire quando e cosa entra nell’ambito del producibile e quindi ordinabile. Ciò normalmente scatena in parallelo anche un’azione di marketing e di pubblicazione materiale dei cataloghi di vendita (su web e/o cartacei). Da questo momento in poi potranno essere accolti ordinativi cliente sui nuovi prodotti.
Chiarificazione e sviluppo dell’ordine cliente Gli ordini cliente possono provenire in varia forma e da diversi canali. Tipicamente gli ordini vengono raccolti presso negozi o punti vendita in diverse forme, dalla bozza schizzata a mano e corredata dei codici di un catalogo di vendita e un importo preventivato, al più avanzato uso di software CAD che lascia nelle mani del cliente qualcosa di meglio definito e più concreto, in questo caso l’ordine nasce accompagnato già da una serie di file di progetto grafico. Il sistema di raccolta degli ordini di un mobilificio può quindi articolarsi in vario modo, ma tutti i canali passano attraverso uno stadio di protocollazione, che provvede a chiarificare con il cliente e a corredare delle 46
informazioni mancanti l’ordine inserito nel gestionale aziendale (ERP). Il protocollatore delibera l’ordine chiarificato che passa allo stadio di approvazione tecnica da parte di un responsabile tecnico, il quale provvede alla completa e dettagliata progettazione grafica mediante CAD dell’ordine cliente e la dettagliata valorizzazione di prezzo. A questo punto necessita di un secondo vaglio tecnico, essendosi aggiunti tutti i dettagli prima di andare ad alimentare di nuove richieste il sistema di produzione. E’ in questo frangente che scattano anche i controlli circa le modalità di pagamento, l’eventuale controllo del fido del cliente (in caso di sforamento viene coinvolto l’ufficio adibito ad approvare ugualmente l’ordine), il controllo degli articoli o semilavorati scaduti o esauriti (in questo caso viene coinvolto l’ufficio acquisti per provvedere all’approvvigionamento). Un secondo vaglio tecnico scatta anche quando vi è una richiesta di modifica all’ordine successiva a una valutazione dello stesso già avvenuta. Superati tutti gli stadi propedeutici e di approvazione, il processo può procedere richiedendo la generazione di tutti i colli necessari da spedire e la graficazione delle relative bindelle di accompagnamento, generando tutti gli ordini di produzione conseguenti da introdurre nella pianificazione, infine inviando al cliente la conferma del suo ordine.
Allestimento ed esecuzione dei piani di produzione La pianificazione della produzione può seguire diverse politiche di inclusione o accorpamento degli ordini di produzione generati dal processo che tratta lo sviluppo degli ordini cliente, al fine di prediligere il carico ideale dei centri di lavorazione negli stabilimenti e/o lo svuotamento dei magazzini mediante spedizione dei colli stoccati dopo la produzione, obiettivi non sempre così in accordo e armonia, spesso contrastanti e quindi da mediare. Impostate le politiche adeguate, supportate dall’uso di software di analisi capacitiva e di programmazione delle spedizioni, i responsabili della pianificazione della produzione allestiscono i piani giornalieri o settimanali di produzione, mediante inclusione degli ordini di produzione. Quando un piano di produzione viene deliberato, il processo prosegue richiedendo la fornitura dei programmi macchina da far pervenire al “momento giusto” ai centri di lavoro per effettuare le lavorazioni richieste, e i programmi di composizione dei colli da predisporre per la spedizione. Avuti luogo la produzione delle parti e l’assemblaggio dei colli di ordini cliente completi, ha inizio un altro sottoprocesso a valle che si occupa delle fasi di preparazione, carico ed effettuazione della consegna ai clienti, basandosi sulla precedente pianificazione logistica delle spedizioni.
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I SERVIZI E LE ORCHESTRAZIONI
SOFTWARE ARCHITECTURE & DESIGN Sulla piattaforma gestionale Freeway® Skyline è implementata in modo specifico una soluzione per le aziende del mobile atta a concretizzare lo scenario di processi fin qui descritto. A dimostrazione del fatto che la problematica di integrazione tra i differenti software specializzati nell’azienda del mobile (ma il discorso varrebbe anche per altri software specializzati in altri settori e cioè per altri tipi di aziende) non può essere approcciata senza la visione a processi fin qui descritta, basti dire che tutti i servizi SOA realizzati per far interoperare i vari sistemi software “al momento giusto” sono le uniche interfacce utilizzabili per la collaborazione, non possono essere mai invocate in modo diretto e libero da parte delle diverse applicazioni dei singoli software specializzati, a ciascuno di essi non viene mai addossata la responsabilità di “allineare” e (mantenere allineate) le informazioni di tutti gli altri, con l’onere tra l’altro di conoscerne in misura più o meno approfondita i dettagli implementativi interni, nonché i momenti in cui è opportuno (o inopportuno) effettuare gli allineamenti. A descrivere e comandare le interoperabilità necessarie (e i momenti nei quali devono avere luogo) sono innanzitutto le orchestrazioni, le quali incarnano (in forma di “programmi che eseguono”) i processi descritti con le relative logiche di business. Vi è un’orchestrazione complessa per ciascuno dei workflow descritti.
Le orchestrazioni vengono stimolate da eventi iniziali, come ad esempio il ricevimento di un nuovo ordine cliente (o una richiesta di modifica a uno esistente) stimola l’avvio di un’istanza specifica dell’orchestrazione che governerà lo sviluppo di quello specifico singolo ordine, o come il rilascio di nuovi ordini di produzione stimola l’allestimento di un nuovo piano giornaliero o settimanale di produzione e quindi un’istanza di orchestrazione specifica per questo piano che ne controllerà lo svolgimento fino alla evasione dell’ultimo ordine in esso incluso. Successivamente all’accensione iniziale, le orchestrazioni procedono impiegando i servizi per la collaborazione messi a disposizione dai vari software, così come procedono richiedendo di volta in volta all’utenza dei ruoli previsti l’espletamento di compiti mediante applicazioni interattive. Di conseguenza ciascuna orchestrazione si trova prevalentemente in uno stato di attesa, che uno o più utenti espletino dei compiti mediante le applicazioni interattive di questo o di quel software, oppure di ricevere le risposte a richieste di espletamento di servizi inoltrate a interfacce di servizio SOA di questo o di quel software. Ed è in concomitanza di quest’ultimo tipo di richieste che i diversi sistemi software vengono anche conseguentemente “allineati” o “sincronizzati” nei dati, sfruttando strettamente il protocollo di servizio operante per assecondare i passaggi dell’orchestrazione che li guida.
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SERVICE BUS E WORKING LIST
INFRASTRUCTURE & TECHNOLOGY Il motore di orchestrazione, l’architettura a servizi e l’infrastruttura del service bus della piattaforma gestionale Freeway® Skyline hanno consentito di realizzare concretamente i processi più importanti dell’azienda del mobile, impiegando in maniera realmente integrata le funzionalità e le applicazioni del ERP con quelle dei vari software specializzati o dipartimentali di cui l’azienda è dotata. Ad esempio, quando un protocollatore ha completato la chiarificazione di un ordine cliente, ne richiede il suo avanzamento, perciò l’orchestrazione inoltra la richiesta in working list a utenti di ruolo graficatore di attuare l’approvazione tecnica, ma al contempo richiede a un servizio SOA di verificare il fido del cliente, si mette quindi in attesa che entrambi rispondano. La prima risposta perviene quando effettivamente un graficatore avrà approvato o meno tecnicamente l’ordine, la seconda avviene in tempi brevissimi perché il servizio di controllo fido ha tutti gli elementi per rispondere nell’immediato. Un altro esempio è il passaggio in sviluppo grafico mediante CAD che avviene a seguito dell’approvazione tecnica. L’orchestrazione affida l’ordine cliente al servizio SOA di graficazione degli ordini di vendita e notifica in working list agli utenti graficatori che c’è quell’attività da svolgere. Questo passaggio è sufficiente per determinare il recepimento dei dati del nuovo ordine da parte del sistema grafico, che così sono a disposizione del graficatore che materialmente svilupperà l’ordine con il software CAD. Solo quand’egli riterrà di aver completato il suo lavoro, effettuerà
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un’azione esplicita di pubblicazione dell’ordine graficato, quindi scaturirà automaticamente la risposta alla richiesta precedente della quale l’orchestrazione è in attesa. Con questa risposta ricevuta che porta con sé i dati dell’intero ordine graficato in ogni suo dettaglio, l’orchestrazione potrà procedere con i passi successivi, in concomitanza dei quali, attraverso i propri servizi SOA invocati dall’orchestrazione, il gestionale ERP ne “approfitta” per aggiornare nel proprio data base i dati di propria competenza inerenti l’ordine cliente. Le varie stimolazioni alle orchestrazioni, sia di accensione iniziale sia di risposta alle richieste precedentemente avanzate a utenti o servizi SOA, vengono colte dal sistema in modo automatico (sono sempre messaggi veicolati mediante il service bus), in concomitanza di azioni che gli utenti effettuano utilizzando le applicazioni interattive (che magari alcuni passi di workflow avevano appunto richiesto loro di espletare) oppure a risposte che un servizio SOA fornisce a una precedente richiesta. Queste dinamiche hanno luogo per tutti i passaggi di ciascuna istanza di orchestrazione eseguita, l’infrastruttura di Freeway® Skyline è in grado di avanzare ciascuna di queste istanze indipendentemente dalle altre, con i relativi tempi di espletamento, senza perdere il controllo di alcun passaggio, e questo per le centinaia di ordini cliente che giungono ogni giorno, per le diverse operazioni di catalogo che vengono portate avanti, per l’avvicendarsi di tutti i piani di produzione variati e le spedizioni che vengono allestite.
RELEASE TRACKER: SPAZIO ALLA TRASPARENZA Per i clienti Freeway® Skyline on line un nuovo servizio di aggiornamento sugli ultimi rilasci di prodotto
Nella carta valori del Gruppo Eurosystem Sistemarca si legge che l’etica dell’azienda “…deve essere aderente a comportamenti ispirati da sincerità, onestà e rettitudine assolute e la massima trasparenza in ogni occasione”. Nel rispetto di questi valori e dei nostri clienti, il Gruppo informa che tutti gli utilizzatori di Freeway® Skyline da adesso potranno aggiornarsi in tempo reale sugli ultimi sviluppi di prodotto rilasciati consultando Release Tracker, la nuova area del Portale Service. Cliccando in home page sull’icona dedicata o nella pagina Service sulla voce di menu Release Tracker, sarà possibile approfondire tutti i miglioramenti relativi a: • •
nuovi rilasci - New Release modifiche - Hot Fix
Periodicamente, inoltre, i clienti riceveranno un’email relativa alle ultime segnalazioni effettuate dal team Freeway® Skyline all’interno della nuova area del Portale. Per ulteriori approfondimenti potete collegarvi alla sezione Release Tracker del Portale Service o contattare il vostro consulente di progetto. Il Team Freeway® Skyline Gruppo Eurosystem Sistemarca
service.eurosystem.it
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OLTRE LE APPARENZE Dall’intelligenza artificiale alla User eXperience nei software gestionali DIEGO TOSATO - STEFANIA PAVAN
redazione@logyn.it
Ad ogni utente sarà certamente capitato di provare quella sensazione di frustrazione mista a rabbia quando si vuole fare qualcosa con un certo software e non ci si riesce. Diversi progressi sono stati fatti negli ultimi anni e i produttori di software, in competizione tra loro, in particolare con l’avvento degli smartphone e dei tablet, hanno messo al centro delle loro agende il tema “esperienza utente” (dall’inglese User eXperience) pensando proprio a come rispondere alle difficoltà riscontrate dagli utenti nell’uso dei software.
Generalmente la User eXperience si declina nel costruire delle interfacce utente di bell’aspetto che catturino l’utilizzatore e lo orientino nella scelta del software. Sfortunatamente, sebbene l’aspetto grafico sia importante, un’interfaccia graficamente gradevole non coincide necessariamente con una buona esperienza utente. Da circa due anni il reparto Ricerca e Sviluppo 50
di Eurosystem si sta interrogando su quale sia la ricetta per produrre della buona esperienza utente. Uno degli ingredienti più interessanti e meno scontati su cui porre l’attenzione è l’intelligenza (o pro-attività) che il software dovrebbe possedere. Infatti, ben diverso sarebbe per un utente avere a disposizione un software che suggerisce azioni e contenuti, semplifica il
modo di lavorare e previene la possibilità di commettere errori, a differenza di quanto esiste oggi. Con questo intento parte dell’industria del software ha concentrato la sua attenzione sulla tecnologia sviluppata da una branca dell’intelligenza artificiale, nota come apprendimento automatico (dall’inglese machine learning), fortemente attiva da più di vent’anni. Il suo scopo è quello di sviluppare tecniche che automaticamente ricavano informazioni interessanti (in gergo pattern) da dati in un qualsiasi formato elettronico. Così, operando silenziosamente dietro le quinte, gli esperti lavorano su soluzioni software che nascondono al loro interno sempre un pò di intelligenza. Oggigiorno l’utilizzo di tecniche di apprendimento automatico è più diffuso di quanto si possa immaginare. I campi di applicazione più noti sono internet (big data) mining, database mining, motori di ricerca, visione artificiale, medicina, bioinformatica, finanza, robotica, domotica, automazione industriale, sicurezza, difesa, automotive, mobile app, videogiochi, cinema, commercio elettronico, e molti altri. Non è un caso che brand noti come Microsoft®, Google®, IBM®, EMC® e Oracle® investano consistentemente su questo tipo di tecnologia.
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Una caratteristica affascinante e rivoluzionaria introdotta dalle tecniche di apprendimento automatico è quella di fornire nuove funzionalità al software senza programmarle esplicitamente. Infatti è il programma stesso ad adattarsi (o personalizzarsi) alle esigenze dell’utilizzatore evolvendo con il suo uso. In quest’ottica è interessante scoprire come la stessa tecnica di apprendimento supervisionato predittivo, unita alla relativa implementazione, possa esser utilizzata per costruire un sistema di guida automatica di un’autovettura o un sistema che predice l’andamento del mercato o di un’azienda nel futuro prossimo oppure un sistema che ottimizza i consumi di un abitazione. Per far funzionare il sistema è necessario poter fornire alla soluzione software un insieme di dati “etichettati”, per i quali l’output del sistema è già noto, da utilizzare per l’addestramento. Questo è il motivo per il quale le tecniche che risolvono questo tipo di problemi sono dette supervisionate. L’unico vincolo degno di nota per rendere davvero indipendente la soluzione software dal problema affrontato è che i dati forniti al software devono trovarsi in un formato standardizzato. Tipicamente il formato adottato è quello vettoriale; ad esempio, per la guida automatica di una vettura l’input del sistema di apprendimento può esser composto da una serie di vettori contenenti la posizione della macchina, la velocità corrente, l’accelerazione e l’angolo di sterzo delle ruote, mentre l’output potrebbe essere la posizione che deve assumere il volante in un dato istante. Nonostante questo tipo di formato sia largamente diffuso è possibile utilizzare oggetti ben più complessi, come intere tabelle di un software gestionale, immagini, spezzoni di tracce audio, messaggi email, grafi, forme molecolari ecc. 51
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Un’altra classe di problemi ai quali l’apprendimento automatico dà soluzione è nota come apprendimento supervisionato categorico (di categorie). Anche in questo caso è quasi incredibile scoprire come un sistema di eliminazione della posta indesiderata di archiviazione automatica di documenti, di riconoscimento automatico dei volti possano condividere la stessa soluzione software. L’ultima (macro-)classe di problemi che le tecniche di apprendimento automatico sanno affrontare è quella di apprendimento non supervisionato (o knowledge discovery). Essa è in grado di dare soluzione automatica a problemi come la costruzione di un sistema di analisi di dati astronomici, di raggruppamento delle notizie per i giornali online, di analisi del genoma umano, di segmentazione del mercato, di distribuzione automatica del calcolo in una rete di calcolatori, di analisi delle reti sociali, di raccomandazione di prodotti commerciali. Per completezza va detto che esiste un’altra classe di metodi di apprendimento che va sotto il nome di apprendimento rinforzato, tuttavia di essa non verranno riportati esempi perché di uso meno comune. Quanto scritto fin ora potrebbe far pensare che in un futuro prossimo sia possibile costruire l’algoritmo di apprendimento automatico universale, in grado di affrontare qualsiasi problema gli sia posto. Ciò è falso, infatti già nel 1987 Box e Draper dicevano al riguardo “all models are wrong, but some models are useful”, vale a dire che non è possibile costruire la miglior tecnica di apprendimento automatico per tutti i problemi possibili. Quanto asserito in precedenza è generalmente riconducibile al celebre “no free lunch theorem” (Wolpert 1996), il cui nome folkloristico descrive intuitivamente il significato. La ragione di ciò è che un insieme di assunzioni che si possono fare per risolvere un problema di apprendimento in un particolare dominio applicativo non funziona bene per tutti gli altri. La conseguenza più importante del teorema è che, se le stesse tecniche di apprendimento possono esser utilizzate nei domini applicativi più svariati, lo stabilire quale sia la migliore è un problema che richiede un lavoro ingegneristico attento. La ricerca scientifica nel tempo ha dato via via indicazioni sempre più certe sul tipo di problemi e sulle relative tecniche da applicare per gli specifici domini applicativi. Eurosystem ha deciso di sfruttare tale bacino di conoscenze per porsi una domanda fondamentale: è possibile sfruttare le tecniche di apprendimento automatico per migliorare l’esperienza utente nell’utilizzo del software gestionale Freeway® Skyline? L’appuntamento con l’utente è quindi rimandato nel prossimo futuro, al giorno in cui il software reagirà in modo inequivocabile allo stimolo dell’utente. 52
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Il polittico di Simone Martini: un restauro in diretta Al Museo Nazionale di San Matteo, a Pisa, è stato eseguito un restauro “d’eccezione” del Polittico di Santa Caterina d’Alessandria (1320), opera di Simone Martini. Iniziato nel gennaio 2010 e conclusosi nel dicembre 2012 il lavoro è stato supportato da tecnologia all’avanguardia. A raccontarci l’operazione il direttore Dario Matteoni. Qualche cenno sull’opera? Il polittico fu eseguito tra il 1319 e il 1320 da Simone Martini per l’altar maggiore della chiesa pisana di Santa Caterina d’Alessandria: è l’opera più complessa e completa giunta fino a noi del grande pittore senese. Simone innova il modello di 54
Duccio di Boninsegna costruendo una complessa composizione a tre registri sovrapposti, oltre alla predella. Tale soluzione diventerà un modello per successivi esemplari realizzati dallo stesso Simone e dalla sua cerchia. Su ognuna delle sei grandi tavole che affiancano quella centrale con la Madonna e il
scenari
Bambino, compare una figura di santo, sormontato da una coppia di apostoli e da un profeta nella cuspide. Lo schema compositivo conta in totale 43 personaggi, ritratti di tre quarti su fondo oro e racchiusi in archi trilobati. L’uso di raffinati accordi di colori chiari e luminosi si coniuga ad un vivace naturalismo: ciò si osserva soprattutto nella sottile varietà degli atteggiamenti e nella resa delle vesti e negli incarnati dei volti. La presenza di due santi domenicani nelle tavole principali - Domenico e Pietro martire - e di un terzo nella predella Tommaso d’Aquino - si deve alla committenza domenicana.
“primitivi” pisani e più in generale toscani, donata all’Opera del Duomo e lasciata in uso alla Scuola di Disegno nel 1796. A questa si aggiunsero opere pittoriche e scultoree provenienti da donazioni e acquisizioni al demanio in epoca napoleonica e post-unitaria. Le opere confluirono nel 1893 nel Museo civico allestito nell’ex convento di San Francesco, dove si aggiunsero nel corso degli anni ulteriori lasciti privati. Nel 1949 il Museo diventò proprietà dello Stato e fu trasferito nell’odierna collocazione presso l’ex convento di San Matteo, caratterizzandosi per le opere di provenienza ecclesiastica.
Qualche cenno storico sul museo di San Matteo
Da quanto tempo il Martini è presente al museo?
Il museo è ospitato in una parte di un antico convento di monache benedettine dell’XI secolo intitolato a San Matteo. All’originario corpo unico si aggiunsero nel XIII secolo le ali laterali a due piani, che chiusero al loro interno un cortile quadrangolare. Il convento fu profondamente rinnovato alla metà del 500.
Il polittico ha subìto una storia materiale complessa: verso la metà del XVII secolo l’altar maggiore di Santa Caterina venne rinnovato in stile barocco e l’opera, smembrata, fu rimossa e immagazzinata nel Seminario attiguo alla chiesa. Verso la fine del XVIII secolo il canonico Sebastiano Zucchetti prelevò per la sua collezione alcune tavole (la predella e l’elemento con il San Giovanni Battista) che successivamente entrarono a far parte della collezione museale. Il polittico fu ricomposto solo nel 1946, in occasione della Mostra sulla Scultura Pisana
Le collezioni in possesso del museo? La raccolta prende origine dalla collezione del canonico Sebastiano Zucchetti, una selezione di tavole a fondo oro di
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del Trecento allestita presso l’ex convento di San Matteo, che tre anni dopo diventò sede del Museo Nazionale. Da allora il polittico è esposto in questa sede, ma negli anni Settanta, sulla base delle prime analisi scientifiche, si definì una nuova ipotesi ricostruttiva sia per la predella, che per le tavole principali. Le indagini diagnostiche concluse nel luglio 2011 hanno confermato la precedente ipotesi. Tecnologia e beni artistici: vantaggi e svantaggi? La tecnologia per i beni culturali è l’insieme di strumenti che consentono una maggiore divulgazione e valorizzazione della comunicazione di un particolare bene. Quando si parla di tecnologia più sofisticata i vantaggi si amplificano. Sfruttando quindi capacità di coinvolgimento e possibilità di raccogliere dati di vario tipo è possibile fornire agli utenti uno strumento completo per conoscere la storia e i dettagli di opere e beni culturali.
CREDITS Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno, Scuola Superiore Sant’Anna, Laboratorio di Robotica Percettiva (Scuola Superiore Sant’Anna), Associazione Culturale Mnemosine Cultura digitale Supervisione di Dario Matteoni (Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno) Contenuti di Caterina Bay, Pierluigi Nieri (Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno) Superivisione tecnico - scientifica di Massimo Bergamasco - Laboratorio di Robotica Percettiva Coordinamento tecnico di Marcello Carrozzino - Laboratorio di Robotica Percettiva Contenuti multimediali di Chiara Evangelista - Mnemosine Struttura dell’applicazione e interfaccia di Andrea Baroni - Mnemosine Indagini diagnostiche a cura di ART-TEST - Polo Tecnologico di Navacchio Struttura sistema di visualizzazione di Sandro Bacinelli - VRMEDIA 56
scenari
TECNOLOGIE: IL FUTURO A SUPPORTO DEL NOSTRO PASSATO La scelta tecnologica è stata pensata per un’integrazione negli spazi museali e per fornire ai visitatori del museo un supporto completo sull’opera - grazie al supporto multimediale touch per le informazioni - e sul processo di restauro che stava vivendo. Sono state valutate più ipotesi in stretta collaborazione tra la Soprintendenza e l’associazione culturale Mnemosyne afferente al Laboratorio PERCRO del TeCIP - Scuola Superiore Sant’Anna. Il sistema consiste in una doppia postazione di visualizzazione, dotata di un touch screen 24 pollici che è direttamente accessibile ai visitatori e che funziona come consolle di comando per reperire informazioni, e di un grande schermo di circa tre metri di larghezza che è posto di fronte al touch screen, a circa due metri di distanza, e sul quale è visualizzato il Polittico nelle dimensioni quasi reali. I due schermi sono sincronizzati fra di loro attraverso uno scambio di messaggi che permette di coordinare le visualizzazioni presenti. In particolare sul touch screen è stata implementata un’interfaccia strutturata su 5 livelli di interazione che è possibile selezionare direttamente con il tocco. Dalla parte alta dello schermo si può accedere ai menu principali: Opera, dove sono raccolte tutte le informazioni storico-artistiche relative al polittico; Personaggi, dalla quale è possibile ricavare informazioni circa l’iconografia dei santi raffigurati; Tecnica, dove sono raccolte tutte le informazioni relative alla tecnica; Restauro, dove sono resi disponibili i dati dei restauri precedenti e sono messi in evidenza i risultati del lavoro in corso; Oltre il visibile, dove si permette di esplorare tutte le indagini diagnostiche effettuate dalla
radiografia alla riflettografia all’ultravioletto ecc. Ogni categoria, una volta selezionata, ha associato un sottomenu che si presenta nel lato sinistro del touch screen e dal quale è possibile accedere alle informazioni vere e proprie che sono presentate sotto forma di schede testuali, di immagini da sfogliare o di filmati. Sul grande schermo sono concentrate le informazioni più dinamiche, la visualizzazione dei filmati o l’esplorazione del dipinto. È infatti sincronizzata la visualizzazione di particolari del dipinto che sono selezionabili dal touch con il grande schermo. Ad esempio, nella sezione Personaggi quando viene selezionato un punto sensibile associato ad una delle figure, mentre nel touch si muove un cursore rettangolare sulla figura e si apre una scheda descrittiva, sul grande schermo si attiva un’azione di zoom sul particolare personaggio fino a portarlo in primo piano. In questo modo si dà la possibilità all’utente di aumentare le possibilità di esplorazione visiva dell’opera raggiungendo punti di vista impossibili in condizioni normali. Una sezione di
grande rilievo è Oltre il visibile, dove sono raccolte tutte le indagini diagnostiche realizzate prima di operare sull’opera con il restauro vero e proprio. In questa sezione è possibile esplorare il quadro attraverso la ricostruzione degli UV, Infrarossi ecc. Una volta che viene scelta una sezione, oltre alla spiegazione sulla tecnica, viene visualizzata sul grande schermo l’immagine ricavata dall’operazione diagnostica ed è possibile anche qui andare ad esplorare elementi e particolari. L’installazione è diventata così uno strumento didattico che riesce a fornire informazioni con tagli diversi a seconda del pubblico. Dopo la ricollocazione del polittico post restauro la postazione touch è rimasta attiva al suo fianco. L’operazione complessiva di restauro, finanziata interamente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, è costata € 99.000. Di questi per l’installazione multimediale sono serviti € 20.000 comprensivi sia della realizzazione del software che dell’acquisto dell’hardware.
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CREDIBILITÀ, ASCOLTO E FORMAZIONE DEL PARTNER: LA RICETTA EMC PER IL CANALE Intervista a Bernardo Palandrani, EMC Director Partner Sales
Trent’anni di carriera nell’IT, Bernardo Palandrani ci illustra le linee guida della strategia di canale EMC Italia: semplificazione, credibilità, affidabilità. In un momento di trasformazione cosi profonda, EMC punta sul canale e sulle competenze congiunte. 58
Ci racconta il percorso che l’ha portata lo scorso anno ad abbracciare la filosofia EMC come Director Partner Sales? Il mio è stato un percorso abbastanza lineare e tradizionale, se si considera il settore vendite, segnato in particolare da tre esperienze. Inizio a lavorare dopo aver conseguito la maturità tecnica come venditore nella multinazionale OCÉ, che produceva macchine per la copia e la stampa di grandi formati. Già allora lo sviluppo di tecniche di vendita ricercate mi è stato sempre di grande supporto, soprattutto quando sono entrato nel settore dell’informatica. In OCÉ la gestione delle prime vendite iniziò con il “porta a porta” per poi arrivare ad avere la responsabilità dell’intera regione Toscana. Qui, instaurata una rete commerciale e accortomi dell’interesse crescente di numerose aziende clienti per l’informatica, ho cominciato ad interessarmi al neo-nascente, all’epoca, settore. Da qui, dopo una breve esperienza presso un System Integrator, sono arrivato alla seconda tappa della mia storia professionale entrando in Intergraph, multinazionale americana del computer graphics. Lì mi sono cimentato in un nuovo progetto: il passaggio dagli applicativi CAD alle tecnologie OLE e la creazione di un canale in grado di promuovere questa trasformazione nelle aziende. È stata un’avventura sfidante ed io per predisposizione e carattere amo molto le sfide. Mi sono occupato dell’organizzazione del canale: dalla creazione di un’area marketing, a quella del partner program, al reclutamento e formazione. Ho imparato così a conoscere la realtà del partner che è complessa e difficile da capire per chi non la vive da vicino. Ma l’esperienza che ha aperto le porte al mio ingresso in EMC è stata quella in Symantec, dove ho lavorato per 10 anni, contribuendo a creare l’intera area del canale, e dove ho ricoperto diversi ruoli dal channel manager fino ad avere responsabilità di business del canale e del Mid Market, costituito quest’ultimo principalmente dalle PMI. Marco Fanizzi, con il quale avevo collaborato in precedenza in Symantec, raccontandomi della trasformazione che EMC stava vivendo mi ha proposto di guidare il team Channel nel percorso. Come detto sopra, adoro le sfide e non ho potuto rifiutare l’offerta. Che cosa significa essere partner EMC? I partner dovrebbero essere sempre in grado di riconoscere nelle persone EMC il valore della credibilità. L’imprenditore, alla direzione di un’azienda reseller, si trova sempre in una condizione non facile da gestire: deve vendere qualcosa che non produce direttamente, saper generare dei margini, scegliere tra vendor e distributori diversi, far propria la visione e cultura aziendale di cui sono pregne le soluzioni che commercializza. Il tutto all’interno di ambienti, spesso di piccole dimensioni e
incontri con a gestione familiare, in cui è importante che il partner sappia indicare come si traduce concretamente il vantaggio apportato dall’innovazione tecnologica. Per questo il partner EMC deve sapere di poter contare sulla nostra capacità di supportarlo, di rispettare gli impegni presi, di indirizzarlo verso trasformazioni e innovazioni che siamo certi risponderanno alle esigenze del cliente finale. Ecco, la svolta di EMC nella gestione del proprio canale: estendere il riconoscimento di questi valori. E come sta andando? Qual è il bilancio dell’anno? Il bilancio dell’anno, da quando sono entrato in azienda - lo scorso settembre - come Director Partner Sales, direi che è molto positivo. EMC è una macchina straordinaria, dai mille ingranaggi che si incastrano perfettamente ed un’execution velocissima. Far parte di una squadra così è professionalmente stimolante. Sono arrivato in un team del tutto sconosciuto, con cui ho costruito un rapporto basato su un obiettivo comune: costruire una rete di partner di fiducia con cui oggi stiamo realizzando un importante percorso di diffusione dell’innovazione. Operativamente come costruite questo percorso? Cosa fa EMC per supportare i suoi partner? Il canale EMC nasce quando l’azienda, a seguito di nuove ed ulteriori acquisizioni e una diversificazione del portfolio soluzioni, entra in una fascia di mercato diversa costituita da realtà di dimensioni più piccole e con un forte legame storico e culturale con il territorio. Emerge qui la necessità di costruire un canale di partner attivi nel contesto locale, pronti a fare da mediatori tra l’offerta del vendor e le esigenze del cliente finale. Da qui siamo partiti per arrivare oggi ad un nuovo Business Partner Program, ossia un vero e proprio piano progettuale di crescita del business dei nostri rivenditori, che cerchiamo di migliorare e rendere sempre più efficace. Come? L’anno scorso è stata realizzato un sondaggio per chiedere ai nostri partner quali fossero le loro principali necessità, e i risultati hanno portato alla luce tre aspetti: i partner vogliono più semplicità nelle relazioni con il vendor, maggior profitto 59
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come obiettivo della relazione, e maggiore prevedibilità rispetto ai risultati. Partendo da questi punti fermi, abbiamo modificato il Partner Program. Per farle un esempio, nell’ambito della semplicità, sono stati ridotti del 70% i documenti necessari ad accedere a fondi marketing, e abbiamo reso opzionale l’esame di delivery per ottenere la certificazione per un prodotto: questo significa che è sufficiente sostenere gli esami di prevendita per l’acquisizione della certificazione. Nello stesso tempo abbiamo ridistribuito le risorse economiche marketing suddividendo i fondi marketing e co-marketing equamente al 50%. Fino ad oggi, infatti, i contributi a disposizione del partner venivano attinti per il 75% dai fondi co-marketing (accumulati dal partner in base alle vendite effettuate) e per il 25% dai fondi MDF (Market Development Fund), ossia quelli destinati allo sviluppo del business futuro e alla generazione di lead. Questo significa dare la possibilità ai partner di usufruire di un maggior numero di risorse per creare opportunità di vendita e crescere. Questo è quello che si chiama circolo virtuoso. Quali sono oggi le sfide maggiori dei partner EMC? EMC crede fortemente che temi come quelli dei big data, del cloud computing e della sicurezza debbano essere spiegati al cliente soprattutto attraverso i nostri partner. Una tipica piccola o media impresa manifatturiera che operi a livello locale e che abbia come obiettivo quello di crescere, si ritrova spesso a competere con aziende che adottano tecnologie molto più avanzate e sofisticate. Eppure, se si guarda l’investimento che annualmente farà in IT, probabilmente sarà molto basso. Questo perché ci sono scarsa cultura e poche competenze rispetto all’importanza e all’utilizzo delle risorse tecnologiche, mentre c’è una maggiore conoscenza delle metodologie di produzione che porta ad un maggiore investimento in quell’ambito. Senza trasformare e innovare, però, le PMI si ritrovano necessariamente in una condizione di inferiorità competitiva. I nostri partner diventano allora determinanti. Attraverso la continua formazione, EMC potrà spiegare al cliente finale che è in grado di dare risposte chiare ed utili sui nuovi temi che spesso creano confusione, come il cloud. Diventa fondamentale che il cliente abbia fiducia nel partner e che quest’ultimo conosca bene le tecnologie infrastrutturali che EMC mette a disposizione, affinchè il cliente possa focalizzarsi sul suo business con la garanzia di avere un servizio sempre prestante ed efficiente. EMC, da parte sua, si impegna ad offrire ai suoi partner le tecnologie più evolute presenti sul mercato.
sapere come utilizzare in maniera efficiente un’infrastruttura informatica che è cresciuta in maniera eterogenea. Da una recente indagine su aziende clienti tra i 100 e i 500 dipendenti abbiamo riscontrato che queste imprese mediamente ricorrono a 4-7 partner per il rinnovo dei propri sistemi informatici, perché usufruiscono di consulenti diversi a seconda che abbiano in corso progetti di backup, disaster recovery, sicurezza aziendale, o sistemi gestionali. Anche se le aziende non lo percepiscono, i costi per una gestione di questo tipo, cosi frammentaria ed eterogenea, sono molto elevati. Oggi EMC supporta i propri partner nel parlare al cliente di “Reference Architecture”, ossia una architettura pre-testata già dimensionata per generare determinate performance nelle aziende di dimensioni medio-piccole. All’interno di questa architettura un progetto che mette insieme brand diversi, con i quali abbiamo stretto delle alleanze, per agevolare la revisione degli ambienti IT dei clienti a partire da risorse tecnologiche e competenze che sono già in azienda. Il nome di questo approccio e programma è VSPEX, e ha la grande caratteristica di fornire un’infrastruttura che è aperta e, allo stesso tempo, testata, comprovata dai brand che garantiscono all’interno di quel dimensionamento una riduzione dei costi e un’ottimizzazione delle performance. VSPEX risponde all’esigenza del cliente di ridurre il workload che c’è intorno ai sistemi: la complessità di gestione di sistemi e applicazioni di brand diversi viene gestita dal partner, con il supporto di EMC e degli altri brand, mentre il cliente si concentra sulla propria attività core. Il programma sta avendo un notevole successo perché ha il pregio di massimizzare quanto più possibile il know how e le risorse già esistenti presso il cliente. Il canale EMC del futuro... Sarà un canale sempre più preparato a parlare al cliente e a supportare il suo business tramite le soluzioni EMC. E la credibilità del canale dipenderà sempre di più dall’investimento in competenze e formazione che la stessa EMC farà sui partner e dal supporto che sarà in grado di dare.
Come fare a vincere queste sfide? E ad abbattere le barriere culturali all’innovazione tecnologica? Nella maggior parte dei casi, il cliente finale ha bisogno di 60
Bernardo Palandrani
scenari
SFIDE TECNOLOGICHE: CALCOLARE LA CONTABILITÀ FUTURA Intervista al consulente d’impresa Maurizio Campi
Da sempre chi dirige un’azienda deve dotarsi di buona capacità gestionale e di strumenti efficaci per traghettarla dal presente al futuro. Tuttavia, oggi, analisi e valutazioni limitate al passato e al presente, pur rimanendo componenti fondamentali, non sono più sufficienti a garantire l’adozione di strategie che si rivelino vincenti. È il momento di ricorrere a nuovi strumenti di previsione, che possano stabilire in anticipo come ogni scelta effettuata dall’imprenditore modificherà la realtà futura, consentendo di convalidare o di confutare ogni decisione. 61
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Nell’intervista, Maurizio Campi, consulente di impresa specializzato in Business Plan e analisi degli andamenti economici, patrimoniali e finanziari aziendali, ci racconta il Simulatore Finanziario, un sistema realizzato dopo di anni di studio e di esperienza nella direzione manageriale aziendale, che ad oggi permette di calcolare con grande precisione, oltre ai consueti aspetti economici, anche l’andamento patrimoniale e finanziario futuro di qualsiasi azienda. “What if analysis”, strumenti predittivi, un Simulatore Finanziario: siamo di fronte a nuove tecnologie per calcolare il futuro aziendale. Di che cosa si tratta esattamente? Attualmente esistono diversi e ottimi prodotti, specializzati per aree aziendali, in grado di costruire situazioni previsionali ed eseguire “What if analysis”, ossia analisi di scenari ipotetici, necessarie a valutare la fattibilità di un piano strategico d’impresa. Si tratta di tecnologie che risulteranno sempre più indispensabili alle dirigenze aziendali che non possono più permettersi di “navigare a vista”. Il Simulatore Finanziario si differenzia da tutti questi prodotti, che fanno apparentemente operazioni simili, perché considera per la prima volta tutti gli aspetti aziendali - siano essi economici, patrimoniali o finanziari - contemporaneamente ed in tempo reale. Tre le caratteristiche che lo distinguono: tutte le voci dello stato patrimoniale sono rigorosamente calcolate mese per mese e per 120 mesi; la rappresentazione dell’andamento temporale di un’azienda è frutto di calcoli puramente analitici (e non di indicatori di trend); i dati immessi sono solo la base per il calcolo dell’andamento futuro, dato che il Simulatore genera scenari automatici in modo tale che gli stessi dati possano essere utilizzati per ottenere “What if analysis” senza reimmettere alcuna informazione. Questo significa, ad esempio, che modificando una situazione economica si può ottenere il ricalcolo automatico della situazione patrimoniale e finanziaria senza che i dati immessi subiscano delle modifiche reali alla base. Lo strumento è a tal punto flessibile da fornire soluzioni anche a situazioni ipotetiche complesse, nel rispetto dei dati e delle regole inserite. Simulatore Finanziario e sistemi ERP: che rapporto? Il fine del sistema è calcolare nel modo più preciso possibile il futuro andamento di un’azienda. Per cui, pur avendo caratteristiche simili, non è interscambiabile con lo strumento di governo della stessa, come è appunto un software ERP (Enterprise Resource Planning). L’opportunità che l’affiancamento di queste tecnologie genera è la possibilità che, una volta alimentato correttamente il Simulatore e rappresentato 62
lo scenario aziendale futuro, il risultato contabile di questa simulazione in termini di dati analitici (scritture contabili future) possa essere di supporto all’esecuzione delle funzionalità previste in un ERP. In che modo questa tecnologia innova il modo di agire e pensare dell’azienda? E la cultura organizzativa? La prima reazione degli imprenditori che testano o utilizzano gli output dello strumento è generalmente di grande sorpresa: infatti, i dirigenti d’impresa si appassionano perché vedono rappresentata davvero la propria azienda nel futuro, riconoscendone i numeri e gli andamenti, per poi concentrarsi maggiormente sugli aspetti finanziari. Infine, direi che il prodotto genera “dipendenza” perché la possibilità di consultare il futuro andamento finanziario dell’azienda in modo veritiero e attendibile diventa un elemento discriminante per la valutazione degli investimenti. Dal punto di vista operativo, poi, si scopre che i vari direttori si affezionano all’idea di poter verificare le conseguenze e l’impatto finanziario di ogni singola attività. Di fatto l’azienda proietta la maggior parte delle sue energie verso il futuro piuttosto che verso il passato. E questa è la vera svolta. Quale tipologia di azienda può avere necessità del Simulatore Finanziario? E in quali aree funzionali viene maggiormente impiegato? Ogni azienda che abbia l’esigenza di pianificare con elevata precisione di calcolo l’andamento futuro ha la necessità di dotarsi di uno strumento di questo tipo, dunque la dimensione aziendale non rappresenta una condizione limitante per il suo utilizzo. Le grandi aziende sono solo più preparate ad un impiego più spinto del prodotto. Il Simulatore Finanziario può essere perciò utilizzato in qualsiasi azienda, ma è possibile ottenere il massimo dei benefici in quelle realtà che si caratterizzano per produzioni industriali ordinarie o per commessa, con situazioni di natura finanziaria complesse da gestire. Che scenari aprono queste tecnologie? L’introduzione di queste tecnologie è rivoluzionaria e porrà automaticamente fuori dal mercato le aziende che non si doteranno di tali strumenti. Si pensi infatti, per analogia, alla differenza tra un’automobile dotata di tutti i migliori strumenti di guida - dal navigatore al visore notturno, alle informazioni sul traffico, alla gestione delle alternative di viaggio, ai consigli sui rifornimenti di carburante - ed un’autovettura che invece non ne disponga. Quale tra queste due ha più possibilità di arrivare alla propria destinazione con successo e nei tempi stabiliti?
scenari L’apporto umano: che valore? Il fattore umano è di primaria importanza, è una componente irrinunciabile. Il Simulatore, infatti, è un ottimo strumento di calcolo ma non può sostituire chi è alla guida dell’azienda, ossia l’imprenditore. Pertanto, se i dati di base immessi non saranno corretti (es. incrementi vendite non realistici), il sistema genererà output formalmente perfetti, ma gli obiettivi saranno irraggiungibili. La combinazione ideale è un buon comandante che sappia gestire una strumentazione di bordo all’avanguardia.
IL SIMULATORE FINANZIARIO Il Simulatore Finanziario è un sistema di intelligenza artificiale che fa uso della moderna tecnologia per determinare cosa succederà in seguito ad ogni scelta. Alla sua base oltre 18.000.000 di formule appositamente studiate per calcolare il futuro, garantendo nel contempo l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’azienda. A questo si aggiungono oltre 251.000 formule di solo controllo delle quadrature e della coerenza delle informazioni. Lo strumento permette di fornire tutte le scritture contabili, mese per mese e per 120 mesi, conto per conto (dal saldo iniziale fino a quello finale): in questo modo rende disponibile non solo le formule di controllo ma tutta la contabilità futura. Inoltre, mette a disposizione tutti i flussi di cassa con il metodo diretto. Uno degli esempi del carattere distintivo del sistema è la possibilità di verificare in tempo reale le variazioni della politica di lead time e di approvvigionamento in real time: semplicemente cambiando alcuni parametri, infatti, si può ottenere come risultato l’impatto finanziario derivante da un cambio della politica di approvvigionamento. L’amministratore delegato può dunque osservare in tempo reale le conseguenze economiche patrimoniali e soprattutto finanziarie di ogni sua decisione, può verificarne immediatamente la sostenibilità, può porre in essere in tempo reale azioni correttive, impiegando tutti i parametri aziendali, e può richiedere la soluzione automatica di problemi, sino a ieri impensabili. Alla base del sistema, frutto del lavoro del consulente d’impresa Maurizio Campi, una serie complessa di algoritmi che permettono di effettuare in pochissimi secondi calcoli molto elaborati da una base di dati immessi e nel rispetto dei parametri e delle regole inserite. 63
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INFRASTRUTTURE INFORMATICHE Come scegliere il giusto partner per ottimizzarle e supportarle
Qualsiasi soluzione gestionale, e i servizi a essa connessi, per poter funzionare necessita di un’infrastruttura informatica di base efficiente e funzionale. Si tratta di piattaforme tecnologiche che comprendono componenti software (sistemi operativi) e hardware (data center, server, storage, sistemi di rete, sistemi di backup) base per fare “girare” correttamente tutte le applicazioni e i servizi di gestione. Diverse sono le tematiche che possono spingere ad intervenire su questi assetti attraverso veri e propri progetti di potenziamento o servizi di supporto. Analizziamole insieme.
Franco Pellizzari, IT Infrastructure Account Manager Sistemarca Srl. Quali le principali problematiche che spingono le aziende ad intervenire sull’infrastruttura informatica? Le tematiche che spingono un’azienda a metter mano al proprio assetto informatico sono talmente diverse e numerose, che è pressoché impossibile stabilire una classifica delle priorità. Possiamo tuttavia tentare di sintetizzarle in quattro macroaree.
Franco Pellizzari 64
Efficienza dell’infrastruttura. Utilizzare e gestire meno dispositivi per fare le stesse cose, o utilizzare gli stessi dispositivi per fare più cose, significa aumentare l’efficienza dell’infrastruttura: si diminuisce così il TCO (costo di acquisto e di implementazione, costi energetici, costi di manutenzione, minore impegno di risorse umane, ecc.) ottenendo di fatto un minore costo unitario per virtual machine, o per utente, o per reparto, a seconda di come il controllo di gestione classifica i costi. Le tecnologie attuali, se ben applicate, consentono di ottenere enormi miglioramenti rispetto al passato e, nell’ottica di perseguire la migliore efficienza per tutti i reparti aziendali, anche l’area IT potrà contribuire in questo senso. Continuità del servizio. La necessità di ottenere dalla propria
infrastruttura le migliori garanzie di continuità di servizio, per quanto non sempre riconosciuta, è sempre maggiore. La tolleranza al fermo dei servizi varia da azienda ad azienda, e anche all’interno dell’azienda stessa le criticità sono diverse, ma non si può prescindere dal valutare almeno un livello minimo di tutela che è oggi ottenibile con investimenti anche molto limitati. L’implementazione di una soluzione in alta affidabilità piuttosto che l’integrazione tra l’esistente e un più complesso sistema in disaster recovery, locale o in cloud, rappresenta una problematica fra le più ricorrenti. Specifiche necessità aziendali. L’implementazione di un nuovo ERP o di nuovi servizi applicativi, l’apertura di un nuova linea di produzione, una nuova sede, una fusione aziendale, l’accorpamento o la delocalizzazione di stabilimenti produttivi o di semplici branch offices: sono tutte situazioni che impattano anche sul sistema informatico aziendale che dovrà essere quantomeno rimodulato, se non addirittura sostituito, in funzione della nuova situazione venutasi a creare. In questo caso, tanto più l’infrastruttura è stata progettata e realizzata in un’ottica di flessibilità e modularità, tanto meno sarà l’impatto degli interventi di integrazione o modifica dell’assetto IT preesistente. Obsolescenza. Una volta raggiunto un alto livello di obsolescenza, il mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed affidabilità dell’infrastruttura IT impone dei costi di manutenzione, di aggiornamento e di gestione spesso maggiori rispetto all’acquisto di un nuova infrastruttura. Inoltre, il continuo sviluppo di applicazioni che sfruttano tecnologie sempre più moderne è causa di incompatibilità talvolta generazionali. Rinunciare ad utilizzare nuove soluzioni perché non compatibili con l’assetto in uso talvolta significa pagare uno scotto troppo alto in termini di competitività e di redditività. Ragione sufficiente, se non vincolante, per intraprendere un percorso di aggiornamento e ottimizzazione dell’infrastruttura IT. Quali sono i criteri che un’azienda dovrebbe tener presente per scegliere il progetto e il partner tecnologico più adeguati alle proprie esigenze? Banalmente verrebbe da rispondere che un’azienda deve scegliere il progetto che meglio risolve le proprie specifiche problematiche. Oggi le soluzioni disponibili sono così tante e varie, a volte in alternativa fra loro, a volte integrabili, che si corre il rischio di perdersi e optare per soluzioni sovradimensionate o sbilanciate. Un’obiettiva valutazione di quanto disponibile sul mercato, con un occhio ai budget, combinato con le necessità immediate e del prossimo futuro dell’azienda sono la ricetta sempre valida per ottenere il “vestito su misura” che alla lunga paga sempre. Per quanto riguarda il partner più adeguato, alcune considerazioni: Partner mono-brand o multi-brand. È probabile che un partner
scenari mono-brand faccia di tutto per far diventare l’unica soluzione per lui vendibile quella più efficace. Ma il partner che è multi-brand e ha la possibilità di commercializzare più prodotti, essendo certificato presso un numero ampio di vendor e avendo a disposizione più competenze, potrà scegliere per ciascun componente il meglio per quel cliente, facendosi garante della perfetta compatibilità dei componenti e dell’efficacia del risultato finale. Affidabilità. Beh, se anche i dati in un’azienda, ed il sistema informatico che li gestisce, sono un patrimonio da guardare con attenzione e premura, consapevoli che dalla disponibilità e dall’efficienza di quel sistema dipende buona parte della produttività e redditività dell’azienda stessa, credo che il partner che meglio di altri mi garantisce stabilità, affidabilità competenza, sia quello su cui cadrà più naturalmente la scelta. Esperienza e competenza. Infine, le priorità delle aziende si possono differenziare, e anche di molto, da caso a caso: talvolta viene preferita la soluzione tecnologicamente più all’avanguardia, a volte quella più conservativa, o quella di un partner geograficamente più vicino, o più banalmente quello con l’offerta più economica. Ma alla fine tutti chiedono ad un’infrastruttura informatica semplicemente di funzionare, e bene. E solo un partner esperto, stabile e competente, in grado di interpretare le dinamiche e le esigenze del cliente fino a costruire per lui quel “vestito su misura” citato sopra, costituisce la spalla su cui poter sempre contare.
Attilio Cuccato, Responsabile Servizi e Prodotti, e Coordinatore Operativo Ekipment Srl. Quali sono le principali problematiche aziendali per le quali si richiede l’intervento di una società di servizi di assistenza tecnico-sistemistica? Lo sviluppo e l’ampliarsi dei sistemi informativi presso le aziende aumentano a loro volta in maniera esponenziale quelle che sono le implicazioni relative alle necessità di supporto, gestione e mantenimento delle stesse. Svariate possono essere le necessità da parte dei clienti ma quasi tutte partono dalle esigenze evidenziate di seguito. Risposte a eventi straordinari o non prevedibili. Un guasto hardware o un problema sistemistico, che a loro volta possono avere molteplici cause: ambientali, per infezioni virali, legate alla sicurezza o per un banale aggiornamento non andato a buon 65
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fine. Più le aziende sono strutturate e meno possono affidarsi al caso. Cercheranno quindi un partner che potrà assicurare loro un controllo continuo esternalizzando in questo caso il monitoraggio e il management della loro infrastruttura. Questo permetterà loro di anticipare eventuali disservizi. Sempre in un’ottica preventiva, aziende con necessità più contenute potrebbero richiedere un controllo periodico, ossia un “check up” sistemistico da remoto per verificare la buona efficienza dei sistemi, hardware o software. Attività programmabili. In alcuni casi la Direzione IT potrebbe aver bisogno di personale esterno all’azienda che la supporti in attività temporanee di manutenzione o help desk, per le quali sarebbe poco produttivo utilizzare personale interno. Assistenza sistemistica specializzata. Oppure le sue richieste andranno alla ricerca di skill maggiori, nel caso ad esempio di aggiornamenti dei sistemi o migrazioni di piattaforme. Analisi e studi di fattibilità. O ancora, trovandosi di fronte ad un calo di performace, sarà urgente un’analisi più approfondita attraverso un assessment generale propedeutico a identificarne le possibili cause. Nell’ambito di progetti di revisione o potenziamento dei sistemi in uso, l’assessment potrebbe essere richiesto come attività propedeutica ad uno studio di fattibilità vero e proprio. Consulenza. Diverse ancora le richieste dal Management e dalla Proprietà di un approccio più consulenziale. Probabilmente meno specialistico, ma con una visione più allargata e in grado di sondare varie tematiche, in alcuni casi anche esterne o solo in relazione parziale con l’IT. Importante per l’azienda cliente è che il consulente riesca a capire le sue necessità, individuando le problematiche reali e quelle percepite. Per il consulente invece la sfida più grande sarà
Attilio Cuccato 66
far emergere quelle nascoste, sommerse dalla quotidianità e dalle scelte acquisite. Formazione. Dall’area IT potrebbero arrivare richieste di formazione di tipo più pragmatico. Non corsi canonici, in aula o via web, dove un docente spiega e i partecipanti ascoltano, ma un tipo di formazione in affiancamento al consulente per figure IT interne all’azienda e già in possesso di competenze che necessitano solo di un aggiornamento specialistico. Un tipo di formazione che noi definiamo “on the job”. Quali gli aspetti a cui un’azienda dovrebbe prestare maggiore attenzione per scegliere il partner adatto alla gestione delle problematiche sopra descritte? Direi che, seppur banale, il criterio principale che un’azienda dovrebbe adottare nella scelta di un partner è sempre “il miglior servizio al prezzo più basso”. Certamente i contenimenti dei costi che le aziende devono affrontare portano spesso a valutare prima di tutto il prezzo, confidando nella qualità. Tuttavia, quali sono i criteri per capire se un partner è veramente in grado di mantenere quello che un po’ tutti vanno a dire e scrivere quando si tratta di servizi rivolti all’IT? Ecco una serie di domande che un’azienda potrebbe tener presente nella valutazione di una società di consulenza e assistenza per valutarne solidità, competenze, esperienza, approccio consulenziale. La società che sto valutando ha le competenze necessarie? Se si, sono queste supportate da un numero importante di realizzazioni? Ha delle certificazioni sulle soluzioni e i prodotti che installa o supporta? Da quanto tempo è stata fondata la società? Come è strutturata e che fatturato ha? Da quante persone è composto lo staff tecnico? La società può assicurare un servizio di monitoraggio 24x7x365 e un supporto remoto sempre presidiato? Ha tecnici sempre reperibili telefonicamente? Che tempi di reazione ha nel caso dovessi contattarla? Come è possibile contattarla? Si può contare sull’affiancamento al mio personale IT da parte dello staff tecnico della società consulente? Se fossi un’azienda cliente prima di tutto andrei a verificare questi criteri. Poi il prezzo. Aldilà di ciò che può essere scritto o non scritto nei contratti, capirei molto bene e nel dettaglio ciò che viene offerto. Certo quello che si va a firmare nell’adesione ad un contratto è molto importante, tuttavia sono convinto lo siano maggiormente i rapporti personali e la fiducia che solo col tempo si instaureranno significativamente nel rapporto tra un cliente e l’azienda di servizi che lo supporterà. La fiducia resta ancora un fattore fondamentale e non è qualcosa che si può mettere nero su bianco. La si conquista rendendosi sempre disponibili, affrontando le criticità efficacemente, gestendo sempre e comunque le eventuali lamentele, prendendosi le proprio responsabilità.
stories
PIATTAFORME IT PER NUOVI ORIZZONTI Il System Integrator Iconsulting sceglie la soluzione IBM Flex System
Per una piattaforma informatica pronta alle sfide evolutive di domani, l’azienda di Bologna affida il progetto di potenziamento e ottimizzazione alla società CSI di Bergamo, specializzata in progetti di Information Technology.
Un team di “sarti di architetture e soluzioni” con un DNA da ricercatori e un laboratorio di R&D sui temi della Business Intelligence e del Performance Management: per Iconsulting, società dedicata all’implementazione di sistemi IT di elevato livello, l’infrastruttura informatica aziendale deve essere adatta all’oggi ma soprattutto preparata alle sfide che la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie porranno domani. Nata da un gruppo di ricercatori, Iconsulting è oggi un System Integrator indipendente specializzato nella progettazione di sistemi best-in-class di Data Warehouse, Business Intelligence, Performance Management e Big Data. Quattro sedi, la principale a Bologna e le altre a Roma, Milano e Londra, e all’attivo più di 300 progetti di successo su un portfolio di oltre 100 clienti di elevato standing. Al centro del business la ricerca e lo sviluppo, ai quali vengono dedicati il
25% delle attività aziendali, in collaborazione con prestigiose Business School ed Università italiane. Iconsulting è un vero incubatore di innovazione, oltre che una società di consulenza consolidata con all’attivo partnership di livello internazionale, focalizzata attualmente su temi di frontiera come Location Intelligence, Semantic Intelligence, Composition Management, Information Management. L’azienda è anche beta tester di diversi strumenti tecnologici e offre la possibilità di collegamento diretto con i laboratori di sviluppo dei software per garantire al cliente rapidità e massimo aggiornamento. “La costante crescita dell’azienda - commenta il Responsabile IT Maurizio Gentile - passata in soli dieci anni da 20 a 100 collaboratori, con la necessità di avere a disposizione nuove risorse hardware dedicate all’ambiente di test dei sistemi, 67
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ci ha portato a rivedere l’infrastruttura di sviluppo, produzione e backoffice, con l’obiettivo di potenziare il livello di servizio esistente mantenendo la facilità di gestione dell’intero parco server. L’obiettivo era predisporre un’infrastruttura tecnologica, adatta oggi, e pronta ad adeguarsi domani, in maniera veloce, efficace ed efficiente, sia all’aumento del numero delle tecnologie e dei prodotti in fase di ricerca e sviluppo, sia alla crescente complessità architetturale che tali tecnologie e prodotti richiedono. A questo si aggiungeva la necessità di supportare le nuove esigenze delle aree Sales e Business Development, introducendo un ambiente Demo dedicato, accessibile alla forza vendite e, on-demand, a nuovi prospect e clienti”. Una sfida non semplice che ha accolto CSI, società del Gruppo Eurosystem Sistemarca con sede a Bergamo, specializzata in soluzioni di Information Technology per le aziende. “Per affrontare il progetto - spiegano Giovanni Guerrato, funzionario commerciale di CSI, e Walter Carboni, consulente tecnico - abbiamo dovuto ripensare gli aspetti architetturali dell’infrastruttura tecnologica e affiancare all’attuale piattaforma di virtualizzazione una più moderna, modulare ed espandibile senza dover ampliare la sala macchine, gestibile in maniera veloce e centralizzata, basata su sistemi blade di ultima generazione IBM Flex System”. Gli IBM Flex System consentono di creare il proprio sistema per rispondere a requisiti IT univoci con una serie di componenti che includono nodi di elaborazione, storage, networking e funzioni di gestione dei sistemi. Rispondono così alle richieste di chi desidera un sistema integrato e personalizzato per consolidare l’infrastruttura utilizzando uno dei prodotti server blade più avanzato sul mercato. Tale soluzione ha permesso di ottimizzare anche le risorse preesistenti, consentendo inoltre, tramite l’introduzione di un ulteriore server rack, la predisposizione in un cluster di R&D Hadoop. Grazie allo chassis IBM Enterprise Flex è stato possibile contenere lo spazio fisico nei rack, semplificare il cablaggio, ridurre il consumo elettrico.
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La soluzione implementata consiste in un nuovo chassis IBM Flex System completo di alimentazione, connettività di rete, connettività allo storage ridondati. Lo chassis è stato popolato con dei server IBM x240 Node ed una SAN V7000. La soluzione è stata poi interconnessa all’ambiente pre-esistente. È stato infine, introdotto un ulteriore server per la costituzione di un cluster R&D Hadoop. Il Flex di IBM configurato con moduli di I/O ridondanti garantisce la massima tolleranza alle problematiche hardware e in abbinamento alla soluzione di virtualizzazione VMWare, permette la massima semplificazione della gestione che viene eseguita da semplici ed intuitive interfacce web. “Per far fronte a future necessità di aumento dello spazio disco e delle risorse a disposizione per l’ambiente di test e sviluppo conclude Giovanni Guerrato - Iconsulting dovrà solo acquistare nuovi Blade Server IBM da inserire nello chassis, configurarli e cominciare immediatamente ad utilizzarli. Il progetto tecnico realizzato garantisce all’azienda una solidità infrastrutturale di livello elevato, oltre che una maggiore agilità nella gestione delle attività di produzione e dei servizi di backoffice ai clienti, aumentando così la capacità dell’azienda di essere competitiva all’interno del suo mercato”.
scenari
LA NUOVA ERA DELL’INFORMATION TECHNOLOGY La visione IBM emersa nel Business Connect 2013
Il fattore tecnologico coinvolge ormai tutte le aree aziendali, dall’area IT a quella marketing all’amministrativa. Per le aziende diventa quindi indispensabile approfondire i trend tecnologici che le traghetteranno verso un il prossimo futuro. IBM, da sempre pioniera nell’innovazione IT, fa il punto della situazione offrendo utili spunti di riflessione.
Affrontare le nuove opportunità che la tecnologia porrà ai modelli di business, cercando di delineare azioni e strumenti “a misura di azienda” per gestire e cavalcare questa evoluzione. È la traccia dell’IBM Business Connect 2013, edizione di maggio, che ha messo insieme a Milano circa 1.500 professionisti. Manager IT, direttori marketing, titolari di aziende e responsabili finanziari si sono riuniti il 23 maggio presso il Palazzo di Ghiaccio per ascoltare la visione di Ibm e di grandi esperti internazionali sui trend tecnologici del prossimo futuro: Analytics&Biga Data, Cloud, Mobile Computing e Social Business. Sono questi, secondo IBM, i fenomeni tecnologici che stanno creando una nuova era dell’Information Technology,
convergendo verso un’unica dimensione digitale che ha come leva di cambiamento l’informazione. Social media, mobile computing, cloud, big data e lo stesso ruolo giocato dai consumatori sono tra loro strettamente collegati e, come tali, in grado di alimentarsi gli uni con gli altri contribuendo a generare una mole crescente di dati. E mentre il mobile computing si afferma sempre più come nuovo modello di consumo dell’IT, richiedendo la scalabilità e la flessibiltà che solo il cloud può offrire, la business analytics fornisce strumenti capaci proprio di trasformare le informazioni complesse in conoscenza che, oggi, rappresenta la risorsa più preziosa. Era stato Nicola Ciniero, presidente e amministratore delegato di IBM Italia, a ricordare sempre sulla pagine di Logyn che 69
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“Il pianeta non è solo tecnologico ma interconnesso. I due miliardi di persone che utilizzano Internet possiedono oggetti d’uso quotidiano in costante comunicazione tra loro. E la realtà nota come “Internet delle cose” la cui prospettiva, conduce nientemeno ad un trilione di oggetti connessi, e non solo tecnologici: auto, pc, tablet, macchine fotografiche, autostrade, ferrovie, giacimenti minerari, oleodotti, fiumi, oceani, medicine, culture e persino mandrie di bestiame. Tutto ciò genera una grande quantità di dati che le tecniche di analisi avanzate e i supercomputer sempre più potenti possono trasformare in conoscenza, da mettere a fattor comune”. I dati, infatti, per quanto numerosi ed eterogenei possono rivelarsi inutili se non vengono analizzati con gli appositi strumenti, trasformati dunque in conoscenza, per dare valore al business. Occorrerà allora investire in nuove competenze e in nuove ricerche per lo sviluppo di tecnologie che non siano più - o non solo - abilitanti ma che rappresentino un fattore differenziante per creare vantaggio competitivo e permettere di raggiungere l’eccellenza in termini di prestazioni aziendali. In un pianeta più intelligente, l’informazione è qualcosa di più di una risorsa: l’informazione ha il potere di trasformare il business, se si è in grado di capitalizzarne il potenziale. Da qui ha preso le mosse l’evento IBM aperto dall’intervento del vicepresidente Paolo Dell’Innocenti che ha dato il suo benvenuto ai presenti e presentato l’ospite d’eccezione Erick Qualman, autore del best seller “Socialnomics: How Social Media transforms the way we live and do business”. A seguire, c’è stata l’intervista fatta dal direttore di Wired Carlo Antonelli a Qualman, lasciandogli poi il posto di moderatore durante i quattro interventi introduttivi del CMO di IBM Italia Cristina Farioli, del CFO IBM Italia Sal Agosta, del S&D Financial Sector di IBM Italia Fabrizio Renzi e del vice presidente Rational Europe di IBM Stefano Stinchi. Ciascun leader ha poi aperto il percorso dedicato ai propri “peer”: per i CMO la track sul temaSocial Business e Smarter Commerce, per i CFO quella sul tema Big Data & Analytics, per i CIO la Cloud e Smarter Infrastructure e, infine, il Mobile per i 70
responsabili dello sviluppo applicativo. Nell’ambito dell’area tematica dedicata al marketing, smarter commerce, social business e analytics sono stati gli argomenti portanti dei vari speech. Hanno partecipato, oltre a rilevanti figure di IBM come Alessandro Chinnici, Enterprise 2.0 Social Business Consultant & Evangelist, aziende come SKY che è riuscita a far capire al suo pubblico quale direzione sta prendendo il marketing. All’inizio, durante e alla fine di ogni discorso, la parola ricorrente è stata “analisi”, per capire i comportamenti, per definire l’andamento della campagna, per ottimizzare la conversion rate e per testare formule più efficaci in un’ottica di continuo miglioramento. La tendenza percepita è verso ciò che viene definito “Real Time Marketing” cioè campagne disponibili nel momento esatto in cui nasce un bisogno, e di analisi fatte sul momento capaci addirittura di prevedere con esattezza l’immediato futuro. Stefano Stinchi ha invece introdotto le conferenza sul mobile spiegando che l’elemento fondamentale del nuovo business delle app è capire cosa vogliono gli utenti e affrontando il tema del responsive web design, l’utilità e la necessità di avere un unico sito internet che si adatta a qualsiasi tipo di device. Gli argomenti trattati hanno toccato aspetti quali l’importanza che ricopre il mobile nelle vite quotidiane di tutti, addirittura è stato definito la nuova rivoluzione dopo quella del web. I Google Glass® sono stati l’esempio di quanto il mobile, in un futuro più che prossimo, diventino un’estensione dei nostri sensi, le generazioni future non porteranno con sé alcun dispositivo. Lo indosseranno. Ad aprire questo track è stato Fabrizio Renzi, nel quale sono stati affrontati i temi del sempre più concreto mondo del web 3.0, “l’internet delle cose”. Sono state ampliamente discusse le tematiche delle smart cities e delle infrastrutture IT, inserite in un mondo dove le logiche urbanistiche si intrecciano consciamente con le funzionalità tecnologiche e con la connessione in rete.
La carta che fa bene YouCard è la carta che fa bene perché è flessibile. La ricarichi come una prepagata, puoi addebitare gli acquisti in conto corrente come un bancomat, puoi posticipare l’addebito delle spese come una carta di credito. Inoltre, scegli tu il pin e puoi Il PIN cambiarlo quando vuoi e tutte le volte lo scegli tu! che vuoi. Per saperne subito di più:
MESSAGGIO PUBBLICITARIO CON FINALITÀ PROMOZIONALE. PER LE CONDIZIONI CONTRATTUALI FANNO RIFERIMENTO I FOGLI INFORMATIVI DISPONIBILI SUL SITO WEB E PRESSO LE FILIALI DELLA BANCA.
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Start up e innovazione Agevolazioni dal “decreto sviluppo bis” RICCARDO GIROTTO
scenari
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Con “start up” si definisce un’impresa di nuova costituzione e in avviamento, solitamente operante nel campo dell’innovazione tecnologica e scientifica e gestita da soggetti mediamente giovani. L’ordinamento italiano ha recentemente introdotto misure a sostegno di questi nuovi soggetti economici, offrendo loro agevolazioni in ambito societario, lavoristico, fiscale e finanziario. A sostegno delle start up è stato dedicato il d.l. 179/2012 (cosiddetto “decreto sviluppo bis”), il quale all’art. 25 (così come novellato dal d.l. 76/2013, c.d. “decreto lavoro”) specifica nel dettaglio la nozione di “start up innovativa”, ossia il soggetto destinatario degli interventi previsti dal decreto. Con tale definizione si intendono le società di capitali residenti in Italia, non quotate su un mercato regolamentato e rispondenti a specifici requisiti, tra cui: svolgimento attività da non più di 48 mesi; sviluppo e commercializzazione di prodotti/servizi innovativi ad alto valore tecnologico come esclusivo oggetto sociale; destinazione alle spese in ricerca e sviluppo di almeno il 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della start up; impiego, per almeno un terzo dell’organico complessivo, di personale con titolo di dottorato di ricerca o di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata, ovvero per almeno due terzi dell’organico complessivo, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell’art. 3 del Decreto Ministeriale 270/2004. Le imprese che rientrino in questa categoria sono esentate dalla normativa sulle procedure concorsuali conseguenti a crisi aziendali: le start up vengono, infatti, fatte rientrare nelle imprese non assoggettabili a misure quali il fallimento
o il concordato preventivo, e per le quali è invece prevista una speciale procedura per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (disciplinata dalla legge 3/2012). Alle start up è inoltre concessa una deroga all’obbligo di riduzione del capitale sociale nel caso di ingenti perdite patrimoniali da parte della società: ad esse è, infatti, consentito di diminuire la perdita a meno di un terzo entro il secondo esercizio successivo (a fronte di un termine altrimenti fissato al primo esercizio successivo). Con riguardo alle agevolazioni di carattere più propriamente “attivo”, l’attività propria della start up è considerata, per i 4 anni successivi alla costituzione della società, sufficiente a motivare la stipulazione di un contratto a tempo determinato; sempre entro i primi 4 anni è peraltro possibile stipulare più contratti a tempo determinato con il medesimo collaboratore, senza la necessità di osservare una soluzione di continuità e derogando al limite massimo di durata di 36 mesi disposto in via ordinaria per questo tipo di rapporti di lavoro. Ai contratti a tempo determinato di cui si è detto finora, inoltre, non si applica il contributo addizionale dell’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Dal punto di vista fiscale, invece, il d.l. dispone che, per i periodi di imposta 2013, 2014 e 2015, dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche vada detratto
un importo pari al 19% della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più start up innovative, direttamente o tramite organismi terzi; per i medesimi periodi di imposta, inoltre, non concorre alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (diversi da start up innovative) il 20% della somma investita direttamente nel capitale sociale di una o più start up innovative ovvero indirettamente per il tramite di organismi terzi. Infine, le misure di finanziamento in favore delle start up: è possibile raccogliere i fondi necessari tramite “portali di finanziamento online”, secondo il procedimento del “crowdfunding” che vede i soggetti privati apportare un contributo finanziario diretto ad un’attività ritenuta meritevole. La gestione di tali portali è affidata dal d.l. in via esclusiva alle imprese di investimento e alle banche autorizzate. Alle start up innovative è, inoltre, concesso gratuitamente l’intervento del Fondo centrale di garanzia per le PMI, secondo criteri e modalità semplificati da individuarsi con decreto ministeriale. Per ottenere queste agevolazioni è fondamentale l’iscrizione della start up nella sezione speciale del registro delle imprese. 73
SETTEMBRE 2013
Investimenti produttivi e PMI: strumenti a sostegno Nuovi interventi per l’innovazione aziendale ELENA GIOCO - RUGGERO PAOLO ORTICA
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Con l’art. 2, co. 1 del D.L. 21.6.2013, n. 69, meglio noto come decreto “del Fare”, sono state introdotti nuovi strumenti per favorire gli investimenti produttivi ad opera delle imprese: un intervento da tempo atteso viste le note difficoltà di accesso al credito delle aziende italiane, che ricorda per molti aspetti la L. 28.11.1965, n. 1329, conosciuta come Legge Sabatini. Nell’attesa del decreto attuativo al quale viene demandata l’esatta identificazione di tutti i presupposti necessari per poter beneficiare di tali agevolazioni, oltre che le specifiche modalità operative, sono già state chiarite alcune linee guide che di seguito riassumiamo. Saranno esclusivamente le piccole medie imprese - come individuate dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6.5.2003 recepita nel nostro paese con D.M. 18.04.2005 - a poter accedere agli investimenti agevolati, ossia tutte le PMI che soddisfino entrambi i requisiti sotto esposti: • fatturato annuo non superiore ad euro 50 milioni, oppure totale dell’attivo patrimoniale non eccedente euro 43 milioni; • meno di 250 occupati, considerando tali i dipendenti, non necessariamente a tempo indeterminato, comunque legati all’azienda da formule contrattuali che prevedono il vincolo di subordinazione, ad eccezione di quelli posti in cassa integrazione straordinaria. Tali condizioni verranno desunte dal 74
bilancio dell’ultimo esercizio chiuso e regolarmente approvato precedente la data di sottoscrizione della domanda di agevolazione. Per investimenti agevolabili si intendono macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, comunque acquisiti dall’impresa, ovvero sia in proprietà che a mezzo leasing, fino alla data del 31.12.2016. Gli investimenti potranno beneficiare dell’accesso a finanziamenti agevolati presso gli istituti di credito aderenti alla convenzione che il Ministero dello Sviluppo economico - sentito quello dell’Economia e delle Finanze - dovrà stipulare con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. e l’Associazione bancaria italiana. Si tratterà di finanziamenti che potranno avere una durata massima di 5 anni dalla data di stipula del contratto, per un valore massimo complessivo non superiore a 2 milioni per ciascuna impresa beneficiaria (anche frazionabile in più iniziative d’acquisto). Il prestito potrà arrivare a coprire il 100% dei costi ammissibili, sempre da individuarsi a cura dell’atteso decreto attuativo il quale dovrà, inoltre, stabilire le condizioni, la misura e la modalità di erogazione del correlato contributo in conto interessi.
In particolare tale contributo, erogato in più quote, avrà un importo massimo pari alla somma degli interessi calcolati sui finanziamenti applicando un tasso convenzionale, che al momento il governo stima nel 2,7% annuo. A conti fatti, si tratterebbe, approssimativamente, di un dimezzamento dei tassi di interesse. Per quanto riguarda poi l’ammontare delle risorse finanziarie che saranno rese disponibili, la prima tranche del plafond della Cdp, che sarà probabilmente fissata in 1 miliardo di euro, potrà essere erogata a partire dal 2014; nel 2015 e nel 2016 scatteranno la seconda e terza tranche, da 750 milioni di euro ciascuna, mentre bisognerà aspettare la nuova “legge di stabilità” per sapere se l’intervento della Cdp potrà essere ulteriormanete potenziato fino a 5 miliardi. Nell’ambito dell’agevolazione, infine, il Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’art. 2, co. 100, lett. a), L. 23.12.1996, n. 662, con modalità e priorità di accesso che verranno definite da norme di prossima emanazione, sarà volto ad assistere tali finanziamenti nella misura massima dell’80% del
loro ammontare. A tal fine lo stesso D.L. n. 69/2013, all’art. 1 prevede esplicite misure di rafforzamento del Fondo di Garanzia per le PMI, che si sostanzieranno nell’aggiornamento dei criteri di valutazione delle imprese per l’accesso al credito rispetto all’andamento del ciclo economico e del mercato finanziario e creditizio, nella semplificazione delle procedure di rilascio ed aggiornamento delle garanzie prestate e nel privilegiare le nuove iniziative d’investimento rispetto a quelle per le quali gli istituti di credito abbiano già deliberato il relativo finanziamento alla data di presentazione della richiesta di garanzia. Da ultimo, un breve accenno ad un’ulteriore misura agevolativa introdotta dal D.L. 21.6.2013, n. 69, all’art. 3 che prevede il rifinanziamento, con risorse pari a 150 milioni di Euro, dei Contratti di Sviluppo per la realizzazione di progetti di investimento di rilevanti dimensioni di cui all’art. 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Con tale disposizione vengono così riammesse le cd. “aree diverse” previste in origine dalla norma istitutiva, ovvero le regioni del Centro-Nord, mentre i soggetti destinatari delle agevolazioni sono le PMI presenti su tutto il territorio nazionale
(con esclusione di alcune tipologie di attività economiche) e le “Grandi Imprese” operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, con meno di 750 dipendenti e/o il cui fatturato annuo risulti inferiore a 200 milioni di Euro. I contratti di sviluppo hanno per oggetto la realizzazione, su iniziativa di una o più imprese, di programmi di sviluppo industriale, programmi di sviluppo turistico o programmi di sviluppo commerciale. Ogni programma può prevedere anche la realizzazione di opere infrastrutturali, materiali ed immateriali, funzionali all’oggetto del contratto di sviluppo, mentre i progetti d’investimento devono essere volti ai seguenti obiettivi di sviluppo: • realizzazione di nuove unità produttive; • ampliamento di unità produttive esistenti;
scenari di mera sostituzione. I programmi devono concludersi entro 48 mesi dalla presentazione dell’istanza di accesso. L’accesso alle agevolazioni al finanziamento, concesse sia nella forma di conferimenti di capitale che di misure a favore del capitale di rischio, è soggetto ad ulteriori e variegate condizioni a seconda della tipologia di programmi di sviluppo e dei soggetti beneficiari, per le quali si rinvia alle disposizioni contenute nella norma istitutiva e alle istruzioni fornite da Invitalia, l’organismo deputato alla raccolta e all’istruttoria sulle richieste presentate.
• diversificazione della produzione di un’unità produttiva in nuovi prodotti aggiuntivi; • cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo di un’unità produttiva esistente. Non sono ammissibili alle agevolazioni i progetti costituiti da investimenti
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SETTEMBRE 2013
Recupero Crediti: il decreto “del Fare” Il legislatore interviene sui tempi connessi all’utilizzo del decreto ingiuntivo ANDREA MANUEL
Con il decreto CD Fare (decreto legge 21.06.2013 n. 69 in Gazzetta Ufficiale 21.06.13) il Legislatore è intervenuto ed ha dettato misure per la crescita economica, semplificazioni e, per quanto qui interessa, ha introdotto il titolo terzo “misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile”. Con il Decreto è stata, tra gli altri provvedimenti, disposta la nomina di Giudici Ausiliari (nel numero di 400) che dovrebbero aiutare lo smaltimento degli arretrati e sono state introdotte (modeste) misure processuali al fine di agevolare - e velocizzare - la soluzione delle controversie. In particolare ha introdotto (articolo 68) una modifica del codice di procedura civile incidendo sulla disciplina relativa allo strumento del decreto ingiuntivo che, come ben sanno tutti gli imprenditori è il principale strumento utilizzato per il recupero dei crediti. Lo stesso, infatti, ha (rectius: dovrebbe) avere il pregio della rapidità perchè si sostanzia in una sorte di “condanna anticipata” laddove il Giudice, in presenza di una dimostrazione sommaria del credito da parte dell’imprenditore (normalmente un estratto delle scritture contabili), emana una sentenza di
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condanna anticipata (tale è il decreto ingiuntivo) nei confronti del debitore. Quest’ultimo avrà la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo ma solo entro un termine ben determinato (normalmente 40 giorni), e, anche in tal caso, il Giudice potrà sempre concedere la provvisoria esecuzione del decreto se ad un sommario esame, le contestazioni non appaiono sorrette da solide argomentazioni. Se in teoria il procedimento è molto rapido, in pratica questo non avviene. La richiesta di decreto ingiuntivo, infatti, viene presentata al Tribunale che - non sempre - provvede immediatamente e non è raro che passino 20/30 giorni dalla richiesta all’emissione. Poi necessita provvedere alla richiesta delle copie autentiche ed alla notifica e, anche qui, bisogna mettere in conto non meno di una decina di giorni. Una volta notificato
il decreto ingiuntivo, il debitore ha 40 giorni, dalla data di ricezione dell’atto, per poter proporre opposizione avanti al Tribunale competente. Poichè molto spesso le opposizioni sono puramente strumentali e dettate dal desiderio di rimandare il più possibile il pagamento, il debitore sfrutta al massimo il termine che gli è concesso e propone l’opposizione poco prima della scadenza del termine e, pertanto, dopo 30/35 giorni dalla ricezione del decreto ingiuntivo. Quindi dal momento della presentazione, al momento della notificazione dell’opposizione, normalmente, passano poco meno di 3 mesi. Ora l’opposizione si propone fissando un’udienza avanti al Tribunale e, sempre nell’ottica di dilazionare i termini, avviene normalmente che venga fissata a distanza di 4/5 mesi dalla notifica (e
scenari
sempre che - durante questi tempi - non intervenga il pericolo di “sospensione” feriale che va dal 31/07 al 15/07) che comporta un ulteriore allungamento dei tempi. Quindi non è certamente caso raro che dal momento della presentazione del decreto ingiuntivo alla data di comparizione delle parti passi poco meno di un anno per arrivare alla “fatidica” prima udienza laddove il creditore può formulare la richiesta della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo (che viene - dovrebbe essere concessa di fronte a una opposizione non fondata su prova scritta) e, finalmente, ottenere il titolo esecutivo. Non sempre, però, ciò avviene (o meglio: avveniva). Molte volte, infatti, il Giudice non era in grado di decidere alla prima udienza essendo oberato da cause e fascicoli e, pertanto, rinviava ad un’ulteriore udienza (anche dopo molti mesi) per poter prendere la decisione in ordine alla provvisoria esecuzione. I tempi, a questo punto, si dilatavano in maniera incontrollabile ma al creditore restava ben poco da fare. È vero che poteva chiedere l’anticipazione dell’udienza (laddove l’opponente avesse fissato un termine di comparizione particolarmente lontano) ma il più delle volte si sentiva rispondere,
dal Giudice al quale rivolgeva tale istanza, che il ruolo o il calendario non permetteva l’anticipazione dell’udienza. Alla prima udienza, poi (e sempre per indisponibilità del Giudicante) se non veniva assunta alcuna decisione in ordine alla provvisoria esecuzione non c’era nulla da fare. Ora qualcosa (in meglio...) è cambiata perchè è intervenuto il Legislatore con l’articolo 78 del decreto “fare” che prevede: 1. l’anticipazione di cui all’art. 163 BIS III comma (l’anticipazione dell’udienza nella quale si deciderà in ordine alla provvisoria esecuzione) deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine minimo per comparire 2. all’art. 648 I comma le parole “con ordinanza non impugnabile” sono sostituite dalle seguenti parole “provvedendo in prima udienza con ordinanza non impugnabile”. Sono modifiche apparentemente molto semplici ma certamente sostanziali perchè:
a. non sarà più possibile, al convenuto, fissare udienza a 5/6 mesi dalla notifica del decreto perchè, in tal caso b. il creditore potrà chiedere al Giudice l’anticipazione dell’udienza ed il Giudice dovrà (deve essere disposta ...) fissare udienza “non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire” c. il termine minimo per comparire è di giorni 45 e, pertanto, la prima udienza dovrà essere tenuta entro 75 giorni dalla notifica dell’opposizione d. alla prima udienza, poi, non vi potranno essere rinvii e/o tattiche dilatorie perchè il Giudice dovrà provvedere in ordine alla richiesta di provvisoria esecuzione. Quindi, riassumendo, la modifica introdotta comporta la riduzione dei termini di comparizione e l’obbligo, per il Giudice, di pronunciarsi sulla provvisoria esecuzione alla prima udienza. La norma, pertanto, avrà una rilevante importanza pratica per i creditori: il che dimostra come con degli interventi estremamente semplici, si possono ottenere dei risultati sicuramente importanti! Studio Legale Nordio-Manuel 77
SETTEMBRE 2013
Soluzioni ERP tramite cloud computing Le implicazioni giuridiche LUCIA BRESSAN
lbressan@studio-bressan.com
Quando l’ERP si sposta sulla nuvola è fondamentale valutare con attenzione la modalità di gestione dei dati per garantirne la massima protezione e sicurezza. Nel contratto di cloud computing la corretta individuazione dei ruoli di tutti i soggetti coinvolti è funzionale a identificare l’attribuzione dei rischi, delle responsabilità, e della legge applicabile in caso di contenzioso. Soluzioni ERP tramite cloud computing L’evoluzione dell’ERP (Enterprise Resource Planning) e del relativo deployment (consegna al cliente con relativa installazione e messa in funzione) ha visto il passaggio da soluzioni e modelli di implementazione in sede (on-premise) a soluzioni e tecnologia c.d. “cloud”, grazie all’aumento delle proposte della nuova piattaforma ed ai vantaggi evidenziati dalla stessa. L’organizzazione e gestione aziendale a mezzo del software ERP, dunque, può essere realizzata: a. in senso tradizionale, in loco, attraverso licenze collegate ai server ed alle attrezzature informatiche aziendali; b. attraverso l’hosting dell’applicazione presso piattaforme della nuvola informatica da parte di un terzo chiamato cloud provider (private cloud); c. attraverso l’offerta di un pacchetto di servizi (assistenza continua, gestione delle applicazioni, allestimento di ambienti pre e post-produzione, manutenzione dei sistemi, ecc.) in parte condivisa (public cloud). 78
Cloud ERP: implicazioni giuridiche Grazie ai concreti vantaggi quali, in primis, la riduzione dei costi e dei rischi di perdita dei dati salvati nei server proprietari aziendali, ed il costante accesso agli stessi da qualsivoglia connessione Internet, il cloud ERP sta suscitando sempre maggiore interesse. Ciononostante rimangono di fondo dubbi e timori circa la sicurezza informatica dei dati trasferiti e la certezza della tutela della privacy, della tutela della proprietà intellettuale e industriale, nonché incertezze circa la giurisdizione competente in caso di contestazioni e contenziosi. Prima di entrare nel cloud, infatti, è importante conoscere le implicazioni giuridiche che sono allo stesso pertinenti.
in modo da tutelare al meglio i dati personali degli utenti che si affidano ad un contratto di cloud computing (in particolare vedasi la relazione del Garante della Privacy del 23 giugno 2011: “Relazione sul quattordicesimo anno di attività e sullo stato di attuazione della normativa sulla privacy”. Contestualmente l’Autorità Garante si è soffermata anche sul cloud computing, presentando il “Cloud computing: indicazioni per l’utilizzo consapevole dei servizi”). Trattasi tuttavia semplicemente di indicazioni e prescrizioni, non cogenti, relativamente ai soli aspetti attinenti al trattamento dei dati, lasciando alle parti (cloud provider e utente-fruitore) la libera regolamentazione del rapporto contrattuale che disciplina la gestione e le modalità del servizio offerto.
Esistono regole chiare che mi garantiscono l’utilizzazione sicura del cloud? Il Garante della Privacy, nella consapevolezza che l’utilizzo dei servizi di cloud computing prefigura problematiche risolvibili solamente a livello europeo e internazionale, nelle more è intervenuto al fine di favorire un utilizzo responsabile, consapevole e corretto dei servizi virtuali del cloud, in particolare dettando informazioni per l’utilizzo della tecnologia
E quindi, come mi tutelo? È necessario analizzare attentamente, dal punto di vista giuridico, i contratti di cloud computing partendo dall’analisi del tipo di servizio offerto. L’effettivo oggetto e contenuto della prestazione richiesta dal cliente al cloud provider permette di meglio comprendere la natura giuridica, l’assetto degli obblighi e, conseguentemente, le relative responsabilità. Potrebbe prevalere il servizio di hosting
del cloud di tipo puro Infrastructure as a Service (Iaas), ovvero altri servizi di volta in volta da verificare e compresi nella diversa forma denominata Sotware as a Service (Saas) o ancora Platform as a Service (Paas). Per ricondurre il rapporto alla disciplina giuridica, a seconda della configurazione del cloud potremmo assimilare lo stesso ad un contratto di deposito regolare o irregolare di beni (beni digitali - informazioni - allocati nella nuvola) che implica un diverso regime di responsabilità; a seconda del servizio erogato, potrebbero coesistere elementi riconducibili all’appalto di servizi ed al contratti di licenza. Chi mi assicura la protezione dei miei dati? L’analisi dei ruoli dei soggetti nella disciplina del cloud si rivela quindi di fondamentale importanza per comprendere gli obblighi in materia di sicurezza dei dati personali e, conseguentemente, la relativa responsabilità. Oltre alle parti (utentefruitore e cloud provider) potrebbe intervenire nel rapporto una terza parte, atta a fornire servizi accessori, denominato cloud partner. Appare allora indispensabile individuare correttamente chi riveste il ruolo di “Titolare del trattamento” ovvero di “Responsabile del trattamento” dei dati al fine di precisare la responsabilità di ciascun soggetto coinvolto. Inoltre, a prescindere dalle formulazioni contrattuali e dalle policy per il disaster recovery, il cloud provider potrebbe assumere la (con)titolarità dei dati in ipotesi di offerta di servizi ulteriori rispetto al data storage. A che giudice mi devo rivolgere in caso di problemi? Tradizionalmente il diritto attribuisce un valore all’ubicazione geografica dei dati determinando, così, le questioni giurisdizionali. Il mondo
scenari virtuale (Cyberspace) è a sé stante rispetto all’universo reale, e come tale, privo di confini territoriali, di nazioni e, di conseguenza, di giurisdizioni. La conservazione dei dati in luoghi geografici differenti implica incertezze circa la normativa applicabile in caso di contenzioso e quale sia il giudice competente. È prassi generale contrattuale che la normativa applicabile sia quella del luogo in cui il cloud provider ha lo stabilimento o una sede; qualora il fornitore sia di grosse dimensioni, la nuvola può estendersi geograficamente su siti distinti. Ecco prevalere la legge dello stabilimento a cui è effettivamente e direttamente riconducibile il trattamento dei dati. L’identificazione tuttavia si rivela assai ardua. Concludendo L’utente fruitore del pacchetto cloud ERP dovrà necessariamente rivolgersi a professionisti al fine di analizzare attentamente il contenuto del contratto di cloud computing, che di per sé presenta una complessità strutturale in quanto composto da un documento quadro che regola gli elementi fondamentali dell’accordo e da tutta una serie di allegati tecnici, che definiscono nel dettaglio i vari parametri di servizio. Tutto ciò al fine di ottenere le dovute garanzie circa la precisa allocazione del rischio e della responsabilità. Studio Legale Bressan
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LA GRANDE SICUREZZA PER PICCOLE AZIENDE: NUOVE APPLIANCE FIRMATE CHECK POINT Le nuove appliance 600 mettono la sicurezza più avanzata a disposizione delle piccole e medie aziende che intendono proteggersi dalle più recenti minacce informatiche
Check Point® Software Technologies Ltd. (Nasdaq: CHKP), leader mondiale nella sicurezza in Internet, ha annunciato il lancio delle sue nuove Appliance 600, in grado di mettere la sicurezza più avanzata a disposizione delle piccole e medie aziende che intendono proteggersi dalle più recenti minacce informatiche, tra cui virus, spam e siti web malevoli. Le appliance 600 offrono una soluzione di sicurezza all-inone, compatta e conveniente, con prestazioni avanzate, un throughput del firewall di 1,5 Gbps ed un rating di 37 unità SecurityPower™ (SPU).
La sicurezza informatica è una preoccupazione sempre più crescente per le piccole e medie aziende. Secondo un recente report di Verizon, su 621 eventi di data breach presi in esame, quasi la metà hanno riguardato aziende con meno di 1000 dipendenti, e 193 addirittura hanno colpito realtà che contano meno di 100 lavoratori. Sempre più spesso, i cybercriminali prendono di mira le realtà più piccole perché prive dei sofisticati strumenti di sicurezza che invece solitamente le grandi aziende hanno. Le appliance 600 di Check Point offrono sicurezza completa per garantire che i dipendenti ed i dati delle piccole aziende siano costantemente protetti. Le Appliance 600 sono già dotate di funzionalità di livello enterprise, tra cui firewall, VPN, intrusion prevention (IPS), anti-virus, anti-spam, application control e URL filtering. Ma soprattutto, le Appliance 600 hanno le stesse avanzate funzionalità di next-generation firewall e threat prevention che si trovano sui prodotti Check Point utilizzati dalle aziende più grandi, come tutte le Fortune 100. Le appliance 600 sono facili da installare e gestire anche per i non-professionisti dell’IT. Opzioni flessibili di gestione via web vengono offerte attraverso un’interfaccia utente semplice ed intuitiva. E con una serie di policy di sicurezza predefinite, le piccole aziende possono avere la loro sicurezza a disposizione nel giro di pochi minuti.
Per ulteriori informazioni: www.checkpoint.com www.opsec.com
“Abbiamo testato le nuove appliance 600 di Check Point, e l’installazione si è rivelata veloce, semplice ed estremamente intuitiva”, spiega Nasser Hassan, chief technology officer del provider di tecnologie di sicurezza ZegTech. “Siamo davvero colpiti da questa nuova offerta. Le appliance 600 sono facili da gestire ed offrono una sicurezza completa, perfetta per le piccole aziende”.
Le caratteristiche principali delle appliance Check Point 600:
“Gli attacchi informatici alle piccole aziende sono in aumento. Ormai non vengono messe in pericolo solo le realtà più grandi, ma anche imprese con cento dipendenti o meno si rivelano obiettivi potenzialmente interessanti, e nessun settore verticale è immune da questo fenomeno”, commenta Dorit Dor, vice president of products di Check Point.
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“Con risorse limitate a disposizione, le piccole aziende spesso non sono in grado di combattere i cybercriminali più esperti. Le appliance 600 risolvono questo problema ed offrono alle realtà più piccole una soluzione di sicurezza efficace e completa, contenuta nei costi, che permette loro di accedere alle risorse critiche in ogni luogo e momento, riducendo al minimo il rischio di data breach.”
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Sicurezza di livello enterprise, a costi contenuti - a partire da 399 dollari Un unico dispositivo per accesso Internet, connettività di rete e sicurezza Avanzate funzionalità di firewall, IPS, next-generation firewall e threat prevention Gestione web-based, semplice ed intuitiva, perfetta per le piccole imprese Più reti wireless di accesso, con la possibilità di accedere ad Internet in modalità “guest”, limitando l’accesso alla rete corporate
Disponibilità Le appliance 600 di Check Point sono adatte a piccoli uffici fino a 100 dipendenti e sono disponibili in tre modelli differenti (620, 640 e 680), a costi particolarmente contenuti. Ogni modello di appliance può essere dotato opzionalmente di Wi-Fi. Ulteriori informazioni sulle funzionalità e sulle specifiche di prodotto sono disponibili su www.checkpont.com/smb. Le appliance 600 sono immediatamente disponibili presso i nostri partner in tutto il mondo.
Check® Point Software Technologies Ltd.
Check Point Software Technologies Ltd. (www. checkpoint.com) è leader mondiale della sicurezza su Internet e l’unico vendor in grado di offrire Sicurezza Totale a reti, dati ed endpoint, unificata in una singola infrastruttura di gestione. Check Point offre ai clienti protezione senza compromessi da ogni tipo di minacce, diminuisce la complessità e riduce i costi totali di possesso. Grazie a FireWall-1 e alla tecnologia Stateful Inspection, Check Point può essere definito il pioniere nel settore della sicurezza. Check Point continua ad innovare con lo sviluppo dell’architettura Software Blade grazie alla quale è in grado di offrire soluzioni sicure, semplici e flessibili che possono essere completamente personalizzate per rispondere alle specifiche esigenze di sicurezza di ogni organizzazione o ambiente. Tra i clienti Check Point vi sono tutte le aziende della lista Fortune 100 e decine di migliaia di organizzazioni di ogni dimensione. In aggiunta, la nota linea di soluzioni ZoneAlarm protegge milioni di utenti individuali da hacker, spyware e furti di identità.
SETTEMBRE 2013
LAVORARE CON IT E ICT
Telemarketing professionale come
opportunità formativa e culturale
Dalla curiosità verso una nuova soluzione alla manifestazione di un’esigenza inespressa, all’approfondimento commerciale. Il team di Telemarketing del Gruppo Eurosystem Sistemarca accompagna il nuovo cliente nel primo confronto con le soluzioni proposte, aiutandolo a riconoscere esigenze e possibilità di miglioramento.
Il vostro è un team di telemarketing professionale interno all’azienda: quale il vostro ruolo? B. Mastrangelo: “A noi viene affidato il compito di gestire il primo contatto con il ‘prospect’ (potenziale cliente), indagare le sue necessità e capire se i nostri servizi possono rispondere a queste. Detta così, può sembrare un’attività banale. In realtà è il frutto di un lavoro di relazione continuo con le aziende contattate per le quali rappresentiamo uno dei primi canali informativi diretti per l’approfondimento dell’offerta che proponiamo”. Pur lavorando per un’azienda di tecnologie informatiche non siete delle figure tecniche... 82
M. De Luca: “Far parte di una squadra di telemarketing professionale significa formazione, competenze, metodologia: tutte noi, prima di iniziare, siamo state preparate attraverso corsi specifici dedicati ai nostri prodotti, agli altri presenti sul mercato, alle dinamiche organizzative e gestionali tipiche delle imprese che risultano in target rispetto alla nostra offerta. Dobbiamo seguire, inoltre, procedure ben definite prima di contattare i prospect: ad esempio, profilare le liste di aziende, verificare la correttezza di nominativi e indirizzi email, cercare di capire come le aziende si strutturano utilizzando fonti esterne come il loro sito web. Il nostro obiettivo non è promuoverci genericamente ma cogliere i bisogni dei potenziali clienti e spiegare come la nostra proposta consulenziale può rispondere loro. In questo senso
la capacità di coltivare una buona relazione con il referente dei sistemi informativi e l’esperienza maturata sul campo sono requisiti fondamentali per fare bene il nostro lavoro. Colmiamo in parte un’esigenza del cliente formativa e culturale più che di approfondimento tecnico, che invece lasciamo ai colleghi commerciali e ai consulenti”. Ci raccontate la vostra giornata? E. Illiano: “Siamo in 4 ma abbiamo compiti e specializzazioni diverse: c’è chi si occupa di contattare aziende in target rispetto alla nostra soluzione ERP Freeway® Skyline, chi segue i clienti per progetti in ambito infrastrutturale, contattando quelle realtà che hanno nuove esigenze riguardo alla protezione dei propri dati, al parco server, alle reti. Oltre a monitorare in maniera continuativa i contatti già esistenti, ogni giorno ne ricerchiamo di nuovi utilizzando internet, riviste di settore, ogni piattaforma cartacea o digitale che può portare informazioni per noi interessanti”. Di che strumenti disponete? M. Dalla Lana: “Il nostro primo strumento è il telefono! Ma per far sì che le nostre chiamate offrano davvero un servizio e delle informazioni utili, facciamo sempre riferimento ad un portale CRM (Customer Relationship Management) che racchiude tutti i dati relativi alla clientela e lo storico delle relazioni instaurate con ogni nostro contatto. Troviamo poi nell’area marketing e commerciale un valido supporto relativamente alla documentazione tecnica di prodotto, spesso utile al responsabile IT per inquadrare l’argomento e capire se approfondirlo”.
Le intervistate, da destra in alto: Bruna Mastrangelo, responsabile Telemarketing Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl; le operatrici Morena Dalla Lana, Marina De Luca, Emma Illiano.
conosciamoci STILE LIBERO
SETTEMBRE 2013
Le aziende in “software selection”: che tipo di richieste vi fanno? Quali aspetti sentono la necessità di approfondire prima di fissare un eventuale incontro con l’area commerciale? B. Mastrangelo: “In realtà, più che essere le aziende a far presenti delle necessità, siamo noi a dover cogliere le loro esigenze, soprattutto in fase di ‘software selection’. La situazione più comune è quella di aziende che hanno due soluzioni gestionali, una per la parte amministrativa-contabile e l’altra per la produzione, e i due sistemi non si parlano. Oltra ad una serie di applicazioni esterne al sistema oppure ad un uso troppo esteso di excel come estensione del gestionale. Questo può dipendere dal fatto che l’azienda nasce con una certa dimensione o connotazione e dopo si trasforma, cambia pelle e mercato, si amplia, apre sedi all’estero, o passa da avere un cuore manufatturiero a potenziare la rete commerciale, o da una produzione in serie ad una a commessa, e viceversa. Questo tipo di trasformazioni costringono le imprese a meccanizzare le attività in tempi e con sistemi diversi fino a quando non matura la necessità di adottare una gestione integrata di tutte le aree. Tanti approfittano del cambio del sistema informativo per rinnovare i processi organizzativi e di business”. M. De Luca: “Tra le esigenze maggiormente sentite in questo periodo c’è una gestione efficiente del magazzino, che sempre più responsabili di area vogliono mantenere basso. Questo significa meno materiale fermo, che per l’azienda si traduce in un costo. Ma anche la gestione del post-vendita, che non tutti i sistemi gestionali comprendono, e che invece si rivela di particolare importanza per le aziende di produzione e vendita di macchinari con una vita lunga. O ancora la gestione del conto terzista”. M. Dalla Lana: “In generale l’attenzione ai costi e alla gestione di servizi legati ai propri clienti sono due aspetti fondamentali per i nostri interlocutori”. E le richieste in ambito infrastrutturale? M. De Luca: “Quello che preoccupa maggiormente le aziende è avere la capacità di garantire una continuità alle attività lavorative anche a fronte di imprevisti, guasti o malfunzionamenti. I responsabili IT hanno necessità di capire sempre più a fondo quali possibilità hanno a disposizione nell’ambito di progetti di disaster recovery, business continuity, salvataggio dei dati. E, di recente, anche nel cloud computing. In questo senso, un importante ‘biglietto da visita’ sono le partnership e le cetificazioni che come Gruppo possediamo, a testimonianza della nostra solidità. Ma importante è anche l’approccio che ci caratterizza: non la vendita a tutti 84
i costi, ma una consulenza mirata ad ottimizzare le risorse esistenti del cliente e progetti frutto di un’analisi approfondita dell’infrastruttura aziendale”. E. Illiano: “Un aspetto fondamentale in questo periodo è contenere i costi: cerchiamo di spiegare che il nostro obiettivo è soddisfare tutte le esigenze del cliente, fornendo il miglior servizio possibile entro i costi stabiliti”. Quanto conta, nel vostro lavoro, la sinergia con i reparti marketing e commerciale? B. Mastrangelo: “Il nostro team si inserisce all’interno dell’area marketing, per noi preziosa perchè ci fornisce di volta in volta informazioni sulle attività di comunicazione che si stanno organizzando, ci supporta con materiale e documentazione promozionale e tecnica, si confronta con noi su come diversificare le attività a seconda delle esigenze informative manifestate dalle aziende. Lavoriamo in un’area molto vasta, che spazia dal Triveneto alla Lombardia e all’Emilia Romagna, ciò che conta è la collaborazione reciproca. Con i commerciali c’è un rapporto ancora più stretto, quasi simbiotico. Loro andranno ad affrontare i potenziali clienti in una comprensione più approfondita delle problematiche e, successivamente, nella presentazione delle nostre offerte. Per questo c’è bisogno di cooperazione e chiarezza nel passaggio delle informazioni. Da questo punto di vista, l’utilizzo profondo del sistema CRM è la base per catturare e conservare tutte le informazioni potenzialmente utili per la gestione della trattativa”. Difficoltà e successi di questo lavoro... B. Mastrangelo: “Il vero successo è riuscire a traghettare il cliente dalla curiosità alla manifestazione di un’esigenza che sembrava inespressa, alla definizione di un appuntamento commerciale. Quando l’approfondimento si trasforma in una vendita e nella soddisfazione del cliente rispetto al progetto presentato e acquistato, cioè quando il risultato finale appartiene al lavoro competente e coordinato di un Gruppo, allora possiamo dirci davvero soddisfatte. Anche se, in questo tipo di lavoro, a volte anche solamente riuscire a dialogare con una persona rappresenta una soddisfazione. Non è facile, infatti, attirare l’attenzione dei nostri interlocutori, far sì che si ricordino di noi, senza essere invadenti. Ci sono molti filtri da superare, tante risposte negative, ed è una professione che richiede pazienza e costanza. Ma il nostro obiettivo rimane capire l’esigenza ultima del cliente, quella che spesso neanche lui sa di avere, e soddisfarla aprendo la strada ai nostri funzionari commerciali. E non molliamo, almeno finchè non succede!”.
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BACKUP DEGLI UFFICI REMOTI: Semplicità ed Efficienza le parole chiave Il backup e ripristino sono diventati una parte fondamentale del business e un’elemento essenziale della gestione dei dati. Le informazioni sono inutili se le aziende, i dipendenti o i business partner non posso accedervi quando necessario. La disponibilità e l’integrità dei dati, o la loro assenza, infatti possono minare direttamente le entrate e i profitti, oltre che la reputazione dell’azienda stessa. Inoltre, la modalità con cui si esegue il backup, le persone, i processi e l’infrastruttura possono influire sull’innovazione e su iniziative aziendali chiave. Può infatti accelerare o ridurre la velocità con cui vengono implementate nuove applicazioni o viene estesa la virtualizzazione nell’azienda e può migliorare o ostacolare i cicli di sviluppo del prodotto, gli sforzi per l’espansione globale o l’assistenza clienti.
utilizzando dispositivi a nastro che possono facilmente rovinarsi. La mancanza di un controllo centralizzato implica inoltre che il personale di ogni singolo ufficio esegua tali operazioni in modo differente o, in alcuni casi, non le esegua affatto. EMC offre una soluzione unica nel suo genere per rispondere puntualmente a tali esigenze. La tecnologia di deduplica consente di centralizzare in modo efficace il backup dei server, impiegando una quantità minima di larghezza di banda e un’overhead amministrativo molto ridotto. EMC Avamar, la soluzione di backup specifica per tali ambienti, è semplice, sicura e facile da gestire. Filtrando i segmenti di dati ridondanti prima di trasferirli, Avamar riduce del 99% la larghezza della banda di rete richiesta. Ciò consente backup giornalieri completi sulle reti esistenti. La gestione centrale semplifica il backup di uffici remoti, riducendo al contempo le ore lavorative del personale non IT e la dipendenza dai dispositivi a nastro locali. Durante il trasferimento sulla WAN, i dati vengono crittografati eliminando cosi la necessità di spedizione dei nastri fuori sede. In conclusione, i benefici immediati riscontrabili dall’implementazione del backup di uffici remoti includono: • • •
Gli obiettivi principali del responsabile del backup e del ripristino sono:
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Backup quotidiani rapidi e completi tramite collegamenti di rete esistenti. Riduzione fino al 99% della larghezza di banda richiesta all’esecuzione del backup remoto. Gestione centralizzata; riduzione o eliminazione dei nastri. Protezione dei dati con crittografia al volo e at-rest.
RIPRISTINO: garantire la protezione e la ripristinabilità dei dati, nel rispetto dei Service Level Agreements (SLA).
EFFICIENZA: ridurre i costi di backup, il consumo di risorse e la complessità.
AGILITÀ: accellerare l’IT Transformation adattandosi rapidamente ai nuovi requisiti del business.
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http://italy.emc.com/
Nello specifico, le informazioni critiche per il successo e l’efficienza di un’organizzazione possono risiedere anche presso uffici remoti, filiali e sempre più spesso sui dispositivi mobile, desktop e laptop dei dipendenti. Proteggere i dati presso uffici remoti e filiali utilizzando il backup tradizionale è problematico. Troppo spesso gli uffici remoti e le filiali si affidano a personale non qualificato, 85
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VERSO LA CULTURA DELLA SALUTE In collaborazione con il Centro di Medicina VINCENZO PAPES
La Medicina del Lavoro è un servizio fondamentale per le aziende. Non solo perché provvede ad eseguire gli accertamenti richiesti dalla sorveglianza sanitaria obbligatoria, ma perché consente di diffondere all’interno dell’azienda la cultura della prevenzione e della salute.
Nell’ambito della Medicina del Lavoro, in primo luogo assume importanza l’adempimento degli obblighi, attraverso uno specifico percorso di “Salute e Sicurezza” sul posto di lavoro, che comincia con il sopralluogo aziendale e la stesura del relativo “Protocollo di Sorveglianza sanitaria”. Le attività ed i servizi previsti dal protocollo richiedono la più stretta collaborazione e fiducia. Per questo il protocollo operativo deve essere fondato sulla efficienza e rapidità nella risposta, sull’esperienza consolidata da parte del personale medico, sulla più ampia garanzia di tutela della privacy, grazie a sistemi informativi sicuri e tecnologicamente avanzati. Nel caso delle visite effettuate ai lavoratori, queste avvengono in 86
base ai requisiti di salute richiesti per il personale dell’azienda. Per questo può essere necessaria un’apposita strumentazione, la giusta flessibilità nella individuazione della sede delle visite e nella tempistica delle stesse. Si va dalle visite mediche di prima assunzione alle visite mediche periodiche, agli accertamenti sanitari integrativi (audiometria, spirometria, visiotest, ecc.), ai prelievi del sangue e analisi per il rilevamento delle droghe d’abuso, alle eventuali visite specialistiche. Le visite vengono ripetute nel tempo in base alla periodicità stabilita dal medico nel protocollo sanitario. Inoltre, possono essere integrate da eventuali prestazioni specialistiche, richiedendo un supporto per quanto
concerne la gamma di esami chimico clinici e di microbiologia e della diagnostica per immagini (Radiologia, Elettrocardiogramma, ecc.), per garantire un check up completo dello stato di salute del lavoratore. La Medicina del Lavoro è un servizio che supporta l’azienda anche nella formazione degli “addetti al primo soccorso”. Si tratta di attività tenute da personale medico, rivolte ai lavoratori per l’attuazione di primo intervento interno e attivazione di pronto soccorso. Proprio per la sua complessità, il valore della medicina del lavoro si fonda sia sulla capacità del medico competente, sia sulla disponibilità e collaborazione dell’azienda sia sull’organizzazione efficiente del servizio. Se penso al Servizio gestito dal Centro di Medicina, devo considerare l’eccezionale lavoro di una equipe composta da oltre 20 medici del lavoro, ma altrettanto la straordinaria professionalità di una segreteria organizzativa con più di 25 addetti qualificati e un sistema informativo altamente integrato all’interno di una struttura sanitaria certificata UNI EN ISO 9001:2008. Se non avessimo una struttura così articolata e capace di dare risposte complete e tempestive, non ci risulterebbe possibile seguire oltre 2.500 aziende e circa 28.000 lavoratori. La Segreteria organizzativa infatti, con personale dislocato nelle diverse sedi presenti sul territorio, è un supporto nodale al Servizio di Sorveglianza sanitaria obbligatoria. Questo grazie anche alla progressiva integrazione di modalità operative “tradizionali” con quelle più moderne legate ai sistemi informativi ed orientate alle nuove tecnologie e ad internet. La Segreteria cura il rapporto con le aziende e si occupa di agevolare l’assistenza sanitaria aziendale: fissa le visite, aggiorna le scadenze periodiche, invia all’azienda i referti, gestisce i rapporti con lo Spisal. Inoltre, grazie ad una newsletter dedicata, è in grado di dare all’azienda tutti gli aggiornamenti del settore. Dal mese di febbraio 2013 abbiamo attivato un nuovo portale dedicato alla Medicina del Lavoro, che consente un’interazione efficace e veloce tra il Servizio, le Aziende partner ed i loro responsabili. Il portale, che allo stato attuale consente di visualizzare in tempo reale la situazione del personale dell’azienda, consentirà in futuro anche la stampa dei documenti conclusivi con firma digitale, attualmente ancora inviati all’azienda in forma cartacea. Sono passi in avanti che la tecnologia permette di fare non solo per dare risposte sempre più efficaci ma anche per adeguarsi alle disposizioni introdotte con il decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, “Testo unico per la sicurezza” in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In un’ottica di approccio integrato al rischio, il decreto, oltre ad aver riordinato le numerose disposizioni emanate nell’arco degli ultimi sessant’anni, ha
medicina e lavoro STILE LIBERO
dato un forte impulso al percorso verso la digitalizzazione della medicina del lavoro. La completa informatizzazione dei processi inerenti la sorveglianza sanitaria non solo migliorerà il processo di gestione, ma consentirà all’organizzazione un’efficace controllo della stessa. Tra i vantaggi attesi infatti troviamo la semplificazione ed una maggiore coerenza dei dati, eliminando quanto più possibile le informazioni duplicate. Inoltre, sarà assicurata una completa accessibilità e disponibilità dell’informazione da parte del medico e garantito un elevato livello di privacy del lavoratore. Tra le novità più rilevanti che riguarderanno il prossimo futuro c’è la cartella clinica digitale. Questa, costantemente aggiornabile, darà il punto sulla situazione delle condizioni psicofisiche del soggetto, compresi i risultati degli accertamenti strumentali e di laboratorio. Inoltre, conterrà eventuali livelli di esposizione professionale individuale nonché il livello di idoneità del lavoratore stesso. Questo tipo di monitoraggio farà crescere l’attenzione della medicina verso l’ambiente lavorativo, fornendole una base di dati sempre aggiornata, accessibile e coerente. Incentivando in questo modo anche quei processi di divulgazione della cultura della prevenzione e dell’attenzione e cura della salute, che stiamo peraltro introducendo attraverso proposte di convenzioni di welfare aziendale. Una innovazione che è oramai alle porte e che contribuirà ad alimentare quei processi di semplificazione di cui le aziende hanno un forte bisogno, per distogliere l’attenzione dagli “obblighi” per poter concentrare risorse e progettualità in quelle soluzioni e produzioni innovative rispondenti alle richieste del mercato odierno.
Vincenzo Papes Amministratore Delegato Centro di Medicina SpA, è anche Vicepresidente di Confindustria Veneto per il comparto Sanità.
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Da Venezia al mondo Viaggiare in lentezza con Alberto Fiorin
Nato a Venezia nel 1960, Alberto Fiorin, scrittore e appassionato di bici, ama sfruttare l’energia pulita dei suoi muscoli per conoscere nazioni e popoli con un ritmo lento. Per questo intraprende viaggi con amici e con la famiglia, in bicicletta o a piedi, alla ricerca di itinerari con suggestioni storiche, letterarie, sportive o spirituali. E poi li racconta.
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Alberto Fiorin ha progettato e compiuto in bicicletta, sotto l’egida di “Ponte di pace”, associazione di cui è uno dei fondatori, alcuni grandi viaggi a pedali: da Venezia a Pechino (2002), da Venezia a Gerusalemme (2004), da Venezia a Capo Nord (2007) e da Bassano del Grappa a Dakar (2012). È un autore assai prolifico e direttore artistico di “Ciclomundi”, il festival nazionale del viaggio in bicicletta promosso da Ediciclo Editore. Sostenitore della mobilità dolce, prova a diffondere e a trasmettere - attraverso scritti, incontri, conferenze, dibattiti, spettacoli teatrali, incontri nelle scuole, reading musicali - la bellezza della lentezza. Tanti scelgono l’aereo, lei la bicicletta, com’è nata questa passione? Per scelta non ho la patente, vivere a Venezia in qualche modo mi ha agevolato in questa decisione, e i motori e la benzina mi hanno sempre trasmesso inquietudine. Per questo, fin dall’età di quindici anni, ho vissuto la bicicletta come il mezzo per poter essere libero, spostarmi, viaggiare, conoscere il mondo. Ricordo perfettamente la prima escursione con i compagni di liceo nel 1975, come prima meta la Toscana e l’Umbria, e ancora adesso rivivo le stesse emozioni provate in quel viaggio, compiuto con quattro quindicenni brufolosi ma avventurosi, quasi quarant’anni fa. Ha fatto tantissime spedizioni ciclistiche, quale ricorda con più nostalgia? In bicicletta per fare un grande viaggio non è necessario fare un viaggio grande: anche un’escursione di due o tre giorni nei pressi di casa ti fa percepire il mondo con occhi diversi, perché in bici tutto è conquistato, pedalata dopo pedalata, e quello che ottieni con le tue forze - sia il raggiungimento di un paesino o l’arrivo in cima a un passo dolomitico - ha necessariamente un sapore diverso, più intenso, più vero. Poi, è anche straordinario poter scoprire il mondo dall’alto della sella, vedere il deserto, giungere fino a capitali lontane, incontrare persone sconosciute con cui non hai niente in comune, ma che ti accolgono come un fratello, comprendono che hai bisogno di aiuto - e in bicicletta hai sempre bisogno di qualcosa: dall’ombra a un bicchiere d’acqua, da un riparo dalla pioggia a un piatto di pasta - e ti offrono la loro assistenza. La straordinarietà di viaggi lunghi e importanti sta proprio in tutto ciò e a questo riguardo ripenso sempre con piacere e nostalgia al viaggio del 2004 da Venezia a Gerusalemme e Betlemme attraverso Slovenia, Croazia, Serbia, Turchia, Siria, Giordania, Israele e Territori occupati. Ha dichiarato di essere un amante del ritmo “lento”, cosa significa? La mia è una filosofia di vita: in un mondo sempre più segnato dalla velocità, dal bisogno di fare tante cose e sempre più
il viaggio
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celermente - con l’enorme rischio di essere superficiali e tralasciare aspetti importanti - sento l’esigenza di soffermarmi maggiormente su qualunque aspetto della vita, dal più importante a quello apparentemente più banale. Per usare una metafora di viaggio, il mondo non voglio sorvolarlo ma entrarci dentro. Quindi in un viaggio non sono tanto il punto di partenza e quello d’arrivo ad interessarmi, ma tutto quello che si trova in mezzo. Preparazione fisica, burocratica, organizzativa prima del viaggio: che ruolo ha la tecnologia? Studiare a fondo un tragitto, affondare il naso nelle carte geografiche e nei libri, nelle guide e nei pieghevoli turistici per lasciare meno spazio possibile agli imprevisti è uno degli aspetti più esaltanti del viaggio stesso. Certamente oggi è reso tutto più facile dalla tecnologia, i contatti si realizzano grazie ad un tasto del computer, le risposte sono in tempo reale, i percorsi possono essere studiati con precisione quasi millimetrica grazie a strumenti come Google Earth, le lunghe e costosissime telefonate in lontane ambasciate caucasiche sono ormai un ricordo passato. Poi, però, oltre al comodissimo digitale, persiste il fascino del cartaceo e una mappa stradale è sempre e comunque strumento indispensabile su cui sublimare i tuoi dubbi, soprattutto strada facendo, quando l’asfalto scorre sotto i tuoi copertoni. E, per quanto riguarda il gps, io nella mia bici ancora non l’utilizzo, preferisco i cari vecchi cartelli stradali, che ogni tanto però ti portano sulla cattiva strada ... Nel corso di un viaggio, ha mai pensato o dovuto abbandonare e tornare a casa? Se organizzi spedizioni in territori difficili, devi sapere che in ogni momento può succedere qualcosa che ti costringe ad abbandonare il percorso, ma la cosa importante è non accanirsi e voler giungere ad ogni costo, mettendo a rischio la propria incolumità. Quando, ad esempio, abbiamo dovuto rinunciare all’ultima tappa del nostro tour egiziano da Il Cairo ad Abu Symbel, epica, di circa 300 km nel deserto sconciante, da Assuan ad Abu Symbel, perché la polizia locale - dopo averci illuso per giorni promettendoci che ci avrebbero concesso un permesso speciale - ce lo ha vietato, siamo stati assai delusi ma abbiamo rispettato la decisione. Pazienza. Appassionato di storia moderna, scrittura e bicicletta: in che modo lega questi tre interessi? 89
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DA BASSANO DEL GRAPPA A DAKAR Nell’ultimo viaggio realizzato, nel 2012, da Bassano del Grappa fino a Dakar in Senegal, siamo partiti folgorati da un sogno, l’utopia di attraversare mezzo mondo in bicicletta - l’Europa e il Maghreb - per giungere nel cuore dell’Africa nera, in Senegal, nel villaggio di Nenette, luogo dove si sono concentrati gli sforzi di tante associazioni bassanesi di volontariato, che in questi ultimi anni hanno realizzato alcune strutture indispensabili per migliorare la vita dei suoi abitanti. Il nostro viaggio - e il progetto di solidarietà ad esso collegato - si chiama, infatti, “Il Sogno di Nenette”. Diciotto persone: quindici ciclisti, un fotografo, un motociclista, l’autista del furgone. 6172 km da Bassano del Grappa fino in Senegal in 38 tappe, quattro notti passate in tenda nel deserto, 162 km di media, sette tappe oltre i 200. Tanta fatica, soddisfazione immensa. Un sogno realizzato. È stato un viaggio esaltante, non facile, con problemi logistici come l’attraversamento di lunghissimi tratti di deserto, i numerosi bivacchi notturni, i magri lavacri tra le dune con un paio di litri d’acqua a testa, i controlli di polizia in regioni difficili come il Sahara Occidentale o la Mauritania squassate da tensioni e rivolte, gli arroventati chilometri finali, le prime tappe marocchine fredde e bagnate. Un percorso che si è sviluppato longitudinalmente, come ci fossimo appesi alla fune di un meridiano che ci ha fatto precipitare velocemente nel cuore dell’Africa, dopo aver percorso quasi 2500 km dell’infinito Marocco, valicando la magica linea del Tropico del Cancro. Anche da questo viaggio abbiamo voluto realizzare un libro, questa volta con molto spazio alle fotografie grazie alle bellissime immagini realizzate da Carlomaria Corradin. Con le immagini e le parole di questo libro cerchiamo di raccontare e condividere ciò che abbiamo vissuto, sentito, sperimentato. E poi,attraverso la vendita del libro, raccoglieremo fondi per poter realizzare un nuovo progetto di solidarietà rivolto alle popolazioni incontrate durante il viaggio. A questo obiettivo sono infatti destinati tutti i proventi.
Alberto Fiorin Scrittore e ciclista www.albertofiorin.it 90
Spesso e volentieri ho organizzato viaggi sull’onda di suggestioni letterarie e storiche, come quando sono andato a piedi con un asinello sulle tracce di Robert Louis Stevenson e del suo viaggio in Francia, nelle Cevennes, o quando sempre a piedi con mia moglie Tiziana abbiamo camminato a fianco del Vallo di Adriano tra Inghilterra e Scozia, o quando abbiamo nel 1992 percorso a piedi il cammino di Santiago sulla suggestione dei diari medievali di pellegrini più o meno famosi. Per non parlare dell’influenza che ha avuto su di me il Milione di Marco Polo. E di tutti questi viaggi, lenti ma affascinanti, ho sentito l’esigenza di scrivere per raccontare anche ad altri la bellezza e la pienezza di simili esperienze. Un libro per ogni suo viaggio, o quasi: che significato hanno per lei questi racconti? È appunto il mio tentativo di far capire quanto sia straordinario ed esaltante e il mio obiettivo è quello di trasmettere la passione per questo tipo di viaggi. Infatti tutti questi libri e le guide alle più importanti piste ciclabili europee nascono proprio con questo intento, contengono molti indirizzi utili e spunti affinché il lettore possa partire anche lui e rifare il nostro stesso percorso. Sul suo sito web dice esplicitamente di non avere la patente, pensa le servirà mai un giorno? Sinceramente non credo, anche se non voglio dare l’impressione di essere un “talebano” della bicicletta. Se serve - e a volte serve - salgo in macchina e mi faccio accompagnare dove serve. Ma sono abbastanza sicuro che personalmente non prenderò mai la patente.
sport
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LE RED PANTHERS: SFIDA E CORAGGIO IN CAMPO Il rugby come stile di vita “...quando l’obiettivo è sempre oltre l’obiettivo”
“Non arrenderti mai perché quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio” E poi... “Aiutare ed essere aiutati, vincere e perdere, disperare e festeggiare, soffrire e gioire insieme... il rugby è vita!”, questa è la citazione che si legge nella pagina Facebook delle Red Panthers e che ben esemplifica la forza e i valori della squadra femminile di rugby. Nate nel 1982, le pantere trevigiane dal 1985 al 2003 hanno vinto 19 campionati italiani consecutivi (11 ufficiali), e vantano in totale 23 titoli.
Il capitano Giovanna Bado Cosa significa essere una Red Panther? Essere una Red Panthers significa far parte di una famiglia in continua espansione e cambiamento, sia in campo che fuori; una famiglia in cui ci si aiuta e si litiga, ci si strige nelle difficoltà e nei momenti di gioia. Quindi, è uno stile di vita, un insegnamento che ho ricevuto e che vorrei trasmettere, è il
motivo dei successi passati e speriamo dei progressi futuri: una Pantera non si accontenta mai, l’obbiettivo è oltre l’obbiettivo, bisogna sempre superare se stessi e ricercare soluzioni per migliorare. Com’è nata la tua passione per il rugby? Durante una festa al parco a cui ho accompagnato mio fratello. Lì una bambina stava giocando con il padre lanciandosi la palla
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ovale e la cosa mi ha incuriosito. Il settembre successivo ho iniziato gli allenamenti, è stato un colpo di fulmine: ho trovato il mio “habitat naturale”. La gara che ricordi con più piacere, orgoglio, nostalgia? In realtà sono molte perché ho avuto la fortuna di vestire la maglia azzurra sia nel 7’ che nel rugby a 15, e ad ogni inno è stata una forte emozione. Con nostalgia ricordo la partita a Londra contro la nazionale Inglese nel primo Six Nations disputato dall’Italia nel 2007, allo stadio di Twickenham, avrei voluto che l’arbitro non fischiasse mai la fine. Ma senza dubbio la gara che ricordo con più piacere e onore è la finale scudetto del 2006 disputata a Pordenone in cui siamo riuscite a riprenderci il titolo. Fu il mio primo anno completo da n° 8 giocando affianco a mia sorella Alice e in cui ho vinto il premio “women of the match”. Credi che il rugby femminile abbia poco spazio e rinomanza in Italia? In Italia purtroppo tutti gli sport minori, e per di più femminili, hanno poco spazio e visibilità. A discapito del rugby femminile, ci sono preconcetti radicati e poca cultura sportiva in generale. Il rugby è visto come uno sport violento e poco femminile. In realtà è uno sport di contatto, e tra contatto e violenza vi è un’ovvia differenza. Per quanto riguarda la femminilità... essere una rugbysta non preclude dall’essere donna! Il ruolo da capitano: pro e contro. Capitano, una parola con un peso enorme. Ho sempre sognato
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di ricoprire questo ruolo e mai avrei creduto fosse così difficile. Un onore immenso avere la fiducia delle compagne che mi hanno scelto: è, però, una responsabilità nei loro confronti. La cosa più difficile è essere sempre al “massimo” e riuscire a trovare il modo di caricare il gruppo. Negli ultimi dieci anni avete avuto una sfida costante con le ragazze del Riviera sul Brenta, come vivete queste importanti partite? Una sfida infinita... la “viviamo” ancora in maniera molto differente. Loro sono un gruppo consolidato, non sono in molte ma giocano assieme da parecchi anni. Noi siamo una squadra molto più eterogenea, da un lato molte giovani che non hanno ancora nè esperienza nè ruolo preciso, dall’altro vi sono ragazze che giocano da molti anni e vivono la sfida in maniera quasi “personale”. Siamo un gruppo numeroso con un’età media molto bassa ed un buon settore giovanile. Cosa consiglieresti alle giovani ragazze che si avvicinano a questo sport? Provate! Vi dicono che è uno sport da “zucconi”? È in realtà la disciplina sportiva con più regole e varianti al mondo. Fare sport aiuta ad organizzarsi e a distendere le tensioni della giornata, per poter essere più produttivi poi. Vi dicono che non è adatto a voi? Perché farsi condizionare, gioco a rugby perché mi piace e perché mi diverto. Vi dicono che siete troppo esili? Io peso 60 kg, molte delle mie compagne lo stesso, chi addirittura 43, bisogna iniziare e mettersi alla prova! Vi dicono che è pericoloso? Il rischio di infortunarsi c’è, assicuro che quello che il rugby riesce a “dare” supera qualsiasi infortunio.
sport Il presidente Amerino Zatta Il rugby femminile in Italia: ci fa il punto della situazione ad oggi? Il rugby femminile in Italia non è molto diffuso, soprattutto perché è considerato uno sport tendenzialmente maschile, e le ragazze che si avvicinano a questa disciplina devono essere molto motivate a fronte di una selezione abbastanza dura. Oggi il rugby femminile esiste nel Paese e, poco alla volta, si sta allargando grazie a società sportive come la Benetton e altre ancora che si stanno facendo strada tra le difficoltà. E credo che per il futuro questo sport possa dare sempre più soddisfazioni. Il Veneto è una regione dove la realtà fisica e il dna delle persone ha fatto sì che il rugby, e i valori che sottende, si consolidassero. È un tipo di sport che o senti o non senti, perché trasmette valori che possono trovare terreno fertile sin dall’infanzia: il forte spirito di squadra, il grande rispetto dell’avversario, ma anche dell’arbitro e delle regole. Con l’entrata nel professionismo questi valori sono rimasti, nonostante siano comparse anche altre componenti legate all’aspetto economico.
La tecnologia ha un ruolo nello sviluppo e nella crescita del Rugby? In che modo contribuisce? La tecnologia sta aiutando tantissimo gli atleti in questa disciplina, ma anche le società e gli arbitri stessi per mantenere il controllo, verificare le azioni e i punteggi. Il suo ricordo più bello legato alle Red Panthers Ricordo un campionato che hanno vinto alcuni anni fa a Mantova. Ero presente e loro non se lo aspettavano. Hanno giocato in un clima avverso perché erano fuori casa ed erano date come perdenti, invece sono riuscite a capovolgere il risultato con una forte determinazione. È stata una bellissima emozione, soprattutto guardare con che carica, volontà e passione sono state in grado di rovesciare i risultati dati per certi. Sono sempre stato molto orgoglioso della squadra.
Ci racconta qualcosa della società? Siete attivi dall’82 e vantate ben 23 titoli complessivi, di cui 19 campionati italiani consecutivi vinti tra l’85 e il 2003, un bel record direi: quali sono i valori che vi hanno accompagnato in queste vittorie? Il club fu fondato nel 1932 come Associazione Sportiva Rugby Treviso, quattro anni dopo l’istituzione del primo campionato italiano. Ci giocavano prevalentemente medici e infermieri inglesi di stanza in Veneto. I vari sponsor furono la Faema, l’Ignis, Metalcrom e quindi Benetton nel 1978. Nel 1982 fu inaugurata una vasta area di più di 200.000 metri quadri, “La Ghirada”, situata nell’immediata periferia di Treviso: una “città dello sport” e sede sociale della Benetton Rugby. In questo percorso è nato anche il rugby femminile, da un embrione esistente, che solo nel 1982 ha preso una certa identità. Quest’anno le Red Panthers hanno compiuto 19 anni di campionati vinti. La volontà di queste ragazze è forte, e permette loro di raggiungere sempre gli obiettivi. Siete una società ben consolidata, avete programmi futuri per le ragazze? Questi sono anni difficili perché le sponsorizzazioni cominciano ad essere sempre meno importanti e oggetto di tagli. Noi cerchiamo di sopravvivere e non c’è nessuna intenzione di ridurre la nostra attività. 93
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LA SQUADRA: IMOCO VOLLEY
La pallavolo femminile italiana entra nella storia d’Europa La squadra Imoco Volley di Conegliano si racconta
Quella dell’Imoco Volley è la storia di una bella favola e di grande forza di volontà, che ha portato in poco tempo una giovane squadra di pallavolo femminile a sfidare le grandi stelle europee. Un’avventura che ci viene raccontata direttamente dal presidente Piero Garbellotto e dal vice presidente Pietro Maschio.
Imoco Volley è una squadra e una società molto giovane nata nella primavera 2012. “L’anno scorso abbiamo iniziato il nostro primo campionato di Serie A1 femminile, rilevando i diritti da un’altra società e dando quindi continuità alla pallavolo femminile di alto livello di Conegliano. Il tutto grazie al nostro pool di sponsor, circa un centinaio, che hanno accompagnato il club nella sua prima stagione”, ricordano Piero Garbellotto e Pietro Maschio. Il team da subito ha giocato al Palaverde di Villorba, storico impianto per il volley, intercettando consenso e simpatia: “l’aiuto del nostro fantastico pubblico, oltre 3.500 spettatori di media con punte di 5.800 nella finale play off è stato fondamentale per la nostra giovane squadra che ha raggiunto un traguardo storico, la finale scudetto. Siamo diventati una bella favola e in 20 giorni di play off abbiamo 94
raddoppiato i nostri tifosi sulla pagina facebook e gli accessi al sito internet”. La grande pallavolo resta nella provincia di Treviso grazie alla passione del gruppo Maschio e Polo, le famiglie che rappresentano la proprietà della squadra, e soprattutto la volontà da parte loro di dare al territorio di casa una squadra in cui identificarsi e attraverso la quale trasmettere i valori positivi che solo lo sport permette di dare. E in poco tempo dalla sua fondazione la squadra ha raggiunto popolarità e risultati consistenti come la finale di scudetto, dando orgoglio al territorio e soddisfazione ai fondatori; eppure loro sostengono che “da bravi lavoratori del Nord Est abbiamo fatto un passo alla volta e iniziato questa avventura senza salti nel vuoto o scelte azzardate, ma con un occhio sempre al bilancio e alla programmazione. Proprio per questo, partiti per
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salvarci con una squadra giovane e con tante incognite visto che eravamo ‘neonati’ come società, è stata una gioia immensa constatare prima che il seguito del pubblico e del territorio è stato eccezionale, calcolando anche che giocavamo al Palaverde e non a Conegliano, e poi che sul campo potevamo giocarcela con chiunque”. Senz’altro relativamente al poter giocare al Palaverde “è un grande onore e un motivo di orgoglio continuare a far vivere la storia di un palasport dove sono state scritte pagine importanti dello sport italiano e della pallavolo in particolare. Averlo riempito di entusiasmo e passione per il volley femminile, vedere l’impianto stracolmo per le finali, è stata una soddisfazione incredibile e speriamo davvero di continuare così nei prossimi anni, già dalla prossima stagione che ci vedrà impegnati anche in Champions League”. I valori che hanno sempre accompagnato la società hanno caratterizzato fin dall’inizio il loro percorso di vittorie: “sono i valori di una società solida, che mira a creare un bellissimo gruppo e un circolo virtuoso tra squadra, sponsor e pubblico, come è stato in questa magica prima stagione. Vogliamo continuare su questa strada come ci teniamo anche a contribuire a tenere alta l’attenzione sul nostro settore giovanile e sulla diffusione nel territorio dei valori positivi del volley”.
del vivaio per rafforzare il suo organico. Puntiamo molto sul settore giovanile, sia come aspetto sociale di diffusione dello sport sul territorio, sia sul piano tecnico per poter formare in casa le campionesse del futuro”.
E per guardare da vicino la squadra, il presidente e il vice presidente ci spiegano che “non vogliamo gente appagata, ma atlete che hanno fame di vittorie e di risultati, ragazze in crescita che siano determinate e con tanta voglia di lavorare per ottenere grandi risultati. Lo scorso anno avevamo ragazze giovani, quest’anno abbiamo scelto di dosare un mix tra giocatrici un po’ più esperte e ragazze giovani perché sarà una stagione molto impegnativa con l’esperienza in Coppa e i 4 trofei da giocare. Abbiamo anche parecchie atlete venete che ci aiutano a rinsaldare il legame con i nostri tifosi e il nostro territorio”. Relativamente la storia delle giocatrici “Carlotta Daminato è una giocatrice di Conegliano che gioca stabilmente in prima squadra e abbiamo attualmente, grazie alla collaborazione con Vazzola, Rua di Feletto e Volley Piave San Donà, più di 500 ragazze delle giovanili, alcune sono già nazionali di categoria ed hanno una grande carriera davanti. Pertanto l’Imoco Volley in futuro potrà contare su prodotti locali
Quali sono, ora i progetti futuri? “Stiamo rafforzando la squadra in maniera mirata, inserendo atlete esperte e motivate che possano completare il gruppo dello scorso anno in prospettiva di una stagione 2013/14 che ci vedrà impegnati su ben quattro fronti, Campionato, Coppa Italia, Supercoppa e Champions League. Vogliamo consolidare la nostra posizione e puntare a restare ai vertici provando magari a vincere qualcosa, anche se la concorrenza è agguerrita e non potremo contare più sull ‘effetto sorpresa’ della nostra prima stagione. Ma grazie a una campagna acquisti oculata avremo un organico completo e competitivo. Sul fronte societario stiamo lavorando per confermare e potenziare il nostro pool di sponsor e per avere uno staff dirigenziale e tecnico sempre più completo e di alta qualità per affrontare le sfide future”.
Negli ultimi 40 la pallavolo è cambiata notevolmente. I progressi soprattutto fisici per quanto riguarda le atlete e tecnico-tattici, anche grazie alla tecnologia, negli ultimi anni hanno fatto fare un balzo in avanti notevole a questo nostro sport che, non a caso come seguito di pubblico rivaleggia con il maschile, “unico caso in Italia di equilibrio nel seguito televisivo e di spettatori nella stessa disciplina tra maschi e femmine”. Come in tutti gli sport, l’evoluzione tecnologica anche nella pallavolo è stata importante e ha contribuito a migliorare le prestazioni e lo spettacolo, e il volley è sempre stato all’avanguardia in questo senso. Le registrazioni video delle partite vengono vivisezionate con sofisticati software a disposizione degli allenatori, che utilizzano le tecnologie per preparare gli schemi di gioco e le contromisure tattiche per fronteggiare gli avversari. “Ultima novità allo studio è un sistema che permetterà di valutare con precisione se un pallone è dentro o fuori del campo, come accade nel tennis”.
In collaborazione con Simone Fregonese, ufficio stampa dell’Imoco Volley. 95
SETTEMBRE 2013
L’acqua di mare & l’erba voglio La cucina a modo mio: cucina trendy, facile o un po’ elaborata, ma alla portata di tutti e di tutte le situazioni. di Luisa Giacomini cuoca per passione luisagiacomini.com
C’era una volta: l’abbattitore di temperatura e la tecnologia in cucina C’era una volta... l’acquaio con l’acqua fresca o il davanzale della finestra... ora c’è l’abbattitore di temperatura. C’era una volta il congelatore, ora c’è il surgelatore. La tecnologia avanza sul fronte casalingo, come il futuro che mai si ferma e non conosce limiti, nemmeno sul fronte super collaudato della cucina. Perché tutto nasce da un’esigenza, dal bisogno di migliorare una condizione precaria o metodi e abitudini erroneamente ritenuti corretti. Fino a poco tempo fa l’abbattitore di temperatura era solamente una prerogativa della ristorazione e della ristorazione industriale. Ora, con un brevetto unico al mondo e l’orgoglio di un’azienda del trevigiano leader per la refrigerazione veloce industriale, viene presentato un abbattitore di temperatura che rivoluzionerà il mercato del casalingo.
ini d i Porc Crema so ero Ros e Gamb ia in d i Sicil te pas ta croccan Kataifi
*La pasta Kataifi è una pasta filamentosa di origine mediorientale, si presenta come fosse una matassa di lana dai fili molto sottili. Si consiglia di porzionare in fascetti di fili larghi 2/3 cm e lunghi 20 cm circa, avvolgerli in un tubicino plastico o di carta forno e surgelarli. Utilissimi nuovamente per altre interessanti ricette. 96
Tutto sarà notevolmente più buono, sano e fresco, come appena fatto e anche i costi incontreranno il cliente medio favorendone l’approccio al prodotto. Le giornate si sono rinfrescate, voglia di qualcosa di buono e caldo? Avete acquistato dei porcini profumatissimi di qualità? O amate raccoglierli nelle passeggiate montane di fine estate? Surgelare i funghi significa salvaguardare i valori organolettici, la loro naturale idratazione e tutto il profumo e gusto nel tempo. Al contrario, il congelatore farebbe disperdere nel piatto di posa tutti i liquidi degli stessi, dicendo addio al profumo e al gusto originali.
Ingredienti x 4 persone • • • • • • • • • • •
600 g di porcini freschi 4 gamberi rossi di Sicilia 1 confezione di pasta Kataifi* 4 fettine di pancetta stufata o bacon 125 g di panna fresca (no pastorizzata e lunga conservazione) 40 g di burro 6 rametti di prezzemolo 1 spicchio e ½ di aglio olio evo qb sale e pepe nero al mulinello qb. un cucchiaino da caffè di farina 00
esecuzione e preparazione • Mondare i porcini: togliere sottilmente il terriccio al gambo con un coltellino, spazzolare e passare i funghi con uno straccio umido, affettarli. In una padella capace, profumare delicatamente in olio evo uno spicchio d’aglio, tritare mezzo spicchio trascinandolo con la lama del coltello, tenere da parte. Aggiungere all’olio tre rametti di prezzemolo interi, profumare a fiamma bassa, eliminare l’aglio biondo e il prezzemolo. • Passare nella farina 00 una noce di burro per farne assorbire un po’, metterlo in padella a sciogliere, versare i porcini, aggiungere i rimanenti rametti di prezzemolo interi, l’aglio tritato aggiustare di sale e pepe e spadellare. • Portare a cottura aggiungendo la panna fresca e poca acqua calda appena al di sopra del livello dei porcini, se serve aggiungerne in un secondo momento. A cottura ultimata, eliminare il prezzemolo e passare al passaverdure il tutto. Poi, ripassare con il minipimer o con il setaccio per dare un effetto cremoso e setoso al composto, non denso. Sgusciare i gamberi, eliminare la testa e il budellino. Avvolgerli in una fettina di pancetta. Aprire la matassa della pasta Kataifi e ricavare 4 strisce filamentose di circa 20 cm. Avvolgere ogni gambero su una striscia di pasta fino a ricavare un involucro, passarlo con un pennello intriso con poco burro fuso e infornare per circa 15 minuti a 180°C. • Per la presentazione del piatto versare la crema di porcini in una fondina, porre al centro un gambero rosso avvolto in pasta Kataifi, a piacere, mettere a lato due fettine di porcino spadellato tenute da parte e una fogliolina di prezzemolo, classica ma sempre d’effetto. Una macinata di pepe ed un filo d’olio evo di Sicilia, delicato al sentore di pomodoro, completeranno la deliziosa vellutata. Vino da abbinare: Cialla bianco, Colli orientali del Friuli Schioppettino di Cialla, Colli orientali del Friuli - Chardonnay media struttura. In dolce contrasto alla corposità dei condimenti della pietanza... le sempre eccellenti bollicine di Franciacorta bianco o rosè.
cucina
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TECNOLOGIA IN CUCINA Perché abbattere velocemente una vivanda bollente in abbattitore di temperatura a più + 3°C ? Per preservare tutto il gusto del cibo per giorni, perché abbassando velocemente la temperatura si blocca all’istante la proliferazione batterica, causa principale dell’alterazione del sapore alimentare e, negli alimenti più delicati, l’inizio immediato della fermentazione del cibo. Preparare una pietanza alcuni giorni prima permette di organizzare la vita al meglio, sicuri di offrire un prodotto squisito e perfettamente sano. Questa è la tecnologia del futuro! Al servizio dell’igiene alimentare, preservando tutto il gusto e la freschezza, grazie alla corretta conservazione delle materie prime. Congelare significa una lenta refrigerazione a -20°C tramite l’abbattimento della temperatura del congelatore, ha come conseguenza la formazione di macrocristalli, cioè grossi cristalli di ghiaccio. Un esempio? È la bottiglia di vetro piena nel congelatore, il ghiaccio cresce... la bottiglia si spacca, così come i liquidi nelle fibre della carne, del pesce e dei vegetali. Surgelare significa una veloce refrigerazione a -20°C tramite l’abbattimento di temperatura del surgelatore, ha come conseguenza la formazione di microcristalli, ossia cristalli piccolissimi che permettono di persevera tutte le proprietà del prodotto, sia di origine vegetale sia di origine animale. La differenza tra i due metodi sta nel cibo quando viene scongelato o rigenerato: un prodotto congelato rilascia i succhi nel piatto di posa, perdendo il gusto e i valori organolettici. I grossi macrocristalli rompono infatti le fibre del prodotto o della pietanza, cedendo tutta la parte nobile al fondo del piatto. Un prodotto surgelato al contrario rimane intatto, non perde succhi, valori organolettici, non cambia colore, perché i microcristalli rispettano le fibre del prodotto senza intaccarlo, nel pieno rispetto delle fibre dell’alimento e delle materie prime, quello che... non sempre rispetta la surgelazione industriale. Nel 2011 l’azienda nazionale Irinox, mette in commercio FRESCO, il primo brevetto rivolto proprio al mercato del casalingo. Il congelatore in futuro sarà concepito solamente come un armadio per conservare i cibi surgelati in abbattitore di temperatura a -18°C. Mai più per la funzione di congelare.
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informazione pubblicitaria
LenovoEMC: il nuovo brand per prodotti e programmi per lo storage di rete nell’era del PC Plus LenovoEMC Ltd, la joint venture tra i leader di mercato Lenovo e EMC che include le attività legate ai prodotti Iomega per lo storage di rete, ha annunciato a livello mondiale un nuovo brand per i prodotti e i programmi dell’azienda, che caratterizza l’identità della joint venture e dei nuovi prodotti, così come le collaborazioni future con aziende di primaria importanza nel mercato IT.
I prodotti per lo storage di rete precedentemente a marchio Iomega sono ora disponibili in tutto il mondo con un nuovo brand che rappresenta il business LenovoEMC (già Iomega® StorCenter™ px Series), mentre il marchio Iomega continuerà a essere utilizzato per i prodotti consumer per lo storage di rete entry-level (già Iomega® EZ Media and Backup Center e Iomega® StorCenter™ ix Series). Per fornire il più alto livello di protezione dei dati nell’era del PC Plus, è stato annunciato l’accordo con Acronis per fornire il software per il backup dei PC True Image 2013 Lite con tutti i prodotti per lo storage di rete di LenovoEMC, che fornisce funzioni di protezione e ripristino, automatico e continuo, del backup dei file su PC Windows.
L’offerta è articolata sulle unità LenovoEMC ed include tre licenze di ATI Lite per ciascun prodotto, mentre Acronis offrirà ulteriori licenze e aggiornamenti a un prezzo speciale per i clienti delle soluzioni di storage di rete a marchio Lenovo. Anche nel mercato verticale della videosorveglianza, la joint venture Lenovo EMC si porta in primo piano nel panorama delle soluzioni integrate con un partnership a livello globale con il leader di settore Milestone. I videoregistratori di rete (NVR) Lenovo® EMC® px2-300d e px4-300d con Milestone Arcus™ sono le prime soluzioni di videosorveglianza basate IP progettate per installazioni di dimensioni ridotte che uniscono la rinomata archiviazione di rete LenovoEMC con il software di videosorveglianza Milestone Arcus, con tre modelli modelli pre-configurati che offrono fino a 16 licenze incluse (16 canali) e basate sulle unità NAS a 2 o 4 dischi. Tali dispositivi NVR garantiscono inoltre la massima affidabilità e prestazioni ottimali grazie alle unità disco rigido Server Class: progettate per l’utilizzo 24/7 queste unità costituiscono la soluzione ideale per la videosorveglianza con stream multipli. Un video encoder PCIe a 16 canali (opzionale) garantisce il supporto per telecamere analogiche, garantendo alle aziende che dispongano di installazioni di vecchia generazione di utilizzare le loro infrastrutture esistenti durante il passaggio all’IP. ll cardine intorno a cui ruota la potenza e la versatilità della soluzione LenovoEMC è la versione 4.0 di LenovoEMC LifeLine, che include nuove funzionalità potenziate per la sicurezza e l’enterprise computing, come la tecnologia di virtualizzazione integrata (IVX), snapshots, pool di cache con SSD, protezione iSCSI e altro ancora. LifeLine 4 fornisce così ad organizzazioni e gruppi di lavoro di tutte le dimensioni un’archiviazione semplice ed efficiente, oltre che semplicitià ed efficienza nella condivisione e nella protezione dei dati più importanti.
“La joint venture LenovoEMC si basa sul successo del business derivante dalle soluzioni per lo storage di rete di Iomega e sui piani di sviluppo di una piattaforma storage unificata da parte dell’Enterprise Product Group di Lenovo”, ha dichiarato Roy Guillen, vice president, Enterprise Product Group di Lenovo, azionista di maggioranza della joint venture. “Le soluzioni per storage di rete Lenovo derivanti dalla joint venture LenovoEMC continueranno ad evolvere in termini di funzionalità per affermarsi come soluzioni per lo storage di rete di classe mondiale che vanno a completare i prodotti server dell’Enterprise Product Group di Lenovo. E ciò è un elemento importante per la crescita costante di Lenovo nel mondo PC Plus”.
www.lenovoemc.com
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Orchidea Phalaenopsis Elegante e delicata, è la pianta perfetta per l’ufficio! CARLA SBICEGO
ufficioverde STILE LIBERO
redazione@logyn.it
Dopo le ferie estive si è riposati e pieni di energie. Per affrontare una nuova e interessante sfida ci si può regalare una bellissima orchidea. Una pianta affascinante che, se mantenuta in buona salute, regala grandi gratificazioni. Per questo numero ho scelto un’orchidea Phalaenopsis bianca con il cuore giallo. Quando l’ho presa, ho controllato che il vaso fosse trasparente, per poter verificare agevolmente lo stato delle radici, e che il substrato fosse di bark (corteccia di pino/ abete) per limitare il rischio di marciume radicale. Ho collocato il vasetto appoggiandolo all’interno di un vaso più grande di Dracaena, così è al riparo dal sole e beneficia di un “effetto foresta”, vale a dire un microclima più umido; nello stesso tempo non rischia ristagni d’acqua visto che l’eccedenza va a vantaggio dell’altra pianta. La Phalaenopsis è l’orchidea più conosciuta al mondo, ma ignoro i motivi di questa particolare preferenza considerato che il mondo delle orchidee è vasto e spettacolare. È originaria delle Indie orientali, dell’Indonesia, delle Filippine e dell’Australia. Il nome deriva dalla forma del fiore, che assomiglia ad una farfalla tropicale (phalaena = farfalla). È una pianta epifita ma può crescere anche sulle rocce. Ha poche foglie grandi e carnose di un bel verde brillante, fondamentali per la vita della pianta in quanto sono l’unica riserva di acqua. Le radici sono grosse e numerose per permettere alla pianta di aderire tenacemente al substrato. I meravigliosi fiori, mai banali ma con incredibili combinazioni di colori, sono portati da steli sottili ed eretti. La temperatura ottimale per la Phalaeopsis è di 23/25 gradi la massima e 16/17 la minima. Può arrivare a 35 gradi ma deve stare all’ombra con umidità e ventilazione consistenti, ma nello stesso tempo è infastidita dalle correnti d’aria. Ha bisogno di luce abbondante ma non diretta, perciò se è vicino ad una finestra schermiamola con un’altra pianta meno delicata. D’altra parte se non fiorisce è proprio perché ha poca luce perciò abbiamo esagerato con la protezione dai raggi solari.
L’unica soluzione è fare dei tentativi finché si trova la posizione ottimale. Diciamo che se troviamo la giusta collocazione può essere la pianta perfetta da ufficio, da non spostare più, neanche all’aperto d’estate. Non deve essere annaffiata molto, è sufficiente una volta alla settimana d’inverno e due in estate. Oppure spruzzate più spesso le radici e il substrato con acqua piovana. Fatelo al mattino, così avrà il tempo di asciugare le foglie. Concimiamola ogni 20 giorni in primavera con un concime con maggiore quantità di azoto, poi in autunno con un concime con più fosforo e potassio per aiutarla a fiorire. Vendono i prodotti appositi per orchidee, non serve trasformarci in piccoli chimici ma affidiamoci al solito fiorista di fiducia. Se riusciamo a trovare la giusta collocazione di luce umidità e temperatura, la nostra Phalaenopsis ci premierà con degli splendidi rami fioriti, anche due o tre volte all’anno, che persistono per parecchie settimane. Se siamo riusciti a farle fiorire non tagliamo lo stelo, ma togliamo solamente il secco. Può rifiorire oppure generare una nuova piantina. E, come sempre, attenti alla cocciniglia! 99 99
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fumetti
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La matita di Sue
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N. 03 - Settembre 2013 pubblicazione bimestrale Registrazione Tribunale di Treviso n. 201 del 09/11/2012 ROC n. 22990/2012 direttore responsabile Leonardo Canal coordinamento editoriale Mita Cipriani Franco hanno collaborato Gian Nello Piccoli, Stefano Moriggi, Giovanna Bellifemine, Stefano Biral, Alessio Voltarel, Diego Tosato, Stefania Pavan, Riccardo Girotto, Elena Gioco, Ruggero Paolo Ortica, Lucia Bressan, Andrea Manuel, Vincenzo Papes, Carla Sbicego, Luisa Giacomini, Sue Maurizio. sviluppo, coordinamento editoriale e progetto grafico claim brand industry claim.it realizzazione grafica Franco Brunello segreteria e sede operativa Via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711, fax 0422.928759 redazione@logyn.it editore Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV) redazione@logyn.it per la pubblicità e per i numeri arretrati Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711 redazione@logyn.it stampa Mediagraf Spa Viale della Navigazione interna 89, 35027 Noventa Padovana (PD) Nell’eventualità in cui immagini di proprietà di terzi siano state qui riprodotte, l’Editore ne risponde agli aventi diritto che si rendano reperibili. Porrà inoltre rimedio, su segnalazione, a eventuali involontari errori e/o omissioni nei riferimenti.
Un caro saluto a Mirko Zambon che ha portato ogni giorno in Eurosystem la sua professionalità e il suo sorriso.
le nostre copertine
n.01: Il bisogno di sicurezza nell’era digitale: una cintura di sicurezza (sicurezza personale), un cartello di divieto (sbarramento alla violazione della privacy), un lucchetto per le carte elettroniche (salvaguardia dell’identità digitale).
n.02: L’illustrazione in copertina rappresenta l’idea imprenditoriale (lampadina) generata dall’uomo: dalla sua cultura (cervello) e dal suo profondo legame con il territorio e le tradizioni d’origine (radici).
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Da oltre 30 anni disegniamo e sviluppiamo soluzioni di Information Technology per rendere più efficiente il business delle aziende, confezionando per ogni cliente la soluzione più adatta. Siamo nati a Treviso dalla progressiva unione di 4 realtà con una storia e un know how specifico, e oggi offriamo una consulenza a tutto tondo sui sistemi informativi delle imprese. Lo facciamo grazie ad una squadra di 90 collaboratori dalle competenze specializzate, ad una rete consolidata di partnership con i maggiori brand di tecnologia, al confronto continuo con gli oltre 3mila clienti. Con l’obiettivo di supportarli nel cambiamento. Innovazione, eccellenza tecnologica, credibilità e trasparenza sono i punti fermi della consulenza che offriamo. Le nostre competenze spaziano da progetti di revisione dei sistemi informativi basati sull’ERP esteso Freeway® Skyline a soluzioni per l’ottimizzazione dell’infrastruttura informatica a servizi di assistenza tecnico-sistemistica. Freeway® Skyline è uno stato culturale prima ancora di un prodotto: un insieme di pensieri, processi, strategie, filosofie e tecnologie per migliorare l’efficienza e il valore del fruitore. La soluzione è il risultato di anni di esperienza nello sviluppo di sistemi di gestione aziendale. Un software ERP esteso che consente di automatizzare e semplificare tutti i processi di business delle imprese di diverse dimensioni e settori. Ponendo, grazie alla sua innovativa tecnologia, l’utente al centro del sistema. Fanno parte del network aziendale trevigiano Eurosystem Srl, Sistemarca Srl, Ekipment Srl, con sede a Treviso, e CSI Srl, con sede a Bergamo.
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Cosa abbiamo fatto...
2006
• Restauro edificio scuola materna
2008
• Costruzione pozzo d’acqua • Completamento scuola materna e sua operatività • Realizzazione scuola di cucito
2009
• Borse di studio universitarie • Costruzione di un pollaio • Realizzazione di orti • Donazione computer e stampante alla parrocchia • Riattivazione del molino di granturco • Sostegno a ragazze orfane
2010
• Restauro edificio parrocchiale
2012-2013
• Costruzione scuola secondaria LAVORI IN CORSO
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