Logyn - password not required - n.05

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n°05

Febbraio 2014

Gruppo Eurosystem Sistemarca

CORPORAZIONI O ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA IL BISOGNO DI RAPPRESENTANZA

incontri con

scenari

stile libero

JACOPO MORELLI CONFINDUSTRIA: DARE FIDUCIA AL PAESE PAOLO BOCCARDELLI LUISS: MADE IN ITALY DA ESPORTARE PHILIPP BREITENBERGER SUPERG: IL VOLTO GIOVANE DELL’ASSOCIAZIONISMO

STEFANO MORIGGI COMINCIAMO A PENSARE CON LE MACCHINE! CULTURA&TECNOLOGIA IL MUSEO CANOVA @EUROSYSTEM.IT DIALOGARE CON IT E ICT

IL VIAGGIO IL MONDO A PORTATA DI CLICK SPORT SILVIA MARANGONI: CAMPIONESSA MADE IN ITALY PERCORSI FEDERICA PELLEGRINI: DETERMINAZIONE E SEMPLICITÀ


Il Firewall Check Point di nuova generazione ha il livello più alto di efficacia in termini di sicurezza della sua categoria NSS Labs

©2013 Che c k Point Softwa re Tec hnol ogi e s L td . Tu tti i d i r i tti r i se r va ti.

IL LEADER DEI FIREWALL DI NUOVA GENERAZIONE


editoriale

GIAN NELLO PICCOLI Gruppo Eurosystem Sistemarca

C’è chi dice che l’Italia sia un Paese senza futuro. Che dietro l’angolo ci aspetti un ineluttabile declino, la perdita di posizioni nella competizione internazionale. Tesi che trova il sostegno di fonti autorevoli, nazionali e internazionali: “il modello di specializzazione dell’Italia è molto simile a quello di Paesi emergenti come la Cina - dice l’ultimo rapporto, datato 4 aprile 2013, dedicato al nostro Paese dalla Commissione Europea - con la maggior parte del valore aggiunto in settori tradizionali a bassa tecnologia, principalmente a causa della limitata capacità innovativa delle imprese italiane”. Ma l’Italia è davvero questa: scarsamente innovativa, in competizione al ribasso con i Paesi emergenti? Sì e no: esistono nel nostro Paese due marce diverse. Da una parte ci sono imprese che stentano a sopravvivere nel mercato interno, ancora incentrate su logiche del passato. Nel contempo ci sono le preziose e positive testimonianze di PMI che hanno innovato, comprendendo come la tecnologia sia fattore

imprescindibile per la sopravvivenza e leva strategica per la trasformazione e il rilancio nei nuovi mercati. A questi esempi, eccellenze del Made in Italy, vogliamo dedicare questo nuovo anno per ricordare che fa parte del nostro DNA sapere reagire agli eventi usando creatività e duttilità, unite a valori imprenditoriali forti che permettono al sistema italiano di funzionare ancora, nonostante tutto. Le associazioni di categoria, al centro di Logyn n.05, nascono nel Medioevo e da allora lavorano per tutelare la qualità dei nostri prodotti e della nostra imprenditorialità. A loro, attraverso le parole dei rappresentanti, il compito di spiegare perché dobbiamo ancora credere nel nostro “fare impresa”.

Gian Nello Piccoli 3


incontri con

JACOPO MORELLI MODERNIZZARE L’ITALIA, DARLE FIDUCIA E FAVORIRE UN NUOVO SVILUPPO INDUSTRIALE

28 PAOLO BOCCARDELLI LUISS: MADE IN ITALY DA ESPORTARE

scenari

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STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE! QUANDO IL GIOCO SI FA SERIO I FILOSOFI COMINCIANO A PENSARE

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CULTURA&TECNOLOGIA IL MUSEO CANOVA

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stile libero

IL VIAGGIO SUDAFRICA: I PAESAGGI DEL MONDO A PORTATA DI UN CLICK

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SOMMARIO 3

editoriale

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Le associazioni di categoria: il bisogno di rappresentanza

di Gian Nello Piccoli

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incontri con JACOPO MORELLI

Confindustria: dare fiducia al paese PHILIPP BREITENBERGER

SuperG: il volto giovane dell’associazionismo PAOLO BOCCARDELLI

LUISS: Made in Italy da esportare

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FABIO FERUGLIO

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PAOLO MALVESTITI

Friuli Innovazione: una realtà al servizio del territorio

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scenari STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE!

21 Il Museo Canova 51 @EUROSYSTEM.IT

Uova, pancetta e SPAM: dubbi e ricette ai tempi del web 2.0 53 L’Italia che non ti aspetti

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69 La forza dell’aggregazione per 70 uscire dalla crisi 44 ALESSANDRO CONTE 72 CNA Veneto: innovare per competere 74 48 GUIDO POMINI Confcommercio: come cambia la città

focus

FEDERICA PELLEGRINI PERCORSI IN VASCA COME NELLA VITA DETERMINAZIONE E SEMPLICITÀ

64 Intertraco: dall’avanguardia delle macchine a quella del pensiero

s

58 pazio a y 58 L’utente cerca e il sistema lo aiuta 78 78

stile libero CONOSCIAMOCI

Lavorare con IT e ICT

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MEDICINA E LAVORO

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IL VIAGGIO

@EUROSYSTEM.IT

Medico competente e datore di lavoro Paesaggi del mondo con un click

L’evoluzione dell’ERP: da sistema 89 SPORT Marangoni: campionessa Made in Itay gestionale a sistema aziendale Effetti delle operazioni straordinarie Il conferimento di partecipazioni Protezione del marchio in Internet L’evoluzione del diritto nel digitale

s

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PERCORSI

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CUCINA

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UFFICIOVERDE

Pellegrini: determinazione e semplicità L’acqua di mare & l’erba voglio L’albero delle farfalle

101 FUMETTI 28 tories La matita di Sue 28 Eurosystem e l’associazionismo


Nel corso di questi difficili anni Unindustria Treviso è stata protagonista di una grande trasformazione che ha seguito due grandi direttici: la ricerca di una sempre maggior capacità di comprensione delle esigenze espresse dalle imprese e la messa a punto di una nuova generazione di servizi. Per sottolineare questo impegno nasce il marchio “Unindustria c’è”. Non si tratta di una semplice campagna di comunicazione, ma di un impegno morale e operativo che l’Associazione assume nei confronti di ciascuna impresa associata. “Unindustria c’è” è anche lo slogan e il segno grafico attraverso il quale verranno identificate le iniziative di promozione e di informazione riferite ai nuovi servizi. In un momento storico, in un mercato e in una società segnati dalle incertezze, come anche dalle opportunità, Unindustria c’è! Gli imprenditori trevigiani ci possono contare.

una opportunità da condividere


Ciao Eugenio.

Appassionato di golf ed informatica, Eugenio Torresan, detto Mario, è stato tra i fondatori della società Sistemarca, nucleo originario dell’attuale Gruppo di Information Technology Eurosystem Sistemarca. La sua vivacità e la sua dedizione al lavoro hanno contribuito a fare del territorio trevigiano un’eccellenza nel settore delle tecnologie innovative. A lui, combattente tenace della malattia, il saluto di quanti hanno conosciuto l’uomo e l’imprenditore.

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FEBBRAIO 2014

MODERNIZZARE L’ITALIA, DARLE FIDUCIA E FAVORIRE UN NUOVO SVILUPPO INDUSTRIALE Confindustria lancia un segnale di forza e di coraggio al paese

“Il problema dell’Italia è quello di animare, in tutti i cittadini, lo spirito giovane che ha fatto il Paese, che lo ha spinto fra le sette maggiori economie e che ha permesso il miracolo italiano”: a dirlo e a crederci è Jacopo Morelli, vice presidente di Confindustria e presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria.

Qual è lo stato attuale dell’imprenditoria in Italia? In una battuta: vorrei ma non posso. La situazione attuale è quella di tanti imprenditori capaci che per fare impresa in Italia devono combattere con un ecosistema che scoraggia le aziende. Aprire e far crescere una società nel nostro Paese, e riuscire a competere con l’estero, è come correre una gara a ostacoli avendo però i piedi legati. E i “lacci e lacciuoli”, per citare Guido Carli, sono oggi rappresentati da 2 principali 8

aspetti: il fisco da confisca, con un total tax rate che pesa sulle imprese per il 68% contro il 46% degli USA, e un costo del lavoro che dimezza il netto delle buste paga deprimendo la domanda interna; l’incertezza della giustizia, che scoraggia gli investitori esteri e nuove assunzioni, tanto che il 36% delle aziende preferisce non andare in causa anche quando sa di avere titolo legittimo pur di non dover affrontare anni e anni di contenzioso. Quando l’Italia correva questi vincoli non erano cosi pesanti e, dove si cresce nel mondo, non lo sono nemmeno oggi.


Incontri con

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FEBBRAIO 2014

Jacopo Morelli Vice presidente Confindustria e presidente Giovani Imprenditori Confindustria Laureato, dopo gli studi classici, in economia all’Università di Firenze, è presidente e amministratore delegato di EmmeEmme S.p.A., società del settore arredamento. Dal 29 aprile 2011 è presidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria e vice presidente di Confindustria. Iscritto dal 2000 ai Giovani Imprenditori, ha ricoperto diversi incarichi negli organismi nazionali, regionali e territoriali. Dal 2004 al 2005 è stato componente del Consiglio Centrale dei Giovani Imprenditori. Dal 2005 al 2008 è stato presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Firenze e vice presidente di Confindustria Firenze. Dal 2008 al 2010, è stato membro della Commissione Nazionale Ricerca Innovazione. Dal 2010 è componente del Comitato tecnico confederale “Credito e Finanza per le PMI”. Dal 2008 al 2011 è stato vice presidente nazionale, con delega all’Economia, dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Membro di Aspen Institute Italia, in qualità di Aspen Junior Fellow.

Anche Tonga e Ruanda vengono prima dell’Italia nella classifica della Banca Mondiale che valuta la semplicità di fare impresa. Noi siamo al 65esimo posto, la Germania al 21esimo. Ma non sono numeri astratti, perché dietro un dato ci sono sono imprese che falliscono - 93 al giorno nell’ultimo anno - o che si spostano oltreconfine e start up che non nascono. Rapporto Governo-Confindustria: si può cambiare il Paese? Lo stato d’animo degli imprenditori... Siamo pessimisti secondo ragione e ottimisti con la volontà, come diceva Gramsci. Crediamo e vogliamo credere in questo Paese e nelle sue istituzioni, ma i segnali che arrivano dalla classe politica sono purtroppo quelli di non aver capito la profondità della sofferenza economica e sociale di imprese e lavoratori, né di avere la forza, e forse nemmeno la volontà, di incidere sul Sistema Italia. Perché il declino non è un 10

destino, ma il risultato di continue scelte e riforme non fatte. Sono passati due anni dall’ultima vera riforma, quella sulla previdenza del Ministro Fornero, e da allora abbiamo assistito solo ad un piccolo cabotaggio, a leggi di stabilità incapaci di incidere sul tessuto economico, a litigi fra gruppi parlamentari e correnti governative. Ci sono momenti nella storia in cui è invece necessario osare e prescindere dal consenso immediato a cui sembra condannata ogni scelta politica. I cittadini italiani hanno dimostrato di essere in grado di accettare ogni sacrificio momentaneo purchè dia la certezza di avere migliori condizioni in futuro, soprattutto per le nuove generazioni che sono escluse dal mondo del lavoro - con un tasso di disoccupazione oltre il 40% - e costrette a cercare migliori condizioni di vita all’estero. Mai come oggi interessi di imprenditori e lavoratori hanno coinciso, perché rendita e parassitismi pubblici sono i nemici comuni. Se davvero questa classe politica vuole cambiare il Paese si ponga l’obiettivo di recuperare le 44 posizioni che ci separano, secondo la Banca Mondiale, dalla Germania, tagliando di 30 miliardi le tasse su lavoro e impresa e di altri 35 gli sprechi pubblici. Così si salverà l’Italia. Altrimenti, resteranno solo chiacchiere. Di cui siamo francamente stufi. Quali i settori su cui investire per rilanciare l’economia del Paese? Più che di settori produttivi dovremmo parlare di fattori


incontri con produttivi. Il piano industriale di cui il Paese ha una estrema necessità di dotarsi per sostenere la crescita economica deve abbandonare la vecchia impostazione che vede una separazione fra settori emergenti, come l’ICT o la green economy, e settori più tradizionali, come il metalmeccanico o il chimico, perché oggi le filiere sono strettamente interconnesse e “o si vince tutti o non vince nessuno”. Quello che conta è agire, allora, su elementi trasversali a tutti i settori, per riguadagnare competitività e accrescere la produttività: dalle infrastrutture alla digitalizzazione di territorio e personale, dal costo dell’energia al sostegno alla internazionalizzazione. L’innovazione come leva per il rilancio del sistema produttivo italiano: un commento... Bene nella teoria, male nella pratica. Mi spiego: ad un anno dal decreto Passera, che ha istituito il Registro delle start up, le imprese iscritte sono solo 1500. Ossia lo 0,028% delle aziende attive in Italia. Che significa questo, che non si fa innovazione nel nostro Paese? No certamente, ma che abbiamo pensato di regolare la propensione a innovare per decreto, definendo imprese innovative solo quelle con una determinata percentuale di ricercatori sul totale del personale o con una ragione sociale limitata alla produzione e commercializzazione di prodotti e servizi ad alto valore tecnologico. E solo a queste abbiamo riservato agevolazioni per loro costituzione e - comunque pochi - sgravi fiscali per farle crescere e sviluppare. L’innovazione non si stabilisce per decreto ma è il mercato a decidere ciò che è nuovo e funziona, perché risponde a un bisogno finora inevaso dall’offerta, e a premiarlo se funziona. Per questo serve allora agevolare gli imprenditori che decidono di reinvestire gli utili in ricerca e sviluppo nella propria azienda a prescindere dalla ragione sociale, defiscalizzando questi investimenti per renderli più convenienti del risparmio o di acquisizioni immobiliari. Questo aiuterebbe l’innovazione delle aziende e un collegamento virtuoso con le start up che provano a nascere ed espandersi, facilitando anche un affrancamento dalla dipendenza dal credito bancario. Ad oggi, invece, è più conveniente la rendita che la produzione. E lo dimostra il mercato del private equity: il flusso di nuovi fondi in Italia è pari a circa la metà della Germania e un terzo della Francia.

nella fase in cui ci troviamo, nella quale a fronte di una stagnazione dei consumi interni così profonda che non è più un tabù parlare di deflazione, gli scambi con l’estero, che sono continuati a crescere anche in questi anni bui, sono essenziali non soltanto per tenere in piedi aziende strategiche ma anche in termini di sostegno al reddito. Oggi più che mai, visto che il nuovo scenario economico internazionale che va disegnandosi, con un ciclo di ripresa congiunturale, vede l’internazionalizzazione delle economie come principale driver dello sviluppo economico. Per questo eventi come l’Expo di Milano sono occasioni strategiche per dimostrare che sappiamo come sfruttare al meglio le potenzialità dell’Italia nel mondo. Ma è certo che una strategia di internazionalizzazione non può essere slegata da un miglioramento generale delle condizioni del fare impresa in italia. Perché se le imprese possono ancora dare molto al nostro Paese, se ogni PMI potenzialmente può diventare un campione nazionale come Luxottica, pensare che una qualsiasi azienda possa, a medio termine, rimanere sana e competitiva nonostante il Paese è una pia illusione. Un consiglio ai giovani imprenditori. Non c’è una questione dei giovani. Il problema dell’Italia è quello di animare, in tutti i cittadini, lo spirito giovane che ha fatto il Paese, lo ha spinto fra le sette maggiori economie, ha permesso il miracolo italiano. Dobbiamo aspettarci solo quello che saremo in grado di conquistare con le nostre forze. Vale per i giovani, ma vale per tutti. Per questo è necessario essere preparati, studiare e molto, sapere guardare all’estero ma essere capaci di valorizzare la capacità italiane, e, soprattutto, non perdere il coraggio di rischiare. Perché non c’è futuro, se non si libera l’irrefrenabile forza di chi non ha paura di scommettere, e nemmeno di perdere, perché non ha ancora cominciato a vincere.

Il peso dell’imprenditoria italiana a livello internazionale. Restiamo un Paese profondamente industriale, nonostante una contrazione dell’incidenza del manifatturiero sul PIL passata dal 20% al 16%. Nel panorama europeo siamo ancora la prima economia per numero di micro e piccole imprese e la seconda, dopo la Germania, per le imprese di medie dimensioni. C’è ancora un Made in Italy da tutelare e promuovere, soprattutto 11


FEBBRAIO 2014

CORPORAZIONI O ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA Il bisogno di rappresentanza

Storiche e note in tutta Europa, soprattutto in Italia, sono state istituite associazioni di categoria per ogni determinata tipologia economico-produttiva: suddivise per ogni varietà di prodotto, bene o servizio, per dimensione o forma degli iscritti e dei rappresentati, per zona e territorio, per obiettivi o vocazione, e altro. Quindi nel Paese – con dimensione locale e nazionale – esistono rappresentanze per qualsiasi bene o servizio: in ambito industriale, artigianale, commerciale, agricolo, professionale e del terziario. Lo spirito che le caratterizza da sempre è la necessità di tutela e rappresentanza: nel 1843 scrive il veneto Giovanni Codemo: “uno dei caratteri più eminenti della nostra epoca è certamente il bisogno di associazione, il bisogno di neutralizzare un individualismo che tenderebbe a invadere le regole sociali”.

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Anticipatrici delle associazioni di categoria senz’altro sono le corporazioni delle arti e dei mestieri, a dimostrazione della valenza oltre che economica anche sociale svolta nella storia dalle unioni d’interessi. Esse, conosciute anche come Gilde, vengono istituite a partire dal XII secolo in molte città europee per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti ad una stessa categoria professionale.

focus

In Italia sono definite genericamente Arti, in Francia prendono il nome di Guildes, in Inghilterra Guilds, in Spagna Gremios, mentre in Veneto sono chiamate fraglie dal latino medievale “fratalea”, ovvero”fratellanza”. In questo periodo nascono come sodalizio dato dal giuramento che impegna i loro membri all’assistenza reciproca e alla difesa degli interessi comuni. Le prime corporazioni a costituirsi sono quelle mercantili, che nel corso del Duecento riescono a inserirsi e ad assumere un ruolo guida nelle istituzioni cittadine, estendendo il loro controllo a funzioni di natura pubblica come quella sui pesi e le misure e la sorveglianza delle strade. Le associazioni artigianali nascono in un secondo momento e, inizialmente, sono relegate a un ruolo di secondo grado rispetto a quelle mercantili. Il compito primario di ogni corporazione è la difesa del monopolio dell’esercizio del proprio mestiere. Tra i princìpi ispiratori, la tutela della qualità dei manufatti, il principio dell’uguaglianza tra i soci, la particolare attenzione rivolta verso la formazione delle nuove matricole e l’esercizio della giurisdizione sui suoi iscritti. Ogni arte ha un proprio statuto ed è strutturata in organismi di rappresentanza. In seguito, è nel 1887 che fanno la loro comparsa alcune deleghe imprenditoriali per sostenere le rivendicazioni di questo o quel comparto industriale, a seguito del lancio da parte del Governo di un regime protezionistico a favore della nascente industria siderurgica e del settore tessile. E nel 1° Congresso delle società economiche del 1893 Alessandro Rossi ed Ernesto De Angeli ribadiscono la necessità della costituzione di moderne associazioni di categoria e l’opportunità di istituire federazioni nazionali: una per il commercio, una per l’agricoltura e una per l’industria, capaci di incanalare le voci e i bisogni delle diverse categorie economiche diventando mediatrici nelle trattative con il Governo. A fine secolo, ad ogni modo, sono attive soltanto poche rappresentanze. Eppure, laddove afferivano ad un macro raggruppamento produttivo si uniscono in una confederazione, come ad esempio Confindustria. «Storia della borghesia italiana: l’Italia liberale», di Mario Banti. Wikipedia, voce «associazione di categoria». 13


La storia di Confindustria

FEBBRAIO 2014

1980-1991

Gli anni del cambiamento verso la società post-industriale

1887-1910 Gli inizi

Il 5 maggio 1910, in coincidenza con i primi sviluppi dell’industrializzazione nel nostro Paese, nasce la “Confederazione italiana dell’industria”, con il fine di coordinare a livello nazionale le iniziative degli imprenditori sia nei rapporti con il governo e le amministrazioni locali, sia nei riguardi delle organizzazioni sindacali. Prima sede: Torino e poi, dal 1919, Roma.

1951-1963 Sviluppo e il miracolo economico

1911-1922 Affermazione dell’industria italiana

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Con la presidenza di Vittorio Merloni ci fu un tangibile riconoscimento del ruolo assunto dalla piccola-media impresa. Inoltre, l’esigenza di una efficace politica industriale e la revisione della struttura del salario furono al centro dell’attenzione di Confindustria. Sono questi gli anni di un forte rilancio dell’industria italiana.

Trascinata dal forte sviluppo delle grandi imprese del “triangolo industriale” l’economia nazionale raggiunse tassi di sviluppo fra i più elevati del mondo occidentale. Sono questi gli anni della presidenza di Alighiero De Micheli. Nel ’62 a seguito di scelte statali quali la nazionalizzazione dell’energia elettrica, portarono lo stato maggiore della Confindustria su posizioni divergenti, sfociate in duri contrasti nei riguardi dei nuovi governi di centro-sinistra.

Di questo periodo l’adozione del contratto collettivo di lavoro e il riconoscimento delle Commissioni interne operaie coincise con una svolta politico-sociale in senso liberale e riformatore. L’associazionismo imprenditoriale del primo Novecento diventa ‘robusto’ strumento di tutela degli interessi specifici del mondo industriale e fucina di nuove soluzioni nell’organizzazione del lavoro.

1923-1943 L’interventismo pubblico fascista


STEPBYSTEP Con la formazione del mercato unico europeo del ’93, s’impose sempre più la necessità di internazionalizzare l’economia italiana: grazie alla politica di accordi fra governo, Confindustria e sindacati l’Italia seppe controllare l’inflazione e realizzare una sia pur imperfetta politica dei redditi, evitando i rischi di un’emarginazione dai paesi più industrializzati. Significativo è il ruolo svolto dalla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (Luiss del ’77 e da “Il Sole 24 Ore del ’65)”. Tra le principali novità di questo periodo particolare rilievo ha assunto l’impianto di un’organizzazione integrata nelle nuove tecnologie informatiche, inoltre la Carta dei Valori Associativi che sancisce i principi ispiratori su cui si basa il comune sentire delle aziende che riconoscono a Confindustria un ruolo fondamentale nella rappresentanza e nell’associazionismo imprenditoriale.

Agli anni ’70 risalgono le ondate di conflittualità operaia che scossero le fondamenta del sistema d’impresa per circa un decennio. Durante un periodo di recessione economica per il rincaro del petrolio e per la forte crescita del costo del lavoro, l’associazione reagì con la “riforma Pirelli”, che mirava ad una rappresentanza più equilibrata e partecipata delle associazioni territoriali e di categoria, e con l’apporto innovativo delle leve più giovani. Nel ’75 venne siglato con i sindacati nel gennaio 1975 l’accordo sull’indicizzazione dei salari. Sempre di questo decennio la proposta di uno “statuto dell’impresa”.

focus 1992-2000 Concertazione, internazionalizzazione modernizzazione

1964-1979 La ristrutturazione industriale

Di questi anni l’entrata in vigore dell’euro e “l’attentato alle torri gemelle”. Il Governo da parte sua instaura un modello flessibile del mercato del lavoro. L’Europa pone obiettivi di stabilità e giunge alla firma della nuova costituzione europea. Intanto la globalizzazione, l’innovazione tecnologica mettono in competizione paesi distanti tra loro per cultura, capacità competitive e tradizioni estremamente diverse. Vengono poste al centro dell’azione di Confindustria il rispetto delle regole internazionali, la lotta alla contraffazione, la tutela dei brevetti. Inoltre, viene incentivata con finanziamenti la formazione e la ricerca.

2001-oggi Capitalismo di mercato, competitività e innovazione

1944-1950

Sebbene Mussolini avesse proclamato di voler potenziare l’apparato produttivo in nome degli interessi nazionali, le principali confederazioni di categoria deplorarono le violenze dello squadrismo. Dopo il delitto Matteotti, il direttivo della Confindustria chiese il ripristino dell’ordine e della legalità costituzionale con un memorandum presentato nel settembre 1924 a Mussolini.

La fase della ricostruzione

fonte: www.confindustria.it

All’indomani della seconda guerra mondiale, Confindustria assunse un ruolo di primo piano nell’opera di ricostruzione.

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FEBBRAIO 2014

La copertina Una tinta effervescente e luminosa per la copertina numero 05 di Logyn, che questa volta si racconta con una intensa sfumatura del fucsia per richiamare il brio del nostro “saper fare impresa”, vera essenza del Made in Italy. Per tutelare questo nostro patrimonio imprenditoriale (edifici industriali) - fatto di intraprendenza, creatività ed eccellenza - nascono le associazioni di categoria (tavola rotonda), che ancora oggi hanno il compito di rispondere al bisogno di rappresentanza (microfono) dei nostri professionisti aiutandoli a riconoscere la strada migliore per lo sviluppo.

La carta Al vigore cromatico di Logyn n.05 si contrappone l’utilizzo di una carta usomano, che ne attenua l’intensità creando la piacevole sensazione di una grafica viva ma sussurrata. La carta usomano, con superficie naturale al tatto e perfettamente omogenea, è fatta da un impasto di pura cellulosa che assicura una maggiore durata nel tempo della tinta e del grado di bianco. Per realizzare Logyn è stata utilizzata carta usomano in versione FSC®. La certificazione FSC®, Forest Stewardship Council, è il principale meccanismo di garanzia sull’origine del legno o della carta. Si tratta di un sistema di certificazione internazionale che garantisce che la materia prima, usata per realizzare un prodotto in legno o carta, proviene da foreste dove sono rispettati dei rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. FSC®, creato nel 1993, include tra i suoi membri gruppi ambientalisti

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e sociali, comunità indigene, associazioni di consumatori, proprietari forestali, tecnici, organismi di certificazione, industrie di prima lavorazione e di trasformazione e commercializzazione del legno, che operano insieme per migliorare la gestione delle risorse forestali in tutto il mondo. La foresta di origine è stata controllata e valutata in maniera indipendente in conformità a questi standard (princìpi e criteri di buona gestione forestale), stabiliti ed approvati dal Forest Stewardship Council a.c. tramite la partecipazione ed il consenso delle parti interessate. Scegliendo FSC® Logyn contribuisce affinché si proibisca la conversione di foreste naturali o di altri habitat in tutto il mondo, si vieti l’uso di pesticidi altamente pericolosi di tutto il mondo, si vieti la coltivazione di alberi geneticamente modificati (OGM), si rispetti il diritto dei popoli indigeni di tutto il mondo, si controlli ogni operazione certificata almeno una volta all’anno.


Rilassatevi. Pensate. Noi lo realizziamo.

trevisostampa.it


FEBBRAIO 2014

PENSARE CON LE MACCHINE!

QUANDO IL GIOCO SI FA SERIO, I FILOSOFI COMINCIANO A PENSARE...

STEFANO MORIGGI

Videogiochi e apprendimento “In questo nostro secolo attraversato dal fragore delle macchine, tra le personalità eminenti della critica della cultura, tra i pionieri della moderna pedagogia, e tra gli scienziati delle dottrine antropologiche, sta crescendo l’attenzione per la grande significatività che il gioco riveste nello strutturarsi dell’esperienza umana”. Così, nell’ormai lontano 1957, esordiva Eugen Fink (1905-1975) in uno dei più originali saggi - Oasi del gioco - dedicato all’esperienza ludica che la filosofia novecentesca di lingua tedesca abbia conosciuto. Il brillante e originale allievo di Edmund Husserl era persuaso infatti che il gioco fosse un argomento filosofico a tutti gli effetti e che pertanto meritasse l’attenzione e il rigore tradizionalmente riservati ai più consueti temi della ricerca e della riflessione accademica. Inoltre, era convinto pure del fatto che i tempi fossero maturi per avviare una radicale perlustrazione antropologica di una dimensione umana tanto complessa quanto ancora trascurata. “Certo nella storia dell’uomo prosegue Fink - vi furono epoche che vennero vissute nel segno del gioco più del nostro presente, tempi che furono più sereni, più liberi e giocosi, che conobbero maggior tempo libero e furono in intima comunione con le celesti Muse; ma nessun epoca ebbe oggettivamente così tante possibilità e occasioni di gioco quanto la nostra, poiché nessuna ebbe a disposizione una 18

così gigantesca organizzazione della vita”. Il filosofo di Costanza osservava al contempo con interesse e sospetto il proliferare di campi da gioco, campi sportivi, la produzione di giochi di vario tipo su scala industriale, ma non era del tutto convinto che questa sovraesposizione corrispondesse di fatto a una effettiva “comprensione approfondita dell’essenza del gioco” quale esperienza privilegiata per calarsi nelle pieghe dell’animo umano. E proprio per questo riteneva che fosse ormai propizio il tempo per fare del gioco l’oggetto privilegiato dell’interrogazione filosofica. “È concepito come ciò che non è serio, ciò che non è normativo, ciò che non è autentico... una manifestazione marginale, una compensazione periferica, per così dire un’aggiunta che dà sapore alla pietanza pesante del nostro essere”. Eppure, appartiene essenzialmente alla costituzione dell’esistenza umana. Con altrettanto rigore dovremmo, a poco più di cinquant’anni di distanza, raccogliere il testimone di Fink e proseguire nel solco da lui tracciato in questa perlustrazione dell’essere umano proprio nelle sue fasi di rigoroso disimpegno. L’industria del gioco sta conoscendo orizzonti e innovazioni che in quei lontani anni Cinquanta neppure si potevano immaginare. L’evoluzione della tecnologia ha reso disponibile il rapido succedersi di generazioni di videogiochi che non poco hanno contribuito


a plasmare l’immaginario dei più giovani. Ma anche oggi, la riflessione nel merito non si spinge molto oltre l’opportunità dell’uso e il rischio dell’abuso di questi seducenti universi virtuali in cui i vulnerabili fruitori rischierebbero di perdere una volta per tutte la possibilità di un contatto autentico con la realtà del mondo e i suoi significati profondi. Ancora una volta, però, si rischia di rimanere in superficie di un fenomeno che invece richiederebbe ben altro tipo di analisi, ben altre modalità di approfondimento. A onor del vero, occorre riconoscere che non è mancato chi, per esempio, ha ritenuto che l’approccio ludico - e in particolare l’utilizzo di veri e propri videogiochi - potesse aprire un nuovo orizzonte alla didattica. Più precisamente si dovrebbe parlare di tecnologie educative, un campo ampio e sfaccettato ma sintetizzabile in due principali scuole di pensiero. Da un lato, c’è chi ritiene che videogiocare faccia bene in sé, in quanto produce apprendimento e contribuisce a sviluppare abilità e attitudini preziose anche in contesti ben diversi e lontani da quelli di tali ludiche virtualità. In questo caso si parla di comunemente di edutainment. Sull’altro fronte, invece, c’è chi nel videogioco cerca una credibile simulazione della realtà quale occasione e momento piacevolmente formativo. In riferimento a questo approccio si parla, invece, di serious games. Come di recente ha sottolineato Pier Cesare Rivoltella - presidente della SIREM (Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale) e docente di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento presso l’Università Cattolica di Milano “nessuna delle due ipotesi è convincente. Non lo è la prima - spiega il pedagogista - perché non esiste apprendimento che non comporti fatica”. E non lo è neppure la seconda in quanto, “già nella forma lessicale [giochi seri] lascia presagire una scarsa disponibilità dell’utente (il bambino, il ragazzo) ad accettarne le regole di ingaggio”. Ciascuno a suo modo, l’edutainment e i serious games,

scenari convengono nella necessità di ricorrere al (video)gioco come alleggerimento, edulcorazione dell’esperienza di apprendimento. Ma questo, prima ancora che fraintendere - come puntualizza Rivoltella - la natura stessa dell’appropriazione del sapere nei termini di un’impresa avvicente, ma faticosa - non coglie, per dirla con Fink, la centralità e la pregnanza dell’esperenza-gioco quale “fenomeno esistenziale fondamentale” anche nel più ristretto contesto dell’apprendimento. Molto più interessante proprio in quest’ottica è l’approccio adottato dal linguista californiano James Paul Gee. Dal suo punto di vista, infatti, il videogioco configura di fatto un dominio semiotico (semiotic domain), ovvero un contesto di segni e significati stratificato su tre livelli costitutivi: a) le grammatiche interne, ovvero le regole del gioco, senza le quali il gioco stesso non potrebbe esistere; le grammatiche esterne, ovvero l’insieme di contatti, scambi e relazioni che vengono formandosi tra i fruitori del gioco, configurando delle vere proprie comunità di interesse, i gruppi di affinità; c) l’identità del giocatore che Gee articola ulteriormente su tre livelli: c1) l’identità reale, ossia l’individuo che decide di giocare; c2) l’identità virtuale, ossia l’avatar attraverso le cui caratteristiche ci si avventura nel gioco; c3) identità proiettiva, ossia il modo in cui l’identità reale interpreta l’esistenza del proprio avatar. Rileggere l’attività del videogiocare all’interno di questa complessa griglia consente a Gee di cogliere la profondità relazionale che sta alla base dell’esperienza ludica e lascia immediatamente intendere come in nessun modo potrebbe essere banalizzata nei termini di una piacevole evasione,

Stefano Moriggi storico e filosofo della scienza Si occupa di teoria e modelli della razionalità, di fondamenti della probabilità, di pragmatismo americano con particolare attenzione al rapporto tra evoluzione culturale, semiotica e tecnologia. Già docente nelle università di Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular Medicine (SEMM), attualmente svolge attività di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e l’Università degli Studi di Bergamo. Esperto di comunicazione e didattica della scienza, è consulente scientifico Rai e su Rai 3 è uno dei volti della trasmissione “E se domani. Quando l’uomo immagina il futuro”. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: “Le tre bocche di Cerbero. Il caso di Triora. Le streghe prima di Loudon e Salem” (Bompiani, 2004); (con E. Sindoni) “Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto, Nulla, Zero” (Itaca 2004); con P. Giaretta e G. Federspil ha curato “Filosofia della Medicina” (Raffaello Cortina, 2008). Più recentemente (con G. Nicoletti) ha pubblicato “Perché la tecnologia ci rende umani. La carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali” (Sironi, 2009); (con A. Incorvaia) “School Rocks. La scuola spacca”, (San Paolo, 2011). 19


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all’occorrenza utile a motivare l’impegno didattico di un qualche discente. Anzitutto - spiega Gee nel suo Come un videogioco. Imparare e apprendere nella scuola digitale (Raffaello Cortina, 2013) non deve sorprendere il fatto di concepire il videogioco come un dominio semiotico. Dopotutto, “il linguaggio non è l’unico importante sistema di comunicazione di cui disponiamo: immagini, diagrammi, artefatti, e molti altri testi visivi sono dotati di significato, oggi più che mai”. E se questo è vero, non dovrebbe essere difficile, secondo James, vedere nei videogiochi, specie in quelli più sofisticati e interattivi, “la forma di alfabetizzazione multimodale per eccellenza”. Ora, la consapevolezza che ogni videogioco rappresenti un microcosmo di segni e significati entro cui il giocatore, attraverso la sua identità virtuale, progressivamente si inserisce e interagisce, consente a Gee di fare un passo ulteriore nella sua analisi. Gli permette, infatti, di riflettere sul fatto che non esiste un apprendere astratto, disincarnato, ma solo situato, contestualizzato, ovvero precipitato in (almeno) un dominio semiotico. E che, quindi, aggiunge Gee, “se siamo preoccupati di stabilire se un apprendimento sia di valore o no - che si tratti di videogiochi o di qualsiasi altra cosa - dobbiamo iniziare a farci domande del tipo: che campo semiotico viene introdotto attraverso questo apprendimento? È un campo valutabile o no? [...] Chi apprende sta imparando a comprendere (“leggere”) le parti del campo o anche a produrre (“scrivere”) significati all’interno del campo?”

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È proprio grazie a domande di questo tipo che ci si rende conto, per esempio, di quanto sia complesso avere presente quale campo semiotico entri in gioco quando un individuo (o un gruppo di individui) sta cercando di apprendere qualche cosa. Per esempio, mi capitano spesso in sede di esame studenti capaci di ripetere e commentare con proprietà di linguaggio, poniamo, l’imperativo categorico kantiano, ma che alla prova dei fatti non sanno dire come agirebbe il filosofo di Könisberg di fronte a una precisa e concreta situazione. In casi come questi Gee direbbe che lo studente sa “leggere” ma non sa “scrivere” dentro il dominio semiotico dato. In altri termini, ci si trova di fronte un “giocatore dimezzato” in quanto incapace di fare un’attiva esperienza del mondo avvalendosi degli strumenti/ concetti conosciuti in quel dato dominio semiotico. Gee nel suo testo argomenta nel dettaglio che l’apprendimento attivo non è ancora un apprendimento critico. Non è questa la sede per addentrarsi in altri tecnicismi; tuttavia, questo stesso articolo dovrebbe quanto meno rappresentare per il lettore un minimo spunto per intuire, ancorché qualitativamente, quanto una rigorosa e analitica riflessione sulle oasi del (video)gioco possa contribuire, proprio nello spirito di Eugen Fink, ad aprire nuovi orizzonti attraverso cui imparare a conoscere noi stessi, raffinando quei metodi e quegli strumenti utili anche per giocare al meglio la partita della nostra esistenza.


scenari

Possagno: dove cominciò la leggenda Museo Gipsoteca Canoviana e Casa di Antonio Canova

La piccola località di Possagno a nord di Asolo porta il segno dello scultore Antonio Canova, uno dei principali esponenti del classicismo italiano. Figlio di un tagliatore di pietra, lavorò sin da ragazzo nelle cave di marmo, dove scoprì il suo talento e venne mandato a imparare da uno scultore veneziano.

All’età di 18 anni Canova aveva già una bottega propria e si faceva molto presto strada fino a diventare il più pagato scultore del suo tempo. Nobili, papi e ricchi da tutta l’Europa erano in coda per ottenere una delle sue richiestissime sculture. Anche Napoleone commissionò a Canova un suo ritratto addirittura quattro volte. Il gran numero di ordini rese Canova il principale e più noto artista del suo tempo e così iniziò una produzione di serie. Prese delle misure esatte delle sue sculture, modellò le singole parti in gesso e le rese così replicabili. I suoi modelli,

statue e sculture, sono oggi sparsi per musei, palazzi e collezioni private in tutto il mondo. Possagno, adagiato sulle pendici delle Prealpi venete, è un noto comune della Marca Trevigiana, meta di molti turisti italiani e stranieri, attratti dalle sue bellezze artistiche e naturali, e senz’altro perché ospita la Casa natale del celebre scultore, come anche la Gipsoteca, il Tempio, e un bel giardino che si apre in un vasto parco e separa la Casa dal Museo. 21


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MUSEO CANOVA E INNOVAZIONE Il Museo nella tradizione innova: diversi i progetti a partire dal sito attivati che portano Canova a guardare al futuro. Oltre all’allestimento di sale multimediali per la didattica dei numerosi studenti provenienti da tutta Italia, il Museo si è inserito a pieno diritto nel mondo della telematica interattiva, soprattutto nell’universo dei social. Infatti, dopo aver rinnovato completamente il sito rendendolo multifunzionale, la Fondazione Canova (l’ente che gestisce il Museo) ha attivato il link formativo con i corsi on line, la visita interattiva con iPhone, il forum “vorreisapere”, i profili su Facebook e su Twitter per aggiornare in tempo reale sulle iniziative del museo.

Nella Gypsoteca (dal greco “raccolta di gessi”), eretta per volontà del fratellastro di Canova nel 1832, sono confluite tutte le opere presenti nello studio romano dello Scultore: modelli, calchi in gesso, bozzetti in terracotta, marmi, gruppi statuari colossali, monumenti funebri, bassorilievi che sono esposti nella suggestiva ala ottocentesca. Altre opere di particolare bellezza quali le Tre Grazie e Amore e Psiche sono esposte nella luminosa ala progettata da Carlo Scarpa (1957) come ampliamento del Museo. Nel complesso museale sono stati ristrutturati altri locali che ospitano la sezione multimediale e didattica e l’ala nuova con le sale adibite a mostre e convegni. Infatti, il Museo Canoviano di Possagno presenta un’articolata serie di edifici espositivi, di epoche diverse, e numerose collezioni delle opere di Antonio Canova. Oltre alla Gipsoteca che si presenta con un’alta e solenne volta a botte, divisa in tre settori, anche l’Ala Scarpa. Si tratta di un nuovo edificio costruito dal grande architetto veneziano Carlo Scarpa: l’ala, ricca della luce solare che piove dall’alto, è visitata ogni anno da migliaia di visitatori che vogliono studiare i materiali, i modelli progettuali e la disposizione delle opere che Carlo Scarpa ha collocato nell’alta sala a torre e nel corpo allungato che si restringe fino alla piscina delle Grazie. Obiettivo di questo edificio è quello di creare un graduale passaggio dalle collezioni canoviane al vasto Parco antistante che consente al visitatore di continuare il cammino tra una variegata vegetazione e in lunghi percorsi espositivi all’aperto. Inoltre, note anche le Scuderie: piccolo stabile che ospitò per tutto il Settecento le pecore che fornivano la lana al nonno di Canova, Pasino. Fu sempre Carlo Scarpa che volle collegare la sua ala nuova del Museo alla Scuderia, allestendovi l’esposizione di numerose opere canoviane, tra cui spicca un grande cavallo.

I contatti per avere informazioni Via A. Canova, 74 31054 - POSSAGNO Tel: +39 0423 544323 fax: +39 0423 922007 E-mail: posta@museocanova.it www.museocanova.it 22

Quindi, la celebre Casa Canova si snoda lungo il crinale che si stende verso la Pastega, nel territorio sudorientale di Possagno, costruita secondo un asse Est/Ovest per consentire di avere la facciata rivolta al sole e al Giardino, al Brolo e ai vasti campi che oggi costituiscono il Parco Canoviano. La costruzione della Casa del Canova risale con molta probabilità al Seicento e presenta una tipica struttura veneta, con il corpo centrale su più piani, dove si svolgeva la vita domestica e notturna, gli annessi alla Casa, il portone d’ingresso alla proprietà e ai fondi rustici, i lunghi porticati per il deposito dei materiali da lavoro, la stalla per gli animali da traino, il serraglio per il carro, i pozzi. Dopo il terremoto del 1695, la Casa fu ristrutturata e ampliata con nuovi locali e furono aggiunte delle camere per far posto alla famiglia che diventava sempre più numerosa.


scenari

Il Museo di Antonio Canova è proprio l’immagine totale della sua arte e della sua vita. Oggi questa realtà costituisce un riferimento imprescindibile per tutti i musei del mondo che custodiscono gelosamente i capolavori in marmo espressione della sua genialità: il Musée du Louvre, l’Ermitage di San Prietroburgo, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Victoria & Albert Museum di Londra, Apsley House a Londra, l’Augustinerkische, l’Hofburg e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’Alte Pinakothek di Monaco, la Staatliche Museen e la Nationalgalerie di Berlino, la Kunsthalle di Brema, Villa La Grange di Ginevra, il Museo d’Arte Occidentale e Orientale di Kiev, la Galleria Palatina di Firenze, i Musei Vaticani, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, il Museo di Capodimonte a Napoli, il Museo di Sant’Agostino di Genova, il Museo Correr di Venezia e i Musei Civici agli Eremitani di Padova.

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SUPERG: IL NUOVO VOLTO DELL’ASSOCIAZIONISMO PARTE DA TREVISO Impresa e rappresentanza secondo gli “under 35”

Philipp Breitenberger, imprenditore 31enne, è il presidente di SuperG la conferenza dei rappresentanti dei gruppi giovani delle associazioni di categoria imprenditoriali e professionali di Treviso. I SuperG, in fin dei conti, cercano di “fare sintesi” tra i vari gruppi organizzati per far emergere il valore aggiunto dei giovani come risorsa umana e professionale all’interno di imprese, associazioni, mondo politico.

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Quando nasce il SuperG, conferenza dei gruppi giovani di categoria imprenditoriali e professionali di Treviso? Il SuperG è un organismo di rappresentanza trasversale e unitario, nato nel 2007 in provincia di Treviso, con l’obiettivo di incarnare le istanze dei giovani e di favorire lo scambio e il confronto tra categorie economiche e professioni. Inizialmente nasce per iniziativa di Unindustria assieme ad avvocati, commercialisti, Ance e rappresentanti di Confcommercio: al gruppo iniziale, l’anno dopo, si sono unite altre categorie come Confartigianato e Coldiretti. Mission e obiettivi del Gruppo? Il nostro motto è “i giovani per i giovani”. Il gruppo nasce con lo scopo di raccogliere lo spirito che anima e caratterizza i gruppi giovanili delle singole associazioni, per far emergere il valore aggiunto dei giovani come risorsa umana e professionale all’interno di aziende, associazioni, mondo politico, proponendosi di individuare tematiche trasversali da approfondire anche attraverso il confronto con le istituzioni e gli altri attori del territorio. La Conferenza vuole unire le forze delle associazioni che ne fanno parte al fine di pesare di più, per farsi sentire con maggiore autorevolezza, per essere il portavoce e un possibile riferimento di tutto il mondo imprenditoriale e professionale giovanile nella provincia di Treviso. Il SuperG, inoltre, si propone, interessando direttamente o indirettamente i giovani, di studiare i problemi di vita sociale ed economica locale, istituendo commissioni di studio. E in seguito l’obiettivo è quello di prospettare queste problematiche alle amministrazioni e agli enti locali competenti in un costante confronto con la cittadinanza. Tra gli obiettivi, quindi, creare un gruppo di pressione positiva su politica e pubblica amministrazione territoriale per ottenere azioni favorevoli e a sostegno dei giovani professionisti e imprenditori. Vogliamo promuovere il dibattito sui problemi d’attualità relativamente l’impresa per formare e far circolare idee. Infine, operativamente miriamo a stipulare convenzioni con vari provider di servizi del territorio. Cosa vogliono i giovani imprenditori e professionisti, soprattutto in un periodo storico difficile come è quello attuale? Il nostro compito è soprattutto quello di sensibilizzare le categorie sui problemi dell’impresa, ovvero l’accesso al credito e la gestione delle finanze. Soprattutto in questo periodo di crisi è quanto mai importante riuscire a trovare alternative accessibili al credito tradizionale. Bisogna lavorare e pensare a progetti innovativi possibilmente ecosostenibili: l’obiettivo del futuro anche a livello mondiale. Bisogna

Incontri con divulgare una nuova cultura: gli imprenditori di questo millennio devono puntare su nuove tecnologie e nuovi metodi di comunicazione, anche applicati a settori tradizionali come l’agricoltura o l’agroalimentare. Per essere competitivi e sopravvivere soprattutto sul mercato internazionale. Inoltre, sì alla meritocrazia, no alla burocrazia, alla gerontocrazia, al difficile rapporto con le banche. Il nuovo giovane imprenditore o professionista ha una scolarità medio-alta, lavora intensamente in coerenza con la propria vocazione pur non senza difficoltà e disillusioni, lotta quotidianamente contro fisco, costo del lavoro, inefficienza della P.A., cerca un appoggio nelle associazioni di categoria, ma è costretto a operare in un ambiente selettivo, duro, sicuramente più difficile del passato. Siamo un Paese che investe poco nel ricambio generazionale e nel contempo non riesce ad avere progettualità a lungo termine, proprio per questo discorso. Anche dal punto di vista previdenziale e non solo, l’Italia nel 2014 si presenta come il Paese in cui i giovani contano meno. Di conseguenza siamo un Paese bloccato. Quali sono gli interlocutori? Anche a livello nazionale? I nostri interlocutori sono senz’altro le istituzioni e le altre forme di rappresentanza sociale. Dobbiamo riuscire a superare le gestioni un po’ “gerontocratiche” che oggigiorno dominano gli ordini, le carriere e non solo. Inizialmente, abbiamo avuto difficoltà a farci riconoscere come entità nuova. Negli anni, anche grazie alle numerose attività avviate, come anche il bando, le altre realtà istituzionali hanno cominciato a considerare il nostro valore e forza, anche sindacale.

Philipp Breitenberger Presidente SuperG

Philipp Breitenberger, nato il 5 febbraio 1983, da aprile 2009 è presidente Coldiretti Giovani Impresa di Treviso. L’imprenditore è fondatore nel 2008 dell’azienda ad indirizzo frutticolo chiamata Kiwiny srl.

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Qual è la situazione del territorio... La situazione non è facile. Eppure, nonostante le difficoltà economiche, tra i giovani del territorio c’è ancora voglia d’impresa. Tra l’altro, con una nuova presa di coscienza, rispetto al passato. Oggi i giovani conoscono bene le difficoltà del momento e sono altamente formati e professionalizzati per affrontarle. Infatti, chi lavora con l’export è al passo e cresce, mentre chi lavora solo con il mercato interno oggigiorno è in seria difficoltà. Per risollevarsi bisogna rimettersi in discussione e innovare. Oggi il Paese Italia è un Paese morto, però con la nostra tradizione e cultura imprenditoriale basterebbe poco per uscire dalla bolla in cui siamo, ricordandoci sempre che non siamo sostanzialmente un Paese di artigiani, e dobbiamo continuare a produrre prodotti legati al DNA del nostro territorio. Quali sono le difficoltà di un giovane che vuole aprire un’impresa? Il primo vero ostacolo è proprio l’accesso al credito che permette di concretizzare l’idea imprenditoriale. E quindi, uno dei primi problemi è quello d’essere credibile all’istituto di credito. Una volta c’era imprenditoria di massa: facevi tutto e vendevi tutto perché il mercato era aperto e redditizio, oggi si vende un’idea speciale, si vende tecnologia, si vende un servizio, quindi cambia anche la modalità di vendita. Cosa chiedete alle istituzioni pubbliche e private? Chiediamo soprattutto più flessibilità, ed anche spazio per una rappresentanza trasversale e adeguata che diventa una proficua attività di lobby. Chiediamo un posto nei ‘gangli’ decisori della società italiana. Chiediamo di capire e porre rimedio a problematiche come la gravosa pressione fiscale che in altri Paesi non esiste. Parlaci del Bando SuperG? Si tratta della seconda edizione di questo bando per “Giovani imprenditori e professionisti” della Provincia di Treviso. L’obiettivo principale del bando è quello di selezionare e sostenere le idee di business più innovative. Partner per il concorso sono Fondazione Bcc–Cra Treviso e Fondazione La Fornace dell’Innovazione di Asolo. Il bando è rivolto persone fisiche che intendono sviluppare o siano in procinto di realizzare un progetto imprenditoriale o professionale. Il futuro del SuperG? Nel 2008 in provincia di Como è partito un progetto simile, anche se con altra denominazione, ma con gli stessi intenti: 26

sempre un coordinamento del gruppo giovani. Abbiamo contatti, anche, con altri territori (Bergamo, Trento ad esempio) interregionali per esportare ed estendere il progetto a livello nazionale, e cominciare poco per volta a istituire gruppi che dialoghino fra loro, per una maggiore e unificata rappresentanza. Inoltre, vorrei lanciare un appello per allargare il gruppo anche ai giovani medici, all’ordine dei giornalisti, all’ordine degli architetti. Insomma, a tutte quelle federazioni e istituzioni che pensano che possa essere importante essere aggregati. Quanto importante è oggi l’aggregazione? Se il Nordest in passato si è distinto per un forte individualismo, oggi dovrà farlo attraverso un forte cooperativismo e attraverso strategie di grande condivisione.



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EUROSYSTEM E L’ASSOCIAZIONISMO Con UNIS&F e Fondimpresa formiamo la nostra eccellenza tecnologica CARLA SBICEGO

redazione@logyn.it

In questo numero di Logyn affrontiamo il tema del bisogno di rappresentanza per le imprese: che ruolo hanno le associazioni di categoria oggi? Riescono davvero ad intercettare le esigenze delle aziende? E quale sarà il loro compito nel futuro? Ecco il racconto della nostra esperienza per provare a tracciare i percorsi di domani.

Quando è nata Eurosystem, ben 35 anni fa, è stata presa una decisione: dovevamo distinguerci dal resto del mercato per l’eccellenza tecnologica dei prodotti e le elevate competenze delle persone. Mantenere quest’obiettivo nel tempo non è stato facile - le tecnologie si evolvono velocemente, i tempi di risposta alle richieste del mercato diventano sempre più stretti, e il deterioramento della situazione economica non facilita il reperimento fondi - ma, nonostante tutto, oggi possiamo dire

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che uno dei nostri maggiori punti forza è rappresentato dal forte investimento in formazione del personale e in ricerca e sviluppo. Nel settore delle tecnologie informatiche, infatti, aggiornamento costante è un fattore determinante per poter essere competitivi. Ed Eurosystem ha l’ambizioso obiettivo di essere pioniere nelle innovazioni e di saper proporre ai clienti le soluzioni più


all’avanguardia tra quelle disponibili nel mercato, garantendo la massimizzazione delle performance e l’ottimizzazione dell’investimento. Ma per un’impresa di medie dimensioni e grandi obiettivi come la nostra, la gestione interna di un piano formativo strutturato, efficace, e distribuito nel tempo può risultare impegnativa e per questo non rispondere adeguatamente agli obiettivi prefissati: spesso manca un’analisi dei fabbisogni, le competenze specialistiche o, semplicemente, il tempo. È per questo che da diversi anni ci affidiamo alla consulenza di Unindustria Treviso Servizi & Formazione (UNIS&F), la società di servizi e formazione dell’Unione degli Industriali della provincia di Treviso (cui aderiamo) che si propone di affiancare il business delle imprese con servizi di supporto specializzati, attività di formazione delle risorse umane in tutte le tematiche di interesse aziendale, e assistenza nel recupero di finanziamenti per realizzare piani di formazione e servizi di consulenza. In UNIS&F abbiamo sempre trovato un interlocutore affidabile e in grado di dare risposte tempestive, competenti ed adeguate alle nostre esigenze. In particolare negli ultimi anni l’apporto consulenziale dell’associazione è stato fondamentale per capire come rintracciare e utilizzare al meglio i finanziamenti per la formazione. Con il supporto dello staff di UNIS&F nel 2003 abbiamo aderito a Fondimpresa, il Fondo Interprofessionale per la Formazione Continua più importante in Italia, costituito da Confindustria, Cisl, Cigl e Uil e aperto a tutte le imprese di ogni settore e dimensione, per permettere di destinare lo 0,30% dei contributi obbligatori versati all’INPS per le spese di

stories formazione. Nel corso di un decennio, grazie anche al supporto di UNIS&F, abbiamo realizzato ben 10 piani formativi, per un totale complessivo di ore di formazione erogata per ciascun dipendente, finanziate attraverso il fondo, pari a 5.214. Gli interventi formativi realizzati attraverso il finanziamento di Fondimpresa ci hanno permesso di migliorare le nostre competenze strategiche in merito a materie come il project management, la Business Intelligence (BI), la virtualizzazione. In particolare l’approfondimento della metodologia di project management ha permesso ai progettisti e agli sviluppatori di elaborare un proprio modello progettuale per la gestione delle commesse e di acquisire le competenze comunicative e organizzative per lavorare efficacemente all’interno del team di progetto. La formazione executive in house ha consolidato le competenze di vendita e ha creato una maggiore sinergia tra area tecnica e area commerciale favorendo la creazione di un modello di servizio sempre più vicino alle specifiche esigenze del cliente. L’aggiornamento delle competenze di Business Intelligence ha aumentato la qualità delle soluzioni proposte e ha aiutato la ricerca dell’eccellenza tecnologica: grazie ad esso oggi i nostri progettisti sono in grado di offrire una consulenza

Dal 2003 Eurosystem con Fondimpresa ha realizzato: • 10 piani formativi • 5.214 ore formazione per ciascun dipendente • tra gli argomenti dei piani formativi: ▶▶ project management ▶▶ virtualizzazione dei server ▶▶ Business Intelligence ▶▶ Business Object

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di elevata qualità nell’ambito dei processi decisionali, nella comprensione dei principali trend evolutivi della BI in relazione alle architetture ICT, nell’inserimento di applicazioni di BI all’interno di un profilo gestionale e organizzativo. Infine, la realizzazione di una piano formativo dedicato alla virtualizzazione ha permesso ai sistemisti di Eurosystem di sviluppare le capacità tecniche necessarie all’implementazione della soluzione VMware vSphere®, la piattaforma di virtualizzazione per la creazione di infrastrutture cloud leader del settore che fornisce i massimi livelli di disponibilità e reattività, rispondendo più rapidamente alle esigenze aziendali. Grazie a Fondimpresa e ai contributi aggiuntivi periodicamente stanziati a favore delle PMI, ma anche approfittando dell’ampia scelta di corsi e convegni costantemente offerti da UNIS&F agli associati, attuali e di ottimo livello, abbiamo avuto la possibilità di continuare a crescere e, attraverso la formazione, siamo riusciti a trasformare la difficile situazione economica di questi anni in una opportunità per rimetterci in gioco, aumentare il nostro vantaggio competitivo e presentarci al mercato con una marcia in più. UNIS&F ci ha aiutati a impostare i vari progetti formativi per sfruttare nel modo più conveniente possibile i fondi disponibili, oltre ad averci assistito in tutti gli

step connessi alla gestione dei progetti formativi: analisi dei fabbisogni formativi, selezione del docente/formatore, redazione del piano, connessione con gli organismi di riferimento per la formazione finanziata, gestione burocratica del progetto, rendicontazione finale e valutazione dei risultati. Siamo così riusciti a innestare un circolo virtuoso di formazione, e sappiamo che ogni anno possiamo accedere ai finanziamenti per aggiornare e potenziare le nostre competenze. Non solo partecipare, ma anche semplicemente comprendere nel dettaglio un processo di formazione finanziata, come per esempio quello promosso da Fondimpresa ma anche i progetti finanziati dal Fondo Sociale Europeo, è spesso difficile. Per questo apprezziamo la professionalità, la tempestività di risposta e la disponibilità dello staff di UNIS&F, che rappresenta per noi un’ulteriore conferma dell’importanza che rivestono attualmente le realtà associative per le imprese. E soprattutto che rivestiranno in futuro come promotori di sviluppo e innovazione nelle imprese.

IL SISTEMA FONDIMPRESA A SOSTEGNO DELLO SVILUPPO IT Fondimpresa (Fondo Interprofessionale per la formazione continua) è stato costituito nel 2003 da Confindustria, Cigl, Cisl e Uil ed è aperto a tutte le imprese, di ogni settore e dimensione. Grazie all’adesione, completamente gratuita, le aziende fanno confluire in Fondimpresa lo 0,30% dei contributi INPS e possono partecipare direttamente alle scelte e alla gestione delle attività di formazione finanziate dal fondo. Si tratta, quindi, di una diversa destinazione di fondi che l’azienda deve comunque versare. Le opportunità a disposizione delle aziende per utilizzare i finanziamenti Fondimpresa sono il Conto Formazione e il Conto di Sistema. Il Conto Formazione è il conto aziendale, può essere utilizzato per finanziare qualsiasi tipologia di corso di formazione rivolto a operai, impiegati e quadri. Fondimpresa stanzia inoltre dei 30

contributi aggiuntivi, a fondo perduto, in aggiunta alle risorse che l’azienda ha accantonato nel proprio conto. Tali contributi sono pensati per le Piccole Medie Imprese o per percorsi formativi che presentano specifiche caratteristiche: sviluppo di competenze per l’e-commerce e l’innovazione digitale, attività formative a sostegno dei processi di internazionalizzazione e penetrazione nei mercati esteri, contributi per la formazione di lavoratori a rischio di perdita del posto di lavoro. Il Conto di Sistema è il conto cumulativo che finanzia attività formative sul territorio o per determinati settori produttivi. UNIS&F ha il compito di raccogliere le esigenze formative delle aziende per presentare e coordinare progetti in linea con le reali necessità del tessuto imprenditoriale. Ogni piano formativo prevede la preventiva approvazione delle Parti Sociali attraverso la sottoscrizione di un apposito verbale di consenso. L’accordo deve essere firmato dalle RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria), se presenti in azienda, o, in assenza di esse, dall’OBR (Organismo Bilaterale regionale).


informazione pubblicitaria

La tecnologia Flash cambia il mondo dello Storage: un ventaglio di possibilità L’utilizzo di dispositivi a Stato Solido per l’immagazzinamento dei dati non è un concetto nuovo nell’Informatica; le prime soluzioni di questo tipo erano basate su memorie di tipo DRAM e risalgono agli anni ’70 ed anche prima. Rispetto ai supporti magnetici, lo Stato Solido presenta molteplici benefici (maggiore compattezza, minori consumi e soprattutto prestazioni molto più elevate), ma anche costi molto più elevati che ne hanno storicamente ristretto l’utilizzo ad un ambito ristretto tipicamente nel campo dei Super-Computer. Le cose stanno rapidamente cambiando con l’introduzione delle Memorie Flash, che hanno prezzi decisamente più bassi delle DRAM (ed in costante discesa); ciò rende finalmente possibile l’introduzione dello Stato Solido nel Data Center, anche se il divario di prezzo tuttora esistente verso i dischi tradizionali impone di motivare in maniera rigorosa l’investimento al management.

Storage “All-flash” Sono Storage interamente configurati con dischi a Stato Solido, come EMC XtremIO. Al contrario degli Storage “Ibridi”, EMC XtremIO è ottimizzato per l’utilizzoesclusivo delle memorie Flash, adottando una serie di accorgimenti per rendere più efficace l’utilizzo dello spazio disponibile e ridurre al minimo le scritture fisiche. Su questo aspetto è utile ricordare che per le memorie Flash le operazioni di scrittura sono decisamente più onerose delle letture. Le scritture, infatti: • sono più lente delle letture; • tendono ad usurare le memorie Flash (la durata di una memoria Flash dipende direttamente da quante volte questa viene riscritta); • in caso di scrittura su aree già scritte in precedenza richiedono un “erase” preventiva. Anche se l’erase viene svolto in background ed in maniera asincrona rispetto alle scritture (algoritmi di garbage collection), è un processo

consuma risorse e può creare temporanei rallentamenti. Gli accorgimenti adottati da XtremIO per ridurre il numero di scritture fisiche sono molteplici: • Deduplica on-line: la deduplica avviene in memoria: XtremIO analizza le scritture in ingresso, riconosce se i dati sono già presenti ed in questo caso si limita a creare un nuovo puntatore al blocco già scritto, senza effettuare nessuna nuova scrittura • Distribuzione Automatica dei Dati: il posizionamento dei nuovi dati in ingresso è distribuito in modo da utilizzare equamente tutte le memorie Flash, indipendentemente dalla posizione che il blocco ha per il server • Protezione dei dati ottimizzata per Flash: XtremIO adotta algoritmi proprietari (in attesa di brevetto) che forniscono un livello di protezione analogo al RAID 6, ma che richiedono un numero di scritture inferiore ed hanno prestazioni superiori a qualsiasi algoritmo RAID esistente. Oltre a questi accorgimenti, XtremeIO presenta altri vantaggi legati all’adozione della tecnologia Flash: non necessita di Tuning (grazie alla distribuzione automatica), ha consumi più bassi (grazie all’assenza di dispositivi rotanti), supporta snapshot estremamente efficienti (grazie alla deduplica. Le situazioni d’impiego tipiche per gli All-Flash riguardano applicazioni che richiedono prestazioni elevate ed assolutamente costanti nel tempo, con un profilo di carico estremamente randomico (che potrebbe rende poco efficaci gli algoritmi di spostamento automatico degli Storage Ibridi). Rientrano in questa casistica ambienti di Virtual Desktop (VDI), server farm virtuali ad alta densità, database critici per applicazioni real-time. In conclusione, le esigenze delle applicazioni in termini di prestazioni e di affidabilità dei dati (garantita da ridondanza, repliche locali e repliche) possono essere molto differenti. Nel corso degli ultimi anni EMC non solo è stata un pioniere nell’adozione della tecnologia a Stato Solido nel campo dello Storage, ma ha sviluppato un portafoglio ampio ed articolato di prodotti per consentire ai clienti di impiegare questa tecnologia nella maniera più idonea a rispondere alle loro esigenze.

Per approfondimenti visita EMC GEEK, il blog di tecnologia di EMC!

emcgeek.blogspot.ie

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MADE IN ITALY DA ESPORTARE: LA VERA RIVOLUZIONE ITALIANA Intervista al professor Paolo Boccardelli

Professore di Economia e gestione delle imprese e Strategia d’impresa presso l’Università LUISS “Guido Carli” di Roma, Paolo Boccardelli spiega come la creatività italiana sia anche sinonimo di innovazione continua e ricerca. Valori da non perdere, anzi da sostenere soprattutto nell’export.

Economia italiana, Made in Italy e innovazione: come si intrecciano questi grandi temi? Qual è la situazione italiana? Il Made in Italy è certamente uno degli asset più importanti della nostra economia, ciò che più ci rappresenta nel mondo. Made in Italy è sinonimo di creatività, eccellenza qualitativa, design esclusivo e life style. Il modello produttivo del Made in Italy per sua stessa natura privilegia la piccola e media impresa, se non addirittura la micro impresa, realtà imprenditoriali sparse su tutto il territorio italiano e spesso riunite in cluster o distretti. La maggior parte delle nostre eccellenze manifatturiere non proviene solo da settori tradizionali, quali 32

il tessile o il calzaturiero, ma arriva anche dalla meccanica e dai mezzi di trasporto, dalle macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, agli strumenti per la navigazione aerea e spaziale. Numeri alla mano, il successo del Made in Italy, nonostante la crisi, dimostra quanto le nostre imprese siano state in grado di conservare competitività nel mercato globale senza perdere la capacità di creare bellezza. Proprio perché non crea valore dalla quantità ma dalla qualità, Made in Italy è anche sinonimo di innovazione continua e ricerca. È infatti l’innovazione che ha permesso in questi anni alle imprese italiane di conservare la propria leadership di mercato. A tal proposito occorre però sottolineare che non


incontri con

sempre le innovazioni e gli sforzi produttivi compiuti dalle nostre imprese sono stati supportati da altrettanti sforzi dal punto di vista legislativo ed infrastrutturale. Ci può dare dei dati per fotografare la situazione italiana? L’Italia è entrata nel 2014 dopo aver perso l’8,8% del prodotto interno lordo rispetto ai livelli pre-crisi (3 punti dalla nascita dell’euro 15 anni fa). C’è un robusto nucleo di imprese che innovano e si espandono all’estero ma il 15% del nostro potenziale produttivo è andato perso. Nel 2013 le domande di disoccupazione sono aumentate del 32,5% e a novembre scorso c’è stato un nuovo record dei disoccupati al 12,7%, vale a dire che più di 4 giovani su dieci non trovano lavoro. Nonostante tutto il rapporto “Industria e Filiere 2013” del centro studi Prometeia parla di grandi miglioramenti per il prossimo biennio. Il rapporto analizza il posizionamento competitivo e le prospettive a breve e medio termine di 13 filiere produttive dell´industria italiana, articolate lungo 5 fasi della catena del valore (sourcing, prime lavorazioni, lavorazioni intermedie, prodotti finali e distribuzione). Sono molto buone le previsioni di recupero - +6% nel biennio 2014-2015 - per 8 filiere su 13 e di ritorno alla redditività. Ci si aspetta inoltre un aumento nelle esportazioni: sempre nel bienno 2014-2015 le esportazioni a prezzi costanti dovrebbero crescere in media al 4%, i fatturati del 2%. E i numeri sul disavanzo della bilancia commerciale sembrano confermare tale andamento. Si può ancora parlare di una industria Made in Italy forte? Mentre la prolungata crisi si sta abbattendo con forza sulla nostra economia interna, riducendo il reddito a disposizione delle famiglie che si sono sempre più impoverite in questi anni, dal nostro export arrivano segnali incoraggianti che fanno sperare in una ripresa e messa in moto delle energie di questo Paese. Guardando senza pregiudizio e con un pizzico di attenzione in più, ci accorgeremmo che l’Italia sa essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente, soprattutto sui mercati globali. Questo dimostra che, nonostante la crisi, l’Italia ha ancora un sistema industriale forte, in grado di generare valore aggiunto e che ha resistito alla terziarizzazione dell’economia in atto in tutta Europa. È necessaria però una profonda ristrutturazione del sistema Paese nel suo complesso, con provvedimenti economici e fiscali forti, al fine di preservare il tessuto industriale ed imprenditoriale italiano, che è oramai allo strenuo delle forze. Si parla dell’industria creativa per il rilancio del sistema produttivo italiano. Cosa ne pensa?

con un piano di sostegno a livello nazionale ed europeo che mette in campo misure volte ad agevolare l’accesso ai finanziamenti, rafforzare la competitività, ampliare le esportazioni e consolidare i legami con le altre industrie, utilizzando in maniera strategica gli 1,8 miliardi di euro stanziati per il prossimo programma “Europa creativa” (2014-2020). L’industria creativa infatti - che comprende architettura, artigianato artistico, patrimonio culturale, design, festival, moda, cinema, musica, arti dello spettacolo e arti visive, biblioteche, editoria, radio e televisione - impiega 8,5 milioni di persone in UE e rappresenta il 4,5% del PIL, fornendo un importante contributo agli altri settori, in cui l’innovazione è guidata sempre di più dalla creatività e dal design. Eppure, proprio le imprese creative incontrano difficoltà ad attirare gli investimenti necessari per convertirsi alle tecnologie digitali, un elemento essenziale per ridurre i costi di produzione e accedere ai nuovi mercati. A suo avviso quali sarebbero le politiche necessarie a sostegno delle eccellenze italiane? Defiscalizzazione degli investimenti e del lavoro, incentivi per Ricerca & Sviluppo, sburocratizzazione e digitalizzazione, oltre che abbassamento dei costi energetici per i produttori. E poi supporto alle reti di impresa oltre che alla collaborazione tra filiere. Non dimentichiamoci inoltre dell’accesso al credito: la Banca Centrale Europea (BCE) ha voluto in tal senso dare un forte segnale abbassando i tassi d’interesse - e quindi il costo del denaro - al minimo storico, nonostante la possibilità che si innescassero dinamiche deflazionistiche. Procede verso questa direzione Destinazione Italia, il pacchetto pro-crescita che contiene una serie di facilitazioni fiscali che dovrebbero consentire il decollo definitivo dei mini-bond e delle altre forme di

Paolo Boccardelli Professore di Economia e gestione delle imprese e Strategia d’impresa presso l’Università LUISS “Guido Carli” di Roma

Di questo tema in Italia si parla molto ma ben poco è stato fatto. È invece intervenuta in maniera significativa la Commissione UE 33


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finanziamento diretto, anche attraverso emissioni azionarie, alle piccole e medie aziende. Il 2014 potrebbe quindi segnare l’inizio del finanziamento extra-bancario alle PMI, con l’impegno diretto dei grandi intermediari istituzionali - gruppi del risparmio gestito e assicurazioni - nel finanziamento a favore della nascita e dello sviluppo di nuove avventure imprenditoriali.

di “fundraiser istituzionale”, ed anche l’emendamento al Decreto del Fare con cui il Governo vara finanziamenti e agevolazioni pubblici anche per le PMI che acquistano servizi e prodotti informatici. Queste iniziative, tuttavia, devono essere perseguite con maggiore decisione e impegno per allineare l’Italia ai migliori benchmark internazionali.

Industria e innovazione: a che punto siamo? Sono stati fatti investimenti importanti nel Paese in questi anni?

In generale in Europa, ma soprattutto in Italia in questo periodo di crisi sono in maggior sofferenza la PMI. L’innovazione è la carta fondamentale per farle crescere?

È proprio perché non sono stati fatti grandi investimenti che ci troviamo nella situazione attuale. Buone iniziative sono tuttavia il patto siglato ad inizio dello scorso anno tra Confindustria e CNR, le iSrl, l’Agenda Digitale e i bandi per le Smart Cities. L’accordo tra Confindustria e CNR ha come obiettivo quello di generare un’osmosi di best practices fra le imprese. I punti essenziali: lo sviluppo di cluster tecnologici e di attività di ricerca di eccellenza anche per attrarre investimenti ed il potenziamento degli strumenti per rafforzare il trasferimento tecnologico. Altro tema è la definizione di modelli efficienti di gestione della proprietà intellettuale. Le due realtà stanno inoltre lavorando all’integrazione della Mappa delle Competenze in R&I realizzata da Confindustria con l’analisi delle competenze presenti all’interno del CNR, che permetterà di avere un primo importante strumento di definizione di un sistema di analisi dei territori fondamentale per individuare le specializzazioni richiamate dalle nuove politiche di Europa 2020. Quello italiano, non dimentichiamolo, è un contesto sfavorevole allo sviluppo di iniziative imprenditoriali per diversi motivi. Tra questi è utile citare la non ancora adeguata presenza di istituzioni finanziarie che agevolino lo sviluppo e la crescita; la carenza delle infrastrutture tecnologiche a disposizione; la bassa integrazione rispetto a un tessuto di operatori hi-tech; la limitata possibilità di garantire ai neo imprenditori attraverso l’enforcement giuridico e legislativo la salvaguardia dei propri diritti di sfruttamento economico della proprietà intellettuale (si pensi a tale proposito al tema della protezione dei brevetti, delle licenze e dei marchi). Forme di semplificazione come la iSRL, ovvero una nuova forma di società riservata agli under 35 che potrà essere costituita interamente online con solo 1 euro e la semplice comunicazione alla camera di commercio, sono le benvenute. Quindi Innovitalia.net, punto di incontro tra ricercatori di tutto il mondo; Agenda Digitale che rappresenta l’applicazione di uno dei filoni della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; le misure introdotte per lo sviluppo della Smart Cities; Destinazione Italia ossia il piano del Governo per rilanciare l’impresa italiana; la creazione di un Fondo dei Fondi sull’esperienza del fondo Yozma Israeliano, che capitalizza l’intervento pubblico e si propone come interlocutore nei confronti degli investitori istituzionali svolgendo quindi il ruolo 34

Le piccole e medie imprese hanno nella manifattura il loro punto di forza e di debolezza. Non si può più pensare di competere con un gigante come la Cina, piuttosto che la Corea o il Vietnam che sono in grado di produrre milioni di pezzi in più ad un costo più che dimezzato. È quindi indispensabile puntare su beni di media-alta gamma, che possano giustificare il prezzo più alto con un valore aggiunto nettamente più elevato rispetto al prodotto di massa. Qui entrano in gioco l’innovazione, la creatività, l’abilità di portare sul mercato un unicum non replicabile. IT e ICT: indispensabili per sopravvivere sul mercato nazionale, e ancor più quello internazionale... Cito i servizi cloud tanto per fare un esempio. Il ritmo di crescita della loro diffusione nelle aziende italiane continua ad essere molto sotto la media mondiale ed in Europa solo la Spagna ha livelli più bassi dei nostri, nonostante una timida inversione di tendenza registrata negli ultimi mesi (+11% gli investimenti nel cloud, a fronte di una spesa in IT che decresce mese dopo mese). Se poi l’analisi si allarga alle PMI, il risultato è piuttosto scarso. Le grandi imprese nazionali rischiano soprattutto quando si parla di infrastruttura ma lo fanno sempre con minore entità rispetto ad altri paesi. Quello che manca non è solo il capitale, o l’incentivo, le imprese difettano in questo momento di quel tanto di propensione al rischio fondamentale in qualsiasi attività imprenditoriale. Secondo Lei manca informazione e formazione nelle aziende circa l’innovazione? Quale istituzione dovrebbe promuovere una maggiore conoscenza? Siamo di fronte ad un corporate dilemma: le aziende sono potenzialmente molto interessate alla formazione e informazione del loro personale, qualunque sia il livello nell’organizzazione, ma temono che questo possa poi lasciare l’azienda stessa e mettere a frutto queste competenze altrove. Nemmeno è da sottovalutare il fatto che, la contrazione dell’economia, ha spinto molte aziende a ridurre i budget dedicati alla formazione, decurtando i fondi destinati. Non esistono in tal senso vere e proprie istituzioni che possano promuovere o portare la formazione in azienda


incontri con poiché ognuna di esse ha una storia, un modus operandi e un’organizzazione verso cui la formazione stessa dovrebbe tendere e non imporsi dall’esterno. È piuttosto una questione di cultura aziendale stessa e di interazione tra azienda e poli della formazione e, in questo senso, le istituzioni possono far molto favorendo l’incontro tra impresa e università, defiscalizzando la formazione e promuovendo una cultura dell’incentivo all’aggiornamento. Si tratta di far crescere il personale qualitativamente e non solo quantitativamente. Ci parla del concorso di Confindustria nazionale dedicato al Made in Italy, che la vede dentro il comitato scientifico? Qual è l’obiettivo finale del concorso? Il Confindustria Awards for Excellence, cui partecipo con molto entusiasmo con altri colleghi, ha come obiettivo finale quello di individuare e valorizzare le eccellenze del territorio che sono riuscite, tramite l’innovazione, a proiettarsi con successo sui mercati esteri allo stesso tempo mantenendo con il territorio un forte legame sociale ed economico. Si tratta di aziende che non esistono solo passivamente ma creano valore economico ed umano intorno a sé. Infine, si può parlare ancora di dinamismo imprenditoriale in Italia? Come aiutare i giovani imprenditori ad avere formazione e conoscenza, oltre a una buona idea? Anche l’Italia, forse più entusiasticamente che altrove, è partecipe del fenomeno Start up nonostante gli incubatori e i business angels siano ancora molto pochi. LUISS, in questo senso, fa molto attraverso il suo incubatore LUISS Enlabs. L’aumento delle iscrizioni alle Camere di Commercio e delle partite IVA segna un punto a favore dell’imprenditorialità, parallelamente alla crescita nelle aperture di nuove attività commerciali. È altrettanto vero che ogni anno, soprattutto nel 2012 e nel 2013, le attività che hanno chiuso i battenti sono state più numerose che mai, indice di una tendenza che se da un lato evidenzia la crisi, dall’altro mette in luce una rinata voglia di self-entrepreneurship soprattutto da parte dei giovani che non trovano più collocazione su un mercato del lavoro rimasto statico nonostante i cambiamenti repentini e drastici avvenuti in tutto il mondo. Bisogna inoltre favorire, e molto, il dialogo tra i provider dell’educazione e le imprese. È di qualche giorno fa la presentazione del rapporto McKinsey “Il viaggio tempestoso dell’Europa, dall’educazione all’occupazione”, secondo cui ben il 47% dei datori di lavoro italiani riferisce che la propria azienda è danneggiata dall’incapacità di trovare i giusti lavoratori. In nessun altro Paese europeo la percentuale è così alta. Segno di una mancanza di comunicazione tra la domanda e l’offerta, tra i giovani e le aziende, che si traduce in spreco evidente di capitale umano e punti percentuali di Pil. 35


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FRIULI INNOVAZIONE: UNA REALTÀ AL SERVIZIO DEL TERRITORIO Tecnologie, innovazione e incubatore di impresa sotto lo stesso tetto

Creare un parco scientifico e tecnologico e insediarlo su un territorio significa vivere direttamente il confronto con imprese e realtà che su quel territorio cercano di sopravvivere e crescere, condividere conoscenze, e gestire la naturale connessione con il sistema regionale della ricerca e l’accesso a un network selezionato di istituzioni, finanziatori, centri di ricerca e imprese. Intervista a Fabio Feruglio, direttore di Friuli Innovazione.

Direttore, quando e perché nasce Friuli Innovazione? Friuli Innovazione (oggi Società consortile a responsabilità limitata, mista pubblico/privato) nasce nel 1999 su iniziativa dell’Università degli Studi di Udine, di Confindustria Udine, del Centro ricerche Fiat, di Agemont, dell’Unione degli industriali di Pordenone e della Fondazione Crup, con l’obiettivo di mettere in comunicazione il mondo della ricerca e il sistema economico friulano. La mission è quella di favorire l’incontro 36

tra ricercatori e imprese e l’impiego industriale dei risultati scientifici e tecnologici prodotti in laboratorio. Dal 2005 la Regione ha affidato a Friuli Innovazione anche la gestione del nuovo Parco scientifico e tecnologico Luigi Danieli, creato nella zona industriale udinese. Da allora è costante e significativa la crescita annuale del volume di attività, dei servizi forniti e dei progetti nazionali e internazionali a cui partecipiamo. La nostra mission è essere connessi con il mondo e attivare azioni che


abbiano ricadute sul territorio. Dal 2009 la Regione ci ha anche chiamati ad essere coordinatori dei diversi parchi tecnologici del Friuli Venezia Giulia.

incontri con

Ci parli delle eccellenze di Friuli Innovazione: qualche numero... Il Parco scientifico e tecnologico Luigi Danieli si estende su una superficie di 80.000 metri quadri, di cui 60.000 di aree verdi, con 6.400 metri quadri di edifici e 5.500 di parcheggio. Uffici e laboratori immersi nella natura, architetture in equilibrio con l’ambiente, sale riunioni e convegni, luoghi dedicati ad attività formative e culturali. La posizione del Parco è logisticamente invidiabile: al centro dell’Europa, nel cuore di una regione vocata all’innovazione e all’integrazione e facilmente raggiungibile, essendo a pochi minuti dalla rete autostradale e accessibile da più aeroporti internazionali (Trieste, Venezia, Lubiana e Klagenfurt). Friuli Innovazione è costantemente impegnato a creare opportunità di sviluppo, crescita competitiva, occasioni di trasferimento di know-how e risultati della ricerca. Nel 2013 sono state realizzate più di 230 consulenze di trasferimento tecnologico, una sessantina tra seminari, convegni e conferenze stampa che hanno visto la partecipazione di circa 700 persone,

abbiamo scritto numerose proposte progettuali presentate su bandi europei e nazionali. Inoltre, si è concluso il progetto di ampliamento del Parco: un momento fondamentale di crescita per Friuli Innovazione, con l’inaugurazione di 3 nuovi edifici che consentiranno di accogliere una cinquantina di imprese e laboratori di ricerca. Il nuovo complesso è stato realizzato all’insegna del rispetto per l’ambiente e del risparmio energetico. Un altro risultato importantissimo è stata la certificazione dell’incubatore Techno Seed, tra i primi a livello nazionale. In Techno Seed abbiamo valutato più di 300 idee di business e un centinaio di business plan; dal 2005 abbiamo formato quasi 2.000 persone in materie che riguardano l’imprenditorialità e supportato la costituzione di una trentina di start up, tutte ancora sul mercato e che hanno creato centinaia di posti di lavoro.

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Fabio Feruglio Direttore Friuli Innovazione Fabio Feruglio dal 2006 è direttore di Friuli Innovazione, il centro di ricerca e di trasferimento tecnologico che gestisce il Parco scientifico e tecnologico Luigi Danieli di Udine e l’incubatore certificato d’impresa Techno Seed. In Friuli Innovazione ha seguito la fase di avvio e di ampliamento del Parco scientifico e tecnologico (2006-2013) e dato impulso ad un continuo processo di sviluppo delle attività, delle relazioni (nazionali e internazionali), dei progetti acquisiti a livello europeo, nazionale e regionale, sia nell’ambito di azioni di trasferimento tecnologico, sia di supporto all’incubazione di impresa.

Dove trovate i fondi per fare tutte queste attività? Facciamo tutto questo finanziandoci principalmente (80%) attraverso la partecipazione a bandi europei, nazionali e regionali, ovvero attraverso meccanismi competitivi che selezionano i migliori progetti e le migliori partnership. La parte restante deriva dall’erogazione di servizi a chi si insedia al Parco, da consulenze specialistiche e commesse di ricerca commissionate dalle imprese al nostro Laboratorio di Metallurgia e Tecnologia delle Superfici e dei Materiali Avanzati. Friuli Innovazione non ha un fondo di finanziamento ordinario alimentato sistematicamente dallo Stato o dalla Regione, come di norma succede per tutte le organizzazioni simili alla nostra. In generale, ci posizioniamo su un valore annuo medio di circa 2 milioni di euro di ricavi, che ci servono per erogare i servizi di trasferimento tecnologico, ricerca di finanziamenti e supporto all’avvio di nuove imprese attraverso l’incubatore. È un modello di funzionamento virtuoso, ma complicato da sostenere, poiché dipende dalla disponibilità dei bandi - che non ci sono sempre - e dalla nostra capacità di vincerli. Inoltre, l’impegno preponderante sulla scrittura, esecuzione e rendicontazione di progetti non ci permette di avviare azioni sistematiche nel medio periodo, che non rischino di esaurirsi con il singolo progetto, anche quando è di grande interesse per le imprese e di successo in termini di risultati conseguiti. Friuli Innovazione è un provato intercettatore di finanziamenti, anche comunitari... Sì, su molti fronti: sia per quanto concerne i fondi strutturali, sia nel caso di iniziative a gestione diretta della Commissione 38

Europea. Dal 2009 siamo, per esempio, l’unico ente intermediario regionale dell’iniziativa Erasmus per Giovani Imprenditori. Abbiamo gestito più di 140 scambi a livello europeo, facendo incontrare aspiranti imprenditori e imprenditori già affermati di diversi Paesi e mettendo a disposizione pratiche aziendali fino a sei mesi nelle imprese di interesse, di cui circa 15 hanno direttamente riguardato la nostra Regione. La nostra lunga esperienza in questo campo ci ha consentito di costruire un solido ed esteso network di relazioni, che mettiamo a disposizione delle imprese insediate e di quelle che supportiamo. Solo in Europa abbiamo contatti con 400 organizzazioni con le quali abbiamo scritto almeno un progetto assieme. Quali sono le politiche attive di Friuli Innovazione a favore dell’impresa? Facciamo soprattutto azioni mirate alle imprese, rivolgendoci prevalentemente alle PMI, cercando di intercettarne le necessità e individuando quei progetti in essere in centri di ricerca che possano dare le soluzioni. Incrociamo di fatto domanda e offerta. Quindi, prevalentemente ci prendiamo l’incarico di mettere in contatto le PMI con ricercatori in grado di offrire soluzioni alle necessità espresse; selezioniamo e intercettiamo bandi di finanziamento (regionali, nazionali ed europei), offrendo consulenza per la redazione dei progetti e gestendo anche la fase di rendicontazione. Inoltre il compito che Friuli Innovazione si è dato è quello di assistere neoimprenditori, aziende e ricercatori nello sviluppo di idee di business innovative e ad alto contenuto tecnologico


incontri con

COME NASCE

UN

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mediante il reperimento di partner e finanziamenti, l’avvio di nuove imprese, l’incubazione e l’insediamento al Parco Luigi Danieli di Udine. I servizi che offriamo sono orientati su alcuni settori strategici per l’economia e il sistema della ricerca regionale, ovvero l’extended Ict (Information and Communication Technology e anche domotica, meccatronica, sensoristica, e-health, ecc.), le biotecnologie, la metallurgia e la tecnologia delle superfici e dei materiali avanzati, il legno, l’energia e l’ambiente. Senza, però, perdere di vista quanto succede fuori dal nostro territorio attraverso la partecipazione a progetti europei e ad altre iniziative che favoriscono l’internazionalizzazione delle imprese e del talento friulano. Questi servizi forniti da Friuli Innovazione non costano nulla all’aspirante imprenditore ma richiedono massimo impegno, serietà e motivazione. Per dare un contributo maggiore allo sviluppo complessivo del nostro territorio auspichiamo che si abbandoni sempre di più la logica dei bandi e si evolva in un sistema con una visione a medio e lungo termine per lo sviluppo d’innovazione, che premi quelle realtà dove i risultati - oggettivamente misurabili - ci sono. Ma per farlo servirebbe

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ci fosse finalmente una politica industriale, nazionale ed anche territoriale che porti avanti questo pensiero e una logica strettamente meritocratica per la destinazione delle risorse. L’innovazione può essere una leva determinante per il rilancio del sistema produttivo italiano? Nel nostro Paese ci facciamo sempre sorprendere dal futuro. È invece fondamentale intercettare spunti, idee e segnali che ci anticipano il futuro per porci interrogativi e guardare oltre su tematiche cruciali, e far rinascere in chi l’ha persa la voglia della sfida, con una visione più ampia. Accanto all’innovazione tecnologica c’è, infatti, l’innovazione nel modello di business ovvero la capacità di ripensare la propria organizzazione, i servizi offerti ai clienti e al mercato. Dobbiamo però passare da una fase contemplativa in cui i più parlano di innovazione ma non la praticano o non la supportano con concrete azioni di politica industriale, ad una fase esecutiva dove la voglia di fare va guidata e assecondata, non frustrata perché di innovazione, ricerca applicata, trasferimento tecnologico ne stiamo solo parlando come di ricette miracolose.

EASYMOB

SISTEMI DOMOTICI PER LA GUIDA DI PERSONE CON DIFFICOLTÀ IN AMBIENTI CONFINATI

Da un’idea e dall’azione di coordinamento di Friuli Innovazione è nato EasyMob, uno dei quattro progetti strategici sulla domotica finanziati dal POR FESR 2007-2013 del Friuli Venezia Giulia. Due anni di lavoro tra ricerca industriale e sviluppo sperimentale - il progetto si è concluso a luglio 2013 - svolto da 7 partner tra imprese del territorio (Solari di Udine, Luci srl, Mobe srl), enti di ricerca (Università di Udine, CRO di Aviano) e parchi scientifici (Friuli Innovazione e Polo di Pordenone) che hanno portato a un prototipo funzionante, installato all’interno del Centro di Riferimento Oncologico.

Il prototipo del sistema EasyMob aiuta le persone ad orientarsi all’interno della struttura ospedaliera, dando informazioni sui percorsi da seguire per raggiungere un dato reparto o ambulatorio, grazie all’ausilio di alcuni dispositivi che si basano su quattro tecnologie (raggi infrarossi, codici QR, smartphone e guide di luce), tra cui l’utente sceglie quella che preferisce usare. EasyMob approfondisce uno degli aspetti del concetto di inclusione sociale, quello della fruibilità degli spazi per tutti gli utenti (in particolare quelli con difficoltà motorie o percettive), coadiuvata dalla domotica. Uno dei tratti di merito del progetto è quello di aver lavorato su tecnologie di largo uso e a basso costo. L’interoperabilità tra le tecnologie e la loro declinazione in base alle reali esigenze e capacità di utilizzo degli utenti è però la vera carta vincente. Il campione che ha partecipato al test si è dichiarato da abbastanza a molto soddisfatto, con punte addirittura dell’80% di gradimento per il sistema informativo basato sulle guide di luce. Per approfondimenti visitate il sito www.easymob.eu 39


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LA FORZA DELL’AGGREGAZIONE PER USCIRE DALLA CRISI Quattro punti essenziali per rilanciare la produzione italiana

Per Paolo Malvestiti, presidente Camera di Commercio di Bergamo, vice presidente Unioncamere Lombardia e presidente di Ascom Bergamo, la rete tra imprenditori è la strada per raggiungere una forte rappresentanza a livello nazionale. Internazionalizzazione, innovazione, formazione e credito: i 4 punti imprescindibili su cui lavorare per uscire dalla crisi.

Da anni rappresenta sul territorio nazionale la voce dei commercianti e degli imprenditori lombardi. Per Malvestiti in particolare il ruolo di Ascom in questo quadro storico è peculiare, “si tratta di un duplice ruolo: psicologico e di conforto a quanti sono in difficoltà, ed anche di sostegno alle professionalità attraverso una programmazione densa di corsi di specializzazione e riqualificazione”. Ascom e innovazione: le politiche per promuovere e incentivare tra gli associati le nuove tecnologie. “Diverse sono 40

le iniziative che abbiamo messo in campo, perché è quanto mai indispensabile che si promuova tra gli imprenditori la cultura dell’innovazione. Tra le iniziative, cito gli accordi e le convenzioni per supportare l’uso di internet e dell’e-commerce, come ad esempio quelli firmati nel progetto denominato ‘Ascom Vantaggi’. Sono accordi stipulati assieme alla società Linkem Internet Revolution per l’accesso a Internet a un prezzo contenuto, oppure a Poste Italiane per l’utilizzo del servizio dell’e-commerce a condizioni vantaggiose per poter avviare, gestire e controllare tutti i processi della catena del commercio


incontri con

“Serve fare squadra. La rete attribuisce più valore alle persone e ai prodotti; inoltre permette di essere più rappresentativi”.

elettronico, dallo shop virtuale alla catena di prodotto. Ma tra le iniziative, anche il sostegno alla nascita di web app nei distretti del commercio bergamaschi”. E in qualità di vice presidente di Unioncamere Lombardia Malvestiti spiega come si presenta il territorio lombardo, “ossia un territorio ricco di PMI e anche piccolissime realtà imprenditoriali, ma con un supporto tecnologico avanzato che ne qualifica alcune specializzazioni, come ad esempio la meccatronica. La Camera di Commercio in questi anni ha lavorato molto a sostegno di queste realtà, anche tramite l’azienda speciale Bergamo sviluppo, ponendosi 4 punti strategici: formazione, innovazione, internazionalizzazione e credito. Inoltre, l’Ente ha promosso lo sviluppo di infrastrutture di eccellenza come l’aeroporto di Orio al Serio, il Polo fieristico, l’Università cittadina e il Polo tecnologico di Dalmine.

Queste iniziative, concrete e alla portata di tutti, sono quanto mai strategiche per cercare di dare una soluzione a disagi territoriali evidenti come una rete stradale e viaria sicuramente da implementare e rendere più efficiente. Le iniziative camerali a sostegno degli imprenditori si sono rivelate ad oggi preziose: a partire dal sostegno dei consorzi fidi per l’accesso al credito, ed anche la realizzazione di bandi per l’assunzione di giovani lavoratori e l’informazione e l’accompagnamento delle nostre imprese all’internazionalizzazione”. E per dare alcuni dati che offrano un quadro economico di Bergamo “il 2013 si è chiuso con un bilancio marginalmente negativo, con un numero di cessazioni (5.884) di poco superiore alle nuove iscrizioni (5.866) registrate nell’anno. Anche questo anno lo stock di imprese registrate, che è pari a 96.019, si riduce di poche unità, con la caratteristica di una marcata 41


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differenza tra le tipologie giuridiche. Infatti, i nuovi ingressi superano le uscite tra le SRL e le cooperative, mentre le cessazioni eccedono nelle SNC, nelle imprese individuali e nel sottoinsieme delle imprese artigiane. Come settori, a perdere è soprattutto quello delle costruzioni (585 imprese perse con una variazione del -2,9%), ma calano anche le imprese agricole (-2,9%), le attività di trasporto e magazzinaggio, dei servizi d’informazione e comunicazione. Aumentano, invece, le attività finanziarie e assicurative (+3,6%), i servizi di supporto alle imprese (+3,3%), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+1,6%) e le imprese del commercio (all’ingrosso, al dettaglio, intermediari e riparazioni). L’artigianato perde in un anno 768 imprese, soprattutto nell’edilizia e nella manifattura. Infine, si è visto che si riducono le imprese giovanili. Un quadro, non proprio incoraggiante che viene tenuto in costante monitoraggio e analisi”. Esiste un Made in Italy da difendere? Quali le eccellenze del territorio da preservare e quali le politiche necessarie a sostegno: per Paolo Malvestiti “bisogna difendere innanzitutto

il modo di fare impresa italiano, caratterizzato da grande intraprendenza, professionalità e creatività. Il territorio lombardo annovera alcune eccellenze, note a livello nazionale, come il polo tecnologico Km Rosso e aziende come Italcementi, Gewiss e Tenaris, accanto a una miriade di piccole e piccolissime imprese che esportano prodotti di grande qualità. Queste imprese sono un bene comune da preservare e appoggiare. Un esempio di comparto che ci distingue anche all’estero è sicuramente tutto il settore dell’agroalimentare, da promuovere ancor più in vista dell’Expo 2015. Il nostro Made in Italy va sostenuto ora più che mai, ma servirebbe una politica economica più vicina alle problematiche delle aziende. Anche la stabilità politica aiuterebbe le imprese a fare una programmazione a medio e a lungo termine. Infine, senz’altro serve una grande condivisione tra pubblico e privato. Queste logiche sono ben conosciute, serve una forte volontà e interesse per la collettività per metterle in atto”. Legalità e contraffazione, una delle piaghe da aggredire: “combattiamo giorno per giorno in favore del rispetto delle

Paolo Malvestiti Presidente Camera di Commercio di Bergamo, vice presidente Unioncamere Lombardia e presidente di Ascom Bergamo

Paolo Malvestiti, classe ’47, dal 1971 è imprenditore nel settore della pelletteria calzature e valigeria. Nel 1991 sviluppa l’attività d’impresa, sempre nel commercio tradizionale, nell’ambito delle Gallerie dei Centri Commerciali. È stato fondatore e primo presidente dell’Associazione Commercianti e Artigiani (ACEA) di Osio Sotto. Nel 2012 è stato insignito dell’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica. Ricopre numerosi incarichi associativi e istituzionali: dal 1985 componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Commercianti di Bergamo, di cui ha assunto la presidenza nel 2000; dal 1988 a tutt’oggi membro del Consiglio di amministrazione della Fogalco, Fondo di Garanzia per il credito al commercio. A livello provinciale ricopre attualmente la carica di: presidente della Camera di Commercio di Bergamo, presidente Bergamo Fiera Nuova, presidente dell’Ascom, presidente della Masec, presidente di Bergamo Terziaria s.r.l., presidente del Cat Ascom Bergamo s.r.l., presidente di Iniziative Ascom Spa, vicepresidente di Fogalco Soc. Coop., componente del Consiglio di Amministrazione del CAF IN ASCOM s.r.l., componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente Fiera Promoberg, componente del Consiglio di Amministrazione di SACBO S.p.A, componente del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Bergamo. Mentre a livello nazionale e regionale è attualmente: componente del Consiglio confederale della Confcommercio, componente del Consiglio delle Autonomie Locali, vicepresidente di Confcommercio Lombardia e vicepresidente dell’UnionCamere Lombardia.

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incontri con regole. I fenomeni illegali di fatto rappresentano una vera e propria concorrenza sleale che altera il mercato e alimenta l’economia sommersa. Fenomeni che oltre a comportare rischi per gli stessi consumatori, penalizzano particolarmente le imprese del terziario e dei servizi di mercato già indebolite dagli effetti della crisi. Quello dell’economia sommersa, in tutte le sue varie forme, è un fenomeno che è cresciuto con il protrarsi della recessione tanto che oltre l’80% di queste imprese si ritengono danneggiate dai fenomeni illegali, e 3 su 4 proprio a causa dei meccanismi commerciali fuori dalle regole”. Infine, il ruolo dell’associazionismo di categoria in un periodo storico come questo... “Serve fare squadra. La rete attribuisce più valore alle persone e ai prodotti; inoltre permette di essere più rappresentativi. Da anni mi sono battuto per questo principio ed è così che sono nate iniziative, originali come “Imprese & Territorio - Comitato Unitario delle Associazioni d’impresa” ancora nel 2007. Sono state riunite dieci Associazioni di categoria (Associazione Artigiani Confartigianato Bergamo, Ascom, Confimi Apindustria Bergamo, Cia, Coldiretti, Confcooperative, Confesercenti, CNA, FAI e LIA) in rappresentanza di circa 80.000 imprese del territorio e 310.000 addetti. Lo scopo principale dell’iniziativa è la globale rappresentanza di tutte le imprese dei settori - che fanno riferimento alle associazioni aderenti - per favorirne lo sviluppo economico e sociale, in un rapporto costante con le istituzioni pubbliche, con le autonomie funzionali e con le organizzazioni economiche, politiche, sindacali e sociali territoriali. Imprese & Territorio opera, tutt’oggi, per la promozione e valorizzazione del tessuto economico locale con l’intento di tutelarne le specificità e di incrementarne la capacità competitiva, elabora

le politiche sindacali a livello provinciale e stipula accordi territoriali interconfederali; inoltre promuove il coordinamento di quelle attività che trovano rispondenza ad esempio nel settore del credito (Consorzi Fidi); elabora politiche e progetti nei campi strategici dell’economia territoriale: innovazione, internazionalizzazione, formazione e accompagnamento manageriale delle imprese, promozione e commercializzazione, mercato del lavoro e infrastrutture. Infine, cosa non da poco, opera per rendere il più possibile unitaria ed omogenea l’azione dei vari Enti Bilaterali, anche mediante la conduzione unitaria dei rapporti con il Sindacato dei lavoratori. Si tratta, in fin dei conti, di favorire il massimo dell’associazionismo che permette così di avere grande rappresentanza in ogni genere di contrattazione. Noi siamo stati i primi, in seguito altri ci hanno imitati”.

“Il nostro Made in Italy va sostenuto ora più che mai, ma servirebbe una politica economica più vicina alle problematiche delle aziende. Anche la stabilità politica aiuterebbe le imprese a fare una programmazione a medio e a lungo termine”.

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INNOVARE PER COMPETERE: LA SFIDA DI CNA VENETO Intervista ad Alessandro Conte, presidente di CNA Veneto

La Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa del Veneto si costituisce con l’obiettivo di rappresentare le piccole e micro imprese venete che operano nei settori dell’artigianato e dell’industria. Oggi, con la crisi economica in atto, il lavoro di CNA è ancora più difficile e nel contempo fondamentale nei rapporti con le istituzioni pubbliche, i sindacati e le altre associazioni imprenditoriali regionali.

Alessandro Conte Presidente CNA Veneto

Alessandro Conte, del 1954, è un imprenditore veneto del settore impianti elettrici civili, industriali telecomunicazioni. Attualmente, è presidente CNA regionale del Veneto (carica che ricopre a partire dal 2002) e presidente del Metadistretto Veneto della Bioedilizia. È stato sindaco della città di Asolo in provincia di Treviso dal 1995 al 2004.

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CNA in Veneto: la situazione del territorio. Le piccole imprese, soprattutto quelle artigiane, in questo periodo stanno soffrendo maggiormente i contraccolpi della crisi rispetto a quelle di medie e di grandi dimensioni. Questo per il fatto che molte di loro sono legate al mercato interno, quando in questo periodo il traino per l’uscita dalla crisi proviene quasi esclusivamente dall’export. Infatti, in questo momento le imprese che sono rivolte all’estero cominciano a sentire qualche beneficio oppure semplicemente si trovano in situazioni migliori. Mentre quelle che sono totalmente legate al mercato interno sono in difficoltà. Non ci sono grandi differenze nelle diverse aree geografiche italiane, anche se il mercato interno al Nord è forse ancora oggi più ricco ed offre maggiori possibilità. Eppure, ciononostante, la capacità di spese delle famiglie si sta ridimensionando sempre di più. Il settore edile è quello maggiormente colpito: si sta assistendo ad una caduta drastica, sia nel numero delle imprese e dei dipendenti che nel fatturato. CNA Veneto come si è mossa e come si sta muovendo in questa fase delicata? Quali sono mission e obiettivi? Diciamo che ci sono degli obiettivi di carattere generale che hanno un’incidenza diretta sulle imprese e che caratterizzano tutta l’associazione a livello nazionale. Ovvero la richiesta di adeguate politiche fiscali per la riduzione della pressione tributaria che si sta esercitando sulle imprese e sui cittadini. Altro punto fondamentale, la riduzione drastica nella concessione del credito alle imprese, in particolare alle più piccole che hanno minori disponibilità di garanzia. Il mio augurio è che in futuro la BCE e le banche centrali seguano la direttrice di andare incontro concretamente anche alle piccole imprese. Perché il precedente

incontri con provvedimento della BCE si è rilevato sostanzialmente inefficace per l’accesso al credito delle imprese: le banche, infatti, hanno preferito utilizzare i soldi ricevuti al tasso dell’1% dalla Banca centrale investendo nei debiti pubblici degli Stati piuttosto che sostenere la classe produttiva con un credito facilitato. Ossia, hanno investito in bot, cct e btp, preferendo abbandonare il terreno del credito alle imprese. Oggi si intravede un nuovo piccolo spiraglio che pare riaprirsi da parte della BCE e speriamo che questo possa concretizzarsi realmente e cominci ad arrivare qualche rivolo di risorsa anche alle piccole imprese. Noi come CNA stiamo interloquendo con le istituzioni perché arrivino a far sentire e magari pesare la loro voce in favore del tessuto produttivo italiano. L’artigianato in Italia: che evoluzione può avere questo comparto? Bisogna focalizzare l’attenzione su un aspetto in particolare: innanzitutto, c’è da dire che dalla crisi anche il nostro settore uscirà ridimensionato soprattutto nelle quantità. Nel senso che la crisi ha operato come una sorta di selezione naturale delle imprese, premiando quelle più efficienti oppure quelle che hanno imboccato la strada della qualificazione del prodotto e del servizio

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erogato. Diversamente, le imprese che si sono posizionate nei settori meno efficienti e meno qualificati non avranno vita lunga. Infatti, o hanno già chiuso, oppure sono destinate a non sopravvivere a lungo. Quindi la prospettiva anche per le piccole imprese è questa: maggiore efficienza interna e soprattutto migliore qualità dei prodotti e dei servizi. Un esempio è lo stesso settore dell’edilizia che nel tempo ha messo le imprese di fronte alla necessità di costruire con efficienza energetica. Quali politiche sarebbero necessarie per sostenere la capacità delle PMI? Ci sono necessità differenti a seconda dei comparti produttivi, in alcuni casi il decisore pubblico può arrivare fino ad un certo punto, poi entra in gioco la capacità imprenditoriale del singolo. Ad esempio, parlando del cosiddetto Made in Italy, credo che non possa essere il decisore pubblico a imporre per legge come le PMI debbano specializzarsi, ma che debbano essere le imprese a perfezionare le loro produzioni Made in Italy puntando alla qualificazione dei titolari, degli operatori e degli addetti. Ci sono, al contrario, altri comparti imprenditoriali che abbisognano fondamentalmente di decisioni istituzionali: ad esempio l’edilizia, come anche il settore dell’impiantistica, dell’autoriparazione ed anche dei servizi, diciamo tradizionali. Settori in cui l’istituzione gioca un ruolo strategico. Parliamo di politiche attive da portare avanti con un piano sistematico, come le politiche per l’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo. Si è visto che le PMI - che contribuiscono al 50% dell’export italiano soprattutto nei settori del Made in Italy - hanno grande capacità di realizzazione sui mercati esteri. Eppure servono idee, scelte e politiche per accompagnare queste imprese a raggiungere la 46

formazione adeguata e la strumentazione per sopravvivere nel mercato estero, ed anche politiche promozionali per rafforzare il consenso del prodotto concepito come Made in Italy. Inoltre, il sostegno alle nascenti imprese, che rappresentano anche una sorta di ricambio generazionale naturale nel sistema produttivo. Questo è quello che CNA sta chiedendo. Un esempio di politiche attive è l’azione interregionale portata avanti da CNA Veneto per favorire le nostre imprese nell’accesso al credito: l’istituzione di un Consorzio fidi sviluppo artigiano, che è il risultato dalla fusione di 14 cooperative provinciali di categoria, 6 venete e 8 lombarde. I rapporti con le istituzioni... I rapporti sono intensi e continui. CNA Veneto si sta battendo perché la Regione affronti con maggiore coraggio anche le sfide che vengono dalla crisi, affrontandole in un rapporto di aperta collaborazione, non selettiva, con le associazioni che rappresentano le imprese. Non sempre accade e a volte prevalgono rapporti di esclusività, ovvero il famoso “ci pensa il pubblico a risolvere i problemi”, senza cercare l’intervento e la collaborazione delle associazioni. Come si stanno muovendo le Istituzioni italiane in Europa? Sono quanto mai necessarie: nei confronti dell’Europa, il giocare da soli è da escludere perché l’Europa ha un metro di lavoro e giudizio che non può non far riferimento che agli Stati e alle politiche nazionali. In questo senso, un ruolo determinante dovrebbe essere svolto dalle stesse Regioni. E, come imprese, il nostro rapporto con l’Europa è giocoforza mediato. Stiamo ragionando adesso del POR - Progetto Regionale sulla


incontri con Programmazione Europea 2014-2020. È chiaro che in questo caso prima deve esserci stata una contrattazione a livello di Stati, nell’individuazione degli obiettivi e nella ripartizione delle risorse. Poi una volta raggiunto l’accordo, agli Stati spetta il compito di distribuire le risorse alle varie realtà regionali. E solo alla fine intervengono le imprese.

produttive e similari cerchiamo di mettere assieme aziende che presentano problemi comuni e che cercano e possono trovare soluzioni ai loro problemi mettendosi in rete. Questo passo è fondamentale anche per risolvere i problemi di formazione, di ricerca tecnologica, oppure anche per le problematicità di investimenti.

Qualche dato su CNA Veneto...

C’è qualche eccellenza sul nostro territorio?

Noi abbiamo circa 20mila imprese di cui circa 15mila sono imprese artigiane, 5mila sono imprese commerciali e piccole industriali presenti in tutti i settori.

Sicuramente eccellenze ne abbiamo nel settore agroalimentare e in alcuni settori della produzione metalmeccanica, soprattutto quelli rivolti all’estero. Poi c’è il settore dell’abbigliamento: eccellenza si vede soprattutto in quelle imprese che hanno saputo inventarsi un prodotto finito per conto proprio e che hanno saputo investire nell’innovazione di prodotto. Queste hanno spazio di mercato.

L’innovazione come leva per il rilancio: è reale? L’innovazione è un elemento fondamentale: la sfida si vince sull’efficientamento delle imprese. In Italia, e nel Veneto, esiste un problema di innovazione nei macchinari ed anche nelle conoscenze (che riguarda ciò che di nuovo viene prodotto nei processi produttivi). E quindi la necessità di un’intensificazione del rapporto tra le piccole imprese, le loro associazioni e il mondo della ricerca (università, centri di ricerca e centri tecnologici) è impellente. Una cosa su cui insisto molto: soprattutto le piccole imprese devono comprendere - e su questo CNA sta lavorando assiduamente - che le nuove sfide sui nuovi mercati, sull’efficientamento si vincono solo se ci si aggrega. Quindi, lo sforzo che siamo chiamati a fare è quello di individuare là dove è possibile reti, consorzi, aggregazioni, etc. Queste reti devono essere promosse dalle stesse associazioni come veicolo fondamentale per l’impulso alla crescita, poi entrano in campo le imprese che devono capire il valore di questa scelta, assumerne la responsabilità e attivarsi in tal senso. Ma l’impulso iniziale, il ruolo propositivo, non può che venire dalle associazioni.

I giovani: come state cercando di coinvolgerli e sostenerli? Oggi inventarsi imprenditori è un’operazione ben diversa rispetto gli anni passati: mentre prima l’impresa di un giovane poteva nascere sulla base di un’esperienza professionale acquisita anche alle dipendenze di un’altra impresa, in cui il titolare riversava i contenuti della propria esperienza lavorativa; oggi per un giovane è assolutamente imprescindibile una formazione professionale e scolastica specifica e altamente qualificata.

CNA ha portato avanti progetti particolari per quanto riguarda l’innovazione tecnologica? Certamente, diversi negli anni. Ad esempio uno con la Facoltà di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e un altro con Ingegneria di Padova. Un progetto è stato sostanzialmente quello di una mappatura delle imprese soprattutto del settore manifatturiero per comprendere la tipologia dei processi produttivi e i bisogni di innovazione che venivano manifestati dalle imprese. Sulla base di questa mappatura stiamo adesso ragionando sulla opportunità e possibilità di realizzare processi aggregativi. Per aiutare i nostri consociati a capire l’importanza dell’innovazione e quale innovazione attuare, analizziamo i processi produttivi delle singole imprese, in modo tale da promuovere processi aggregativi tra imprese che hanno esigenze similari. Ad esempio nell’impresa della metalmeccanica, che riguarda diversi prodotti, provando a individuare le varie filiere 47


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COME CAMBIA LA CITTÀ: CONFCOMMERCIO GUARDA AL FUTURO Intervista a Guido Pomini, presidente di Unascom-Confcommercio Treviso

I giovani devono seguire la propria passione, allargare sempre i propri orizzonti e formarsi. Questi i consigli di Confcommercio, pensando al futuro, affinchè i giovani possano diventare i veri protagonisti della nuova economia.

Qual è stato il ruolo dell’Associazione negli ultimi anni, soprattutto a partire dagli inizi della crisi? Quali le politiche adottate a tutela degli associati trevigiani? La nostra Associazione, da sempre, e ancor più dall’inizio della crisi dal 2008 in poi, ha svolto la funzione mediatrice tipica del “corpo intermedio”, a metà strada tra opinione pubblica e partiti in un terreno movimentato che ha consentito di gestire le spinte dal centro verso l’esterno e quelle dall’esterno verso il centro, una sorta di “gioco complesso” che non può - e non poteva - essere lasciato alle singole imprese e del quale ci siamo assunti, con oneri ed onori, tutta la responsabilità. Essere “corpo 48

intermedio” significa stare di fronte alla Politica e proporre le soluzioni ai problemi degli associati. Sul fronte delle politiche di “tutela” portate avanti, mi permetterei di partire dalla parola stessa: “tutela” è un principio di base già di per sé insito nell’attività di rappresentanza, che svolgiamo quotidianamente in tutte le sedi per conto di oltre 9.000 associati. Ritengo più corretto parlare di “sviluppo”: un valore, quest’ultimo, che abbiamo perseguito in tutte le attività organizzate, con la formazione, coi numerosi convegni, con i nuovi servizi, con proposte di rete e con iniziative specifiche che, di volta in volta, hanno risolto problematiche anche significative di singole categorie.


In un momento in cui i centri storici delle città del Veneto soffrono una crisi del commercio, come vede il ruolo delle associazioni di categoria per il rilancio? La crisi dei centri storici colpisce tutti i centri della Marca trevigiana, inutile elencare le cause, è un processo profondo e complesso. Iniziato decenni fa con l’avvento della Grande Distribuzione da un lato, dall’altro causato da scelte amministrative di Comuni e Regioni poco lungimiranti, proseguito poi con la globalizzazione, che ha rimescolato le carte. Le associazioni di categoria, come dimostra Treviso per esempio, hanno un ruolo fondamentale e direi strategico nella progettazione e nella costruzione di un piano di rilancio che consenta la rivitalizzazione della città e del centro storico come il più bel centro commerciale naturale. Treviso ha fatto da apripista con il marchio, tuttora in vigore, di “Vetrina Trevigiana”, una sorta di “ombrello” che assommava in sé le varie identità in vista della costruzione di un’idea unitaria, attraente e suggestiva del centro storico. Quali le azioni necessarie, secondo Confcommercio, per favorire la ripresa? Anche in questo caso non esiste la ricetta specifica di Confcommercio Treviso, perché i problemi di Treviso sono i problemi dell’Italia. Nessuna ripresa - se mai ci sarà (sono convinto che non torneranno più i livelli di consumo pre crisi) - potrà esserci se questo Paese non mette mano alle riforme (pensioni, lavoro, fisco), se non avvia una politica fiscale che non sia solo drenante ma realmente incentivante e che consideri l’impresa un soggetto da valorizzare e non un’anomalia da colpire e perseguitare. Se si continua a tagliare la cultura, a non investire sui giovani e sulla scuola, se non si considera il

incontri con turismo come la vera leva di sviluppo, se non si tagliano gli sprechi veri... la ripresa non arriverà mai. Esiste ancora un’eccellenza italiana da tutelare di fronte all’avanzare della concorrenza straniera? Certo che esiste, è il nostro grande patrimonio, che fonda il nostro turismo e la nostra cultura, ed è proprio quello delle biodiversità, delle tipicità, dell’artigianalità, della creatività, del buon gusto, della bellezza, valori che nessuna spinta straniera potrà mai sottrarci e per i quali occorre acquisire una reale consapevolezza. Quali sono i futuri progetti associativi? Di progetti ce ne sono molti, in questo momento mi esprimo con rispetto e prudenza perché a giugno finisce il mio mandato. Abbiamo già individuato un progetto complessivo che declina il tema dell’innovazione come elemento strategico per il 2014. In questi anni abbiamo posto alcune premesse fondamentali per la conoscenza e la cultura del terziario, un settore che contribuisce per oltre il 50% alla crescita del PIL, rappresenta più del 50% delle unità locali della provincia, dà lavoro a 205 mila persone, conta 83,4 imprenditori ogni 1000 abitanti, cresce al ritmo del +2,5%, ed ha tutto il diritto di continuare ad essere valorizzato e potenziato. Proseguiremo, oltre a tutte le attività dei gruppi organizzati, con il nuovo Centro Studi sul terziario, appena battezzato, con il lavoro dell’Osservatorio sui Consumi, insomma in quella grande opera di approfondimento di strumenti Conoscitivi che abbiamo avviato, relazionandoci sempre più, in maniera trasversale, con le altre Associazioni di categoria. Sul fronte del lavoro, potenzieremo le politiche improntate alla bilateralità.

Guido Pomini Presidente di Unascom-Confcommercio Treviso

Guido Pomini, classe ’60, presidente di Unascom-Confcommercio di Treviso, ha ricoperto negli anni diversi incarichi. Tra gli altri, è stato amministratore Confcommercio International-Bruxelles (Belgio); membro del Consiglio di Confcommercio Nazionale, presidente del Consiglio di Amministrazione di Ascom Servizi S.p.A.; presidente del Gruppo Sindacale Federmoda della Confcommercio della provincia di Treviso. In passato ha ricoperto l’incarico di presidente del Gruppo Giovani della Confcommercio di Treviso.


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Che messaggio potrebbe lanciare ai giovani che vogliono aprire un’attività commerciale?

Una città “smart” può essere veramente utile per il commercio?

Si potrebbero dire molte cose, col rischio di produrre una noiosa lista di “consigli utili”. Non mi sento di “insegnare” nulla. Dico solo alcune cose, che ritengo inderogabili: cercare di essere “originali”, seguire la propria passione, credere in quello che si fa, non mollare, allargare sempre i propri orizzonti, formarsi. Sono questi gli unici “valori” che potranno rendere i nostri giovani dei veri protagonisti della nuova economia e che nessuna crisi potrà mai spazzare via.

Se per “smart” si intende intelligente, ovvero con la capacità di “fare rete” e di entrare nelle reali necessità dei proprio cittadini direi certamente. Purtroppo questo slogan, o termine che dir si voglia, è spesso usato in maniera impropria. Il commercio, per sua natura, essendo in grado di relazionarsi col pubblico e di cogliere a pieno la vita di un quartiere, è un settore strategico e fondamentale nella costruzione delle “reti intelligenti”.

L’INNOVAZIONE AL SERVIZIO DELL’ASSOCIAZIONISMO Di recente Confcommercio Treviso ha deciso di rinnovare la propria infrastruttura informatica al fine di velocizzare e allo stesso tempo potenziare l’utilizzo dei sistemi informatici a supporto dell’attività associativa. Negli ultimi anni l’utilizzo dei servizi informatici all’interno dell’associazione è, infatti, mutato enormemente, tra le cause: l’adeguamento ad un diverso metodo di lavoro imposto da cambiamenti legislativi (ad es. invii telematici, posta elettronica certificata, firme digitali, ecc.), il dover rendere più efficaci i processi aziendali mediante una maggior informatizzazione (ad es. con l’archiviazione documentale, la gestioni corsi, il TimeOnLine, ecc.) e, infine, il dover far fronte a scelte strategiche per l’azienda (ad es. l’apertura di nuove sedi). Per fare fronte a tali situazioni Confcommercio Treviso, con la consulenza di Gruppo Eurosystem Sistemarca, ha effettuato la sostituzione dei propri server fisici con modelli di nuova generazione che hanno garantito una disponibilità di risorse pari a 3 volte le risorse dei precedenti; ha rinnovato il proprio storage sostituendo le macchine fino ad allora utilizzate con un nuovo EMC2 VNX5200, un modello che ad oggi rappresenta lo “stato dell’arte” delle soluzioni storage enterprise garantendo performance 25 volte superiori rispetto al sistema precedente. Lo scopo di questo componente è immagazzinare in modo sicuro tutti i dati, rendendoli disponibili nella maniera più rapida possibile a server fisici affinché questi possano passarli agli applicativi che ne fanno richiesta. Infine, l’Associazione ha implementato un nuovo sistema di Backup, basato sulla soluzione Veeam Backup & Replication, software di backup specifico per ambienti virtuali, ideale per implementare una corretta procedura di backup e disaster recovery in un’unica 50

soluzione. Il software di backup attualmente copia i dati in maniera intelligente e utilizzando una tecnologia chiamata deduplica consente di ottimizzare al massimo lo spazio necessario per le copie. Con la tecnologia di deduplica durante il primo backup vengono copiati tutti i dati, mentre nei backup successivi vengono copiati solamente i dati modificati. Se, inoltre, un dato è presente più volte all’interno del server, questo dato viene copiato un’unica volta. Tutte queste ottimizzazioni permettono di avere molti giorni/punti di ripristino in più rispetto a una soluzione di backup tradizionale. Infine, grazie all’introduzione della soluzione Citrix XenDesktop, è stato sostituito l’attuale approccio considerato device-centric, dove tutti gli applicativi, le configurazioni e a volte i dati sono legati al computer, con un approccio che mette l’utente al centro della soluzione. Ciò ha permesso di centralizzare applicativi che fino a ieri dovevano risiedere sul PC del singolo utente come ad esempio le varie procedure di firma digitale che richiedono la possibilità di accedere a lettori smartcard o a particolari Token USB al fine di validare la firma. In pratica questa soluzione permette di standardizzare e quindi soddisfare con un unico strumento software tutte le necesità di ogni utente. Inoltre, il dispositivo non rappresenta più un limite dal momento che questa nuova soluzione è compatibile con tutti i tipi di dispositivo (Tablet, Smartphone, Thinclient, Notebook, ecc..). Sfruttando la tecnologia di XenDesktop, Confcommercio Treviso è in grado di rendere disponibile qualsiasi tipo di applicativo su qualsiasi tipo di dispositivo e in qualsiasi luogo senza compromessi in termini di prestazioni o usabilità dell’applicativo.


@EUROSYSTEM.IT: DIALOGARE CON IT E ICT

scenari

Uova, pancetta e SPAM: dubbi e ricette ai tempi del web 2.0

Le soluzioni per difendersi ATTILIO CUCCATO redazione@logyn.it

Al principio dello SPAM SPAM è il titolo di un popolare sketch del gruppo comico inglese Monty Python dove viene presa in giro la carne in scatola SPAM (Shoulder of Pork And haM, ovvero “spalla di maiale e prosciutto”). Trasmesso la prima volta nel 1970, darà il nome al fenomeno della pubblicità indesiderata via email. Una coppia di coniugi va in un pub e la cameriera propone loro: uova e spam, uova pancetta e spam, uova salsiccia pancetta e spam, e così via. Per quanto la moglie insista non c’è verso di avere una pietanza senza SPAM!

I rischi per le aziende Oggi la posta spazzatura (SPAM o junk email) è sicuramente il fenomeno più fastidioso per gli utenti di posta elettronica, oltre che causa di notevoli disservizi per le aziende. Lo scopo principale dello spamming è la pubblicità (principalmente di prodotti illegali), l’acquisizione di dati personali a scopo di lucro e la diffusione di malware (software creato con lo scopo di creare danni al computer). Lo spamming è un reato e come tale in molti stati viene severamente punito. Molti spammer inviano i loro messaggi attraverso server SMTP open mail relay e server proxy aperti. I server open relay non controllano correttamente chi sta usando il server e fanno passare tutta la posta al server di destinazione, rendendo così più difficile rintracciare lo spammer. Inoltre, la criminalità organizzata utilizza sempre più frequentemente le botnet per l’invio di SPAM e virus, ma anche per dei veri e propri attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) allo scopo di bloccare servizi e di conseguenza le aziende oggetto dell’attacco. Come possiamo e dobbiamo difenderci dallo SPAM?

Esistono diversi servizi e software antispam. Quasi sempre un servizio di posta o i software antivirus stessi hanno funzionalità antispam di bloccaggio e filtraggio delle email. In genere sono filtri di tipo statico o di tipo euristico, dove viene assegnato un punteggio alle frasi e ai modelli che si trovano nella email: positivo se è probabile che contenga SPAM, negativo nel caso contrario. Questa tecnica, mediamente sufficiente per l’utente consumer, non lo è certo per quello di realtà enterprise. Un sistema antispam che sia efficace ed efficiente per le aziende deve prima di tutto avere dei motori antispam multilivello che ne garantiscano percentuali di bloccaggio prossimi al 100% e sistemi di filtraggio (non solo euristici ma anche bayesiani: statistici e auto-apprendenti) che uniscano più tecniche di riconoscimento dello SPAM e rendano prossimo allo zero il rischio di falsi positivi (ovvero email regolari scambiate per SPAM). L’utente così potrà facilmente recuperare le email in quarantena e il sistema dovrà sempre essere in grado di rispondere alle legittime domande: “aspettavo un’email molto importante, dove è finita?”; “siamo certi che l’email che ho inviato abbia raggiunto il destinatario?”; “come faccio a recuperare le mie email in quarantena?”. Strumenti adeguati offrono la tracciabilità dei messaggi di posta elettronica e permettono di capire se un’email è stata rifiutata dal sistema antispam, se è stata messa in quarantena, se è stata ricevuta dall’utente o consegnata al server di posta del destinatario. Se poi all’antispam saranno abbinate funzionalità di filtro dei contenuti e di data leak prevention, potremo certamente dire di avere un sistema di email security efficace. Concluderei con una proposta: se, nell’interesse del business aziendale, non siete convinti che il vostro attuale antispam sia in grado di darvi sufficienti garanzie di sicurezza, sentiamoci. Probabilmente è solo un sistema da aggiornare e ottimizzare. Fosse eventualmente da rivedere, pensiamo di avere le competenze per capirlo e proporvi le più adeguate soluzioni di email security.

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LENOVO THINKSERVER con Windows Server 2012 R2 Un’accoppiata vincente per la gestione di soluzioni flessibili di Data Center, virtualizzazione e cloud

Lenovo, oggi il primo produttore di PC al mondo e l’unico in crescita da oltre tre anni consecutivi in controtendenza sul mercato - nonchè leader emergente del cosiddetto PC+ (“PC Plus”, ovvero l’ampia gamma di device tecnologici che vanno dall’infrastruttura IT aziendale come server e storage, fino al tablet e allo smartphone) - è oggi alla ribalta delle cronache per l’annuncio di grandi acquisizioni: oltre a quella degli smartphone Motorola, non sarà sfuggita ai lettori di Logyn quella dei server basati su piattaforma x86 di IBM. Del resto Lenovo ha una storia di acquisizioni di successo, a partire da quella della divisione PC di IBM nell’ormai lontano 2005, che la società ha saputo integrare e ottimizzare, mettendo a segno una crescita inarrestabile a livello mondiale e anche in Italia, dove in ambito professionale è oggi il fornitore n. 3, con una quota di circa il 12% (fonte: IDC). E già oggi la gamma dei ThinkServer Lenovo, affiancata dalle soluzioni di storage LenovoEMC, un altro risultato di un’operazione di joint venture ben riuscita, è l’ideale per integrarsi con semplicità nelle infrastrutture IT aziendali esistenti, specie quelle che gestiscono virtualizzazione e cloud. Parliamo ad esempio dei server rack Lenovo ThinkServer RD540 e RD640, che integrano una capacità di memoria fino a 320GB e processori Intel® Xeon E5-2600 v2, che offrono un’incredibile potenza elaborativa per watt - fino a 24 core - con prestazioni più veloci del +27% rispetto a quelle della precedente generazione di server RD. Caratterizzati da un design ottimizzato, configurazioni flessibili e porte I/O espandibili per gestire implementazioni particolarmente impegnative. Sono quindi in grado di sopportare grossi carichi di lavoro, e rappresentano la scelta vincente per i clienti che vogliono prestazioni senza compromessi e architetture basate su standard, integrandosi perfettamente nelle reti ibride.

completa di strumenti per la gestione della virtualizzazione, per ottimizzare l’utilizzo della rete, dimensionare correttamente i server virtuali, aumentare il tasso di consolidamento e diminuire i costi operativi. Questo anche grazie alle soluzioni di Microsoft, come ad esempio Windows Server 2012 R2 che offre nuove funzionalità e miglioramenti per un’ampia serie di operazioni e applicazioni. Windows Server 2012 R2, infatti, grazie all’integrazione nativa di Hyper-V, il motore di virtualizzazione di Microsoft, offre una piattaforma di classe Enterprise, completa di tutte le funzionalità necessarie ad ogni tipologia di azienda per scalare in maniera semplice e flessibile ed eseguire con continuità i più esigenti carichi di lavoro. Windows Server 2012 R2 fornisce inoltre funzionalità avanzate per garantire un’alta affidabilità dell’infrastruttura ed una protezione automatizzata dei dati, sia in locale che nel cloud, permettendo di migliorare la gestione dei carichi di lavoro e degli SLA ad essi associati. Per consentire inoltre una protezione degli investimenti in tecnologie già esistenti, Windows Server 2012 R2 amplia il supporto verso datacenter eterogenei, garantendo ampia compatibilità e prestazioni ottimizzate verso sistemi Linux. I server ThinkServer RD540 e RD640 supportano inoltre i più recenti plug-in per Microsoft SCE V1.0, permettendo una semplice implementazione dei sistemi di gestione. E non è tutto: anche la competitività dei ThinkServer di Lenovo vi stupirà.

http://www.lenovo.com/it/it/

Anche la scelta sulle opzioni di virtualizzazione è ottimale: i Lenovo ThinkServer RD540 e RD640 offorno infatti una suite

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scenari

L’ITALIA CHE NON TI ASPETTI Il Made in Italy salverà l’Italia

Pubblicato recentemente il libro di Antonio Cianci, Angiolino Lonardi e Antonio Fallico “L’Italia che non ti aspetti”, dedicato al Made in Italy e ai suoi successi nel mondo. Nel testo si parla di un Paese ricco di successi grazie alla creatività che lo contraddistingue.

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FEBBRAIO 2014

L’Italia, a fronte di un debito pubblico elevato, ha un indebitamento privato molto basso, la metà di quello di Francia e Gran Bretagna. Secondo uno studio della Kpmg, il Made in Italy è il terzo marchio più conosciuto al mondo, dopo Coca Cola e Visa. Esiste insomma un’Italia che non ti aspetti fatta di successi, di numeri con il segno più e di creatività. La raccontano Antonio Cianci, Antonio Fallico e Angiolino Lonardi, giornalista e direttore editoriale Ispro (Istituto di studi parlamentari), nel libro “L’Italia che non ti aspetti” (Odoya edizioni). L’Italia è spesso percepita come la malata d’Europa, ma gli autori sostengono, con fatti e numeri, che è un Paese in linea con gli altri Stati europei e che in alcuni casi esprime valori di assoluta eccellenza. Italia campione di idee, ma anche in (manu)fatti. Secondo le stime più recenti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, solo cinque paesi del G20 si sono confermati esportatori netti, cioè capaci di generare un avanzo positivo tra export e import, negli scambi di prodotti industriali, i cosiddetti manufatti non alimentari. Tra questi Paesi, l’Italia ha wrealizzato la più forte crescita percentuale del surplus, +46% sul 2010 con attivo di 82 mld di dollari davanti a Cina (+27%) e Corea del Sud (+20%).

“Questi dati - commenta uno degli autori, Lonardi - dimostrano quanto siano infondati i luoghi comuni sulla presunta debole competitività dell’Italia. Eliminate le componenti dell’energia e delle materie prime agricole, che ci sfavoriscono enormemente, in materia di manufatti non alimentari, l’Italia è la seconda potenza occidentale dopo la Germania, in termini di surplus con l’estero”. Ed anche, “Abbiamo cercato di dimostrare - dice Cianci- che l’Italia è molto più presente nel mondo di quanto si sia portati a immaginare. I suoi prodotti, le sue tecnologie, i suoi modelli culturali e sociali sono diffusissimi e apprezzatissimi”. Antonio Fallico, presidente CdA Banca Intesa Russia e presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia, che del libro firma la prefazione sottolinea che “in Russia è facile sentir parlare bene dell’ Italia, vista come modello da raggiungere, per qualità della vita e dei prodotti, per la grande capacità dei suoi tecnici di risolvere problemi complessi, di realizzare macchinari di qualità. Se pertanto la rappresentazione dell’Italia privilegia gli aspetti negativi rispetto a quelli positivi, la colpa è probabilmente degli italiani per primi, da tempo campioni nel denigrare il proprio paese”.

DAL RISVOLTO DI COPERTINA [...] È però abitudine, degli italiani per primi, non riconoscere i primati del Paese, ma concentrarsi solo sui limiti e le storture. Questo volume non vuole negare le criticità economiche ma vuole descrivere, in modo il più neutrale possibile, l’Italia per quello che veramente è. Il libro analizza anche i motivi per cui gli italiani sono sempre disposti e negare i propri meriti e ad accentuare le proprie lacune. Un grave danno in un contesto di globalizzazione dove i paesi devono anche confrontarsi e sfidarsi in termini di reputazione. Occorre superare questo approccio e riconoscere in che modo l’Italia possa proporsi quale modello di sviluppo. L’Italia che non ti aspetti con un’analisi lucida e appassionata mette in luce un’Italia diversa rispetto a quella in cui ci siamo abituati a riconoscerci.

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scenari Fonte d’ispirazione L’Italia è spesso percepita come la malata d’Europa, ma i due autori riportando fatti, numeri e storie vere, dimostrano che è un Paese in linea con gli altri stati europei e, in alcuni casi, esprime valori di assoluta eccellenza. Thomas Campbell, direttore del Metropolitan Museum of Art di New York, per riprogettare la grande piazza antistante l’edificio sulla Fifth Avenue, ha scelto di rifarsi alla tradizione italiana delle piazze come luogo di ritrovo e accoglienza: una delle operazioni urbanistiche più ambiziose al mondo che si ispira proprio all’agorà Made in Italy.

Gli autori Antonio Cianci, si occupa di finanza e innovazione tecnologica. È stato consigliere per l’innovazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove ha curato il progetto Italia degli Innovatori, che ha premiato le più rappresentative innovazioni italiane in occasione dell’Expo di Shanghai 2010. Ha pubblicato Eureka, Cento Invenzioni e cento inventori che hanno cambiato la nostra vita (De Agostini) e I mille dell’innovazione (Rubettino) sul percorso dell’innovazione italiana dall’Unità ai giorni nostri. Angiolino Lonardi ha fondato e diretto agenzie, giornali e radiogiornali nonché, per la RAI, il primo canale di servizio pubblico sul digitale terrestre. Ha insegnato all’Università “La Sapienza” e alla Università Pontificia Santa Croce. Attualmente dirige Ispro, Istituto di studi parlamentari. Per Odoya ha pubblicato, con Alberto Guarnieri, La nuova televisione con introduzione di Maurizio Costanzo e postfazione di Giovanni Minoli. Antonio Fallico è professore di economia e presidente di Banca Intesa Russia. Nel 2007 ha fondato l’associazione Conoscere Eurasia per lo sviluppo di relazioni culturali ed economiche tra Italia e Russia. È presidente del Consiglio di Sorveglianza del Fondo italo-russo di Investimenti “MIR”, fondato da Intesa Sanpaolo e Gazprombank. Appassionato di letteratura russa e di saggistica ha recentemente scritto, con firma Anton Antonov, Prospettiva Lenin (Feltrinelli). 55


informazione pubblicitaria

Breton Spa sceglie Veeam Backup & Replication per il salvataggio dell’infrastruttura virtuale Riduzione degli oneri di gestione e ottimizzazione del backup in totale sicurezza

“Abbiamo introdotto Veeam Backup & Replication per i benefici che ha introdotto nella Data Protection della nostra infrastruttura Virtuale e da allora abbiamo accolto con grande interesse ed entusiasmo tutte le evoluzioni tecnologiche della soluzione, che non hanno fatto altro che migliorare la capacità di rispondere efficacemente alle nuove esigenze aziendali. Si aggiunge inoltre una fattore di natura economica che rende Veeam Backup & Replication estremamente vantaggioso rispetto agli altri software presenti sul mercato dato che viene licenziato in base al numero di socket CPU presenti e che non richiede alcuna spesa aggiuntiva per applicazioni e VM.” -Simone Milani System Manager Breton spa

La problematica dell’azienda Il tema della sicurezza trova da sempre in Breton Spa una grande sensibilità e capacità di ascolto. L’azienda, che opera a Castello di Godego su un’area di 80.000 mq ed occupa circa 600 persone, è leader nella fornitura di attrezzature, macchine ed impianti per le lavorazioni industriali del marmo, del granito e della pietra ornamentale in genere. Il sistema informatico di Breton Spa, quasi totalmente Virtuale, comprende due datacenter posizionati all’interno della sede principale. La configurazione prevede che uno dei due funga da sito di Disaster Recovery locale. E’ inoltre presente un dispositivo Storage presso lo stabilimento secondario di Vedelago (LapiTEC ) dove viene effettuato il parziale Disaster Recovery remoto di dati e servizi critici.

Nel complesso l’azienda usufruisce di circa 75 Virtual Machine che supportano l’operatività di oltre 300 utenti. Nel rispetto del sistema di qualità a norme UNI EN ISO 9001, certificazione che Breton Spa ha ottenuto nel 1992, l’azienda ha dovuto mantenere elevati standard nella protezione dei dati scegliendo di volta in volta gli opportuni progetti e strumenti tecnologici. Inizialmente l’introduzione della virtualizzazione nell’asset informatico, non ha modificato le tecnologie di data protection presenti, dato che si è continuato ad utilizzare il vecchio software di backup (pensato per il salvataggio di macchine fisiche su nastro). Malgrado gli sforzi la vecchia soluzione si è rilevata nel tempo inadeguata a supportare efficacemente l’infrastruttura informatica ormai radicalmente mutata, causando sempre maggiori inefficienze nelle operazioni di salvataggio e ripristino, introducendo “de facto”nuovi fattori di rischio.

La soluzione Veeam “Dopo aver valutato attentamente le performance della soluzione di backup in uso, abbiamo deciso di sostituirla per ottenere migliori prestazioni in termini di efficienza del sistema. Ci siamo allora rivolti ad Ekipment Srl, società del Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl che da anni ci supporta nelle fasi di evoluzione tecnologica, e grazie alla loro consulenza abbiamo individuato in Veeam® Backup & Replication™ il prodotto di cui avevamo bisogno per ridurre costi e tempi di gestione dei backup, aumentando la garanzia (per l’operatività aziendale) di un ripristino rapido e senza rischi”, racconta Simone Milani, System Manager per Breton Spa. Costruita appositamente per gli ambienti Virtuali, Veeam Backup & Replication si è rivelata la soluzione ideale per eseguire e ripristinare i backup delle VM in modo rapido ed efficace, risparmiando tempo ed energie nell’implementazione ed eliminando le inefficienze legate alla gestione di agenti all’interno delle VM. A differenza di quanto accadeva in passato, attualmente Breton Spa è in grado di eseguire sessioni quotidiane di backup incrementali e di un backup full settimanale. La retention a seconda della tipologia di dato può variare dai canonici 30 giorni a svariati mesi. Grazie alla funzionalità 2-in-1: backup and replication™ di Veeam, l’azienda ha la possibilità di effettuare sia la copia che la replica delle VM; si aggiunge inoltre che attraverso la nuova funzionalità backup copy si è in grado di archiviare i backup su repository diversi e distribuiti senza impattare in alcun modo sull’ ambiente di produzione. Infine, grazie alla recente funzionalità di Veeam Backup &


Replication, di supporto nativo al nastro, Breton Spa ha la possibilità di archiviare i dati di Backup su dispositivi tape quali le librerie.

I risultati Obiettivi di RPO facili da raggiungere attraverso un backup veloce Veeam Backup & Replication offre veloci ed efficaci backup a livello immagine di intere VM, nonché la possibilità di ripristinare rapidamente e in modo flessibile sia l’intera VM, che un file od un singolo oggetto di un’applicazione. Il miglioramento delle prestazioni ha permesso a Breton Spa di eseguire tutti i giorni il backup di tutte le VM e rispettare così i propri obiettivi di RPO (Recovery Point Objective) prefissati. Una protezione dati efficiente e sicura Veeam Backup & Replication protegge l’intera infrastruttura virtuale con una singola licenza e da un’unica console, e grazie a funzionalità come vPower®, Instant VM Recovery™, Sure Backup® garantisce immediati restore e certezze della ripristinibilità del dato e tanto altro ancora. Riduzione degli oneri di mantenimento della vecchia soluzione di backup Veeam Backup & Replication è facile da utilizzare, economico da acquistare e mantenere, specialmente rispetto agli strumenti di backup tradizionali. La soluzione è concessa in licenza per socket CPU ed offre backup, ripristini, replica, deduplica, accelerazione WAN, gestione centralizzata il tutto in un’unica soluzione. Grazie alla nuova funzionalità Veeam Backup & Replication consente di effettuare il vaulting dei dati su nastro. Per tutte queste ragioni Breton Spa usufruisce della protezione dell’infrastruttura virtuale più completa possibile, ad un prezzo che è una frazione di quello richiesto da altri competitor.

L’azienda Breton viene fondata nel 1963 da Marcello Toncelli, che intuì le grosse potenzialità di sviluppo di un settore assolutamente innovativo e a quel tempo quasi inesplorato nel comparto metalmeccanico. Oggi rappresenta una realtà di primo piano e offre la gamma più completa di attrezzature, macchine ed impianti per svolgere tutte le lavorazioni industriali del marmo, del granito e della pietra ornamentale in genere: dalla segagione dei blocchi alla finitura ed imballaggio dei prodotti.

La sfida Le operazioni di backup e ripristino di Breton Spa erano lente e all’origine di numerosi disservizi. Questo perché l’azienda utilizzava un software non adeguato alla gestione di un ambiente totalmente Virtuale. L’obiettivo era dunque velocizzare le operazioni di salvataggio e ripristino, abbassando al contempo i costi di gestione e manutenzione dei sistemi, con una soluzione in grado di rispondere efficacemente anche alle prossime sfide legate all’evoluzionefutura dell’infrastruttura IT.

La soluzione Veeam Backup & Replication

I risultati • Obiettivi di RPO facili da raggiungere attraverso backup veloci • Una protezione dati efficiente e sicura • Riduzione degli oneri di gestione rispetto alla vecchia soluzione di backup

Per ulteriori informazioni: http://www.veeam.com/


FEBBRAIO 2014

L’UTENTE CERCA E IL SISTEMA LO AIUTA… Un sistema di ricerca “intelligente” migliora l’esperienza utente nell’ERP ALBERTO TRONCHIN

redazione@logyn.it

L’ERP Freeway® Skyline evolve ulteriormente e, proseguendo nell’obiettivo di mettere l’utente al centro del sistema, gli offre un nuovo modo per navigare ed esplorare non solo le informazioni, gestionali e non, ma anche le relazioni esistenti tra queste. Ricercare sì, ma con intelligenza.

SENSE è il nome in codice del nuovo modulo integrato in Freeway® Skyline che consentirà all’utente di esplorare le proprie informazioni in modo intuitivo e rapido navigando agevolmente non tra applicazioni, form e schede, ma direttamente tra documenti, siano essi classici documenti gestionali come pure di altra natura quali file PDF, documenti archiviati digitalmente, ma anche report di altre applicazioni o pagine di consultazione del portale. L’esperienza quotidiana degli utenti di una PMI è vincolata spesso al solo software gestionale in dotazione con le sue applicazioni e le sue maschere di inserimento. A queste si aggiunge magari qualche integrazione con altre applicazioni office classiche, come email, wordprocessor e fogli elettronici, delle quali non si può fare a meno in azienda. Tuttavia, qualunque utente sa benissimo che il proprio lavoro non è tutto qui e che spesso il rapporto con il software gestionale può limitarlo e non fornirgli quella visione trasparente dell’azienda che vorrebbe. Un esempio, 58

forse, chiarisce meglio i termini del problema. Pensiamo ad un utente del reparto commerciale che deve verificare lo stato di evasione di un ordine cliente, essendosi il cliente appena infuriato perché gli è stata recapitata la fattura per un ordinativo non ancora ricevuto. Quasi certamente il software gestionale offre al nostro utente un’applicazione che gli consente di recuperare la fattura sotto accusa, ma poi? Egli avrebbe bisogno di verificare i documenti di consegna della merce fatturata; probabilmente anche qui l’applicazione offrirebbe dei collegamenti diretti per arrivare a constatare che il documento di trasporto è stato emesso e che la merce non è più in magazzino. Sembra tutto a posto, tuttavia la fattura è stata emessa ma il cliente non ha ancora la sua merce. A questo punto l’impiegato disperato inizierebbe a cercare tra gli appunti sulla sua scrivania o tra le email ricevute qualcosa che possa aiutarlo. Ed è proprio qui che inizia il calvario poiché l’utente dovrebbe uscire letteralmente dal sistema ricercando, con strumenti diversi e senza supporto, le informazioni di cui ha bisogno.


spazio a y

È qui che si innesta SENSE, ovvero un sistema unificato di ricerca delle informazioni accessibile direttamente dal portale di Freeway® Skyline, che supera i limiti di ciò che il database gestionale è in grado di ospitare e consente agli utenti di esplorare altre informazioni aziendali. Il tutto con la stessa facilità con la quale sono abituati a saltare da un link ad un altro partendo dalla ricerca a campo unico offerta dai comuni motori di ricerca presenti sul web. In questo modo, ritornando all’esempio, l’utente avrebbe potuto in modo naturale iniziare la propria ricerca digitando le informazioni relative alla fattura e navigando tra i risultati estratti. Il sistema gli avrebbe offerto tutto ciò che poteva essere riconducibile alla fattura indicata e in ordine decrescente di rilevanza. Tra tutti i risultati estratti, direttamente presenti nell’elenco proposto oppure raggiungibili attraverso un elenco di documenti logicamente correlati, l’utente avrebbe potuto facilmente rintracciare l’email, ricevuta 2 giorni prima da un collega, nella quale gli veniva comunicato che la merce sarebbe stata consegnata da un tecnico in occasione di un incontro già pianificato con il cliente. È proprio quella appena descritta una delle novità interessanti di SENSE. Documenti gestionali archiviati nel database aziendale, email, fax, fatture cartacee ricevute e archiviate digitalmente, hanno infatti delle relazioni tra loro a volte esplicite (si pensi al naturale legame tra una fattura e l’ordine a cui essa si riferisce)

e a volte implicite o dedotte e non definite nel sistema (si pensi al legame tra la fattura dell’esempio precedente e l’email): ebbene ciò che arricchisce l’esperienza dell’utente è il fatto di poter cercare da un unico punto informazioni eterogenee e di poter navigare poi le relazioni, implicite o dedotte, che sussistono tra i documenti. 59


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VISION & RESEARCH

INTELLIGENZA NELL’INDICIZZARE I DOCUMENTI Riuscire a mettere in relazione documenti diversi tra loro anche quando le relazioni tra questi non sono esplicite è la sfida più difficile da affrontare. Quando l’utente effettua una ricerca sa cosa vuole trovare ma il suo modo di esprimersi, purtroppo per la macchina, è il linguaggio naturale. Ciò che egli desidera è che il sistema risponda alle sue interrogazioni approssimative con tutto ciò che è in grado di associare alla richiesta, conducendolo ad individuare l’informazione che cercava nel minor numero di passi navigando tra i documenti e le loro relazioni. Qui siamo nell’ambito di quella che potremmo definire ricerca associativa. L’utente vuole anche che la risposta offerta dal sistema sia la più precisa possibile e che quindi l’elenco dei risultati restituiti sia ridotto all’essenziale. Inoltre, ci si aspetterebbe che le risposte fornite dal motore di ricerca non prescindessero dall’utente che le effettua, ma fossero ancora più precise. Ad esempio, se l’utente nelle proprie ricerche non seleziona mai un particolare risultato, esso potrebbe progressivamente scalare di importanza e quindi di posizione all’interno dei risultati; la medesima ricerca, invece, eseguita da un altro utente potrebbe dare al medesimo risultato una rilevanza maggiore. Se il sistema fosse in grado di imparare dall’utente durante il normale utilizzo del sistema stesso, le ricerche potrebbero essere via via più efficaci. Qui siamo nell’ambito dell’apprendimento automatico. Ma quali sono i problemi che si devono affrontare per offrire all’utente una ricerca intelligente? I database relazionali, su cui la maggior parte dei software gestionali si basa, rappresentano nativamente relazioni tra varie entità e documenti che è sufficiente saper navigare allo scopo di trovare l’informazione desiderata. Ma come già detto, per l’utente sono documenti anche i file Word che egli usa abitualmente per rappresentare altre informazioni, ad esempio un’offerta preparata dall’agente per un cliente a cui forse poi seguirà un ordine di vendita nel gestionale. È chiaro che qui la relazione tra l’ordine e l’offerta non è esplicita perché non fa parte della struttura dei dati, ma di fatto esiste perché entrambi parlano della stessa cosa, si riferiscono allo stesso insieme di beni o servizi che interessano 60

al cliente ma in forma diversa. Com’è possibile catturare questa relazione implicita e renderla fruibile dal sistema a beneficio delle ricerche dell’utente? Un altro problema da affrontare riguarda l’applicazione di tecniche di analisi dell’informazione testuale in linguaggio naturale ai documenti gestionali strutturati, ossia composti sia da informazione testuale che di altra natura, ad esempio di natura numerica. È possibile utilizzare efficacemente tali tecniche in questo contesto, dove sono presenti entrambe le tipologie di documenti: quelli strutturati e quelli non strutturati? L’ordinamento con cui vengono proposti i risultati all’utente è ovviamente importante. Come stabilire la rilevanza relativa tra i risultati estratti dalla ricerca costituisce un problema da affrontare e risolvere. L’ultimo problema consiste nell’individuare documenti che non contengono necessariamente le parole citate nella query testuale, ma affrontano argomenti che il sistema ha dedotto essere collegati (o affini) a quelle parole. È su tutti questi aspetti che viene messo a frutto l’investimento

Se il sistema fosse in grado di imparare dall’utente durante l’utilizzo normale del sistema stesso, le ricerche potrebbero essere via via più efficaci che Eurosystem sta facendo da circa due anni sul fronte della ricerca applicata in ambito di Machine Learning (ML) e di Natural Language Processing (NLP): l’implementazione di SENSE, infatti, sfrutterà tecniche e algoritmi per la normalizzazione dei contenuti e la loro indicizzazione, nonché tecniche di analisi dei documenti destinate all’individuazione della similarità tra gli stessi; sarà inoltre in grado di applicare tecniche di apprendimento automatico rivolte proprio a migliorare l’efficacia della ricerca imparando dai feedback diretti o indiretti dell’utente.


spazio a y ARCHITECTURE & DESIGN

INTERFACCIA GOOGLE™ LIKE TEXT SEARCH FRAMEWORK ARCHITETTURA A SERVIZI E FACETED SEARCH Le nuove caratteristiche che SENSE aggiunge al prodotto Freeway® Skyline sono state ottenute attraverso un’attenta progettazione preceduta da diversi stadi di prototipazione mirati ad individuare l’approccio architetturale migliore per ciascun problema specifico. SENSE è composto essenzialmente da un application server che costituisce il vero e proprio motore attraverso il quale i documenti vengono prima raccolti dalle varie fonti dati, indicizzati, e successivamente messi a disposizione del portale

SENSE è in grado di indicizzare qualunque tipo di documento in base alle informazioni contenute in un apposito file di configurazione personalizzabile Freeway® Skyline attraverso appositi servizi di ricerca. A questo si aggiunge un apposito modulo software, innestabile in qualunque portale e realizzato con il framework Freeway® Presentation Server, che offre all’utente tutte le funzionalità di ricerca e navigazione tra i risultati. L’application server di SENSE è costituito da due processi server, il primo dei quali si occupa di rispondere alle richieste di ricerca e di estrazione dei documenti da parte delle applicazioni (portale Freeway® Skyline, ma non solo), mentre il secondo si occupa di costruire e mantenere aggiornato l’archivio di indicizzazione di tutti documenti che sono stati configurati in SENSE. SENSE è in grado di indicizzare qualunque tipo di documento in base alle informazioni contenute in un apposito file di

configurazione personalizzabile, il quale consente di dichiarare la tipologia dei documenti e le modalità con cui reperirli nei sistemi di origine. È possibile pertanto trattare documenti provenienti da un database Oracle qualsiasi, dallo stesso database gestionale Freeway® Skyline, dal repository dell’archiviazione documentale di Freeway® Document Server, da Freeway® Customer Relationship Management, nonché dall’insieme di report e pagine di consultazione, statiche o dinamiche, presenti nel portale Freeway® Presentation Server. Il repository di indicizzazione dei documenti (data index) e delle loro relazioni (graph index) è stato progettato in modo tale da rendere particolarmente efficienti le ricerche restituendo i documenti più rilevanti (appositamente ordinati secondo un algoritmo di ranking) con un tempo praticamente costante e quasi immediato, indipendentemente dalla query testuale indicata. Le variazioni continue sui documenti originali (siano essi dati sul DBMS Oracle, piuttosto che file su un fileserver) vengono catturate con un piccola latenza dal motore di indicizzazione attraverso appositi listener che rimangono in ascolto delle variazioni e le tramutano, se necessario, in azioni di aggiornamento dell’indice. L’utente avrà a disposizione una ricerca a campo unico dove poter inserire le query di ricerca in linguaggio pseudo naturale, ma potrà anche combinare una ricerca avanzata che gli

Un’esplorazione che consentirà all’utente di navigare tutte le relazioni che sussistono tra documenti, anche eterogenei 61


FEBBRAIO 2014

consentirà, a monte e a valle della stessa, di specificare dei filtri atti a restringere l’insieme dei risultati (es. specificare che egli è interessato solo a risultati di tipo “fatture di vendita” o a risultati di tipo “file in formato PDF”). Per ciascun risultato, estratto dalla ricerca, saranno disponibili una serie di azioni tra le quali la visualizzazione del documento trovato, una sua anteprima sintetica ma immediata, ed una serie di altre possibili azioni dipendenti dal tipo di documento: ad esempio, per un documento di trasporto sarà possibile richiamare l’applicazione di modifica oppure inviarlo via email ad un collega, stamparlo direttamente, ecc. Particolarmente interessante sarà la possibilità di visualizzare i documenti correlati a quello individuato in un’esplorazione che consentirà all’utente di navigare tutte le relazioni che sussistono tra documenti, anche eterogenei. Ad esempio, se la ricerca estrae un ordine di vendita, sarà possibile rintracciare le schede degli articoli inclusi e quindi l’eventuale documento di trasporto relativo. Da qui poi sarà possibile navigare fino a raggiungere la fattura corrispondente e ancora la scheda anagrafica del cliente. In pratica raggiungere con pochi click del mouse tutto quanto è correlato all’informazione cercata. Una caratteristica molto interessante di SENSE è la faceted search. Essa è largamente utilizzata da alcuni motori di ricerca utilizzati in siti di e-commerce. Si tratta della possibilità offerta all’utente di selezionare i documenti estratti dalla ricerca in base alla combinazione di alcuni attributi comuni a tutti i

Un nuovo e più flessibile modo per accedere ai documenti e alle informazioni non solo navigando tra le pagine del portale che le espongono, ma entrando direttamente nei documenti a partire dal risultato della ricerca documenti ricercabili o a un loro sottoinsieme. Ad esempio, se l’utente effettua una ricerca specificando il nome di un cliente e il codice di un prodotto, il motore probabilmente estrarrà tra i risultati gli ordini di acquisto fatti da quel cliente che hanno come oggetto quel determinato prodotto, nonché voci corrispondenti ad email o documenti archiviati inerenti alla richiesta fatta. La finestra dei risultati metterà a disposizione dell’utente una serie di opzioni di filtro riguardanti i valori di alcuni attributi comuni ai documenti estratti. Dopodiché sarà possibile restringere i risultati considerando solo gli ordini di un importo compreso tra due estremi, oppure limitare i risultati 62

ai soli documenti PDF o ancora filtrandoli in base all’anno di competenza. È abbastanza evidente che la dotazione in Freeway® Skyline delle caratteristiche offerte da SENSE consentirà all’utente di avere un nuovo e più flessibile modo per accedere ai documenti e alle informazioni non solo navigando tra le pagine del portale che le espongono, ma entrando direttamente nei documenti a partire dal risultato della ricerca, siano essi documenti in senso proprio, piuttosto che applicazioni di manutenzione dei dati o pagine del portale.


@EUROSYSTEM.IT: DIALOGARE CON IT E ICT

scenari

L’evoluzione dell’ERP: da sistema gestionale a sistema aziendale Ma una soluzione a misura di utente esiste…

STEFANO BIRAL redazione@logyn.it

Il problema dell’utente L’utente di un software gestionale, o meglio di un ERP (Enterprise Resource Planning), vuole ottenere dal sistema efficienza ed efficacia, che concretamente significano raggiungere tutte le informazioni aziendali utili nel minor tempo e con il minor sforzo possibili. Le informazioni che servono all’utente, però, non si trovano solo nell’ERP ma all’interno di tutta l’azienda, nei vari documenti dispersi tra i server aziendali. Quando l’utente non trova l’informazione che gli serve o non è sicuro del dato restituito dal software, è costretto a uscire dal sistema e iniziare la sua ricerca all’interno di altri programmi, tra i fogli sulla sua scrivania o con i colleghi coinvolti nell’attività. Questo comporta un dispendio di tempo, risorse ed energie che non agevola la produttività aziendale. Come un ERP può risolvere il problema?

Il contesto dell’offerta I sistemi gestionali, seppure molto diffusi, non sono sempre utilizzati al massimo delle loro potenzialità. Con questi software si cerca di risolvere sia problemi datati che inediti, a volte con utilizzi delle tecnologie non congrui poiché risulta ancora difficile capire come un utente debba interagire con un software gestionale. Mentre nell’ambito di smartphone e tablet sono stati fatti molti passi avanti verso la semplificazione di interfacce e usabilità, con i gestionali si è spesso ancorati a stereotipi superati. La conseguenza è che il software non è sempre in grado di fornire in poco tempo e con facilità le risposte cercate dall’utente.

Un ERP innovativo serve a rintracciare tutte le informazioni correlate ad un determinato argomento e a presentarle in modo semplice, coerente e strutturato all’utente, il quale non dovrà più domandarsi: quale applicazione devo utilizzare per cercare la risposta che mi serve? Dov’è l’applicazione indicata per questa ricerca? Quale pulsante devo cliccare per eseguire l’attività? L’utente dovrebbe, insomma, avere sempre la percezione di adoperare uno strumento semplice e veloce, nonché pensato per facilitargli il lavoro quotidiano. I sistemi ERP devono quindi rinnovarsi, smettere di inondare chi li utilizza di informazioni e funzionalità secondarie e imparare a fornire risposte precise alle sue richieste. O, almeno, i progettisti del software dovrebbero provare a fare in modo che sia così. Eurosystem, con il suo ERP Freeway® Skyline, mette l’utente al centro del sistema informativo attraverso un portale aziendale che raccoglie tutte le applicazioni, consente la ricerca di qualsiasi informazione presente nel gestionale o al di fuori di esso, permette di selezionare e visualizzare direttamente tutti i risultati ottenuti. Quello che stiamo facendo è, insomma, eliminare un approccio generalista che spesso porta a realizzare prodotti colmi di funzionalità confidando che in qualcuna di queste l’utente trovi quello che gli serve. Sembra un paradosso ma un software gremito di funzionalità può rivelarsi alla prova dei fatti improduttivo e inefficace per l’azienda che lo utilizza. La maggior parte delle azioni l’utente deve effettuarle in pochi click, ormai anche in pochi battiti sul monitor touch screen. Con Freeway® Skyline qualsiasi utente riesce a raggiungere la massima parte delle informazioni con non più di tre click. In che modo questo può accadere? Freeway® Skyline aiuta l’utente a preparare le elaborazioni di cui ha bisogno tramite le proprie preferenze/default in modo che possa facilmente e velocemente eseguire le attività più ripetitive per dedicare maggior tempo a quelle dove è necessario il suo valore aggiunto. In questo modo è il software che si configura in funzione dell’utente e non il contrario! 63


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DALL’AVANGUARDIA DELLE MACCHINE A QUELLA DEL PENSIERO Intertraco reinventa la produzione grazie all’integrazione con l’ERP

Quando l’innovazione è vero credo aziendale e la ricerca dell’eccellenza buona pratica quotidiana, quando l’avanguardia delle macchine conta ma solo se accompagnata da quella dei processi: si otterrà allora un’azienda come Intertraco (Italia) S.p.A., specializzata nel business dei “fluid connectors”, componenti metalliche per il trasporto del fluido in pressione, che ha fatto della capacità tecnologica e dell’evoluzione di prodotto la chiave della propria competitività.

Nata intorno agli anni ’80 a Suzzara (Mantova), Intertraco (Italia) S.p.A. è una realtà di medie dimensioni che si colloca con ottimi risultati nella fascia medio-alta del mercato italiano ed estero, riuscendo a vincere la concorrenza di marchi storici grazie ad un’offerta di elevata qualità e ad un servizio totalmente orientato al cliente. Offerente diretto di soluzioni nell’ambito della minuteria metallica e oleodinamica, a partire dal 2000 si focalizza sempre di più nello sviluppo dell’area produttiva, conservando però una visione fortemente commerciale che gli permette di intercettare 64

al meglio gli sviluppi del mercato e le esigenze dei clienti: con un organico in continua espansione che attualmente comprende oltre 160 collaboratori, 3 stabilimenti in Italia e 3 controllate estere (Germania, Finlandia e Svezia), oggi Intertraco si presenta a tutti gli effetti come un grande gruppo, la cui offerta spazia da raccordi per tubi flessibili a innesti rapidi, giunti girevoli, valvole di controllo, adattori, tubi flessibili sciolti. E, infine, a “tubi flessibili assemblati” per oleodinamica, ossia tubazioni assemblate e realizzate interamente con un sistema innovativo e a marchio


Intertraco che oggi viene distribuito e rivenduto in tutto il mondo. “La crescita dell’area produttiva, l’introduzione di un diverso processo per la realizzazione dei tubi assemblati, l’apertura ai di nuove filiali all’estero - racconta il direttore amministrativo e responsabile dei sistemi informativi Davide Fava - hanno rappresentato per la nostra azienda momenti decisivi e di grande svolta e ci hanno imposto di rivedere l’assetto informatico per aumentare quella efficienza nei processi che ci ha sempre contraddistinto”. Nell’ambito di questo rinnovamento, nel 2004 Intertraco avvia la sostituzione del vecchio sistema informativo - ormai obsoleto e inadatto a supportare le evoluzioni in corso - e, a seguito dell’incontro con CSI del Gruppo Eurosystem Sistemarca, decide di introdurre l’ERP Freeway® Skyline sviluppato dall’azienda trevigiana.

stories piattaforma software efficiente e semplice da utilizzare, tra le caratteristiche che hanno reso Freeway® Skyline la risposta ideale alle richieste di Intertraco c’è la versatilità del sistema che, grazie alla sua architettura tecnologica, riesce ad integrarsi realmente con tutti gli altri software di automazione utilizzati a livello dipartimentale (CAD, software di gestione delle macchine di produzione, ecc.), consentendo agli utenti di operare come fossero sempre all’interno di un unico ambiente.

“L’aspetto tecnologico che sin dal principio ha molto colpito il nostro reparto tecnico è stato l’ingegnerizzazione del database relazionale Oracle all’interno del prodotto - commenta Davide Fava - Freeway® Skyline sfrutta a pieno le caratteristiche di questo database, già famoso per essere tra i più affidabili e completi sul mercato, sia in termini di capacità di elaborazione sia in termini di sicurezza dell’informazione, facendone uno strumento estremamente potente per interrogare dati, ricavare informazioni e gestire al meglio le attività operative. Inoltre, cercavamo un’azienda che fosse proprietaria del software e capace di implementarlo a seconda delle necessità che si sarebbero potute sviluppare nell’ambito del nostro business. In CSI e in tutto il Gruppo Eurosystem Sistemarca abbiamo trovato un vero consulente, organizzativo e strategico, che ci ha supportato non solo nell’implementazione degli strumenti informatici ma nella riorganizzazione della stessa produzione, contribuendo a valorizzare l’efficienza operativa di tutta l’azienda”.

Ma tornando indietro di qualche anno, introducendo Freeway® Skyline Intertraco ha potuto sostituire i vecchi e diversi applicativi utilizzati per le vendite e gli acquisti con un nuovo software integrato, accessibile attraverso un portale web centralizzato e profilato per utente, dal quale consultare tutte le informazioni relative a clienti e fornitori, ordini di vendita e acquisto, piani fatturazioni. Quando il modello di business dell’azienda si è evoluto e ha affiancato alle consuete attività di rivendita anche quella di produzione, l’informatizzazione dei processi è stata estesa all’area produttiva, e nel tempo si è evoluta sempre di più fino alla recente adozione del modulo MRP (Material Requirements Planning) di Freeway® Skyline: un avanzato cruscotto di pianificazione della produzione e gestione del magazzino che, grazie alla potenza di calcolo algoritmico su enormi moli di dati e ad un ambiente di simulazione, consente di rispettare le date di consegna e di alimentare correttamente le produzioni, mantenendo basse le giacenze di magazzino, e avviando in tempo utile eventuali processi a correzione di anomalie.

Intertraco e Gruppo Eurosystem Sistemarca iniziano così un lungo percorso che le vede ancora oggi collaborare all’insegna del progresso tecnologico. A CSI, filiale di Bergamo del Gruppo trevigiano, sono stati affidati dal 2004 ad oggi il progetto di rinnovo del sistema informativo e quello di revisione e potenziamento dell’intera infrastruttura informatica che attualmente gestisce il sistema gestionale e tutti gli applicativi dell’ufficio tecnico, tra cui il software di progettazione tridimensionale e quello per il calcolo strutturale. Attualmente l’azienda utilizza in modo completo e avanzato tutta la piattaforma gestionale Freeway® Skyline, dall’area amministrativa e contabile, al ciclo attivo e passivo, agli acquisti e alle vendite, all’area produzione e magazzino. Oltre al fatto di essere una

Negli ultimi anni la spinta verso il continuo miglioramento e la crescita del business ha fatto sì che Intertraco si aprisse a nuovi mercati e rinnovasse la propria offerta con una linea di produzione di tubi assemblati. “Abbiamo deciso di raccogliere questa sfida per rafforzare la nostra competitività sul mercato e ci siamo riorganizzati internamente creando un reparto dedicato e introducendo un innovativo modello produttivo”, racconta Davide Fava. Flexit è la soluzione a marchio Intertraco composta da un insieme di macchine produttive e software di gestione, oggi esportato nelle filiali italiane ed estere di tutto il gruppo, oltre che presso gli stessi clienti. Al fine di supportare efficacemente il nuovo apparato Intertraco ha chiesto a Gruppo Eurosystem 65


FEBBRAIO 2014

Sistemarca di sviluppare un’installazione di Freeway® Skyline, integrata nel gestionale e in grado di interfacciarsi con il sistema Flexit, che fosse destinata a governare il flusso di produzione del solo tubo assemblato. “Grazie alle profonde conoscenze dei consulenti Eurosystem - continua Fava - e alle aperture parametriche di Freeway® Skyline, è stato possibile sviluppare un’applicazione ad hoc che oggi ci permette di gestire la produzione del tubo assemblato come processo totalmente integrato nel sistema informativo aziendale. In particolare, il nuovo modulo applicativo consente di amministrare tutto il flusso operativo che parte dalla generazione dell’ordine cliente, prosegue con l’emissione dei lanci di produzione, con la verifica di fattibilità, con la dichiarazione degli avanzamenti fino all’imballo e alla spedizione. Il tutto comunicando in tempo reale con le apparecchiature presenti in produzione. Questa soluzione automatizza e semplifica il lavoro degli utenti, facilitando anche l’aumento della produttività aziendale”. Inoltre, Freeway® Skyline si è dimostrata la soluzione ideale per una realtà con più sedi e un respiro internazionale. Infatti, grazie alla caratteristica del software di essere multiditta e multilingua

è stato adottato un modello per la creazione delle nuove filiali e per la gestione di quelle esistenti: attualmente le filiali estere lavorano tutte in lingua inglese e con la moneta dello stato a cui appartengono, l’approvvigionamento viene garantito attraverso automatismi “intercompany” che inviano gli ordini di acquisto in base al sottoscorta rilevato, l’ordine di acquisto viene inserito in automatico dal calcolo del sottoscorta nelle filiali e diventa ordine di vendita, quando l’ordine viene evaso in Intertraco la bolla di vendita diventa automaticamente merce in arrivo nella filiale, infine quando la merce arriva a destinazione il documento di merce in attivo diventa documento di carico con la gestione corretta dei relativi magazzini. “La collaborazione con Intertraco - racconta Fabiana Montagnoli, responsabile del progetto per CSI - ha rappresentato un momento di crescita per tutto il nostro team di consulenti, progettisti e sviluppatori. La visione acuta della dirigenza Intertraco, lo sguardo innovativo e le elevate competenze del personale interno sono state motivo di un confronto continuo e di reciproco arricchimento, oltre che un esempio concreto di come lo sviluppo delle idee e delle tecnologie rappresenti oggi un veicolo fondamentale per traghettare le aziende nel futuro”.

L’INNOVAZIONE DEI PROCESSI: LA PRODUZIONE DEL TUBO ASSEMBLATO La caratteristica del processo di produzione del tubo assemblato è quella di procedere per batch di produzione, ossia per insieme di ordini di produzione diversi tra di loro e associati ad un unico ordine cliente. La produzione viene basata su una distinta base multilivello formata da tubo, inserto e boccola - che costituiscono le componenti di un tubo assemblato - e un’anagrafica dei dati tecnici articolo più ricca e diversificata rispetto a quella utilizzata nella produzione standard perché contenente dati come il codice pinzatura, il codice tubo, codice boccola, diametro pinzatura. Al ricevimento di un ordine cliente che viene inserito nel software gestionale si origina un batch di produzione che viene elaborato in maniera massiva attraverso il portale di Freeway® Skyline e segue tutte le fasi di processo, dalla prenotazione dei materiali necessari fino alla chiusura della produzione con il versamento del prodotto finito e lo scarico dei componenti. Il portale comunica poi con le macchine di produzione, inviando tutte le informazioni necessarie per la fase di lavorazione, quali dati tecnici e materiali da utilizzare. Il tempo di evasione dell’ordine risulta molto breve (massimo 48 ore) e la disponibilità di magazzino dei componenti viene garantita dai processi di pianificazione posti a monte e a valle di questo. Una volta rilasciato l’ordine di produzione, vengono subito segnalate eventuali situazioni anomale nel portale web. A fronte di un batch di produzione, inoltre, il responsabile del tubo assemblato verifica tramite il portale la disponibilità dei componenti degli ordini di produzione riferiti al batch. Per ogni articolo disponibile possono essere generate automaticamente sia le richieste di trasferimento (da magazzini periferici verso il magazzino di produzione) sia la prenotazione dei materiali a fronte dei vari lanci di produzione che devono essere processati. L’operatività del gestore inoltre viene facilitata grazie alla possibilità di effettuare da un unico ambiente tutte le operazioni produttive. 66


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Operazioni straordinarie Gli effetti sui rapporti di lavoro RICCARDO GIROTTO

scenari

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Le modifiche dell’assetto aziendale nascono talvolta da esigenze di sviluppo, talvolta di mera sopravvivenza. Operazioni di spin-off o di buyout sono all’ordine del giorno in un mercato sempre più frenetico, che impone l’adattamento della struttura aziendale ad esigenze variabili. Le valutazioni preventive delle azioni di M&A possono però non risultare attendibili, se oltre agli effetti contabili e fiscali non si considerano quelli sui rapporti di lavoro. Nell’ambito di azioni di M&A (Mergers and Acquisitions ossia Fusioni e Acquisizioni) tutt’altro che rari si presentano i casi di operazioni societarie estemporanee ove i nuovi soggetti si accollano dipendenti del cedente, senza considerare adempimenti che devono attivarsi in via preventiva rispetto al passaggio alla newco (si pensi ad esempio all’apertura delle posizioni inail). C’è poi da considerare il rapporto con gli enti previdenziali ed assicurativi, terzi rispetto agli accordi tra le parti, i cui crediti non sono nella disponibilità di chi va a contrarre. Quali sono i limiti che incidono sulle politiche di gestione del personale nelle operazioni societarie? Per scoprirlo la disposizione madre da considerare è l’art. 2112 del c.c. che sancisce l’impossibilità di irrogare licenziamenti motivati dalla scelta di effettuare l’operazione straordinaria “il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Questa inderogabile fonte tutela le posizioni dei dipendenti affinché questi non subiscano alcun pregiudizio dalla variazione datoriale che li interessa. Quando si applica questa previsione? Questo è un punto determinante. La tutela

civilistica si applica a tutte le operazioni societarie. Si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione, anche sottesa, che comporti il mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata. Un’operazione estemporanea, peraltro, non pare possibile qualora l’azienda cedente occupi più di 15 dipendenti. In questo caso infatti dovrà avviarsi specifica consultazione sindacale con ben 25 giorni di preavviso rispetto all’efficacia dell’operazione di passaggio dei dipendenti. Esiste nel nostro ordinamento un limite ad una tutela così forte che sembra vincolare la libera iniziativa imprenditoriale a fronte di un rilevante interesse del lavoratore? Nel 2003 ci ha provato il Prof. Biagi, precursore e vittima di un diritto del lavoro più agile, introducendo la possibilità per le aziende di trasferire un’attività preesistente che conservasse la propria identità a trasferimento avvenuto. La prima lettura di questo disposto fece pensare ad una piena libertà nello scegliere le risorse umane da trasferire formando rami aziendali a piacimento; libertà assai mitigata dalla giurisprudenza che ha chiarito come quel ramo debba essere presente ed operativo ben prima

del trasferimento, non quindi creato ad hoc per la dismissione di una parte del personale in eccedenza. La restrizione sembra quindi evidente, è possibile trattare direttamente con i titolari dell’interesse legittimo? Il dipendente può rinunciare a parte dei propri diritti, oppure può transarli con il datore di lavoro interessato o con il cedente ed il cessionario tramite reciproche concessioni. Le rinunce e le transazioni possono estendersi anche ad alcuni diritti indisponibili, nel rispetto di specifiche procedure assistite previste dal nostro codice di procedura civile agli artt. 410 e 411. Ovviamente la definizione di questi accordi va condivisa tra le parti con ampio anticipo, stante la difficoltà di prevedere il tempo-trattativa. Un ostacolo prevedibile e non programmato potrebbe trasformare in danno un’operazione sulla carta produttiva. Chi scrive è ben conscio che spesso le aziende devono agire in tempi brevi ed in modo flessibile, pena la sopravvivenza, pertanto è necessario riunire tempestivamente tutte le aree ed i consulenti coinvolti attorno ad un tavolo al fine di pianificare l’operazione in modo celere ma compiuto. 69


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Scambio di partecipazioni mediante conferimento Quando e perché è utile ELENA GIOCO - RUGGERO PAOLO ORTICA

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A decorrere dal 2004 le norme tributarie italiane, recependo una direttiva comunitaria, hanno disciplinato gli scambi di partecipazioni anche in ambito nazionale. L’art. 177 D.P.R. 917/1986 detta disposizioni sulla cd. operazione di scambio di partecipazioni, prevedendo due tecniche attuative: lo scambio mediante la permuta di partecipazioni e lo scambio mediante il conferimento di partecipazioni. Soffermiamoci esclusivamente sullo scambio di partecipazioni mediante conferimento, affermando che questo consiste in generale nell’operazione per la quale i soci di una società A conferiscono le proprie partecipazioni in altra società B la quale, per effetto di tale conferimento, aumenta il proprio capitale, ed i soci conferenti sostituiscono le partecipazioni in A con quelle in B. Quali vantaggi può offrire tale operazione? In primis, si deve rilevare che l’operazione riguarda esclusivamente azioni o quote e pertanto, non comportando alcun flusso finanziario, presenta una maggiore duttilità rispetto ad altre forme di trasferimento di complessi aziendali. Da quando è entrata in vigore la norma lo scambio di partecipazioni mediante conferimento è stato utilizzato come efficace strumento di riorganizzazione societaria infragruppo al fine di migliorare gli assetti di governance.

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SITUAZIONE PRIMA DEL CONFERIMENTO socio

SOCIETÀ

socio

A

socio

SITUAZIONE DOPO IL CONFERIMENTO socio

SOCIETÀ

A

SOCIETÀ

B

In quali altri casi si può utilizzare tale strumento? Il conferimento di partecipazioni può esser utilizzato come uno strumento di “tutela” del patrimonio sociale in quanto consente di trasferire liquidità mediante distribuzione di dividendi nella società conferitaria B (la holding) che non

socio socio

condivide rischi e resposabilità di A (la società operativa). Una volta maturato il requisito temporale di cui all’art. 87, co. 1, lett. a) per fruire del regime della participation exemption, tali dividendi sconteranno una tassazione minima in quanto esenti da imposte per il 95% del loro ammontare.


L’art. 177, co. 2 del T.U.I.R. prevede un regime fiscale di “vantaggio” qualora vengano rispettati determinati requisiti: • sia la società conferitaria B che la società “scambiata” A devono essere società di capitali; • la società conferitaria B deve acquisire o incrementare il controllo della società A ai sensi dell’art. 2359, co.1 n. 1 del C.C. per effetto del conferimento delle azioni o quote; • il soggetto conferente C, ovvero il soggetto titolare delle azioni/quote in A, il quale procede al conferimento in B può essere rappresentato sia da una società che da una persona fisica, anche se quest’ultima non agisce in regime d’impresa; • se le partecipazioni conferite sono prive dei requisiti pex ex art. 87 del T.U.I.R., il soggetto conferente C deve ricevere in cambio azioni o quote altrettanto prive di tali requisiti, fermo restando il periodo minimo di

scenari

possesso di cui alla lett. a) del citato art. 87; • l’operazione deve necessariamente essere supportata da valide ragioni economiche. In presenza di tali requisiti è possibile, in base alla norma in commento, effettuare il conferimento di partecipazioni in regime “controllato”, ossia predeterminarne il valore di realizzo che sarà commisurato all’incremento patrimoniale della società conferitaria per effetto del conferimento stesso e pari, a sua volta, al valore di iscrizione della partecipazione relativa alla società scambiata, come desumibili dalle scritture contabili. È evidente pertanto che, nell’ipotesi in cui l’incremento di patrimonio netto della società conferitaria B, così come il valore d‘iscrizione in bilancio della partecipazione in A risultino pari o comunque non superiori a

quello fiscalmente riconosciuto in capo al soggetto conferente C delle partecipazioni conferite, non emergerà alcuna plusvalenza. Cosa accade, invece, in assenza dei requisiti sopra esposti? Il conferimento di partecipazioni, indipendentemente dal valore d’incremento del patrimonio di B e dal corrispondente valore d’iscrizione della partecipazione in A, sarà disciplinato dall’art. 9, D.P.R. 917/1986 in base al quale, invece, i conferimenti in società devono essere valutati al valore normale.

REGIME FISCALE DELLA SOCIETÀ CONFERITARIA Nel caso in cui la conferitaria svolga esclusivamente o comunque in via prevalente l’attività di detenzione e gestione delle partecipazioni (holding pura) sarà soggetta ad un regime fiscale diverso da quello previsto per le società commerciali. IRAP - La base imponibile comprende anche la gestione finanziaria (interessi e proventi ed oneri finanziari assimilati). IVA - Le holding pure sono considerate ai fini Iva come soggetti non commerciali, pertanto non è consentita la detrazione dell’iva sugli acquisti per mancanza, appunto, dei requisiti “soggettivi”. INPS - La holding soggiace alla disciplina generale secondo la quale il socio che riveste anche la qualifica di amministratore è obbligato all’iscrizione presso la gestione previdenziale «commercianti» e al versamento dei relativi contributi sulla base del reddito imponibile conseguito dalla società ed in proporzione alla quota posseduta. Tuttavia si ritiene che tali presupposti siano applicabili soltanto nel caso in cui la holding svolga attività di natura commerciale.

ADEMPIMENTI PARTICOLARI Per effetto dell’abolizione dell’art. 113 TUB non è più necessario procedere all’iscrizione della holding conferitaria nell’elenco degli intermediari finanziari presso la Banca d’Italia, anche qualora l’attività di assunzione e gestione di partecipazioni rimanga nel tempo l’attività unica o prevalente. Permane invece l’obbligo di comunicazione dei rapporti finanziari all’Anagrafe Tributarie nel caso l’attività di assunzione e gestione di partecipazioni risulti esclusiva o prevalente.

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FEBBRAIO 2014

Protezione del marchio in Internet Il tema delle keywords advertising LUCIA BRESSAN

lbressan@studio-bressan.com

La diffusione di Internet ha ampliato lo scenario delle opportunità commerciali disponibili per le imprese rendendo ogni giorno più aspra la competizione finalizzata ad attrarre il maggior numero di visitatori sul proprio sito web. In questo contesto non sono mancati episodi in cui i mezzi utilizzati per raggiungere tale scopo hanno sconfinati nell’illecito, come casi di utilizzo illegittimo del marchio nell’acquisto di online advertising. Per ogni parola chiave inserita in un motore di ricerca la pagina che appare darà due tipi di risultati: a. quello spontaneo o naturale collegato a quei siti ritenuti pertinenti alla parola chiave in base a criteri oggettivi; b. quello afferente agli annunci pubblicitari dei siti web degli inserzionisti. I fornitori di motore di ricerca (es. Google) offrono un servizio a pagamento di posizionamento (AdWords) tramite il quale l’inserzionista, utente di Internet, seleziona ed acquista quelle parole chiave - comunemente definite keywords nel web marketing - che una volta inserite nella barra di ricerca consentiranno giustappunto la visibilità del proprio sito web tra i risultati di ricerca quale link pubblicitario. Quest’ultimo apparirà nella rubrica “link sponsorizzato” sia sul lato destro dello schermo, ossia a destra dei risultati naturali, sia nella parte superiore, ossia sopra i risultati naturali. È necessario chiedersi se la parola chiave scelta sia oggetto di protezione ai sensi della legge sul diritto dei marchi e quali siano le eventuali conseguenze. 72

Il titolare di un marchio ha diritto di impedire l’uso dello stesso come keyword da parte di un concorrente? La Corte di Giustizia dell’UE si è pronunciata cinque volte sul tema, da ultimo nella sentenza 22 settembre 2011 nel caso Interflora Inc./Marks & Spenser p.l.c. Nel dettaglio, Interflora gestisce una rete globale di distribuzione di fiori formata da fioristi indipendenti ed è titolare del marchio registrato INTERFLORA, che gode di notorietà in diversi stati dell’UE. La Marks and Spencer, proprietaria di una delle maggiori catene di grandi magazzini del Regno Unito, che vende e consegna fiori a domicilio ma non fa parte della rete Interflora, aveva acquistato la parola chiave “Interflora” nonché alcune varianti della stessa all’interno del servizio di posizionamento AdWords del motore di ricerca Google. Conseguentemente all’inserimento su Google della parola “interflora” o di una delle suddette varianti, sotto il titolo “link sponsorizzato” appariva un annuncio pubblicitario della Marks and Spencer. Nell’annuncio pubblicitario visualizzato non compariva alcun riferimento ad Interflora. Interflora aveva avviato un procedimento contro

Marks and Spencer per violazione di marchio. La Corte di Giustizia UE ha confermato che il titolare di un marchio ha il potere di impedire ad un inserzionista di utilizzare un marchio identico, o simile a quel marchio, per prodotti o servizi identici a quelli coperti dal marchio stesso se tale uso pregiudica una delle seguenti funzioni del marchio: a. consentire all’utente Internet di ricondurre al titolare del marchio i prodotti o i servizi menzionati nell’annuncio pubblicitario; b. l’acquisizione ovvero il mantenimento da parte del legittimo titolare di una reputazione idonea ad attirare i consumatori ed a fidelizzarli. E se si tratta di marchio noto, può il titolare impedire l’uso dello stesso come keyword senza dover dimostrare l’esistenza di un rischio confusorio con il link sponsorizzato? Le norme dell’UE prevedono una tutela molto amplia per i marchi che godono di notorietà per cui l’uso non è consentito ove il terzo tragga indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà o, ancora, arrechi pregiudizio allo stesso.


Costituisce, per contro, sana e leale pratica concorrenza l’uso del marchio (noto) finalizzato ad attirare l’attenzione dell’utente sull’esistenza di un prodotto o di un servizio alternativo a quello offerto dal titolare del marchio in questione, purché ciò non pregiudichi le funzioni del marchio stesso. L’acquisto di keywords da parte del terzo trasferisce la responsabilità sul prestatore del servizio di posizionamento? La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza della Grande Sezione 23 marzo 2010, ha stabilito che il prestatore di servizio di posizionamento, ancorché percipiente un compenso per l’uso del segno distintivo (marchio) da parte di terzi, ciononostante non fa un “uso nel commercio” di termini corrispondenti ai marchi ai sensi dell’art.5 co.1, lett. a) della Direttiva 2008/95/CE. Motivo per cui il prestatore di servizio di posizionamento non viola i diritti di marchio ai sensi della normativa europea ove, non facendo un uso nel commercio, permette agli inserzionisti di acquistare parole chiave simili o identiche a marchi registrati. Il segno distintivo (marchio) non v’è dubbio che viene utilizzato come parola chiave dall’inserzionista al fine di ottenere la

visualizzazione di un link pubblicitario nel contesto di una attività commerciale, allo scopo di offrire agli utenti di Internet una alternativa ai beni o ai servizi offerti dal titolare del marchio. Tuttavia, qualora la funzione essenziale di indicazione e identità di origine del marchio al servizio o prodotto del legittimo titolare sia violata, allora si avrà la responsabilità dell’inserzionista per pubblicità ingannevole o concorrenza sleale. Quando il prestatore del servizio può essere citato in giudizio? Ancorché ai sensi degli artt. 14 e 15 della Direttiva sul commercio elettronico n. 31/2000/CE il prestatore del servizio di posizionamento non possa essere ritenuto responsabile per una parola chiave che ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, ciononostante non potrà considerarsi immune qualora, venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di tale attività, egli abbia omesso di rimuovere prontamente o disabilitare l’accesso alla parola chiave in questione. Cosi la figura di “Internet Service Provider attivo” si individua in tutti quei casi in cui il prestatore ha offerto una assistenza atta ad ottimizzare la presentazione delle offerte di vendita di cui trattasi e nel

scenari promuovere tali offerte (posizionamento di banners e links pubblicitari). Conclusione La rete, ed il commercio elettronico, ha moltiplicato le minacce attuate attraverso forme di agganciamento parassitario a favore di prodotti o servizi dichiaratamente diversi da quelli autentici. A prescindere dalla evidente responsabilità dell’inserzionista, non può andare esente il gestore del servizio (o della piattaforma di vendita on-line) che svolge un ruolo attivo atto a conferire una conoscenza o un controllo dei dati relativi a dette offerte e memorizzati. Ecco che una lotta efficace alla violazione dei diritti sui marchi in rete presuppone comunque un ruolo attivo delle imprese interessate, sia attraverso strumenti prevenivi di informazione, sia attraverso il monitoraggio e la pronta segnalazioni di illeciti.

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L’evoluzione del diritto nel mondo digitale La (eventuale) responsabilità dei gestori di siti web ANDREA MANUEL

Una recente sentenza del Tribunale di Milano - intervenuta su un caso molto discusso a livello di media nazionali - permette di effettuare alcune prime riflessioni in ordine alla responsabilità dei gestori di siti internet. Il caso, deciso dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano, traeva origine dalla pubblicazione di un video dal contenuto offensivo sull’apposito portale di Google in cui compariva “un ragazzo presumibilmente down, in un ambiente scolastico, che veniva schernito e deriso da un gruppo di ragazzi”. Le indagini avevano evidenziato profili di responsabilità penale anche a carico dei responsabili del sito in quanto si trattava di un filmato che era circolato sul web tramite Google video, conquistando la prima posizione nella categoria “video più divertenti” ed era addirittura finito nella classifica ufficiale dei video più scaricati. Ai vertici di Google veniva contestato: A. il concorso nel reato di diffamazione aggravata commessa mediante la diffusione del video a mezzo internet senza aver esercitato alcun controllo preventivo sul suo contenuto; B. la violazione degli articoli del Decreto Legge 30.06.2003 n. 196 (tutela privacy) perchè avevano trattato dei dati personali in violazione di quanto previsto in tale decreto con nocumento della persona interessata. Il Tribunale di Milano (pronunciatosi in primo grado) aveva messo in evidenza le istanze confliggenti sottese alla vicenda: 74

da un lato la necessità di escludere la possibilità di configurare un generico ed inesigibile obbligo di controllo preventivo sul contenuto dei video pubblicati ogni giorno dalla rete, dall’altro i possibili vuoti di tutela derivanti dalle Istituzioni e una sorta di “immunità sostanziale” per i soggetti responsabili del servizio di pubblicazione e divulgazione online, pur a fronte dell’avvenuta commissione determinante fattispecie di reato. La necessità di trovare una composizione aveva portato ad una sentenza che, nei confronti degli apicali di Google, per un verso aveva escluso il reato di diffamazione, per un altro aveva ritenuto sussistente la responsabilità penale per illecito trattamento dei dati personali. Il Tribunale aveva affermato che, mancando una precisa legislazione in materia, la responsabilità penale degli internet service provider (ISP) non poteva essere costruita al di là dei canoni dell’attuale quadro normativo. Il Giudice affermava, testualmente, che si sentiva l’esigenza di una buona legge sull’argomento “in quanto Internet è un formabile strumento di libera comunicazione, ma ogni esercizio collegato alla libertà non può essere assoluto”. La Corte d’Appello ha condiviso, ed in parte rafforzato, le motivazioni che hanno portato a ritenere

l’insussistenza del reato di diffamazione e, inoltre, ha ritenuto di dover assolvere gli imputati anche dall’accusa di violazione degli obblighi di trattamento dei dati. Quanto alla diffamazione la Corte, oltre a condividere quanto espresso dal Tribunale, aggiunge alcune considerazioni: 1. che per sostenere le responsabilità a titolo di omissione in capo ad un hosting provider (un servizio di rete


che consiste nell’allocare su un server web le pagine di un sito, rendendolo così accessibile dalla rete internet ai suoi utenti) o content provider (è non solo chi fornisce contenuti a siti e portali, ad esempio servizi di news, newsletter o quant’altro - cioè case editoriali online - ma anche il fornitore del software necessario per erogare i servizi di contenuto) occorre affermare a suo carico un obbligo giuridico di impedire l’evento e, quindi, da un lato l’esistenza di una posizione di garanzia, dall’altro la concreta possibilità di effettuare un controllo preventivo. Detta posizione di garanzia non può essere ravvisata nel diritto vigente, stante l’assenza di

una specifica previsione in tal senso, nè può desumersi da fonte diversa quale, ad esempio, quella dettata in maniera di stampa in quanto si tratterebbe di una analogia in mala partem; 2. che la presenza di una posizione di garanzia da cui far derivare un obbligo di attivazione non può essere fatta derivare dalla violazione di norme di legge quali quella a protezione dei dati personali, che non hanno per oggetto tali condotte e che sono emanate a coperture di comportamenti diversi da quelli oggetto di contestazione; 3. che, in materia di concorso di persone, la condotta consistente nel non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, deve essere accompagnata dal dolo che caratterizza il concorso stesso, da ravvisarsi nella coscienza e volontà di concorre con altri nella realizzazione del reato. Quanto alla responsabilità scaturente dal trattamento dei dati personali la Corte afferma testualmente che “l’evoluzione della rete informatica mondiale sembra aver superato nei fatti la figura di mero prestatore di servizio che delineava tale soggetto come del tutto estraneo rispetto alle informazioni memorizzate, sia a livello di gestione che di regolamentazione contrattuale con il destinatario del servizio”. La Corte individua in Google una categoria denominata “hosting attivo”: cioè prestatore di servizi non neutro rispetto all’organizzazione e alla gestione dei contenuti degli utenti, caratterizzato anche dalla possibilità di un sostegno economico attraverso le inserzioni pubblicitarie.

scenari Individuata in tal modo la posizione di Google, però, la Corte afferma che anche per prestazioni di servizi che forniscano un hosting attivo la possibilità di procedere ad un’efficace verifica preventiva di tutto il materiale immesso dagli utenti non è concepibile. Infatti tale comportamento non può essere ritenuto doveroso, in quanto non esigibile per la complessità tecnica di un controllo automatico e, comunque, demandare ad un internet provider un “dovere-potere” di verifica preventiva appare una scelta da valutare con particolare attenzione in quanto potrebbe finire per collidere contro forme di libera manifestazione del pensiero. È evidente che la materia è destinata ad ulteriori ed incisivi interventi da parte degli operatori del diritto. Non resta, a questo punto, che una considerazione e cioè come, certe volte, sia estremamente difficile per gli operatori del diritto conciliare diverse esigenze: da un lato evitare la impunità preventiva ed assoluta per i responsabili di un servizio, dall’altra evitare comportamenti che possono essere considerati una inammissibile censura preventiva. Studio Legale Nordio-Manuel

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CHECK POINT TECHNOLOGIES E LA SICUREZZA: UNA LEADERSHIP A TUTTO TONDO Gartner certifica l’eccellenza tecnologica dell’azienda con report dedicati a Unified Threat Management, Firewall e Mobile Data Protection

La fine del 2013 si è rivelata ricca di successi e soddisfazioni per Check Point Software Technologies. La leadership dell’azienda in tema di sicurezza Internet ha infatti registrato un’ulteriore riconoscimento da parte del noto analista Gartner, che ne ha certificato l’eccellenza in tre segmenti di rilievo nel mercato della security. In particolare, Gartner ha inserito Check Point nel quadrante dei leader per la Unified Threat Management (UTM) e per la Mobile Data Protection, ed ha confermato l’azienda come leader mondiale per quote di mercato nel settore degli apparati firewall.

Leadership in tema di Unified Threat Management Per il terzo anno consecutivo, Check Point è stata posizionata tra i leader nel Magic Quadrant Report 2013 di Gartner per l’Unified Threat Management (UTM). Secondo lo studio di Gartner, “i dispositivi di Unified Threat Management offrono alle piccole e medie imprese numerose funzioni di sicurezza di rete in un’unica appliance”. Check Point offre tale protezione attraverso diverse famiglie di appliance tra cui le serie 600, 1100, 2200 e 4000, che si rivolgono a settori in cui funzionalità UTM semplificate sono critiche. Queste famiglie di appliance offrono il più elevato livello di protezione a piccole e medie imprese, uffici remoti e filiali periferiche, fornendo la sicurezza necessaria a soddisfare le esigenze del cliente e un prezzo competitivo. Costruite sulla Software Blade Architecture di Check Point, queste appliance possono soddisfare tutti i modelli di business senza richiedere hardware aggiuntivo o altre soluzioni di threat management e possono implementare una qualsiasi combinazione di protezioni multistrato tra cui: Firewall, VPN, IPS, Application Control, Identity

Awareness, URL Filtering, Anti-spam, Antivirus, Anti-Bot, Data Loss Prevention, e Mobile Access. “Gli attacchi contro aziende piccole e medie sono in aumento. Spesso queste organizzazioni hanno minori risorse per proteggersi. Il nostro obiettivo è di fornire ai clienti PMI lo stesso livello di sicurezza che fino a poco tempo fa solo le grandi aziende potevano permettersi”, ha commentato Dorit Dor, vice president products in Check Point.

Mobile Data Protection, un’azienda all’avanguardia Parallelamente, Check Point è stata inserita da Gartner tra i leader anche nel Magic Quadrant for Mobile Data Protection (MDP) di Gartner del 2013, qui per il settimo anno consecutivo. “Il mercato Mobile Data Protection è ormai consolidato ed è caratterizzato da due obiettivi primari: il primo - e più importante - è quello di garantire la sicurezza dei dati sui dispositivi attraverso crittografia e autenticazione, il secondo è quello di dimostrare che la protezione funziona correttamente. La maggior parte delle aziende, anche se non opera in settori sensibili o regolamentati, riconosce che la crittografia dei dati di business sia da ritenersi una best practice”, spiega Gartner. “Laptop, smartphone e altri dispositivi mobili – se vengono “hackati” o rubati – possono causare danni notevoli se finiscono in mani sbagliate poiché in genere vi risiedono dati personali e finanziari particolarmente sensibili. Check Point è impegnata a offrire soluzioni per la protezione dei dati mobili che ne impediscono sia la perdita accidentale che l’accesso ai dati da parte dei criminali informatici”, ha spiegato qui Dorit Dor di Check Point Software Technologies. La serie di prodotti di Mobile Data Protection di Check Point offre alle organizzazioni una soluzione completa di sicurezza per proteggere le informazioni aziendali. Questi prodotti sono in grado di massimizzare la sicurezza, a fronte di una semplice esperienza utente, di grande affidabilità e di un ampio range di dispositivi supportati. Le soluzioni Check Point Endpoint Security offrono una vasta gamma di funzionalità di sicurezza integrate, Full Disk Encryption, Media Encryption, Firewall & Compliance Check, Remote Access VPN, e Mobile Access Software Blade.


Numero uno nel mercato dei firewall Infine, sempre Gartner ha certificato la leadership di Check Point per quota di mercato mondiale nel settore degli apparati firewall con una ricerca condotta nel secondo trimestre del 2013, Gartner scrive che “come prima linea di difesa tra le minacce esterne ed il network aziendale, i firewall devono continuare ad evolvere per mantenere la loro efficacia, rispondendo sia ai cambiamenti nelle minacce che alle evoluzioni delle reti enterprise in termini di velocità e complessità.” Per il Q2 2013, la ricerca Market Share: Enterprise Network Equipment di Gartner ha evidenziato i seguenti risultati: • •

Check Point è leader mondiale per quota di mercato nel settore degli apparati firewall con il 22,4%, La posizione di leadership di Check Point per quota di mercato evidenzia un vantaggio del 7,7% sul più vicino concorrente nel settore degli apparati firewall. Check Point ha incrementato dello 0,8% la sua quota di mercato nel settore degli apparati firewall nei tre mesi passati tra Q1 2013 e Q2 2013.

Le note soluzioni di sicurezza di Check Point proteggono organizzazioni di ogni dimensione e livello di complessità, tra cui il 100 per cento delle aziende Fortune 100 e Global 100. Per offrire il massimo di flessibilità, le appliance di sicurezza di Check Point sono progettate per suportare ogni combinazione basata sulla Software Blade Architecture dell’azienda, compresi quattro pacchetti predefiniti: Next Generation Firewall, Next Generation Threat Prevention, Next Generation Data Protection e Next Generation Secure-Web Gateway.

Per ulteriori informazioni: www.checkpoint.com www.opsec.com


FEBBRAIO 2014

LAVORARE CON IT E ICT

Quando i numeri contano: intervista al reparto Amministrazione

Il difficile contesto economico, le normative che cambiano in continuazione, la necessità di essere sempre più competitivi e supportare il cliente con molteplici servizi: tutto questo rende oggi più complessa la gestione dei processi amministrativi, contabili e finanziari di un’impresa. E alle divisioni amministrative di una PMI rimane l’arduo ma necessario compito di far quadrare i numeri. Intervista al reparto Amministrazione del Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl.

Di che cosa si occupa il reparto Amministrazione? C. Sbicego: «Il nostro reparto amministrativo si occupa di numerose attività, a volte molto impegnative e delicate. Tra le principali ci sono la gestione delle fatture, sia in entrata (dai fornitori) che in uscita (verso i clienti); la gestione dei pagamenti e degli incassi, la tenuta della contabilità e la stesura di situazioni periodiche e dei bilanci, la gestione 78

dell’aspetto fiscale, le relazioni con gli istituti bancari, la gestione del personale e infine la necessaria informazione/ formazione. Nel nostro caso, essendo Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl una holding che comprende al suo interno altre 4 società, si tratta di gestire l’amministrazione, la contabilità e gli aspetti finanziari di ben 5 aziende, con circa 80 collaboratori e un fatturato annuale di 12 milioni di euro».


Siete un team tutto al femminile: vantaggio o svantaggio? C. Sbicego: «La nostra azienda ha sempre agevolato il lavoro femminile, concedendo facilmente il part-time richiesto dalle neo-mamme. Il nostro lavoro si presta ad essere suddiviso su più persone e questo, se ad una prima analisi può sembrare dispersivo, aumenta le possibilità di verifiche e di controllo. Così con gli anni siamo diventate un bel gruppetto!» R. Crotti: «Decisamente un vantaggio! Nello svolgimento del lavoro si creano spesso un’intesa e una complicità di quelle che possono nascere solo tra donne. E poi, si sa, le donne sono molto più precise degli uomini e la precisione in questo lavoro è fondamentale e obbligatoria, soprattutto perché lavoriamo con i numeri».

conosciamoci STILE LIBERO

I numeri prima di tutto insomma... I. Rasera: «I numeri per noi sono fondamentali, dalla loro correttezza dipende la soddisfazione del cliente e la serenità dei nostri colleghi. Per questo il nostro obiettivo è svolgere il lavoro con la massima serietà e precisione, in modo che tutto quadri, anche le virgole!» R. Crotti: «A livello normativo ci sono continui cambiamenti, quindi per chi lavora in ambito amministrativo sbagliare è umano e l’errore può capitare. Ma se si fa davvero attenzione, si sbaglia raramente. Nel mio caso, occupandomi della fatturazione ai clienti e della contabilità, è importante verificare che tutti i dati relativi alla fatturazione siano stati inseriti correttamente in modo che non ci siano rettifiche da fare e che il cliente sia soddisfatto e facilitato nel pagamento». S. Campion: «E quando, io che mi occupo della registrazione quotidiana dei movimenti bancari, mi trovo ad inserire il pagamento di un cliente che non ha manifestato alcun reclamo, significa che tutta l’azienda ha lavorato bene e l’intero Gruppo può essere soddisfatto: dal personale commerciale al referente tecnico di progetto all’addetto amministrativo». Quali sono le difficoltà e i successi di questo lavoro? B. Stella: «All’interno del reparto uno dei miei compiti è gestire il recupero crediti, un’attività che negli ultimi tempi è diventata sempre più complicata a causa della situazione di crisi economica che ha generato una diminuzione della liquidità disponibile nelle aziende. È una condizione che si ripercuote sull’andamento finanziario ma, nonostante questo, la nostra volontà come azienda rimane quella di andare incontro al cliente. È fondamentale che le persone con cui mi rapporto non vedano in me e nell’azienda che rappresento un nemico, ma una professionista con cui trovare la giusta soluzione». M. Buranello: «Essendo la mia una figura di collegamento tra il reparto amministrativo e quello commerciale e occupandomi

Le intervistate: dall’alto a sinistra, Carla Sbicego, responsabile reparto Amministrazione, e le addette all’Amministrazione Barbara Savian, Irene Rasera, Serena Campion, Roberta Michieletto, Barbara Stella, Michela Buranello, Rita Crotti, Daniela Comotti.

della gestione degli ordini in uscita verso i fornitori, considero un “piccolo grande successo” quello di riuscire a contrattare con il fornitore e ottenere un sconto che renderà il cliente ancora più soddisfatto del nostro lavoro».

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Come la tecnologia ha cambiato il vostro lavoro rispetto al passato? I. Rasera: «Lo ha sicuramente semplificato e velocizzato, e noi addette all’amministrazione siamo state prime protagoniste delle più importanti evoluzioni tecnologiche vissute in azienda. Infatti, dal momento che Eurosystem per trent’anni ha lavorato allo sviluppo di software per la gestione dei processi aziendali partendo da moduli dedicati all’area amministrativa e contabile, a noi che facevamo parte del personale preposto a tali mansioni capitava spesso di testare la validità e il corretto funzionamento delle nuove soluzioni introdotte. E capita ancora! In parte abbiamo contribuito all’individuazione di errori, malfunzionamenti o dimenticanze, che sono state poi corrette prima della fase di commercializzazione». D. Comotti: «Con il tempo, proprio grazie alle evoluzioni della tecnologia e della soluzione prodotta dall’azienda, abbiamo imparato ad utilizzare sempre più funzionalità che hanno snellito il nostro lavoro aiutandoci a commettere ancor meno errori. La parola chiave per noi è “correttezza dei dati”, per questo è fondamentale avere a supporto un sistema che ci aiuti nell’individuare tempestivamente eventuali anomalie e nel risolverle». B. Savian: «Un altro grande beneficio generato dal miglioramento delle tecnologie è stato la semplificazione dell’accesso alle informazioni: oggi lavoriamo attraverso un portale web centralizzato e integrato al gestionale attraverso il quale possiamo navigare tra le informazioni e, a seconda delle responsabilità ricoperte, possiamo visualizzare estratti conto, bilanci, fatture da emettere e ricevere, e molte altre informazioni. Il tutto in tempo reale, eseguendo poche operazioni da un unico sistema centralizzato». Un aspetto che caratterizza il vostro lavoro... M. Buranello: «Incombenze, richieste urgenti dai clienti, o dai nostri colleghi commerciali, rendono sempre la giornata imprevedibile e trasformano quello che potrebbe sembrare un impiego routinario in un’attività che richiede un’altissima dose di flessibilità e una buona capacità di discernere le priorità. Questo perché la divisione amministrativa costituisce un punto nevralgico nello scambio di informazioni che c’è tra i vari reparti di tutta l’azienda». R. Michieletto: «L’importanza della collaborazione è a mio parere l’aspetto che meglio caratterizza questo lavoro, in cui ciò che conta maggiormente è la precisione con cui si utilizzano i dati. Spesso ci troviamo a produrre ed inserire nel sistema gestionale documenti che raccolgono molte informazioni e di origine diversa: occorre allora eliminare ogni dubbio e verificare che tutti i dati siano corretti per essere sicuri di non generare 80

dei disguidi con gli stessi clienti. Per far questo, i sistemi informatici in dotazione sono fondamentali, perché molti dei dati che ci servono spesso sono già lì, ma non sono del tutto sufficienti. L’esperienza di una collega che opera da più tempo, o la segnalazione di un funzionario commerciale che conosce e segue da anni il cliente e la trattativa che si sta inserendo a sistema sono altrettanto importanti per svolgere il lavoro serenamente e con professionalità». Carla Sbicego, responsabile del reparto amministrativo e di tutta la gestione finanziaria: in un periodo complicato come fanno le aziende a trovare supporto per i propri investimenti? C. Sbicego: «Oggi le banche faticano ad accordare prestiti e finanziamenti, persino a società in buona salute. La difficoltà di reperire liquidità non solo per le aziende ma anche per gli istituti finanziari è, insomma, un dato di fatto. Per questo la struttura preposta a finanziare delle attività di aziende terze deve per necessità richiedere loro alti requisiti di affidabilità. Il fatto che il nostro Gruppo abbia tutti i requisiti per accedere ad un finanziamento pluriennale in pochi giorni non dipende unicamente dal mio lavoro ma da come opera e ha operato tutta l’azienda nel corso degli anni. Il mio ruolo è più che altro quello di motivare dettagliatamente la richiesta di finanziamento evidenziando gli obiettivi e le ragioni dell’attività per la quale si necessita un supporto economico, anche se lavorare con precisione, ponendo particolare attenzione al rispetto delle scadenze e alla puntualità di risposta alle richieste di informazioni, ha il suo peso». Il ruolo delle associazioni di categoria: che supporto danno alle aziende? C. Sbicego: «Trovo il loro ruolo molto utile alle aziende, soprattutto nell’ambito amministrativo. Sono una indispensabile fonte di informazione e un interessante punto di riferimento per ogni quesito o problema fiscale. Se ho delle difficoltà o dei dubbi sulla gestione di particolari situazioni relative al personale mi rivolgo anche a loro. Le associazioni di categoria dimostrano spesso di avere delle competenze specializzate e allo stesso tempo trasversali, per cui presso di loro trovo risposte anche su argomenti molto diversi. In particolare, credo che nel futuro il grado di complessità nella gestione aziendale aumenterà sempre di più e sempre di più ci sarà bisogno di figure specializzate pronte a supportare le aziende nelle loro necessità».


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Gartner celebra il primo posto di VSPEX tra le soluzioni di Reference Architecture Nel suo ultimo report, nella categoria ReferenceArchitecture, Gartner assegna a VSPEX il primo posto tra le soluzioni convergenti.Davvero non male se pensiamo che questa soluzione è stata introdotta meno di 2 anni fa e ha ottenuto una crescita pari al 471% tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso trimestre del 2013.

Come mai la soluzione VSPEX è diventata così popolare? Il primo luogo perché è una soluzione che offre ampia possibilità di scelta, pur rimanendo concettualmente molto semplice. Prima di VSPEX le opzioni per implementare un’infrastruttura convergente offrivano scelte limitate ed imponevano al cliente, ad esempio, la piattaforma di virtualizzazione, la tipologia di connettività o il modello di server da utilizzare.

L’approccio VSPEX invece è sempre stato quello di partire dai requisiti applicativi (Oracle, SQL, Exchange ecc.) oppure dai requisiti della piattaforma di virtualizzazione preferita (numero e tipologia di macchine virtuali e profili di carico di interesse). Grazie ad avanzati tool di sizing, usati sia da EMC stessa che dai propri Partner, è possibile tradurre questi requisiti in una configurazione convergente, che includa tutto l’HW e il SW necessari alla realizzazione della soluzione. Tutte le componenti incluse in un’architettura VSPEX sono pre-testate da EMC, al fine di garantire perfetta interoperabilità e veloce go-to-market.

di progetto e tradurre velocemente i business need in una converged architecture. In questo momento abbiamo oltre 1700 partner abilitati a configurare e vendere soluzioni VSPEX ai propri clienti. Poiché è possibile indagare in modo molto dettagliato i requisiti dei clienti, VSPEX permette di trovare una soluzione infrastrutturale su diversi vertical e settori industriali: dai distributori di prodotti alimentari all’healthcare, da aziende di torrefazione a quelle di sistemi satellitari. La bontà delle soluzioni implementate ha fatto in modo che molti clienti diventassero referenze pubbliche su questo tipo di architetture.

Cosa significa invece tutto questo dal punto di vista di un partner EMC? Ad un primo approccio si potrebbe pensare che questo permetta ad un partner di erogare più servizi a supporto dell’implementazione infrastrutturale. In realtà l’approccio VSPEX non solo permette al partner di dare un valore aggiunto sul design infrastrutturale (per questo motivo i rack VSPEX possono essere addirittura cobranded EMC/Partner), ma anche di poter erogare servizi a valore, che possano davvero mettere in evidenza le proprie capacità di System Integrator o i propri skill applicativi. Servizi di migrazione dati, Physical to Virtual, Fine Tuning, Porting applicativo e Monitoring remoto sono solo alcuni esempi di servizi a valore che un partner EMC può portare a corredo di un progetto VSPEX. Un altro vantaggio della soluzione VSPEX è la sua continua evoluzione, in termini di tecnologia, use case e size. Questo permetterà una continua espansione di questa architettura, rendendola sempre più interessante sia per i nostri partner di canale, che per i nostri clienti.

Per approfondimenti visita EMC GEEK, il blog di tecnologia di EMC!

emcgeek.blogspot.ie

Il secondo segreto del successo di VSPEX è da attribuirsi senza dubbio alla forte spinta dei nostri partner tecnologici. Avendo un’intima conoscenza della realtà dei clienti, i nostri partner sono in grado di indirizzare puntualmente i requisiti 81


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TRA MEDICO COMPETENTE E DATORE DI LAVORO COLLABORAZIONE FONDAMENTALE In collaborazione con il Centro di Medicina LUCIANO SALVADORI

Gli eventi infortunistici o i danni alla salute correlati all’attività lavorativa sono purtroppo molto frequenti. Per questo il ruolo del Medico Competente ha assunto negli anni sempre maggiore importanza e responsabilità nella strategia preventiva delle aziende in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Se prendiamo in considerazione anche soltanto il fenomeno infortunistico, risulta evidente che il costo di questi eventi è enorme: costo umano per i lavoratori e le loro famiglie, costo per le aziende e costo per la società (aumento dell’onere che grava sui sistemi di assistenza sanitaria). Non vi è dubbio che esiste una correlazione positiva tra l’accuratezza dei sistemi di prevenzione nel mondo del lavoro e la riduzione degli eventi legati sia agli infortuni che alle malattie professionali. La valutazione dei rischi è il momento cardine per la gestione della sicurezza e della salute in un’azienda 82

perché consente di prevenire e limitare gli infortuni e le malattie professionali. A patto però che questo processo di valutazione e la conseguente redazione del documento di valutazione di rischi (DVR) non costituisca solo un veloce adempimento burocratico ma sia condotto in maniera adeguata dal Datore di Lavoro in collaborazione con le figure professionali tecniche e sanitarie, peraltro previste dal DLgs 81/08 (detto anche Testo Unico). Il Testo Unico pone la valutazione dei rischi come obbligo non delegabile in capo al Datore di Lavoro al quale, sia per disposizione del Codice Civile (art. 2087) che per alcune sentenze


della Corte di Cassazione, è assegnata nei confronti del lavoratore la cosiddetta “posizione di garanzia”: è cioè costituito “garante” dell’integrità fisica e della salvaguardia della “personalità morale dei prestatori di lavoro”. Il datore di lavoro, pertanto, deve effettuare la valutazione dei rischi e lo deve fare con la collaborazione del medico competente (MC) e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), che sono i soggetti che la normativa ha ben chiaramente indicato allo scopo. Le modalità con le quali il Medico Competente svolge il compito di collaborazione (e conseguentemente assolve all’obbligo sanzionato) non sono però spiegate dalla normativa vigente la quale si “limita” a prevedere (Dlgs 81/08 art. 25) una generica collaborazione con il datore di Lavoro e con il Servizio di Prevenzione e Protezione alla valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro. Il quadro normativo è ulteriormente complicato dal fatto che il legislatore attribuisce al Medico Competente un compito alternativo a quello propriamente medico; gli chiede cioè una valutazione partecipata dei rischi lavorativi, conferendogli quindi un habitus più tecnico e lo investe di un ruolo da protagonista fondamentale della prevenzione, facendolo uscire dal perimetro puramente sanitario. Dal punto di vista giurisprudenziale, sulle modalità con cui il Medico Competente debba svolgere questo compito e come debbano essere definiti i confini di una eventuale omessa collaborazione si è fatta strada una interpretazione piuttosto estensiva. Questa presuppone un coinvolgimento fattivo e responsabile del Medico in azienda anche nell’individuazione dei pericoli derivanti da carenze tecniche, strutturali e progettuali di impianti, macchine, luoghi e organizzazione del lavoro. Essendo però la specifica formazione del medico centrata sull’area biomedica, ergonomica e sull’igiene di lavoro, e non su quella tecnico-ingegneristica, è chiaro che il supporto principale al datore di lavoro per la valutazione dei rischi resta prerogativa del Servizio di Prevenzione e Protezione, che darà anche supporto tecnico al Medico Competente il quale si avvarrà pure della conoscenza diretta dell’azienda e di tutto il materiale e le informazioni che il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire. Pertanto il Medico Competente, una volta nominato, deve dare il suo contributo collaborando con il datore di lavoro e deve anche, in qualche maniera, dimostrare di averlo fatto onde evitare di incorrere nella denuncia per omessa collaborazione. Esisterà perciò un livello minimo accettabile di collaborazione che si può ritenere soddisfatto quando il Medico svolgerà alcune attività in Azienda come: - il sopralluogo negli ambienti di lavoro, fondamentale per acquisire conoscenze e informazioni sui rischi potenziali (pericoli) per la salute e prendere visione del ciclo produttivo

medicina e lavoro STILE LIBERO

e delle condizioni di lavoro correlate ai singoli rischi in tutti i reparti o aree di lavoro; in questa attività è molto importante la compartecipazione e l’interazione con il datore di lavoro, il responsabile per la sicurezza e con il rappresentante dei lavoratori; - il colloquio con i lavoratori durante la visita medica e la registrazione nella cartella sanitaria e di rischio; - la programmazione della sorveglianza sanitaria con gli accertamenti complementari e con il monitoraggio biologico, continuamente tenuto aggiornato (protocollo sanitario, comunicato formalmente al datore di lavoro); - gli incontri e le riunioni con il DDL, il RSPP, il RLS e i lavoratori. In conclusione si capisce come la “collaborazione” al documento di valutazione di rischi (DVR) deve essere effettivamente un “lavoro d’assieme” fatto fra il Medico e il datore di lavoro, fermo restando che solo a quest’ultimo rimane l’obbligo non delegabile di valutare tutti i rischi e redigere il documento; egli si avvarrà dell’aiuto dell’RSPP, dei preposti e di consulenti tecnici. Ma il Medico Competente è bene che abbia un ruolo di consulente, ed eventualmente anche propulsivo, fin dall’inizio nell’elaborazione del documento di valutazione dei rischi intervenendo anche nella scelta dei metodi da adottare per definire i vari rischi. Come considerazione finale c’è anche da dire che, quando si parla di sicurezza negli ambienti di lavoro, troppo spesso si è portati a citare norme e sanzioni, che di certo non mancano, ma che dovrebbero fungere da stimolo per una “presa in carico” autonoma e continuativa, da parte dei soggetti interessati succitati, dei concetti e delle problematiche di sicurezza e salute legate all’attività lavorativa.

Luciano Salvadori Medico del lavoro

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SUDAFRICA

I paesaggi del mondo a portata di un click Il racconto del Sudafrica attraverso il South African Tourism Italia

Perché andare in Sudafrica? Semplicemente perché è unico: la sua collocazione speciale geografica lo rende appetibile 12 mesi all’anno e gli regala un’estrema quantità di paesaggi geografici e ambienti naturali ed ecosistemi da immortalare in unico viaggio. Bellezza visitabile viaggiando a bordo di treni storici come il Rovos Rail e il Blue Train, due esperienze indimenticabili. 84


il viaggio

STILE LIBERO

La scelta, dunque, spazia da deserti maestosi, a parchi nazionali immensi, spiagge dorate, città cosmopolite, savane incontaminate, montagne imponenti. Dal deserto del Kalahari al dominante Table Mountain a Cape Point, dalle colline e gole dello Swaziland alla savana del Kruger National Park, senza dimenticare la parte orientale del paese, il Lesotho e il Drakens berg. Ricco di cultura, di luoghi naturali, di comunità e valori, il Sudafrica è un paese d’oro: riunificato dal 1994, presenta il volto di una democrazia multietnica. Il Paese, infatti, ha abolito ufficialmente l’apartheid all’inizio degli anni ’90 con Nelson Mandela, che sotto la sua presidenza ha avviato un periodo di rinnovamento. Oggi il Sudafrica è un mix di differenze culturali, tribali e linguistiche stanziato su un territorio vasto come Italia, Germania e Francia messe insieme. Diverse sono le fonti di attrazione ed intrattenimento per il turista. Tra le attività sportive praticate, il bungee jumping

sul ponte Bloukrans, nei pressi dello Tsitsikamma National Park, il parapendio fra Lions Head e Cape, il Kloofing ossia l’equivalente del canyoning. Inoltre, il surf sulla Jeffreys Bay e anche le scalate al Table Mountin, o il trekking sulle montagne Drakensberg. Un’altra esperienza per gli amanti dello sport all’aria aperta è una partita a golf che in Sudafrica vanta origini abbastanza remote (il primo golf club risale al 1882) e che enumera 600 campi di altissimo livello. Ma, un viaggio in Sudafrica è anche un’esperienza tra i ritmi delle città, alla scoperta del design di tendenza, della musica e dell’arte contemporanea nei movimentati nuclei urbani del Paese. E senz’altro un’altra gemma sudafricana è l’arte culinaria: una delle più amate tradizioni sudafricane è il barbecue (braai), momento di incontro e di socializzazione e di degustazione di prodotti tipici, come la carne di manzo, montone e agnello. Anche il vino è un altro prezioso tassello, con centinaia di vigneti in favolose valli, il Western Cape e le sue Winelands

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sono l’idillio per gli amanti del buon vino. Le diverse qualità di viti annoverano, tra i vini bianchi, Chenin Blanc, Chardonnay, Sauvignon blanc, Hanepoot (Moscat d’Alexandrie), Rhine, Riesling e Semillon; tra i rossi, particolarmente pregiati sono Cabernet Sauvignon, Cinsaut, Pinotage (una varietà esclusiva del Sudafrica), Merlot, Shiraz, Pinot nero, Ruby, Tinta barocca e Pontat.

Intervista a Mr Lance Littlefield, Country Manager South African Tourism Italia. Il Sudafrica nel 2014: le potenzialità - turistiche e non - del Paese. Il Sudafrica è una destinazione perfetta tutto l’anno e molti ignorano che si tratta di una meta accessibile, con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Ad esempio Cape Town è risultata essere la prima destinazione al mondo per prezzi convenienti negli hotel secondo il TripAdvisor TripIndex Room Service 2013. I turisti non hanno che l’imbarazzo della scelta tra le mille esperienze. La natura selvaggia e incontaminata continua ad esercitare un certo fascino. E per vivere queste emozionanti esperienze non è necessario rinunciare al comfort. Per il divertimento metropolitano si può scegliere tra Cape Town, Johannesburg e Durban. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un vivace sviluppo culturale con l’apertura di musei e la riqualificazione urbanistica di quartieri un tempo abbandonati e ora sede di negozi di design e moda. Innovazione dal punto di vista delle strutture d’accoglienza turistica. Come si presenta l’offerta?

La storia e la cultura affondano le radici nella notte dei tempi: a oltre 2 milioni di anni fa si datano i resti di alcuni ominidi; da qui il riconoscimento del Paese come “culla dell’Umanità”. A testimoniare le antiche origini, oltre al più esteso cimitero di dinosauri al mondo nel Karoo (Eastern Cape), l’area di Kimberley vanta più di 400 incisioni rupestri e, a 40 minuti da Johannesburg, si può fare un salto indietro di 3,3 milioni di anni nel Cradle of Humankind. L’intenso periodo di colonizzazione iniziò, invece, a partire dal 1652 quando gli olandesi costruirono nella zona del Capo un insediamento per il rifornimento e la sosta delle navi della Compagnia delle Indie. Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 la popolazione bianca crebbe enormemente grazie anche all’arrivo degli Inglesi, attirati dalle immense fortune che questa terra vergine prometteva ai suoi conquistatori. Cominciò così la corsa all’oro ed ai diamanti. Per comprendere invece la storia più recente del Paese non si può trascurare l’Apartheid Museum di Johannesburg. 86

Le strutture ricettive sono ben distribuite su tutto il territorio: chi cerca il lusso può soggiornare in raffinati lodge e resort a 5 stelle superior; chi invece ha a disposizione un budget più contenuto ma non vuole rinunciare allo stile e al comfort può scegliere B&B in stile afro-chic. È attivo all’interno di South African Tourism un organismo che si occupa di verificare lo stato delle strutture ricettive e classificarle secondo uno standard ufficialmente riconosciuto. Il Tourism Grading Council of South Africa (http://www.tourismgrading.co.za/about-thetgcsa/) certifica quindi la qualità e lo standard generale delle strutture ricettive del Paese. Quali i grandi eventi di attrazione turistica? Il 2014 è un anno ricco di eventi di richiamo internazionale. Cape Town è stata designata World Design Capital 2014. Questo appuntamento sarà l’occasione per mostrare lo spirito creativo del Sudafrica, messo al servizio della popolazione. Il lavoro di designer e artisti contribuirà a migliorare la città e la vita dei suoi abitanti. Oltre 450 saranno i progetti che verranno sviluppati nel corso dell’anno e numerosissimi gli appuntamenti e le manifestazioni legati all’evento. Inoltre, proprio quest’anno si festeggiano i vent’anni di democrazia nel Paese: sono previste celebrazioni in tutto il paese con eventi, manifestazioni, mostre e feste.


il viaggio

IL SUDAFRICA Superficie di 1.221.037 Kmq, di cui 3.000 km di costa. Lingua: inglese, afrikaans. Capitale: Cape Town. Quando andare: le stagioni sono invertite, trovandosi il paese nell’emisfero australe, perciò il periodo consigliato per visitare il paese è sicuramente l’inverno (estate sudafricana). Documenti necessari: passaporto. Non è necessario procurarsi un visto per i soggiorni di meno di 90 giorni. Da sapere assolutamente: nell’eventualità in cui si decidesse di noleggiare una macchina è bene ricordare che, in quanto ex colonia della Gran Bretagna, ha adottato la guida a sinistra. I cartelli stradali sono sia in inglese sia in afrikaans. Cosa portare: per i safari nei numerosi parchi del paese, si consigliano: macchina fotografica, binocolo e abbigliamento consono (stivali, vestiti resistenti) sono un must. È necessario portare con se un adattatore per le prese elettriche, in quanto si utilizzi la tipologia M. Viaggiare sicuri: la criminalità, soprattutto nelle zone povere e nei centri delle principali città, è molto diffusa. Si consiglia di non girare con oggetti di valore e con il passaporto originale (meglio una fotocopia, con il passaporto conservato in un luogo sicuro).

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Progetti e azioni di promozione del Sudafrica in Europa...

Promozione turistica e innovazione...

Anche quest’anno l’ufficio di South African Tourism Italia, organizzerà il Big Five Roadshow, un appuntamento ormai consueto per gli agenti di viaggi su territorio nazionale. È importante che gli agenti siano sempre aggiornati sull’offerta turistica del Paese e sulle sue attrattive in modo da poter proporre al meglio il Sudafrica come destinazione vacanza al cliente finale.

È indubbio che la tecnologia sia leva fondamentale per il turismo. Il nostro sito ufficiale www.southafrica.net è disponibile in più lingue con informazioni pratiche per pianificare ogni tipo di viaggio. Sono disponibili anche diversi video. A proposito di video, vorrei citare il nostro nuovo programma di formazione online per agenti di viaggio: iFundi. Lo abbiamo presentato ufficialmente in occasione del Big Five Roadshow di quest’anno e gli agenti hanno dimostrato di apprezzare un approccio più innovativo e diretto. Siamo molto attivi anche sul fronte dei social network che ci consentono di interagire in tempo reale con gli utenti, che possono altresì condividere i propri ricordi, immagini ed esperienze. A disposizione di coloro che desiderano pianificare un viaggio in Sudafrica anche il sito www.sudafricaperte.it, una vetrina con le proposte e le offerte dei tour operator.

Il Sudafrica è una meta turistica ricercata in Italia? Gli ultimi dati rilevati attestano che il mercato turistico italiano, da qualche anno a questa parte, segue un trend positivo. Le ultime statistiche relative al periodo gennaio-agosto 2013 testimoniano un 8% in più rispetto all’anno scorso: sono oltre 43.260 le presenze registrate nel paese. È interessante il +31,3% registrato a marzo, un picco fuori stagione che ci fa molto piacere. Tra i fattori che hanno a nostro parere contribuito a questa crescita ci sono la qualità e la varietà della nostra offerta turistica. Il Sudafrica, fino a qualche anno fa considerato principalmente una meta per viaggi di lusso o per le coppie in viaggio di nozze, ora ottiene maggiori consensi anche da target diversi sia in termini di interessi che di budget di spesa: i viaggiatori indipendenti, gruppi di amici alla ricerca di avventura e le famiglie ad esempio.

Per avere maggiori informazioni SOUTH AFRICAN TOURISM Numero verde: 800 245 464 Email: info.it@southafrica.net Sito internet: www.southafrica.net 88


sport SILVIA MARANGONI: CAMPIONESSA MONDIALE “MADE IN ITALY”

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Bella, giovane, simpatica e molto tenace. Silvia Marangoni, 10 volte campionessa mondiale di pattinaggio a rotelle “in line” - l’ultimo titolo conquistato a Taipei in Taiwan a novembre riassume tutte queste qualità con grande scioltezza e semplicità. Silvia è riuscita a fare la storia di questo sport, facendosi conoscere anche al di fuori dell’ambiente del pattinaggio. Impresa non facile per chi pratica in una disciplina minore. Sul podio nel mondiale di novembre ha preceduto l’atleta di casa, Hsin Chin - Ling, e la storica rivale americana Natalie Motley. Silvia, quando hai iniziato a praticare questa disciplina? Come ti sei avvicinata? Ho scoperto il pattinaggio a rotelle a soli 3 anni, nel 1988. È stata mia sorella maggiore a iniziare questa disciplina. I miei genitori l’accompagnavano in palestra ad Oderzo e io andavo con loro. Per me è stato amore a prima vista. Infatti mia sorella ad un certo punto ha smesso, mentre io ho voluto continuare a tutti i costi. E a partire dal 1992 non è più stato per me a livello amatoriale, ma ho cominciato a fare gare. Questo a seguito dell’arrivo in palestra di un nuovo allenatore che ha portato il club a livelli alti e in grado di distinguersi nelle competizioni. 89


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In quel periodo sono arrivate le prime vittorie. Negli anni a seguire, magari a scuola, ho provato altri sport ma direi che mi sono sempre rivelata un po’ negata. Quanto impegno serve per arrivare ai tuoi livelli? Cosa ti spinge? Fin da piccola sono sempre stata sui pattini: ricordo quante ore ho passato sulla pista in cemento vicino a casa mia. E quante cadute! Ma non mi sono mai fermata. Di impegno ce ne vuole tanto, fra allenamenti e gare: bisogna mantenere una certa disciplina alimentare, fisica e anche di vita. Quando ero adolescente, vedevo le mie amiche andare in discoteca mentre io dovevo andare a letto presto perché l’indomani c’era la gara. Eppure, non mi è mai dispiaciuto eccessivamente. Anche perché questo sport mi ha trasmesso forza e valori importanti, quali tenacia e spirito di squadra, e soprattutto organizzazione - non è stato facile riuscire ad incastrare tutto, pattinaggio, scuola, amici - valori che mi hanno formata negli anni. Con i miei genitori, comunque, avevo fatto un patto: potevo continuare a pattinare solo se andavo bene a scuola. Alle superiori - sono diplomata in ragioneria - è stato duro, ma sono riuscita a mantenere la promessa. Spesso, però mi trovavo a studiare la sera tardi o la mattina presto. Ma anche questa era una sfida! L’impegno e i sacrifici sono stati fatti anche dai miei genitori, perché non è uno sport propriamente economico e nemmeno noto. Infatti, a loro devo molto perché hanno deciso di investire nella passione della figlia sacrificando molto.

Come sei riuscita a far diventare la passione una vera e propria professione? Non è stata una scelta facile: il percorso da intraprendere non era scontato anzi, visto che questa disciplina sportiva non olimpica a livello professionistico è praticata solo nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre della Polizia Penitenziaria. Fin dall’inizio diversi detrattori mi hanno invitato a mollare per un percorso di vita più semplice. Eppure sono andata avanti: dopo essermi informata sulla modalità del percorso da intraprendere, mi sono iscritta come volontaria in ferma prefissata di un anno e ho fatto 12 mesi di caserma, e mi sono fatta 3 mesi e mezzo di CAR ad Ascoli, poi sono stata dislocata prima a Milano e successivamente a Pordenone. Finito il servizio militare a fine del 2008, ho lavorato come ausiliaria del traffico in attesa di partecipare nel 2011 al concorso pubblico per entrare nel corpo di Polizia Penitenziaria come agente semplice. Una volta vinto il concorso mancava la tappa finale, ovvero i corsi della scuola di formazione a Parma e, poco dopo la loro conclusione, ho ricevuto la notizia di essere entrata nelle Fiamme Azzurre. Attualmente risulto in sede nella casa circondariale di Trieste, distaccata a Treviso. E in tutta Italia siamo solo in due (cfr. oltre a Silvia anche la romana Francesca Ciani Passeri) a praticare a livello professionistico il pattinaggio artistico. Quando lascerò il mondo delle competizioni sarò contenta di continuare a lavorare nel corpo della Polizia Penitenziaria, una realtà particolare perché entri in contatto a volte con realtà che conosci normalmente attraverso i romanzi o i film. Che tipo di allenamento fai? Lavoro tanto in palestra sui pattini esercitandomi sulle figure e i salti. Ma faccio anche attività a terra, vera e propria preparazione atletica per rafforzare i muscoli. In passato mi sono esercitata anche nel pattinaggio artistico su ghiaccio per migliorare ulteriormente le mie perfomance. Da piccola ho seguito anche lezioni di danza classica e sudamericana per imparare ad interpretare bene le musiche. In questa disciplina si va avanti finchè il corpo regge, non esistono limiti d’età. Questo specialità nel pattinaggio in Italia è poco nota, eppure siamo il Paese campione del mondo grazie a te... È vero che non è una disciplina conosciutissima, anche se per esempio i rollerblade sono molto diffusi tra i giovani. La federazione da tempo ha inviato la richiesta al comitato olimpico per entrare tra la discipline a cinque cerchi ma per diversi motivi, purtroppo questo sport è sempre finito nella short list e ne sono stati scelti altri. A volte esistono dei motivi contingenti allo sport che portano a promuovere quella disciplina piuttosto di un’altra. Questo fatto comporta, di

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sport conseguenza, anche grande difficoltà nel reperire sponsor che possano sostenerti. In tutto il mondo, in Europa soprattutto, ci sono numerosissimi iscritti... speriamo che almeno in futuro ci sia uno sviluppo positivo. Nonostante tutte le difficoltà la scuola italiana è la più famosa e la più forte del mondo: recentemente abbiamo vinto 15 medaglie su 25. Paure e certezze quando scendi in pista? La certezza è quella di aver dato il massimo, sempre. Un mondiale in genere si prepara con una certa intensità in 5 mesi circa, e in quel periodo si devono fare ancor più sacrifici. Paure tante: di cadere o di sbagliare le figure e i tempi. Ma soprattutto tanta paura di deludere chi mi guarda e mi segue e crede in me. I miei allenatori, come i miei parenti... Sono tanti i fattori che entrano in gioco quando fai una gara, ed essendo poi uno sport a valutazione anche soggettiva, diventa ancora più complicato. Devi piacere ma devi anche piacerti! Tra l’altro devo ammettere che sono anche scaramantica: ho tutta una serie di rituali prima di una gara che eseguo anche per vincere le paure. Secondo te quali sono le peculiarità che ti fanno primeggiare in campionati mondiali fra tante atlete?

Quanto è importante la componente tecnologica nel pattinaggio? Se non a livello di allenamento, dove la componente umana ancora è fondamentale, sicuramente per quanto riguarda i materiali del pattino. Oggigiorno è molto più leggero e maneggevole e questo ha permesso di snellirci nell’esecuzione artistica. La realizzazione del telaio, in particolare, è importante perché il pattino nell’esecuzione artistica è soggetto a posizione stressanti. Infine, hai un consiglio da dare alle giovani che vogliono avvicinarsi a questo sport? Certamente! Bisogna divertirsi: devi praticare questo sport, come qualsiasi altro, perché principalmente ti diverte e ti piace. E poi non mollare mai. Bisogna sempre credere in qualunque sogno, anche se ci sono persone che ti spingono a fare il contrario. Crederci sempre, mollare mai anche se cadi: e questo è uno sport in cui si può anche cadere spesso e sempre, non importa se sei campionessa mondiale! Ogni gara la si affronta come se fosse la prima volta!

Sicuramente gli elementi nuovi che in ogni competizione porto. Nell’ultimo mondiale a Taipei ho introdotto un triplo salto. Per il pattinaggio su ghiaccio non è una novità ma per quello dei pattini “in line” è una difficoltà non irrilevante, perché entra in gioco la forza di attrito che è diversa. E poi c’è il mio cavallo di battaglia, una trottola speciale che faccio su una sola rotella, che è stata chiamata “movimento Marangoni”. A chi dedichi le tue vittorie e chi devi ringraziare? Le mie vittorie da sempre sono dedicate ai miei cari, a mia nonna Elena - che è venuta mancare recentemente e alla quale sono sempre stata particolarmente legata - alla mia famiglia che mi ha sostenuta fin dall’inizio. Ma anche ai miei allenatori, che ringrazio anche molto per il sostegno e per la professionalità che hanno sempre dimostrato. Un ringraziamento grande va anche allo Skating Club Oderzo, la società in cui sono cresciuta. Hai un aneddoto in particolare che ricordi? Ce ne sarebbero tanti, ognuno legati ad emozioni speciali. Ma senz’altro mi ricorderò per sempre il periodo legato alla vittoria riportata dopo tutto il lavoro svolto per vincere il concorso in polizia. Lo chiamo il mondiale della svolta.

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IL PERSONAGGIO: FEDERICA PELLEGRINI

In vasca come nella vita: determinazione e semplicità Intervista alla campionessa di nuoto Federica Pellegrini

Nonostante le numerose vittorie lo sguardo è sempre rivolto avanti, con professionalità e serietà. Presumibilmente, ora, è alle Olimpiadi 2016. Concreta e sincera, Federica Pellegrini racconta di sé e della sua vita professionale guardando alla quotidianità. Anche se molto impegnata con gli allenamenti Federica ha voluto lo stesso rispondere a qualche domanda. 92


Tra le altre cose, le è stato chiesto come è nata in lei la forte passione per questo sport. Federica ci ha anche raccontato un aneddoto su come si è avvicinata al nuoto. “Ho iniziato a fare nuoto da piccolissima. È stata mia madre a portarmi la prima volta in piscina da bambina. Da subito è nato un rapporto speciale, direi viscerale con l’acqua, tanto da farmela sentire come un habitat naturale. Amo, infatti, definirmi una creatura d’acqua dolce. Da adolescente le prime importanti vittorie e, un aneddoto che ricordo con piacere, è il giorno che ho fatto il mio primo tattoo grazie a una scommessa vinta con mio padre. Ho vinto la gara e lui è stato costretto a darmi il permesso di tatuarmi!”, ricorda la campionessa. Allontanarsi da casa e dal proprio territorio per raggiungere i propri obiettivi al meglio senz’altro non deve essere facile, soprattutto quando si è ancora molto giovani. Come ha vissuto il distacco Federica? “Nella prima fase della mia carriera, lasciare casa per spostarmi a Milano con il mio allenatore è stato un trauma che mi ha fatto vivere momenti davvero difficili. Ora posso dire che a Verona ho trovato l’equilibrio perfetto e non sono lontana da Spinea (Venezia), dove la mia famiglia vive”, rivela con sincerità. Federica Pellegrini ha un grande pregio e onore: è riuscita a portare nel gotha del nuoto internazionale l’Italia. Lei, tra pochi nel mondo del nuoto, ha infranto primati in più di una specialità. Eppure, non solo i suoi successi sportivi ma anche la sua bellezza e il suo charme l’hanno portata negli anni ad essere anche testimonial di importanti campagne pubblicitarie e a finire sulle copertine di molti magazine: una vera e propria icona di stile. “Si, però mi sento sempre Federica, una ragazza di 25 anni che ama vivere e togliersi qualche bella soddisfazione in acqua. Adoro la moda e mi piace sperimentare stili diversi e conoscere nuove tendenze. Sul mio profilo social Twitter, @mafaldina88, seguo e sono seguita anche da fashion blogger”. Importante, nell’era delle tecnologia, capire quanto l’innovazione ha cambiato gli sport, contribuendo a migliorare le prestazioni. Anche per Federica è stato così, ma in parte perché la componente umana viene sempre prima di tutto: “Rispetto l’innovazione tecnologica applicata ai prodotti, ma credo che il segreto stia solo nella costanza e tenacia di anni di allenamento ad altissimi livelli”, ammette. Anche se una tecnologia la tiene sempre a portata di... bracciata! Infatti, lei che adora la musica si allena in vasca con un mp3 acquatico, “Sì, adoro la musica e la ascolto in tutte le situazioni. Cambio spesso, a seconda dell’umore. Mi piace la musica italiana e il mio cantante preferito resta sempre Lucio Battisti anche se, negli ultimi periodi, ascolto molto volentieri Emma”. Un grosso in bocca al lupo a Federica Pellegrini perché continui a vincere e a esportare i colori nazionali in tutto il mondo!

percorsi

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FEDERICA PELLEGRINI Federica Pellegrini, nata a Mirano, classe ’88 è la prima donna italiana ad aver vinto una medaglia d’oro nel nuoto ai Giochi olimpico, a Pechino 2008 nei 200 m stile libero. In carriera ha vinto anche quattro titoli mondiali nei 200 e 400 m stile libero. Dall’agosto 2008 è detentrice del primato mondiale in vasca lunga dei 200 metri stile libero e, dal giugno 2009, dei 400 metri stile libero. Infatti, durante i Campionati mondiali di nuoto 2009 a Roma, Federica Pellegrini diventa la prima donna al mondo a scendere sotto i 4 minuti nei 400 m stile libero con il tempo di 3.59.15. Nella stessa competizione vince la finale dei 200 m stile libero fermando il cronometro a 1.52.98. Federica inizia a nuotare nel 1995 e, dopo i primi successi conseguiti sotto la guida di Max Di Mito alla Serenissima Nuoto di Mestre, passa alla DDS di Settimo Milanese, trasferendosi da Spinea (VE), dove era cresciuta e dove vive ancora la sua famiglia, a Milano. Da allora ottiene numerosi successi, ottenuti con grande tenacia e fermezza, cambiando diversi allenatori. Dopo i Giochi Olimpici di Londra 2012 Federica Pellegrini, infine, ha deciso di tornare con il tecnico francese Philippe Lucas che l’aveva portata a Shanghai 2011, a vincere nuovamente il titolo mondiale nei 200 e 400 stile libero. La nuova collaborazione è stata voluta dall’atleta per la preparazione ai Giochi Olimpici di Rio 2016. Dopo alcuni mesi allenata da Philippe Lucas, partecipa al Trofeo città di Milano 2013, durante il quale si cimenta nei 100 e 200 dorso. Nei 200 dorso, distanza che affronta per la prima volta, riesce a vincere in 2’10’99. Poche settimane dopo partecipa ai Campionati italiani assoluti primaverili durante i quali, oltre a vincere il titolo nei 200 m stile libero, riesce ad aggiudicarsi il titolo nei 100 dorso migliorando il proprio personale di oltre 1 secondo. Nei 200 dorso vince in 2”08’05. Ai mondiali di Barcellona 2013 partecipa ai 200 stile libero, nonostante alla vigilia avesse detto di voler puntare solo sul dorso e sulle staffette: Federica si mostra competitiva sin dalle batterie, accede alla finale con il miglior tempo (1.55.78) e il giorno dopo porta a casa un argento inaspettato, arrivando seconda dietro la favorita Missy Franklin. Mentre ai campionati europei in vasca corta di Herning, durante il quale partecipa alla gara dei 200 m stile libero e dei 400 m stile libero. Nella prima gara torna al successo dopo quattro anni in questa manifestazione, con un tempo di 1’52”80, che rappresenta il suo miglior tempo nuotato in tessuto e il quarto in assoluto.

Sito web ufficiale: www.federicapellegrini.com 94


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L’acqua di mare & l’erba voglio La cucina a modo mio: cucina trendy, facile o un po’ elaborata, ma alla portata di tutti e di tutte le situazioni. di Luisa Giacomini cuoca per passione luisagiacomini.com

C’era una volta: il gusto del caffè l’abbinamento dolce amaro C’era una volta... il caffè, calda e deliziosa bevanda per la colazione o per accompagnare una merenda, rito di consuetudine nella degustazione di fine pasto. Una piacevole pausa al bar, in pasticceria o come aromatizzante di creme, gelati, liquori, dolci e biscotti. Il tipico aroma del caffè era legato al mondo delle proposte dolci. In questi ultimi anni il caffè è entrato benvenuto in cucina, tante e creative le proposte degli chef dagli antipasti ai primi piatti, ai

secondi di carne e di pesce. Il mondo del salato va a braccetto con il gusto del caffè e l’accoppiata è davvero intrigante e vincente. La ricetta che vi propongo è un po’ laboriosa ma facile da fare, è l’ideale per il periodo invernale. Ha un approccio al palato importante e particolare, molto piacevole l’abbinamento dolce amaro delle guancette e del caffè con un delicato profumo alla cannella.

Il mondo del caffè: curiosità e tendenze 900 - 1000 d.C. Presso i popoli arabi musulmani il caffè era bevuto a scopo curativo, alcuni documenti risalenti testimoniano l’uso di questa calda bevanda. Il caffè era considerato un eccellente stimolante delle facoltà intellettive e di doti come il coraggio, nemico del sonno e un buon afrodisiaco.

1640 In Europa, a Venezia, apre la prima bottega del caffè. 96

1683 Durante la ritirata dell’assedio di Vienna gli Ottomani abbandonarono sacchi di caffè sul campo di battaglia. I Viennesi seppero farne buon uso, la leggenda dice che furono i primi inventori del caffelatte addolcito con miele.

1971 Apre a Londra la la famosissima catena di Franchising di ristoranti con negozio di abbigliamento annesso: Hard Rock Cafe. A Seattle (USA), si inaugura la prima realtà di Starbucks.

1750 Sempre a Venezia “la bottega del caffè” è una delle più importanti commedie di Carlo Goldoni, all’interno della quale si sviluppa un intermezzo dallo stesso titolo.

2003 La comicità come tema attorno al distributore automatico del caffè. Camera cafè, la sitcom, viene trasmessa in quell’anno.

1983 Starbucks si presenta a livello internazionale con l’immagine ad ispirazione della tipica caffetteria italiana.


Ingredienti

x 4/6 persone

Guancette di vitello • 5 guance di vitello • 5 cucchiai di zucchero di canna • 3 caffè ristretti • 2 l di vino rosso • 80 g di burro • 2 coste di sedano con alcune foglie verde scuro • 2 scalogni • 2 carote • 1 trancetto di porro • 1 sacchettino aromatico composto: ampia garza di cotone con all’interno 30 chicchi di caffè - 10 grani di pepe nero - 2 foglie di alloro - 1 spicchio di aglio schiacciato - 1 rametto piccolo di rosmarino. Chiudere bene la garza con del filo per non far fuoriuscire gli aromi. • Olio EVO qb.

G vite uanc e d i llo al tte d i caf fè, ristre tto zu di pur cann ccher o ea a e al d pro elica f can umo ta di nel la

Purea di patate • 5 patate medie pasta bianca (meglio vecchie che novelle) • 60 g di burro • 150/ 180 ml di latte intero, circa ½ bicchiere o poco più • cannella in polvere o triturata al mortaio • sale e pepe nero a mulinello • un passino a trama fine

cucina

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Vino da abbinare: Chianti. Consiglio di procedere alla degustazione con il vino usato per la marinatura. Per questa ricetta ho usato un Chianti perché è un vino asciutto, caldo, vellutato e morbido, sopratutto equilibrato e di buona struttura che bene si adatta all’aroma tipico e amaro del caffè.

esecuzione Guancette di vitello • Il giorno prima pulire dai legamenti (parature) le guance, se sono grandi dividerle in due metà. Eseguire una marinata a freddo: pulire le verdure e tagliarle a rondelle, porle in una terrina capace con le guancette e con il sacchettino aromatico, lo zucchero di canna ed infine il vino rosso. Mettere il tutto ben coperto al fresco per un giorno e una notte. • Sgocciolare le guance e le verdure, tenere da parte il vino di marinatura. In una casseruola far sciogliere il burro, rosolare la carne, aggiungere le verdure e il sacchettino aromatico, a fiamma moderata, farle insaporire per circa 10 minuti. Versare la marinata a coprire il tutto e far riprendere il bollore a fiamma vivace. Cuocere per circa 2 ore e mezza a fiamma bassa. Controllare di tanto in tanto, eventualmente rabboccare con un po’ di vino. • A cottura ultimata e il sugo ridotto, togliere le guance e metterle da parte, eliminare il sacchettino. Filtrare il sugo in una pentolina con un passino capace premendo sulle verdure, senza passare la purea delle stesse attraverso le maglie. Unire i caffè e porre

al fuoco molto basso, far ridurre fino ad ottenere uno sciroppo leggermente denso. Purea di patate • Lessare le patate con la buccia. In una casseruola mettere il burro a freddo e a tocchetti. Sbucciare le patate e passarle a caldo con lo schiacciapatate sopra al burro. • A fiamma molto vivace con un mestolo rimestare velocemente, unire il latte poco latte freddo e continuare a montare la purea, aggiungere un pizzico di sale e poco latte di volta in volta fino alla consistenza corposa e spumosa. A piacere, appena tiepido inserirlo in una sac a poche con bocchetta larga rigata.

presentazione Impiattare le guancette scaloppate, nappare con la salsa al caffè. Cospargere il piatto con poco zucchero di canna. A lato formare una rosetta di purea e spargendogli sopra poca cannella in polvere attraverso il passino fine. Decorare con chicchi di caffè, un ciuffetto di rosmarino e una piccola stecca di cannella. 97



L’albero delle farfalle Per un giardino aziendale davvero scenografico! CARLA SBICEGO

ufficioverde STILE LIBERO

redazione@logyn.it

Si chiama Buddleja Davidii ed ha la caratteristica di attirare le farfalle con i suoi profumi: se piantata assieme al finocchio selvatico, le cui foglie costituiscono un ottimo nutrimento per alcuni bruchi, diventa l’ideale per un giardino aziendale dai colori brillanti. Qualche anno fa è nata nel mio giardino, non so da dove sia arrivata trovandomi nel Nord Italia, una piantina di finocchio selvatico. L’ho lasciata crescere ed è diventata alta più di due metri, ogni inverno la parte aerea della pianta si secca e torna a germogliare a primavera. Inizialmente l’ho apprezzata perché non richiede nessuna cura, a parte reciderla alla base a novembre, ma anche perché è un buon ingrediente per la pasta con le sarde, e poi perché si presta come gradevole aggiunta ai fiori recisi, per il colore verde chiaro delle soffici foglie e per i fiori gialli a ombrellino. Dopo un po’ ho cominciato a vedere del movimento tra i fusti. Farfalline, api, coccinelle ma soprattutto un grande bruco verde brillante a puntini arancio e neri. Ho voluto verificare cosa ospitavo nel mio giardino e ho scoperto che era il bruco del macaone, bellissima farfalla che arriva a 8 cm. di apertura alare. Ho approfondito l’argomento farfalle e ho scoperto che ci sono piante che in modo particolare le attirano. Una di queste è la Buddleia (Buddleja Davidii), anche detta albero delle farfalle. È un bel cespuglio (anche se può raggiungere una discreta altezza) con il tronco di base fessurato, foglie lanceolate ma soprattutto bellissimi fiori a grappolo, che vanno dal bianco al viola con un delicato profumo di vaniglia e miele. Di origine cinese, venne introdotta in Europa alla fine del XIX secolo, si è rapidamente acclimatata resistendo bene al freddo e adattandosi anche troppo facilmente a tutti i terreni.

solamente una rigorosa potatura sia di contenimento sia per facilitare la fioritura l’anno dopo. Con queste caratteristiche si presta ad essere piantata nei giardini delle zone industriali con buone probabilità di sopravvivenza. Possiamo farne una siepe informale, o meglio ancora arredare un angolo soleggiato, magari riparata a nord da una siepe di sempreverdi. L’effetto scenografico estivo è garantito. Questa pianta attira le farfalle per la profumata e prolungata e fioritura, però la sua foglia non va bene come nutrimento per i bruchi. Ho così chiuso il cerchio: ho piantato la Buddleja vicino al mio finocchio selvatico. Devo però stare attenta a sradicare le nuove piantine quando diventano invadenti e a tagliare i fiori quando sono appassiti, agevolando così i nuovi ma anche limitando la produzione di semi.

Buddleja Davidii

Non necessita di molte annaffiature, bensì saltuariamente nei mesi caldi preferisce posizioni luminose e a fine inverno richiede 99


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N. 05 - Febbraio 2014 pubblicazione bimestrale Registrazione Tribunale di Treviso n. 201 del 09/11/2012 ROC n. 22990/2012 direttore responsabile Leonardo Canal coordinamento editoriale Eleonora Biral responsabile organizzativa Giovanna Bellifemine hanno collaborato Gian Nello Piccoli, Stefano Moriggi, Stefano Biral, Attilio Cuccato, Alberto Tronchin, Riccardo Girotto, Elena Gioco, Ruggero Paolo Ortica, Lucia Bressan, Andrea Manuel, Luciano Salvadori, Carla Sbicego, Luisa Giacomini, Sue Maurizio. realizzazione grafica Franco Brunello segreteria e sede operativa Via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711, fax 0422.928759 redazione@logyn.it editore Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV) redazione@logyn.it per la pubblicità e per i numeri arretrati Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711 redazione@logyn.it stampa Trevisostampa Srl Via Edison 133, 31020 Villorba (TV) telefono 0422.440200 info@trevisostampa.it Nell’eventualità in cui immagini di proprietà di terzi siano state qui riprodotte, l’Editore ne risponde agli aventi diritto che si rendano reperibili. Porrà inoltre rimedio, su segnalazione, a eventuali involontari errori e/o omissioni nei riferimenti.


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