String Quarter no.2 Pino Musi & FLUX Quartet
Border Soundscapes è un libro di Pino Musi, pubblicato nel 2019 da Artphilein, che raccoglie una serie di trenta fotografie nate dall’esigenza di restituire in immagine la dimensione ipnotica e trascendentale che nel 1983 Morton Feldman aveva costruito con String Quarter no. 2 pubblicato dalla God Records solo nel 2008. Il capolavoro del compositore sperimentale statunitense rappresenta una sfida anzitutto per chi lo esegue: richiede un'incredibile resistenza fisica oltre che un’indiscussa ingegnosità tecnica. La durata di quasi sei ore è senza dubbio un grande ostacolo come lo è l’atto di suonare in modo così silenzioso. Richiede molta più energia fisica fare meno, che più.
Questo è ciò che guida Pino Musi nella ricerca dei paesaggi sonori che realizza all’estrema periferia della città, luogo di sonorità mute, in cui le cellule abitative si mescolano con gli svincoli autostradali. Realizza immagini in cui è impossibile collocarsi, in cui si rimane inevitabilmente sulla soglia, sul limite di uno spazio di fruizione che non è né accogliente né confortante, che porta a mettere in discussione il soggetto della visione. I flussi musicali del brano di Feldman cortocircuitano con i flussi visivi delle immagini di Musi la cui sfida sta nel riportare le sonorità sorde di String Quarter no. 2, dove i bianchi, così come le pause in musica, valgono più dei toni.
Il FLUX Quartet, fondato dal violinista Tom Chiu alla fine degli anni ’90, è uno dei più impavidi e importanti gruppi di nuova musica in circolazione. Fortemente influenzato dalla filosofia dell’ "anything-goes" del movimento artistico Fluxus, il quartetto ha coltivato un repertorio intransigente che combina iconoclasti della fine del XX secolo come Cage, Nancarrow, Scelsi e Ligeti con i visionari di oggi, tra cui Oliver Lake, Michael Hersch e David First. La loro versione di String Quarter no. 2 di Morton Feldman è l’unica ad essere mai stata registrata; l’unica eseguita nei templi contemporanei dell’arte: l’esempio più celebre è la performance del 4 dicembre 2016 tenutasi alla Tate Modern di Londra. Lo spirito di espandere i confini stilistici è un marchio di fabbrica del FLUX Quartet, che persegue avidamente progetti interdisciplinari, dando vita a nuove acclamate opere: dalle coreografie di Pam Tanowitz e Christopher Wheeldon, all'avanguardia di Judy Dunaway, dal collettivo digitale The OpenEnded Group all’artista visivo Matthew Barney.
La mostra String Quarter no.2 restituisce le due interpretazioni dell’omonima opera di Morton Feldman in un progetto interdisciplinare: le trenta fotografie che Pino Musi ha raccolto in Border Soundscapes saranno messe in dialogo con la musica ipnotica di Feldman eseguita in situ dal FLUX Quartet. La mostra si propone dunque come il luogo in cui il visibile e l’udibile si sfiorano; l’eterotropia in cui ci si lascia alle spalle ogni tipo di divisione per raggiungere un universo ideale in cui fotografia e musica comunicano attraverso lo stesso linguaggio.
Il rooftop del Lingotto di Torino diventa incarnazione di tale dimensione, al centro dell’unica pista automobilistica al quinto piano di un palazzo, trasformato e ristrutturato nel 1985 da Renzo Piano, dal 2002 sede della Pinacoteca Agnelli. Se le fotografie di Pino Musi sfidano lo spettatore a porsi sul confine, sulla soglia di uno spazio imprevedibile, al limite tra visibile e invisibile, la Pinacoteca Agnelli restituisce le medesime impressioni grazie alla sensazione di sospensione data dall’insolita architettura.
Al contempo, si offre come l’inconsueto palcoscenico sul quale il FLUX Quartet eseguirà String Quarter no.2 nella sua interezza; la stenuante performance verrà ripresa dall’apparecchio di Pino Musi e riproposta all’interno del percorso espositivo impregnando le immagini del suo magnetismo.
Questo dovrà offrire un’atmosfera eccessivamente intima, luminosa, asettica, algida e fragile. La neutralità della mostra farà sì che la Fotografia si metta in discussione, si reinventi e conduca lo spettatore a reinventarsi; crei equivoci; evochi sentimenti inattesi. Lo sconfinamento è il punto di partenza, il metodo e l’obbiettivo di String Quarter no. 2: contrasto, sfida e limite sono le stelle polari. Il lavoro sulla trasposizione uditiva iniziato dal fotografo con Facecity nel 2012, proseguito con Border Soundscapes nel 2019, si animerà ora in una situazione sperimentale e concettuale di respiro internazionale. Una mostra rigorosa e impegnativa ma allo stesso tempo aperta a qualsivoglia interpretazione, comprensibile non a livelli, ma universalmente in modo privato e viscerale.