Lostruscio 15 luglio 2014

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Briganti,

gli eroi dimenticati

10 giugno 2014

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Contadini nullatenenti ridotti alla fame da una miseria antica ed ex soldati borbonici i protagonisti di una vera e propria rivolta sociale, ricordati dalla storia come delinquenti oggi meritano di essere ricordati per il loro sacrificio

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I Monti dei Briganti

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Cronache dai Monti Dauni #assoltoilsindacodiAscoli #Sp99_sosdiDeLeonardis

Ad Ascoli Arriva la Festa del grano

N. 5 del 14 luglio 2014 Quindicinale d’informazione per giovani sull’intrattenimento e tempo libero dei monti dauni e della provincia di Foggia

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Opportunità

A Candela nasce un call center che darà occupazione a 60 giovani

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Ultima fermata fa scalo a Taormina

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I Briganti hanno seganto la storia del territorio dei Monti Dauni. Ora però c’è la consapevolezza che il loro operato non era solo frutto di azioni criminose ma di una voglia di libertà che ancora non c’è.


di Rosario Brescia

Briganti di casa nostrail

loro sì che volevano cambiare la storia

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iuseppe Schiavone e Vito Rendina di Sant’Agata di Puglia, Antonio Petrozzi di Ascoli Satriano e Giuseppe Petrella di Deliceto, Pasquale Magnatta di Bovino, Rocco Marcello e Pietro Capuano di Anzano: tutte persone che probabilmente non avrebbero avuto nulla in comune tra loro se non fosse stato per il fatto che, all’indomani dell’unità d’Italia, scelsero di darsi alla macchia e farsi briganti. Uomini che si trovarono a vivere male in una terra ricca solo di miseria dove, per sognare un futuro migliore si moriva fucilati, spesso anche senza uno straccio di processo. Il fenomeno del brigantaggio post-unitario

e reazionario rappresentò nel Meridione d’Italia un evento particolarmente vasto e dai diversi aspetti che si oppose ad una “unificazione” sostenuta dai Piemontesi con armi e leggi inique che continuarono a privilegiare le classi agiate, anziché promuovere riforme rispettose del popolo. Le nostre zone rimasero tristemente famose per la presenza di briganti e per la frequenza delle loro aggressioni, che molto spesso si consumavano in quel difficile passaggio rimasto tristemente noto come il “Vallo di Bovino”. Infatti, in quel pericoloso transito, lungo il passaggio della strada che da Benevento portava alla piana foggiana, orde


contro fucili e baionette. L’esercito PiemonteGiuseppe Schiavone se per quasi cinque anni si trovò a frontege Vito Rendina di giare “l’esercito dei cafoni”, bande armate caSant’Agata di Puglia, peggiate da ex soldati borbonici e favorite da contadini nullatenenti ridotti alla fame dalla Antonio Petrozzi di Ascoli miseria. Satriano e Giuseppe Non mancarono tra loro le donne, pronte a Petrella di Deliceto, combattere e difendere anche con i denti i Pasquale Magnatta loro uomini nascosti sui monti, tra i boschi. di Bovino, Rocco Marcello, DI Pietro Capuano di Anzano, BRIGANTI CASA NOSTRA e Raffaele Albanese Nella sola Capitanata furono censiti oltre 1500 briganti. Tra questi, rimasto famoso per di Rocchetta eroi della le sue notevoli imprese, il capobrigante Giunostra terra passati alla Schiavone, di Sant’Agata di Puglia. Destoria solo come delinquenti seppe scritto in diversi testi sul brigantaggio come

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uomo di spericolato coraggio, la sua baldanza lo portò presto al comando di una delle bande di quell’ “esercito” che, comandato da Carmine Crocco, il “Generale” dei briganti, nell’aprile del 1861 marciò su Melfi, Ripacandida, Venosa e altri paesi del Vulture, issando nuovamente la bandiera borbonica. Schiavone morì fucilato in Melfi nel novembre del 1864 con alcuni fidati uomini della sua banda: Giuseppe Petrella di Deliceto, Rocco Marcello e Pietro Capuano di Anzano e Vito Rendina, anche lui santagatese. Poco prima di morire sotto il fuoco delle fucilate, Giuseppe Schiavone urlò alla gente accorsa ad assistere al fatto: “Popolo, tu solo puoi ancora salvarmi, per te ho sempre combattuto”. Ma non fu solo Sant’Agata di Puglia a dare il suo contributo al brigantaggio post- unitario. Molti altri paesi del Subappennino Dauno, come riferisce l’apprezzata ricercatrice stori-

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di masnadieri assaltavano viaggiatori e commercianti i quali, spesso, prima di mettersi in viaggio erano costretti a lasciare testamento. Disperato e ancora maltrattato, certo è che il Sud non riusciva a cogliere la logica dell’Unità d’Italia. Anche perché le misere condizioni di un popolo affamato non mutarono, ma per certi versi, peggiorarono. La forza delle armi infine prevalse sulle ragioni del miglioramento, e un esercito bene armato scese dal Nord per far valere il nuovo ordine Sabaudo, che si sostituì a quello Borbonico. La politica repressiva piemontese a distanza di alcuni anni si rivelò efficace per debellare il brigantaggio meridionale che, però, era solamente il sintomo di un vasto e profondo malessere. Molti braccianti si fecero briganti, sperando di ottenere un minimo di riscatto da ingiustizie e dalla squallida miseria che li opprimevano. Ma rabbia e disperazione poco fanno

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Brigantaggio: vera e propria rivolta sociale, espressione esasperata del malessere delle classi contadine che infiammò anche il Subappennino Dauno all’indomani dell’Unità d’Italia

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ca Dora Donofrio Del Vecchio:” Tutti i paesi del Subappennino diedero il loro contributo al brigantaggio post-unitario: Alberona 25 briganti, Anzano 7, Ascoli 17, Bovino 16, Candela 16, Casalnuovo 26, Casalvecchio 27, Castelnuovo 29, Accadia 7, Sant’Agata di Puglia 12, Celle 3, S. Paolo 38, Deliceto 11, Monteleone 4, Motta 6, Panni 11, Volturara 19, Volturino 26, Celenza 27. Questi dati vengono dalle cifre ufficiali, ma dalle deposizioni dei testimoni nei processi contro il brigantaggio e da altra documentazione custodita ne-

gli archivi, particolarmente in quello di Stato di Foggia e di Lucera, sappiamo che i briganti furono molti di più, e che molti “civili” e benestanti furono coinvolti in ruberie e vessazioni. - ed aggiunge - Fu una lotta sociale e politica quella tra briganti e forze dell’ordine basata sulla violenza, una lotta contro lo Stato e nello Stato tra diverse classi sociali accesa dall’odio contro proprietari e possidenti, ritenuti colpevoli della miseria delle masse contadine, dalla prepotenza e dallo strapotere di liberali e galantuomini. La repressione durissima, che aveva violato ogni forma di legalità, e lo stato d’assedio instaurato nelle regioni meridionali dal governo sabaudo sortirono lo scopo. Si acuì la frattura fra Nord e Sud del Paese proprio quando si dovevano gettare le


basi per una convivenza pacifica, frattura che segnò in maniera decisiva la storia del Regno d’Italia ed il destino del Meridione”.

MERIDIONALI: O BRIGANTI O EMIGRANTI

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Ma chi furono veramente i briganti? Legittimisti oppositori che non vollero piegarsi alle regole di un nuovo stato venuto con le armi e da lontano, o più semplicemente malfattori, banditi, come spesso riportato dalla storiografia ufficiale? Se di legittima ribellione e opposizione si trattò, noi ci auguriamo che un giorno o l’atro sarà la storia a decretarlo definitivamente. Magari attraverso una più degna attenzione alla memoria dei vinti. Quei vinti che, definiti sommariamente “briganti”, meritano se non altro un’attenta revisione dei fatti e dei tempi che li videro molto spesso, sia pure in maniera agguerrita, disperati inseguitori di una vita più dignitosa. Una dignità che non solo non trovarono loro, ma che non ottennero neppure i loro figli e i figli dei loro figli. Molti di loro, infatti, videro mutare la loro condizione solo perché

da briganti divennero emigranti. Secondo alcuni dati dell’epoca, infatti, solo intorno al 1876 lasciarono i loro paesi per emigrare oltre 230.000 meridionali. L’America prima, poi l’Europa ed infine il Nord dell’Italia si trasformarono nel sogno di quanti andarono a cercare altrove la dignità che nella loro terra d’origine gli era stata negata. O rubata. Scrive il giornalista Pino Aprile nel suo ottimo libro “Terroni”: “L’impoverimento del Meridione per arricchire il Nord non fu la conseguenza, ma la ragione dell’Unità d’Italia. La ragione dei pratici; quella dei romantici era un’ideale. Vinsero entrambi”. A perdere, invece, furono i sogni di riscatto della gente del Sud, oppressa, vessata e calpestata alla quale, per dirla con il grande Francesco Nitti, non rimaneva spesso che un’unica, disperata alternativa: o briganti o emigranti.

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Con una significativa manifestazione pubblica, il Sindaco cancella una via intitolata a Nino Bixio e la dedica alle vittime di un paese beneventano, Pontelandolfo, saccheggiato e distrutto all’indomani dell’unità d’Italia.

...E Biccari “caccia” i piemontesi dalle strade cittadine

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di Rosario Brescia

“Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines in Iraq. Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, …Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali.”. Così l’ottimo scrittore e giornalista Pino Arile nel suo splendido libro “Terroni” spalanca le porte a tante verità

taciute sulla storia di un Sud martoriato e saccheggiato in nome di una supposta e imposta unità. Un libro, “Terroni” che dovrebbe essere adottato come testo di storia nelle scuole, al posto di quei tomi dove la didattica scolastica ancora ossequia personaggi che fecero dei paesi del Sud terra di conquista, massacrando spesso miseri e sventurati contadini. I primi riveriti e onorati ancora oggi dalla toponomastica dei paesi, i secondi, vittime estromesse dalla storia e marchia-


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nel sonno. E fu una carneficina. I militari misero letteralmente a ferro e fuoco l’intera cittadina; le case vennero bruciate e la gente, man mano che scappava, venne fatta oggetto di fredde uccisione. Così uno di quei bersaglieri, tale Carlo Margolfo, riportò i fatti nel suo diario: « Al mattino del giorno 14 (agosto) riceviamo l’ordine superiore di entrare a Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno le donne e gli infermi (ma molte donne perirono) ed incendiarlo. Entrammo nel paese, subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava; indi il soldato saccheggiava, ed infine ne abbiamo dato l’incendio al paese. Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli cui la sorte era di morire abbrustoliti o sotto le rovine delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi…”. Ancora mancano le cifre ufficiali delle vittime di quella strage. Ma si parla di una quantità enorme di morti. Il 14 agosto 2011, in occasione della celebrazioni del 150° anniversario di quell’eccidio, l’ex premier Giuliano Amato presenziò alla cerimonia commemorativa, a Pontelandolfo, su delega del Capo dello Stato Napolitano, e in nome della Repubblica Italiana chiese pubblicamente scusa per quelle

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ti con l’infamante appellativo di “briganti”. Il dibattito sulla “questione meridionale” in verità è sempre stato intenso e serio e coinvolge da sempre studiosi e appassionati in un confronto che nel tempo ha favorito verifiche e rettifiche, incontri e disaccordi. Oggi, grazie soprattutto alla rete internet che tanto fa in termini di comunicazione, al racconto del liberatore savoiardo venuto a riscattare le nostre terre, in tanti hanno potuto sostituire quello di un Sud occupato e spogliato di ricchezze e dignità. Un Sud che dovette pagare un prezzo altissimo “all’unità” anche in termini di sacrifici umani. Furono milioni, infatti, coloro che per sopravvivere dovettero ricorrere all’emigrazione, quasi sconosciuta prima dell’arrivo dei Savoia. Come migliaia furono i morti tra le popolazioni civili, con paesi messi a ferro e fuoco e, a volte, addirittura rasi al suolo. Come Pontelandolfo, cittadina in provincia di Benevento che la notte del 14 agosto del 1861 fu messa a ferro e fuoco da uno squadrone di oltre 400 bersaglieri dopo che, alcuni giorni prima, un gruppo di soldati al comando del tenente livornese Cesare Bracci furono uccisi dai briganti della banda Giordano. Non appena informato dell’accaduto, il generale Cialdini, comandante delle truppe italiane, ordinò una rappresaglia. All’alba del 14 agosto i bersaglieri, con al comando un ufficiale di Vicenza, tale colonnello Negri, raggiunsero Pontelandolfo. La popolazione venne sorpresa

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vittime innocenti. Oggi, a distanza di alcuni anni da quella necessaria, giusta e dovuta cerimonia, in un paese della provincia di Foggia, Biccari, un’altra bella e inaspettata iniziativa ha ricordato quella gente inerme uccisa dai “fratelli d’Italia”. E lo ha fatto in maniera straordinariamente significativa. A compiere direttamente questo atto di grande valore culturale e umano, e da un punto di vista storico certamente innovatore, il Sindaco di Biccari, Gianfilippo Mignogna. Il 17 maggio scorso, infatti, il giovanissimo sindaco di Biccari ha eliminato una via intitolata a quel Nino Bixio che nell’agosto del 1860 fucilò i contadini a Bronte, in provincia di Catania, e l’ha sostituita con “Via Martiri di Pontelandolfo”. Una scelta, questa dell’Amministrazione Comunale di Biccari, che rappresenta un gesto apprezzabile per il necessario ripristino della memoria storica, e della dignità della gente del Sud. Significativa e meritevole, l’iniziativa di Biccari segue di qualche anno quella al-

trettanto singolare di Capo d’Orlando, in provincia di Messina, dove nel 2008 il sindaco Enzo Sindoni rimosse a martellate la targa di una piazza intitolata a Garibaldi. Se è vero, dunque, che la storia la scrivono i vincitori, quasi sempre a loro uso e consumo, la voglia di riscatto e il bisogno di verità qualche volta trovano la forza e il coraggio di riscriverla. In maniera giusta e legittima. Che non vuol dire mettere in dubbio l’unità nazionale, assolutamente. Significa semplicemente riportare i tasselli della storia nella loro giusta posizione, affinché più nessuno possa dire, come scrive Pino Aprile, di non sapere che: “…i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi…che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali…che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio…”. Pontelandolfo insegna. Biccari ricorda. Il Sud ringrazia.


I segreti del brigantaggio Aneddoti e leggende si trasformano in turismo a Rocchetta Sant’Antonio di Beppe Schiavone

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neficine. Lo stesso Carmine Crocco, leader indiscusso del movimento di insurrezione verso i Savoia, amava Rocchetta perchè legato da parte di madre, si tramanda infatti che uno dei genitori di Carmine Donatelli detto Crocco fosse di Rocchetta. Parentele a parte Crocco vedeva Rocchetta come la porta verso le Puglie e quindi un’importante via strategica da difendere e sfruttare. Proprio in questo contesto Rocchetta rischio più volte di essere distrutta dai Savoia perchè protagonista di fatti sanguinari ai danni dell’Unione d’Italia. In modo particolare Crocco aveva dei valorosi briganti a guardi del paese. Quattro briganti di quest’ultima banda, il 30enne Raffaele Albanese fu Michele, il coetaneo Angelantonio D’Elena di Simone, il giovane 24enne Donatantonio Peluna fu Nicola, e il giovanissimo 20nne Antonio Scorze, tutti rocchettani, cercarono di fermare l’esercito regio con la forza fino a doversi costituire volontariamente presso il capitano della guardia nazionale di Rocchetta S. Antonio, Tiadoro Gentile per non far cadere nelle mani dell’esercito altri amici e compagni di battaglia. Questi avevano formato una

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ei Monti Dauni Meridionali vi era una massiccia concentrazione di clan e organizzazioni che facevano capo ai briganti lucani. In modo particolare l’area che si sposta dal Vulture Melfese alla piana del Tavoliere era considerata crocevia di importanti traffici portati avanti dai briganti. Tra Candela, Rocchetta Sant’Antonio, Lacedonia, Accadia e Sant’Agata si concentravano una serie di postazioni e luoghi di comando da dove partivano le direttive per l’intero territorio. Anni di attività hanno lasciato al territorio importanti tracce che ora si stanno trasformando in un’appetibile proposta turistica. Rocchetta Sant’Antonio ha realizzato attraverso lo sportello di marketing territoriale rocchettaturismo.it un itinerario da poter offrire ai visitatori lungo le tracce del brigantaggio. Il tour parte dall’area sic dell’Ofanto nei pressi della stazione ferroviaria dove era posto il quartier generale del brigante Marciano, da lì il visitatore è invitato a spostarsi verso il paese passando per Fontana la Chianga, un termine dialettale che significa macelleria proprio perchè in questo punto avvenivano saccheggi e car-

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banda di sei individui che scorrazzava presso l’Ofanto. Si procurava da mangiare nelle masserie di Michele la Monaca senza togliere niente alla povera gente del paese. Se Rocchetta Sant’Antonio nell’800 non fu rasa al suolo dall’esercito regio dei Savoia lo si deve all’arciprete Francesco Piccolo, parroco del paese dal 1873 al 1907. I briganti avevano fatto di Rocchetta uno tra gli avamposti irpini maggiormente preferiti nella lotta all’esercito regio. E dopo che, nei pressi del paese, il 23 settembre 1863 8 sondati del 4° Reg. Granatieri, furono letteralmente scuoiati vivi dai briganti, il generale Pallavicini decise di passare il paese per le armi. L’arciprete di Rocchetta, appartenente alla famiglia più nobile e potente del paese (tuttora proprietaria del castello medioevale), riuscì ad incontrare ad Atella la moglie di Pallavicini, ospite dei prorpietari terrieri Saracino. Dalla La lapide consorte, il parroco riuscì a sapere che Pallavicini nutriva pietà solo per i bambini; e fu così che l’arciprete attese alla “Norcia”, a pochi chilometri da Rocchetta, il generale a capo dell’esercito vendicativo, opponendogli una schiera di bambini inginocchiati nella richiesta di clemenza. Un espediente che convinse il generale a desistere dalla rappresaglia, ma ad una sola condizione: tenere in ostaggio il fratello del parroco per ammazzarlo se, nel giro di qualche settimana, il paese non fosse stato liberato dai briganti. Don Francesco, ricorrendo a diversi espedienti, mobilitò la popolazione che cacciò i briganti, e Rocchetta fu salvata dalla vendetta di Pallavicini. Una cacciata soltanto di facciata visto che i rapporti tra popolazione il movimento continuarono ad esistere tanto da oltraggiare anche la memoria dei soldati morti Altare San Pasquale


nel paese nasce un tour tra altari, lapidi e masserie dove si nascondono le orme dei briganti sotto il peso degli incessanti colpi. La famiglia spaventata si accorse con sorpresa che ad entrare non erano dei briganti pronti da metter a ferro e a fuoco l’abitazione ma il fedele mulo con addosso tre bisacce cariche di Merenghe d’oro. Da qui partì la fortuna della famiglia che volle onorare quell’avvenimento con un altare e siccome il mulo si chiamava Pasquale vollero dedicare lo spazio sacro a San Pasquale. Il tour non finisce qui. Difatti nella zona vi sono diversi cunicoli e spelonche e masserie fortificate utilizzate dai briganti per nascondersi all’esercito regio, come quella di Montevaccaro tra Rocchetta e Lacedonia. La visita, che sarà calendarizzata dalla fine di luglio potrà essere effettuata lungo percorsi trekking, quadd o a cavallo.

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Casino di Montevaccaro

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senza darlo a vedere ai comandati dell’esercito Regio quasi sempre poco istruiti ed ignoranti. Ancora oggi la lapide che onora i caduti Savoia ha, poste sui lati, due fiaccole rivolte verso il basso che in un linguaggio esoterico indicano la dannazione eterna. Un modo nodo per protestare senza dover sottostare alle punizioni criminali sabaude. Oltre alla “lapide beffa”, conservata nella Chiesa Matrice del paese, il tour tra le tracce del brigantaggio trova altri elementi nel tempio principale di Rocchetta. Difatti al culmine della navata sinistra si erge l’altare dedicato a San Pasquale. La leggenda vuole che quell’obolo verso il Santo protettore delle donne è stato realizzato da Angelo Bortone, capostipite di una delle famiglie più facoltose del paese nella seconda metà dell’800. Tanta ricchezza sembra però arrivata ai Bortone dopo un episodio che ha dell’incredibile. Il piccolo nucleo famigliare, composto da padre madre e due figli maschi viveva in piena umiltà, garantendo un pezzo di pane sulla tavola grazie ad un piccolo appezzamento terriero e al mulo. Un giorno mentre tornavano dalla vicina Melfi dove avevano venduto alcuni frutti dell’orto alla consueta fiera, furono sorpresi dai briganti che dopo averli derubati minacciarono Bortone dicendogli di non far parola con nessuno della rapina altrimenti oltre alla mercanzia avrebbero perso anche la vita. Il povero contadino di ritorno a casa ammonì i familiari obbligandoli al silenzio. Dopo tre giorni in piena notte sentirono bussare con gran forza alla porta d’ingresso della piccola casa di campagna, temendo al ritorno dei briganti decisero di non aprire ma da lì a poco la porta cadde

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Un romanzo di Licia Giaquinto sull’amore nato a Sant’Agata di Puglia durante il brigantaggio

La briganta e lo sparviero

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ei primi giorni di settembre Sant’Agata di Puglia accoglierà la scrittrice irpina Licia Giaquinto. All’incontro, coordinato dal nostro giornalista Eosario Brescia, si presenta il libro “La briganta e lo sparviero”, Marsilio Editori, Venezia, 2014. Un tuffo nel passato di Sant’Agata e del suo territorio che arriva ad una mattina di novembre del 1841, dove una donna scava un fosso in un terreno cretoso di un paese dell’alta Irpinia, per dar vita ad una bambina. A salvare la neonata dal gelo e dalla follia di sua madre è Reginella, una giovane vicina di casa, che quella mattina la vede, per caso. La bambina si chiamerà Filomena, e nonostan-

te la miseria crescerà sana e forte e diventerà bellissima e strafottente. Nella primavera del 1862, in un bosco lungo il fiume Calaggio, il suo destino si intreccerà con quello del brigante Giuseppe Schiavone, detto lo Sparviero. Il loro amore sarà immediato, assoluto e disperato e li porterà a condividere una vita fatta di rapine, assassini e sequestri, mentre, inseguiti ovunque dall’esercito piemontese, percorreranno in lungo e in largo i territori montuosi dove si incontrano Basilicata, Campania e Puglia. In un meridione selvaggio e in lotta contro l’invasore, avvolto in un realismo magico che recupera le mitologie arcaiche e una tradizione fatta di riti e di durezza, le vicende di personaggi realmente esistiti sono filtrate da una scrittura evocativa e affascinante, tambureggiante come il cuore della terra che racconta Licia Giaquinto, con la sua lingua asciutta e al tempo stesso pregna dei colori e degli odori di una natura aspra eppure rigogliosa.


A tavola con i Briganti R

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brigante fucilato in Melfi nel 1864, il quale fu capo banda fin di 180 uomini dell’esercito del “Generale dei Briganti” Carmine Crocco, di Rionero in Vulture. La qualità dei prodotti proposti, tutti genuinamente locali, unitamente alla vasta gamma delle ottime birre offerte, fanno di questo locale un posto unico, dove al piacere di ritrovarsi si unisce il calore della Storia che, tra le antiche mura recuperate, fanno rivivere nella memoria degli ospiti le gesta dei briganti e i fatti che li videro protagonisti all’indomani dell’unità d’Italia. Una visita a questo locale è d’obbligo sia per gli appassionati di brigantaggio, sia per gli amanti delle cose buone e genuine. Parola di Brigante.

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ealizzato grazie al recupero di alcuni caratteristici ambienti, uno dei quali nel secolo scorso fu proprio una vecchia osteria, il Pub Il Brigante di Sant’Agata di Puglia conserva al suo interno anche un lato di muro che faceva parte dell’antica cinta muraria del paese. L’antico locale si ispira all’epopea del Brigantaggio e trova la sua singolare bellezza e unicità proprio nella fedele riproposta di una antica Taverna, covo e ritrovo di Briganti. Il calore del legno e la bellezza della pietra a vista fanno dei singoli ambienti luoghi ideali dove condividere il piacere di una buona birra scelta tra le tante proposte. La cura dei particolari e la bellezza degli arredi, tutti fedelmente ispirati alla seconda metà dell’ottocento, rendono confortevole, accogliente e unico questo caratteristico locale. Molto interessante, inoltre, sotto il profilo della storia e della memoria, si rivela la singolare riproposta della “ cella del brigante ”, un alloggio in cui la figura ad altezza naturale di un brigante veglia sugli originali oggetti che arredano e arricchiscono il posto. L’ambientazione ricorda proprio il santagatese Giuseppe Schiavone, noto capo-

SANT’AGATA nella città di Schiavone un a locanda a lui dedicata

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Dal nostro inviato Mirko Mastrogiacomo

Il treno di Ultima Fermata fa scalo a Taormina

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n lungo ed emozionatoi applauso ha siglato il successo al Taormina Film Fest di Ultima Fermata, l’opera prima di Giambattista Assanti, presente lo scorso 16 giugno nella stupenda cittadina sicula nell’ambito della sezione che vuol omaggiare la Signora del cinema Claudia Cardinale, protagonista del lungometraggio sulla Ferrovia

Avellino - Rocchetta Sant’Antonio. La critica accoglie positivamente il lavoro di Assanti considerandolo un film ad alto contenuto emotivo che lascia trasparire un sud carico di sentimenti e passione incorniciato in stupendi panorami e colori. Il film, per altro, è stato selezionato anche nel premio Carriddino d’oro – Agis Scuola. Geniale interpretazione del


Nella foto da sx Dainotti, Cardinale e Di Pinto. A lato da sx Tasini, Lionello e Assanti

Il film di Giambattista Assanti girato a Rocchetta e Cerignola approda al Taormina FilmFest ottenendo un grande successo

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Film Festival internazionale - ha commentato Giambattista Assanti sull’uscio della sala “A” del Pala Congressi - e credo che meglio di così questo film, in prima nazionale, non poteva partire. Il film ha un cast impreziosito dalla presenza della stupenda Claudia Cardinale. Ci troviamo davanti ad un film autentico e sincero - spiega il regista - che offre quello spunto narrativo che vuole mettere in evidenza il racconto della dismissione della tratta ferroviaria Avellino - Rocchetta, facendo trasparire la storia di questo ferroviere che continuava a fischiare in ritardo il treno degli emigranti nel corso degli anni per regalare loro qualche minuto in più per un commovente saluto». Dello stesso avviso Francesco Dainotti, produttore di Ultima Fermata «Ho creduto molto al progetto e alla passione visionaria di Assanti a tal punto da sposarlo a pieno- sottolinea Dainotti - condividendone anche la sceneggiatura. Ho creduto di poter

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maestro Nicola Di Pinto, che rappresenta la figura di un uomo del sud che nella quotidianità diventa un eroe per la comunità, grazie al suo modo riservato di cogliere i sentimenti altrui. Di grande impatto la figura di Rosa, straordinariamente interpretata da Claudia Cardinale. Un mix di sensazioni che riescono a trasparire dal grande schermo grazie all’amore che la Cardinale ha voluto dedicare a questo film. Ultima Fermata inoltre è riuscito a far emergere l’interessante interpretazione di un volto nuovo del cinema, Francesca Tasini, che assieme all’eccelente Luca Lionello e al bravo e credibile Sergio Assisi hanno permesso al film di avere quelle importanti sfumature che lo rendono così sospeso e intrigante. Non manca anche un momento di ilarità regalato dalla simpatia di Salvatore Misticone, capace di strappare un sorriso e nello stesso tempo creare il giusto assist per rendere più fluido il racconto. «Taormina è un

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fare un film diverso che parla dei centri più piccoli, dei così detti paesi minori, che sono minori solo demograficamete e che invece spesso sono maggiori nella bellezza dei paesaggi, nella capacità di’accoglienza e nei sentimenti, nella genuinità delle storie che si intersecano ogni giorno tra vite ancora capaci di esprimere quel sentimento italiano di

popoli del sud». A giocare un ruolo cruciale è proprio Rocchetta Sant’Antonio, il piccolo comune Dauno-Irpino che ha ospitato gran parte delle riprese e che ne esce fuori brillantemente con paesaggi mozzafiato e volti di altri tempi che hanno fatto da cornice all’eccezionale cast. Lo stesso Nicola Di Pinto nel parlare del film Ultima Fermata, ricorda

L’intera cittadinanza di Rocchetta nel cast del Film

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L’8 agosto nel piccolo comune dauno l’anteprima regionale con Nicola Di Pinto un Paese migliore». «Le immagini sono bellissime e la musica mi ha fatto molto emozionare - racconta a caldo Claudia Cardinale - devo dire che mi è piaciuto tanto. Ritorno a ricordare, guardando queste immagini, alla vita di mio padre, ferroviere in Tunisia ed al raccordo che lo lega ad Ultima Fermata e a questa strada ferrata che viene soppressa. La sceneggiature mi è piaciuta immediatamente fino a decidere di spossare il progetto di Giambattista e Francesco. Girare il film è stato ancor più bello grazie alla gente dei paesi dove si snoda la narrazione del film. Gente che mi ha regalato emozioni e tanta ospitalità con calore e simpatia tipica dei

con piacere quegli scorci e quei vicolo dove ha preso vita il film. «Rocchetta mi ha regalato tanto - spiega Di Pinto - e credo che la bellezza di Ultima Fermata sia legata alla stupefacente varietà di paesaggi del nostro sud. Penso sia un film che può piacere. A me è piaciuto moltissimo per le sue atmosfere suggestive che fanno da quinta ad attori bravi e capaci di rapire l’attenzione del pubblico». Proprio Nicola Di Pinto riceverà a Rocchetta Sant’Antonio il prossimo 8 agosto il premio alla carriere nell’ambito del festival “Officinema”. Durante la serata, in anteprima regionale, sarà proiettato il film alla presenza degli attori protagonisti.


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di Laura Capra

Nasce nell’incubatore di impresa di Candela un Call Center che darà occupazione ai centri del preAeppnnino Dauno Meridionale. Ladogana Media Center gestirà i servizi commerciali di Enel e Vodafone

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uove opportunità di lavoro per i giovani dei Monti Dauni. Nasce nell’incubatore d’impresa di Candela un Call center progettato e guidato da Ladogana Media Center di Ascoli Satriano. Un punto fondamentale a favore dell’occupazione giovanile in un angolo della provincia particolarmente messo a dura prova dal fallimento del titanico investimento dell’area industriale di Ascoli- Sant’Agata - Candela, che ad oggi vede pochissime realtà imprenditiriali ancora in piedi con centinaia di giovani senza un posto di lavoro. L’iniziativa imprenditoriale di far nascere un call center

a Candela è stata presa da Savino Ladogana, già noto nel mondo dell’immobiliare ed ora pronto a lanciarsi nel campo della comunicazione e consulenza. «Stiamo cercando con il call center di dare opportunità ai giovani del territorio e nello stesso tempo garantire professionalità alle aziende destinatarie dei nostri servizi - spiega Ladogana. La nostra idea imprenditoriale occuperà in una fase iniziale 60 giovani su tre turni per gestire commesse siglate con grandi aziende nazionali come Enel e Vodafone». La fase di startup è guidata dalla team leader Rita (NELLA FOTO IN BASSO) e vede una grande


Ladogana “chiama “ al lavoro i giovani dei Monti Dauni presenza femminile, sintomo di una realtà poco aperta al lavoro rosa. «Il call center cercherà di sopperire anche alla forte richiesta di lavoro che viene dal mondo femminile. Gli uomini - spiega Ladogana - hanno più opportunità di trovare lavoro, mentre questo territorio offre veramente poco alle donne che vogliono intraprendere una vita professionale. Il call center ci darà l’opportunità di garantire anche a loro un reddito e

Savino Ladogana

di farle sentire protagoniste di un progetto che ci vede uniti». I nuovi operatori saranno formati e indirizzati verso un percorso lavorativo meritocratico che darà l’opportunità di guadagnare in base anche ai risultati raggiunti. «Tutti avranno la possibilità di dare il meglio - spiega Ladogana - e premieremo chi riuscirà nell’intento. In un momento come questo, di forte recessione, è possibile stare a galla - conclude Ladogana - solo se si concepisce il lavoro con creatività ed intraprendenza. L’era dell’assistenzialismo è terminata da tempo e con quest’idea imprenditoriale vogliamo garantire al territorio non solo nuovi posti di lavoro ma anche una nuova mentalità di occupazionale.

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Ascoli, il giudice assolve il sindaco, gli amministratori e gli ex

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d Ascoli Satriano tutti assolti i consiglieri comunali della Giunta Rolla accusati di aver distratto i fondi della ricostruzione post terremoto ’80 utilizzandoli per la ristrutturazione del Convento di Santa Maria del Popolo di proprietà della diocesi di Cerignola Ascoli Satriano per trasformarlo nel polo museale. Ad essere giudicati, oltre all’ex sindaco Antonio Rolla, anche il sindaco attuale di Ascoli Satriano, Nino Danaro e alcuni dei consiglieri della precedente amministrazione ancora in carica nell’attuale. In Modo particoalre hanno sfilato davanti al giudice Biagio Gallo (attuale assessore alla Cultura), Pasquale Mastracchio (attuale assessore ai LL.PP. e urbanistica), Paolo Caggianiello , Giuseppe Balzano, Cosimo Gallo, Pasquale Spinetti, Antonio Cera, Mari Pia Venturo, Donato Ruscigno (capogruppo d’opposizione) e Gioacchino Casamassima come responsabile del terzo settore. Una eventuale sentenza negativa avrebbe portato il centro dauno al commissariamento. Il Presidente Protano della seconda sezione penale del Tribunale di Foggia h,a lo scorso 7 luglio, sentenziato che il fatto non sussiste permettendo al sindaco Danaro di continuare nella sua missione e agli altri amministratori o ex di chiudere una vicenda legale particolarmente pesante e deleteria. Il pubblico ministero La Ronga contestava ai consiglieri l’abuso d’ufficio (ex art. 323 codice penale) per aver distratto fondi del terremoto del 1980 in favore della curia vescovile di Cerignola Ascoli Satriano presieduta da Mons. Felice Di Molfetta e quindi arrecando alla curia un ingiusto vantaggio patrimoniale in presunta violazione della legge 32 del 92. La

difesa, guidata da Antonio Ciarambino (presidente dell’ordine degli avvocati dauni) e dagli avvocati Venuto, Ursitti, Traisci, Sisto ha dimostrato, nel corso delle arringhe, la piena estraneità ai fatti contestati conclamando in modo particolare che con le due delibere adottate dal consiglio comunale nel 2008 e nel 2009 non vi era stata alcuna violazione di legge, attesa la complessità dell’assetto normativo in materia, dimostrando anche il macroscopico difetto dell’elemento soggettivo del reato, e quindi del dolo, in quanto non c’era alcuna volontà del consiglio comunale di recare un ingiusto vantaggio al Vescovo ma c’era la precisa volontà di perseguire una finalità di carattere pubblico e precisamente il recupero del complesso monumentale di Santa Maria del Popolo adibito a polo museale. Questi argomenti sono stati accolti in pieno da collegio giudicante tanto da non trovar nessuna rilevanza penale e concedere la piena assoluzione. Quindi una assoluzione in formula piena che scongiura ripercussioni sulla vita amministrativa della città e che ribadisce la bontà di quell’azione a favore della cultura. Una sentenza che ricalca quado successo due anni fa a favore dell’allora sindaco di Ascoli, Antonio Rolla, assolto con giudizio abbreviato da parte del Gup.


cronache Dai Monti Dauni Ciclista investito Sp Rocchetta e abbandonato Candela, l’SOS È successo sulla SR1 di De Leonardis nel comune di Candela

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L’approfondimento delle cronache dai Monti Dauni puoi trovarlo su www.lostruscio.it

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È stato investito forse da un veicolo diretto al casello dell’A16, G.C.,un giovane ciclista di Candela. L’uomo transitava lo scorso 5 luglio sulla SR1 Pedesubappenninica all’altezza del chilometro 1, quando è stato travolto da un mezzo che dopo averlo scaraventato a terra è fuggito facendo perdere le sue tracce. Il ciclista è rimasto sull’asfalto per circa mezz’ora. Solo il sopraggiungere di un’automobilista di Candela ha impedito che il giovane fosse travolto da altri mezzi. La soccorritrice ha fermato l’auto di traverso per proteggere il corpo ed ha allertato il 118. Alcuni testimoni hanno segnalato la presenza di un automobilista fermo nei pressi del casello dell’a16 con il parabrezza dell’auto in frantumi e in evidente stato di shock. il ciclista dopo vari esami ed un’operazione al Riuniti di Foggiaè stato strasferito a Roma per la complessità delle fratture multiple. Sul caso indagano i Carabinieri della locale stazione di Candela.

Lostato penoso in cui versano la strada provinciale 99 Candela-Rocchetta e la 99 bis che collega Rocchetta alla frazione di Rocchetta Scalo, arterie di fondamentale importanza per quei Monti Dauni che permettono – loro malgrado alla RegioLa madrina del– Festival ne Puglia la permanenza nelle aree svantaggiate internzaionale siciliano presenterà rientranti nell’Obiettivo 1 e quindi il cospicuo arUltima Fermata”giratoneiMontiDauni rivo di fondi comunitari, nonostante gli interventi e le risorse stanziate nel recente passato, devono indurre a considerazioni e soprattutto interventi di natura più generale, non più legati alla logica dell’emergenza ma della messa in sicurezza di un territorio a rischio, con relative e dovute garanzie per la mobilità e la viabilità”. Il consigliere regionale del Nuovo Centrodestra, Giannicola De Leonardis sollecita “azioni immediate di manutenzione ordinaria delle cunette e nei punti dove si sono registrati nuovi smottamenti e frane, per garantire l’incolumità dei numerosi pendolari e viaggiatori. E soprattutto l’inserimento di entrambe le arterie stradali nel prossimo piano triennale delle opere pubbliche, dopo la discutibile esclusione dal precedente”. “Non sarebbe un regalo o una gentile concessione – conclude De Leonardis – ma il doveroso rispetto verso una comunità che può contare unicamente su quei collegamenti con l’esterno, e in molti tratti con un unico verso di marcia. Una comunità che non può e non deve sentirsi di serie B rispetto ad altre”.


IL GRANO fa festa ad ASCOLI SATRIANO

di Alba Subrizio

Il prossimo 26 luglio un programma ricco di eventi per ricordare l’antica civiltà contadina e la raccolta del frumento nelle Puglie

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i nastri di partenza l’edizione 2014 della Festa del GRANO di Ascoli Satriano. L’evento prenderà il via il 26 luglio prossimo nella stupenda cornice di Piazza Giovanni Paolo II° e lungo Largo Cattedrale, Via Duomo, Corso Umberto I°. Il tema dell’edizione 2014 è “Gli uomini, gli animali, gli attrezzi “ con una riflessione nel convegno: ”Coltivazione, Raccolta e Commercializzazione dei Cereali - Il Grano tra tradizione,Presente e Futuro”. Ai momenti convegnistici saranno alternate una mostra sulle attrezzature ma-

nuali per la coltivazione dei cereali, dove riecheggeranno le voci e i detti dialettali che faceno da sfondo alla raccolta del grano sulla “meta”. Gli organizzatori quest’anno proporranno anche la ricostruzione casa contadina abbellita con asini, carretti e fascine. Tra gli appuntamenti da non perdere c’è certamente la rievocazione della mietitura e trebbiatura con le attività manuali della frantumazione delle spighe; la ventilazione, la setacciatura, l’insaccatura, la pesatura e il caricamento su


carretti trainati da asini. Di grande spessore emotivo anche la mostra fotografica che racconta uno spaccato della civiltà contadina andato perduto. Raccogliere il grano significava anche far festa e condividere con amici e operai uno dei momenti cruciali dell’anno. Per valorizzare quest’importante momento sarà allestito un percorso Enogastronomico; allietato dal folkclore dei gruppi di musica popolare del Gargano, come i Sud Folk.Grande spazio sarà dato anche alla cultura e al patrimonio storicoarcheologico con visite guidate nel Centro Storico, al Palazzo Ducale, alla Cattedrale e al Polo Museale per ammirare i Grifoni.

La macchina organizzativa porta la firma dell’Associazione Melodica in collaborazione con la Città di Ascoli Satriano e il centro Culturale Polivalente, e con il patrocinio dell’Assessorato all’Agricoltura e Assessorato al Turismo della Regione Puglia e della Provincia di Foggia.

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Grande successo per la 27esima edizione della Festa del Vino. Il segreto non sta nei budget ma nell’unità dei cittadini di Francesco Quitadamo

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Orsara pensa e agisce diversamente

numeri sono importanti. La Festa del Vino, a Orsara di Puglia, quest’anno ha celebrato la sua 27esima edizione. L’ha fatto richiamando in paese 4mila persone in due giorni, sabato 28 e domenica 29 giugno. Le amministrazioni comunali non hanno soldi, si dice. E’ vero. E allora come ha fatto il Comune di Orsara a organizzare la migliore edizione di sempre della Festa del Vino? Ci è riuscito facendo leva sulle risorse umane e puntando sul gioco di squadra, dando senso al significato di “Comunità”. Sono stati circa 100 i giovani impegnati nell’organizzazione dell’evento. Hanno versato il vino nei calici. Si sono occupati del servizio d’ordine e dell’Info-Point. Hanno organizza-


Alcuni momenti della festa del Vino di Orsara di Puglia e un’immagine (nella pagina precedente) emblematica della lavorazione del vino nei Monti Dauni

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promuove, racconta il paese. Il sito internet comunale è costantemente aggiornato, fornisce notizie, contatti, pubblica gallerie fotografiche, video. Allo stesso modo si agisce sul blog ufficiale e su facebook. “Fare” senza “comunicare”, nell’epoca dell’informazione globale, significa condannarsi all’irrilevanza. Orsara di Puglia lo ha capito prima e meglio di tanti altri che ancora sono fermi a fax, locandine e manifesti. GIOCO DI SQUADRA. I giovani sono stati fondamentali, ma ugualmente importante è stato riuscire a mettere insieme le realtà associative del paese. La ventisettesima Festa del Vino e Galleria Enogastronomica ha visto lavorare fianco a fianco diverse associazioni e realtà produttive orsaresi. Il Comune di Orsara ha potuto contare sulla collaborazione e il protagonismo della Consulta Giovanile Orsarese, del presidente e delle guide della Pro Loco, di Acao (Associazione Commercianti e Artigiani Orsaresi), Cantina Guidacci, Peppe Zullo, Polisportiva Ursaria e La

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to visite guidate, attività sportive, il concorso sulla “vigna eccellente”. Si sono messi dietro ai banconi con i loro genitori, per offrire le degustazioni della Galleria Enogastronomica. Il ruolo di ragazze e ragazzi orsaresi è stato determinante, anche quello dei gruppi musicali che si sono esibiti nelle piazze mettendo in mostra grinta e talento. PRESENTARSI BENE. Orsara di Puglia è abituata ad accogliere tante persone in una volta sola. La “palestra” migliore, in questo senso, è la notte del primo novembre. Anche sabato 28 e domenica 29 giugno il paese si è presentato bene: strade e piazze pulite prima-dopo e durante gli eventi, cassonetti dislocati lungo tutto il percorso delle degustazioni, allestimenti sobri ma ugualmente gradevoli, con fiori, botti, attrezzi e strumenti della cultura contadina. La cura del paese è sostanza, fa la differenza, come fa la differenza comunicare. Il Comune, da più di 10 anni ormai, ha attivato un servizio che informa,

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Spasetta. I ristoratori che hanno preparato le pietanze della Galleria Enogastronomica: Tana dell’Orso, Pizzeria da Paolo, Masseria Monte Preisi, Locanda dell’Angelo, Medina, Pane e Salute, Donna Cecilia, Panta Rei, Sapori e bontà, Pasticceria de Angelis. LA CONTINUITA’. La cosa eccezionale non è che Orsara di Puglia sia riuscita nell’impresa quest’anno, il dato più rilevante è che ci stia riuscendo da almeno 12 anni. Il successo vero è questo: la continuità. E di successo vero, non di spot e numeri geneticamente modificati, si può parlare anche a proposito di molte altre iniziative con cui ‘il paese dell’Orsa’ si tiene vivo. Nessun altro paese della Capitanata vanta i riscontri del primo novembre orsarese, il giorno (e la notte) dei falò e delle zucche. Dal 2002 a oggi, a Orsara di Puglia sono nate o si sono consolidate molte attività nel campo della ristorazione. La crisi si è fatta sentire, soprattutto negli ultimi tre anni, ma combatterla “alla orsarese”, animando il paese e facendo promozione, è certamente meglio che subirne passivamente le conseguenze. FARE E ENTRARE IN RETE. Orsara di Puglia è l’unico comune della Capitanata a essere stato promosso nella rete internazionale delle “Cittàslow”. Uno strumento importante attivato nel 2007. Successivamente sono arrivati altri

riconoscimenti: l’ingresso nel circuito delle Bandiere Arancioni del Touring, l’adesione alla Rete Italiana di Cultura Popolare, il marchio di “Comune amico del Turismo Itinerante”. Nella nuova leva dei sindaci dei Monti Dauni, c’è qualcuno che ha disconosciuto l’importanza di questi circuiti: l’ignoranza fa danni almeno quanto la disonestà. A Orsara di Puglia, per fortuna, amministratori e cittadini la pensano diversamente. E i risultati danno loro ragione. SI LAVORA AL SALTO DI QUALITA’. Da maggio, l’Abbazia dell’Angelo è visitabile tutti i giorni. Grazie a un protocollo d’intesa tra Comune di Orsara di Puglia, Parrocchia e Pro Loco, l’apertura sarà sempre garantita il sabato, la domenica e nei giorni festivi (nelle fasce orarie 11.00-13.00 e 17.00-19.00), ma sarà possibile prenotare visite guidate anche in tutti gli altri giorni contattando il numero verde gratuito 800 106 822 e gli altri recapiti telefonici pubblicati sul sito internet comunale. Le guide che accompagnano i visitatori sono volontari della Pro Loco, associazione che dispone di visite guidate abilitate, riconosciute dalla Regione Puglia. Il Comune di Orsara di Puglia sta lavorando sui servizi turistici e la maggiore fruizione del patromonio orsarese da parte dei visitatori. Il salto di qualità non è soltanto possibile, è anche necessario.


di Michele Russo

sport

Oltre al calcio il paese raggiunge primati nel Tiro a Segno e nella Boxe

A rocchetta i piccoli grandi campioni dello sport crescono

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Rocchetta Sant’Antonio nell’accogliente borgo dell’Appennino Dauno Meridionale lè diventato una punta di diamante. Con le varie associazioni dilettantistiche del posto lo sport più praticato resta senza dubbio il calcio ma da qualche anno a questa parte anche altre forme stanno prendendo piede regalando alla piccola comunità grandi campioni. È il caso del Tiro a segno che vede la giovanissima atleta Rossana Di Feo partecipare alla finale del Campionato Italiano a Roma che si terrà dal 25 al 27 Luglio e già medaglia d’oro ai campionati regionali nella

sezione “CARABINA A METRI 10 RAGAZZI 40 COLPI”. Con lei anche Donato Circiello, arrivato quinto nella stessa categoria e D’agostino Alessia arrivata ottava. Una vera scia di successi per i tre piccoli atleti grantita sopratutto dalla presenza a pochi chilometri da Rocchetta di un grande centro sportivo per il Tiro a Segno , fiore all’occhiello della comunità candelese, che ha già sfornato grandi campioni olimpionici ed ha anche quest’anno raggiunto il titolo mondiale con Sabrina Sena. Oltre al Tiro a Segno Rocchetta è patria anche di campioni della boxe. Parliamo di un giovane

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in erba che tanto sta facendo parlare di se, Arblin Kaba. Classe 1994 (Albania 12 Luglio 1994), questa promessa locale annuncia, a suon di vittorie, tutto il suo talento per la boxe a cui si sente strettamente legato. Inizia circa tre anni fa avvicinandosi alla Pugilistica Luciano Bruno del maestro Luciano Bruno, noto atleta olimpionico nonchè campione del mondo. Il giovane inizia la sua carriera con un knockout ed incatena una serie di vittorie bellissime ed emozionanti fino al raggiungimento della vittoria finale ai Campionati Regionali tenutisi a Taranto nel mese di Marzo 2014. Ai medesimi campionati viene premiato come miglior pugile del torneo tra tutte le categorie presenti. Bella soddisfazione per questo talento in erba che sta facendo parlare di se anche al centro - nord. Dopo la vittoria in un incontro la settimana scorsa a Canosa di Puglia, il giovane ha raggiunto Firenze, dove si è scontrato con un altro talento, Oruam Romero Camacho.


Un café tra i libri

nello SKANTINATO di Laura Capra

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prendere in prestito, uno spazio per la musica pieno di strumenti musicali, amplificatori e vecchi dischi in vinile, uno spazio aperto all’arte e al teatro, una caffetteria equosolidale ricca di birre artigianali, vini locali e tanti prodotti dell’”Altra Economia” (niente Coca Cola, ma tanto ottimo Guaranito!) e soprattutto un forziere carico di passione come quello già aperto più volte da Giuseppe Beccia, ideatore della BiblioCafè. Un luogo con tante cose da raccontare e tante cose che davvero non ti aspetti che faranno da cornice a momenti culturali e di svago con musica e presentazione di libri immersi nei profumi dei prodotti tipici locali a disposizione della clientela.

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polverosi scantinati molto spesso sono luoghi misteriosi dove tra una bottiglia di Cacc’emitt del 64 e i vecchi libri di scuola del 73 si ritrovano ancora vecchi diari, fotografie e giocattoli di un’infanzia ormai perduta. Un luogo dall’odore pungente ma caratteristico che ci mette di solito a nostro agio. Nell’immaginario di alcuni giovani troiani c’è probabilmente questo ricordo a tal punto da trasformare un luogo dell’intimità domestica in uno spazio pubblico. Così nasce “Skantinato 58 – Bibliocafè”, un posticino con tante cose dentro: una libreria fornitissima con tutte le ultime uscite delle principali case editrici italiane, una biblioteca con centinaia di libri da consultare o

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