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C N U N I E T R I I T T N N A A R T A N G I E R U C L E S L A L E A DALL
ALL’INTERNO: IL DEFIBRILLATORE CHE SI INDOSSA COME FUNZIONA L’HOLTER INTERNO ANTIBIOTICI, ABUSARNE È PERICOLOSO IPERCOLESTEROLEMIE, PERCHÉ SONO TANTE Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano– Anno X IX -n.1 gennaio-marzo 2014
1994-2014: 20 anni insieme
In questi giorni – esattamente il 25 di questo mese di marzo – il nostro sodalizio, l’Associazione Cuore Sano, compie vent’anni! Noi tutti speriamo che a spegnere le candeline sia il prof. Vincenzo Ceci, già primario della Cardiologia dell’Ospedale Santo Spirito. Dopo aver creato dal nulla non solo la riabilitazione cardiologica ma anche consegnato agli ex pazienti una palestra degna di questo nome, Ceci promosse, organizzò e costituì l’Associazione con un piccolo gruppo di cardiopatici già curati in reparto. L’atto notarile redatto quel giorno cita i nomi di Aldo D’Alessio, ancora oggi presidente, di Paolo De Gregorio, di Roberto Capparucci di Ubaldo (Franco) Ubaldi, di Giorgio Frasca Polara… Poco a poco Cuore Sano si è ben strutturata: centinaia e centinaia di iscritti, attività scientifiche e culturali in stretto collegamento con la Cardiologia (dove nel frattempo il prof. Ceci ha passato il testimone al dr. Roberto Ricci), e poi il periodico che state leggendo, il sito internet. Mentre questo giornale è in stampa siamo al lavoro per festeggiare i vent’anni dell’Associazione.
4 Sono circa sei milioni secondo l’Istat
Tanti italiani rinunciano, per la crisi, ai servizi pur garantiti dalle Asl di Edoardo Nevola* a crisi non colpisce solo fabbriche e commercio, ma anche la salute degli italiani. Lo rivela una indagine dell’Istat (“Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”) realizzata con la collaborazione del ministero della Salute e della Conferenza delle regioni. L’indagine
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denuncia che nel 2012 l’11% della popolazione censita – diciamo oltre sei milioni di persone – ha dichiarato di aver rinunciato, pur avendone bisogno, ad almeno una prestazione sanitaria garantita dal Servizio sanitario nazionale.
Non si tratta soltanto di rinuncia a farmaci, ma per la più parte degli interpellati anche di rinuncia ad accertamenti specialistici, a visite mediche specialistiche (esclusa l’odontoiatria) o ad interventi chirurgici. Tra le ragioni dell’autoprivazione c’è soprattutto il peso del ticket: il 6,2% degli interpellati (su quell’11% di popolazione censite) ha parlato infatti di motivi economici, mentre un 4% ha contestato la qualità dell’offerta: liste di attesa troppo lunghe, orari scomodi per l’appuntamento o difficoltà a raggiungere la struttura. Solo l’1,1% ha fatto riferimento ad altre ragioni come impegni lavorativi e/o familiari. Ma anche nel settore della salute la crisi non investe uniformemente la popolazione. I dati dell’Istituto di statistica variano a seconda dei generi, delle generazioni, del territorio. Così risulta che le donne rinunciano più degli uomini ai servizi sanitari (il 13,2% contro il 9); inoltre la differenza aumenta nella fascia d’età dei 45-64 anni (la rinuncia
delle donne sale al 17,9 contro il 12,7 degli uomini); e sale ancora di più al Sud: le donne tra i 45 e i 64anni che preferiscono non richiedere prestazioni sale nelle regioni continentali al 22,3% e al 26,5 nelle isole. Singolare paradosso: la ricerca Istat dimostrerebbe che la rinuncia alle prestazioni del Ssn (ma anche la medicina privata registra una flessione delle richieste e delle prestazioni) non incide sullo stato di salute della popolazione: il 66,9% degli italiani interpellati dichiara di star bene in salute, contro un 7,7 che dichiara di star male o molto male, e tra costoro ci sono gli affetti (9 milioni, stima l’Istat) da una malattia cronica. Anche in questo caso il divario di genere e di generazione ha un peso: le donne hanno tassi di multicronicità (tre o più malattie croniche) più alti degli uomini, ma sono meno colpite da patologie gravi dopo i 50 anni. Le donne infine si percepiscono in cattiva salute più degli uomini: il 9,4% contro il 5,8.
Cuore Sano (e non solo) in aiuto della Cardiologia Sono tempi difficili per la sanità pubblica. Sempre meno risorse per l’assistenza. Blocco delle assunzioni di medici e infermieri, investimenti per l’aggiornamento delle tecnologie ridotti al lumicino. E’ in questo quadro che ci troviamo a lavorare. Scrivendo quasi ogni giorno alla Direzione aziendale note di richiesta per la sostituzione di apparecchiature sanitarie, computer, stampanti malfunzionanti. Fuori di qui continuano ad emergere scandali di truffe milionarie ai danni del sistema sanitario. Quanti infermieri o medici potrebbero essere assunti con quei soldi? E quante nuove tecnologie acquisite? Per fortuna, ogni tanto ci viene data una boccata di ossigeno da quei cittadini, nella maggior parte dei casi ex nostri pazienti che, verosimilmente riconoscenti per l’assistenza ricevuta e spesso consci dei nostri sforzi per mantenere standard di efficienza, scelgono di sostenere la nostra Cardiologia con donazioni. Allo stesso modo in quest’ultimi tempi ci ha aiutato anche l’Associazione Cuore Sano, che ha donato due computer portatili alla Cardiologia e ha così consentito il ripristino del sistema informatico per la gestione della terapia farmacologica in terapia intensiva coronarica e nel reparto di Cardiologia. A tutti i cittadini che ci sono vicini e a Cuore Sano un grazie di cuore! Roberto Ricci, Primario della Cardiologia Ospedale S. Spirito
Se la cardiopatia è reversibile, se si è in attesa di trapianto, se l’impiantabile va rimosso, ecco...
Il defibrillatore indossabile, ovvero uguale protezione dall’arresto cardiaco di Andrea Porzio* di Rita Lucia Putini* arresto cardiaco improvviso rappresenta la principale causa di morte improvvisa nella popolazione compresa fra 20 e 65 anni, con un incidenza di 50.000-70.000 casi/anno in Italia e di circa 550.000 casi/anno in Europa. Nella maggior parte dei casi l’arresto cardiaco si verifica per una aritmia ventricolare maligna, perciò gran parte di queste persone avrebbe potuto essere salvata attraverso una tempestiva defibrillazione. Nella maggior parte dei casi l’evento aritmico avviene in persone apparentemente sane, almeno fino a quel momento, perciò l’arresto non può essere previsto o prevedibile. In quei casi l’unica possibilità è affidata a un precoce intervento della cosiddetta “catena della sopravvivenza”, cioè all’inizio delle manovre di rianimazione cardiopolmonare, e al successivo intervento con un defibrillatore esterno. Nei pazienti sopravvissuti dopo arresto cardiaco grazie al defibrillatore esterno, oppure nei cardiopatici che non hanno ancora avuto un evento aritmico ma sono ad elevato rischio di averlo per le loro caratteristiche cliniche di base, è possibile l’impianto di un defibrillatore automatico impiantabile. Il defibrillatore automatico impiantabile (AICD) è un piccolo dispositivo elettronico simile ad un pacemaker, dalle dimensioni lievemente più grandi, che viene collocato a livello della clavicola appena sotto la cute ed utilizza elettrocateteri (fili che penetrano nelle camere cardiache) per monitorare ogni singolo battito cardiaco. Se compare un ritmo
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potenzialmente letale, il defibrillatore emette una scarica e fa tornare il cuore al ritmo normale. Esistono dei casi, però, in cui il rischio di aritmie ventricolari maligne è solo transitorio, come nei pazienti in attesa di trapianto di cuore, oppure in quelli in cui è necessario del tempo per valutare l’effettiva indicazione all’impianto di un defibrillatore. E’ il caso dei pazienti con cardiopatie che possono essere reversibili spontaneamente oppure con la terapia farmacologica, come quelle di natura virale o secondarie ad intossicazioni di natura farmacologica, alimentare (abuso di alcolici) o metabolica. Ci sono infine dei casi in cui un paziente deve rimuovere il defibrillatore a causa di una infezione, ma deve essere sottoposto ad un periodo di terapia antibiotica che può durare anche qualche settimana prima di reimpiantare un nuovo apparecchio. In tutti questi casi, per non costringere i pazienti a lunghe degenze ospedaliere con un inutile aggravio dei costi di degenza, si può ricorrere al defibrillatore indossabile. Si tratta di un corpetto, simile ad un giubbotto antiproiettile, composto da una serie di componenti: un monitor-defibrillatore con telecomando, la cintura con gli elettrodi, il corpetto, il modem, due batterie ricaricabili e un caricabatteria. Per garantire una protezione completa dall’arresto cardiaco improvviso deve essere indossato costantemente dal paziente con il corpetto direttamente a contatto con la pelle. Il monitor-defibrillatore rileva ed analizza il segnale proveniente da quattro elettrodi (per elettrocardiogramma)
inseriti nel corpetto e, in caso di aritmia, è in grado di erogare fino a cinque shock tramite le piastre di defibrillazione che sono inseriti nella zona posteriore e nella cintura. Se viene rilevata un aritmia, il defibrillatore emette dei segnali acustici ad alta intensità per avvisare sia il paziente (se cosciente), sia i presenti che lo shock è imminente. Il defibrillatore inoltre ha la possibilità di memorizzare il tracciato ECG sia in modo automatico (in presenza di aritmie), sia in modo manuale tramite un telecomando. Tutti gli eventi, sia quelli registrati manualmente, sia quelli archiviati automaticamente da parte del defibrillatore, sono memorizzati internamente per l’analisi successiva da parte del medico.L’utilizzo richiede un semplice addestramento e una programmazione ad personam che dura all’incirca venti minuti all’atto della dimissione del paziente. Non richiede particolari abilità nella gestione da parte del portatore, in quanto il funzionamento è automatico. Va indossato sempre, anche di notte (si toglie solo sotto la doccia). * Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito
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L’abuso di antibiotici, ovvero come NON salvare la propria vita di Lucia Putini*
el nostro Paese, numerose analisi scientifico-economiche indicano un aumento del consumo di antibiotici. Il ricorso alle terapie “fai da te” e una non corretta prescrizione delle terapie antibiotiche da parte dei medici rischiano di annullare quello che è stato il più grande successo terapeutico del secolo scorso, ovvero la scoperta di sostanze farmacologiche (gli antibiotici) attive contro le infezioni batteriche. Gli antibiotici sono farmaci attivi contro altri organismi viventi (i batteri, appunto) ed il loro nome significa infatti “anti (contro) la vita”. I batteri sono organismi viventi formati da una sola cellula che contiene l’intero patrimonio genetico delle cellule e, pertanto sono capaci di sintetizzare molecole proprio come le nostre cellule sono capaci di sintetizzare sostanze diverse per esempio gli ormoni o i fattori che regolano la coagulazione del sangue. In questo modo, queste “vite autonome” – i batteri – possono armarsi contro sostanze come gli antibiotici se questi vengono somministrati in maniera non corretta: in dosi troppo basse o troppo lontane una dall’altra. Questo fa sì che il farmaco antibiotico nel sangue sia a livelli troppo bassi per ucciderli ma utili ai batteri per conoscerlo e “armarsi”. In questo modo i batteri diventano “resistenti”. La resistenza antibiotica è uno dei più grandi killer attivi al giorno d’oggi. Un killer così crudele e feroce da agire là dove massime dovrebbero essere le possibilità di cura: gli ospedali. Le infezioni ospedaliere rappresentano per i pazienti ricoverati un rischio potenzialmente mortale capace di annullare ogni beneficio di cura. Contro alcuni batteri resistenti non esistono, allo stato attuale delle conoscenze, cure efficaci. Tanto che alcuni di essi vengono indicati con la sigla mdr che significa multi drugs resistent, ovvero batteri resistenti alla maggior parte dei farmaci. Alcune condizioni favoriscono le infezioni ospedaliere in un paziente: l’età avanzata, le malattie cardiovascolari, gli interventi chirurgici d’urgenza, cioè tutte le condizioni in cui esiste una “fragilità” del paziente che lo predispone all’aggressione batterica. Per questo è importante non abusare di anti-
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biotici e non praticare terapie con antibiotici molto potenti per infezioni comuni e risolvibili con antibiotici “più semplici”. Non è mai necessario “sparare con un cannone su una formica”. Occorre non utilizzare terapie con antibiotici per via iniettiva senza che vi sia la guida di uno strumento importante come l’antibiogramma in cui diversi antibiotici vengono valutati per vedere se sono attivi e quanto su un singolo batterio. In questo modo si evita di esporre il batterio ad antibiotici diversi che non lo uccideranno ma contro i quali sarà in grado di sviluppare una resistenza. Occorre evitare, specialmente nei mesi invernali, di ricorrere ad una terapia antibiotica ai primi sintomi d’influenza, perché questa è una malattia virale che non risponde alla terapia antibiotica. Quando viene iniziata una terapia antibiotica, dopo corretta prescrizione, occorre portarla a termine almeno per cinque giorni completi di terapia anche se “ci si sente meglio”. Ricordare sempre che esiste comunque, purtroppo, un esposizione costante per ciascuno di noi agli antibiotici che deriva dalla cattiva pratica di sottoporre le coltivazioni di ortaggi e di frutta a sostanze antibiotiche nei sistemi di coltura moderni per aumentare la resa del prodotto e proteggerlo dagli attacchi dei parassiti. Anche questo espone i batteri alla “conoscenza” di alcuni antibiotici in modo tale che, qualora le nostre difese immunitarie diminuissero per condizioni di stress del nostro organismo ( per esempio per un intervento chirurgico), questi potrebbero provocare infezioni che non vengono curate dagli stessi antibiotici. La resistenza antibiotica è un fattore capace di annullare tutti i progressi che abbiamo ottenuto nella cura di malattie gravi grazie alle più innovative strategie di cura. Corretto uso degli antibiotici, sorveglianza sulle prescrizioni, affidamento alla cura dei medici evitando dunque le terapie “ fai da te”: questi i cardini della lotta alla vittoria sulle infezioni antibiotico-resistenti. Perché gli antibiotici rimangano farmaci contro la vita dei batteri. Non contro la nostra. * Dirigente medico Uoc Cardiologia Ospedale S. Camillo-Forlanini
L’esperienza di un cardiopatico di 76 anni
«C’è il tempo della palestra, ma c’è anche il momento di una lunga vacanza negli Usa» appena tornato da una lunga vacanza con la moglie negli Stati Uniti (“mi sono risparmiato per un pelo la colossale nevicata”) dove vivono molti parenti. Stress del viaggio? “Nessuno…i soliti farmaci quotidiani…nulla da segnalare.” Silvano Veneri, 76 anni, due figli e nipoti vari, pittore edile sino all’altro ieri, sempre il giornale sottobraccio, è un romano – come dire? – dal carattere un po’ anomalo: piuttosto silenzioso, un filo di ironia, nulla che lo scomponga, almeno in apparenza. La stessa ischemia (nel 2002) e l’angioplastica (quattr’anni dopo, qui a Santo Spirito) non hanno turbato più di tanto i suoi nervi saldi.
della dieta alimentare (mangiare sano quando è possibile, naturalmente: non, lo confesso, in vacanza alle cascate del Niagara, per esempio…)»
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E dopo l’applicazione dello stent, null’altro? «No, poi tutto è andato liscio e continua bene: più nessun fastidio, le normali visite di controllo ogni anno». Secondo te, qual è il segreto del buono stato di salute che mantieni?
«Chiamarlo segreto è sbagliato. E poi sono tanti i così detti ‘segreti’. Intanto frequentare regolarmente i corsi di riabilitazione cardiologica, qui nella palestra del Santo Spirito. Fisioterapiste brave, di ferro, a cominciare da Clara e da Tiziana, che sanno coordinare con pazienza ed efficacia la nostra attività. Poi camminare: nei giorni non cui non c’è palestra, faccio più dei soliti quattro passi, magari dovrei farne di più e più spesso ma, insomma, cammino. Quindi rispettare le prescrizioni dei farmaci e
Hai accennato, come primo “segreto”, alla ottima abitudine di frequentare la palestra. Un’esperienza solo di buone cure? «Un vantaggio enorme! Non solo sul piano della riabilitazione, ma anche sul piano umano: fare esercizio insieme ai…colleghi è un’esperienza importante e salutare anche sul piano psicologico. Incontrarci, fare insieme tanti esercizi è anche una sorta di conforto: conquistiamo un giorno, un mese, un anno in più di salute sapendo che è possibile superare una crisi seria, come quella del cuore, con la volontà, con la determinazione che se l’ostacolo maggiore è stato superato, bisogna far di tutto perché altri ostacoli non si frappongano nel condurre una vita sana e, possibilmente, anche serena. E la palestra è un luogo di serenità, dico davvero».
Migliaia di visite al sito di Cuore Sano S
ignificativa verifica dell’attenzione dedicata dagli utenti web al sito www.cuore-sano.it , curato dal consocio ing. Luciano De Vita e che riprende anche l’edizione cartacea del periodico che state leggendo. In cinque anni (da quando il sito è nato, nel febbraio del 2010) le visite al sito sono costantemente salite con una interessante progressione. Nel 2010 le visite erano state 5.749, con una media mensile (in dieci mesi) di 575 visitatori. L’anno dopo le visite sono salite a 9.175, media mensile 765. Nel
2012 il totale è stato di 13.842, con una media di 1.154 visitatori al mese. L’anno scorso il totale è raddoppiato: le visite sono salite a 27.008, con una media mensile di 2.251 visitatori. Al 9 febbraio di quest’anno, cioè nell’arco di poco più di un mese 3.417 persone hanno cliccato sul sito di cuore-sano con una media mensile superiore a quella dell’anno scorso: 2.628. Totale complessivo dei visitatori: 59.191. La redazione di Cuore Amico auspica un crescita ancor maggiore di lettori e di successo dell’iniziativa.
Al via i corsi per la rianimazione A
nche quest’anno si terranno all’Ospedale Santo Spirito, da aprile a dicembre, i corsi mensili di rianimazione cardiopolmonare di base per i familiari di pazienti cardiopatici, quelli clinicamente noti come Blsd (Basic KLife Support & Defibrillation). La partecipazione ai corsi (che si svolgeranno nella Sala del Teatro, con l’assistenza di medici e infermieri professionali) è assolutamente gratuita: verrà insegnato, in modo semplice e pratico, tutto ciò che occorre fare nel caso in cui ci si dovesse trovare a fronteggiare un’emergenza cardiologica
di un proprio congiunto. E’ prevista anche l’esercitazione su un manichino dalle fattezze umane: per la respirazione bocca.abocca, per le manovre che agevolano la ripresa del respiro, per l’uso del defibrillato-
re. Ogni corso – ne è direttore e coordinatore il dr. Antonio Cautilli, dell’Uoc di Cardiologia del S. Spirito – avrà la durata di cinque ore, dalle 14,30 alle 19,30. Al termine verrà rilasciato ad ogni partecipante un certificato che, tra l’altro, abilita all’uso del defibrillatore semiautomatico. Per le iscrizioni e ulteriori informazioni rivolgersi alla segretaria del reparto di Cardiologia (06.68352323). Ed ecco le date dei corsi: martedì 15 aprile martedì 20 maggio martedì 16 settembre martedì 14 ottobre martedì 4 novembre martedì 2 dicembre
I Soci in visita alla Farnesina a nuova stagione delle visite culturali dell’Associazione Cuore Sano si è aperta – proprio durante il periodo delle feste – con una visita guidata alla scoperta della splendida Villa Farnesina, prestigiosa sede di rappresentanza dell’Accademia dei Lincei. La Villa dà su via della Lungara, a poca distanza dall’Ospedale Santo Spirito. Accompagnati dalla dr.ssa Francesca Lumia, responsabile medico della riabilitazione cardiologica e dalla guida Elisa Dattile (della Mirabilia Urbis Romae), i soci-pazienti hanno potuto così scoèrire una delle armoniose dimore del Rinascimento che fu residenza del ricco banchiere senese Agostino Chigi. Ecco anzitutto gli ambienti di rappre-
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sentanza: la Loggia di Galatea, con gli affreschi di Raffaello, Sebastiano del Piombo e Baldassarre Peruzzi; poi la Loggia di Amore e Psiche sulla cui volta splende un affresco realizzato nel 1518 da Raffaello; e infine l’attigua Stanza del Fregio, così chiamata da
un’altra opera del Peruzzi. La visita è proseguita con gli appartamenti al primo piano: la Sala delle Prospettive, affrescata anch’essa da Baldassarre Peruzzi, la stanza da letto di Agostino Chigi, la stanza delle “Nozze di Alessandro Magno e Roxane” (la figlia del satrapo di Battriana) che fu decorata da Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma. Come le precedenti, anche questa visita ha suscitato grande interesse e quindi riscosso notevole successo. Non a caso, ché la “scoperta” della Farnesina ha consentito ai soci di immergersi in un’atmosfera unica in cui si fondono suggestioni mitologiche, vite e capolavori di artisti e protagonisti dell’epoca, fasto delle corti rinascimentali. Carla Maria Rossi
Minuscolo apparecchio elettronico inserito sotto la pelle che è in grado di registrare l’elettrocardiogramma nell’arco di tre anni
Che cosa è e come funziona l’Holter interno di Francesco Biscione*
soggetti con malattie cardiovascolari necessitano, oggigiorno, di percorsi di diagnosi e terapia sempre più complessi, da una parte per la maggiore età media, che comporta in sostanza il fenomeno della associazione di più malattie, spesso di tipo cronico, dall’altra per i continui progressi tecnologici che consentono valutazioni sempre più raffinate e, per ciò stesso, difficili. E’ questo il caso di alcuni tipi di aritmie, definite parossistiche per il loro carattere capriccioso, incostante, sostanzialmente imprevedibile, e che quindi sfugge ad una visita medica, per quanto competente ed accurata possa essere. Per esempio, non è infrequente il caso di un paziente che lamenti degli episodi di perdita di coscienza, ogni due o tre o sei mesi, magari con cadute a terra e traumi, oppure di un giovane con palpitazioni che si verifichino ogni tanto, senza relazione con l’attività fisica o senza cause scatenanti identificabili; e qui comincia la caccia al colpevole, l’investigazione, impegnativa (e purtroppo qualche volta vana). Uno dei primi passi della caccia è quello di monitorizzare l’elettrocardio-
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gramma: ciò è stato possibile grazie all’intuizione del dott. Norman Holter (un fisico della marina americana impegnato, fra l’altro, nei test atomici nell’atollo di Bikini) che per primo ha messo a punto la tecnica di registrazione dell’elettrocardiogramma fino a 48 ore. Tuttavia, con il tradizionale monitoraggio ECG di Holter si possono esaminare periodi relativamente brevi, insufficienti se vogliamo analizzare fenomeni, come quelli dei nostri due pazienti tipici, che si verifichino molto rara-
mente. Il problema si risolve automaticamente per i soggetti che portino un pace-maker: infatti, i moderni dispositivi di elettrostimolazione sono in grado di registrare accuratamente le aritmie più importanti, per tutto il loro pe-
riodo di funzionamento, che è variabile fra i 4 e i 12 anni; ma questi sono pazienti che hanno già una malattia identificata e trattata. Negli altri casi esistono dei dispositivi (come quello in figura) in grado di registrare dettagliatamente l’elettrocardiogramma per tre anni o più: si tratta di apparecchi elettronici di dimensioni inferiori ad un piccolo accendino che si possono inserire sotto la pelle con una incisione (3-4 centimetri) alla parte sinistra dello sterno, con una procedura semplice e priva di rischi eseguita in anestesia locale, generalmente in regime di day-hospital. Con questo sistema è oggi possibile effettuare diagnosi accurate di conferma o di esclusione di aritmie cardiache, in modo da migliorare significativamente la qualità di vita e a volte la sopravvivenza di particolari gruppi di pazienti. Solo a titolo di esempio, in diverse occasioni l’uso di tale dispositivo ha consentito di escludere una diagnosi di epilessia, con l’importante cambiamento di atteggiamento terapeutico che ne consegue. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Si ringrazia la Abbott Vascular Knoll-Ravizza per il sostegno economico per la pubblicazione di questo giornale
10 Punto di partenza sono le dislipidemie familiari
Ipercolesterolemie: perché sono tante e come si accertano di Francesca Lumia*
on il termine dislipidemia si intende un’alterazione del contenuto di lipidi – colesterolo, trigliceridi ecc. – nel sangue. A seconda della causa, si distinguono in primitive (genetiche) o secondarie, dovute prevalentemente a stili di vita errati. Le dislipidemie familiari riconoscono una base genetica a carattere autosomico (cioè legato ai cromosomi non sessuali) che può essere recessivo, dominante o co-dominante. Soprattutto quelle caratterizzate da elevati livelli di colesterolo sono frequentemente correlate ad una grave e precoce insorgenza di malattia coronarica, a causa della formazione di placche aterosclerotiche, pertanto è molto importante diagnosticarle precocemente. La prevalenza è dell’1,4% vale a dire che ogni mille persone ne sono affette quattordici. In teoria tutti (anche se le linee guida europee, soprattutto per motivi di contenimento della spesa pubblica, parlano di uomini ultraquarantenni e donne ultracinquantenni) dovrebbero, anche in giovane età, effettuare un controllo del colesterolo totale, frazionato e dei trigliceridi, ma soprattutto i familiari di soggetti che hanno una dislipidemia familiare o hanno avuto eventi cardiovascolari precoci: convenzionalmente prima dei 55 anni se uomini e prima dei 65 se donne. Se al primo controllo i valori sono elevati, è sempre bene ricontrollarli dopo un periodo (minimo un mese) di dieta adeguata, esercizio fisico e riduzione eccesso ponderale. Inoltre vi potrebbero essere anche cause secondarie di tali
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dislipidemie, come ad esempio l’ipotiroidismo, il diabete o l’insufficienza renale cronica. Per quanto riguarda i trigliceridi, ricordiamo che è importantissimo effettuare il prelievo dopo almeno
dodici ore di digiuno, altrimenti potrebbe non essere veritiero. Una volta confermati i test di laboratorio è possibile cercare di formulare una ipotesi diagnostica. Nell’ipercolesterolemia familiare omozigote, molto rara (1:1.000.000), il colesterolo totale è > di 500 mg/dl, entrambi i genitori sono portatori dell’alterazione genetica, è frequente la presenza di xantomi tendinei e macchie giallastre sottocutanee, la patologia è gravissima e i soggetti affetti, se non trattati, muoiono adolescenti per ischemia miocardica. Per la sua severità necessita il controllo da parte di centri specialistici per le dislipidemie.
Tra le altre forme meno rare citiamo l’ipertrigliceridemia familiare con livelli di trigliceridi tra 250 e 750 mg/dl; l’ipercolesterolemia familiare eterozigote caratterizzata da alti livelli di colesterolo LDL (tra 200 e 400) presenti fin dalla nascita e solitamente trigliceridi normali eccetto che negli obesi: è generalmente dovuta alla mutazione del gene LDLR. Tra le forme più comuni citiamo l’iperlipidemia familiare combinata (1:100). E’ caratterizzata da elevati valori di colesterolo (colesterolo tot > 250), o di trigliceridi (> di 150 mg/dl), o entrambi, in associazione ad una storia di malattie cardiovascolari precoci. Per la diagnosi di dislipidemia familiare, il risultato del solo prelievo non basta, ha un peso importante la storia familiare (malattie cardiovascolari in età precoce o livelli di colesterolo LDL elevati o presenza di alterazioni cutanee da accumulo di lipidi in parenti di I° grado), la storia personale (presenza di m cardiovascolari in giovane età) e l’esame fisico (presenza di alterazioni cutanee o tendinee sotto forma di accumuli di grasso detti xantomi). E’ fondamentale la diagnosi precoce per impostare subito un corretto stile di vita e una terapia farmacologica adeguata. Inoltre è importante che tutti i pazienti con ipercolesterolemia familiare siano sottoposti ad esami tesi a valutare l’eventuale presenza e il grado di danno vascolare nei diversi distretti arteriosi: eco-doppler dei tronchi sovraortici ed ECG a riposo sempre e, a giudizio del curante, test provocativi di ischemia. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
Un ecocardiogramma fornisce la risposta. Le cure: betabloccanti e defibrillatori
Pompa bene il tuo cuore? Se necessario, si misura la “frazione di eiezione” di Guglielmo Vitaliani*
n cardiologia la misura della frazione di eiezione (FE) serve a valutare l’efficacia di pompa del cuore. Il cuore è un muscolo grande all’incirca come il pugno della propria mano, pesa circa 500 gr., si trova dietro allo sterno, leggermente spostato a sinistra, è formato da quattro camere: due camere superiori più piccole (atrio destro e sinistro) e due camere inferiori più grandi (ventricolo destro e sinistro). Le camere ventricolari hanno funzione di pompa. La quantità di sangue pompato in circolo è di circa 5 litri al minuto, pari a 7000 litri al giorno. La frazione di eiezione del cuore è la frazione o porzione di sangue che il cuore pompa (espelle) dal ventricolo sinistro (gettata ventricolare sistolica) a ogni battito cardiaco rispetto al volume telediastolico; in altre parole è la percentuale di sangue espulso durante la sistole sul totale di sangue contenuto in ventricolo al termine della fase di riempimento o diastole. Nei soggetti con un cuore normale e sano la frazione di eiezione è compresa tra 55 % e 75 %. Questo significa che il 55% o più del sangue che riempie il ventricolo sinistro viene pompato in circolo, nel corpo, ad ogni contrazione; significa anche che il cuore non arriva mai a svuotarsi del tutto al termine della sistole. Un livello basso di frazione di eiezione può indicare uno scompenso cardiaco nel paziente. La frazione di eiezione può essere ridotta nei pazienti che hanno avuto un infarto, perché la zona del cuore colpita da ischemia o necrosi non si muove più o si muove meno, contribuendo quindi alla
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riduzione dell’efficienza contrattile globale del cuore. Molte persone affette da patologie cardiache possono avere una frazione di eiezione del 40 per cento o inferiore. Una FE inferiore al normale significa che il cuore non pompa più in modo efficiente e, pertanto, non è più in grado di fornire sangue a sufficienza agli organi ed al resto del corpo. Se la propria frazione di eiezione è particolarmente bassa, possono essere necessari altri esami, atti a stabilire se si è a rischio di complicazioni (ritmi cardiaci anomali o scompenso cardiaco acuto). Nei pazienti con una frazione di eiezione molto ridotta (<30-35%) si può ipotizzare l’impianto di un dispositivo, analogo a un pacemaker ma più sofisticato, che agendo resincronizzando la contrazione dei ventricoli può fare aumentare, nel tempo, la frazione di eiezione. Questa terapia (detta di resincronizzazione cardiaca, o RCT) ha però delle indicazioni ben precise. In alcuni soggetti con FE molto bassa potrebbe
esserci l’indicazione anche all’impianto di un defibrillatore per proteggerli dalla fibrillazione ventricolare, aritmie minacciose per la vita. Alcuni farmaci (come gli ACEinibitori, i betabloccanti) si sono dimostrati efficaci nel contrastare la progressiva tendenza alla riduzione della frazione di eiezione, con possibilità di miglioramento, nei cuori che hanno avuto un infarto e nei pazienti con scompenso cardiaco: il processo non è comunque immediato ed i farmaci in questione vanno presi indefinitivamente, in assenza di controindicazioni. La frazione di eiezione in genere si misura mediante ecocardiogramma, calcolando il volume telediastolico - al termine della diastole – del ventricolo sinistro (LVEDV); e il volume telesistolico, al termine della sistole (LVESV) e ottenendo l’indice di frazione di eiezione secondo la formule seguente: [(LVEDV-LVESV)/LVEDV] x 100. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Cardiochirurgia riservata ai Testimoni di Geova Prima a Torino e ora a Milano sono nati ambulatori cardiochirurgici riservati a pazienti che appartengono al movimento religioso dei Testimoni di Geova. Com’è noto, costoro rifiutano la trasfusione di sangue per motivi di fede: “Inaccettabile che ciò che esce dal proprio corpo vi possa tornare, sangue proprio o altrui”. Di conseguenza, se per loro è necessaria una preparazione meticolosa e lunga all’intervento, per gli operatori è indispensabile modificare le normali pratiche chirurgiche. Ma in effetti è possibile, tanto che il dr. Giuseppe Vaccari, quando era a Torino ha operato in dieci anni circa 400 Testimoni. Ora Vaccari è al reparto di cardiochirurgia del dipartimento cardiovascolare dell’Irccs di Sesto San Giovanni, dov’è stato creato l’ambulatorio.
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Lo spreco di milioni di confezioni o di pillole “sparse”
Farmaci non utilizzati (anche dalle famiglie) e donati agli indigenti o buttati nella spazzatura di Francesca Lumia* uante volte vi è capitato di usare due, tre pasticche di una confezione da venti e di accorgervi, più tardi, che oramai il farmaco è scaduto e siete costretti a liberarvene? Ecco, ogni volta che questo capita – e capita in tutte le famiglie – aumenta il danno economico per il Servizio sanitario nazio-
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In Inghilterra e altri Paesi europei, alla richiesta di un farmaco, il farmacista consegna al paziente il quantitativo necessario (anche solo alcune pastiglie) con indubbio risparmio per le famiglie e per l’erario
nale grazie al quale abbiamo preso quella medicina in farmacia pagando il solo ticket. Colpa nostra, o piuttosto dell’azienda produttrice di quel farmaco che, per guadagnarci sopra di più, gonfia la confezione di un numero eccessivo di pasticche, di fiale, ecc.? E che dire di quelle stesse aziende che, dato dell’anno scorso, hanno donato (pardon: sono state costrette a donare) al Banco farmaceutico o ad altre organizzazioni no profit qualcosa come 800mila confezioni di medicine? Sono le confezioni prossime alla scadenza, o male impacchettate, o per le quali occorrerebbe ristampare il “bugiardino” per aggiungervi qualche raccomandazione sulle precauzioni o le indicazioni d’uso. Altro che generosità: più economico regalarle agli indigenti che stoccarle e poi
smaltirle come rifiuti speciali. Per inciso, una proposta di legge per regolamentare e facilitare le donazioni di farmaci inutilizzati giace da due anni in Parlamento: oltre ad agevolare la loro redistribuzione anche da parte di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, garantirebbe un percorso “tracciato” dei medicinali, aumentando le garanzie per chi li riceve. Problema più complicato è quello delle giacenze in casa di farmaci utilizzati solo in parte (e su questo neppure la proposta di legge sa fornire una risposta esauriente). Perché è vero che c ‘è la Giornata indetta dal Banco farmaceutico (si è appena svolta, l’8 febbraio), ma le 3.500 farmacie che hanno aderito quest’anno all’iniziativa accettano solo confezioni integre e non scadute. Mentre negli armadietti delle famiglie ci sono quasi sempre scatole semivuote o semipiene destinate ad essere gettate un giorno nei contenitori delle farmacie per essere smaltite come rifiuti speciali. Eppure la soluzione c’è, ed è praticata sistematicamente in Inghilterra per esempio, e in alcuni Paesi del Nord Europa come in molti stati federali degli Usa: alla richiesta di un farmaco da banco o, sulla base della prescrizione del medico, il farmacista consegna il quantitativo necessario di farmaco, anche solo alcune indispensabili pastiglie, o quel che serve per una cura specifica. Risparmia il paziente, risparmia lo Stato (dove c’è un Servizio sanitario), la stessa industria farmaceutica realizza confezioni più piccole, mirate ad una sola cura: non risulta che, altrove, l’industria sia in panne perché contribuisce ad evitare sprechi colossali.
Fondamentale una prima colazione energetica
Non basta un caffè per iniziare la giornata bene e in modo sano di Francesca Lumia*
uai a cominciare la giornata solo con un caffè. Bisogna rendersi conto che quando ci si alza il corpo è a digiuno da parecchie ore e deve affrontare una intera giornata. Gli va quindi dato il carburante necessario. E quindi un caffè non basta, soprattutto a chi “tiene alla linea” o, nel nostro caso, a chi deve mantenere una dieta sana ed equilibrata. Allora, la prima raccomandazione è non saltare mai la prima colazione, e consumare al mattino da un quarto a un quinto del fabbisogno calorico giornaliero: servirà tra l’altro a moderare i consumi alimentari del pranzo e della cena. Per fare un paio di esempi: un uomo adulto (o una donna adulta), che ha bisogno mediamente di 2.500 calorie al giorno, dovrebbe consumarne a colazio-
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Solo dall’ultimo dopoguerra la terminologia dei diversi pasti della giornata si è andata lentamente omogeneizzando su tutto il territorio italiano. Per molto tempo, a Milano e in parte del Nord Italia per il primo pasto della giornata si usava il termine “prima colazione”, specie in ambito alberghiero, perché “colazione” designava il pasto di metà giornata (e “pranzo” la cena).
per quello con 0,1 di grassi). Si dovrà accompagnare il latte, magari macchiato con caffè o orzo, o il suo derivato, con un prodotto da forno: meglio evitare biscotti, dolci o fette biscottate (spesso al burro o, peggio, conditi di non precisati grassi vegetali), e preferire una-due sane fette di pane integrale ricco di carboidrati e di fibre. Già, pane e...? No burro (80% di grassi, per di più di origine animale) semmai un poco di marmellata o confettura. Completano una buona e sana prima colazione o un bicchiere di spremuta d’arancio (così risolto il problema del rifornimento giornaliero di vitamina C) o un frutto fresco: un arancio, una mela, una banana, un kiwi. Dimenticato nulla? Sì, non si dimentichi di iniziare la giornata anche con un bicchiere d’acqua non minerale e non gelata (c’è chi addirittura la consuma tiepida): l’acqua non servirà alla dieta vera e propria ma sarà preziosa per l’organismo. Se ci si allena a prevenire la sete, ci si abituerà agevolmente a bere otto-dieci bicchieri d’acqua al giorno, fuori dei pasti. Provateci, e ne constaterete i tanti benefici effetti, primo tra tutti l’orina chiarissima, la prova del nove che avete eliminato scorie impure.
ne 500; un po’ meno un anziano/una anziana cui sono sufficienti 2.000 calorie al dì, e anche meno. Di più: il consumo regolare della prima colazione si associa, secondo opinione scientifica generale, alla riduzione dei livelli del colesterolo “cattivo” (Ldl) e dei trigliceridi. Quali sono i principali alimenti in grado di soddisfare l’esigenza di un salutare avvio della giornata? Anzitutto una tazza di latte, meglio se parzialmente o totalmente scremato dai grassi, o uno yogurt (con preferenza
Il 90% dei trapiantati torna a vita normale La qualità dei trapianti effettuati in Italia, così come la sopravvivenza dei pazienti e degli organi impiantati, è migliorata notevolmente negli ultimi anni. Nel 2011 l’esito dei trapianti italiani è paragonabile, se non superiore, a quello degli altri principali paesi europei. Lo rende noto il ministero della Salute che fornisce anche una serie di dati illuminanti frutto di una indagine estesa a tutti i centri operativi d’Italia. Negli ultimi dieci anni effettuati 18.583 trapianti: l’89,3% dei trapiantati di cuore si sono reinseriti nella vita sociale con una buona qualità di vita. Lo stesso per il 75,9% dei trapiantati di fegato e l’89,5% dei trapiantati di rene. Dunque il trapianto non solo salva la vita ma permette anche un pieno reinserimento nella società.
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14 Una sorte di Schengen anche per curarsi
Sanità senza frontiere ma troppa burocrazia hi sa che, con quest’anno, anche noi italiani abbiamo finalmente il diritto di curarci in qualsiasi centro pubblico dell’Unione europea e che le prescrizioni mediche valgono ovunque in giro per il continente? L’Italia ha infatti recepito, con ritardo rispetto alla gran parte degli altri paesi Ue, la direttiva che istituisce il Welfare europeo, una sorta di trattato di Schengen (quello che ha abolito da tempo le frontiere) applicato alla salute. Ma si poteva farlo senza mettere in mezzo tutti i peggiori strumenti della più cervellotica burocrazia? Impossibile, sia sul piano economico, sia sul terreno delle cure, e infine: ci mancherebbe altro che
C Via le frontiere anche per curarsi, in Europa. Ma per gli italiani restano gli scogli (insormontabili) della burocrazia nostrana
non si intromettessero le Asl. Certo, sono tutti elementi comuni anche agli altri paesi dell’Unione, ma volete mettere l’organizzazione statuale – che so – della Francia o di un qualunque paese scandinavo, e quella di casa nostra?
Risultato uno: l’italiano in cura all’estero dovrà anticipare i costi delle cure (escluse naturalmente le spese di viaggio, vitto e alloggio) e verrà rimborsato secondo le tariffe regionali che, come ognun sa, variano da noi come la veste di Arlecchino. Risultato due: dalle cure rimborsabili sono esclusi i trapianti, le campagne di vaccinazione e le lungodegenze. Ma quel che più sorprende e preoccupa è il risultato tre: in molti casi è necessaria una autorizzazione della propria Asl. Ciò vale per i casi di ricovero per almeno una notte (vi immaginate l’italiano all’estero alle prese nottetempo o nei giorni festivi con i fax in partenza e in arrivo verso/dalla propria Asl?), per l’uso di strutture sanitarie e apparecchiature “altamente specializzate” e costose, per le cure che comportano un rischio per il paziente. E chi stabilisce in un lampo – da Roma o da Caltanissetta – se la struttura di Lione o di Bucarest è altamente specializzata? E come valutare in un fiat il rischio rappresentato da uno dei mille centri di ventotto paesi. Non bastasse, il bello (pardon: l’assurdo dell’applicazione buro-italiana della direttiva Ue) viene al momento in cui il nostro lettore ha diritto di chiedersi e di chiedere come si fa a ottenere l’autorizzazione dalla Asl. Bene: anzitutto bisogna chiedere alla Asl se la cura prevista necessita di autorizzazione (tempo dieci giorni per la risposta, ma non vale neppure il principio del silenzio-assenso), e poi eventualmente richiederla: trenta giorni. Ma come si fa a fabbricare e impiantare tanto filo spinato intorno all’esercizio di un elementare diritto “europeo” alla salute? Sarebbe interessante saperlo dal ministero della Salute.
PILLOLE DI SALUTE… ECG PER IL GIOVANE SPORTIVO – Quando un giovane comincia l’attività sportiva è più che utile, semmai necessario, fare un elettrocardiogramma: se ci sono patologie nascoste, si noteranno immediatamente. Un’indagine condotta in dieci regioni-campione su ventimila studenti della secondarie ha rivelato che quasi il 23% dei ragazzi presentava alterazioni che andavano approfondite. TRENTA GRAMMI DI NOCCIOLE... – Se il consiglio arriva ora anche dalla severissima Fod and Drug Administration americana, allora non sbagliavano già i nonni agricoltori a raccomandare la “tonda gentile” del Piemonte o, per non
far torto al Sud, la “nocciola di Giffoni”. Ebbene sì, trenta grammi al dì di nocciole sgusciate fanno davvero bene al cuore, e non solo: hanno più acido oleico dello stesso olio d’oliva (quindi possiamo inserirla a pieno titolo nella dieta mediterranea), poi è una fonte importante di minerali e i suoi steroli contrastano l’assorbimento del colesterolo cattivo. D’altra parte con la frutta secca c’è sempre il problema dell’apporto energetico: beh, la dose di
trenta grammi non eccede in calorie e insieme consente di contribuire a ridurre il rischio di cardiopatie. “IBERNATO” DOPO L’INFARTO – Colpito da infarto al miocardio, ad un giovane di 27 anni è stata indotta a Bologna, Ospedale Maggiore, l’ipotermia terapeutica. La si realizza attraverso l’applicazione di otto speciali placche rettangolari contendi un gel che abbassa la temperatura corporea a 35° consentendo tra l’altro di ridurre gli eventuali danni cerebrali. In Italia (dove queste pratiche sono giunte con notevole ritardo) solo l’Ospedale Maggiore possiede il kit di “congelamento”.
…E SALUTE IN PILLOLE OLIO DI PALMA? NO, GRAZIE – Per friggere, e comunque per uso alimentare, quando non è possibile servirsi di olio extravergine di oliva, consumare un paio d’altri grassi vegetali: olio di girasola e olio di arachidi. Mai l’olio di palma: per ragioni sanitarie ed ecologiche. Anzitutto ha un elevato contenuto di grassi saturi, che non fanno bene all’organismo, in particolare del cardiopatico. E poi, per produrlo (è tra i più economici sul mercato), si deforestano enormi aree dell’Indonesia e della Malesia per dar spazio alla coltivazione della palma da olio. Ancora una nota: quando sull’etichetta di un prodotto trovate scritto: “olii vege-
tali”, state certi che questi sono in tutto o in larga parte derivati dalla palma.
fica per consentire l’uso della banca dati anche attraverso cellulari e tablet.
CARTA D’IDENTITÀ DEI FARMACI – Sono oltre ottomila i documenti presenti nella banca dati dell’Agenzia del farmaco (Aifa), il data base ufficiale e oramai pubblico che è stato presentato a Roma nelle settimane scorse. Essa contiene la carta d’identità di tutti i medicinali autorizzati in Italia. Pochi clic (sul sito www.agenziafarmaco.gov.it.) e non solo medici e operatori sanitari ma anche i pazienti potranno accedere immediatamente alle info più utili, aggiornate in tempo reale. E’ allo studio un’app speci-
LA MELA SALVA-CUORE – La notizia ha fatto il giro del mondo in men che non si dica: uno studio dell’Università inglese di Oxford ha rivelato che, consumando (tutti) una mela al giorno, si potrebbero evitare qualcosa come 8.500 decessi l’anno per infarto e ictus. Ora non è che non si conoscessero le doti salutari della mela, la novità consiste nel fatto che ci sia stato qualcuno capace di calcolare gli effetti del consumo della mela in termini di decessi evitati: quasi quanto quelli risparmiati con le statine: 9.400.
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