Un Day Hospital innovativo in Cardiologia di Bozena Krakowska Infermiera professionale, Uoc Cardiologia S.Spirito
a alcuni mesi è stato attivasa; e infine i pazienti che devono eseguito al S. Spirito il Day Hospire la coronarografia radiale a scopo diatal cardiologico, presso il C o l o ro che possono accedere alle pre- gnostico. quale vengono effettuate stazioni in regime in Day Hospital so- I pazienti affetti da queste patologie una serie di prestazioni erogate senza no: i pazienti affetti da fibrillazione vengono avviati presso i nostri ambulabisogno di ricovero in ospedale. Il tra- atriale che devono essere sottoposti a tori cardiologici specialistici, inseriti in sferimento di attività clinica in contesti cardioversione elettrica dopo adeguato lista di attesa, e vengono preparati al riappropriati e meno onerosi è in linea periodo di anticoagulazione; i pazienti covero in regime di Day Hospital. Qui con i modelli organizzativi sanitari più portatori di pacemaker o defibrillatore viene aperta la cartella clinica e il pamoderni ed efficaci. Ecco ziente dovrà essere sotallora che, anche in contoposto a esami ematosiderazione dell’elevata chimici, elettro c a rd i oaffluenza di pazienti presgramma, Rx torace ed so il reparto di card i o l oecocardiogramma gia, e della conseguente (qualora non ne disponga di uno re c e n t e ) difficoltà di ricovero, soe visita anestesiologica no state individuate alcuove necessario. A ciane prestazioni che possoscuno sarà consegnata no essere effettuate in rela nota informativa regime di ricovero diurno. lativa alla procedura da Il vantaggio di questa eseguire in regime di modalità organizzativa è Day Hospital e l’opurappresentato dal fatto che il paziente rimane scolo informativo sulnella struttura solo il teml’adattamento di deterpo necessario per accerminati comportamenti La “nostra” Bozena Krakowsza mentre effettua tamenti, esami o terapie prima dell’intervento, un elettrocardiogramma ad un paziente in Day Hospital la cui data gli sarà co(non più di 12 ore) e poi torna a casa senza occumunicata telefonicap a re un posto letto durante la notte. Il che devono essere sottoposti a sostitu- mente. Il giorno stabilito il paziente, Day Hospital è un ricovero composto zione di generatore in fase di esauri- che deve presentarsi digiuno, viene acda uno o più accessi programmati mento; i pazienti affetti da sincopi di cettato in Day Hospital e successivaognuno di durata inferiore alla giornata origine indeterminata che devono esse- mente sottoposto all’intervento per poi a cui si accede su indicazione del medi- re sottoposti ad impianto di Loop Re- rimanere in osservazione fino alle ore corder (monitor ecg impiantabile sotto- 16.00, quando verrà dimesso. Alla fine co ospedaliero. cutaneo); i pazienti affetti da scompenso cardiaco che necessitano di terapia depletiva (diuretica) per via endoveno-
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gli sarà consegnata la lettera di dimis- ospedali; una continuità assistenziale sione con descrizione dell’intervento garantita da un follow-up e soprattutto che è stato eseguito, i consigli per il la soddisfazione da parte dei pazienti comportamento al domicilio e il prossi- che vivono solo per poche ore il disagio mo appuntamento di controllo pre s s o di un ricovero. Esistono anche dei vanl’ambulatorio cardiologico. taggi di tipo economico per la comuQuali miglioramenti porta il Day Ho- nità: in primo luogo un abbattimento spital? In effetti il ricovero giorn a l i e ro dei costi rispetto alle strutture con depermette: prestazioni accessibili me- genza. Inoltre, liberando le strutture diante la semplificazione delle procedu- ospedaliere da una grande quantità di re d’accesso; una maggiore appro p r i a- degenti sottoposti ad interventi che satezza dei ricoveri secondo le linee gui- rebbero praticabili anche in Day Hospida; la riduzione delle liste di attesa negli tal, è certo che le stesse strutture possono dedicarsi con maggiori risorse umane ed organizzative all’assistenza delle patologie più impegnative, migliorando
il livello qualitativo di tutte le prestazioni. I fattori positivi non si limitano solo all’aspetto della qualità della prestazione e a quello economico, ma sappiamo quanto sia importante anche l’aspetto psicologico dei paziente. Il Day Hospital elimina la preoccupazione per il paziente connessa alla spedalizzazione, che comporta l’allontanamento dall’ambiente familiare e anzi la certezza dell’immediato ritorno a casa.
Aumentano i malati che ricevono le cure a casa n qualche misura collegata alla pratica del Day Hospital è quella dell’Assistenza domiciliare integrata (Adi) che evita i ricoveri in ospedale, anche in casi complessi, con il duplice effetto di notevoli economie nella spesa sanitaria e di benefici di varia natura per il paziente. Naturalmente, essendo questa forma di assistenza a carico delle Regioni, ci sono differenziazioni in qualche misura spiegabili (il Mezzogiorno, le Isole: qui il deficit è maggiore, e quindi minori gli stanziamenti per l’Adi) ma in altri casi del tutto inspiegabili. E’ singolarissimo, ad esempio, che la pur ricca provincia autonoma di Bolzano risulti in coda con 145 assistiti ogni 100mila abitanti, contro i 3.009/100.000 della regione Emilia-Romagna che risulta in testa, seguita dal Friuli-Venezia Giulia e dall’Umbria. Risultato complessivo: in media nazionale 1.066 pazienti ogni 100mila (che ne avevano i requisiti) hanno ricevuto Assistenza domiciliare integrata. E’ una progressione ininterrotta: erano appena 359 nel 1998. Secondo gli ultimi dati disponibili (2012) sono stati 634.986 i pazienti che in Italia hanno usufruito dell’Adi garantendosi una risposta ai bisogni di salute attraverso medici, infermieri professionali, terapisti della riabilitazione, operatori sociali. Questi dati
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sono forniti dal rapporto Osservasalute 2014 realizzato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, e sono considerati “una buona notizia” dal segretario scientifico dell’Ossrvatorio, Alessandro Solipaca, dal momento che “le cure a domicilio permettono una migliore qualità di vita alle persone, soprattutto se non autosufficienti o con disabilità che possono rimanere nel proprio ambiente abituale. Allo stesso tempo le cure a casa fanno risparmiare risorse al servizio sanitario”. E tuttavia, aggiunge Solipaca, “vanno segnalati purtroppo ancora ritardui in alcune regioni copn un numero di ore dedicate a c iascuna persona non sempre adeguato”. Tra i dati positivi rilevati dall’Osservatorio, ma non riferibili all’Adi, c’è anche l’incremento di interventi per frattura del femore eseguiti entro due giorni dal ricovero: sono passati dal 35,1% del 2010 al 50,2% del 2013: “Un indicatore di appro p r i atezza clinica”, sottolinea Solipaca: “Le linee guida raccomandano tempi rapidi perché, come dimostrano gli studi, operando tempestivamente si hanno esiti migliori specie negli anziani”.
L’Asl RmE, azienda in movimento: quattro programmi e quarantadue progetti “Un’azienda in movimento”, così l’ha definita il Direttore generale, Angelo Tanese, sia in apertura dell’audizione sui nuovi atti aziendali con la commissione Politiche sociali e Salute presieduta da Rodolfo Lena, e sia nell’incontro con tutto il personale. La ASL Roma E è infatti una azienda fortemente concentrata a migliorare il livello e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e al contempo l’organizzazione del lavoro. Per farlo si è dotata di uno strumento con cui attuare c o n c retamente il Piano Strategico Aziendale 2014-2016: il Master Plan. A partire dalla fine del mese di marzo hanno preso avvio quattro programmi, articolati in 42 progetti, che coinvolgono tutte le strutture aziendali, mirati a ri-orientare la rete ospedaliera aziendale (San Filippo Neri, Santo Spirito, Oftalmico); a creare un nuovo modello di assistenza territoriale, con l’apertura delle Case della Salute e l’attivazione dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali; a riorg a n i z z a re le funzioni amministrative e di staff; e portare avanti due progetti speciali, come la riqualificazione del comprensorio di Santa Maria della Pietà e la valorizzazione del polo museale Santo Spirito. Per ciascun progetto la Direzione ha nominato un responsabile che sarà supportato da un team di lavoro, con il compito di definire rapidamente gli obiettivi attesi, le azioni, i tempi di realizzazione, le risorse necessarie e i servi-
di Roberta Mochi Ufficio Stampa ASL RME
zi coinvolti. Successivamente i progetti verranno validati dalla direzione e illustrati ai servizi interessati per condividere il percorso di attuazione e raccogliere ogni ulteriore idea di miglioramento. Infine, sulla base degli elementi contenuti all’interno delle “Schede Progetto” compilate dai responsabili, si procederà alla loro elaborazione ed analisi, al fine di aggregarle all’interno del Master Plan. Per sostenere questo ambizioso processo di cambiamento sono previste molteplici iniziative di formazione rivolte agli operatori coinvolti sui differenti ambiti di innovazione: presa in carico e empowerment del paziente, ospedale per intensità di cure, appropriatezza, org a n i z z azione e qualità dei servizi. Da ultimo, l’avvio dei progetti del Master Plan si coniuga con il percorso di attuazione del nuovo Atto Aziendale, vale a dire il nuovo assetto organizzativo entrato in vigore a partire dal 1° apri-
le 2015, che semplifica il modello organizzativo, rafforza l’integrazione tra le strutture aziendali e consentirà nelle prossime settimane di ridefinire tutti gli incarichi e la nuova dotazione di perso-
nale. Tutto ciò in attesa di realizzare nel 2016 il percorso di fusione con la ASL Roma A, così come previsto dai programmi operativi per il rientro dal deficit sanitario adottati dalla Regione Lazio. Insomma, un piano straord i n a r i o di interventi che la ASL Roma E intende realizzare con grande determinazione e entusiasmo, con la partecipazione attiva di tutto il personale, per accre s c e re la soddisfazione dei cittadini e creare al tempo stesso relazioni di fiducia e il benessere degli operatori.
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Solo gli abilitati possono usare i defibrillatori? Chiesta una norma che escluda guai legali quando si soccorre senza specifica formazione
i chiama “legge del buon Samaritano” e potrebbe contribuire a colmare la distanza abissale tra il 2-3% della media nazionale di quanti sopravvivono ad un attacco cardiaco devastante, e il 36% di sopravvivenza registrata dove è presente una rete di defibrillatori accessibili. In buona sostanza, se ci fosse l’aggiunta di una sola frase all’attuale legge sull’uso dei defibrillatori automatici e semiautomatici, chiunque – anche privo del certificato di abilitazione – potrebbe in caso di necessità prestare soccorso senza temere conseguenze legali di tipo civile o penale. (Per quanto riguarda quelle medico-sanitarie, quanti tra i nostri lettori hanno frequentato i corsi Blsd sanno bene che l’apparecchio salvavita è sicuro: guida il soccorritore nel far partire la scossa elettrica, solo se effettivamente necessaria, che rianima il cuore.) Perché parliamo di una sorta di immunità? Perché la legge oggi in vigore dispone che ad adoperare i defibrillatori siano, oltre ai medici e agli infermieri professionali, i soccorritori che abbiano frequentato un corso di addestramento certificato, appunto il Blsd, o un permesso dei servizi 118.
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Con un appello alla ministra della Salute e ai presidenti delle Camere, una diecina di associazioni – tra cui quel Progetto Vita che ha fatto di Piacenza la città più intelligentemente attrezzata in questo campo – ed un gruppo di cardiologi e avvocati hanno chiesto che all’art. 1, primo comma, della legge 120 del 3 aprile 2001 che consente l’uso dei defibrillatori in sede extraospedaliera al personale sanitario non medico e “al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle atti-
vità di rianimazione cardiologica”, sia aggiunto un comma-chiave, questo: “ovvero in caso di necessità e in assenza di personale addestrato, chiunque può utiliz zare un defibrillatore automatico o se miautomatico estern o”. D’accordo con la proposta il dire t t o re generale del 118 Lombardia Alberto Zoli, purché l’intervento del volontario sia “guidato” dalla sala operativa del soccorso. Favore v o l i anche il presidente della Società italiana sistema 118, e Federico Semararo dell’Italian Resuscitation Council che si spinge anche più avanti: “Dovrebbe passare il messaggio che non bisogna avere paura di iniziare la rianimazione cardiopolmonare in generale”. Una forzatura? Una eccezione all’italiana? Niente affatto: in Francia è pratica dal 2007, lo stesso accade in Catalogna e in altre regioni europee. D’altra parte c’è una Dichiarazione del Parlamento europeo del 2012 che invita la Commissione e gli stati membri ad “adottare una legislazione armonizzata in tutta l’Ue al fine di garantire l’immunità da ogni responsabilità ai soccorritori non professionisti che offrono volontariamente assistenza in caso di emergenza cardiaca”.
Sono 70mila le persone colpite ogni anno in Italia da arresto cardiaco. Il 70% dei casi si verifica in casa, il resto in strada o in ambienti pubblici come uffici, supermercati, ecc. la media di sopravvivenza all’arresto cardiaco è in media del 2-3%, ma con una rete di defibrillatori in città la media dei salvati sale al 36%. Diffondendo la rianimazione cardiopolmonare immediata (con “immunità”) la sopravvivenza potrebbe raggiungere il 50-60% dei casi.
Quando la palestra impone di non dimenticare l’infarto L’esperienza di un funzionario cinquantenne
lla base del collo. Ecco dove si può nascondere (a chi scrive era ignoto) il segnale di un infarto in arrivo. Anzi, nel caso di Giovanni Guasina, già bello e arrivato. Giovanni ha cinquant’anni, moglie e un figlio; è un funzionario dell’ambasciata USA a Roma. L’infarto l’ha colpito a ottobre; uscito dall’ospedale S. Spirito, eccolo nella palestra della riabilitazione impegnato a pedalare.
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Come è andata la scoperta dell’infarto in corso? “E’ andata che un sabato mattina, in vista di un impegno di lavoro all’Auditorium, mi sono alzato presto e sono uscito. Allora mi sono accorto che c’era qualcosa che non andava: un dolore, costante ma non lancinante, alla base del collo. In più sudavo, sudavo molto.” Tanto sudore in autunno può essere un campanello d’allarme… “E infatti, non sono un allarmista, ma ha funzionato il buon senso: all’Auditorium c’era un’ambulanza, e ci sono andato per controllare la pressione (che andava benissimo). Però il medico a b o rdo mi ha suggerito un tracciato, e
quindi siamo partiti per l’ospedale. Io stesso ho suggerito il Santo Spirito perché sapevo che aveva una buona Cardiologia. Al pronto soccorso dopo due secondi di elett ro c a rdiogramma si sono resi conto che era in corso un infarto.” E poi? “A quel punto, tutto come in un film americano. Codice rosso, di corsa su in emodinamica (il reparto funziona 24h), angioplastica e un primo stent. Poi ne sarà necessario un secondo, perché un altro ramo della coronaria era occluso all’80%: ‘un altro infarto pronto a scattare’, come mi ha detto il medico.”
importante: la possibilità di un uso prudente e discreto del cellulare, per potere scambiare messaggi con amici e familiari. Mi ha eliminato l’effetto-limbo. Dopo li secondo stent, qualche giorno in subintensiva, e poi a casa. Dopo la dimissione ho scritto una mail ai primari, in copia all’URP, in cui ringraziavo tutti gli operatori per come si erano presi cura di me.”
Un bel giorno hai cominciato la palestra… “Anche qui, e da subito, un livello inatteso di comprensione e di disponibilità da parte delle operatrici e anche dei ‘colleghi’ con, come dire? ..maggiore anzianità di riabilitazione. E anche qui due sensazioni molto significative. Da un lato la palestra mi si è mostrata come un obbligo a non rimuovere quel che mi Poi, immagino, la degenza in terapia in - era capitato. Anche il confronto costantensiva. te di esperienze è un supporto psicolo“Ecco, a parte l’attenzione costante e gico prezioso. Dall’altro lato il mio uff ipartecipe al degente, in quel reparto mi cio, registrando che tre volte alla settihanno colpito due elementi. Intanto mana ho le sedute di cura, si ricorda che che medici e infermieri (non solo pro- le cose non sono tornate come prima fessionali ma anche specializzatissimi) (ma che sperabilmente lo faranno col non si fermano mai, giorno e notte. Cer- tempo), ed anche questo è un aiuto: c’è to, ci sono i turni, ma tu ti accorgi solo chi, oltre a me, non rimuove.” che c’è sempre, dico sempre, qualcuna che pensa a te. E l’altra cosa non è meno
La redazione di Cuore Amico ringrazia le case farmaceutiche Daiichi Sankyo e Eli Lilly per il sostegno offerto alla pubblicazione di questo giornale
Depressione post-infarto come riacquistare fiducia in se stessi “Chi supera un evento grave spesso di Giulio Scoppola Psicologo-psicoterapeuta continua comunque ad avere paura. Direttore Uosd Psicologia Ospedaliera e di Comunità Ma più ci si impegna a tornare alla vita (Dipartimento di Salute Mentale Asl RM E) normale più si sfugge alla depressione” (Danilo di Diodoro in: Corriere della Se ra Salute, dell’11 Gennaio 2015). Ripartiamo dalla possibilità (una persona rintracciare: un agente patogeno, una punizione per su cinque) di sviluppare sintomi depressivi dopo un qualcosa che abbiamo commesso, una entità fantainfarto del miocardio; e dalla quasi certezza che una smatica, un senso di colpa, un persecutore interno. personalità “abitata” dalla depressione perda via via Tutti i nostri riferimenti e le costanti della nostra esiquella pressione psicologica e relazionale che, è dimostrato, assicura una migliore resistenza e resilienza alle ma- stenza, compresi i valori, vengono allora ridefiniti. Tutte le relattie. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Frontiers in lazioni parentali, lavorative ed amicali vanno incontro ad una Psychology, riportata dal citato articolo sul Corriere, “a determi- verifica di priorità. La nostra stessa inconsapevole proiezione nare lo sviluppo della depressione è soprattutto il modo in cui nel futuro, necessaria per pro g e t t a redesiderare ed attendere, una persona vive l’esperienza: più è cosciente del rischio corso, subisce una battuta di arresto. Il tempo assume un nuovo sipiù continua a pensare alla minaccia alla quale è stata esposta, gnificato e anche la coscienza/consapevolezza rischia di venir più è alto il rischio di depressione. Al contrario, più si concen- alterata dai pensieri fobici ed ossessivi che riguardano la mitra su come superare la crisi, tornare alla vita normale, cercare naccia al Sé portata dalla malattia cardiaca. Il rischio di una imsupporto da parenti e amici, più è probabile che possa sfuggire plosione delle energie psichiche e fisiche, con conseguente svialla depressione”. In Italia solo il 14% delle persone segue, do- luppo depressivo, appare a questo punto possibile, anche per po l’infarto, una riabilitazione cardiovascolare che è associata, persone generalmente allegre spensierate e impegnate nel secondo uno studio della Mayo Clinic (USA) ad una netta ri- mondo. Allora che fare? Un piccolo passo indietro. La radice duzione delle recidive e della mortalità. L’approccio che allora etimologica della parola emozione rimanda (da: emo-agère), alappare più utile utilizzare fa riferimento al paradigma della Psi- l’idea del sangue in movimento, in azione. Le emozioni, seconcologia della Salute (cfr. M.Bertini, 2012), che ci spinge a guar- do una lettura psicosomatica-clinica, originerebbero dalla stesdare gli aspetti fisiologici, le condizioni che mantengono la sa- sa “radice” del sangue, considerato come un organo fluido (teslute psico-fisica e le cause che la minacciano. Secondo questo suto), deputato alla comunicazione, al trasporto dei nutrienti e approccio la malattia, ma sarebbe più corretto dire le malattie, delle sostanze di rifiuto. Il sangue, come le emozioni, in effetti emergerebbero dalla perdita di un equilibrio biopsicosociale ha enormi capacità di modificarsi e di prendere o perdere spaed ecologico; cioè di relazione fra le componenti biologiche zio all’interno del corpo (e della mente della persona). Le emopsicologiche sociali e con l’ambiente che lo ospita. Essa agireb- zioni, come il sangue, devono essere fisiologicamente contebe colpendo gli organi più vulnerabili ed attaccando progressi- nute: per il sangue dalle arterie, dai vasi, dai capillari, dalle cavamente la funzionalità dell’organismo nella sua interezza. A vità cardiache che ne facilitano o ne rendono difficile il transito questo proposito sappiamo che già i filosofi dell’Antica Grecia ed il contenimento. Per le emozioni dall’apparato psichico, (Parmenide nel Carmide) ricordavano la natura indivisibile dalle capacità di pensiero e di astrazione, dalle parole ed i condella Persona. Ma torniamo al concetto di fiducia. L’infarto ci cetti che possono permetterne od impedirne l’esistenza, l’eappare come un tradimento operato da una entità sconosciuta spressione, la comunicazione. (male, malattia, tensione, stress, pensiero negativo…) nei no- Ecco che ci appare, in tutta la sua importanza, l’”allenamento” stri stessi confronti. La inconsapevole e stabile fidupsicologico da fare. Dobbiamo rendere dinamico, ed cia, che formava fino a quel momento la base della in profonda e costante comunicazione interna, un nostra sicurezza personale e della nostra autostima, complesso sistema “cuore-sangue-polmoni-ormoniviene minata da qualcosa che è difficile da definire e emozioni-relazioni-parole-pensieri”, che per diversi
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motivi può tendere alla paralisi. Dobbiamo esercitarci nella capacità di riconoscere, far circolare e condividere le emozioni ed i pensieri connessi con quello che p e rcepiamo presente dentro di noi. La Montagnaterapia, di cui abbiamo parlato tante volte, ma anche altre attività a carattere psico-fisico all’aperto e in gruppo, sono “medicine” oramai sperimentate e praticate. La mancanza di fiducia appare così la causa ma anche la conseguenza della perdita della salute. Causa quando all’interno del Sé le componenti bio-psico-sociali non comunicano re c i p ro c a m e n t e , cioè non si riconoscono, non scambiano informazioni o le scambiano in modo di-
sfunzionale: conseguenza quando da quella situazione di cattiva integrazione all’interno del Sé viene percepita una scarsa fiducia nei propri mezzi o un abbassamento della energia a disposizione o dell’autostima. O quando si rinuncia addirittura a desiderare o progettarsi nel futuro (per dei motivi che hanno a che fare con una forte rabbia trattenuta). La fiducia potrà tornare solo dopo che ci saremo avvicinati ed avremo cercato di dare un volto un nome ed una nuova dinamica (orientata ad un risultato) ai “contenuti interni”. Che fare dunque? Cogliere l’occasione della “crisi cardiaca” (nel
senso positivo di una apertura di senso e di nuova possibilità esistenziale) per operare una sorta di “manutenzione straordinaria” del Sé, cioè del nostro organismo guardato sotto il profilo psicosomatico e psicosociale. Non è un lavoro impossibile né lungo, che per la nostra esperienza richiede un l a v o ro psicologico specifico che si affianchi al lavoro psicologico “diff u s o ” che si attua durante le attività riabilitative. L’obbiettivo è accompagnare la persona a sperimentare un nuovo senso di auto-efficacia, em powerment ed autostima alla base della ripresa di una sufficiente energia psicofisica e re l a z i onale.
Gli Amici del Cuore tra musica, Ostia e monti re belle “uscite” dell’Associazione Cuore Sano hanno segnato l’avvio dell’anno sociale sul versante delle iniziative ricreativo-culturali. Il via era stato dato allo scadere del 2014 con un concerto dell’Orchestra filarmonica di Ti v oli, per la seconda volta ospite del Santo Spirito. Diretto dal maestro Francesco Romanzi, il complesso (45 elementi, alcuni dei quali giovanissimi) ha offerto un programma di alIl dott. Ricci presenta l’Orchestra Filarmonica di Tivoli to livello – da Hendel a Pachelbel, da Charpentier a Chaikovski, Shostakovic, Rossini e altri – graditissimo dal pubblico che affollava il Teatro del S. ad una visita agli scavi di Ostia antica, guidata dalla dott.ssa Spirito. Il mese scorso, poi, ben 34 soci hanno accolto l’invito Elisa Dattile. I soci hanno visitato le tombe, il foro, il teatro, le terme, il mercato con gli straordinari mosaici e gli altri luoghi di quella che era l’animatissima città-porto di Roma. Tra gli “ospiti” il presidente dell’Acs, dr. Carunchio, le card i o l o g h e dr.sse Lumia e Sestili, la coordinatrice della Riabilitazione Clara Amari, l’infermiera professionale Sonia Meloni. Infine, mentre questo giornale va in stampa, ecco la decima edizione della ormai tradizionale Montagnaterapia. L’appuntamento era fissato per il 19 e 20 di questo mese di giugno. Dove si va per monti? Mentre scriviamo è anFoto di gruppo dei partecipanti alla visita ad Ostia antica cora una sorpresa.
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L’Ecodoppler che supera la barriera ossea del cranio ino a pochi anni fa l’esplorazione della circolazione cerebrale intracranica con l’ecodoppler transcranico (EDTC) risultava impossibile perché gli ultrasuoni erano fortemente attenuati dalle strutture ossee del cranio. Oggi – grazie all’intuizione del Prof. Rune Aaslid, che nel 1982 ha applicato per primo il Doppler Pulsato bidirezionale ad alta energia – è possibile superare la barriera ossea con i normali ecocardiografi opportunamente “settati”. Così, abbinando il colordoppler, si può ottenere una buona visualizzazione delle arterie cerebrali e il corrispettivo doppler. L’unico ostacolo è spesso rilevabile nelle donne in menopausa in quanto l’osteoporosi attenua il segnale. Esistono peraltro 3 “finestre” ecografiche: la transtemporale, la transorbitaria e la transnucale con diversi punti di osservazione delle arterie. In ambito cardiologico l’EDTC consente, mediante il test alle microbolle o bubble test , di valutare la persistenza del forame ovale pervio (FOP). Il forame ovale è un piccolo foro del setto interatriale che divide l’atrio destro dall’atrio sinistro che deve essere necessariamente aperto prima della nascita. Il FOP consente, infatti , al sangue ossigenato proveniente dal cordone ombelicale di dirigersi verso la circolazione arteriosa del feto. Alla nascita i polmoni si espandono, il sangue viene attirato verso il circolo polmonare con conseguente chiusura anatomica del foro; questa avviene generalmente entro i primi 3 mesi di vita. In realtà molti studi hanno dimostrato che il FOP è molto f requente con stime che raggiungono il
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di Alessandro Totteri Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
25-30% della popolazione generale: quasi una variante normale! Nella maggior parte dei casi comunque il FOP decorre asintomatico senza mai creare problemi. In alcune situazioni invece la presenza del FOP può essere responsabile del passaggio di microemboli (ictus o TIA in età giovanile, malattia da decompressione nei subacquei) o passaggio di sostanze instamino/simili (normalmente eliminate dai polmoni) responsabili spesso di attacchi di emicrania. Effettuando un EDTC con il test alle microbolle è oggi possibile stabilire con accuratezza la presenza di POF e averne una stima della sua entità. Il test è semplice, rapido, non invasivo e consiste nel registrare l’EDTC mentre si inietta in una vena periferica una soluzione salina “agitata” (microbolle). La registrazione doppler del passaggio delle microbolle nel circolo cerebrale entro i primi 10 secondi dall’iniezione confermano che esiste un passaggio di sangue dal circolo veno-
so a quello arterioso attraverso il FOP. Il test viene ripetuto dopo potenziamento con la manovra di Valsalva (espirazione forzata a glottide chiusa) che aumenta la p ressione venosa e consente di svelare un FOP latente. L’unica controindicazione al test è la gravidanza o la presenza di una fistola artero/venosa (pazienti dializzati). Valutando l’entità del FOP correlandola alla situazione clinica associata è possibile sviluppare le eventuali strategie terapeutiche. Nel FOP di piccole dimensioni o latente con scarsa sintomatologia, il primo approccio è costituito da terapia antiaggregante piastrinica (aspirina e/o clopidogrel), mentre gli anticoagulanti orali sono riservati a pazienti con FOP ed elevato rischio di trombosi. Nel POF ampio associato a TIA re c i d i v a n t i con lesioni ischemiche cerebrali documentate potrebbe essere indicata la chiusura meccanica del difetto. Mentre un tempo la chiusura richiedeva un vero e proprio intervento card o c h i r u rgico, la tecnologia attuale permette la chiusura mediante un dispositivo percutaneo introdotto attraverso la vena femorale (una sorta di doppio ombrellino montato chiuso su un catetere) in anestesia locale. Dal marzo 2015 anche c/o l’Ambulatorio Cardiologico del S. Spirito è possibile effettuare un EDTC con bubble test per la diagnostica del FOP e, a bre v e , l’Emodinamica sarà in grado di provvedere alla chiusura percutanea del difetto.
Come funziona sul cuore (e quanti segreti rivela) la risonanza magnetica a risonanza magnetica nucleare (RMN) è una tecnica di “ imaging” che si basa sulle proprietà del campo magnetico. La RMN cardiaca, in particolare, è un esame che permette di studiare in modo approfondito tutte le strutture cardiache. Per la sua corretta esecuzione e interpretazione è necessario un team di specialisti che dov’essere composto da tecnico radiologo, medico radiologo e cardiologo. L’esame non è dannoso poiché non utilizza i raggi X; dura all’incirca un’ora e richiede una certa collaborazione da parte del paziente. Prevede l’utilizzo di un mezzo di contrasto a base di gadolinio, che non espone agli stessi rischi di reazioni allergiche di quello a base di iodio usato in radiologia, ma che è potenzialmente tossico in caso di grave insufficienza renale. Fornendo ricostruzioni tridimensionali della struttura cardiaca, la RMN è utile per una corretta definizione diagnostica di diverse patologie a carico del cuore e delle valvole cardiache come le cardiomiopatie dilatative, le miocarditi, le cardiomiopatie ipertrofiche, le cardiopatie congenite, le valvulopatie, le malattie dell’aorta e dei vasi polmonari, le malattie del pericardio, i tumori cardiaci. Utile anche per lo studio di alcune forme di aritmie e per la valutazione della fibrosi cardiaca dopo un infarto del miocardio. Le controindicazioni sono quelle usuali per i pazienti da sottoporre a RMN come la presenza di pace maker e di defibrillatori tradizionali non “RMN compatibili”.
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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
La metodica è considerata il “gold standard“ ovvero l’unica che permetta di visualizzare la presenza di danni strutturali del cuore, sia pre g ressi che re c e n t i , consentendo una esplorazione totalmente non invasiva e fornendo una qualità di immagine irraggiungibile con i metodi tradizionali. Nonostante il suo alto livello di definizione, lo specialista può dover far fronte a due tipi di artefatti che possono danneggiare la qualità e l’interpretabilità delle immagini. Intendo gli artefatti dovuti al moto re s p i r a t orio e quelli dovuti al normale movimento cardiaco. Per minimizzare gli artefatti da respirazione si acquisiscono le immagini facendo trattenere il re s p i ro al paziente. Per minimizzare gli artefatti da movimento, dovuti al normale movimento cardiaco, si dovrà incro n i z z a re l’elettrocardiogramma con l’acquisizione delle immagini. E’ quindi auspicabile e s e g u i re l’esame in un paziente con ritmo sinusale regolare poiché è più difficile ottenere buone immagini in pazienti con aritmie. In caso di aritmia si può ric o r re re alla premedicazione farmacologica (ad esempio con farmaci beta- bloccanti ) per cerc a re di ridurre al minimo gli episodi aritmici. L’utilizzo del mezzo di contrasto permette di discriminare, in vari contesti clinici, il miocardio sano da quello patologico e l’eventuale presenza di aree diverse dal tessuto muscolare. Per esempio, nella displasia aritmogena del ventricolo destro (una anomalia congenita rara ma che
può causare la morte improvvisa in un soggetto giovane e apparentemente sano) la RMN cardiaca evidenzia una sostituzione del miocardio del ventricolo destro con tessuto adiposo. Dopo un infarto del miocardio la metodica offre la possibilità di diff e re n z i a re tra un segmento miocardico infartuato ed uno disfunzionante ma vitale e potenzialmente recuperabile, quindi di distinguere tra danno reversibile e danno irre v e r s i b i l e , indirizzando il clinico verso percorsi terapeutici più appropriati e personalizzati. Importanza notevole assume anche la possibilità di caratterizzare le aree di miocardio edematoso, distinguendo le patologie acute (come la miocardite) da quelle croniche. La possibilità di identificare la fibrosi miocardica, uno dei più importanti fattori che condizionano la prognosi del paziente nei più svariati contesti di patologie cardiache, è attualmente prerogativa pressoché unica della RMN. Inoltre , grazie all’impiego di stress farmacologici, è possibile simulare una prova da sforzo durante una RMN con l’obiettivo di s t u d i a rela perfusione miocardica ed evidenziare eventuali aree di ischemia. I dati della letteratura dimostrano una equivalente accuratezza della RMN rispetto alla scintigrafia miocardica ma con il vantaggio di non esporre i paziente ad alcuna radiazione ionizzante. La valutazione delle malattie congenite del cuore resta comunque uno dei principali campi d’applicazione della RMN, soprattutto nell’ambito della cardiologia pediatrica.
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A rischio chi ha auto e tv ovvero i benefici dell’esercizio fisico Interheart è un grosso studio che ha interessato 52 paesi dei 5 continenti: sono stati messi a c o n f ronto diecimila pazienti con pre g resso infarto con circa quattordicimila sani (cioè senza infarto, che fanno da controllo) ed è stato valutato l’effetto di nove fattori di rischio: l’attività fisica è risultata essere un importante fattore protettivo con una riduzione del rischio di infarto miocardico del 14%. I soggetti impegnati in un lavoro che implicava una attività fisica a bassa o moderata intensità presentavano un minor rischio di infarto rispetto a chi svolgeva un’attività lavorativa sedentaria. Non altrettanto quelli che svolgevano un’attività lavorativa fisicamente pesante. Invece, la pratica di esercizio fisico di intensità lieve, moderata o intensa nel tempo libero, si è dimostrata protettiva. L’effetto prodotto dall’attività fisica è stato osservato indiff e rentemente nei paesi a basso, medio ed alto reddito ed a prescindere dal reddito individuale. Inoltre è emerso che i soggetti in possesso sia di una macchina che di una televisione erano a più alto rischio di infarto rispetto a coloro che non possedevano nessuna delle due. L’ e s e rcizio fisico re g o l a re e continuativo oltre ad essere un fattore p rotettivo di per sé nei confronti delle malattie cardiovascolari, contribuisce a ridurre gli altri fattori di rischio. I valori pressori si riducono sia negli ipertesi che nei normotesi, anche di 10 mmhg, grazie alla riduzione del tono nervoso simpatico e dell’attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone. I n o l t re vi è un miglioramento della funzione endoteliale. Nei diabetici si riduce la glicemia grazie alla riduzione della produzione di glucosio da parte del fega-
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di Francesca Lumia Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
to, al maggior utilizzo dello stesso da parte dei muscoli allenati e alla aumentata sensibilità all’insulina. L’attività fisica riduce significativamente i trigliceridi ed incrementa il colesterolo HDL. L’allenamento produce benefici sia a livello centrale (cuore e polmoni) che periferico (muscoli). L’incremento della contrattilità associato al miglioramento della funzione diastolica e alla riduzione della frequenza cardiaca contribuisce ad un migliore rendimento del cuore, consentendoci di compiere lo stesso carico di lavoro con un ridotto consumo di ossigeno. Durante l’esercizio aumenta il flusso sanguigno ai polmoni, grazie all’aumentato ritorno venoso al cuore destro, ma attenzione: ciò avviene durante attività aerobica di resistenza, non durante esercizi isometrici tipo il sollevamento pesi. Nei soggetti allenati, la frequenza degli atti respiratori è minore rispetto ai non allenati per lo stesso esercizio, i muscoli respiratori diventano più forti e vi è un minor utilizzo dei muscoli costali rispetto al diaframma. A livello della muscolatura periferica incrementa la massa, la forza, il numero delle fibre a metabolismo ossidativo rispetto a quelle a metabolismo anaero b ico, il flusso muscolare, il numero dei capillari (per apertura dei vasi esistenti e per angiogenesi grazie all’incremento di flusso e all’ipossia), il numero dei mitocondri nei miociti con miglioramento del metabolismo aerobico intracellulare, riduzione della produzione di acido lat-
tico ed incremento della soglia anaerobica. Tutto ciò determina un sistema cuore-polmoni- muscoli più efficiente e questo è tanto più importante quanto più il cuore presenta una riduzione di funzione. Un importante beneficio, scoperto più recentemente, è sulla normalizzazione della disfunzione endoteliale. L’endotelio, il tessuto che riveste internamente i vasi, comprese le coronarie, è un vero e proprio organo che svolge funzioni di controllo sul tono vascolare (aumento o riduzione di calibro e di conseguenza di flusso), sulla coagulazione (formazione di trombi) sui processi infiammatori (instabilità di placca) e quindi ha un grosso ruolo nella progressione dell’aterosclerosi. L’endotelio svolge molte delle sue funzioni grazie alla produzione di ossido nitrico. Tale produzione è stimolata dalla forza esercitata dallo scorrimento del sangue all’interno dei vasi, il cosiddetto “shear stress”, vale a dire che più ci muoviamo più incrementa l’ossido nitrico (incremento di circ a 13 volte dopo 1 h di esercizio), più l’endotelio svolge funzioni anti-aterosclerotiche e anti-trombotiche, quindi antiischemiche. L’Organizzazione mondiale della Sanità consiglia per gli adulti un’attività fisica aerobica (camminata, corsa lenta, nuoto, bicicletta, sci di fondo….) di moderata intensità, della durata di almeno 150 minuti a settimana e di almeno 10 minuti per ogni sessione.
Perché la chemioterapia può danneggiare il cuore e malattie neoplastiche sono una delle cause più frequenti di mortalità nella popolazione generale. L’utilizzo di farmaci antitumorali nella cura delle neoplasie risale agli inizi degli Anni ‘60 e ha avuto un’evoluzione storica importante passando dalla monochemioterapia alla polichemioterapia. Negli Anni ‘70-‘80 è stato anche introdotto il trattamento chemioterapico adiuvante con l’intento di distruggere, dopo l’intervento chirurgico, le eventuali micrometastasi del tum o re primitivo ed aumentare così la percentuale di guarigione. Ma i principali problemi della chemioterapia sono la tossicità e gli effetti collaterali. Gli effetti collaterali dei chemioterapici sono legati al fatto che anche le cellule dei tessuti e degli organi sani sono sensibili all’azione antiproliferativa di tali agenti. Questa sensibilità si manifesta attraverso una serie di effetti collaterali o tossici che possono variare in rapporto alla dose, alla modalità di somministrazione ed in base alla tipologia di farmaco utilizzato. Le manifestazioni tossiche della chemioterapia antineoplastica costituiscono un aspetto importante del trattamento ed influiscono pesantemente sulla sopravvivenza dei pazienti. La cardiotossicità da chemioterapici, per la sua frequenza e potenziale lesività c a rdiaca, sta sempre più guadagnando l’interesse degli oncologi e dei cardiologi, tanto da far nascere una nuova branca della cardiologia: la card i o - o n c o l ogia. La cardiotossicità da chemioterapici può essere intesa come l’insieme di eventi cardiaci avversi (disfunzione
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di Marco Renzi Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
ventricolare sinistra, scompenso cardiaco, aritmie, coro n a ropatie ecc.) provocati da farmaci antitumorali. La card i otossicità si distingue in una forma acuta o subacuta che può presentarsi durante il trattamento chemioterapico, e in una forma cronica, distinta a sua volta in c ronica precoce e in cronica tardiva, a seconda che i disturbi cardiaci si manifestino entro o dopo un anno dalla fine del trattamento antitumorale. Le manifestazioni cliniche più frequenti durante la forma acuta e subacuta della c a rdiotossicità, sono rappresentate da lievi alterazioni della ripolarizzazione ventricolare, dalle aritmie e dallo scompenso cardiaco acuto. Nella forma cronica prevale la disfunzione ventricolare sinistra con scompenso cardiaco causato da card i o m i opatia ipocinetica. Tra i farmaci card i otossici da più tempo impiegati vanno ricordate le antracicline, la cui azione lesiva sul cuore si presenta solitamente nella fase cronica: è irreversibile e può essere indipendente dal dosaggio utilizzato. Alcuni farmaci di più recente impiego, molto efficaci, ma caratterizzati da una notevole cardiotossicità intrinseca, costituiscono il gruppo delle cosiddette “target therapies”. Il prototipo di questa classe di farmaci è rappresentato dagli anticorpi monoclonali, il cui utilizzo allunga notevolmente la sopravvivenza oncologica dei pazienti trattati,
ma può causare disfunzione ventricolare sinistra in un’alta percentuale dei casi, corrispondente all’8-30% nelle varie casistiche. La cardiotossicità, per i motivi che abbiamo esposto, rappresenta uno dei grandi problemi della chemioterapia, in quanto, per i danni cardiaci che può pro v o c a re, tende a far limitare la scelta verso schemi terapeutici meno aggressivi, ma anche meno efficaci. Poiché la vita dei pazienti oncologici trattati con chemioterapia tende ad allungarsi sensibilmente, per evitare di cre a re card i opatie talora più gravi dalla stessa malattia tumorale basale, la ricerca è impegnata nell’individuare markers precoci di cardiotossicità e nel produrre farmaci antitumorali che, pur mantenendo un’elevata efficacia, non pro vo c hi no danni cardiaci. Nei pazienti trattati con chemioterapia, scoprire precocemente i segni di cardiotossicità è di grande importanza, in quanto renderà possibile intraprendere una terapia opportuna che possa arre s t a re ed eventualmente far re g re d i re i danni cardiaci provocati dalla chemioterapia.
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Pillole di salute DUE REGOLE IMMUTATE – Per verificare se siamo sovrappeso ricord i a m o sempre due regole elementari: circonferenza vita e indice di massa corporea (Imc). La rilevazione della circonferenza è solo in apparenza semplice perché esige che sia misurata in posizione eretta, senza trattenere il respiro e dove min o re è la circonferenza del tronco. Ora, per essere (relativamente) tranquilli, la misura ideale è che il valore sia inferiore agli 88 cm nella donna e inferiore ai 102 nell’uomo. L’Imc si ottiene invece moltiplicando il peso espresso in chili diviso per il quadrato dell’altezza. Dal risultato di questa semplice operazione si vedrà se si è sottopeso (da 17 a 18,5), normopeso (18,5-25), sovrappeso (25,5-30), moderatamente obeso (30,5-40). Se poi si supera quota 40… CONTROLLO-PESO GIA’ A 30 ANNI – Ancora uno studio americano sul peso frutto del controllo per quarant’anni di 18mila persone. Chi si impegna sin dai 30 anni a controllare la tendenza al sovrappeso e a contro l l a re ipertensione e diabete guadagna dagli 11 ai 13 anni di buona salute riducendo significativamente il rischio di insufficienza cardiaca. I dati dello studio indicano infatti che i 45enni sani che hanno in seguito sofferto di insufficienza cardiaca hanno manifestato i primi sintomi di questo
disturbo intorno agli 80 anni mentre i loro coetanei con chili di troppo (o diabetici, o ipertesi) hanno cominciato a fare i conti con la malattia già alla fine dei 60 anni. QUANDO PESARSI – Il peso è di solito massimo il lunedì mattina e minimo tra il venerdì e il sabato, secondo tre ri-
cerche Usa. Il mercoledì è il giorno della settimana che rappresenta, in media, il peso “reale” di una persona. Per non accumulare chili di troppo meglio pesarsi tutti i giorni e comunque non far passare più di una settimana da un controllo e quello successivo. LDL ALTO? ALLARME AO R TA – In un recente studio pubblicato su Jama, la rivista medica americana, si dimostra come vi sia un nesso causale tra alti livelli di LDL, il colesterolo cosidetto cattivo, e la stenosi dell’aorta. La stenosi aortica è quella condizione in cui almeno una delle due valvole cardiache è interessata da un restringimento che limita l’afflusso di sangue al cuore. Una
condizione pericolosa, perché può condurre ad arresto cardiaco o infarto del miocardio. Nella migliore delle ipotesi, comunque, la patologia può essere causa di difficoltà respiratorie, angina pectoris, sincope, pressione sistolica alta e altri problemi ancora. La stenosi della valvola aortica è la forma più comune di malattia cardiaca in Europa. Ed è anche il principale motivo per cui i pazienti possono avere bisogno di sostituire una valvola aortica. “ENERGETICHE” E RITMO CARDIACO – Le bevande energetiche, molto di moda tra i giovani, possono aumentare la pressione sanguigna e il battito cardiaco. Per questo bisognerebbe consumarle con cautela, soprattutto se anziani o se si hanno problemi noti di cuore. E’ la raccomandazione formulata al Congresso dell’American Hearth Ass o c i a t i on, frutto di una indagine su 93 persone, tra 18 e 45 anni di età, che avevano consumato tra 1 e 3 lattine di bevande energetiche, scoprendo che i loro elettro c a rdiogrammi segnalavano una anomalia (l’intervallo QT più lungo del normale) nel ritmo cardiaco. Un intervallo ancora più lungo può essere spia di aritmie potenzialmente fatali. Inoltre, in 132 persone la pressione massima aumentava in media di 3,5 punti dopo il consumo di energ y drinks.
Salute in pillole Se volete sostenerci e donarci il 5 per mille Associazione Cuore Sano /// Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma – c/c n. 400005512 – Codice IBAN 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 /// Posta – IT 68 y 076 0103 2000 0008 3738005 /// Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) 96255480582 Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XX - n.2 - aprile/giugno 2015 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@asl-rme.it •segreteriacs@cuoresano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo