Cuore Amico 2015 n.3

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Cardiologie ospedaliere: riduzione sì, ma con prudenza di Roberto Ricci Primario Cardiologia Ospedale Santo Spirito

e verrà applicato il nuovo regolamento sulla definizione degli standard ospedalieri (frutto dell’intesa in Conferenza Stato-Regioni) pubblicato di recente sulla Gazzetta Ufficiale, due terzi delle cardiologie ospedaliere italiane potrebbe essere cancellato, passando dalle attuali 823 a 242, mentre le Unità di Terapia Intensiva Cardiologica si ridurrebbero da 402 a 242, con chiusura di oltre la metà dei laboratori di emodinamica e cardiologia interventistica. Il quesito è: questo così significativo taglio delle strutture cardiologiche pot rebbe mettere a rischio la salute del c u o re degli italiani? Sì, è possibile, se non si applicano dei correttivi negli standard assistenziali di riferimento. In altre parole, se da una parte è innegabile che vi sia un eccesso di Unità operative di cardiologia (con addirittura casi di 3 o 4 primari cardiologi in alcuni ospedali), dall’altra parte la riduzione proposta sembra essere decisamente troppo drastica e rischia di nuocere alla qualità dell’assistenza cardiologica. Alla base di queste proposte estremamente penalizzanti per le cardiologie, vi è la nuova concezione dell’assistenza ospedaliera, cioè il modello di ospedale per intensità di cure, in cui i pazienti vengono ricoverati non come avviene finora sulla base del reparto specialistico di competenza (esempio la cardiolo-

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gia), ma sulla base del livello di complessità assistenziale e di cura richiesto. Insomma non più reparti specialistici, ma reparti di alta, intermedia e bassa intensità in cui vengono ricoverati pazienti con problematiche differenti – per esempio infarto, neoplasie, i n s u fficienza respiratoria – ma che condividono una stessa complessità assistenziale. Durante la degenza un paziente critico, se le condizioni di salute migliorano, viene poi trasferito da un reparto ad alta intensità ad una ad intensità intermedio/bassa, o viceversa se peggiorano. I vantaggi sugli esiti delle cure sulla qualità e i costi dell’assistenza non sono ancora stati dimostrati. Quello che qui mi preme sottol i n e a re, è che il modello per intensità di cure, le nostre card i ologie lo applicano da anni. La stragrande maggioranza delle c a rdiologie garantiscono percorsi assistenziali diversi a seconda della necessità: vi sono infatti la terapia intensiva cardiologica, la sub intensiva, il reparto di cardiologia, la cardiologia riabilitativa e il day hospital. Un’intensità di cura all’interno di un reparto specialistico: in questo modo si mantengono i due valori aggiunti della competenza specialistica e dell’appropriatezza delle risorse assistenziali. Per concludere, mentre è giusto ridi-

mensionare il numero delle strutture cardiologiche, costruendo una rete cardiologica ospedaliera e accorpando reparti “doppioni”, le misure pro p o s t e sembrano troppo drastiche e vanno a

minare la specificità del modello cardiologico per intensità di cura, che ha consentito di raggiungere importanti successi nella assistenza al paziente cardiopatico critico.

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Il “paziente fragile” chi è e come si identifica di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

a fragilità è una sindrome geriatrica di ridotta resistenza a fattori di stress a causa di una diminuzione della riserva fisiologica, ed è diventata sempre più rilevante nel campo della medicina cardiovascolare a causa dell’invecchiamento della popolazione. La Società Italiana di Gerontologia Geriatria definisce come fragile “un soggetto di età avanzata o molto avanzata, affetto da multiple patologie croniche, clinicamente instabile, frequentemente disabile, nel quale sono spesso coesistenti problematiche di tipo socioeconomico, quali soprattutto solitudine e povertà” .

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Al di là delle definizioni possiamo senza dubbio affermare che fragilità e malattie c a rdiovascolari condividono un comune percorso biologico e che le mali cardiovascolari possono accelerare la comparsa della fragilità che è identificata nel 25- 50% dei pazienti con malattie cardiovascolari. I pazienti fragili, in partic o l a re quelli sottoposti a procedure in-

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vasive o affetti da malattia coronarica e scompenso cardiaco, hanno una probabilità molto più alta, rispetto ai soggetti non fragili, di sviluppare eventi avversi e complicanze. L’età anagrafica da sola, però, non è sufficiente a caratterizzare l’etero g e n e i t à dei pazienti più anziani ed è necessaria u n ’ a p p ropriata valutazione della fragilità , importante per stimare l’eff e t t i v a età biologica. Vari strumenti sono stati proposti per obiettivare la fragilità clinica. Si compongono di un numero molto diverso di variabili considerate (da 1 a 70), ma tutti tendono a condividere gli stessi elementi di base: lentezza del cammino, debolezza muscolare , ridotta attività fisica, perdita di peso non intenzionale, deficit cognitivo. La velocità del cammino, in particolare , ha una forte associazione con la sopravvivenza ed è facilmente misurabile mediante il test del cammino dei 6 minuti o 6MWT. Il 6MWT è di facile esecuzione, generalmente ben tollerato e riflette da vicino l’attività quotidiana , permettendo una valutazione funzionale integrata di tutti i sistemi coinvolti durante l’esercizio : c a rd i o p o l m o n a re, respiratorio, circolatorio, neuromuscolare e metabolismo muscolare. I soggetti con una velocità del cammino <0.6 m/s si caratterizzano per una condizione di fragilità avanzata e una ridotta aspettativa di vita rispetto

ai soggetti con velocità >1.0 m/s. A livelli bassi di performance, i rischi delle procedure interventistiche o chirurgiche, ma anche di alcuni protocolli farmacologici, potre b b e ro divenire superiori ai potenziali benefici. Un altro strumento d’identificazione della fragilità è la Short Physical Performance Battery (SPPB), nato per valutare la funzionalità degli arti inferiori e costituito da tre elementi: ridotta velocità di marcia, debolezza nell’alzarsi da una sedia e ridotto equilibrio, a ciascuno dei quali si assegna un punteggio da 0 a 4. Un punteggio totale > 5 su 12 indica una condizione di fragilità. Sono stati poi proposti diversi “ score“ per definire la fragilità che tengono conto della ridotta performance fisica e delle varie co-morbilità, alcuni complessi altri più snelli e di agevole applicazione. La fragilità, inoltre, deve essere distinta dalla vera e propria disabilità, generalmente definita come difficoltà o dipendenza nello svolgimento di attività basilari della vita quotidiana. D’altra parte la disabilità può anche essere considerata come un esito negativo della fragilità. Fragilità, disabilità e co-morbosità sono entità intercorrelate ma distinte. L’applicazione nella pratica clinica di strumenti di valutazione multidimensionale può guidare nell’ottimizzazione di percorsi di cura specifici e un test funzionale semplice come il 6MWT dov rebbe essere regolarmente utilizzato sia nella quantizzazione del rischio che come indicatore prognostico.


Non solo le statine: nuovi farmaci anti-colesterolo di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

umerosi studi clinici hanno dimostrato che la mortalità e morbilità per cause cardiovascolari si riduce con la terapia ipolipemizzante. I farmaci ipolipemizzanti finora più efficaci nella riduzione del rischio card i o v a s c o l a re sono state le statine. Malgrado l’ampio uso di esse molti pazienti ad alto rischio (dal 30 al 70%) non raggiungono un livello di colesterolo LDL ottimale, cioè raccomandato dalle attuali linee guida. Per questo motivo, soprattutto nei pazienti con ipercoles t e rolemia familiare e iperlipemia mista su base genetica – coloro che raggiungono con estrema difficoltà i livelli ottimali di colesterolemia – si è guardato con molto i n t e resse ai nuovi farmaci ipolipemizzanti. Negli ultimi anni l’attenzione si è concentrata sulla Lomitamipe che agisce da i n i b i t o re della MTP (microsomal transfer protein), la proteina che ‘assembla’ colesterolo, trigliceridi e proteine nel fegato. L’inibizione di questa proteina consente alle LDL di non andare in circolo e al colesterolo ematico di scendere in modo significativo. Il farmaco verrebbe assunto per via orale, una somministrazione giornaliera. Altri farmaci di nuova generazione interessanti sono gli Oligonucleotidi antisenso e il Mipomersen. Si tratta di farmaci biologici che mediante un “segnale genetico” riducono la produzione della proteina APOB100. Questa costituisce la parte proteica di tutte le particelle lipidiche circolanti nel sangue che contri-

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buiscono alla formazione dell’ateroma. Il Mipomersen viene somministrato per iniezione sottocutanea una volta alla settimana e la concentrazione massima viene raggiunta in circa 3-4 ore. Negli ultimi anni, però, l’attenzione è tutta puntata su gli inibitori della PCSK9. Con questo acronimo (proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9) si intende un enzima che si lega al recett o re delle lipoproteine a bassa densità (LDL) e lo indirizza verso la degradazione. L’azione di questa proteina porta alla diminuzione del numero di recettori disponibili sulla superficie cellulare per l e g a re le particelle LDL e rimuoverle dalla circolazione, con un successivo aumento della concentrazione di colesterolo LDL in circolo. E’ quindi fondamentale trovare un farmaco in grado di ridurre la distruzione di questi recettori perché questo si traduce nell’avere più recettori per le LDL e quindi una loro minor concentrazione a livello ematico. Dal momento che il ruolo del PCSK9 nel Nuovi anticorpi contro l’LDL come alternativa alle statine

metabolismo del colesterolo LDL è stato scoperto nel 2003, ci sono stati notevoli sforzi nella ricerca di metodi efficaci e sicuri per inibirlo. Tra i farmaci che potrebbero avere questo ruolo, gli anticorpi PCSK9 sono i più promettenti. Questi anticorpi monoclonali completamente umani sono stati ampiamente studiati in una vasta gamma di soggetti, come in quelli con intolleranza alle statine, in aggiunta alla terapia con le statine, in monoterapia e in pazienti con iperc o l e s t e ro l emia familiare. I PCSK9 hanno dimostrato di essere associati a una consistente diminuzione delle concentrazioni di LDL-C del 50-70%. I dati disponibili dagli studi scientifici in fase III hanno permesso alla Commissione Europea di approvare Evolocumab, un inibitore appunto del PCSK9, per il trattamento dei pazienti adulti con ipercoles t e rolemia primaria (familiare eterozigote e non familiare) o dislipidemia mista, in aggiunta alla dieta, in combinazione con statine o con altre terapie ipolipemizzanti, che non riescono a raggiungere i target di C-LDL con statine al massimo dosaggio tollerato, oppure in monoterapia o in combinazione con altre terapie ipolipemizzanti nei pazienti intolleranti alle statine o per i quali l’uso di statine è controindicato. I dati di sicurezza sono stati rassicuranti e potremmo quindi concludere che gli anticorpi PCSK9 offrono una nuova e potente opzione terapeutica per dim i n u i re le concentrazioni di colesterolo LDL e quindi il rischio cardiovascolare.

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Quando la palestra impone di non dimenticare l’infarto di Alessandro Carunchio Presidente dell’Associazione Cuore Sano Onlus

mmaginiamo che la sezioni a destra del cuore (per il circolo polmonare) siano una X e invece le sezioni di sinistra (per il circolo sistemico) siano una Y. La X indicherà sangue circolante ossigenato, mentre la Y il sangue povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica (CO2). L’aria che respiriamo e che entra nei polmoni arriva agli alveoli dove una ricca rete di capillari porta globuli rossi che cedono CO2 e si arricchiscono di O2. Il sangue così ossigenato andrà alle sezioni di sinistra del cuore che porterà questo sangue a tutto l’organismo ove i globuli rossi cederà O2 e prenderà CO2. I due org a n i lavorano in una simbiosi perfetta. Quando il cuore funziona bene, una flogosi acuta delle vie respiratorie, che riduce l’ingresso di ossigeno nelle vie aeree e quindi negli alveoli polmonari, verrà compensata con i n c remento della frequenza cardiaca ed incremento della portata di sangue. Parleremo di tachicardia compensatoria normalmente presente in corso di infe-

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zioni virali (vedi influenza) e batteriche. Lo stesso non avviene quando il cuore presenta un problema di funzionamento. A volte un deficit di pompa (insufficienza cardiaca latente) può essere compensato da un buon funzionamento dei polmoni. In presenza di Flogosi delle vie aeree, il ridotto apporto di ossigeno ai polmoni, può slatentizzare lo scompenso cardiaco e renderlo manifesto con la comparsa del sintomo caratteristico che è la dispnea (affanno o tachipnea). Questo è un primo meccanismo che determina la comparsa di scompenso cardiaco in occasione d’infezione acuta delle vie respiratorie ma poi, tutte le infezioni che colpiscono varie parti dell’organismo (denti, apparato genitourinario, colecisti ecc.) possono danneggiare il cuore anche se in precedenza sano. Il ruolo delle malattie infiammatorie lo conosciamo bene fino dai tempi nei quali era molto diff u s a l ’ e n d o c a rdite batterica valvolare, che, causata dallo streptococco betaemolitico (o haemoliticus viri-

dans), colpiva essenzialmente 3 distretti: le articolazioni (artrite), i reni (nefrite), e le valvole del cuore (endocard i t e valvolare batterica). Molti anni fa la specializzazione in cardiologia si chiamava in “Malattie Cardiovascolari e Reumatiche”. Come già detto, le pericarditi e le miocarditi possono essere provocate da un numero considerevole di agenti batterici e virali. Ma, mentre le pericarditi possono dare segni clinici, e quindi essere diagnosticate abbastanza precocemente, le miocarditi, se l’agente non è molto a g g ressivo, e per lo meno nelle fasi iniziali, non sono riconosciute. Nonostante i recenti progressi nella farmacoterapia, lo scompenso card i a c o rappresenta la causa più frequente di ospedalizzazione e, a volte di morte, per i pazienti più anziani nei paesi più sviluppati, spesso fra i fattori che possono provocare un’insufficienza cardiaca e anche scatenare uno scompenso cardiaco ci sono le infezioni in generale e le flogosi delle vie aeree in particolare. La patologia respiratoria è la seconda causa d’insufficienza cardiaca, dopo le tromboembolie e prima ancora delle aritmie.

Siamo a Settembre, presto arriverà l’influenza. Soprattutto se avanti con l’età, diabetici o in presenza di malattie cardiovascolari

Ricordiamo di vaccinarci in tempo eviteremo serie complicazioni 6 CUORE AMICO


Grande lutto nella famiglia della Cardiologia del Santo Spirito: è improvvisamente mancato, sotto Ferragosto, il professor Vincenzo Ceci, per lunghi anni Primario (e grande innovatore) della struttura cardiologica del Santo Spirito. Alla moglie Marinetta e ai figli Filippo e Sara i sentimenti del profondo e affettuoso cordoglio dei dirigenti e dei soci dell'Associazione Cuore Sano e della direzione di Cuore Amico.

Grazie, Vincenzo l ricordo più recente che ho di Vincenzo, è la sua carezza sul mio viso come saluto al termine di un breve e piacevole incontro all’inizio di agosto; cioè mia moglie e mia figlia, ma chiamate come sempre per nome. Lo stesso gesto l’ho visto riv o l g e re da Vincenzo a molti altri dei suoi cardiologi e infermieri e ad ognuno chiedeva immancabilmente di salutagli i rispettivi consorti e soprattutto i figli, tutti chiamati sempre per nome. Vi ncenzo era felice quando nasceva un figlio a qualcheduno del suo personale! Sì, la Cardiologia del Santo Spirito era per Vincenzo la sua seconda famiglia; come non poteva essere altrimenti! Il Professor Ceci l’ha costruita da zero, l’ha vista crescere, espandersi, affermarsi e alla fine continuare a c a m m i n a re da sola nel solco che Lui aveva tracciato. Il Prof Ceci è stato l’unico Primario della nostra Regione che ha costruito completamente una Divisione complessa di Cardiologia all’interno di un ospedale pubblico, negli ultimi 30 anni. Quando è arrivato, all’inizio degli anni ’90, al Santo Spirito c’era solo un Ambulatorio di Cardiologia. Nel corso degli anni il Prof Ceci e la sua squadra hanno aperto la Terapia Intensiva Coronarica, il Reparto di Cardiologia/Terapia Subintensiva, il Centro di elettro s t i m olazione, il Servizio di emodinamica e la Palestra di riabilitazione cardiologica. Insomma il Prof Ceci ha costruito una

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Cardiologia moderna in grado di offrire prestazioni appropriate e complesse secondo i livelli di intensità di cure necessari. L’organizzazione data alla nostra struttura, ha anticipato di anni quelle che sono le attuali raccomandazioni delle società scientifiche e degli organi istituzionali, in merito all’appro p r i a t e zza dei percorsi, alla continuità assistenziale e al contenimento dei costi. La Riabilitazione Cardiologica degenziale e ambulatoriale, una dei principali campi di interesse del professor Ceci, è ricono-

sciuta oggi essere un elemento di fondamentale importanza nel percorso terapeutico del cardiopatico acuto e per la prevenzione cardiovascolare. (E in questo contesto volle anche la creazione di questo Giornale che da vent’anni vive della sua passione e dei suoi insegnamenti.) Il Prof Ceci è stato anche un maestro n e l l ’ i n s e g n a re e imporre un metodo di lavoro rigoroso, attribuendo significative responsabilità ai suoi collaboratori e offrendo loro la possibilità di crescere e affermarsi nei diversi campi di interesse c a rdiologico. L’aggiornamento pro f e s-

sionale e scientifico interno alla struttura o con stage esterni è stato tenacemente perseguito. La tenaia e la forza con cui perseguiva i suoi obiettivi era accompagnata da una onestà e coere n z a nei comportamenti. Era sempre tra i primi a presentarsi alle settimanali riunioni di lavoro/scientifiche che conduceva con estremo rigore, così come era puntualissimo ogni mattina ad iniziare la visita in reparto. Altra costante della sua azione è stata la difesa e il potenziamento della sanità pubblica in generale e in p a r t i c o l a re del Santo Spirito. Tutto ciò assume ancora più valore, se si considera che, soprattutto negli ultimi anni della sua attività, il prof Ceci ha dovuto, superare difficoltà di non poco conto, come la battaglia c o n t ro la volontà di f r a m m e n t a re la Card i ologia. Sono contento di averlo ringraziato di tutto quanto ha fatto per noi, quando era in servizio e lottava per costruire e difendere la nostra Cardiologia, e ricordo che come risposta mi ha sorriso e ha abbassato lo sguardo senza dire nulla. Oggi che mi trovo a ricoprire il suo ruolo, e che comprendo ancora di più quanto è difficile, penso che con quel gesto mi volesse ringraziare che mi ero reso conto del suo sforzo, ma che è quello era il suo compito e che doveva pro s e g u i re anche se quasi mai la strada era facile. Grazie, Vincenzo Roberto Ricci

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Il defibrillatore sottopelle: sicurezza ed efficacia di Andrea Porzio Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

arresto cardiaco improvviso rappresenta la principale causa di morte impro v v i s a nella popolazione compresa fra 20 e 65 anni, con un incidenza di 50000-70000 casi/anno in Italia e di circa 550000 casi/anno in Europa. Nella maggior parte dei casi l’arresto cardiaco si verifica per una aritmia ventricolare maligna, perciò gran parte di queste persone avrebbe potuto essere salvata attraverso una tempestiva defibrillazione. Nei pazienti sopravvissuti dopo arresto card i a c o grazie al defibrillatore esterno, oppure nei c a rdiopatici che non hanno ancora avuto un evento aritmico ma sono ad elevato rischio di averlo per le loro caratteristiche cliniche di base, è possibile l’impianto di un defibrillatore automatico impiantabile. L’ i n t roduzione del defibrillatore impiantabile (ICD) nella pratica clinica degli ultimi 30 anni ha reso disponibile una terapia salvavita per la prevenzione primaria e secondaria della Morte Cardiaca Improvvisa (MCI) per oltre un milione di pazienti in tutto il mondo. La tecnologia dell’ICD è evoluta da dispositivi impiantati in sede addominale che

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erogavano la terapia attraverso placche epicardiche impiantate per via toracotomica, a device impiantati in sede sottoclaveare dotati di elettrodi transvenosi posizionati in ventricolo destro attraverso una vena della spalla. L’ICD transvenoso (T-ICD) ha ridotto la mortalità e il rischio operatorio associati con l’impianto per via toracotomica. Tuttavia l’utilizzo di cateteri transvenosi comporta potenziali complicazioni sia operatorie, come l’emopericardio, l’emotorace, il pneumotorace, sia post-operatorie, come la dislocazione dei cateteri, il deterioramento dei cateteri, la trombosi venosa e l’infezione del device con possibile evoluzione in endocardite, spesso fatale. Inoltre i portatori di ICD che vivono più a lungo vengono sottoposti a diverse sostituzioni del generatore, e ciascuna di tali sostituzioni comporta un rischio di infezione della tasca che raggiunge il 3%. Dal momento che il malfunzionamento del catetere può rendere necessaria l’estrazione del catetere stesso, e d’altro canto l’infezione dell’ICD solitamente richiede l’estrazione di tutto il sistema, l’utilizzo di cateteri transvenosi comporta il rischio potenziale di morbilità e mortalità correlate con l’estrazione. Da circa due anni è disponibile il Defibrillatore Sottocutaneo (S-ICD) che svolge efficacemente le funzioni di defi-

brillazione e non espone ai rischi derivanti dall’inserzione di elettrocateteri attraverso il sistema venoso fino alle cam e re cardiache. Il sistema S-ICD si compone di un generatore simile ad un ICD tradizionale che viene impiantato nella regione toracica laterale sinistra, connesso unicamente ad un elettrocatetere sottocutaneo impiantato in posizione parallela al margine sternale. Il dispositivo effettua il riconoscimento di eventuali aritmie e consente il trattamento tramite terapia di shock ad alta energia. L’assenza di elettrocateteri endocavitari permette di evitare tutti i possibili rischi operatori e a lungo termine connessi all’approccio transvenoso, nonché i rischi connessi ad eventuali estrazioni. Permette, inoltre, di semp l i f i c a re notevolmente la procedura di impianto in quanto non necessita di fluoroscopia. Negli studi clinici recentemente pubblicati, sono stati ampiamente raggiunti gli obiettivi di sicurezza ed efficacia. I pazienti che più si avvantaggiano dell’impianto di un S-ICD sono i giovani che altrimenti sarebbero esposti a tutti i rischi della prolungata permanenza di elettrodi intracardiaci. I pazienti in cui non può essere impiantato sono quelli in cui si associa la necessità di stimolare il cuore per la bradicardia o per lo scompenso, poichè la stimolazione al momento si può ottenere solo con elettrodi intracardiaci.


Sei ore sotto infarto, ma Gaia non sapeva Ed è tornata più attiva e battagliera di prima

nfarto in corso. Ma solo dopo sei ore dalle prime avvisaglie Gaia Pallottino-Rossi Doria, 74 anni, marito e tre figlie, si è resa conto che era il caso di andare al pronto soccorso. Quello dell’ospedale Santo Spirito dove già il suo compagno era stato ben curato da una brutta frattura, e dove primario cardiologo era ed è “un certo Roberto Ricci”. Sono passati oramai quasi due anni da quel giorno (anzi, da quella notte), e Gaia pedala allegramente su una cyclette nella palestra della riabilitazione dello stesso ospedale.

casa, una coincidenza straord i n aria…”

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Com’è andata esattamente questa storia? Ti sei resa conto, dopo, del rischio che hai corso? “Ero una paziente a rischio zero quando una sera, mentre preparavo una cena per amici, ho avvertito un dolore sotto il seno destro. Neppure un vago sospetto che si trattasse di un malanno al cuore . Ho pensato: una mossa sbagliata. Bene, abbiamo cenato, fatto la mezza e poi, senza riassettare, mi sono messa a letto. Ma…” Ma a questo punto? “…A questo punto il dolore è emigrato anche verso il braccio destro. Solo allora ho cominciato a sospettare qualcosa. Mio marito ha chiamato un taxi. Dove andiamo? Vicino casa, all’Isola Tiberina,

Poi immagino che quando sei usci ta dal tunnel, hai cominciato qui, in palestra, la riabilitazione. “Certo, e continuo a venire in palestra tre volte la settimana. E’ un ambiente che dà serenità, che sprona a…lavorare, che ti consente di socializzare il malanno con “colleghi” simpatici e disponibili. Una bella esperienza, e importante. Voglio dire: non solo per il cuore ma per l’animo.”

Gaia Pallottino-Rossi Doria, 74 anni, un infarto... ...e non sentirli

c’è un buon ospedale ma ci siamo decisi per il Santo Spirito per i due motivi che ti ho accennato prima di sederci a chiacchierare. In ospedale hanno compre s o subito che c’era un infarto in corso, ed ecco l’efficienza della Cardiologia, perché non era ancora l’alba e già mi trasferivano in Emodinamica, in funzione giorno e notte: coro n a rografia e stent nell’immediatezza. E lì, in reparto, ho riconosciuto nel primario, il dottor Ricci, l’amico delle mie figlie, il vicino di

La redazione di Cuore Amico ringrazia le case farmaceutiche Daiichi Sankyo e Eli Lilly per il sostegno offerto alla pubblicazione di questo giornale

E la tua vita fuori di qui. Che cos’è cambia to per te? “Francamente poco: normali cure e normale prevenzione, ma questo non ha inciso più di tanto sulla mia vita, ancora attivissima. Se già da tempo avevo lasciato l’università, sono stata segre t aria nazionale di Italia Nostra, e ora coordino l’attività di un gruppo di associazioni di cittadini residenti nel centro storico, decisi a difenderlo dall’incuria, dal disordine, dal massacro urbanistico. Ecco, quasi qui di fronte, Oltretevere, in via Giulia, ci stiamo battendo contro la realizzazione di un mostruoso parcheggio sotterraneo.” Eccola Gaia, sempre attiva e battagliera. E poi dicono che con l’infarto hai chiuso la parte migliore della tua vita…


Oli? Solo vegetali E neanche tutti... on che cosa friggere, condire, cucinare? Quale olio (o b u r ro) adoperare per mangiar sano e proteggere il nos t ro sistema card i o c i rcolatorio? Partiamo da un presupposto: maggiore è il contenuto di acidi grassi saturi, peggiore è l’effetto sulla salute. Per questo bisognerebbe anzitutto fare a meno (o ridurne il consumo a modeste quantità) dei grassi di origine animale: strutto, lardo e, appunto, il burro che ha una percentuale di acidi grassi saturi del 54%. Ma anche tra i diversi oli (tutti di origine vegetale) ci sono differenze abissali. Notissima è la campagna contro l’olio di palma che fa concorrenza al burro quanto a quantità di acidi grassi saturi: il 49%. E’ un olio che ha una resa enorme – il quadruplo dell’olio di oliva – ed un costo estremamente basso. Le sue “colpe” sono due: da un lato la coltivazione delle palme da frutto alimenta la deforestazione nel Tropici; d a l l ’ a l t ro lato, essen-

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Sì all’olio di oliva e a quello di arachidi e girasole, assolutamente no all’olio di palma

do il grasso più economico, viene utilizzato in modo massiccio dall’industria alimentare: merendine e patatine, snack e piatti pronti. Al punto che, se sino a pochi mesi fa la sua presenza in etichetta era mascherata sotto la formula generica di “oli vegetali”, ora una direttiva europea del dicembre 2014 impone di dic h i a r a re esplicitamente la sua presenza: i consumatori sanno ora come regolarsi, ammesso che controllino sempre le etichette prima di scegliere e di acquistare… Decisamente salubri altri tre oli. Anzitutto il classico olio di oliva, meglio ancora l’extra vergine: qui i grassi saturi sono appena il 14%, mentre fortissima è la presenza dei grassi “buoni”: i monoinsaturi (72%) e i polinsaturi (7%). La stessa bassa p e rcentuale di saturi è presenta nell’olio di arachidi, che vanta

ottime percentuali di monoinsaturi (49%) e di polinsaturi (31%). E ancora meno acidi saturi ha l’olio di girasole: appena l’8%, con una somma pari all’80% di monoinsaturi e polinsaturi. Da qui la raccomandazione dei dietologi di adoperare l’olio extravergine di oliva (oramai sempre più denominato evo) a crudo, e di usare arachidi e girasole per le fritture e per i dolci. Alt anche alle margarine, soprattutto quelle idro g e n ate: persino l’industria alimentare le ha eliminate perché contengono acidi grassi trans che, per la loro struttura modificata dal processo di idrogenizzazione, sono particolarmente dannosi per la salute. E il burro? Poco. Tenendo conto anche di una regola aurea dei nutrizionisti: solo il 30% delle calorie giornaliere deve venire dai grassi, e di queste solo un terzo da quelli saturi.

Sei Paesi si impegnano nella dieta mediterranea edDiet, che cosa si celerà dietro questo acronimo? Semplice: Diète Méditerranéenne. Come dire un programma (internazionale) di alimentazione che sfrutti le caratteristiche, i prodotti agricoli, gli usi in cucina in l a rga misura identici o simili nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’iniziativa è stata “battezzata” a Tunisi, s’iscri-

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ve in un programma lanciato dall’Unione europea e dall’Unione italiana della Camere di commercio. Con Tunisia e Italia aderiscono al progetto – cha punta proprio alla valorizzazione dei prodotti alimentari tradizionali del bacino mediterraneo – anche Libano, Spagna, Egitto e Grecia. Manca ancora la Francia, ma non è detta l’ultima parola.


Fatto è che le diverse civiltà mediterranee (greca, romana, giudaica, cristiana, islamica) hanno contribuito non solo a forgiare la storia, le scienze, l’architettura, la letteratura, ma anche a re a l i z z a re una dieta sana ed equilibrata basata sulla predominanza dei legumi, del pesce, della frutta, dell’olio di oliva – tratti comuni della parte più consistente, la larga base, della così detta piramide alim e n t a re proposta e caldeggiata dalla

moderna dietologìa che lentamente si fa strada escludendo hamburger, patatine fritte e grassi animali. Ricordiamo che la piramide alimentare è in sostanza una infografica: un disegno (di una piramide appunto) che alla base segnala gli alimenti che vanno maggiormente consumati e che, via via verso il vertice, segnala quelli il cui consumo va moderato. Così: poca carne rossa (sempre meglio bianca) e pochi

formaggi (possibilmente magri), dolci a tavola con parsimonia (due piccole porzioni alla settimana), e per contro tanti vegetali, cereali integrali, olio d’oliva (e non burro o, peggio, margarina), pesce. P e rché la dieta mediterranea? Perc h é sono provate una bassa incidenza di c a rdiopatie coronariche, riduzione del colesterolo, riduzione dell’obesità, minore incidenza di infarto, aterosclerosi, ipertensione.

Che guaio se il malato non segue la terapia l dato è ufficiale, e allarmante: solo il 38,4% dei pazienti affetti da patologie (il 55,1 negli ipertesi) rispetta nel tempo le prescrizioni mediche: cure e soprattutto farmaci. Ora, se tutti i cittadini ai quali sono prescritte cure di lunga durata non “saltassero” una pillola, il sistema sanitario risparmierebbe da 6 a 11,4 miliardi. Una c o r retta applicazione delle terapie r i d u r rebbe infatti gli effetti avversi, il tasso di accesso al pronto soccorso, la ospedalizzazione e la spesa farmaceutica. Insomma, la scarsa aderenza terapeutica causa una doppia spesa per cittadini e Stato: non solo si usano (cioè si s p recano) risorse investite per curare una patologia, ma si deve poi intervenire per rimediare ai danni. Un documento della Commissione Europea stima in 80 miliardi il costo del diabolico incrocio tra prescrizioni mediche inadeguate e bassa aderenza terapeutica. “L’aderenza alla terapia – si legge in uno studio recente apparso sul Giornale italiano di cardiologia – è fondamentale per il successo della cura, soprattutto nelle condizioni croniche, e in particolare nelle malattie cardiovascolari

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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito

dove, se scarsa, può avere effetti molto gravi anche in termini di morbilità e mortalità”. E proprio nel caso di una cardiopatia la situazione di complica, dal momento che ben spesso un farmaci da pre n d e re sono parecchi e kle scadenze di accumulano. In buona sostanza quando c’è da pre n d e re una sola pasticca, il tasso di rispetto della prescrizione è dell’80%, ma se bisogna assumerla quattro volte nel giro delle 24 ore, questo tasso scende al 50% con variazioni significative in base al tipo di disturbi, all’età del paziente, al

costo, all’eventuale depressione post-ricovero, alla scarsa informazione. Non è un caso che l’Italia, con l’Agenzia italiana del farmaco, sia alla guiida insieme alla Scozia e alla Spagna, del Gruppo di azione sull’aderenza alla prescrizione costituito nell’ambito della partnership europea sull’invecchiamento attivo e in salute. L’obiettivo è aumentare di due anni la vita media in buona salute entro il 2020. Anche la tecnologia può aiutare i pazienti a non saltare nemmeno una pasticca e a diventare più diligenti nel rispettare le prescrizioni mediche. Chi ha dimestichezza con gli strumenti elettronici più moderni può rivolgersi aik negozi specializzati dove tro v a re le applicazioni (anche gratuite) peri principali sistemi operativi. Tra le app più utilizzate ci sono “Il mio pillbox” (che dà l’alert al momento in cui prendere i farmaci), il “Farmavviso” (stesso alert via telefono o sms), il “Mytherapy” (idem).

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Mezza Italia è sul divano ...rinuncia ai benefici di una attività fisico-sportiva moderata

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ualche cifra sull’attività fisica degli italiani, così importante per l’equilibrio sanitario e in specie per la salute del cuore. Il 31% è del tutto sedentario: non fa un lavoro pesante e non fa attività fisica di alcun genere. Il 36% è solo parzialmente attivo: fa un’attività fisica nel tempo libero ma non raggiunge i livelli raccomandati dall’Istituto superiore del-

la sanità. Infine, il 33% - appena un terzo della popolazione – è attivo, cioè svolge almeno mezz’ora di attività moderata (cammino spedito, palestra, piscina, bicicletta) e almeno per cinque giorni a settimana. Impressionante il divario tra Nord e Sud del paese: le regioni con un tasso di sedentarietà significativamente superiore alla media nazionale appena

riferita sono: Lazio, Abruzzo (ma non Molise e Sardegna) e poi tutto il Mezzogiorno, e quindi Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. I benefici di una moderata ma sistematica attività fisica o sportiva sono ben noti: diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari e di sviluppare diabete 2; riduzione del rischio di alcuni tumori (al colon, per esempio); abbassa la probabilità di diventare obesi e mantiene il peso sotto controllo; fa scendere la p ressione arteriosa e il colesterolo “cattivo”; previene l’osteoporosi; aumenta l’elasticità anche in età avanzata e riduce i disturbi muscolo scheletrici (es. mal di schiena); migliora il tono dell’umore: è provato che il semplice passeggio aerobiotico influisce beneficamente sulle funzioni cognitive di soggetti anziani sani. L’ultima raccomandazione anti-sedenta-

rietà, suffragata da studi scientifici, viene dallo studio di un team di ricercatori dell’università americana dell’Utah. Il team ha seguito 3.626 tra uomini e donne che erano stati dotati di un sensore di movimento. Li ha divisi in gruppi a seconda del livello di attività fisica che ciascuno praticava ogni giorno: dallo stare seduto ad alzarsi e semplicemente passeggiare nella stanza, fino a camminare all’aria aperta o praticare jogging o marcia. Manco a dirlo, la maggioranza di loro t r a s c o r revano seduti gran parte delle giornate. Dopo tre o quattro anni i ricercatori hanno verificato i registri di morte del campione, e poi hanno calcolato (modello econometrico alla mano) se stare in piedi, camminare o fare jogging avesse provocato differenze tra i soggetti in termini di rischi di morte “prematura”. Ed ecco i risultati: coloro che si alzavano o semplicemente andavano un po’ in giro a pass e g g i a re hanno registrato un vantaggio notevole in termini di non-rischio. In p a r t i c o l a re, alzarsi due minuti ogni ora dalla scrivania e fare un giretto è valso loro un abbassamento del rischio del 33% rispetto ai totalmente sedentari.

Quattro lezioni sulla prevenzione cardiovascolare el quadro del piano di prevenzione cardiovascolare sono previste entro la fine dell’anno quattro lezioni che si svolgeranno, com’è oramai tradizione, nel Teatro dell’Ospedale Santo Spirito. La prima – il 28 settembre – proprio mentre esce questo numero di Cuore Amico: “Paziente con scompenso cardiaco, come comportarsi dopo le dimissioni dall’ospedale”, relatrice la dott.ssa Tiziana Di Giacomo.

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Quindi il 28 ottobre sarà la volta del dott. Alessandro Totteri che parlerà su “La patologia vascolare arteriosa e venosa”. Un mese dopo, il 26 novembre, il dott. Giulio Scoppola e la dott.ssa Anna Romano saranno i relatori sul tema “Stress, emozioni e rischio coronarico”. Questa sessione di lezioni sarà conclusa dal primario di Cardiologia, dott. Roberto Ricci: “Cardiologia aperta: domande-risposte sulla patologia cardiovascolare”.


Nelle nostre case farmaci killer comprati online Fertilizzanti venduti come farmaci dimagranti... comprare medicine in rete è, oltre che pericoloso, illecito

a criminalità sposta le sue attività su un mercato emergente: oltre a vendere droga, oggi investe sui farmaci falsi che rendono 150 volte di più e per i quali le pene sono molto lievi sempre che le polizie di mezzo mondo riescano ad individ u a re produttori e rivenditori. Dalle strade il commercio si sposta in Rete dove per ogni sito che viene chiuso dall’autorità giudiziaria, dieci ne apro n o . Solo una farmacia on line su 100 è legale (cioè autorizzata) e, secondo le stime dell’Aifa, circa 5 milioni di italiani tra i 18 e i 65 anni hanno acquistato un farmaco contraffatto online. Mentre la percentuale sul mercato globale sare b b e del 7% con punte del 50% in Asia e Africa. In pole position tra i falsi maggiormente acquistati online ci sono i farmaci per d i m a g r i re e quelli per la disfunzione e rettile (Viagra, Cialis and co.) ma anche molecole per il doping sportivo come l’eritropoietina, salvavita e antitumorali. MarkMonitor, azienda specializzata nella protezione dei marchi, ha appena scoperto un mercato online di Dinitrofenolo (DNP) un fertilizzante usato come dimagrante soprannominato “pillola killer” segnalata anche dall’Interpol. Eppure su 2.200 siti monitorati, 165 vendono ancora questa sostanza pericolosissima.

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Chi acquista online un medicinale che dovrebbe essere venduto solo con ricetta compie un illecito, ma soprattutto mette a rischio la salute: ha bisogno di un farmaco e gliene arriva uno che non contiene quel principio attivo, o ne contiene meno, o non ne contiene affatto, o p p u re contiene una molecola pericolosa o è stato prodotto in condizioni igieniche dubbie. Comprando in Rete è possibile insomma lasciarci letteralmente la pelle. La Food and Drug Administration (l’ente americano di controllo dei farmaci) nel 2013 ha avuto il suo bel daff a re per b l o c c a re l’introduzione sul mercato parallelo di un antitumorale falso proveniente dalla Turchia in cui oltre al nome non c’era traccia del principio attivo. In Italia le terapie oncologiche sono gratuite per tutti ma negli Stati Uniti essere assicurati fa la differenza tra la vita e la morte e i malati cercano soluzioni a buon mercato per curarsi. Oltre al danno, la beffa. L’operazione Pangea VII, condotta nel 2014 in 111 Paesi ha portato al sequestro di 9,4 milioni di farmaci contraffatti e potenzialmente pericolosi, per un valore di quasi 36 milioni di dollari, all’arresto di 237 persone alla ri-

mozione di oltre 19.000 annunci pubblicitari di prodotti farmaceutici attraverso social forum e a più di 10.600 siti web chiusi. Ma il sequestro passato alla storia è probabilmente quello avvenuto in Africa dove sono state intercettate un miliardo di confezioni in 23 nazioni tra cui antibiotici, antidolorifici, farmaci per l’ipertensione e per il diabete. Sino alle medicine contro la malaria: una compressa su t re in circ o l azione è falsa e si stima che i morti attribuibili siano circa 122mila solo nel 2013. Una vera piaga nei paesi in via di sviluppo: se su dieci farmaci venduti nel mondo uno è falso, tra quelli commercializzati nei paesi in via di sviluppo siamo a sette su dieci. Una recente direttiva europea (purtroppo valida solo nel nostro continente) sta tentando di arginare il fenomeno: le farmacie online legali devono essere dotate di un “bollino” che ne garantisce le attività e devono essere dotate del dominio “.pharmacy” creato ad hoc. Nei casi dubbi sull’affidabilità di una farmacia o di un farmaco è possibile consultare il sito www.fakeshare.eu.

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Se volete sostenerci e donarci il 5 per mille Associazione Cuore Sano /// Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma – c/c n. 400005512 – Codice IBAN 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 /// Posta – IT 68 y 076 0103 2000 0008 3738005 /// Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) 96255480582

Pillole di salute EGITTO E CARDIOLOGIA – Un papiro del XVI secolo avanti Cristo, ritrovato poco tempo addietro, dimostra che i medici egiziani sapevano già auscultare (e poi curare) i malati di cuore attraverso la palpazione. Avevano capito che appoggiando le dita sulle arterie e così registrando i battiti del cuore, potevano trarne conclusioni circa le condizioni della “pompa”, e pro c e d e re di conseguenza per le cure. Bisognerà aspettare il ‘600 della nostra era perché il medico

inglese Harvey facesse avanzare gli studi cardiologici. Perché dopo gli egiziani c’era stata semmai una regressione degli studi e delle pratiche mediche, al punto che i greci consideravano le pulsazioni come un fenomeno locale… I SETTE ALIMENTI PRODIGIO – E’ sempre bene inserire nella dieta sette alimenti: curcuma, tè verde, aglio, me-

lograno, selenio (in molti vegetali, nelle noci, nel tonno), quercitina (cacao, acciughe), broccoli. La formula “magica”è di David Khayat, presidente dell’Istituto nazionale dei tumori francese e primario del celebre ospedale parigino Salpétrière. Tra le cause del cancro, Khayat sostiene che un buon 20% dipende dall’alimentazione. “Significa – ha aggiunto – che una volta su cinque ci si ammala per quel che mangiamo”. MARGARINA AL BANDO NEGLI USA – La Food and Drug Administration (l’agenzia che controlla severamente l’alimentazione degli americani) ha annunciato che nel giro di tre anni spariranno dai banchi di vendita tutti i prodotti alimentari che contengono grassi idrogenati, come ad esempio la margarina che anche in Italia è presente in vari preparati, dai biscotti alle patatine fritte, dai pasti confezionati agli snack di vario tipo. I grassi idrogenati (come pure olii non di oliva “trattati” per mantenere il p rodotto più a lungo, e che comunque sono più economici) sono indiziati da tempo come agenti d’innalzamento dei trigliceridi e del colesterolo. Negli Usa, già dal 2006 è obbligatoria la dicitura “contiene grassi idrogenati” con la precisazione della quantità che vi è presente. COTTURA ALLA GRIGLIA? DIPENDE... – Dipende da che cosa si cuoce. Ad esempio mentre l’esposizione della

carne (bistecche, salsicce, costine, ecc.) alla fiamma diretta, al fumo o al calore intenso può portare alla formazione di composti cancerogeni, come le cro s t e bruciate, la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che queste sostanze indesiderabili non si formano sui vegetali. Uno dei motivi è la ricchezza d’acqua delle verd u re: ciò fa sì che, anche grigliate alla fiamma viva, non raggiungono temperature così elevate da portare alla formazione di composti tossici o cancerogeni rischiosi per la salute. Occorre solo evitare di carbonizzarle. AHI... UN PAESE DI GOLOSI – Solo il 14% degli uomini e il 15 delle donne mangia dolci nella giusta misura. E tutti gli altri? Troppi dolci. E’ solo uno dei dati dall’Atlante sulla salute cardiovascolare presentata all’Expo dall’Anmco (l’associazione dei cardiologi ospedalieri) e frutto di una rilevazione durata quattro anni. Altri risultati, piuttosto sconfortanti: solo un terzo degli italiani tra i 35 e i 74 anni consuma una quantità adeguata di verdura e di pesce, ma non in età più avanzata il che è inquietante. Meglio i consumi di frutta e formaggi (questi hanno da essere poco grassi). In conclusione c’è da notare una diff e renza di gen e re: solo l’11% degli uomini e ben il 24% delle donne ha un comportamento alimentare considerato sano.

Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XX - n.3 - luglio/sett.bre 2015 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@asl-rme.it •segreteriacs@cuoresano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo


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