Nuovi allarmi per le vendite online di farmaci falsi UN BIO-OROLOGIO DETTA I RITMI DELLA VITA I GIOVANI, UN PATRIMONIO DI SALUTE DA SOSTENERE IMPORTANTE PRENDERE LE MEDICINE PRESCRITTE RISONANZA MAGNETICA, ECCO I PRO E I CONTRO
Anno X VI - n.2 aprile-giugno 2011
MONTAGNA O CITTÀ? L’ACS NE HA PER TUTTI
Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano
L’acquisto via internet è vietato ma il 41% degli italiani non lo sa
Allarme per le vendite online: medicine false e farmacie illegali
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l 62% dei farmaci acquistati in rete è falso; il 95,6% delle farmacie on line è illegale; nel 94% dei siti web l’identità del farmacista non è verificabile; e oltre il 90% di questi siti vende senza ricetta medicinali soggetti invece a prescrizione. Ebbene, come vedremo in seguito gli italiani, insieme ai tedeschi, sono i più inclini ad ignorare il divieto di acquistare farmaci on line, e di acquistare molecole soggette a prescrizione senza ricetta medica non solo su internet ma anche all’estero, nelle discoteche, nei negozi o tramite amici. Di più: il mercato dei farmaci taroccati è cresciuto negli ultimi cinque anni del 400%, e negli ultimi due anni sono stati sequestrati, solo in Italia, un miliardo e mezzo di pillole e fiale fasulle, tra cui copie di farmaci salvavita per cardiopatici e diabetici. Sono gli allarmanti risultati di una indagine realizzata dal gruppo socialdemocratico del Parlamento europeo in occasione del voto (quasi unanime) con cui l’assemblea di Bruxelles ha approvato una importante direttiva contro i farmaci contraffatti che dovrà ora essere recepita dai singoli stati nazionali. “I medicinali falsificati – ha denunciato la relatrice del provvedimento, la portoghese Marisa Matias – sono assassini silenziosi in quanto privi di effetto o perché contengono sostanze tossiche che possono provocare danni a chi li assume o addirittura uccidere”. Per arginare questo business la direttiva prevede verifiche severe sulla sicurezza dei prodotti, una disciplina severa del commercio dei farmaci su internet e sanzioni pesanti contro i trafficanti. Tutte le farmacie per corrispondenza saranno tenute a esporre chiaramente nel proprio sito un logo che certifichi il proprio codice di condotta e le coordinate necessarie per presentare reclami. Per assicurare il rispetto delle buone prassi di fabbricazione, la direttiva prevede inoltre ispezioni nelle aziende da
parte degli stati membri insieme con l’Agenzia europea per il farmaco (Ema). Un controllo pubblico, insomma, per prevenire eventuali casi di corruzione. Le caratteristiche di sicurezza devono garantire l’identificazione, l’autenticazione e la tracciabilità ininterrotta dei medicinali dalla fabbricazione al consumatore. In Italia (dati del ministero della Salute) il mercato illegale riguarderebbe solo lo 0,1% dei farmaci distribuiti, ma il giro d’affari ha avuto un boom negli ultimi anni. “Se tra il 2005 e il 2008 i farmaci contraffatti sequestrati sono stati 136mila – ha spiegato al Corriere della Sera il gen. Cosimo Piccinno, comandante dei Nas –, nel solo biennio 2008-2009 i sequestri sono saliti ad oltre un milione e mezzo. Solo nei primi quaranta-
cinque giorni di quest’anno sono state segnalate 144 persone per questi reati, dieci arrestate, e sequestrate 160mila tra fiale e compresse”. Ma l’aspetto più inquietante, su cui fa leva la speculazione, è la disinformazione. Una indagine dell’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) rivela che il 41% degli italiani non sa che l’acquisto di farmaci on line è illegale, ed il 33% pensa che comperare medicinali su un sito web sia cosa positiva e vantaggiosa. A proposito di acquisti on line, si è scoperto che vere e proprie organizzazioni aprono un sito per breve tempo, magari solo per una settimana, raccolgono clienti, poi chiudono il sito per non essere individuate dai Nas, e continuano a vendere i farmaci a quei clienti attraverso un call center.
Pragmatica, allegra, serena, ottimista... ...ci piace ricordare così Marinetta Ciasca (nella foto, a destra), del direttivo dell’Associazione Cuore Sano, scomparsa il 15 aprile scorso. Nell’ormai lontano anno 2002 frequentavamo individualmente la palestra e con soddisfazione ci sentivamo “riabilitati” e riprendevamo fiducia in noi stessi. Partecipammo così ad una assemblea di Cuore Sano, che sembrava in declino da qualche anno, e trovammo che il professor Ceci richiedeva ai partecipanti un maggiore impegno per rilanciare l’associazione. Alzammo la mano noi tre novizi e così ci conoscemmo, simpatizzammo e cominciammo a lavorare con i pochi soci storici che gestivano l’associazione. Formammo un trio, solidale, in perfetta intesa di intenti e complementari nelle esperienze. Sono gli anni in cui si rilanciarono gli incontri sociali conviviali, le uscite di “Cuore in Piazza” a Roma, le attività all’aperto a Villa Pamphili coordinate da Marinetta, le uscite in bicicletta per le vie di Roma, un primo incremento dei soci attivi, nacque il sito cuore-sano.it e il primo supporto informatico gestionale. Nel 2003 si organizzò la prima uscita a Ponza del Cuore in Piazza e la maratonina nelle vie dell’isola e fu in questa occasione che noi tre fummo soprannominati la “trimurti che aveva tutto sotto controllo”. Molte furono le occasioni per lavorare insieme, per conoscersi meglio ed aiutare l’associazione ad essere vitale. È bello considerare che una conoscenza, nata in palestra nella ricerca di un miglioramento e di un benessere fisico, si sia trasformata in una salda e duratura amicizia e in una profonda intesa alimentata dalla reciproca stima. È anche questo che riesce a fare Cuore Sano! Ciao Marinetta Aida Di Censo, Luciano De Vita La Cardiologia e la Riabilitazione Cardiologica del Santo Spirito, come Cuore Amico, si associano al ricordo
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4 Perché e a chi potrebbe rivelarsi utile il controllo dell’omocisteina nel plasma
I rimedi naturali? Poco alcol e consumo intenso di verdure a foglie verdi, succo d’arancia e cereali di Franco Turi*
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e malattie cardiovascolare sono – oramai è noto – la maggior causa di morbilità e mortalità nei paesi occidentali. I tradizionali fattori di rischio, come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il diabete ed il fumo, non rendono tuttavia ragione di tutti i casi di queste patologie. Nel campo della cardiopatia coronarica ad esempio il solo fattore colesterolo risulta non essere la causa in oltre il 35% dei casi. In alcuni soggetti il solo fattore di rischio evidente è una storia familiare di malattia cardiovascolare precoce, spesso tuttavia senza una chiara predisposizione genetica. Emerge quindi la necessità di identificare altri marcatori di rischio cardiovascolari che accrescano le nostre conoscenze sui meccanismi fisiopatologici della malattia e che permettano lo sviluppo di nuove misure preventive e terapeutiche. Negli ultimi vent’anni, molto interesse ha destato il possibile ruolo dell’aumento dell’omocisteina nel plasma nella patogenesi della malattia cardiovascolare e tromboembolica. Numerosi dati clinici supportano l’iperomocisteinemia come fattore di rischio per infarto miocardico, ictus cerebrale, vasculopatia periferica e trombosi. I valori di omocisteina nel sangue influenzano in modo significativo il tasso di rischio cardiovascolare. Il primo fattore protettivo delle arterie consiste
nell’avere di ridotti livelli di omocisteina nel sangue. Recenti studi dimostrano che per la salute delle arterie e quindi per abbassare il rischio cardiovascolare l’omocisteina potrebbe essere importante almeno quanto il colesterolo. Come avere bassi livelli di omocisteina nel sangue? La produciamo tutti: l’omocisteina è un amminoacido che rappresenta un sottoprodotto del metabolismo delle proteine, soprattutto proteine animali. Se con la dieta assumiamo quantità sufficienti di vitamine del gruppo B, ossia folati, vitamina B6, e vitamina B12 l’omocisteina è trasformata in un amminoacido essenziale chiamato Metionina o nell’innocua Cisteina. La trasformazione è determinata dai geni; i soggetti impossibilitati a compierla in modo efficace hanno molte più probabilità di morire prematuramente per una malattia coronarica o un ictus. Inoltre questi soggetti presentano un rischio maggiore di sviluppare vasculopatie periferiche come ulcere degli arti inferiori o trombi delle vene profonde, e anche demenza, incluso l’Alzheimer. L’omocisteina potrebbe avere un ruolo in tutte le malattie che hanno a che fare col rischio cardiovascolare. Vi sono individui che non riescono a trasformarla e che in genere muoiono prima dei trent’anni per complicanze derivanti da malattie arteriose premature. Tuttavia queste patologie sono rare e le buone notizie non mancano. Gli scienziati hanno individuato numerosi geni differenti preposti alla sintesi dell’omocisteina e quasi tutti funzionano a dovere; non dobbiamo
quindi preoccuparci di avere un’anomalia genetica. Dovremmo preoccuparci, semmai, di non assumere abbastanza folati o vitamina B6 o B12 che mantengono sotto controllo i livelli di omocisteina. Chi beve molto alcool o consuma pochi alimenti ricchi di folati come le verdure a foglia verde, i succhi di arancia o i cereali potrebbe non essere in grado di sintetizzare adeguatamente l’omocisteina e incorrere pertanto in un rischio maggiore di coronaropatia e ictus. Queste le relazioni fra omocisteina e rischio cardiovascolare. Valori plasmatici superiori a 15 mol/l comportano un rischio relativo da una volta e mezzo a due volte superiori di patologia cardiovascolare rispetto a livelli inferiori. Inoltre, molti studi prospettici non hanno trovato una relazione tra valori basali di omocisteina e rischio cardiovascolare, con un moderato aumento di rischio reale di ammalare e solo in individui con valori di omocisteina estremamente elevati. A tuttora l’American Heart Association e l’American College of Cardiology, non raccomandano uno screening a tappeto sulla popolazione, riservandolo solo ad alcuni gruppi di pazienti, quali quelli con aterosclerosi precoce in assenza di altri fattori di rischio o in pazienti con insufficienza renale cronica. E ancora: poiché 400 mg/die di acido folico riducono del 25% i livelli di omocisteina e l’aggiunta di vitamina B12 li riduce di un altro 1%, in considerazione del basso costo e della non tossicità della supplementazione, risulta più efficace dal punto di vista costo-beneficio somministrare aggiunte vitaminiche nei gruppi di pazienti ad alto rischio piuttosto che farne lo screening. Nessuno studio randomizzato ha dimostrato che riducendo i livelli di omocisteina si riduce il rischio coronarico. * Dirigente medico Uoc Cardiologia del S. Spirito
La Danza delle Ore, ovvero come il bio orologio impartisce i ritmi per vivere al meglio di Rita Lucia Putini*
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gni funzione biologica del nostro corpo, dal livello cellulare fino a quella dei diversi organi, è regolata da un orologio biologico. Questo metronomo è legato al ritmo circadiano che guida il ritmo sonno-veglia regolato dalla secrezione di melatonina da parte dell’ipofisi. Su questo ritmo maggiore sono poi regolati i ritmi circadiani di massima o minima funzione dei diversi organi. Negli ultimi dieci anni sono stati scoperti diversi geni-orologio in differenti organi; la loro ubiquitarietà nel corpo ha portato ad un campo emergente nella ricerca nella ipotesi che l’alterazione dei ritmi biologici possa determinare la malattia, e se normalizzare il ritmo circadiano a livello cellulare possa essere di aiuto nel trattamento di condizioni come il diabete e l’obesità. Il cervello è considerato come il direttore d’orchestra che regola attivazione e funzione delle diverse fisiologie d’organo. Ciascun organo opera secondo un proprio specifico orologio interno, producendo enzimi e molecole a livelli differenti a seconda delle olre della giornata. Tutto questo implica che, nell’arco della giornata, vi saranno moment o di maggiore o minore espressione della funzione di un particolare organo o apparato. Per esempio la secrezione insulinica da parte del pancreas è massima nelle ore diurne proprio per permettere una maggiore utilizzazione del glucosio nelle ore di maggiore attività fisica così come la digestione del cibo opera con massima efficienza in alcune ore della giornata. I ritmi dell’orologio biologico di una persona possono essere alterati da alcune condizioni come il jet lag, i turni di lavoro notturno, il consumo dei pasti in orari sbagliati, portando il sistema a non funzionare al massimo della sua efficienza e favorendo condizioni come l’obesità, il diabete e la depressione. Regolare l’assunzione dei cibi sui ritmi dell’orologio biologico potrebbe essere importante nel controllo del peso
corporeo per contrastare l’obesità. Consumare carboidrati nelle ore del mattino e del primo pomeriggio, quando è maggiore la secrezione dell’insulina, determinerebbe una minore “onda glicemica” all’interno dei vasi sanguigni che determina il danno delle cellule endoteliali e l’aterosclerosi. Inoltre, i livelli glicemici più elevati che si ottengono consumando i carboidrati nelle ore serali quando minore è la risposta della secrezione insulinica contribuiscono in misura maggiore all’incremento del peso corporeo e all’aumento del grasso addominale che rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare. Consumare pasti proteici la sera permette invece un utilizzo migliore di questi elementi dal momento che durante la notte l’incremento dei livelli del GH (l’ormone della crescita) favorisce lì’utilizzi dell’energia per la costituzione della massa muscolare. I geni-orologio sembrano influenzare in maniera importante il metabolismo e il modo in cui l’organismo utilizza i grassi e gli zuccheri. Ricerche recenti hanno evidenziato che animali con una mutazione di un gene-orologio di una specifica zona del cervello (nucleo sovra chiasmatico) responsabile della sincronizzazione del ritmo cicardiano del corpo, mostravano una completa alterazione del modo di assumere il cibo. Gli animali mangiavano continuamente a tutte le ore del giorno invece che durante le ore in cui erano maggiormente attivi, erano obesi, con alterazioni metaboliche quali iperglicemia ed elevati livelli di colesterolo. Un altro aspetto importante di questa ricerca è che non solo la mutazione del gene-orologio è causa di un alterato comportamento alimentare ma anche che l’alterato comportamento influenza la funzione dei geni-orologio. Alimentarsi con cibi ricchi di grassi sembra modificare i geni-orologio di alcune parti del sistema nervoso contrale, del fegato e del tessuto adiposo. Altre ric erche hanno evidenziato come, a parità di apporto calori-
co, animali notturni presentavano un maggiore aumento del peso corporeo se venivano alimentarti durante le ore diurne, ore in cui essi abitualmente non erano attivi. Non è chiaro come l’alterazione del ritmo biologico possa influenzare il peso corporeo. Una teoria indica come in alcune ore del giorno i batteri intestinali siano più o meno attivi nella trasformazione degli alimenti in molecole semplici che possano essere assorbite dall’intestino. L’alterazione dei ritmi cicardiani come l’alterazione del ritmo sonno-veglia, con periodi di privazione del sonno protratti, possono determinare un’amplificazione della risposta infiammatoria a stimoli diversi, deprimere le risposte immunitarie in risposta a malattie infettive come l’influenza. È possibile che in alcune patologie il malfunzionamento dell’orologio biologico contribuisca nel singolo paziente allo sviluppo della malattia. Assecondare i ritmi del nostro orologio biologico è importante per la nostra salute e la conoscenza di come attuare questa opportunità deve entrare nel bagaglio con cui cerchiamo di mantenere un adeguato stile di vita. Questo, per contrastare gli effetti negativi di una modernità che cresce senza prevedere quanto di veramente moderno dovrebbe garantire a tutti: la possibilità di mantenere l’armonia con cui il nostro corpo è programmato nelle sue diverse funzioni. * Cardiologa, I Divisione Cardiologia S. Camillo
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6 La pedalata è una attività aerobica salutare. Basta non esagerare
La bici? Una medicina per il cuore che fa le bizze di Nino Bertoloni Meli*
eve fare un monumento alla bicicletta”, sancì il cardiologo non appena lesse l’elettrocardiogramma che rivelava “anomalie”. Eh già, quelle pedalate tri-settimanali, un giorno sì e l’altro no, avevano contribuito a evitare il classico infarto improvviso, quello che arriva e ti coglie impreparato, senza preavviso, senza uno straccio di avvisaglia, così, nel bel mezzo di una giornata “normale”, preferibilmente all’alba. E invece no, la bicicletta con l’attività aerobica annessa aveva fatto sì che il cuore fosse “avvisato”, nel senso che quelle benedette coronarie sotto lo sforzo dei
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colo. E quindi avvisaglia. E quindi ricorso al medico in tempo utile per capire che cosa non va. Non solo. Le pedalate in bici contribuiscono anche a creare i cosiddetti “circoli collaterali”, piccoli capillari che grazie allo sforzo compaiono vicino alle coronarie favorendo l’afflusso di altro sangue oltre a quello “ufficiale”, con migliore ossigenazione per il cuore e ulteriore aiuto per evitare l’infarto. Un monumento alla bicicletta, appunto. Che le due ruote siano di grande utilità al cuore e dintorni, ormai è risaputo confermato studiato sancito. “Non appena si rimette, salga quanto prima sulla bicicletta e riprenda a pedalare”, raccomandava il car-
pedali reagivano, avvisavano che no, non era sufficiente il sangue che riusciva a passare, e il cuore ne soffriva, reagiva con la classica angina, il dolore al petto che segnala ostruzione alle coronarie. E quindi peri-
diologo dopo ogni intervento di angioplastica, e lo raccomandò anche dopo quello di bypass. Ma quali sono i reali benefici dell’attività ciclistica per il principale organo del nostro corpo? Il cuore è un muscolo,
un po’ sui generis certo, molto più nobile certo, ma sempre un muscolo, e come tale sottostà alla legge di tutti i muscoli: più lo alleni, più sta meglio. Quindi, oltre a metterti sull’avviso in caso di anomalie o di ostruzioni alle coronarie causate dalle placche aterosclerotiche, quelle che non fanno passare il sangue come si deve, l’attività pedalatoria contribuisce non poco se non a guarire, chè sarebbe troppo, come minimo a tenere ben attivo il muscolo cardiaco, con beneficio per l’attività di contrazione, per la pressione, per il colesterolo e per il diabete. Studi e indagini hanno dimostrato che una sana e costante attività aerobica riesce a tenere sotto controllo i valori di glicemia nel sangue coadiuvando la cura farmacologica. Non è un caso che siano sorte squadre ciclistiche “per la lotta al diabete”, con tanto di corse, classifiche, attività sportiva mirata. Gare, corse, scatti e inseguimenti d’accordo, ma fino a un certo punto. Per chi ha avuto problemi cardiaci la bicicletta è consigliata, ma l’agonismo esasperato è sconsigliato se non vietato. Nessun medico dello sport minimamente coscienzioso rilascerà un certificato di idoneità sportiva a un cardiopatico o anche semplicemente a chi presenta anomalie all’Ecg. Dunque? Chi ha avuto problemi coronarici faccia attività sportiva ma si guardi bene dall’esagerare, stia lontano dalle alte frequenze di pulsazioni, eviti di far salire troppo la pressione, si scordi di fare lo scalatore, stia alla larga dai cosiddetti limiti massimali, quelli per intenderci che possono raggiungere gli atleti solo dopo appositi allenamenti, visite e controlli: l’attività sportiva è utile e bella, è bene svolgerla, ma il troppo stroppia. Specie per il cuore già vulnerato. * Giornalista, paziente in riabilitazione
I rischi che corre chi non rispetta le raccomandazioni del cardiologo
Perché è importante prendere sempre i farmaci prescritti di Roberto Ricci*
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olti pazienti dopo un evento coronarico acuto (infarto, angina instabile, angioplastica coronarica, by pass aortocoronarico) non assumono in farmaci che sono stati loro prescritti. Alcuni interrompono completamente l’assunzione di uno o più farmaci, altri li prendono con dosaggi ridotti. Gli studi scientifici ci dicono che un paziente su due non rispetta la prescritta terapia cardiovascolare. Questa percentuale si riduce ulteriormente se si considera l’ade-
renza a più farmaci insieme o se si considera la persistenza dell’aderenza alla terapia nel corso degli anni. Un momento critico per la non aderenza sono proprio i primi mesi dopo la dimissione dall’ospedale, dove circa un terzo dei pazienti smette di assumere correttamente la terapia; anche se in maniera meno brusca rispetto a questa caduta precoce di aderenza, un progressivo declino del rispetto dei trattamenti raccomandati si verifica nel corso degli anni successivi. I grandi rischi. Interrompere precoce-
mente l’assunzione di un farmaco dopo la dimissione comporta un aumento dell’80% del rischio di morte dopo un anno, mentre assumere solo parzialmente i farmaci raccomandati fa aumentare la mortalità del 44%. Ovviamente aumentano anche le probabilità di un nuovo ricovero per una recidiva di infarto o angina. Perché accade. Numerose sono le possibili cause di non aderenza alla terapia. Vi sono cause legate al sistema sanitario: scarsa qualità della relazione e della comunicazione tra operatori sanitari (medici in primo luogo) e pazienti; difficoltà di accesso alle cure; mancanza di continuità delle cure dopo la dimissione, talora per vecchiaia o irresponsabilità verso se stessi: vedremo tra un momento. Anche il tipo di malattia può rappresentare un ostacolo all’aderenza. Infatti dopo un evento coronarico i farmaci sono prescritti a scopo preventivo, di conseguenza i pazienti non percepiscono un vantaggio diretto dalla terapia in termini di miglioramento delle condizioni di salute, e quindi con più difficoltà riescono ad assumere tanti farmaci e per tanto tempo (in genere per tutta la vita). Altre cause di non aderenza dipendono dal paziente stesso, come la presenza di disfunzioni fisiche e cognitive o particolari disturbi del comportamento; anche l’età avanzata e i connessi problemi di memoria rendono più difficile l’aderenza alla terapia. Una terapia complessa (molti farmaci e molti dosi) o la presenza di effetti collaterali sono altre cause di non aderenza. Infine un ruolo importante è svolto anche dal grado di istruzione e dai costi delle terapie. C’è l’intenzione? Vi sono due tipi di non aderenza: quella intenzionale e quella non intenzionale. Nella prima il paziente ha
Gli incontri mensili per la prevenzione Sono in corso, dal gennaio scorso, i tradizionali incontri psicoeducazionali promossi dall’Unità operativa complessa di Cardiologia del S. Spirito allo scopo di sensibilizzare gli utenti e i loro familiari sull’importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, della riduzione dei fattori di rischio attraverso la loro identificazione e correzione e l’adozione di stili di vita salutari. L’iniziativa è coordinata dalla dott.ssa Francesca Lumia, dirigente medico, e dalla dott.ssa Clara Amari, coordinatrice della riabilitazione cardiologica. Gli incontri sono totalmente gratuiti, e si tengono, dalle 9,30 alle 11,30 al teatro dell’ospedale, con ingresso da via dei Penitenzieri. A gennaio la dott.ssa A. Schiera ha animato l’incontro sulla prevenzione primaria e secondaria nella cardiopatia ischemica; a febbraio è stata la volta dalla dott.ssa A. Santoro sulla prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari; a marzo il dott. A. Biscione ha affrontato il tema della fibrillazione atriale e della terapia anticoagulante; ad aprile il dott. T. Cautilli ha trattato i temi degli esami strumentali e dello scompenso cardiaco; a maggio il dott. G. Scoppola ha parlato della gestione dello stress; e a giugno il dott. F. Chiaromonte del diabete mellito e della malattia coronarica. I prossimi incontri sono fissati dopo le vacanze estive con questo calendario: – giovedì 29 settembre: “Attività fisica e movimento post-infarto”, relatrice la fisioterapista Tiziana Denato; – giovedì 27 ottobre: “Angioplastica coronarica nell’infarto”, relatrice la dott.ssa Flavia Belloni; – giovedì 17 novembre: “Prevenzione primaria e secondaria: il progetto Prevasc”, relatrice l’infermiera professionale Sonia Meloni; – giovedì 20 dicembre, in occasione della manifestazione Cardiologia aperta, “La cardiologia al servizio degli utenti”, relatore il dott. Roberto Ricci. Direttore della Cardiologia del S. Spirito.
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8 ben compreso quali farmaci deve assumere e con quali modalità, ma intenzionalmente decide di non assumerli. In genere ciò dipende da convinzioni errate sulla patologia o sulla efficacia delle medicine. In altri casi può dipendere dal timore di reazioni avverse o effetti collaterali dei farmaci. Viceversa alla base della non aderenza non intenzionale, vi sono soprattutto problematiche legate ad una relazione non efficace tra sanitari e paziente con conseguenza poca chiarezza da parte di quest’ultimo sulle modalità di assunzione del-
la terapia, oppure disfunzioni fisiche o cognitive del paziente. Prima conclusione. La non aderenza alla terpia farmacologica è un problema rilevante sia dal punto di vista della dimensione che delle ricadute sulla prognosi. S’è visto che le cause di non aderenza sono molteplici e che più cause possono essere presenti in uno stesso paziente. Inoltre le cause di non aderenza sono diverse da paziente a paziente. Da ciò derivano due considerazioni importanti in relazione all’attuazione di interventi per migliorare la
aderenza alla terapia: 1) gli interventi dovranno essere per forza complessi, multifattoriali, cioè essere costituiti da strategie multiple di intervento ognuna per le diverse cause di non aderenza identificate; 2) gli interventi dovranno essere individualizzati, cioè personalizzati in relazioni alle cause di non aderenza presenti in un determinato paziente. Nel prossimo numero affronteremo il problema delle strategie da attuare per migliorare la aderenza alla terapia farmacologica. * Direttore Uoc Cardiologia S. Spirito
L’intervista al paziente in palestra
Prima l’infarto e lo stent ma poi si torna a sciare
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luglio dell’anno scorso l’infarto, in questa primavera la prima uscita con gli sci. «Un gusto, una soddisfazione anzitutto per me stesso, abituato come sono non solo allo sci, ma anche alla bici, alle escursioni, al pallone, alla vela, alla corsa dei cento e dei duecento», dice un
Massimo Bajani, 67 anni
abbronzato Massimo Bajani, orafo di buon nome, 67 anni portati alla grande, tre figli e una serie di nipoti. Già, e la ripresa com’è andata? «Molto bene, anche e proprio grazie a questa palestra», fa Bajani
continuando a pedalare sulla cyclette insieme ai “colleghi” del primo turno dei giorni pari. Allora, anzitutto, come e quando ti è capitato il guaio? «In una serata d’estate. E, bada, nulla nel passato aveva lasciato prevedere una cardiopatia, anche perché (lo ammetto) mai avevo fatto un esame. Dunque, quella sera eravamo in pizzeria, la mia compagna ed io. Ho sentito un dolore qui dietro, alla schiena. In effetti non mi sentivo proprio in forma, ma credevo fosse l’aria condizionata che soffiava giusto alla mie spalle. Macché. Finita la pizza, monto in moto, torno a casa, prendo un tranquillante e mi metto a letto.» E non sei riuscito ad addormentarti, scommetto… «Niente da fare. Agitazione, incertezza… e per giunta altri dolori, non al petto – perché avrei capito – ma…ai gomiti. Chiedo a uno dei figli di misurarmi la pressione: 180/100. Allora capisco che c’è qualcosa che non funziona e gli dico: portami al pronto soccorso.»
In quale ospedale? «Questo, il Santo Spirito. E debbo dire che il medico di turno – la dottoressa Canfora, neppure cardiologa – ha intuito subito la natura del malessere, e mi ha detto chiaro e tondo: infarto, anomalo quanto vuole per le caratteristiche e la localizzazione dei dolori, ma infarto bell’e buono. Ricovero immediato in rianimazione, e l’indomani mattina coronarografia e stent. Specialisti magnifici come il medico del pronto soccorso, assistenza infermieristica di primo livello, rapida ripresa, dimissione, buona ripresa.» Già, e a che cosa devi questa buona ripresa? Com’è che ti sei potuto prendere la soddisfazione di tornare a sciare? «In buona parte proprio alla riabilitazione qui, in palestra. Per due concomitanti ordini di motivi. Il primo è scontato: l’esercizio fisico in progress, di cui le nostre fisioterapiste sono, francamente, inimitabili. Il secondo, almeno per me, conta altrettanto se non di più: è la grande risorsa psicologica del vivere insieme, tra infartuati, la ripresa. È un elemento prezioso, decisivo.»
Riconosce lunghezza, diametro e composizione della placca
L’Otc, una nuova tecnica per riconoscere la trombosi di Antonino De Vita*
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a trombosi dei vasi coronarici è la causa principale della sindrome coronarica. Qualunque sia il meccanismo fisiopatologico (rottura, erosione, spasmo della placca), essa rappresenta la tappa finale di una cascata di eventi che culminano con l’occlusione di uno dei vasi coronarici. L’identificazione precoce della lesione colpevole è fondamentale ai fini del trattamento, poiché incide in maniera significativa sulla prognosi. L’angiografia coronarica rappresenta ancora oggi la tecnica principale per la valutazione della malattia coronarica, utile nell’identificazione dei restringimenti dei vasi coronarici, ma limitata dall’impossibilità di studiare e fornire informazioni dettagliate sulla placca aterosclerotica. Alla coronarografia possono sfuggire lesioni instabili con presenza di un trombo spesso sovrapposto ad una placca ulcerata, che comunque si presentano emodinamicamente non significative e con un diametro del lume non critico. Tra le tecniche di Imaging intravascolare, l’IVUS (ecografia intravascolare), è ormai diffusamente impiegata per lo studio della placca aterosclerotica, permettendo di identificarne la composizione (fibrosa, calcifica) ma tuttavia insufficiente nell’individuare la presenza di trombo, che spesso caratterizza la criticità di una placca. La Tomografia a Coerenza Ottica (OCT, Optical Coherence Tomography) è una recente tecnica di imaging intracoronarica, che grazie al suo alto potere risolutivo (10 volte maggiore dell’IVUS), permette di riconoscere la trombosi e le differenti morfologie delle lesioni colpevoli. L’esame, di facile esecuzione, sicuro, efficace, e rapido nell’acquisizione dei dati, per-
malapposizione o di incompleta copertura della lesione e di evidenziare altri aspetti non visibili all’angiografia come il prolasso tissutale e la dissezione intrastent o ai margini dello stent. Quest’ultima evenienza, è definita come la rottura della parete vasale entro 5 mm dal margine prossimale o distale dello stent, merita particolare attenzione perché può limitare il flusso ematico e portare a fenomeni trombotici precoci dello stent. Il suo riconoscimento permette un’adeguata correzione mediante l’impianto di un ulteriore stent. L’OCT si dimostra un valido strumento di valutazione delle procedure a lungo termine, in modo particolare quelle con utilizzo di stent medicati, gravate dal rischio di trombosi tardiva per incompleta endotelizzazione. L’OCT permette di identificare la presenza o assenza di tessuto ricoprente le maglie dello stent e nello stesso tempo, individuare le maglie (malapposte o scoperte) definite vulnerabili perché suscettibili di trombosi. In tal caso è possibile individuare quei pazienti che otterranno maggiore beneficio dall’intensificazione o prolungamento della duplice terapia antiaggregante o coloro in cui invece è possibile interrompere precocemente la terapia in previsione di interventi chirurgici. In conclusione, appare evidente come questa nuova metodica, permetta di vedere e studiare fenomeni prima inaccessibili per i limiti della tecnologia a disposizione. La comprensione di questa patologia permetterà cure più efficienti, interventi più appropriati, risultati procedurali migliori, selezione di dispositivi e strategie terapeutiche sempre più efficaci. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
mette di valutare la lesione target, procurando informazioni sulla lunghezza, diametro, composizione della placca e dei
Il dottor Antonino De Vita
diametri di riferimento del vaso a monte ed a valle della lesione, consentendo la scelta ottimale delle dimensioni dello stent. L’OCT può fornire informazioni riguardo l’estensione e la costituzione della placca a livello delle biforcazioni, che possono condizionare la scelta del tipo di tecnica da eseguire. La maggior parte delle sindromi coronariche acute, sono provocate dalla rottura di un tipo particolare di placca, noto come fibroadenoma a cappuccio sottile. L’OCT è in grado non solo di misurare lo spessore del cappuccio, ma anche le dimensioni del core lipidico, il contenuto emorragico dello stesso, l’angiogenesi ed il grado di infiammazione della placca, tutti elementi che possono testimoniare la criticità della lesione. L’applicazione dell’OCT allo studio delle coronarie offre grazie alla sua elevata risoluzione, informazioni circa la risposta tissutale all’impianto di stent, nell’immediato riducendo l’incidenza ed il grado di
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10 Anche la loro cura va programmata presto e bene
I giovani, un patrimonio di salute da conservare con precise regole di Rita Lucia Putini*
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giovani adolescenti nella fascia d’età 13-19 anni rappresentano, dal punto di vista medico, una popolazione speciale: grande patrimonio di salute, nella grande maggioranza liberi da malattie, aspettativa di vita lunghissima. È chiaro come la cura medica debba essere orientata alla conservazione di questo patrimonio biologico. La cura della salute dei giovani deve essere programmata presto e bene. Deve essere collegata al loro presente ed essere attiva costantemente nel loro quotidiano, per non permettere l’inizio di quei meccanismi legati ad uno stile di vita sbagliato che condizionano il manifestarsi di molte patologie dell’età adulta e, in particolare, delle malattie cardiovascolari. Diversi sono gli attori che devono impegnarsi in questo programma. Prima di tutto i giovani stessi con la conoscenza dei problemi, perché solo la conoscenza permette di trovare e applicare le soluzioni; i genitori che devono prendere coscienza che quanto indicato dalle società scientifiche internazionali in termini di miglioramento dello stile di vita ha profonde ripercussioni, anche se non immediate, sulla salute dei figli; la scuola, con l’attenzione dei professori, l’esempio e le campagne divulgative; i medici per le loro diverse specializzazioni che, in questa particolare fascia d’età, sono unificate nella figura professionale dello specialista pediatra. Nel mondo siamo in presenza di un epidemia globale di obesità. L’obesità infantile e nell’adolescenza comporta
un aumento del rischio cardiovascolare nell’età adulta con aumento della malattia coronarica, infarto miocardico, ipertensione arteriosa e diabete tipo 2. L’obesità è determinata da uno squilibrio tra l’energia che assumiamo sotto forma di cibo e l’energia spesa dal nostro organismo nella vita quotidiana. L’attività fisica quotidiana è la prima regola nella lotta all’obesità. Per attività fisica adeguata occorre considerare per i giovani un’ora di esercizio fisico intenso ogni giorno. La pratica regolare ed intensa di un’attività sportiva deve essere preceduta dall’esecuzione di un elettrocardiogramma, da una valutazione cardiologica e da un ecocardiogramma per escludere alterazioni organiche del cuore ed alcune patologie cardiache asintomatiche ma che possono manifestarsi con conseguenze gravissime fino alla morte improvvisa durante sforzi fisici legati alla pratica sportiva. L’attenzione alla qualità dei cibi, non solo alla loro quantità, è importantissima. Studi recenti hanno dimostrato come il consumo quotidiano di frutta e verdura nell’infanzia e nell’adolescenza sia inversamente proporzionale alla perdita delle proprietà elastiche e alla rigidità della parete aortica e quindi al maggior rischio di ipertensione arteriosa. Cinque porzioni di frutta e verdura al giorno sono la raccomandazione delle società scientifiche internazionali per un’alimentazione corretta e volta a contrastare il rischio di malattie cardiovascolari. I cibi grassi delle catene di fast food, il consumo frequente di bevande zuccherate e gasate contribuiscono all’epi-
demia globale di obesità ed occorre, nei giovani, rinforzare i concetti su cui si basa un’educazione alimentare corretta che deve crescere con loro. Le dipendenze da droga, fumo ed alcol rappresentano un altro capitolo drammatico nella cura della salute dei giovani. Ciascuna di queste dipendenza è in grado di compromettere severamente la loro salute, cambiano soltanto i tempi in cui si manifestano gli effetti delle singole dipendenze. Le sostanze stupefacenti hanno effetti devastanti sulla persona, non esiste una droga che sia peggiore di un’altra nei suoi effetti. “Provare” la droga anche una volta sola può avere effetti gravissimi fino alla morte perché è la risposta dell’organismo ad essere differente nei confronti della sostanza stupefacente. Si può morire anche dopo aver “provato” una sola dose di droga. Attenzione ai giovani, da parte di chi quotidianamente interagisce con loro, è il primo e importante atto medico per cogliere l’inizio di una storia di dipendenza. Rinforzare continuamente con il dialogo e con l’esempio il concetto dell’inutilità dell’abitudine al fumo. I giovani sono all’inizio del loro percorso di vita come attori autonomi ed il loro obiettivo (per il quale scuola, famiglia e medici devono lavorare) deve essere quello di non iniziare! Non iniziare una dipendenza con effetti gravissimi sul cuore, sul cervello, sulla funzione respiratoria, sulla bellezza, sulla vitalità. I giovani rappresentano un punto di bassa resistenza per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse. Scarsa informazione, difficoltà nella comunicazione dei dubbi, carenza di risposte sostenute da chiari messaggi scientifici. La soluzione, ancora una volta, è la disponibilità all’ascolto in questo forse maggiormente dai medici e facilitazione dei percorsi per l’ac-
cesso al confronto personale, senza intermediari, con il medico stesso. Problemi anche gravi alla salute dei giovani possono venire dalla moda del piercing. Questa modalità di relazione con il proprio corpo deriva dalla centralità che il corpo assume nell’adolescenza. Sensazionale scoperta, mezzo di relazione che affascina o che atterrisce il corpo ha un ruolo smisurato che va dominato. Le complicanze del piercing dipendono dal punto del corpo in cui viene fatto, dal materiale usato, dall’esperienza di chi lo esegue, dall’igiene mantenuta nell’esecuzione e dalla cura successiva della lesione procurata. Le complicanze sono dovute maggiormente alle infezioni di bat-
teri come lo Stafilococco Aureo che possono dare infezioni generalizzate potenzialmente mortali. Altro rischio infettivo il contagio da virus dell’Epatite C, anche questo dovuto alla scarsa igiene nell’esecuzione del piercing e con ripercussioni anche gravi sulla funzione epatica. Particolare attenzione deve essere posta al rischio depressione anche negli adolescenti. Il quotidiano, difficile per noi adulti, può diventare impossibile da gestire per un adolescente. È un meccanismo complesso
quello delle emozioni negative che annullano la felicità. Quando diventa difficile e complicato proprio quel quotidiano che dovrebbe rappresentare la normalità è necessario parlare, comunicare il disagio, pretendere che gli adulti, nei loro diversi ruoli di genitori, medici, insegnanti trovino un tempo da dedicare a chi ha il diritto di cominciare a vivere con felicità. * Cardiologa, I Divisione Cardiologia S. Camillo
Trapianti-cuore: 300 ok ma le richieste d’aiuto sono più del doppio di Giampaolo Luzi*
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l trapianto cardiaco è un intervento cardiochirurgico effettuato in pazienti affetti da una cardiomiopatia (malattia del muscolo cardiaco) in fase di scompenso, tale cioè da non permettere lo svolgimento delle attività quotidiane nonostante una terapia medica massimale. Il primo trapianto fu eseguito nel 1967 dall’equipe del Prof. Barnard a Città del Capo. In Italia il primo trapianto è stato eseguito nel 1985 dal Prof. Gallucci a Padova. Da allora il progresso tecnologico ha permesso di effettuare il trapianto cardiaco nei bambini e negli adulti fino ai 65 anni di età. Un paziente, per essere candidato a trapianto, non deve avere, oltre alla patologia cardiaca, altre gravi morbilità, come l’insufficienza renale in trattamento dialitico, l’insufficienza epatica grave, una patologia tumorale maligna, malattie invalidanti del sistema nervoso, patologia vascolare periferica. Tecnicamente, l’intervento consiste nel prelievo del cuore da un
soggetto dichiarato con morte cerebrale (donatore) ed il successivo impianto al paziente affetto dalla cardiomiopatia (ricevente).Il tempo di trasporto dell’organo dall’espianto fino all’impianto sul recettore non può superare le 4-5 ore. Devono sussistere, tra donatore e ricevente, dei
Il dottor Giampaolo Luzi
criteri di idoneità, rappresentati da affinità del gruppo sanguigno (AB0), assenza di linfotossicità specifica, taglia corporea equivalente. Dopo il trapianto il paziente può condurre una vita normale, sottoponendosi a periodici controlli clinici e strumentali, assumendo costantemente una terapia per evitare il rigetto del trapianto, cioè per ridurre la risposta biologica dell’organismo quando il cuore trapiantato viene riconosciuto come estraneo. Il fabbisogno nazionale di cuori si aggira attorno alla cifra di 800 per anno: per mancanza di donatori i trapianti effettuati sono solamente 300 per anno (circa 6,5 trapianti di cuore per milione di persone per anno). La scarsità di organi disponibili ha incrementato lo sviluppo e l’utilizzo di “cuori artificiali”, cioè di piccole pompe meccaniche che possono temporaneamente assistere il cuore scompensato in attesa della disponibilità di un cuore trapiantabile. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
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Come funziona e a cosa serve questa moderna tecnica diagnostica
Vantaggi e controindicazioni della risonanza magnetica di Caterina Facciolo*
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a risonanza magnetica (RM) è una moderna tecnica diagnostica che fornisce immagini di organi e strutture del corpo di alta qualità senza l’impiego di radiazioni ionizzanti (raggi X). In particolare, la RM cardiaca consente di ottenere immagini ad alta risoluzione da cui si possono ricavare informazioni dettagliate ed accurate sulla struttura e funzionalità del cuore, consentendo il riconoscimento di svariate patologie cardiache. Le indicazioni attuali all’utilizzo della RM per l’imaging cardiaco sono varie e includono: – la valutazione della cardiopatia ischemica mediante lo studio della funzione contrattile globale e segmentaria del ventricolo sinistro sia a riposo che durante stress farmacologico; lo studio di perfusione miocardica, cioè la distribuzione del sangue al muscolo cardiaco e lo studio di vitalità miocardia quindi di miocardio ben funzionante; la definizione dell’estensione della necrosi nel post-infarto; – la diagnosi differenziale delle cardiomiopatie (patologie del muscolo cardiaco di varia origine) con la caratterizza-
Caterina Facciolo
zione di aree di infiammazione, fibrosi, necrosi miocardica; – la diagnosi di valutazione di tumori e/o masse cardiache, trombi intracavitari, malattie del pericardio; – la diagnosi e la valutazione delle cardiopatie congenite sia prima che dopo correzione chirurgica; – la diagnosi e i controlli periodici delle patologie aortiche. Prima di essere sottoposti all’esame è necessario rispondere ad una serie di domande che hanno lo scopo di identificare eventuali controindicazioni alla procedura ed è importante che il paziente porti con sé la documentazione clinica precedente. Le principali controindicazioni riguardano la presenza di parti metalliche all’interno del corpo (pacemaker, protesi ortopediche di vecchia data, impianti cocleari, clips metalliche, schegge metalliche endooculari, pompe infusionali). Non è invece controindicata nei portatori di protesi ortopediche o valvolari cardiache di recente generazione. È inoltre necessario segnalare un eventuale stato di gravidanza, soprattutto se nel primo trimestre e allergie ai metalli. È consigliabile un digiuno di circa 3 ore. Prima dell’ingresso nella sala diagnostica è
necessario rimuovere tutti gli oggetti di metallo; viene posizionata una agocannula in una vena del braccio e applicati degli elettrodi adesivi sul torace per registrare il ritmo cardiaco durante l’esame (perché le immagini siano di ottima qualità è necessario che il paziente sia in ritmo sinusale), un saturimetro per monitorare l’ossigeno nel sangue ed uno sfigmomanometro (bracciale della pressione arteriosa). Vengono applicate infine delle cuffie auricolari per ridurre il rumore che si sente nella sala diagnostica e posizionate delle fasce o piastre adattabili alla regione anatomica da studiare. Il tempo di effettuazione dell’esame di RM cardiaca varia dai 30 ai 60 minuti a seconda del quesito diagnostico e richiede la collaborazione del paziente. Per acquisire le immagini occorre trattenere il respiro per circa 15-30 secondi e il paziente deve rimanere il più possibile immobile per non compromettere la qualità delle immagini, alcune delle quali vengono eseguite dopo somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico (gadolinio) per via endovenosa. Le reazioni da ipersensibilità al gadolinio sono rare ed in genere lievi (cefalea, sensazione di calore al viso, vomito, rush cutanei) mentre reazioni gravi sono estremamente rare. Negli ultimi anni la cardio-RM ha subìto un notevole sviluppo e si è decisamente affermata nel campo della medicina cardiovascolare clinica e sperimentale nei centri più avanzati sia per la capacità di produrre immagini ad elevata risoluzione delle strutture cardiache indipendentemente dall’habitus costituzionale del paziente sia perche è facilmente ripetibile essendo un esame non invasivo in quanto non richiede l’impiego di radiazioni ionizzanti. * II Scuola di specializzazione in Cardiologia, Università La Sapienza Roma
Conclusa la gita al Terminillo, poi parte la passeggiata per la storica via Giulia
Chi vuole montagna e chi città? “Cuore Sano” provvede per tutti
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entre questo giornale va in stampa, un gruppo di nostri colleghi cardiopatici sono impegnati sul massiccio del Terminillo nella tradizionale esperienza della Montagnaterapia organizzata oramai da parecchi anni dalla Cardiologia del Santo Spirito (responsabile medico la dott.ssa Francesca Lumia che è anche provetta alpinista), dal Servizio psicologia dello stesso ospedale (responsabile il dr. Giulio Scoppola, pure lui consumato montanaro) e dall’Associazione “Cuore Sano”. Prevista per giugno, per ampliare lo spettro delle prove di resistenza allo sforzo – comunque non eccessivo, e mai pericoloso – “provocato” non dalla strumentazione scientifica ma dall’esercizio fisico naturale, all’aria aperta. Dunque: salite sino a circa duemila metri, marce con i bastoncini svedesi, stretching…Il tutto sotto il controllo e con l’assistenza dei medici e degl’infermieri professionali che, periodicamente, controllano lo stato dei pazienti le cui condizioni di partenza sono state verificate già al momento dell’iscrizione alla Montagnaterapia: la stabilizzazione dell’evento subìto, ecocardiogramma e test ergonometrico recenti. Tra le condizioni richieste anche quella di esser socio dell’Associazione Cuore Sano. Sempre e solo per i soci ACS è previsto alla ripresa autunnale un altro evento, di natura culturale e, insieme, di allenamento…al passo: si tratta della “Stra Giulia”, che si svolgerà la mattina di giovedì 29 settembre partendo (a piedi, naturalmente) dall’ospedale Santo Spirito e traversando il Tevere per poi passeggiare lungo via Giulia da ponte
soffermerà la Basilica di san Giovanni dei Fiorentini e l’antistante piazza dell’Oro, il palazzo di Raffaello e palazzo Sacchetti, l’Oratorio del Gonfalone e la Chiesa di S.M. dell’Orazione e Morte, questi ultimi due monumenti sono di norma chiusi al pubblico. Ma, grazie ad un permesso speciale (e ad un modesto contributo dei soci), anche le porte dell’Oratorio e della Chiesa si schiuderanno per l’evento. Appuntamento dunque all’ingresso dell’ospedale, alle 9,30. Naturalmente dopo essersi iscritti, almeno cinque giorni prima, alla segreteria di Cuore Sano (3° piano, reparto Cardiologia) o presso la palestra della Riabilitazione cardiologica del Santo Spirito.
Sant’Angelo a ponte Sisto e concludere le tre ore della visita alla Fontana del Mascherone e al michelangiolesco Palazzo Farnese. Visita, abbiamo detto, e guidata. Perché, accompagnati dalle preziose conoscenze della dott.ssa Elena Bracco, i soci e gli eventuali loro congiunti potranno ammirare e conoscere la storia di palazzo e chiese costruite nella via progettata dal Bramante su incarico di papa Giulio II, la prima strada d’impianto rinascimentale in linea retta ideata a Roma, parallela al corso del Tevere e (sulla riva opposta del fiume) a via della Lungara. Tra i monumenti, realizzati in epoche diverse, dove ci si 13
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PILLOLE DI SALUTE… L’HDL È ANCHE SALVA-INTESTINO – Il colesterolo “buono” non fa solo da spazzino delle arterie, ma potrebbe proteggere anche dal tumore al colon. Lo indica una ricerca pubblicata dalla più importante rivista internazionale di gastroenterologia, “Gut”. Messi a confronto 1.238 pazienti con cancro al colon ed altrettanti volontari sani si è accertata questo doppio merito dell’Hdl. GLI ANTIOSSIDANTI, DAL TAPPO AL VINO – Alcune sostane antiossidanti presenti nel sughero si trasferiscono dal tappo (ecco un ulteriore motivo per rifiutare i tappi di plastica!) al vino e vengono quindi assorbite da chui lo beve. Gli antiossidanti hanno effetti benefici anche sul cuore. Lo studio è…interessato, ma non per questo è meno utile sapere dei benefici del sughe-
ro: è stato promosso dall’università portoghese di Porto in collaborazione con i produttori di sughero.
GRUPPO 0 = MENO RISCHI DI INFARTO – Un‘altra, storica rivista medica, l’inglese “Lancet”, pubblica un’interessante sco-
perta di un gruppo di ricercatori americani dell’Istituto cardiovascolare della Pennsylvania University. In base ai risultati della ricerca lo stesso gene che determina il gruppo sanguigno 0 protegge anche dagli attacchi di cuore.
QUANDO IL PESCE È VEGETARIANO – In Norvegia – uno dei massimi produttori al mondo di salmone, naturale e allevato – hanno fatto una prova: sostituire le verdure (anche marine, come alcune specie di alghe) ai normali mangimi per i salmoni, appunto, e le trote salmonate. Duplice risultato: riduzione della diossina e assoluta parità dei livelli – notoriamente assai elevati in queste due specie – del prezioso omega-3. I controlli sono stati fatti su donne incinta e sui bambini che esse hanno poi generato.
…E SALUTE IN PILLOLE CHE COSA È L’ICTUS – Quanto resti ancora da fare sul versante della informazione e della prevenzione può essere testimoniato dai risultati di una indagine sull’uso “medico” di Internet. Stupefacente che per esempio il 77% degli italiani adulti non sappia che cosa sia esattamente l’ictus. Per contro (e per fortuna) solo due persone su cento sono abituate a comprare farmaci on line: attività sconsigliabile sempre e in particolare quando si tratti dell’acquisto di stimolatori dell’attività sessuale (come il viagra) spesso non garantiti clinicamente e comunque rischiosi per i cardiopatici. Ingiustificatamente scarso (se ne serve appena il 5,3%) per la prenotazione di visite specialistiche e analisi mediche.
ETICHETTE, C’È L’INTESA (INSUFFICIENTE) – I ministri della Salute dell’Ue hanno raggiunto un accordo sulle etichette alimentari: obbligatoria l’indicazione del valore nutrizionale e della quantità dei vari tipi di grassi sugli involucri dei prodotti. Stabilito anche l’obbligo di indicare il paese di origine per pollame, carni ovine e suine. Esclusi invece da tali vincoli vino, birra, altri alcolici. Tra i contrari all’obbligo anche il nostro ministro Ferruccio Fazio: le associazioni dei consumatori lo accusano di considerare la tutela degli interessi dei produttori più importante dell’informazione ai consumatori. La decisione interministeriale deve essere confermata dal Parlamento europeo.
“FASCIA C” LIBERALIZZATA – Il garante per la sorveglianza dei prezzi “apre” all’estensione della libera vendita ai farmaci di fascia C con obbligo di ricetta. Un passo importante sulla strada che ha già portato alla liberalizzazione delle medicine da banco. Che la liberalizzazione funzioni è dimostrato dalla media degli aumenti: negli ultimi quattro anni i prezzi sono aumentati mediamente del 4%, contro una media dei rincari, nei quattro anni precedenti, del 15%. Anche per Mr. Prezzi gli effetti positivi delle liberalizzazioni vanno ampliati: “Bisognerebbe togliere tutti quei vincoli che ancora oggi limitano l’apertura di nuove farmacie”. La corporazione non cede, per ora.
Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano • Anno XVI - n.2 - aprile/giugno 2011 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Alessandro Carunchio, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi • Redazione Lungotevere in Sassia n.3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Reparto di Cardiologia tel. 06/68352443 – 06/68352375 • E-mail: cuoresano@yahoo.com • www.cuore-sano.it • Stampa Tipolitografia Visconti - Terni