Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano Anno X IX -n.4 ottobre-dicembre 2014
ALL’INTERNO: ATTRAVERSO IL POLSO, SI ARRIVA AL CUORE ANTIDOLORIFICI E PRESSIONE IL MALE OSCURO: SINTOMO O CONSEGUENZA? LA PILLOLA TUTTOFARE
IL CUORE IN BICI
Felicissima impresa da riprendere e ampliare
In bici per Roma di Andrea Porzio* di Rita Lucia Putini*
anto tuonò che piovve. Tanto se ne discuteva da anni oramai, eppure l’iniziativa non quagliava. Poi, a settembre, a Cuore Sano ci si è rimboccati le maniche e ci si è detto: basta, proviamo, via. E quando la mattina del 19 ottobre, ai piedi della Piramide Cestia, poco a poco le bici son cominciate ad arrivare, ci si è detti: è fatta, era così semplice, eppure non ci credevamo. (E quindi ora già si pensa alla prossima edizione: forse a Ostia Antica, da raggiungere col trenino o col battello, per poi girare in bici). Alla fine, cioè alla partenza, si era in una trentina e passa, e nessuno ha mollato sino alla fine. C’era naturalmente un gruppetto di cardiopatici stabilizzati e alcuni con loro familiari; c’erano i cardiologi (a cominciare dal primario, Roberto Ricci) e gli infermieri professionali del Santo Spirito; c’erano persino un paio di infiltrati/e (poco male: sono stati subito iscritti all’Associazione). E c’erano gli amici di Legambiente, preziose guide archeologiche ma anche staffette di un giro che, per chilometri e chilometri, ha attraversato per quasi tre ore il centro storico di Roma, dalle mura Aureliane a Caracalla, dai Fori al Pantheon, da Castel Sant’Angelo alla pista ciclabile lungo il
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che è (e ancor più può diventare) un’esperienza salubre, un esercizio in cui si fondono la prevenzione e lo sport, la cultura e l’aggregazione sociale. E come esperimento è andato più che bene. Vogliamo scommettere che alla seconda “chiama” i partecipanti saranno di più, molti di più?
Tevere, dal Cimitero Acattolico al Monte dei Cocci a Testaccio. Problemi? A occhio e croce nessuno. Sforzo moderato e ben sopportato da tutti anche grazie alle frequenti pause per consentire a Maurizio Santoni (Legambiente) di illustrare via via i monumenti. Organizzazione non problematica: alcuni non avevano una propria bici? Nessun problema: a due passi, in una traversa dell’Ostiense, c’era pronto – e aperto a bella posta – un affitta-biciclette. Partecipazione di pazienti: ecco un punto in qualche misura problematico. Erano relativamente pochi rispetto al numero degli iscritti a Cuore Sano e a quanti di loro partecipano regolarmente ai turni di riabilitazione. Eppure la pubblicità dell’evento era stata capillare, in palestra e via mail. Bisognerà studiare la cosa, riflettere su una inedita non-reazione (ad altre iniziative i pazienti sono stati sempre assai numerosi): nel giro in bici non era richiesto uno sforzo eccessivo, più che un tour era una passeggiata con un ritmo forse più lieve della tradizionale pedalata in palestra…. Comunque è stato solo un primo esperimento, una prova, un assaggio di quella
Le foto sono di Alessandro Cautili
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4 Nuova tecnica molto sicura e assai gradita al paziente
Più per polso che via inguine si arriva al cuore di Alessandro Danesi*
ino ad alcuni anni orsono gli interventi di rivascolarizzaizone coronarica come l’angioplastica, cosi come le procedure diagnostiche (coronarografia, l’angiografia dei grossi vasi) venivano tradizionalmente effettuati utilizzando l’arteria femorale come via d’accesso alla zona cardiaca. E tuttavia si è andato diffondendo con maggior frequenza l’approccio radiale, al polso, in alternativa a quello femorale. Questo procedimento diagnostico è stato per la prima volta effettuato in Francia da Campeau nel 1989 ed eseguito su un campione di circa 1000 pazienti. Un decennio dopo in Francia, dove esiste una solida tradizione di approccio radiale, già il 28% delle procedure interventistiche venivano effettuate attraverso tale via. In Italia il crescente interessamento per tale approccio è dimostrato dalle sempre più numerose pubblicazioni scientifiche. Inoltre, a vantaggio di questo accesso, giocano, oltre alla riduzione delle complicanze vascolari, la precoce mobilizzazione, la riduzione dei tempi di degenza, la diminuzione del carico di lavoro per il personale sanitario e, aspetto forse più importante, l’aumento del confort e dell’adesione del paziente. Ogni paziente con una buona pulsatilità arteriosa radiale ed un adeguato flusso collaterale dell’arteria ulnare attraverso l’arco plantare è dunque potenzialmente un buon candidato per l’approccio radiale. Nondimeno esistono delle controindicazioni all’utilizzo di questo sistema: l’assenza di polso radiale, pazienti con morbo di Reynaud, pazienti in trattamento dialitico o che necessitano di uti-
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lizzare introduttori o cateteri di diametro maggiore. Ma i vantaggi dell’uso sistematico dell’approccio radiale sono indubbi. In primo luogo per il paziente, che gode di un maggior confort conseguente all’allettamento obbligato non richiesto, dell’espletamento autonomo delle funzioni fisiologiche e non ultimo di un minor soggiorno in ospedale. L’approccio radiale ha, inoltre, un minor impatto sia psicologico sul paziente che emotivo sulla persona, derivante dall’esecuzione della procedura in una
Minori complicanze vascolari e minori tempi di degenza e lavoro per il personale sanitario sono i punti a favore dell’approccio radiale per l’angioplastica o delle procedure diagnostiche che tradizionalmente vengono effettuate attraverso l’areria femorale
parte meno intima, e da una minore sensazione di dipendenza e quindi di malattia percepita, prevalentemente dai pazienti più giovani. In particolare è interessante, come esperienza personale, come alcuni pazienti che devono sottoporsi per controllo ad una seconda coronarografia in elezione chiedano di poterla eseguire attraverso l’accesso radiale. Per quanto poi attiene all’aspetto assistenziale del personale sanitario alcuni studi italiani hanno dimostrato come un uso sistematico di tale approccio possa
far diminuire sistematicamente anche del 44% il carico di lavoro del personale infermieristico di sala. Nella fase postprocedurale, in particolare, il carico di lavoro del personale infermieristico e di supporto del reparto risulta ridotto in quanto il paziente secondo il modello di autonomia-indipendenza può espletare i bisogni di base come igiene, alimentazione e movimento e sviluppa una minore incidenza di complicanze vascolari e quindi un minor tempo di degenza ed un ridotto bisogno di assistenza infermieristica. Tale approccio, inoltre, in casi molto selezionati – ovvero quando non sia necessario l’effettuazione di una procedura di angioplastica – può permettere una gestione del paziente in regime ambulatoriale (day hospital). Tale modalità assistenziale e diagnostica è da qualche mese disponibile presso la Cardiologia del S. Spirito previa visita ambulatoriale di pre-ospedalizzazione. In conclusione l’approccio radiale può essere utilizzato per i suoi vantaggi in molti pazienti sia per procedure percutanee diagnostiche che interventistiche (angioplastica coronarica). Questo particolare accesso, inoltre, limita le complicanze post-procedurali, diminuisce la complessità assistenziale con una conseguente diminuzione del carico di lavoro infermieristico, del disconfort del paziente e con la possibilità di risparmio per singola procedura. L’uso sistematico dell’approccio radiale apre nuove prospettive a ricoveri in ambito ambulatoriale già peraltro sperimentati con successo e a una strutturazione più leggera dei reparti di degenza. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
Due studi segnalano una relazione diretta
Uso di antidolorifici? Occhio alla pressione di Marco Renzi*
comuni antidolorifici sono tra i farmaci più utilizzati in assoluto, sostanze sicure per l’automedicazione, ma in ogni caso farmaci. Anche quelli più utilizzati, cioè, non sono esenti da potenziali rischi, che è bene conoscere in modo da adottare eventuali cautele d’uso. Alcuni studi hanno, per esempio, indicato la possibilità di un certo aumento del rischio d’ipertensione con gli analgesici più diffusi, quali gli antinfiammatori non steroidei (FANS), l’acido acetilsalicilico (l’Aspirina), e il paracetamolo. L’ibuprofene, l’aspirina e il paracetamolo sono i tre farmaci maggiormente utilizzati negli Stati Uniti. Si ritiene che tutti possano essere responsabili dell’aumento dei valori di pressione arteriosa, attraverso una inibizione della vasodilatazione da prostaglandine e un danno della funzione endoteliale. Inoltre, i FANS possono provocare ritenzione idro-salina, mentre il paracetamolo può aumentare lo stress ossidativo cellulare. Esistono due vasti studi di coorte, effettuati su popolazione femminile, che dimostrano una relazione diretta tra l’assunzione di analgesici (misurata in giorni al mese) e il rischio di sviluppare ipertensione. In un altro studio condotto su medici maschi si è rilevata un’associazione significativa tra uso di paracetamolo e insorgenza di ipertensione, mentre la relazione tra ipertensione e uso di FANS o Aspirina non appariva altrettanto significativa.
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Il risultato emerso da questi studi conferma che l’uso frequente (6-7 gg /settimana o >15 pillole/ settimana) di paracetamolo, aspirina e altri FANS si correla in modo statisticamente significativo ad un aumentato rischio di incremento di pressione arteriosa e insorgenza di ipertensione. Non esistono differenze significative tra i diversi farmaci considerati. Un loro uso saltuario (1-2 pillole/settimana) non produce, invece, evidenti effetti di aumento della pressione arteriosa. Considerato il larghissimo utilizzo dei farmaci ad azione analgesica-antinfiammatoria nella popolazione generale, occorre porre particolare attenzione in alcune categorie di persone alla prescrizione di questi farmaci, soprattutto se per una terapia prolungata,. La notevole prevalenza delle malattie flogistico-degenerative dell’apparato locomotore e l’aumento della vita media, ne giustificano una larga prescrizione. I maggiori consumatori sono i soggetti anziani, più frequentemente interessati da sintomatologia dolorosa osteoarticolare; proprio nei soggetti anziani la prevalenza di ipertensione sale notevolmente, e il raggiungimento del target pressorio risulta più difficile. Peraltro, il fenomeno del grande utilizzo di questi farmaci, non sempre appropriato, è amplificato dall’ abuso di analgesici assunti in automedicazione, in quanto prodotti senza obbligo di prescrizione. Infatti questi farmaci sono
La redazione di Cuore Amico ringrazia le case farmaceutiche Daiichi-Sankyo e Eli Lilly per il sostegno offerto alla pubblicazione di questo giornale
Alcuni studi hanno rilevato un rischio di aumento d’ipertensione con alcuni degli analgesici più conosciuti
spesso conosciuti attraverso spot pubblicitari dei mass media, presentati a volte come “panacea”, e vengono acquistati ed assunti senza controllo. A questo proposito, è fondamentale il ruolo svolto dal medico curante, il quale dovrebbe informare adeguatamente i pazienti sugli effetti e i rischi di questi farmaci: effettuare controlli clinici più frequenti e mirati nei soggetti che assumono frequentemente o abitualmente paracetamolo, aspirina o FANS; proporre, quando possibile, misure non farmacologiche di tipo motorio-riabilitativo che possano ridurre il consumo di questi farmaci. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
6 Nessuna relazione tra vaccini e decessi
Arriva l’influenza... Tutti già vaccinati? Curare l’igiene delle mani, coprirsi bene, usare scarpe adeguate alla stagione e cercare di evitare gli sbalzi termici e... vaccinarsi, soprattutto i cardiopatici e i diabetici
i sono già stati i così detti virus d’autunno: poca roba, press’a poco due-trecentomila italiani, più dell’autunno scorso e la ragione sta proprio negli inattesi sbalzi termici. Ma la vera influenza era attesa – e puntualmente è arrivata – all’inizio di novembre. L’Istituto superiore di sanità prevede in circa quattro milioni gli italiani colpiti dall’epidemia in questo inverno. L’anno passato gli influenzati furono un poco di più, ma almeno il 20% di quanti dovevano farlo, non si era vaccinato. Chi non lo ha ancora fatto, deve dunque provvedere in fretta. In particolare gli anziani, i cardiopatici, i diabetici e in genere chi è affatto da mali cronici. Nessun timore a vaccinarsi: i decessi di anziani registrati in queste ultime settimane non sono causati dal vaccino, lo conferma la Sanità. E’ significativo che in alcuni paesi (Il Regno Unito tra questi) raccomandano la vaccinazione anche nel bambino sano che frequenta la scuola, uno dei tradizionali veicoli di diffusione del virus come tutti gli ambienti a maggiore frequenza e/o affollamento. Il picco influenzale sarà a cavallo tra gennaio e febbraio. Non dovrebbe in ogni caso trattarsi di una
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influenza aggressiva: tre i virus che la provocheranno: H1N1-California, H3n2-Massachusetts e B-Texas, tutti fronteggiati dal vaccino che, speriamo, sia stato già iniettato nella maggior parte dei nostri lettori. Comunque siamo/sono ancora in tempo a vaccinarsi e, purtroppo, non tutti coloro che dovrebbero farlo si recano dal medico di base a farsi vaccinare. (Ricordiamo per inciso che i cronici conclamati sono vaccinati gratuitamente dal loro medico di famiglia.) Per questa stagione c’è una novità: l’avvio in tutta Europa, Italia inclusa, di studi clinici sull’efficacia dei nuovi vaccini influenzali quadrivalenti, già in commercio dallo scorso anno negli Usa. Rispetto ai vaccini trivalenti oggi sul mercato europeo, essi hanno il vantaggio di offrire protezione anche contro due ceppi di virus influenzale B (linea Victoria e linea Yamagata). Basta il vaccino a immunizzarci? Naturalmente no. E’ necessario adottare elementari, naturalissime precauzioni: coprirsi bene (ma “a cipolla”), idratarsi (valga anche d’inverno il “segreto” di ingerire fuori dei pasti da un litro e mezzo a due litri d’acqua), curare l’igiene delle mani, non fare a meno di un’alimentazione ricca di frutta e verdure fresche, evitare gli sbalzi tra ambienti caldi e freddi, scarpe adeguate al clima e in particolare alla pioggia.
Ricette online? Da noi pochi medici le usano Ahi, le nuove tecnologie stentano a farsi strada tra i medici di base del nostro paese: solo il 32% fanno uso delle prescrizioni elettroniche dei farmaci e delle visite specialistiche. Il contrasto con gli altri paesi europei è impressionante: 100% in Estonia, 99 in Croazia, 97 in Svezia. Un po’ meglio va il rapporto email tra medici e paziente: in Italia siamo già al 62%, contro però il 100 della Danimarca o il 70 dell’Estonia. Perché questo ritardo? Un sondaggio dice da un lato la scarsa remunerazione (?) e dall’altro – ecco il vero punto dolente – le insufficienti conoscenze informatiche del 72% dei medici…
Due pazienti, due grazie ai cardiologi del S.Spirito di Alessandra Cazzola* Q uale miglior premio alle fatiche dei medici che la gratitudine espressa dai loro pazienti? Eccone due testimonianze
La prima è una mail che il dr. Giovanni Guasina ha spedito a metà dello scorso ottobre ai cardiologi Maurizio Burattini, Alessandro Carunchio e all’emodinamista Alessandro Danesi. Ecco la lettera:
Un altro paziente – il signor Dante Cecchini – ha invece dedicato ai cardiologi dell’Utic una poesia in romanesco, proprio sul cuore e sulla prevenzione, scritta ancora in corsia a settembre. Eccola:
“Solo poche righe per esprimere il mio più intenso ringraziamento al termine della settimana che ho trascorso presso il vostro reparto. Non è facile spiegare come ci si sente entrando sotto infarto in un ospedale a neanche 50 anni e con un figlio di sette anni. A fianco all’emergenza medica è in corso una vera emergenza di vita, dove all’improvviso tutta la nostra quotidiana corsa intensa e instancabile si blocca, e tutto diventa di colpo fragile, vulnerabile, totalmente affidato ad altri. Ogni giorno voi vedete passare una schiera infinita di persone, eppure ciascuna di esse ha una sua storia, una sua situazione di vita, una sua individualità. Io sono stato una di queste formichine in fila. Vi ringrazio dal profondo non solo per avermi rimesso in sesto grazie alla vostre specifiche competenze, ma soprattutto perché in quei giorni, unici e terribili, mi avete trasmesso sicurezza e serenità. Nella persona dei responsabili, ringrazio tutti: dalle infermiere imperturbabili al continuo staccarsi degli elettrodi dal mio petto ‘alla Lucio Dalla’, alla specializzanda che ha avuto la pazienza di spiegarmi cosa vuol dire il picco degli enzimi; dalla dottoressa alla quale, in dimissione, ho fatto le cento domande da paziente impaziente, ai medici della seconda angioplastica, coi quali scherzavo sui restringimenti sulla Giustiniana in sottofondo alla radio, mentre mi toglievano i restringimenti dal ‘tratto prossimale del secondo ramo marginale’. Quello che nel vostro piccolo o grande fate ogni giorno cambia per sempre la vita delle persone. Non è poca cosa. Grazie di tutto, Giovanni Guasina”.
“Er core, ce se sa’, è ujn gran motore, e si lo tratti bene t’arisponne con amore. De’resto, è come se fosse ‘na vettura, e si mejo tu la tratti, vedrai come te dura. Basta lubrificalla co’‘n po’d’ojo, che essa t’arisponne con orgojo. Ma si je fai manca’‘sta proteina, si bene che te va, dovrai portalla in officina, ma si persisti ancora a trascuralla, finisce che dovrai rottamalla. Così per core, si je dai disturbo, bene che po’annà, dovrai affronta er chirurgo, ma se seguiti a insurtallo ‘sto motore, finisce l’avventura de ‘sto core. E come la vettura così come ‘sto core Si ce se rispetta, duratur sarà l’amore”
Si ringrazia la Abbott Vascular Knoll-Ravizza per il sostegno economico alla pubblicazione di questo giornale
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Stretto legame tra depressione e cuore di Francesca Lumia*
nsia, depressione, bassa condizione socio-economico, stress familiare e lavorativo, isolamento sociale, ostilità, personalità di tipo D (“D come distressed” **), tutti casi raggruppati con il termine di fattori psico-sociali, sono veri e propri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari al pari di diabete, ipertensione ecc. Le linee guida europee per la prevenzione pertanto ne raccomandano il riconoscimento e il trattamento precoce. Gli studi internazionali e l’attuale orientamento della psichiatria considerano l’eventuale sintomatologia depressiva presente nelle più severe patologie organiche come tumori, malattie neurologiche, malattie cardiovascolari, non solo come una reazione naturale ed inevitabile alla malattia od un sintomo di essa, ma anche come l’espressione di una patologia autonoma che, se non riconosciuta e curata adeguatamente, può peggiorare di molto la prognosi della malattia organica. Depressione e malattie cardiovascolari vengono insomma considerate interdipendenti ed entrambe le patologie necessitano di adeguato trattamento in quanto sono presenti influenze reciproche che condizionano i rispettivi esiti. L’insorgenza, il decorso e la prognosi delle patologie cardiovascolari sono fortemente influenzati dalla concomitante presenza di patologie depressive, così come le severe patologie cardiovascolari costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo di di-
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sturbi depressivi. Sono stati ipotizzati numerosi meccanismi per spiegare la relazione tra depressione e malattia coronarica: una disfunzione nel sistema neuroendocrino, cioè quel sistema che tramite l’asse ipotalamo-ipofisi-neurotrasmettitori mette in comunicazione cervello e cuore, ma anche l’incrementata attività piastrinica, la disfunzione endoteliale e l’infiammazione. La depressione, inoltre può influenzare il destino del paziente cardiopatico attraverso meccanismi indiretti riguardanti lo stile di vita come il fumo, l’abuso alcoolico, la vita sedentaria, il ritardo nel riconoscimento di sintomi di malattia, la scarsa aderenza al trattamento farmacologico ed in generale la scarsa
cura di sé. Inoltre recenti studi ipotizzano che depressione e cardiopatia coronarica possano essere, almeno in parte, una differente espressione fenotipica dello stesso substrato genetico, vale a dire che alcuni geni potrebbero essere predittori di entrambe le malattie. E’ importante riconoscere precocemente i sintomi della depressione, e secondo le linee guida effettuarne una valutazione con strumenti validi e standardizzati al fine di instaurare un trattamento individuale appropriato e valutare l’efficacia dell’intervento. Molti dei pazienti che hanno subito un evento cardiaco acuto sviluppa o slatentizza una depressione con percentuali che arrivano anche al 40%. La riabilitazione cardiologica rappresenta uno strumento formidabile per la prevenzione secondaria e nei casi in cui è anche aggiunto un intervento educazionale e psicoterapeutico, si è verificata una riduzione del 46% degli eventi cardiaci non fatali e una riduzione del 41% della mortalità a due anni. In quest’ottica la riabilitazione svolta in gruppo e se possibile all’aria aperta ed in ambiente non medicalizzato è, a mio parere un’arma in più molto efficace per combattere tutti quei fattori di rischio identificati come fattori psico-sociali. ** Tendenza cronica ad avere esperienze emozionali negative (affettività negativa) e ad inibire l’espressione del sé in relazione con gli altri (inibizione sociale).Tale personalità è predittiva di cattiva prognosi in pazienti con malattie cardiovascolari. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
Il male oscuro che agita la mente di Stefano Migliorisi*
ormai nota da tempo la relazione tra malattie cardiovascolari e depressione. In particolare, la depressione è presente nel 18% dei pazienti con malattia coronarica senza precedenti di infarto miocardico o di angina instabile, nel 25% dei pazienti con infarto miocardico acuto, e coinvolge persino il 65% dei pazienti nel postIMA. A fronte di questi dati, tutt’oggi persiste una tendenza, sia tra i pazienti che tra i medici, a considerare la depressione come una reazione secondaria alla condizione di malattia cardiaca. Questo atteggiamento può portare il medico, che si trova a non saper come collocare questi stati umorali nel quadro clinico del paziente, a non riconoscere la patologia depressiva e, quindi, a sottovalutare l’importanza di un trattamento adeguato. È importante, dunque, la presenza in ospedale di uno psicologo clinico che possa individuare e collaborare con il medico per trattare questi tipi di disturbi. Ma come si presenta un episodio depressivo? In sintesi, per diagnosticare un Episodio Depressivo Maggiore è necessario che siano presenti, quasi ogni giorno, cinque (o più) dei seguenti sintomi durante un periodo di 2 settimane: umore depresso per la maggior parte del giorno; marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno; significativa perdita di peso, senza essere a dieta, o aumento di peso; oppure diminuzione o aumento dell’appetito; insonnia o ipersonnia;agitazione o rallentamento psicomotorio; faticabilità o mancanza di energia; sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati; ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione; pensieri ri-
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due patologie; in particolare per quanto riguarda il metabolismo della serotonina, che, oltre ad essere un importante neurotrasmettitore, è coinvolta nei meccanismi della coagulazione e fa anche parte delle piastrine del sangue. Sono inoltre comuni alla depressione e alla patologia cardiovascolare anche l’ipertono simpatico ed una alterazione del metabolismo lipidico. Al contrario, le emozioni positive rappresentano un fattore di protezione nel decorso della malattia cardiaca. Queste emozioni agiscono su due fattori: la vitalità (uno stato emozionale positivo che si associa ad entusiasmo ed energia) e la flessibilità emozionale (possibilità di regolare le emozioni e modificarle in base alle esperienze precedenti). Alcuni studi hanno, infatti, dimostrato che nei pazienti prevalentemente ottimisti vi è un rapido recupero della frequenza cardiaca dopo uno stress fisico. Altri autori hanno dimostrato come emozioni positive, ottimismo e supporto sociale possano ridurre gli eventi cardiaci. Pertanto, è importante non sottovalutare il proprio stato emotivo durante il ricovero e dopo la dimissione. Anche avvertire una sensazione di disagio alla quale non si riesce a dare una precisa identificazione o spiegazione, può essere un primo campanello di allarme di cui tenere conto. In questi casi, parlare con uno psicologo può risultare utile a collocare queste sensazioni in un quadro più complesso che tenga conto della persona nella sua interezza. Con la finalità di accogliere anche il disagio psicologico dei pazienti, oltre alla malattia del corpo, è attivo presso l’Ospedale Santo Spirito il Servizio di Psicologia Clinica-Ospedaliera.
correnti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o l’ideazione di un piano specifico per commettere il suicidio.
È importante specificare che tutti questi sintomi devono determinare nel paziente un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti della sua vita. Ma come può uno stato dell’umore influenzare il corpo a tal punto da essere considerato un fattore di rischio che aumenta la probabilità di recidive e mortalità a seguito di un infarto? È sempre più evidente che mente e corpo devono essere considerati come due facce della stessa medaglia, due aspetti di una persona in grado di influenzarsi reciprocamente. È stata dimostrata la presenza di numerosi correlati biologici comuni tra depressione e patologie cardiovascolari e sono presenti alcune basi fisiopatologiche ed etiopatogenetiche comuni tra le
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Polipillola: cos’è, come funziona e quali effetti produce di Alessandro Carunchio*
Una pillola “tuttofare” che aiuti, anche psicologicamente, chi deve assumere diversi medicinali giornalieri
enere sotto controllo la pressione e il colesterolo, mantenere il sangue fluido. Serve a chi è ad alto rischio di infarti o ictus, ma per riuscirci tocca prendere più di un farmaco: non pochi si scoraggiano e nello slalom quotidiano fra le pillole si fa strada la tentazione di mollare tutto. Per non abbandonare le terapie potrebbe servire la “polipillola”, che contiene un dosaggio fisso di antiaggregante, antipertensivo e statina: dopo anni di dubbi sull’effettiva efficacia, oggi una ricerca sul Journal of the American Medical Association dimostra che la polipillola può essere utile, soprattutto in chi è più restio ad aderire al trattamento. L’idea è semplice: racchiudendo in una sola pastiglia diversi farmaci, basta ricordarsene una sola volta al giorno per non saltare la terapia. La poli-pillola ha tuttavia indubbi limiti, perché può contenere solo dosaggi prefissati di farmaci ed è perciò meno duttile rispetto all’assunzione di diversi medicinali di cui poter scegliere modalità, dosi e tempi di somministrazione per ottimizzarne gli effetti. Se però questo significa smettere di curarsi, potrebbe essere meglio una sola pillola tuttofare: per verificare se sia davvero così Simon Thom (dell’International Centre for Circulatory Health dell’Imperial College di Londra) ha seguito per circa 15 mesi duemila persone ad alto rischio cardiovascolare, “arruo-
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late” fra Europa e India (quest’ultimo paese come “cavia” dei pazienti meno ricchi dei Paesi in via di sviluppo). Il campione è stato suddiviso in due gruppi: il primo ha seguito una terapia standard con i diversi farmaci presi singolarmente, l’altro ha assunto una polipillola contenente aspirina, simvastatina e i due antipertensivi lisinopril e atenololo. All’inizio dello studio il 61,5% dei pazienti seguiva una terapia tradizionale simile; dopo quindici mesi nel gruppo che aveva continuato ad assumere i farmaci singolarmente l’efficacia si è fermata al 64,7%, mentre fra chi prendeva la polipillola è invece salita all’86. “A questo rilevante differenziale – ha notato il ricercatore – si aggiunge un effetto piccolo ma significativo di riduzione della pressione e del colesterolo nei pazienti in cura con la polipillola rispetto all’altro gruppo”. Di più: con la terapia tradizionale l’aderenza resta al 23 per cento, con la polipillola si cura correttamente il 77% del campione. E questo si riflette anche su pressione e colesterolo, che sono più bassi nel gruppo della poli-pillola. “Per prevenire gli eventi cardiovascolari – nota ancora il dr. Thom –occorre seguire per lungo tempo queste terapie preventive. Lo fanno in pochi nei paesi in via di sviluppo, ma anche in Occidente solo un paziente su due è in trattamento dopo un infarto, e appena il 35 per cento di chi ha avuto un ictus prende i farmaci per la prevenzione. Chi non ha ancora avuto alcun problema ma è ugualmente ad alto rischio si cura perfino di meno: una singola pillola, semplice da usare ed economica, potrebbe costituire un vantaggio per molti.” * Presidente Associazione Cuore Sano-Onlus
Una molecola che “fa la differenza”
Per lo scompenso cardiaco ora c’è un nuovo farmaco di Roberto Ricci*
inalmente una buona notizia: dopo tanti anni di ricerca farmacologica (ma anche di numerosi flop), finalmente sembra arrivato il momento di aggiornare la terapia dello scompenso cardiaco con una nuova classe di farmaci: gli inibitori dell’angiotensina e della neprilisina, che riducono del 20% la mortalità cardiaca. Per ora è solo una sigla, ma sicuramente l’LCZ696 (un farmaco costituito combinando l’inibitore della neprilisina, il sacubitril (AHU377), ed il sartano (valsartan) farà molto parlare di sé, essendo il primo farmaco, da più di un decennio, ad aver dimostrato di poter fare la differenza nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico, riducendo in modo significativo l’incidenza di eventi avversi maggiori quali la mortalità cardiovascolare, la mortalità totale e l’incidenza di ospedalizzazioni, in confronto al trattamento con gli attuali farmaci disponibili in commercio. A tali conclusioni è giunto lo studio PARADIGM, presentato in anteprima a Barcellona quest’estate in occasione del Congresso europeo di cardiologia, e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine. Il trial PARADIGM-HF e’ stato interrotto anticipatamente da un comitato etico indipendente per i risultati sorprendenti sull’efficacia del LCZ696. Nel trial, 8.399 pazienti con scompenso cardiaco da ridotta funzione contrattile cardiaca (classe NYHA II-IV con frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≤40%) sono stati randomizzati a terapia con il nuovo farmaco, 200 mg 2 volte al di’ (n=4.187), o con enalapril, 10 mg due
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terapia con enalapril, ma ciò ha richiesto di rado una interruzione del trattamento, avvenuta soli in pochi casi. Un dato ulteriormente rilevante è che la terapia col nuovo farmaco non ha determinato incremento del rischio di angioedema come in passato era stato osservato con farmaci simili. Lo LCZ696, insomma, potrebbe rivoluzionare lo scenario della terapia standard per lo scompenso cardiaco ed ha già ottenuto l’approvazione della severissima agenzia americana del farmaco (FDA) propedeutica alla introduzione del farmaco nel mercato prevista a fine 2014 negli Usa e probabilmente agli inizi del 2015 in Europa. Questo farmaco non solo rappresenta un passo avanti significativo, ma apre un nuovo filone di pensiero sullo scompenso cardiaco. E probabilmente, il suo aspetto più interessante è rappresentato dalle ricerche che stimolerà in futuro.
Ci si aspetta una riduzione del 20% di mortalità cardiaca grazie ad una nuova classe di farmaci che verrano utilizzati nel prossimo futuro volte al di’ (n=4.212), in aggiunta alla terapia farmacologica standard dello scompenso cardiaco. Quando il trial e’ stato precocemente interrotto, dopo un follow-up medio di 27 mesi, l’obiettivo primario dello studio, composto da morte per cause cardiovascolari o ospedalizzazione per scompenso cardiaco era stato osservato nel 21.8% dei pazienti del gruppo LCZ696 e nel 26.5% del gruppo curato con enapril. Il LCZ696 riduceva il rischio di morte per cause cardiovascolari rispetto all’enalapril del 20% ed il rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco del 21%. Inoltre l’elemento di superiorità di questa nuova molecola rispetto all’enalapril è che essa non si é associata ad aumento di effetti collaterali e/o reazioni avverse. Nel gruppo in terapia con LCZ696 è stata osservata una maggiore evidenza di ipotensione sintomatica rispetto al gruppo in
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Il prezioso strumento diagnostico studia tutte le strutture cardiache
Ora c’è anche per il cuore la risonanza magnetica di Antonella Chiera* a risonanza magnetica cardiaca o cardio RM è un sofisticato esame di diagnostica strumentale di recente introduzione che, utilizzando la tecnologia RM, permette di studiare in modo approfondito tutte le strutture cardiache e, in particolare, il miocardio (la parte muscolare del cuore), il suo movimento, la sua perfusione e la sua vitalità. La RM cardiaca impiega campi magnetici ed impulsi di radiofrequenza che si sono dimostrati innocui per i tessuti biologici; ed esplora le strutture cardiache con una risoluzione di dettagli superiore a qualunque metodica tradizionale (TAC, ECO). Per la sua corretta esecuzione e interpretazione è necessario un team di specialisti composto da tecnico radiologo, medico radiologo e cardiologo, tutti con specifiche competenze. La RMC è uno strumento diagnostico molto efficace per le cardiomiopatie (dilatativa, ipertrofica, infiltrativa, restrittiva). Inoltre giova in caso di infarto miocardio: dopo un insulto ischemico al cuore l’edema è infatti responsabile del danno cardiaco nella prime fasi della patologia. Ma in caso di adeguato trattamento questo edema regredisce restituendo al cuore la sua normale funzione. La risonanza magnetica è l’unica tecnica di imaging in grado di identificare l’edema miocardico e pertanto di distinguere tra danno reversibile e danno irreversibile. E’ possibile inoltre simulare una prova da sforzo durante un esame di risonanza per studiare la perfusione miocardica per evidenziare aree di ischemia da stress. Altri casi in cui la RMC è utilissima: per i pazienti affetti da cardiopatie congenite e valvulopatie; per lo studio di alcune forme di aritmie, infatti la RM cardiaca consente di stu-
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Di recente utilizzo, la risonanza magnetica cardiaca permette l’analisi della struttura cardiaca in modo notevolmente approfondito rispetto ai precedenti sistemi diagnostici diare nel dettaglio le sezioni destre del cuore in generale mal esplorabili dall’ecocardiografia soprattutto in pazienti che hanno una pessima finestra acustica toracica; per le malattie del pericardio, dell’aorta e dei vasi polmonari; nelle patologie tumorali cardiache per la caratterizzazione (dimensioni e vascolarizzazione) e la valutazione dell’estensione ed eventuale infiltrazione delle strutture limitrofe; e infine per ottenere un rapido follow-up dei cardiopatici operati (bypass aortocoronarico, protesi valvolari, protesi vascolari). Nell’ambito della prevenzione, la RMC potrà avere un ruolo centrale per l’elevato potere di riconoscere segni precoci di aterosclerosi e i segnali di instabilità della placca aterosclerotica. Esecuzione e controindicazioni alla RM cardio. Dal momento che l’esame prevede anche l’utilizzo di un mezzo di contrasto (a base di gadolinio), poten-
zialmente tossico in caso di grave insufficienza renale, è necessario che il paziente si sottoponga preliminarmente agli esami di valutazione della funzione renale (creatininemia, azotemia, protidogramma) e che non sia allergico al mezzo di contrasto utilizzato. L’esame richiede da 45 minuti a un’ora. La risonanza magnetica cuore non si differenzia, in fase di esecuzione, da una risonanza tradizionale ma, in considerazione della durata dell’esame, è necessario che il paziente sia ben collaborante e non soffra di claustrofobia. Attualmente tra le controindicazioni assolute alla risonanza sono la presenza di clips vascolari cerebrali (da molti anni tali strutture sono fabbricate con materiali non ferromagnetici RM-compatibili), impianti nell’orecchio (protesi) e schegge o corpi estranei metallici contenuti nell’organismo in sedi nobili (occhio, encefalo, vasi, ecc.) per esiti di traumi, pacemakers cardiaci e defibrillatori impiantabili. Recentemente sono stati introdotti in commercio nuovi pacemaker completamente risonanza-compatibili che consentono l’esecuzione completa di tale esame anche nei portatori di questo tipo di device. Quali prospettive future per la risonanza magnetica? Vista la possibilità di fornire dettagliate informazioni anatomiche, funzionali e morfologiche in assenza totale di radiazioni ionizzanti, tale metodica sta sempre più diffondendosi nella pratica clinica cardiologica. Si stima che nei prossimi anni vi sarà un incremento di 5-10 volte dei volumi attuali, con relativa necessità di adeguamento organizzativo e farmaco economico dei vari presidi ospedalieri. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S.Spirito
Intervista a Laura Quercia, paziente pentita
«Il mio grande errore: aver lasciato la palestra»
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uesta è un’altra storia di pentimento. È la storia di Laura Quercia, bancaria, single di 57 anni, volto sorridente, che ad appena 39 anni è stata colta da infarto, anzi da “un infartone” come dice lei stessa descrivendo le lunghe terapie al San Camillo, dov’è tuttora in cura, e contemporaneamente la frequentazione (un po’ a singhiozzo) della palestra del Santo Spirito. Com’è che dal San Camillo sei finita nella palestra del Santo Spirito? “Del tutto casualmente: conoscevo la cara Manuela (la giovane fisioterapista troppo presto scomparsa per un male terribile, dr) che nel 2010 mi ha spinto a venir qui dove lei lavorava con tanto entusiasmo. Così ho scoperto la riabilitazio-
ne, splendida; e la palestra, altrettanto stimolante.” E come ti senti, ora? “Mi sento, come dire?, in rodaggio. Ogni seduta un po’ meglio: poco a poco riprendo fiato, elasticità, sì anche allegria. Già perché il clima in palestra è di per sé una medicina. A parte il contributo fondamentale delle bravissime Clara e Tiziana, questo condividere le prove, gli sforzi, le sensazioni tra noi pazienti rappresenta un grande, efficace stimolo. Insomma, in casa potresti fare quasi tutti gli esercizi che si fanno in palestra, ma a casa non c’è emulazione, non c’è quello che chiamano lo spirito di gruppo, e soprattutto non c’è chi ti corregge, chi ti stimola, chi ti aiuta, insomma chi ti cura anche con gli esercizi. No, no:
non rifarò l’errore di lasciare. Qui resto. Almeno sino a quando non mi cacciano…” E poi perché d’un tratto non ti si è vista più, tra noi in palestra? “Morta Manuela, ho fatto il mio più grande errore della vita: ho lasciato la palestra. Uno sbaglio imperdonabile ma, come vedi, ora sono tornata. Sì, sono una pentita, e stavolta non mollo più. Appena qualche anno senza palestra l’ho pagata cara: ho perso scioltezza, nessun rimedio ai disastrosi effetti del lavoro sedentario che faccio, il peso che aumentava…Basta, a settembre ho ripreso.”
BUON NATALE E OTTIMO 2014 ! (E A TUTTI UN CALDO INVITO A SOSTENERE CUORE SANO) Siamo alle feste di fine anno. A tutti l’Asssociazione Cuore Sano e la direzione di Cuore Amico rivolgono i più calorosi auguri di buon Natale e di un anno sereno. Per noi è questo un momento di particolare importanza: si appresta il momento del rinnovo o della nuova iscrizione all’Associazione Cuore Sano-Onlus da parte dei pazienti, dei loro familiari, di tanti amici interessati alle tematiche della prevenzione cardiaca. L’iscrizione annuale (una quota modesta, quasi simbolica: minimo 20 euro) costituisce non solo un gesto di solidarietà ma un importante sostegno alle molteplici iniziative dell’Associazione e alla sua vita organizzativa che si sorreggono unicamente sui contributi volontari degli associati. Un’occasione di socializzazione e di raccolta di iscrizioni e di altri aiuti finanziari c’è appena stata: il tradizionale concerto Gospel del Coro Voices of Freedom che si è svolto con grande successo nel Teatro del S. Spirito lo scorso venerdì 12. Siamo grati ai componenti il Coro per la generosa performance ed in particolare al dr. Antonio Cautilli, dirigente medico delal Cardiologia (e corista lui stesso) che se ne è fatto ancora una volta promotore. Ma il consuntivo dell’anno oramai trascorso è denso di altri appuntamenti: la tradizionale Montagnaterapia estiva, le passeggiate (oramai con cadenza settimanale) di Nordic Walking, la ripresa alla grande delle gite in bicicletta, le passeggiate culturali, i corsi di pronto soccorso cardiologico, le lezioni mensili di cardiologia, la pubblicazione del periodico “Cuore Amico” e della sua edizione on line (www.cuore-sano.it). Ebbene, l’Acs si propone non solo di intensificare queste iniziative ma anche di allargarle in altri campi. Per questo è essenziale che i pazienti, i loro familiari, i lettori di questo giornale ci diano, ancor più del passato, una forte mano d’aiuto. Ci contiamo. Farete un grosso regalo non solo all’Associazione ma a voi stessi. Per sostenere l’Associazione è sufficiente versare i 20 euro (ma è assai gradito un versamento maggiore) attraverso il c/c postale n. 83738005; o per bonifico bancario su Unicredit-Banca di Roma, Roma 173, Ospedale Borgo S:Spirito 3, 00193 Roma, codice Iban IT28M0300205135000400005512; oppure recandosi presso la segreteria di Cuore Sano, Ospedale S. Spirito, reparto cardiologia, terzo piano.
AI LETTORI E AMICI, ASSOCIATI E PAZIENTI, ANCORA AUGURI!
PILLOLE DI SALUTE… MIRTILLI E PRESSIONE – E’ provato: il succo di mirtillo rosso, bevuto con regolarità, aiuta a tenere a bada la pressione. La ulteriore conferma al recente congresso dell’American Heart Association dove è stato presentato uno studio che ha coinvolto parecchie centinaia di volontari per otto settimane: ad un gruppo bevande giornaliere a base di mirtillo, ad un altro gruppo uguale quantità di bevande placebo. Nel primo gruppo riduzione di tre-cinque punti della pressione, nel secondo nessun cambiamento.
è costretto a ricoverarsi almeno una volta l’anno e le degenze in ospedale a causa non solo del diabete ma anche delle sue complicanze (anche cardiache) costano qualcosa come sei miliardi alle casse della Sanità pubblica. Il
AUMENTA IL DIABETE – Sono circa £,6 milioni gli italiani che attualmente soffrono di diabete e la patologia tende ad aumentare il suo bacino. Un quarto di essi
problema non riguarda solo l’Italia: in tutta Europa si registra lo stesso fenomeno. IL TONNO BATTE TUTTI – Stabilito che, per i cardiopatici e non solo, il pesce migliore è quello azzurro (alici, sardine, sgombro) perché ricco di Omega 3 e di vitamina D, elemento preziosi per la prevenzione cardiovascolare, ci sono però due pesci che battono tutti in fatto di Omega 3: sono il tonno (3 grammi per etto di parte edibile) e il salmone fresco (2,2). Seguono lo sgombro (2,1), le sardine (1,7), la acciughe (0,8). Il tonno stravince anche nella dotazione di vitamina D: 16,3 microgrammi; e solo le alici gli fanno concorrenza con 11 micro. Gli altri seguono a distanze siderali.
…E SALUTE IN PILLOLE PRONTO SOCCORSO? OK – Ogni anno sono 24 milioni gli italiani che si rivolgono ai servizi di pronto soccorso degli ospedali. Un quarto presenta anche problemi di tipo sociale: anziani in condizioni economiche disagiate, persone senza dimora, stranieri irregolari, tossicodipendenti, vittime di abusi. Secondo la Società italiana di medicina di emergenza l’84% delle persone che vanno in emergenza riceve cure risolutive, poco più del 15 viene ricoverato. I codici rossi (i più gravi) sono l’1%, poi a scalare: i
gialli sono il 128%, i verdi il 66, i bianchi il 14.
bi gastrointestinali, il diabete mellito, gli incidenti stradali e l’ipertensione.
LA PRIMA CAUSA DI MORTE– Purtroppo l’infarto è tuttora la prima causa di morte nel mondo: 7,4 milioni di persone. Lo confermano i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, riferiti al 2013. Segue l’ictus, con 6,7. Poi la bronco pneumopatia cronica ostruttiva e le infiammazioni respiratorie (3,1 per ciascuna patologia), tra l’1,6 e l’1,1 seguono le tracheiti-bronchiti, l’Aids, i distur-
ICTUS, CÈ GRUPPO D’AIUTO – Un’associazione nata attraverso Facebook offre una “linea amica” gratuita per domande di tipo pratico, legale, burocratico; una guida al turismo di sabile; un “banco del tempo” attraverso cui persone che hanno perso il lavoro a causa dell’ictus mettono la propria esperienza al servizio di altri malati. L’indirizzo: www.gruppoictus-onlus.org.
Donazioni: Associazione Cuore Sano /// Unicredit Banca di Roma - Roma 173 - Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma – c/c n. 400005512 – Codice IBAN 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 /// Posta – IT 68 y 076 0103 2000 0008 3738005 /// Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) 96255480582
Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano • Anno XIX - n.4 - ottobre/dicembre 2014 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n.3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Associazione Cuore Sano e redazione Cuore Amico tel. 06.68352323. • E-mail: dmedcar@asl-rme.it • www.cuore-sano.it • Stampa Tipolitografia Visconti - Terni