Cuore Amico 2016 n.3

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Perché boccheggia la sanità pubblica nche la sanità pubblica drammatica realtà fornisce un altro dato detto comparaggio, che si perpetua con boccheggia, come dimo- impressionante: la spesa sanitaria priva- metodi più sofisticati, meno sfacciati); stra la ricerca presentata ta è giunta a 34,5 miliardi: + 3,2% negli della catena che lega taluni studi medici dal Censis (che stavolta, ultimi due anni, esattamente il doppio a gabinetti di analisi, a studi radiologici, però, si è fatta dare una dell’aumento della spesa complessiva ecc.; dell’inflazione di esami dettati tamano dal sistema assicurativo privato). per i consumi delle famiglie nello stesso lora da vere e proprie incapacità diagnostiche. Bene, anche con “i fichi secEd è inutile (anzi, controproducente) periodo. che la ministra della Sanità prenda a Su un altro dato del rapporto è confor- chi” si può e si deve intervenire, e la ministra Lorenzin ha cominciato p retesto la povertà dei finanziaa farlo: ispezioni più severe, menti: se effettivamente “non si controlli più frequenti, misure possono fare le nozze coi fichi secchi”, allora si trovi il modo – prescrittive e se necessario puper la sanità come per i traspornitive. Il costo è minimo, la reti, per le pensioni come per l’ocsa grande. cupazione – per nozze più felici, Torniamo al rapporto del Cenattraverso quelle profonde ma sis per segnalarne un punto sin qui inesistenti riforme dello grigio che scivola verso il nero. stato sociale che peschino i E cioè la collaborazione, nella quattrini dove si sprecano, dove stesura del rapporto, con la Per il Censis la panacea dovrebbero essere si nascondono, dove si evade e Rbm Assicurazione salute, magari non si rispettano le leggi anche e le assicurazioni private (che hanno cioè una delle più potenti assicurazioni contribuito a stendere il rapporto) private nel settore sanitario. Si avalla coproprio nella gestione della politica sanitaria. sì non solo un cosiddetto “senso comuMa veniamo alle cifre che molti di noi tante che la ministra Beatrice Lore n z i n ne” secondo cui più della metà degli itahanno del resto già letto sui giornali o sia intervenuta, ed è l’unica ad averlo liani penserebbe, non che il Servizio saappreso dalla tv, ma che è il caso di ri- fatto negli ultimi anni. Si tratta del feno- nitario nazionale dovrebbe assicurare cord a re. La più impressionante è che meno delle prescrizioni inappropriate. più servizi e a più basso prezzo (anche l’anno scorso sono stati 11 milioni (due Anche qui un dato inquietante: cinque dei ticket), ma che chi può permettersemilioni in più rispetto al 2012) gli italia- milioni e mezzo di cittadini hanno rice- lo dovrebbe stipulare una polizza inteni che hanno dovuto rinviare o rinun- vuto nell’ultimo anno prescrizioni di grativa. E si indica questa soluzione coc i a re a prestazioni sanitarie a causa di farmaci, visite o accertamenti diagnosti- me un’alternativa più economica della difficoltà economiche. La “sanità nega- ci che si sono rivelati inutili o addirittu- sanità privata e della stessa attività inta” riguarda in particolare 2,4 milioni di ra sbagliati. Si tratta di una tendenza già tramoenia – legittimata dalle norme in anziani (cioè quanti hanno più bisogno ben nota, fortemente denunciata da vigore – del medico ospedaliero. Senza di cure) e 2,2 milioni di giovani, cioè tempo e confermata ora da una rileva- minimamente contare (e avvertire, coquanti, non curandosi o non in grado di zione che si presume condotta con ade- me dovrebbe fare un organismo responfruire di misure di prevenzione, sono in guati strumenti statistici. Qui sono in sabile come il Censis) che l’assicuraziogran parte dei futuri malati. ballo colossali e molteplici interessi: di ne privata “copre” sì un malanno, ma se Per contro, sono più di dieci milioni gli alcune grandi case farmaceutiche (qual- ti coglie un infarto o un tumore, subito italiani che fanno un maggior ricorso al- cuno ricorderà gli scandali del cosid- essa ti annulla la polizza o ne raddopla sanità privata rispetto al passato, e di pia, triplica il premio. Di più: si giunge a questi il 72% a causa delle lunghe liste sostenere che questa sarebbe la panacea di attesa negli ospedali e negli ambulaper ridurre drasticamente le liste d’attetori del servizio pubblico. Questa sa nel servizio pubblico. Grottesco.

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Il rischio ictus dopo un attacco ischemico di Patrizia Romano Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

ictus, chiamato anche stroke o colpo apoplettico o infarto cerebrale, è una impro v v i s a perdita di una funzione cerebrale causata da un insufficiente apporto di sangue a un’area più o meno estesa del cervello. Perché si possa parlare di ictus i sintomi devono essere sicuramente riferiti a un problema vascolare , devono manifestarsi improvvisamente e devono durare per più di 24 ore. Il TIA (Transient Ischemic Attack: attacco ischemico transitorio) è un disturbo neurologico causato da un insufficiente apporto di sangue al cervello con sintomi e modalità di comparsa uguali a quelli dell’ictus. Quello che differenzia il TIA dall’ictus è che nel TIA i disturbi non sono permanenti ma durano per non più di 24 ore e re g rediscono completamente.

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L’ictus e il TIA pertanto, eccezion fatta per la durata dei sintomi, hanno le stesse modalità di presentazione, lo stesso

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corredo sintomatologico e riconoscono le stesse cause e gli stessi fattori di rischio.La presentazione sarà improvvisa in entrambi i casi. I sintomi e la loro gravità dipenderanno, chiaramente, d a l l ’ a rea di cervello interessata, dalla vastità di tessuto colpita e dalle cause che hanno determinato l’ictus. I sintomi più comuni sono rappresentati dai disturbi della parola con afasia (diff icoltà a compre n d e re e ad elaborare la parola) o disartria (difficoltà a pronunc i a re correttamente la parola); si potranno avere deficit focali che interessano una metà del corpo come emiplegie con difficoltà di movimento e di equilibrio; parestesie agli arti (formicolii), disturbi visivi come riduzione del campo visivo; la sincope o ancora il mal di testa. I fattori di rischio di ictus o TIA sono gli stessi delle malattie cardiovascolari. Il rischio aumenta con l’aumentare del numero e della gravità dei fattori di rischio. R i c o rdiamo, pertanto, i fattori di rischio modificabili, come l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, l’abitudine al fumo, l’alcool, e i fattori di rischio non modificabili come l’età (sono colpiti maggiormente le persone

di età superiore ai 65 anni), il sesso (soprattutto quello maschile), la familiarità. Il meccanismo con cui tali fattori di rischio possono determinare ictus o TIA è l’atero s c l e rosi che come sappiamo può provocare riduzione del flusso sanguigno o mediante un restringimento del lume del vaso (per la formazione di una placca o per rottura della placca stessa) o mediante la rottura del vaso. Anche alcune malattie del cuore possono essere responsabili di ictus o TIA, come la fibrillazione atriale o una endocardite infettiva valvolare o la presenza di protesi valvolari o valvulopatie come la stenosi mitralica. Tutte condizioni in cui possono formarsi dei trombi o delle vegetazioni endocarditi che, dai quali , a loro volta, possono staccarsi degli emboli occludenti. Così, a seconda che la causa sia rappresentata da un embolo, un trombo o una rottura di un vaso, p a r l e remo rispettivamente di ictus ischemico, ictus trombotico o ictus emorragico. L’ictus quindi non va considerato come una malattia primitiva del cervello ma come la conseguenza di una malattia del cuore o dei vasi sanguigni o di malattie ematologiche che attraverso l’occlusione di una arteria determinano un danno più o meno grave, a volte anche fatale, del cervello.E’ intuitivo quindi come la prevenzione dell’ictus e del TIA equivalga alla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Il controllo periodico della pressione arteriosa servirà sia a s c o p r i re, e quindi a trattare, una pres-


Numero delle

Stroke Unit presenti sul territorio nazionale

sione elevata che non si sapeva di avere, sia a controllare che la terapia antipertensiva in atto sia adeguata. Gli esami del sangue periodici serviranno sia a rilevare eventualmente la presenza di diabete e di ipercolesterolemia che dovranno essere trattati nel modo appropriato, sia a controllare l’effetto dei farmaci antiadiabetici e ipoipemizzanti già in corso. Il fumo dovrà essere abolito. L’assunzione di alcool deve essere limitato. Si dovrà seguire un corretto stile di vita con una alimentazione sana ed equilibrata associata ad una regolare attività fisica moderata e al controllo del peso corporeo. Per capire le dimensioni del problema ricordiamo che l’ictus colpisce, in Italia, circa 200mila persone l’anno; colpisce soprattutto gli uomini di età superiore a 65 anni; è la terza causa di morte dopo le cardiopatie e le neoplasie ed è causa di condizioni di disabilità a volte anche molto gravi. Fondamentale sarà quindi il controllo dei fattori di rischio e delle malattie cardiovascolari per cerc a re di ridurre il rischio delle malattie cerebrovascolari. Cosa fare quando si è colpiti da un TIA o da un ictus? Per prima cosa non sotto-

Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna

17 1 31 2 21 3 6 14 13 4 4 7 4 1 2 3 0 2 4 2 Totale 141

valutiamo il TIA. La sua brevità con completa risoluzione del quadro entro le 24 ore spesso è il campanello d’allarme di un probabile futuro ictus. Si dovrà in entrambi i casi (TIA o ictus) giungere prima possibile in un ospedale, preferibilmente provvisto di una “ s t roke unit”, dove verranno effettuati tutti gli esami necessari, dagli esami del sangue all’elettrocardiogramma, dall’ec o c a rdiogramma trans toracico e trans esofageo alla TC o RMN cerebrale, all’ ecocolordoppler dei vasi epiaortici. Al termine potrà essere formulata dagli specialisti la corretta diagnosi e istituita la terapia adeguata il più rapidamente possibile. La terapia farmacologica comprende gli antiaggreganti, gli anticoagulanti, i trombolitici. Uno studio pubblicato quest’anno sul New England Journal Medicine ha permesso di ridimensionare la percentua-

le di rischio che era considerata variabile tra il 12 e il 20% nei primi tre mesi dopo un TIA. Il rischio è attualmente valutabile intorno a 1.5% a due giorni, al 2.1% a 7 giorni, al 2.8% a 30 giorni, al 3.7% a 3 mesi e al 5.1% a un anno. A tre mesi quindi il rischio si è ridotto dal 12-20 % al 3.7%.La riduzione del rischio rispetto al passato può essere

spiegata con la combinazione di vari fattori quali la nascita di centri dedicati , le “stroke unit”, il miglioramento delle strategie diagnostiche strumentali come la TC e la RMN cerebrale, l’utilizzo della terapia farmacologica più app ropriata (rapido inizio della terapia a n t i a g g regante, anticoagulanti orali in caso di fibrillazione atriale) , la possibilità di eseguire disostruzioni delle arterie carotidee in urgenza, e i programmi di prevenzione primaria e secondaria. Tutto questo ha permesso di ridurre sensibilmente il rischio di ictus dopo un TIA e di limitare i danni provocati dall’ictus stesso. P o t remo quindi concludere sottolineando ancora un volta l’importanza di un corretto stile di vita, di un controllo adeguato dei fattori di rischio, di non s o t t o v a l u t a re i sintomi sospetti di un disturbo cerebrale, di recarsi in ospedale il più presto possibile per essere trattati nel miglior modo possibile per ridurre i danni a livello cerebrale perché come abbiamo visto ridurre l’incidenza e la gravità di ictus si può!

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Elogio della danza (anche per il cuore) di M. Ludovica Cardellini Terapista, Riabilitazione Cardiologica Santo Spirito

gni emozione, ogni intenzione, viene espressa dagli esseri viventi attraverso il movimento, e la danza è la forma più raffinata che questa comunicazione possa assumere. Pensate alla bellezza del volo di uno stormo di uccelli. I disegni variabili che si stagliano nel cielo emergono dalla relazione tra individui vicini, la cui immagine viene trasmesse di gruppo in gruppo, per imitazione, dando così vita ad una danza aerea perfettamente sincronizzata. E attraverso questa “danza” l’intero gruppo si salva dai predatori confusi dal continuo movimento L’uomo danza fin dalla preistoria. La comunicazione attraverso movimenti armonici, codificati, condivisi, rituali, rappresenta la sua prima espressione artistica. Possibile, perché insieme al canto ha come unico strumento il corpo. Necessaria, perché risponde ad un bisogno ancestrale, quello di condividere con i propri simili aspettative, gioie, esorc i z z a re paure. In ogni società arcaica i cicli della vita e della natura vengono scanditi dalla danza. Si danza per accompagnare i morti, festeggiare le nascite o i matrimoni. Si danza durante i riti tribali di iniziazione, ed esistono, infine, le mille danze propiziatorie. Il concetto di cura, il processo di guarigione, in qualche modo nascono attraverso la mediazione delle danze sciamaniche. Lo sciamano, con i suoi movimenti ritmici, entra in contatto con gli “spiriti” dell’universo allontanando così le malattie che dallo “spirito” hanno origine.

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Un rito che a noi fa certamente sorridere, ma come non riconoscervi una prima intuizione di quel processo di cura che ora va sotto il nomi di medicina psicosomatica? Un percorso che lega la sfera emotiva all’endocrinologia, alla neurologia e quindi al sistema immunitario? Le danze si ispirano ai ritmi della vita, della natura. La danza orientale, danza

della fertilità, coinvolge l’intero corpo riproducendo il continuo oscillare del mare e del vento. Le diverse “coreografie” confermano il legame dell’uomo con il mondo che lo circonda. Ritualizzano le tradizioni e la cultura della società che le genera, ne evidenziano i tratti fondamentali e in qualche modo li rafforzano. Pensiamo ai balli popolari nel mondo agricolo, sin dalle Pantomime nell’antica Roma; alla Moresca del basso medioevo, danza armata che trasmetteva la memoria delle Crociate; alle danze-esorcismo, come il ballo di San Vito o i deliri delle Tarantolate. E, ancora, alle danze liturgiche e dei pellegrini su cui si sono esercitate polemiche persino tra santi con Agostino che condannava la danza come

espressione demoniaca e Basilio che invece riconosceva nel ballo lo svago degli angeli. Ma, vi domanderete, perché parlare di danza in una rivista di divulgazione scientifica? Semplice: la danza è movimento, e ne implica tutti gli aspetti. Percezione, coordinazione, equilibrio, forza, resistenza. Coinvolge l’intero corpo alternando i diversi tipi di contrazione m u s c o l a re, lavora sulla consapevolezza del movimento rendendolo più fluido e piacevole. E’, quindi, una attività aerobica completa che permette di raggiungere e mantenere l’efficienza cardiocirc o l a t oria di cui tutti noi abbiamo bisogno. La danza, infatti, fa ormai parte dei protocolli riabilitativi di molte patologie croniche, e gli studi clinici confermano l’appropriatezza di questo indirizzo. Tra le altre, una recente ricerca condotta da R. Belardinelli, [Dipartimento Scienze Cardiovascolari A.O.U. Ancona] dimostra che mezz’ora di attività, svolta tre volte a settimana, con un’alternanza di balli lenti e veloci, determina in soli due mesi un innalzamento della soglia anaerobica del 22-23%. Altri lavori si concentrano, invece, sull’analisi del miglioramento dei valori pressori e della percezione della qualità di vita [SIPREC]. Infine, gli studi dell’OMS sottolineano come l’adesione a norme di igiene comportamentale si realizzi solo laddove le attività proposte gratifichino la persona. Ovvero, non si accoglie un progetto per il solo convincimento razionale ma per le emozioni, le passioni, piccole o grandi che siano, che il progetto sa risvegliare.


Il vaccino antinfluenzale protegge i cardiopatici di Edoardo Nevola Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

gni anno, l’influenza colpisce il 10-20% della popolazione, con percentuali più alte nelle grandi pandemie. Circa il 50% dei ricoverati per influenza sono affetti da una malattia cardiovas c o l a re. Il cardiopatico è infatti esposto ad un rischio più elevato di complicanze influenzali come la polmonite e l’ins u fficienza respiratoria. Inoltre, l’influenza può precipitare eventi cardiovascolari acuti (infarto, ictus, scompenso cardiaco) o aggravare malattie cardiovascolari preesistenti, aumentando la mortalità. Ecco alcune cifre: a causa dell’influenza l’incidenza dell’infarto è del 50-55% più alta in inverno che in estate; il rischio di un evento cardiovascolare acuto è massimo nei primi tre giorni dopo la diagnosi di influenza e rimane aumentato per 3-4 settimane; la mortalità cardiovascolare in eccesso pro v o c ata dall’influenza negli Stati Uniti è di c i rca 90mila casi all’anno. Un cenno ai possibili meccanismi. Determinando febbre e tac h i c a rdia, l’influenza aumenta il fabbisogno di ossigeno del cuore, ma tende anche a ridurre l’apporto di ossigeno in caso di complicanze re s p i r a t orie. Questo sbilanciamento può esasperare una malattia coronarica o peggior a re uno scompenso cardiaco. L’influenza determina inoltre il rilascio di molecole che favoriscono l’infiammazione e la formazione di coaguli, due fenomeni centrali nella pro-

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gressione delle lesioni aterosclerotiche nelle coronarie. E’ possibile infine un effetto lesivo diretto dei virus sulla parete vascolare e sul muscolo cardiaco. Fortunatamente esiste un sistema efficace per proteggersi: la vaccinazione. Il vaccino trivalente, costituito da virus inattivati dei tre ceppi più comuni nell’imminente stagione invernale, viene somministrato per via iniettiva, di solito negli arti superiori. Esso riduce il rischio di contrarre l’influenza del 5060%. Nei casi in cui ci si ammala ugualmente, il decorso è attenuato. Ciò che più interessa: il vaccino riduce le complicanze cardiovascolari: il 50-55% di eventi cardiovascolari acuti in meno, il 25-30% di infarti in meno, una mortalità cardiovascolare più bassa del 40%. La risposta anticorpale determinata dal vaccino accelera notevolmente l’elimi-

nazione dei virus dall’organismo, e in tal modo ne previene l’azione lesiva sull’apparato card i o v a s c o l a re. Inoltre, secondo recenti ricerche, esso stimolerebbe il rilascio di molecole protettive che antagonizzano i danni dell’infezione virale. Il profilo di sicurezza del vaccino trivalente è elevato: gli effetti collaterali sono assenti o limitati a dolenzia nel sito di iniezione, febbricola o dolori muscolari, di breve durata e lieve entità. Esistono anche vaccini somministrabili per spray nasale, preparati con virus vivi, per i quali non sono ancora documentati effetti protettivi e che talvolta determinano una sindrome influenzale. Tali vaccini non sono indicati nei cardiopatici. Prima di vaccinarsi, occorre informare il medico di un’eventuale allergia alle uova, di precedenti reazioni allergiche al vaccino, di neuropatie verificatesi dopo vaccinazione (sindrome di GuillainBarré), di un eventuale stato febbrile in atto. L’epoca per la vaccinazione è l’autunno, di solito tra settembre e dicembre. I ritardatari possono ancora trarre beneficio da una vaccinazione in gennaio o anche più t a rdi, poiché il picco dell’influenza si verifica di solito in pieno inverno. Non serve rivolgersi al cardiologo per vaccinarsi. Basta richiederlo al medico di famiglia o a un poliambulatorio della pro p r i a ASL, informandosi in anticipo della disponibilità del vaccino e della necessità di un appuntamento.

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Solo uno su cinque si alimenta correttamente di Gabriella Greco Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

a Dieta mediterranea, inserita dall’Unesco nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Umanità dal 2010, per la sua capacità di preservare lo stato di salute, è stata un argomento di dibattito durante il re c e n t e EXPO a Milano. Il concetto di dieta mediterranea nasce con gli studi del biologo, fisiologo e nutrizionista statunitense Ancel Keys che, incaricato negli anni ‘ 50 di eff e t t u are studi sull’alimentazione, ed avendo osservato come nelle popolazioni del Meridione italiano e d e l l ’ a rea dell’Egeo ( G recia, Creta) l’aspettativa di vita era tra le più alte e l’incidenza di malattie cardiovascolari, di tumori e malattie croniche tra le più basse del mondo, intuì il rapporto tra questi dati favorevoli e l’alimentazione di queste popolazioni. A partire da queste prime indagini furono effettuati studi scientifici approfonditi tra cui l’importante Seven Countries Study che confrontando la relazioni tra abitudini alimentari e stato di salute dei popoli del Nord e del Sud del mondo confermò il ruolo protettivo del

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regime dietetico abituale nelle aree mediterranee ed in particolare in Italia. E’ ormai dimostrato che una dieta con tali caratteristiche svolge una funzione protettiva contro le malattie cardiovascolari

e alcune forme di tumore e aumenta l’aspettativa di vita. La dieta mediterranea è un regime alim e n t a re caratterizzato da un combinazione bilanciata di nutrienti con abbon-

danti alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, ortaggi), cereali (soprattutto pane e pasta integrali), legumi, noci, semi, olio di oliva come principale condimento, latticini, pesce, pollame, uova (consumate in quantità moderata), scarso consumo di carni rosse, moderato consumo di vino rosso durante i pasti. Le osservazioni originarie furono eff e t t u ate peraltro in popolazioni in cui le porzioni erano limitate (dopoguerra) e l’attività fisica lavorativa re l a t i v a m e nte intensa (in società agricole). In termini quantitativi un modello molto utilizzato è la cosiddetta piramide alim e n t a re in cui gli alimenti sono sovrapposti ponendo alla base, più larga, quelli per cui è consigliato un consumo maggiore; procedendo verso l’apice vengono inseriti alimenti via via meno salutari la cui quantità diminuisce pro g ressivamente. Attualmente l’aspetto nutrizionale è completato dall’indicazione di un’attività fisica regolare. Il comportamento alimentare degli italiani è però cambiato nel tempo come dimostrato da una ricerca dell’Osserv atorio Epidemiologico Card i o v a s c o l a re in 8.462 soggetti adulti di 20 regioni


italiane. In particolare solo il 20% circa della popolazione ha un stile alimentare salutare, valutato come “indice mediterraneo”, mentre nella maggioranza è aumentato il consumo di carne, formaggi, dolci ed è diminuito quello di frutta, verdura e cereali . Questi cambiamenti

caratterizzati da elevato introito di grassi saturi, colesterolo e sale, sarebbero responsabili dell’alta incidenza di sovrappeso (75% uomini, 60% donne) e obesità (25%), ipercolesterolemia (35% degli adulti), ipertensione arteriosa (51% uomini, 37% donne) osservata nello stesso studio. Sono quindi urgenti iniziative di tipo educazionale rivolte alla popolazione per aumentare l’attenzione

nella scelta sia qualitativa che quantitativa degli alimenti. Nel contempo è necessario un maggior controllo sulla produzione di alimenti ad elevati contenuto calorico, preparati con grassi saturi e idrogenati, nonché con elevate quantità di zucchero e sale.

Frutta e verdura? Mangiarne di tutti i colori angiare frutta e verdura è sinonimo di mangiar sano. Ma di quale colore ? Sembra una questione irrilevante, ma non per una studiosa americana, Joe Robinson, che ha scritto U n piacere selvaggio, un “manuale di guerriglia alimentare” come lo definisce il suo editore italiano, Einaudi. Come dire che ci sono varietà di alimenti ricchissimi di nutrienti prodigiosi per la nostra salute, ma bisogna sapere scegliere. Per dire, se si pensa di mangiare una mela Golden o Fuji perché fa bene siamo in errore: sono i frutti più poveri di bionutrienti che si possono trovare sui banchi del mercato. Pre f e r i re le Smith: hanno fino a tre volte più bionutrienti. Buona parte della frutta e della verdura che si trovano in commercio presenta quantità di vitamine, antiossidanti, fibre e minerali assai scarse. Per generazioni, infatti, agricoltori e genetisti hanno selezionato le specie vegetali privilegiando quelle più generose, resistenti e gradevoli al palato. Il fatto che contenessero anche fitonutrienti fondamentali per la salute dell’uomo non era una priorità.

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Il risultato è, per esempio, che ci sono varietà di pomodori anche trenta volte più povere di licopene (sostanza che aiuta a pre v e n i re il cancro) rispetto ad a l t re come ciliegini e datterini, e i semi non vanno mai scartati perché qui si concentrano le migliori sostanze antitumorali. Il radicchio, di qualunque specie, è un forte anti-ossidante (utile nella p revenzione nelle cardiopatie coro n a r iche), ma quello rosso di Treviso va preferito a quello di Chioggia perché contiene tre volte di più di bionutrienti. Preferire le patate rosse o viola a quelle gialle che hanno meno antiossidanti. Lo stesso, e per la stessa ragione, vale per le carote: meglio le viola delle arancioni. Di fronte a specie vegetali poverissime di

bionutrienti, molte altre ne sono ricche, come si è visto. Imparare dunque a conoscerle, e dunque a scegliere quel che si mangia è un aiuto per prevenire molte delle malattie della nostra epoca: canc ro, cardiopatie, infiammazioni croniche, obesità, diabete. Tra le insalate, per esempio, è meglio scegliere le varietà a cespo aperto dalle foglie scure: ro s s o brune, viola o verdi: rucola e radicchio hanno più fitonutrienti della lattuga. E ancora, il mais: le varietà viola, blu o rosso hanno fino a sessanta volte più betacerotene di quella bianca. Il mais è comunque di grande aiuto per contrastare le infiammazioni, la tendenza all’ipertensione, il rischio tumorale. La frutta, infine. S’è detto delle mele, ma c’è da distinguere anche tra le prugne: quelle blu, nere e rosse sono più indicate di quelle gialle e verdi. Le ciliegie migliori sono le Bing ma in funzione antinfiammatoria sono da preferire le visciole. Il mango ha il quintuplo di vitamina C delle arance e dall’ananas. Paradossalmente, i mirtilli in scatola hanno più fitonutrienti di quelli freschi.

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Donare il sangue un atto di vita verso gli altri l generoso slancio con cui in tanti, prima in Puglia a seguito del tragico incidente ferroviario, poi a Nizza dopo il terribile attentato t e r roristico e, infine, nelle settimane passate, con il terremoto nell’Italia centrale, hanno raccolto l’appello a donare sangue in favore dei numerosissimi feriti, ha testimoniato ancora una volta quanto sia importante dichiararsi e farsi donatore. E diventarlo non in un caso specifico ma regolarmente, per assicurare ovunque e comunque le scorte neces-

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sarie per salvare vite umane in pericolo. In Italia i donatori sono circa 1,7 milioni, appena il 4,5 per cento della popolazione considerata idonea, di età com-

La generosità dei cittadini in Puglia e a NIzza ha consentito di salvare molte vittime

presa tra i 18 e i 65 anni. Non sono in assoluto pochi, ma che si possa e di debba fare di più è un dato di fatto rimarc a t o soprattutto nei mesi estivi quando le donazioni subiscono un fisiologico calo (da qui gli appelli raccolti a fine luglio con grande generosità sia in Italia che a Nizza). In occasione della Giornata mondiale per la donazione del sangue la d i rettrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Margareth Chan ha sottolineato che questo gesto “rapp resenta il più grande atto di vita che chiunque può compiere, a partire da donazioni volontarie e gratuite: la rinuncia al danaro è un requisito necessario oltre che una ragione di orgoglio”. Il sangue donato può essere utilizzato interamente o nelle sue singole componenti (piastrine, plasma, globuli ro s s i ) per trattare un’ampia gamma di condizioni: dall’aiuto vitale alle vittime di disastri, di guerre, di attentati, ella talassemia; dalle emorragie durante un parto

alla penuria di globuli rossi e piastrine di cui soffrono i malati di can cro sottoposti a chemio. Senza contare i pazienti prossimi a sottoporsi a trapianti d’org ano o a intervento chirurgico invasivo. Aiutare è dunque semplice. Per chi intende diventare donatore di sangue è sufficiente recarsi presso il servizio trasfusionale di un ospedale. Al termine di un colloquio con uno specialista si stabilisce il tipo di donazione più indicata e/o necessaria: sangue intero o ateresi (plasma, piastrine). Segue un p relievo necessario ad accertare l’idoneità e pre l i m i n a re alla donazione che può essere ripetuta ogni tre mesi per gli uomini, e ogni sei per le donne. Si può d o n a re con maggiore frequanza (anche ogni due settimane) se si tratta di prelievo di plasma o piastrine. La donazione è esclusa nelle donne durante le mestruazioni o la gravidanza, e inoltre per sei mesi a seguito di un intervento chirurgico. E questo vale anche per gli uomini.

Scrivi a Cuore Amico

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aro Presidente, vorrei esprimere un dubbio. Quando vado dal medico, lo trovo sempre dietro un computer intento a leggere o a scrivere sullo schermo. Anche quando parla con me sembra più attento al computer che ai miei problemi. E’ vera mente utile il computer? Una volta con il medico si parlava. Ora spesso sono io che prima di andare dal medico mi informo anche con Internet e poi chiedo al medico un esame. Grazie dell’ospitalità D.E. Caro lettore, in poche righe hai centrato due problemi importanti connessi alla nuova tecnologia di cui disponiamo: Il com-

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puter o, per brevità il Pc. Confesso subito che prima di rispondere ho guardato in Internet cosa si dice sull’argomento cercando: ”rapporto medico paziente”. Mi sono subito convinto del fatto che il problema non è il Pc ma come lo si usa. Due problemi dicevamo. Il primo: il paziente che naviga in Internet e cerca di farsi una cultura medica per poter capire di più ed essere preparato sull’argomento. Va bene, nulla di male, ma questo si presta, in assenza di solide basi, ad una conoscenza superficiale con la pretesa di risolvere i propri problemi di salute ricorrendo ad esami. Mi fa male la testa = mi serve la risonanza magnetica cerebrale (e magari pretendo che il medico avalli la mia richie-


sta). Questo è un grosso errore nel quale può incappare anche il medico che voglia risolvere tutto senza ascoltare il paziente ma nascondendosi dietro il computer. L’ascolto del paziente è, invece, un punto centrale. Cerc a re di capirlo e di conoscerlo aiuta a entrare in rapporto con lui, con la sua vita e con i suoi problemi possibilmente utilizzando tutta l’empatia del caso. Molti problemi sono di natura psicologica oppure reali ma ingigantiti dalle nostre ansie e paure. Cercare di cogliere questi aspetti del paziente è molto importante. Tr a s c r i v e re poi nel computer anamnesi, esami, prescrizioni, ecc. – qui sta la seconda questione – è utilissimo per costruire la storia del paziente e seguirlo nel tempo. Il Pc è impagabile in questo. Il sistema sanitario e tutte le associazioni mediche spe-

cialistiche raccomandano l’utilizzo di una scheda elettronica che contenga tutti i dati del paziente e gli esami già fatti. Questo servirà ai medici, che vedranno il paziente nel tempo, a conoscerlo ed evitare di ripetere esami inutili che spesso sono anche fastidiosi e/o pericolosi per il paziente ( le radiazioni ionizzanti in particolare sono dannose se eccessive). «Se nessuno ti ascolta, non esisti già più»: con questa frase una donna di oltre 80 anni riassume l’essenza e la motivazione di un corretto rapporto fra medico e paziente. Un ascolto attento e rispettoso è infatti il primo ingrediente di una visita ben condotta in tutte le sue fasi: rilievi preliminari, anamnesi à esame obiettivo à esami tecnici àdiagnosià terapia. Alessandro Carunchio, Presidente Associazione Cuore Sano

L’ira dell’avvocato-cacciatore che si scoprì cardiopatico bbene sì, sono stato rinviato ad ottobre, come a scuola…». A dirlo, con qualche accento di rassegnazione (ma anche di ansia) è Giuseppe Merlino, 66 anni, lucano, avvocato penalista, cacciatore e cercatore di funghi. Pedala forte sulla cyclette della palestra della riabilitazione cardiologica in attesa…

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Che cosa aspetti? «Che i cardiologi, qui del Santo Spirito, mi dicano se la riabilitazione che sto facendo basta a rimettermi in sesto o se debbo sottopormi a uno dei due classici interventi: o gli stent o i bypass. Per questo hanno rinviato la decisione a ottobre, e dunque tra poche settimane» Quando è cominciata questa storia? «Nel dicembre scorso, quando mi sono i m p rovvisamente accorto della stanchezza in salita, di un leggero dolore al petto. Con mia sorpresa, qualche settimana dopo, durante un’arringa in tribunale, qui a Roma, ecco di nuovo il fiatone, il dolorino…Una rabbia. Credevo che queste cose capitassero solo agli altri. Basta, vengo per accertamenti qui al

Santo Spirito, in cardiologia. E qui il primo allarme serio: alla prova da sforzo mi bloccano dopo pochi minuti, molto rischioso continuare. Mi propongono il r i c o v e ro immediato, ma avevo da fare, rinviamo ad aprile» E ad aprile che è successo? «E’ successo che prima hanno provato a inserire uno stent nella coronaria più c o m p romessa. Via via falliscono il primo e il secondo tentativo, al terzo flop gli emodinamisti rinunciano. Ma mi hanno detto che l’alternativa dell’operazione era rischiosa, almeno per il momento. E allora mi hanno prescritto una

cura farmacologica ed un periodo di riabilitazione cardiologica, in attesa appunto di rivedermi a ottobre» E qui in palestra come ti trovi? «Bene anche se, come tutte le cose umane, l’organizzazione è perfettibile. Posso d i re comunque che ne traggo giovamento fisico, ma ne guadagno anche psicologicamente. Voglio dire che gli esercizi ci insegnano a calcolare i nostri limiti ma anche a cerc a re di superarli, s e m p re e solo sotto controllo naturalmente» Professione nel frattempo ok. Caccia e fun ghi invece? «Per la caccia non è ancora stagione, ne parliamo dopo gli esami di ottobre. Invece sono andato a funghi, ed ho imparato a contro l l a re le pulsazioni. Forse, se ci avessi pensato un po’ prima…» E come ti prepari agli esami di ottobre? Le “ripetizioni” in palestra mi pare che frutti no… «Qualche preoccupazione è nell’ordine delle cose. Ma sento che l’ira di essermi scoperto cardiopatico si sta mutando in una piccola, nuova fiducia».

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Tachicardia ventricolare: quando proporre l’ablazione di Francesco Biscione Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

n molti casi, a seconda della patologia cardiaca, la terapia elettrica ablativa transcatetere viene considerata di prima scelta per il trattamento di alcune aritmie, e ciò per la elevata efficacia curativa e la bassa possibilità di complicazioni. In sostanza, è possibile pensare di curare definitivamente una malattia con una unica procedura invasiva a basso rischio, risultato raramente ottenibile per la maggior parte delle malattie cardiache più comuni. Diverso è il caso della ablazione delle aritmie ventricolari. Esistono alcune r a re malattie elettriche, in grado di p ro v o c a re aritmie ventricolari fastidiose, ma raramente minacciose, in soggetti con cuore strutturalmente sano o con alterazioni minime e circoscritte, non progressive, per le quali la pro c e d u r a ablativa può ridurre / e l i m i n a re dei sintomi, senza tuttavia incidere significativamente sulla prognosi a lungo termine, già di per sé buona. In questi casi è

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lecito pre n d e re in considerazione un trattamento ablativo che presenta probabilità di successo e tasso di complicanze confrontabili con quelle delle

aritmie sopraventricolari, e quindi elevata efficacia. Tuttavia, la assoluta maggioranza delle tachicardie ventricolari si verifica in pazienti con malattie cardiache gravi, come la cardiopatia ischemica-infartuale o la cardiopatia dilatativa, per di più progressive e quindi variabili nel tempo. Per queste patologie, il trattamento con ablazione transcatetere ha carattere poco più che palliativo, agendo su un fenomeno elettrico senza pro d u r re alcun effetto sulle sue cause strutturali, e presentando inoltre elevate probabilità di complicazioni e di rischi procedurali. In questi casi, l’indicazione alla ablazione dipende dalla compromissione emodinamica provocata dai fenomeni aritmici e sconta una ridotta probabilità di successo clinico, generalmente misurata non dalla assenza di recidive di aritmie, ma piuttosto dalla riduzione della frequenza degli episodi di tachicardia. Infine, ma non trascurabilmente, l’abla-

zione non si può considerare curativa e necessita quindi, nella totalità dei casi, del supporto di un defibrillatore automatico e, spesso, anche del trattamento antiaritmico farmacologico. L’impatto sulla prognosi a lungo termine rimane trascurabile. In definitiva, per la grandissima maggioranza dei casi di tachicardie ventricolari l’ablazione transcatet e re può essere considerata una pro c edura accessoria, e mai di prima scelta né alternativa all’unico trattamento eff i c ace che rimane l’impianto di un defibrillatore automatico. E’ ragionevole immaginare che il progresso tecnologico e di conoscenze fisiopatologiche possa nel futuro modific a re queste considerazioni, ma fino ad allora l’ablazione delle tachicardie ventricolari resta una procedura non curativa, di seconda scelta e solo in associazione ad interventi più eff icaci nella prevenzione secondaria delle aritmie ventricolari maligne.


Elettrocardiogramma Quando serve l’Holter di Andrea Porzio Dirigente medico Uoc Cardiologia Santo Spirito

elettro c a rdiogramma dinamico secondo Holter è una metodica diagnostica cardiologica utilizzata per monitorare l’attività elettrica del c u o re per un tempo più lungo rispetto ad un ECG di base. Di solito il monitoraggio dura da 24 a 48 ore, ma con i registratori di ultima generazione può prolungarsi ancora oltre. Il sistema prende il nome dal suo i n v e n t o re, il fisico statunitense Norman J. Holter che lo realizzò negli anni ‘50. L’Holter cardiaco si esegue attraverso l’ applicazione sul torace di alcuni elettrodi adesivi collegati attraverso dei cavetti ad un registratore a supporto magnetico che viene consegnato al paziente. Durante il tempo di registrazione il paziente deve svolgere una attività regolare segnalando su un apposito diario le attività svolte (camminare, corre re, lavorare, dormire, ecc.), gli eventuali sintomi, i farmaci che assume, e i relativi orari, in modo che ciascun evento registrato possa essere messo in relazione, ove possibile, con una delle attività descritte dal paziente. L’ esame infatti permette di re g i s t r a re i battiti cardiaci dell’ intera giornata evidenziando aritmie anche asintomatiche per il paziente; e inoltre permette di val u t a re la frequenza cardiaca massima, media e minima nelle 24 ore. Quando la registrazione è terminata il paziente torna in ambulatorio dove l’appare c c h i o viene smontato e il medico può effettuare l’analisi del segnale.

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Dal momento che il tempo richiesto per analizzare manualmente un tracciato così lungo sarebbe eccessivo, l’analisi viene eseguita dal medico in modo semiautomatico attraverso un software . Il successo della analisi è stre t t amente legato alla qualità del segnale, che dipende principalmente dal fissaggio degli elettrodi al corpo del paziente. Se questi non restano collegati correttamente, a causa o della costituzione fisica del paziente, o dei tremori muscolari, o dei movimenti effettuati o della sudorazione, il segnale ECG può essere alterato da artefatti. Se il paziente effettua movimenti rapidi, la distorsione sarà ancora più grande. In ogni caso solo in una minima percentuale di casi la qualità del segnale è talmente inadeguata per l’analisi che la registrazione va ripetuta. L’Holter cardiaco è un esame diagnostico progettato principalmente per indiv i d u a re alterazioni del ritmo cardiaco a comparsa sporadica e discontinua, che per questo motivo non sono individuabili da un ECG a riposo. La frequenza di tali alterazioni deve essere tale da ritenere che si verifichino nel corso della registrazione, altrimenti l’esame non riuscirà a raggiungere lo scopo desiderato. Le principali indicazioni all’Holter sono quattro: 1) la presenza di sintomi che

potrebbero essere correlati ad alterazioni del ritmo cardiaco: sincope o pre-sincope, cardiopalmo, tachicardia, irregolarità del ritmo cardiaco; 2) la ricerca di possibili aritmie asintomatiche in pazienti cardiopatici o in soggetti a rischio; 3) lo studio del grado di pericolosità di un disturbo noto (per esempio extrasistolia, bradicardia sinusale, blocco atrio-ventricolare); 4) l’analisi dell’efficacia di una terapia antiaritmica o di eventuali effetti pro-aritmici indesiderati. L’esame invece non è indicato per lo studio di altri disturbi quali il dolore toracico o la dispnea da sforzo, perché ci sono esami più specifici; e nei portatori di pacemaker, dal momento che tutti i moderni dispositivi sono dotati di funzioni diagnostiche autonome. Sarà comunque il medico a valutare quando deve e s s e re eseguito un Holter, e a lui va riportata la risposta per le ulteriori valutazioni in base al contesto clinico.

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Pillole di salute LEGUMI, UNA PORZIONE... – al giorno leva il colesterolo “cattivo” di torno. La Fao (l’agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) ha deciso che questo sia l’Anno internazionale dei legumi che per un verso possono contribuire in modo significativo ad affrontare la fame nel mondo e per un altro verso favoriscono una dieta sana. Il lupino può abbassare la glicemia e quindi il pericolo del diabete. Sostituti ideali di prodotti proteici animali i legumi contengono sostanze fondamentali per l’organismo: amido, vitamina E, vitamine del gruppo B; e sono ricchi di minerali come potassio, fosforo, calcio e ferro. LA REGOLA DEI PASTI – Mangiare più a pranzo che a cena. E’ una regola ferrea quella di fare attenzione non solo alla qualità degli alimenti ma anche alla loro distribuzione nella giornata perché

ci sono variazioni nell’assetto metabolico e nella spesa energetica. Sull’International Journal of Obesity è apparsa una ricerca italiana secondo cui il metabolismo risulta meno attivo (e quindi anche le calorie spese sono inferiori), e la risposta di glicemia e insulina peggiori quando lo stesso pasto viene consumato a cena anziché a pranzo. Allora è opportuno che delle duemila calorie medie giorn a l i e re, colazione e pranzo apportino rispettivamente il 20% e il 40%, mentre la cena apporti il 30% (600 kal), mentre il rimanente 10% resti per gli spuntini. OBESITÀ IN CRESCITA – Secondo il rapporto pubblicato nel maggio scorso della Società europea dell’obesità (Easo), l’obesità colpirà entro il 2030, cioè dopodomani, il 50% dei cittadini dell’Ue. Se nel 1975 il numero degli obesi stimano sul pianeta era di 105 milioni, oggi siamo già a 640 milioni. In Italia la p e rcentuale complessiva degli obesi è passata ddall’8,5 al 10,2% nel periodo 2001-2014. AUMENTANO I TRAPIANTI – Il Cent ro nazionale trapianti ha pubblicato i dati definitivi degli interventi eseguiti l’anno scorso. C’è una apprezzabile crescita: essi sono passati da 3.089 (2013) a 3.250 (2014) a 3.326 dell’anno scorso. Così pure le donazioni di organi, e l’aumento è avvenuto soprattutto grazie

a quelle da vivente a vivente: 301 italiani hanno donato un rene (251 nel 2014), e 23 una parte del fegato (18 nel 2014). In leggera diminuzione anche le opposizioni akla donazione da parte di parenti di defunti. Tuttavia ancora 9.070 persone erano l’anno scorso in attesa di trapianto, il 76% per ricevere un rene. Oltre 1 milione e 700mila cittadini hanno dichiarato finora la pro p r i a volontà alla donazione, il 90% con il consenso scritto. LATTI ALTERNATIVI, È BOOM – Al posto del latte vaccino (molti cosiddetti “intolleranti” lo ritengono meno digeribile, più pesante, addirittura meno salutare) prendono sempre più piede latti alternativi: soia, avena, riso, persino mandorla. La riprova del boom? Il nuovo paniere Istat in cui entrano per la prima volta le bevande consumate al posto del latte. Sono prodotti le cui vendite sono aumentate l’anno scorso del 25%, secondo dati Coldiretti elaborati su rapporto Coop. Non sembra scoraggiare il nuovo trend neanche il maggior esborso economico: costano anche il doppio del latte di alta qualità made in Italy e il triplo di quello a lunga conservazione. Monito dei dietologi: è sbagliato cancellare questo elemento, si perdono proteine e minerali fondamentali per l’organismo…

Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXI - n.3 - lug./sett. 2016 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nev o l a , Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo




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