CORSA O CAMMINATA PER IL TUO
CUORE?
ALL’INTERNO: I SINTOMI PER RICONOSCERE L’ICTUS COME LA TIROIDE INFLUENZA IL CUORE MENO VACCINI PIÙ OSPEDALIZZATI QUANTI PROBLEMI PER GLI SCOMPENSATI PATATINE IN BUSTA, PERICOLOSA TRAPPOLA Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano– Anno X VIII -n.3 luglio-settembre 2013
BUONE RICETTE DI PESCE
I segnali sono particolari e facili da cogliere
Come si riconoscono l’ictus e l’attacco ischemico transitorio di Angiolamaria Santoro* di Roberto Ricci*
I
ctus è il participio passato del verbo latino ìcere (colpire). Il termine sottolinea la rapidità e la gravità di insorgenza della malattia. Si tratta di un disturbo della circolazione del sangue che colpisce le cellule nervose e che implica una perdita parziale della nostra più eletta funzione vitale. Più frequentemente la causa è un’ischemia (mancanza di sangue), solo nel 20% dei casi si tratta di un’emorragia cerebrale. In entrambe le situazioni il danno deriva dalla mancanza di ossigeno e substrati nutritivi al nobile tessuto cerebrale. Sia che si tratti di un’ischemia oppure di un’emorragia cerebrale, i sintomi possono essere simili e, per arrivare a una diagnosi definitiva, occorrono metodiche di immagine: TAC, Risonanza Magnetica. Il termine TIA (attacco ischemico transitorio) definisce invece un evento nel quale i sintomi regrediscono spontaneamente: non per questo deve essere considerato meno grave, perché in un certo numero di casi (circa 15-20%) rappresenta solo il campanello d’allarme di un più grave ictus. Quando si verifica un TIA, purtroppo, si può realizzare una vera e propria “trappola” perché il soggetto colpito presenta entro pochi minuti o poche ore una regressione completa dei sintomi e dopo 24 ore o nei giorni successivi sviluppa un ictus completo. Il messaggio che ne deriva è che il soggetto con TIA deve essere valutato e trattato come emergenza medica. Quali sono questi sintomi? Anche se la diagnosi è di stretta competenza del medico, è utilissimo richiamare l’attenzione su alcuni segni particolari, in modo che non solo chi ha già assistito un familiare o un amico con ictus sia in grado di ricono-
persone che vivono sole. Come è noto tale condizione è alquanto frequente negli anziani. I segni qui indicati in modo volutamente semplice e schematico (la diagnosi definitiva deve essere sempre completata dal medico) sono solo i segnali d’allarme. Per allentare la tensione in coloro che, rispondendo emotivamente a questo tipo di messaggi, hanno il sospetto di essere affetti dalla malattia trattata, è utile dire che le vere emergenze, per fortuna, sono più rare di quanto si pensi, ma è meglio essere prudenti e non sottovalutare i segnali che ci dà la natura per non ritardare l’accesso agli interventi d’emergenza. La diffusione al pubblico di nozioni mediche elementari come quelle dei sintomi dell’ictus, avranno raggiunto il loro scopo se contribuiranno a fare arrivare rapidamente in ospedale i veri malati, per un più rapido accesso alle terapie necessarie.
scerlo, allertare l’emergenza e contribuire a salvare una vita. L’allarme è dunque dato da: – la perdita di forza e/o di sensibilità in una parte del corpo (braccio e/o gamba); – l’asimmetria della bocca o l’incapacità a mantenere la simmetria delle labbra durante il sorriso; – la difficoltà a parlare e/o a comprendere le parole; – la difficoltà a camminare e/o a coordinare i movimenti; – la perdita anche transitoria della vista, completa o parziale da un solo occhio; – cefalea forte, inusuale e improvvisa Talora questi segni sono evidenti: la perdita di forza impedisce al soggetti di stare in piedi e questo induce all’allertamento dei soccorsi di solito con il 118; ma quando i sintomi sono lievi oppure transitori (TIA) il ricovero in ospedale può essere procrastinato per la sottovalutazione del problema da parte del soggetto colpito oppure dei familiari. In sostanza, il ritardo nell’intervento può ripercuotersi sul ritardo nella terapia. Studi clinici su popolazioni di soggetti affetti da ictus hanno dimostrato che i ritardi di accesso alle cure sono maggiori nelle
* Dirigente medico Uoc Cardiologia, S. Spirito
3
4 La funzione degli ormoni T3 e T4 va controllata regolarmente
Il peso della tiroide sull’apparato cardiovascolare di Edoardo Nevola*
G
li ormoni tiroidei (T3 e T4) comparire edemi, per l’aumento della nali; la terapia anticoagulante va iniziata esercitano effetti sull’intero pressione polmonare e la ritenzione idro- subito, per prevenire eventi embolici. organismo, compreso l’appa- salina, benché il cuore sia ancora integro Nell’ipotiroidismo, in cui gli ormoni tiroidei diminuiscono (per esempio la tiroirato cardiovascolare. In parti- (scompenso ad alta portata). dite di Hashimoto, diverse forcolare, facilitano lo me di gozzo), alle manifestaziosvuotamento ed il riempimento ni generali (sonnolenza, depresdel cuore agendo sul muscolo sione, aumento di peso) si assocardiaco e sulla rete vascolare, ciano diminuzione della frene alterano l’eccitabilità elettriquenza e della portata cardiaca, ca, lo rendono più sensibile all’ache riducono la tolleranza allo zione stimolatrice del sistema sforzo contribuendo alla minore neurovegetativo. attività ed al torpore tipici di Nell’ipertiroidismo, in cui vi è questi soggetti. La pressione un eccesso di ormoni tiroidei diastolica aumenta, peggioran(per esempio la malattia di Grado il controllo dell’ipertensione. ves, alcune tiroiditi, le forme Gli effetti sull’eccitabilità del “tossiche” di gozzo nodulare o muscolo cardiaco alterano l’edi adenoma), oltre a sintomi geMarty Feldman (1934-1982), il popolare Igor dell’altrettanto lettrocardiogramma (QT lungo) nerali (dimagrimento, rialzo terpopolare film “Frankenstein Junior” era affetto da e facilitano la comparsa di aritmico, irritabilità, disturbi inteiperattività tiroidea unita a strabismo divergente mie, anche letali (tachicardia stinali ed oculari), si manifestaventricolare). L’alterata perno aumento della frequenza e della portata cardiaca. Il paziente riferisce Spesso insorge fibrillazione atriale, so- meabilità capillare è tra le cause di edema palpitazioni e cardiopalmo; compaiono prattutto negli anziani. Quando la fre- periferico (mixedema) e dell’accumulo di dispnea da sforzo ed affaticabilità, non quenza cardiaca resta a lungo elevata, il liquido pericardico, per lo più asintomatisolo per l’indebolimento muscolare (mio- muscolo cardiaco può deteriorarsi (mio- co, ma talvolta responsabile di insuffipatia), ma anche perché l’incremento di cardiopatia ipertiroidea), provocando uno cienza circolatoria (tamponamento). Con portata di cui il cuore è capace, normal- scompenso vero e proprio, che aggrava la l’aumento del colesterolo “cattivo” mente destinato all’esercizio, viene già dispnea e l’edema, soprattutto in caso di (LDL), crescono l’incidenza e la mortaparzialmente sfruttato a riposo. La pres- cardiopatia preesistente. Eventuali coro- lità di eventi coronarici come l’infarto. La sione sistolica aumenta, peggiorando il naropatie tendono a diventare instabili, somministrazione di ormoni esogeni, norcontrollo dell’ipertensione. Possono con peggioramento dell’angina ed infarti. malizzando il quadro ormonale, provoca I farmaci tireostatici, il radioiodio o la la scomparsa di tutte le manifestazioni, chirurgia, abbassando i livelli ormonali, tranne il versamento pericardico, che dimigliorano o interrompono tali manife- minuisce in settimane o mesi. stazioni. La terapia beta-bloccante cor- Iper- ed ipotiroidismo possono infine maregge la tachicardia e ne previene le con- nifestarsi per effetto dell’amiodarone, seguenze, soprattutto nello scompenso farmaco di comune impiego in diversi dinelle sindromi ischemiche. Nella fibrilla- sturbi del ritmo cardiaco, che deve essere zione atriale, l’obiettivo primario è ridur- pertanto somministrato controllando rere la frequenza, mentre la regolarizzazio- golarmente la funzione tiroidea. ne del ritmo (cardioversione) deve attendere la normalizzazione dei livelli ormo- * Dirigente medico Uoc Cardiologia, S. Spirito
Istituito un nuovo portale: “vaccinarSi”
Influenza: -20% di vaccinati. Più pazienti ospedalizzati e più costi per la Sanità di Rita Lucia Putini*
N
ella passata stagione invernale – e quindi influenzale – si è registrato un cale del 20% delle vaccinazioni. Il dato è desunto dall’Istituto superiore di Sanità in base ai primi dati trasmessi dalle regioni. Secondo l’Iss, questo imprevisto calo (tanto più a fronte dell’ampia diffusione delle notizie pericolosità di uno dei virus di quest’anno) ha inciso sull’aumento della diffusione dei virus, ed ha pesato sul sistema sanitario pubblico in termini di spedalizzazioni. Lo ha sottolineato il dr. Giovanni Rezza, responsabile del Dipartimento delle malattie infettive dell’Iss. Di più: un euro per le vaccinazioni si traduce in ventiquattro euro per curare chi si ammala, e quindi bisogna migliorare le coperture di vaccinazioni in Italia che non sono ancora in linea con quelle europee. E’ vero che quest’ultima considerazione può essere sospettata di interesse, in quando formulata dal presidente del gruppo vaccini della Farmindustria Renato Soncini; ma è altrettanto indubbio che si è di fronte ad una fuga dai vaccini, del tutto ingiustificata se non da ignoranza o leggerezza. Proprio per arginare e combattere questa fuga dai vaccini che l’Istituto superiore di Sanità ha deciso di incrementare l’informazione sul web con la creazione di un nuovo portale, “VaccinarSi” (www.vaccinarsi.org) sul tema della cor-
retta informazione e prevenzione nel nostro paese. L’iniziativa ha anche un altro, e più mirato scopo: contrastare un’abitudine sempre più diffusa in Italia, e cioè quella di ricercare informazioni mediche su internet, info che si rivelano spesso generiche, approssimativa e prive di fonti e riscontri attendibili. La consapevolezza del’importanza della prevenzione passa, infatti, da una informazione corretta e scientificamente garantita. Ora, collegandosi al portale “VaccinarSi” sarà possibile verificare lo stato dei vaccini (non solo antinfluenzali)
disponibili, consultare schede riguardanti le malattie (cause, vie di trasmissione, sintomi, complicanze), l’impatto sulla popolazione (situazione epidemiologica nazionale e internazionale con i dati di morbilità e mortalità pre/post introduzione del vaccino), casi clinici (rilevanti e documentati) e il link del farmaco corrispondente. Se poi si allarga il discorso alla prevenzione, l’Istituto superiore di Sanità è il primo a denunciare come in Italia si investa poco in prevenzione: solo lo 0,8% della spesa sanitaria (in Spagna è il doppio, addirittura il triplo in Francia), mentre i vaccini riescono a garantire una copertura del 60/70%, un dato rilevante secondo gli esperti che nella scorsa stagione influenzale hanno registrato circa sei milioni di casi nel nostro paese. E rispetto al 2011-2012 due dei tre virus in circolazione erano leggermente mutati. Da registrare che, quando si parla di vaccinazioni, non bisogna limitarsi a considerare quelle antinfluenzali. Grazie a quella che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha definito come la più importante scoperta medica mai effettuata dall’uomo”, sono state debellate nel mondo malattie mortali come il vaiolo (cinque milioni di vittime ogni anno) e la poliomielite che, secondo l’Oms, verrà definitivamente sradicata entro il 2020.
Si ringrazia la Abbott Vascular Knoll-Ravizza per il sostegno economico per la pubblicazione di questo giornale
6 Più adatta la prima ai più giovani. Agli anziani consigliata la marcia
Corsa o camminata per il tuo cuore? di Francesca Lumia*
A
ccertato che l’esercizio fisico è tra i “farmaci” migliori per prevenire le malattie cardiovascolari, il dibattito si è focalizzato su quale sia l’esercizio fisico più adatto ed efficace. Negli Stati Uniti se lo chiedono già dai primi Anni Ottanta, anche a seguito dell’incremento esponenziale della popolazione dei “runners” (corridori) passati nel giro di vent’anni da centomila a 30 milioni, e alla luce degli effetti collaterali della corsa intensa, come i traumi muscolo-scheletrici. Uno studio recentemente pubblicato sul Journal Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology, a cura del dr. Williams, biostatistico del National Laboratory di Berkeley (California), aveva proprio lo scopo di capire cosa fosse più efficace tra la corsa e la camminata mettendo a confronto una popolazione di “runners” con una di “walkers” (camminatori). Ai 33.000 corridori amatoriali, tra i 18 e gli 80 anni, come ai circa 16.000 camminatori è stato chiesto di rispondere ad un questionario riguardante il livello della propria attività fisica settimanale in termini di chilometri percorsi, di tempo dedicato e di velocità. Inoltre, tutti costoro sono stati seguiti per un periodo medio di 6,2 anni, durante il quale venivano riportati l’insorgenza di fattori di rischio (ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia) e l’eventuale insorgenza di cardiopatia ischemica. I ricercatori hanno poi calcolato l’energia spesa in termini di MET (unità metabolica equivalente) che ha il suo corrispettivo in ossigeno e chilocalorie consumate (1 MET = 3,5 ml O2/Kg/m = 1 Kcal/Kg/ora). In questo studio la spesa energetica media era pari a 4,7 METS /h/die per i camminatori e 5,3 METS h/die per i corridori. I risultati hanno mostrato che quanto maggiore era l’energia spesa, tanto maggiore era la riduzione del rischio di sviluppare la cardiopatia ischemica indipendentemente dal tipo
di esercizio effettuato. Nei corridori vi era una riduzione del 4,2% nel rischio di ipertensione, 4,3% di ipercolesterolemia, 12,1% di diabete, 4,5% di cardiopatia ischemica. Nei camminatori la riduzione del rischio di ipertensione era pari al 7,2%, del 7% la riduzione del rischio di ipercolesterolemia, del 12,3% la riduzione del rischio di diabete, del 9,3% la riduzione del rischio di cardiopatia ischemica. In definitiva non si sono notate differenze statisticamente significative tra i benefici ottenuti dalla corsa veloce rispetto a quelli della camminata di intensità moderata a
parità di dispendio energetico, ed il dispendio energetico dipende dalla distanza percorsa non dalla velocità. Infatti una delle formule più usate che ci permettono di calcolare il consumo calorico nella corsa è: C = k x p x d, dove C = chilocalorie, p = peso della persona, d = distanza percorsa e k = costante che dipende dalla facilità nel gesto atletico. Pertanto in tale formula non compare la velocità, ma la distanza percorsa. In conclusione la corsa sembra essere più adatta a persone più giovani e con poco tempo a disposizione; la camminata, invece risulta più gradita a persone meno giovani e con più tempo a disposizione, ma ambedue sembrano apportare benefici sul sistema cardiovascolare, se effettuate con un sufficiente dispendio energetico. Bisogna sottolineare che la camminata, per essere efficace, deve avere una intensità almeno moderata, il passo deve essere veloce, si deve sentire i cuore battere e avere una lieve sudorazione. La corsa, soprattutto se molto intensa e molto frequente, può comportare incremento dei danni da usura sulle articolazioni e sull’apparato muscolo-scheletrico. Pertanto se non si è allenati o si comincia un’attività fisica partendo da zero, o si è avanti negli anni, meglio dedicarsi, o comunque iniziare, con la camminata a passo veloce. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Ma il Nordic Walking unisce le due virtù
U
n’attività consigliabile che potrebbe unire le virtù sia della camminata che della corsa, consentendo di raggiungere un impegno energetico sufficiente grazie all’uso anche degli arti superiori, è il Nordic Walking. Si tratta della camminata nordica, nata nei paesi del Nord Europa come allenamento per lo sci di fondo, e che ben si adatta a persone di tutte le età e, sfruttando l’appoggio e la spinta
propulsiva dei bastoncini, è indicata anche per chi non può sovraccaricare gli arti inferiori. L’Associazione Cuore Sano promuove l’attività di Nordic Walking per i propri iscritti. Nel giugno scorso 17 persone, tra pazienti cardiopatici e loro familiari hanno partecipato ad una uscita dimostrativa di Nordic Walking (nella foto) che si è svolta a Villa Pamphili sotto la guida esperta degli istruttori della Scuola Italiana di Nordic Walking (SINW) e della cardiologa Francesca Lumia. Ecco i nomi dei partecipanti: Maurizio Mastruzzi, Anna Ma-
ria Leopardi, Cosima Minardi, Antonio Versari, Eugenio Galanti, Giuseppa Belardinelli, Maria Antonietta Carlini, Mario Petrolo, Annalia Stock, Giuseppe Rotundi, Maria Fontanarosa, Gianfranco Zamboni, Antonio Cesari, Giorgio Buonopera, Maria Adorni, M. Dina Dalla Valle e Bruno D’Ancona. Per tradizione questa esperienza è inclusa anche nella due giorni di Montegnaterapia, che quest’anno si è svolta il 19 e 20 settembre, mentre questo giornale andava in stampa. Ne riferiremo nel prossimo numero.
Il paziente, ora in palestra di riabilitazione, entusiasta dei servizi della Cardiologia
«Gli stent? Al S.Spirito li mettono anche di notte. E come lavorano al S.Spirito!» a tradizionale intervista al paziente stavolta – il direttore di questo periodico non nasconde il suo imbarazzo – si è trasformata in un peana: proprio nei confronti dell’ospedale Santo Spirito, dei medici e del personale che ci lavora, a tutti i livelli e in tutti i reparti frequentati (quando sfortunatamente càpita) dai cardiopatici. Perché questo peana, comunque sacrosanto? Lo spiega Raffaele Lombardi, 67 anni, padre di due figli, ex quadro delle Ferrovie e ora amministratore di imprese edilizie, mentre pedala sulla cyclette nella palestra della riabilitazione cardiologica.
L
Com’è andata, dunque, la storia quando ti sei scoperto cardiopatico? «E’ andata che, giusto sotto il Natale scorso, accompagnavo mia moglie a fare spese quando ho avuto un mancamento insieme ad un per me inedito forte dolore al petto. No, nessuna premonizione, nessuna sensazione di avere disturbi alle coronarie. Certo, sono un po’…grassoccio, e forse questo ha influito. Comunque è stata chiamata l’ambulanza e la fortuna ha voluto che, trovandomi al Corso, la
con un sorriso: qui siamo a disposizione di tutti e sempre, 24H.»
destinazione fosse il Santo Spirito…» E il ricovero com’è stato? «Assolutamente perfetto. Capisco che individuassero subito la causa del malore. Ma scoprire che il reparto di emodinamica funziona ventiquattr’ore su ventiquattro è stata per me una sorpresa straordinaria, e soprattutto un conforto: i due stent me li hanno infilati alle undici di notte. Al mio stupore hanno reagito spiegandomi
Poi presumo che ti abbiano trasferito in terapia intensiva cardiologica, nevvero? «E qui altra mia sorpresa. Non ero e non sono nessuno, ma mi hanno trattato come un re. Un’assistenza continua, affettuosa: dei medici come degli infermieri professionali. Un altro reparto, come si dice?, di eccellenza. Ne sono uscito risanato e confortato: questa sì che è buona sanità. Ma non è finita…» Già, perché poi sei venuto qui, in riabilitazione. E come ti trovi? «Benissimo! Intanto è di grande conforto e ancor più di grande aiuto psicologico condividere con altri cardiopatici questo che io considero un’attività essenziale per riattivare interamente il proprio organismo. Poi le fisioterapiste sono attente alle prestazioni di ciascuno di noi, piene di calore umano, sono esse stesse…una medicina. Sì, se me lo consentono, qui ci sono e qui vorrei restarci a lungo. Ogni giorno va meglio: persino per dimagrire (solo loro a insistere), o almeno tentarci.»
Raffaele Lombardi con la moglie
7
8 Le cure di questa patologia hanno un costo altissimo
Possibile ridurre il via-vai da casa all’ospedale dei pazienti scompensati di Angela Beatrice Scardovi*
L
o scompenso cardiaco cronico è una patologia gravata da un’alta mortalità, con un forte impatto sulla salute fisica e sull’equilibrio psico-emotivo del paziente. Inoltre rappresenta un rilevante problema economico, soprattutto a causa dell’elevato numero di ricoveri, spesso ripetuti, per ogni singolo paziente: la cura dello scompenso cardiaco assorbe all’incirca il 2% della spesa sanitaria dei paesi sviluppati e due terzi di essa sono dovuti ai ricoveri ospedalieri. Le ospedalizzazioni sono inoltre un predittore di prognosi negativa e le prime fasi dalla dimissione sono gravate da un alto rischio di morte, soprattutto nel primo mese ma progressivamente decrescente nel periodo successivo . Il problema delle riospedalizzazioni è particolarmente sentito negli USA dove un quinto dei pazienti dimessi dall’ospedale subisce un nuovo ricovero entro un mese, verosimilmente a causa di mancanza di continuità assistenziale, di un adeguato
collegamento tra ospedale, medico di medicina generale, strutture cardiologiche territoriali. Una parte dei ricoveri è poi dovuto alle co-morbilità, ovvero a quelle patologie associate quali diabete mellito, insufficienza renale, anemia, broncopatia cronica ostruttiva, infezioni – tutti fattori che impediscono di stabilizzare le condizioni del paziente ed incidono sfavorevolmente sulla prognosi. In alcune realtà europee, fra cui l’Italia, la percentuale dei pazienti riammessi precocemente in ospedale, pur inferiore agli USA, rimane alta e vicina al 10% . Da un importante studio condotto nelle cardiologie italiane, chiamato “IN HF Outcome “, è emerso che su 1.855 pazienti ricoverati
Molti gli strumenti per ridurre le riospedalizzazioni precoci e, di conseguenza, la spesa sanitaria per scompenso cardiaco acuto più del 30% subiva un nuovo ricovero entro un anno e 7% nel primo mese dalla dimissione . Gli strumenti per ridurre le riospedalizzazioni sono molteplici. Innanzitutto il paziente deve essere dimesso solo quando le condizioni di compenso siano effettivamente stabili e questo aspetto può essere valutato dal medico sia at-
traverso l’esame clinico che mediante l’utilizzo di parametri strumentali e di laboratorio. La lettera di dimissione deve essere chiara e completa in quanto rappresenta il “testimone“ tra cardiologo ospedaliero e medico di famiglia . L’informazione del paziente e dei familiari (counselling) deve essere adeguata ed ottenuta anche con il supporto di personale infermieristico specializzato. Una visita di controllo presso l’ambulatorio dedicato deve essere programmata a breve termine dopo la dimissione affinché il paziente sia inserito in un circuito che collega l’ospedale e il territorio. Questo circuito rappresenta una vera e propria rete protettiva. Supporto importante è l’ambulatorio infermieristico dove il messaggio di counselling viene perfezionato e rafforzato, si fa dunque collaboratore prezioso nella gestione del paziente in parallelo con l’ambulatorio cardiologico. Da parte sua il paziente deve attenersi scrupolosamente alle indicazioni espresse dal personale sanitario aderendo completamente alla terapia prescritta e alle regole igienico- comportamentali suggerite. Deve inoltre effettuare un autocontrollo quotidiano domiciliare di alcuni semplici parametri: peso corporeo, diuresi, capacità di compiere attività quotidiane abituali. Se ha difficoltà ad accettare la malattia e di conseguenza le terapie ed i controlli necessari può essere affidato alle cure dello psicologo, figura che non dovrebbe mai mancare in un centro specializzato nella gestione dello scompenso cardiaco. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Per fronteggiare le alterazioni nella muscolatura
L’esercizio fisico contribuisce alla riabilitazione cardiologica di chi soffre lo scompenso di Francesca Lumia*
L
o scompenso cardiaco si caratterizza per la ridotta capacità di pompa del cuore. Questa incapacità si evidenzia soprattutto in esercizio, quando i muscoli richiedono un maggior quantitativo di sangue e il cuore non è in grado di assicurarglielo. I sintomi che ne derivano sono soprattutto fatica e affanno (dispnea) che inizialmente si manifestano durante sforzo, ma in seguito anche a riposo. La sola disfunzione cardiaca, non è sufficiente a giustificare la ridotta capacità di svolgere un esercizio aerobico ed inoltre non sempre vi è correlazione tra il grado di disfunzione e i sintomi. Un grosso ruolo viene svolto dalla periferia, cioè dalla capacità dei muscoli di estrarre ossigeno dai vasi per le loro necessità. Molti studi mettono in evidenza la presenza di alterazioni nella muscolatura nei pazienti scompensati. Non vi è solo una progressiva riduzione della massa muscolare: anche la struttura stessa del muscolo sembrerebbe alterata con una riduzione di fibre ossidative (che utilizzano ossigeno) ed una prevalenza di fibre gli colitiche che invece non utilizzano ossigeno. Anche dal punto di vista metabolico viene evidenziata una prevalenza delle vie glicolitiche rispetto a quelle ossidative. Alcuni studi parlano di riduzione del flusso sanguigno, altri di alterata distribuzione della massa sanguigna circolante durante esercizio. Tutte modifiche che contribuiscono a ridurre la forza muscolare e ad incrementare la fatica anche nei più piccoli movimenti. Anche nella genesi della dispnea (affan-
no) entrerebbe in gioco la riduzione di forza dei muscoli respiratori. Alcune di queste alterazioni sono simili a quelle trovate nei soggetti sani sedentari, non allenati ed in soggetti esposti ad ipossia cronica, come gli alpinisti che vivono per lunghi periodi ad alta quota, in ambienti con una bassa pressione parziale di ossigeno. Uno dei punti fondamentali nella fisiopatologia dell’adattamento dell’organismo umano ad alta quota è l’iperattività del sistema neuro-adrenergico stimolata dall’ipossia. Anche nello scompenso vi è una iperattività del sistema neuroadrenergico. Pertanto l’ipossia – la scarsa ossigenazione – sebbene presente per motivi diversi, (disfunzione cardiaca, scarso utilizzo della muscolatura, ridotta pressione parziale di ossigeno nell’aria respirata) potrebbe essere il primum movens della disfunzione neuroendocrina e delle alterazioni muscolari rilevate negli scompensati, nei sedentari, negli esposti per lungo tempo ad alta quota. In quest’ottica, l’esercizio fisico apporterebbe delle modifiche benefiche alla muscolatura con miglioramento della capacità di esercizio, innalzamento della soglia anerobica, riduzione dell’astenia e della dispnea, migliore qualità di vita. Molti studi hanno verificato l’efficacia dell’allenamento specifico dei muscoli respiratori, rilevando un incremento della forza muscolare, un minor accumulo di acido lattico dovuto all’innalzamento della soglia anaerobica e conseguentemente una minore fatica muscolare e una riduzione della sensazione di affanno.
Tutto ciò contribuisce ad una prognosi migliore, ad una riduzione delle re ospedalizzazioni e, forse, anche se i dati sono ancora scarsi, ad una riduzione della mortalità. L’esercizio fisico deve comunque essere parte di un programma multidisciplinare comprendente anche un’adeguata informazione e educazione alla gestione della malattia e dei suoi sintomi, il supporto psicologico ed il controllo clinico. In definitiva la riabilitazione cardiologica, che per sua natura è un intervento di ampio spettro, offre al paziente scompensato un approccio integrato che può aiutarlo non solo nella gestione della malattia e delle recidive, ma anche nel migliorare la propria qualità di vita. * Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
9
10 Apparirà in autunno sui foglietti illustrativi
Un triangolo nero segnalerà i rischi di nuovi farmaci in sperimentazione
I
l simbolo di un triangolo nero sui “bugiardini” di 105 medicinali basati su nuovi principi attivi e che sono da considerare ancora come “osservati speciali”. E’ la novità che non solo i cittadini italiani ma tutti quelli dell’Unione europea troveranno dal prossimo autunno nei foglietti illustrativi di questi farmaci (l’elenco completo può essere consultato sul sito www.ilsalvagente.it dell’omonima rivista consumerista) per i quali sono disponibili dati di sicurezza limitati e per i quali quindi è necessaria una ulteriore attività di sorveglianza. Diciamo subito, comunque, che nell’elenco non è compreso alcun farmaco collegabile ad una qualsiasi cardiopatia (i nostri lettori possono dunque stare più che tranquilli); semmai si tratta di farmaci destinati alla cura di malattie rare: per esempio al-
cune forme di leucemia; o di farmaci biologici derivati del plasma; o di anticorpi utilizzati per la cura dell’osteoporosi. Il punto – un po’ singolare, ma non allarmistico – è che in pratica questi farmaci vengono testati sulla pelle dei consumatori. L’Agenzia europea per il farmaco (Ema) non solo invita medici e pazienti a
La decisione è stata presa dall’Autorità europea per la sicurezza dei farmaci. Sul sito del settimanale “il Salvagente” l’elenco completo dei 105 medicinali tra i quali non c’è alcun preparato per i cardiopatici
prestare particolare attenzione a questi nuovi medicinali ma chiede anche aiuto per individuare eventuali reazioni negative. In sostanza al minimo segno di malessere il paziente deve avvertire non solo il suo medico ma anche l’Asl. Ma il direttore dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Luca Pani, esclude pericoli e, semmai, tende a valorizzare il ruolo del consumatore come parte attiva nel controllo. Meglio dunque informare i consumatori nell’ottica di una maggiore trasparenza. Le liste vengono stilate dal Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac) dell’Ema e aggiornate continuamente. I medicinali che entrano a far parte dell’elenco restano soggetti a monitoraggio per cinque anni, o fino a quando gli esperti dell’Ue non giudicano terminato il monitoraggio aggiuntivo.
I soci dell’Acs ospiti a Castelporziano
E
ccoli, in questa immagine, i soci dell’Associazione Cuore Sano che, in quanto tali, hanno avuto il privilegio di visitare, a fine dello scorso giugno, la tenuta di Castelporziano, la meravigliosa distesa (quasi seimila ettari) tra la Capitale e il lido di Ostia che fa parte della dotazione della presidenza della Repubblica e che talora, soprattutto in estate, ospita Giorgio Napolitano. I pazienti e i loro familiari, condotti in tenuta con un pullman che, come una volta le carrozze reali, ha attraversato il lungo viale che porta al cosiddetto Castello: qui li attendeva una gentilissima guida per illustrare le magìe del luogo. A Castelporziano vivono e lavorano quaranta famiglie oltre ai butteri addetti alla cura degli anima-
li. Già, perché tra piscine naturali e grandi boschi (sugheri, querce, lecci), tra coltivazioni e ripari, vivono migliaia di animali: dai cinghiali – quale emozione incontrare mamma cinghiala con seguito di cuccioletti! – ai daini, dai cervi, a uccelli di tutte le specie, ai cavalli, ai bovini. Gran parte delle produzioni agricole sono donate ad enti assistenziali. La lunga visita (con pausa-ristoro) si conclude alle viste del mare: s’intravvedono le tipiche dune, ma anche la discreta sorveglianza della costa…Visita da ripetere, certamente, fidando sull’amicizia del Quirinale, che anche qui si ringrazia. Perché sembra incredibile che a solo mezz’ora dalla congestione romana possano esistere una flora e una fauna così spettacolari. (Carla Maria Rossi)
Cento grammi forniscono ben 543 calorie (senza contare il sale)
Patatine fritte in busta, la pozione magica ma anche una seria trappola per la salute di Rosanna Pilolli*
D
i nuovo la stagione estiva è alle porte e con essa si affaccia nuovamente il problema del troppo cibo accumulato durante la stagione fredda. Ci si è nutriti alzando il limite calorico e soprattutto adottando cibi consistenti: gli zuccheri raffinati dei dolciumi artigianali e industriali, i grassi, gli snack spalmati di sale e le merendine. E le patatine, patatine a gogo nei sacchetti di plastica, chips che seducono la mente con ammalianti “croc”. Tante, troppe patatine con le quali riempire i vuoti casalinghi davanti alla televisione o da portare con sé, insieme ai bidoni di pop corn, al cinema come condimento del film. Una pozione magica con la quale allontanare anche ogni possibile angoscia quotidiana. Cric, croc, il palato si riempie di suoni e di cloruro di sodio. Un tappeto di sale scende giù per la gola e oltre lasciando ancora una scia di desiderio. Tutto è finito troppo in fretta mentre resta la voglia di mangiarne ancora e ancora, fino allo sfinimento e oltre. Milioni e milioni di sacchetti di patatine (e di mastelli di pop corn) vengono consumati in tutto il mondo. In Germania, ad esempio, quasi 400 milioni di confezioni di patatine fritte imbustate, ogni anno. Snack importantissimo nei Paesi di lingua inglese; si calcola che negli Stati Uniti le magiche buste di sfoglie, le chips, costituiscano un quarto del consumo totale dei vegetali consumati. Come ogni opera dell’uomo e delle sue attività industriali, anche le patatine fritte hanno la loro storia e la loro leggenda, che vedono in contraddittorio il Belgio e la Francia. Il primo sostiene di averle inventate per primo, come
piatto abituale (ovviamente non in busta e surgelate) nel 1781. La Francia a sua volta si ritiene patria de “les frites” in quanto figlie della Rivoluzione del 1789: autore dell’invenzione culinaria, nonché dell’obbligo di nutrizione di massa, quell’Auguste Parmentier che le voleva come cibo preferito dei figli “bianchi, azzurri e vermigli” di una nuova Patria plebea. Meno solenne è la leggenda delle patatine progenitrici di quelle di oggi, raffinate, industrialissime chiuse in busta. L’invenzione: una vendetta nei confronti di un cliente “rompiscatole” con il contorno-patate, ordinato più volte e respinto, offerto un’ultima volta a fette sottilissime, croccanti e stracolme di sale in modo che potessero essere mangiate soltanto con le mani. Fu un successo strepitoso. Nel 1920 la prima edizione trionfale del prodotto nei sacchetti di carta oleata. Sorprende, ai nostri giorni “sapienti” e fin troppo avvertiti, questo assoluto successo di un cibo che tutti sanno essere artificiale e che soprattutto ha ben poco a vedere con le patate-tubero che appaiono sempre meno sulle nostre mense. Si dice che una serie di trucchi industriali induca la preferenza, quasi la dipendenza dalle magiche buste che “appena finita una se ne vuole subito un’altra”. Le industrie alimentari hanno studiato profondamente l’effetto di questo popolare snack sul consumatore, a partire dalle dimensioni e dalla consistenza di ciascun esemplare di prodotto (si bada mol-
tissimo al croc che creerebbe uno shock alimentare eccitante), fino alla sua dissolvenza in bocca. Tutti noi crediamo, o meglio amiamo credere, che un cibo fluido a permanenza minima orale sia povero di calorie. Ma questo non corrisponde assolutamente alla realtà. Cento grammi di patatine fritte in busta, composte da 12% di acqua; 58,5% carboidrati, 29,6% di grassi, il 5,4% di fibre, forniscono infatti ben 543 calorie. C’è di che, abusandone, farsi obesi e soprattutto fare aumentare notevolmente il colesterolo. Di più e di peggio sono le sostanze che fanno da esca al cervello, che si sa oramai essere il leader assoluto in materia di controllo del cibo. Ad esempio uno strato consistente di sale aumenta il senso del “compenso” alimentare, il “punto di beatitudine” ossia il determinarsi di una specie di “sballo” di piacere alimentare. Che cosa l’abuso del sale costi in salute, attraverso l’aumento della pressione, è superfluo sottolineare. Inoltre la componente amidacea (l’amido), un tipo di zucchero che fa aumentare e subito dopo decrescere la glicemia, determinerebbe un forte aumento dell’appetito. Infine c‘è il grasso, bovino o più spesso costituito da olii vegetali di basso o infimo valore, che magari attribuisce ulteriore decibel di piacere ingola, ma che rappresenta un ulteriore danno alla salute, in particolare al cuore e al fegato. * Redattrice di www.pontediferro.org
11
12
Sotto esame l’alimentazione di un vasto esempio di europei
Meno insaccati per vivere meglio e più a lungo
C
Nella tabella di composizione degli alimenti il prosciutto crudo ha più colesterolo della mortadella. Ma questa è più ricca di grassi saturi. Più in generale – a proposito di carni – il contenuto di colesterolo nelle carni bianche e in quelle rosse è quasi uguale. Ma a differenza delle bianche (pollo, coniglio, ecc. ma sempre scartando la pelle!), le carni rosse sono ricche di grassi saturi che favoriscono le malattie cardiovascolari. Comunque evitare il sistema della frittura, preferire il forno o la griglia o la piastra.
hi mangia una media di 160 grammi al giorno di carne lavorata e insaccata (salame, salsiccia, wurstel, mortadella, ecc.) avrebbe un 44% in più di probabilità di morte prematura per malanni cardiaci e per cancro rispetto a chi ne consuma – media quotidiana – solo 20 grammi. E’ il risultato dell’analisi che una équipe internazionale coordinata da Sabine Rohrmann, capo del dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’Università di Zurigo, ha fatto di una vasta ricerca europea che ha coinvolto per tredici anni circa mezzo milione di persone tra i 35 e i 69 anni di dieci differenti paesi del nostro continente. Nessun allarmismo per noi in questi dati, ma anzi la conferma della validità di un modello alimentare – la dieta mediterranea – considerata dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. E appunto nel contesto di questa dieta è stata “costruita” la oramai famosa piramide alimentare italiana che riserva alla carne lavorata una modica quantità: non più di 50 grammi tre volte a settimana. Diciamo allora che l’allarmante picco di consumo si riferisce, piuttosto che all’Italia, ad altri paesi più a nord, e con climi più freddi. E dunque non è che gli insaccati vanno banditi dalle nostre tavole. Ma vanno consumati, ma con intelligente moderazione. Della moderazione s’è detto citando la quantità suggerita dalla piramide. Perché ci mettiamo anche il fattore-intelligenza?
Perché anche questi insaccati – ed alcuni sono popolarissimi: basti pensare ad un classico come la pizza bianca con la mortadella – sono una fonte è preziosa di vitamine, di proteine nobili, di minerali utili per la salute. Il segreto (cioè gli assi portanti della famosa piramide) è costituito dal fatto che la dieta mediterranea e quella italiana in particolare è costituito da un insieme di fattori: alcuni fortemente determinanti e maggioritari, come frutta, verdura, pesce e carni bianche, cereali, legumi, olio di oliva; ed altri da consumare con maggiore oculatezza (dolci, carni rosse, uova, grassi animali e anche alcuni grassi vegetali, superalcolici), cioè in ruoli e quantità differenti. In buona sostanza, non esistono cibi cattivi in sé. Demonizzarne alcuni è spesso una comoda ma scorretta semplificazione. E’ l’alimentazione nel suo insieme che deve essere corretta, e per esserlo deve essere varia (e magari anche parca), come sanciscono le linee guida dell’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione. E’ assai facile e utile consultare il sito web dell’Iran (www.inran.it) ed in particolare le tre aree subito visibili nell’home page: “scienze dell’alimentazione”, “scienze della nurizione”, “scienze applicate all’alimentazione”. Sono una fonte inesauribile di informazioni, di dati, di conoscenze espresse sempre in modo chiarissimo, anche e proprio per i profani.
Crisi economica ma anche cattive abitudini alimentari
E più frutta, invece, che sta sparendo dalle nostre tavole di Alessandro Carunchio* di Flavia Belloni*
L
a denuncia è della Coldiretti, la più autorevole organizzazione dei contadini: il consumo di frutta e verdura – che è in calo continuo da anni – è passato solo in un anno da 417 a 331 chilogrammi, e il trend è in continua, sempre più rapida discesa. Il costo sociale ed economico è altissimo: non solo per la riduzione del reddito dei singoli contadini e delle loro cooperative, ma anche per l’aumento dei costi per il Servizio sanitario nazionale dovuti all’insorgenza di patologie causate da carenze nutrizionali: obesità, diabete, cardiopatie, e in genere tutte le malattie metaboliche. La situazione peggiore riguarda la frutta, che scende ai valori di dieci anni fa, con punte drammatiche per i mandarini (30%), l’uva da tavola (-18%); mentre per mele, pere e arance siamo a meno 15% per ciascun gruppo. Attenzione: il crollo riguarda non solo la produzione interna ma anche le importazioni di frutta da Spagna, Grecia, ecc. Gli unici frutti che resistono e anzi registrano un incremento di vendite sono state le pesche nettarine (+11%), le clementine (+15%) e i kiwi (+36%). Stabili il consumo di albicocche, in aumento quello di meloni e susine. La crisi economica colpisce maggiormente i redditi modesti. La riprova che i ricchi non ne risentono, almeno a tavola? Per ananas, avocado, mango, papaja e altra frutta esotica c’è un balzo forsennato in aumento: +102%. Commento preoccupato anche dei nutrizionisti come Giorgio e Caterina Calabrese. La decadenza della frutta a fine pasto o come intervallo tra i pasti è cominciata, a loro avviso, quando negli anni
passati si sparse la falsa accusa che nuocesse a fine pasto: agli zuccheri presenti nella frutta si addebitava la causa, priva di fondamento scientifico, di fermentazioni fastidiose. Poi le recessione, ora la crisi vera e propria. Ma se neppure le statistiche dell’estate appena passata non smentiranno il trend negativo, saremo di fronte ad un fenomeno assai preoccupante. Con la bella stagione è necessario salva guardare la salute consumando molta più frutta per integrare vitamine e sali minerali perduti con la sudorazione. E nell’autunno-inverno che si approssima l’organismo ha altrettale necessità di un “rifornimento” di preziosi elementi presenti nella frutta. Basti pensare alla vitamina C. Ed è inutile, e assai più costoso, ricorrere agli integratori per sopperire al mancato consumo di frutta. Senza contare la spesa, non sempre i sostituti della frutta sono altrettanto sicuri di un buon arancio o di una buona mela….
Oltre alla frutta è consigliabile un consumo intenso di verdure, ricche di fibre oltre che di vitamine. Le fibre, quando fermentano nell’intestino, formano sostanze che riducono la produzione di colesterolo nel fegato.
14 Con il caldo nuove regole dietetiche
Buoni piatti di pesce per tutti i gusti e le stagioni ACCIUGHE AL FORNO Mezzo chilo di acciughe fresche Uno spicchio d’aglio Un ciuffetto di prezzemolo La scorza di un limone non trattato Una piccola radice di zenzero Vino bianco secco Un cucchiaio di olio extravergine di oliva Sale, pepe Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti
Un rametto di rosmarino 2 limoni Un cucchiaio di olio extravergine d’oliva Sale, pepe Tempo di preparazione e cottura: un’ora Stendete un foglio di carta di alluminio sul piano di lavoro e sistematevi il pesce,
Decapitate, sviscerate le acciughe e lavatele in acqua corrente. Tagliate la buccia del limone (solo la parte gialla) a striscioline sottili e mettetela in una ciotola. Pelate la radice di zenzero e affettatela sottilmente, fino a ottenere delle striscioline di dimensioni simili a quelle della buccia di limone. Mescolate lo zenzero e la scorza. Disponete le acciughe in una teglia rico-
perta con carta da forno accostandole ordinatamente e cospargetele con la buccia di limone e i bastoncini di zenzero e bagnate con il vino bianco. Infornate a 180°C per una decina di minuti, badando che le acciughe non asciughino troppo: nel caso accadesse, reidratate con un filo d’acqua e ultimate la cottura.
PAGELLO AL CARTOCCIO Un pagello di circa un chilo Un ciuffo di prezzemolo
pulito e squamato. Conditelo all’interno con sale, pepe e il rametto di rosmarino. Preparate un’emulsione con olio e succo di limone e innaffiate abbondantemente il pagello, cospargendolo poi con il prezzemolo tritato. Chiudete il cartoccio, appoggiatelo in una pirofila e mettetelo in forno a 180-200°C per una mezz’ora. Aprite l’involucro, estraete il pesce, sistematelo su un piatto di portata e servitelo subito, guarnito con fette di limone. (Dobbiamo alla cortesia dell’Associazione Onlus CardioSalus, che ringraziamo per queste ricette curate dalla dietista dott.ssa Francesca Belli)
HALIBUT AL FORNO CON PEPERONI Una cipolla rossa Un peperone giallo Un peperone rosso Un filetto di halibut di circa 600 gr Olive verdi Due cucchiai di olio di oliva extravergine Sale, pepe Spennellate il filetto di pesce con l'olio e adagiatelo in una pirofila (se preferite, invece di lasciarlo intero, tagliatelo a pezzi). Mettetelo per 6 o 7 minuti nel forno gia caldo a 200 °C. Tagliate, nel frattempo, i peperoni a quarti, eliminate i semini e la parte bianca all'interno. Riduceteli a striscioline sottili. Sbucciate la cipolla e affettatela a rondelle. Scaldate l'olio in una padella su fuoco vivo e fate saltare i peperoni per qualche minuto. Togliete i peperoni dalla padella e metteteci le cipolle, lasciandole solo appassire a fuoco basso per qualche minuto. Togliete l'acqua che si sarà formata nella pirofila del pesce. Condite l'halibut con sale e pepe e versateci sopra i peperoni, le cipolle e le olive, mettete nuovamente la teglia in forno per 20 minuti circa. Se le cipolle dovessero scurire troppo, ultimate la cottura ricoprendo la pirofila con un foglio di carta d’alluminio.
PILLOLE DI SALUTE… IL PESCE ALLUNGA LA VITA – Come volevasi dimostrare: gli over 65 che consumano regolarmente pesce vivono in media più a lungo rispetto a chi non ne mangia. A fare la differenza sono gli acidi grassi omega-3 contenuti in particolare in salmone, acciuga, tonno, halibut, sardina, aringa e sgombro. Una ricerca della Scuola per la salute pubblica dell’università di Harvard, condotta per sedici anni su alcune migliaia di cittadini anziani degli Usa ha dimostrato che i volontari con più alti livelli di omega-3 nel sangue hanno un rischio del 27% inferiore agli altri (percentuale che sale al 35 se correlato a malattie cardiache), e campano mediamente più di due anni rispetto a chi non ne consuma.
ANTIDOLORIFICI ATTENZIONE – Un uso prolungato di antidolorifici della famiglia dei Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) può aumentare di un terzo il rischio di infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari. E’ il risultato di uno studio internazionale (di cui ha fatto parte per l’Italia l’istituto di farmacologia dell’università Cattolica di Roma) pubblicato da Lancet, una delle più autorevoli riviste mediche del mondo. I principi attivi sotto accusa sono il diclofenac e l’ibuprofene. UNA PASSWORD? IL BATTITO-CUORE – La ricerca è di un’informatica canadese, e il risultato è a suo modo strabiliante. Monitorato per cinque anni un gruppo cospicuo
di volontari, e studiato l’andamento (per ciascuno di loro) delle onde elettriche generate dal cuore durante la contrazione di atri e ventricoli, la ricercatrice ha scoperto che la loro combinazione è unica in ogni persona e costante nel tempo. Questo accadrebbe perché le diverse fasi del battito possono variare molto, in durata e in intensità (un’emozione, uno sforzo), ma il rapporto tra le varie fasi resta costante e soprattutto diverso da persona a persona. Una sorta di impronta digitale, una password inviolabile. La ricercatrice (si merita la citazione del nome: Foteini Agrafioti) ha costruito un braccialetto elettronico che capta quel battito e lo trasmette wi-fi a computer, serrature, auto. Si accede…con il cuore.
…E SALUTE IN PILLOLE IN 3D I SEGNALI DEL CUORE – Ancora sulle nuove tecnologie applicate al cuore. Grazie alla mappatura in 3D dei segnali elettrici del cuore sarà possibile vedere in tre dimensioni la fonte dei caotici segnali elettrici del cuore che sono all’origine della fibrillazione atriale. La novità (ancora in fase di sperimentazione) è stata presentata dai ricercatori dell’Intermountain Medical Center ad un convegno nazionale a denver, Usa. La nuova tecnologia mappa i segnali elettronici del cuore ricreando l’immagine tridimensionale che fa da guida per la procedura impiegata per distruggere le cellule miocardiche responsabili dell’aritmia.
PREVENZIONE ICTUS COL TÈ – Dal Giappone, invece, “il primo lavoro ad ampia scala sugli effetti combinati di tè e caffè in relazione al rischio ictus”. Il giudizio è apparso su Stroke, la nota rivista dell’Associazione Usa per il cuore. La ricerca, compiuta al Centro vascolare di Osaka, è stata effettuata su 83mila persone tra i 45 e i 74 anni; ed ha mo-
strato che bevendo una tazza di tè verde o caffè, si riduce di un 20% il rischio di ictus. La conferma indiretta in un’altra ricerca, del Karolinska Institute di Stoccolma: con quattro tazze di tè (nero stavolta) il rischio di ictus cala del 21%.
Donazioni: Associazione Cuore Sano Unicredit Banca di Roma - Roma 173 - Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma c/c n. 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift Code UNCRITM1B83 Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano • Anno XVIII - n.3 - luglio/settembre 2013 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Alessandro Carunchio, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi • Redazione Lungotevere in Sassia n.3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Associazione Cuore Sano e redazione Cuore Amico tel. 06.68352323. • E-mail: cuoresano@yahoo.com • www.cuore-sano.it • Stampa Tipolitografia Visconti - Terni